Programma di tossicologia
Elementi di tossicologia generale. Categorie di tossici. Classificazione degli effetti tossici. Il concetto della
dose. Interazioni tossico-bersaglio. Fattori che influenzano la risposta ai tossici.
Tossicocinetica. Assorbimento, distribuzione e accumulo di tossici. Metabolismo di fase I: principali
reazioni; citocromi P450 e polimorfismi; induzione e inibizione enzimatica. Metaboliti tossici: paracetamolo
ed altri. Metabolismo di fase II. Trasportatori di farmaci ABC. Escrezione biliare-intestinale. Ricircolo enteroepatico.
Meccanismi di danno cellulare. Esempi di farmaci e tossici che interagiscono con le diverse tipologie di
bersagli d’azione.
Protocolli sperimentali per lo studio di safety pharmacology e tossicità di un farmaco. Valutazione delle
funzioni vitali del sistema nervoso centrale, sistema cardiaco, sistema respiratorio. Test di Irwin. Test dei
canali hERG. Studi di tossicità acuta, DL10 o Massima dose tollerata (MTD), subacuta, cronica. Calcolo prima
dose per studi clinici, Human Equivalent Dose (HED), NOAEL. Studi tossicologici di mutagenesi, fertilità,
riproduzione, cancerogenicita’.
Caratterizzazione del rischio. ADI, RfD, LOAEL, NOAEL. Cancerogeni genotossici ed epigenetici. Margine di
sicurezza (MOS). Livelli massimi residuali (MRL). Risk Specific Dose (RSD).
Intossicazione acuta e terapia d’emergenza: etanolo, morfina, ecstasy, benzodiazepine, barbiturici,
paracetamolo, antiaritmici, antidepressivi, fitofarmaci, CO, caustici, ecc.
Libri di testo:
• Galli, Corsini, Marinovich. Tossicologia (II edizione). Ed. Piccin.
• Klaassen and Watkins. Casarett & Doull. Elementi di tossicologia. Ed. Ambrosiana.
Orario ricevimento: mercoledi 9-12h oppure contattare via email: [email protected]
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Elementi di tossicologia generale
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Introduzione alla tossicologia
Definizione e scopo
La tossicologia può essere definita come quella branca della scienza che si occupa dei veleni, e per veleno si
intende ogni tipo di sostanza capace di provocare un effetto nocivo quando viene somministrata ad un
organismo vivente, accidentalmente o di proposito.
Più ampie definizioni: la tossicologia come «lo studio del rilevamento, della presenza, delle proprietà, degli
effetti e della regolazione di sostanze tossiche».
La tossicità rappresenta una cascata di eventi che inizia con l'esposizione, e che, attraverso la distribuzione
e il metabolismo, si conclude con l'interazione con macromolecole cellulari (di solito DNA o proteine) e con
l'espressione della tossicità finale. Tale sequenza può essere mitigata dall'escrezione e dalla riparazione.
La tossicologia è la scienza che risponde al come e perché alcune sostanze provochino alterazioni nei
sistemi biologici che sfociano in effetti tossici.
Lo studio della tossicologia è al servizio della società in molti modi, ad esempio è indispensabile per
prevenire i danni verso uomini e ambiente dagli effetti deleteri di agenti tossici.
Per mantenere l’attuale densità di popolazione ed un certo standard di vita sono aumentati i consumi, la
produzione di rifiuti per cui l’umanità si deve avvalere di tutte le conoscenze nell’ambito della tossicologia
per cercare mediante un’analitica programmazione di gestire in modo razionale il suo modo di vita.
Il veleno è legato ad un concetto quantitativo; quasi ogni sostanza è dannosa a certe dosi ma, al tempo
stesso, non presenta alcun effetto a dosi più basse. Tra questi due limiti vi è una gamma di potenziali
effetti: dalla subdola tossicità cronica a lungo termine alla letalità immediata.
Esempio: il cloruro di vinile.
Esso è un potente agente epatotossico ad alte dosi, carcinogeno a dosi più basse con un lungo periodo di
latenza e apparentemente senza effetto a dosi molto più basse.
L'importanza della dose è ben rappresentata dai metalli, essenziali nella dieta ma tossici a livelli più alti.
Così il ferro, il magnesio, il rame, il cobalto, il manganese e lo zinco possono essere presenti nella dieta ad
un livello troppo basso (deficienza), ad un livello appropriato (mantenimento) o ad un livello troppo alto
(tossico).
In tossicologia è fondamentale il concetto di relazione dose-effetto (vedi fig. 1.2).
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Classificazione delle sostanze chimiche in base all'uso
1. Sostanze chimiche agricole.
Tra queste vi sono molti composti: insetticidi, erbicidi, anticrittogamici, topicidi, nei quali la tossicità per un
organismo "target" è un qualcosa di desiderato mentre è da evitare nelle specie "non target". Lo sviluppo di
sostanze chimiche selettive è uno dei compiti effettivi della tossicologia comparata.
2. Farmaci d'impiego clinico.
Sono primariamente di competenza della chimica farmaceutica e della farmacologia. Ad ogni modo, gli
effetti tossici e i relativi test ricadono chiaramente nella sfera della tossicologia.
Classificazione delle sostanze chimiche a seconda dell'uso
3. Sostanze d'abuso. Si tratta di sostanze chimiche assunte per produrre effetti psicologici o altri effetti, e
possono causare dipendenza e tossicità. Molte di queste sostanze sono illegali ma alcune, se usate
correttamente, hanno valore terapeutico (es. morfina).
4. Additivi alimentari. Antiossidanti, conservanti, aromatizzanti, edulcoranti, ecc. Di competenza dei
tossicologi solo se tossici o testati per il loro potenziale tossico (NO3- usato come conservante dei salumi,
aspartame ecc).
5. Sostanze chimiche industriali.
Metalli, idrocarburi policiclici (IPA), policlorobifenili (PCB), le diossine (TCDD), ecc. Sono talmente numerose
che testarle per la loro tossicità o comparare il loro livello di esposizione con quello di sostanze già note per
la loro tossicità costituisce gran parte dell'attività tossicologica.
6. Sostanze presenti in natura.
Si intendono molte fitotossine, micotossine e minerali presenti nell'ambiente. Es. micotossine prodotte da
funghi presenti nella farina di mais (tricoteceni), o in cereali, latte e derivati (aflatossine).
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L'uso diffuso e vasto di rimedi naturali e di integratori dietetici è di recente divenuto campo di interesse per
i tossicologi e per coloro che stabiliscono i limiti di tossicità. Spesso viene messa in dubbio la loro reale
efficacia, inoltre il loro potenziale tossico è per lo più sconosciuto.
7. Prodotti da combustione.
Non costituiscono precisamente una categoria d'uso, ma un gruppo numeroso e importante di agenti
tossici, soprattutto quelli generati da carburanti e altre sostanze chimiche industriali (CO, O3, ossidi di azoto
e zolfo, vapori di benzina, di alcol etilico, ecc).
8. Metalli pesanti
Al, Mg, Pb, Hg, ecc
9. Gli inquinanti ambientali
Polveri sottili come i PM10, gli idrocarburi aromatici, ecc..
ESEMPI PRATICI DI TOSSICITÀ
1. Tossicità indotta da metalli usati in odontoiatria
I metalli sono utilizzati in odontoiatria sia come componenti delle amalgame dentarie che nella
realizzazione di dispositivi odontoprotesici.
Questi materiali, in presenza di un conduttore elettrolitico (saliva) possono generare un campo
elettrogalvanico (pila) con la formazione di un anodo e di un catodo rappresentati da denti con amalgame.
Si crea una corrente elettrogalvanica orale in cui gli ioni metallici migrano dal catodo all’anodo e sciolti nella
saliva vengono deglutiti.
L’ingestione di Hg, Ag e Pd, i principali componenti delle amalgame, dà luogo ad alterazione locali della
mucosa orale e induce l’attivazione di processi inaspettati.
La differenza di potenziale che si genera tra diverse amalgame è la forza motrice della corrosione di queste
leghe metalliche.
Nella pratica della medicina attualmente l’effetto batteria nella bocca è largamente trascurato.
I metalli detti “inerti” o “nobili” (oro, platino, palladio) in realtà non sono innocui quando sono accoppiati
con altri metalli con potenziale diverso.
Gli elevati potenziali positivi dei metalli nobili (Au=+1.50, Pt=+0.86, Pd=+0.82) proprio perché lontani dai
potenziali elettronegativi di tutti gli altri, quando accoppiati con un qualsiasi altro elettrodo diverso ci
assicurano le differenze di potenziali tra le più elevate.
Sintomi locali:
- afte, bocca arida, bruciore della lingua, sapore metallico in bocca, dolore alla mandibola, nevralgie facciali
e del trigemino, colorazione bluastra della mucosa orale in prossimità della lega metallica (tatuaggio),
pulpiti e parodontiti.
Sintomi sistemici:
- alterazione della flora intestinale con disbiosi (diarrea, stipsi, candidosi), intolleranze alimentari, mal di
testa, emicrania, raffreddori strani, irritazioni alle vie respiratorie, difficoltà di concentrazione, perdita della
memoria, ansia, stanchezza cronica, invecchiamento precoce, immunodepressione e sintomi specifici di
patologia d’organo.
La maggior parte dei sintomi è imputabile all’intossicazione da Hg che costituisce il 50% delle amalgame.
Come fare diagnosi:
E’ possibile rilevare la presenza di metalli tossici nell’organismo attraverso:
- analisi dei fluidi corporei: saliva, urine, sangue ma soprattutto mediante l’analisi del capello
(mineralogramma).
- test di misurazione elettrica (amalgamometro)
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2. Tossicità indotta da acrilamide
L’acrilamide è una sostanza molto tossica che si forma durante il processo di cottura, a temperature
elevate, degli alimenti ricchi di carboidrati. La troviamo soprattutto nei cibi fritti come patatine e in biscotti
e crackers.
La formazione di questa sostanza comincia a temperature superiori ai 120 °C, è maggiore per gli alimenti
ricchi di amido (patate, cereali) ed è facilitata dalla presenza di zucchero.
Il principale processo chimico che causa ciò è noto come “reazione di Maillard” ed è la stessa reazione che
rende i cibi abbrustoliti. L’acrilammide si forma a partire da alcuni zuccheri e da un aminoacido
(asparagina).
Induce neurotossicità, si lega mediante legame covalente al citoscheletro degli assoni alterandone il
trasporto. Inoltre è una sostanza cancerogena.
3. Tossicità indotta da aflatossina
L’aflatossina B1 è una micotossina secreta dalle muffe (Aspergillus) e la possiamo trovare nei cereali, nelle
arachidi a seguito di contaminazioni fungine avvenute prima e dopo la raccolta, ma anche in prodotti
derivati da animali che hanno consumato mangime contaminato (latte).
L’aflatossina B1 è epatotossica e epatocancerogena poiché viene metabolizzata ad epossido che è una
sostanza altamente reattiva.
L'Unione europea ha introdotto misure, volte a ridurre al minimo la presenza di aflatossine in diversi
prodotti alimentari. I livelli massimi di aflatossine (4 µg/kg di aflatossine totali) sono stabiliti dal
regolamento (CE) n. 1881/2006. I prodotti che superano i livelli massimi consentiti non devono essere
immessi sul mercato.
4. Tossicità indotta da ftalati e bisfenolo A
Gli ftalati sono dei prodotti chimici, derivanti dal petrolio, che vengono aggiunti alle materie plastiche per
migliorarne la flessibilità e la modellabilità.
Anche il bisfenolo A (BPA) è presente nei materiali costruiti con il policarbonato, come le bottiglie per le
bibite, le stoviglie e i recipienti in plastica.
Si tende a pensare che le plastiche siano composti stabili, mentre il legame chimico tra le molecole di
bisfenolo A è altamente instabile, e quindi c’è un elevato rischio che la sostanza si diffonda nell’acqua, nelle
bevande o nel cibo che sono a contatto con le materie plastiche nelle quali è contenuta. Il bisfenolo A è
stato correlato allo sviluppo di numerose patologie a carico degli apparati riproduttori (prostata,
mammella) e del cuore.
Il bisfenolo A è stato correlato allo sviluppo di numerose patologie a carico degli apparati riproduttori, della
prostata, della mammella e del cuore.
Possiede una struttura analoga a quella del dietilstilbestrolo (DES), un potente estrogeno di sintesi la cui
esposizione in fase prenatale può essere causa di anomalie genitali e tumori all’utero. E’ stato dimostrato
che induce espressione dei geni controllati dagli estrogeni e promuove la proliferazione delle linee cellulare
di tumore mammario.
E’ coinvolto anche nella regolazione degli ormoni tiroidei stimolando la proliferazione di linee cellulari che
rispondono all’azione dell’ormone tiroideo.
Negli esperimenti su animali da laboratorio, il bisfenolo A somministrato a dosi simili a quelle a cui siamo
esposti sembra indurre alterazioni a carico del processo riproduttivo e dello sviluppo e negli animali adulti
induce lesioni cancerose della prostata e delle ghiandole mammarie.
5. Tossicità indotta da IPA
Gli idrocarburi policiclici aromatici costituiscono una vasta classe di composti organici contenenti due o più
anelli aromatici condensati, il più rappresentativo è il benzopirene.
Gli IPA si formano durante la combustione incompleta di materiale organico come carbone, legno, prodotti
petroliferi e rifiuti.
Sorgenti comuni negli alimenti trasformati o lavorati sono i trattamenti termici in particolare:
- la cottura alla griglia, arrosto e al forno, e la frittura e i processi di lavorazione come l’affumicatura.
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Gli IPA sono rapidamente assorbiti attraverso il tratto gastro-intestinale o l’epitelio polmonare, e
distribuiti in vari tessuti (soprattutto quelli più ricchi di grasso).
- Gli effetti tossici degli IPA sono ascrivibili sia alla generazione di intermedi metabolici reattivi
altamente tossici (epossidi) che alla attivazione del recettore AhR (Aryl hydrocarbon Receptor).
Principali effetti tossici degli IPA:
- - immunosoppressione, teratogeni, cancerogenesi mediata dalla attivazione del recettore AhR.
-
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Tossicocinetica
La tossicocinetica ha il compito di:
9
•
•
•
Descrive i processi di assorbimento, distribuzione, metabolismo ed escrezione (ADME) degli xenobiotici.
L’assorbimento è il processo tramite cui lo xenobiotico penetra nell’organismo (sangue) dal sito di
esposizione.
La distribuzione è il processo di passaggio dal sangue ai vari organi e tessuti.
Lo scopo della Tossicocinetica è la conoscenza del destino del tossico nell’organismo in modo da:
•
prevedere la relazione tra esposizione (dose x tempo x frequenza) e la durata ed intensità degli effetti
tossici;
•
prevenire o diminuire al massimo la sua permanenza nell’organismo ⇒ limiti di esposizione;
•
determinare modalità di esposizione negli studi tossicologici;
•
trovare le modalità ottimali (interventi preventivi) per antagonizzarne/ridurne gli effetti tossici.
Concentrazioni plasmatiche di piombo. Le aree scure rappresentano il periodo di somministrazione di un
chelante, il DMSA (acido dimercaptosuccinico).
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Escrezione urinaria di piombo
• Il metabolismo di uno xenobiotico è l’insieme delle trasformazioni chimiche che la molecola subisce
all’interno dell’organismo, principalmente ad opera di enzimi.
• Il metabolismo ha una ‘logica’: trasformare la molecola in modo che possa essere facilmente escreta.
Metabolismo ed attività biologica
I metaboliti sono molecole con caratteristiche chimiche e tossicologiche diverse dal composto di partenza.
• Se lo xenobiotico agisce interagendo con recettori (es., atropina, cianuro, organofosforici), i metaboliti
sono in genere privi di attività biologica. In questo caso, il metabolismo è quindi una modalità di
“eliminazione”.
• Diversi xenobiotici (ad es. molti farmaci), tuttavia, hanno metaboliti ‘attivi’, dotati cioè di attività
farmacologica simile a quella del composto “madre”.
• Molti xenobiotici (dotati o meno di attività propria) sono trasformati in composti potenzialmente tossici
dal metabolismo ⇒ bioattivazione; es. benzene, IPA, idrocarburi alogenati, aflatossine.
• I metaboliti tossici possono essere ulteriormente metabolizzati, con formazione di composti non tossici
(detossificazione).
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• I
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processi
(assorbimento,
distribuzione,
metabolismo,
eliminazione)
avvengono
contemporaneamente, con velocità diverse.
• La concentrazione plasmatica o tissutale (Cp) dello xenobiotico dipende dalla velocità di tutti i processi.
• Modificazioni della velocità o entità di un processo influenzano la concentrazione plasmatica e possono
influenzare la cinetica degli altri processi.
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Meccanismi della variabilità interindividuale della risposta ai tossici
1) Variabilità tossicocinetica.
Dovuta a:
Fattori endogeni
Fattori ambientali
La variabilità interindividuale si manifesta principalmente nella fase di eliminazione.
Metabolismo: differenze genetiche (es. polimorfismo genetico) e ambientali (induzione o inibizione
enzimatica, altre interazioni); età; patologie (insufficienza epatica).
Escrezione renale: età, patologie (insufficienza renale); interazioni con altre sostanze
Variabilità interindividuale: differenze genetiche
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2) Variabilità tossicodinamica interindividuale
• Densità recettoriale e meccanismi di trasduzione
Individui che da un punto di vista tossicodinamico presentano maggiore o minore suscettibilità
all’agente tossico per la presenza di maggiore o minore densità recettoriale in grado di interagire col
tossico oppure vie di trasduzione del segnale che sono più o meno attivate (es. le benzodiazepine
agiscono sui recettori GABA favorendo l’ingresso di Cl- nelle cellule con conseguente iperpolarizzazione
dei neuroni inibitori e quindi riduzione di eccitabilità delle cellule. In alcuni individui l’effetto deprimente
sul SNC può essere più marcato.
• Funzionalità e risposta d’organo.
• Meccanismi omeostatici.
• Patologie
maggiore rischio di tossicità da xenobiotici ad azione epilettogena negli epilettici o da tossici agenti sul
cuore nei cardiopatici.
• Interazioni tossicodinamiche
Es. morfina+benzodiazepine: morfina agisce su proteine G inducendo aumentata fuoriuscita di K+ e
quindi iperpolarizzazione e inibisce fuoriuscita di Ca+2 con inibizione del rilascio di neurotrasmettitori
coinvolti nella trasmissione del dolore mentre la benzodiazepina ha azione sinergica che si esplica con
meccanismo diverso.
3) Variazioni nelle modalità di esposizione determinano variazioni intraindividuali:
dell’assorbimento (velocità ed entità);
Es. avvelenamenti da farmaci anticolinergici (antidepressivi triciclici, antiparkinsoniani) l'attività
propulsiva nel tratto gastro-enterico può essere fortemente depressa, cosicché il tempo di transito e il
contatto del farmaco con la superficie assorbente dell'intestino vengono prolungati, > assorbimento.
Es. cibi ricchi di grassi > l’assorbimento di xenobiotici lipofili come solventi (benzene, IPA), pesticidi.
Es. succo di pompelmo+esposizione a xenobiotici: il pompelmo blocca il citocromo 3A4 presente negli
enterociti (metabolismo pre-sistemico) per cui avremo una riduzione della metabolizzazione dello
xenobiotico a livello intestinale con conseguente aumento di conc. plasmatiche e tossicità
dell’eliminazione (saturazione, induzione enzimatica)
Es. elevate quantità del tossico possono causare una saturazione degli enzimi deputati alla sua
metabolizzazione oppure dei carriers deputati al trasporto del tossico attraverso le membrane
(secrezione attiva a livello dei tubuli distali del rene).
Es. xenobiotici che agiscono da induttori enzimatici per cui si accelera il metabolismo dello xenobiotico
con conseguente formazione di metaboliti attivi più tossici.
Es. ingestione di tossici a pH più acidi o più alcalini può influire sulla loro eliminazione renale. Urine acide
o alcaline influenzano la forma dissociata/indissociata: se > forma indissociata, il tossico rientra in
circolo.
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In genere, la curva concentrazione-tempo dopo somministrazione e.v. ha un andamento bi-esponenziale
(bifasico): una prima fase di diminuzione veloce della Cp (fase di distribuzione, fase α) ed una seconda
fase di diminuzione più lenta di Cp (fase di eliminazione, fase ß).
Volume apparente di distribuzione (Vd)
Il Vd è un ipotetico volume di liquido in cui il farmaco è disseminato.
• Dato che il processo di distribuzione avviene in genere più velocemente di quello di eliminazione, si può
estrapolare la concentrazione plasmatica della sostanza alla fine della distribuzione (C0) e prima che sia
cominciata l’eliminazione.
• La quantità di farmaco presente nell’organismo in quel momento è data dalla dose somministrata (se la
somministrazione è e.v.)
• Dividendo la dose per la C0, si ottiene il volume che occuperebbe la sostanza se la concentrazione in tutti
i fluidi dell’organismo fosse uguale a quella plasmatica.
• Per diverse sostanze, la conc. plasmatica è effettivamente uguale a quella a quella degli altri fluidi
(liquidi extra- ed intracellulari). Per questi farmaci il volume di distribuzione è uguale al volume totale
dei liquidi corporei (~ 0,6 l/kg; ovvero x uomo di 70 kg Vd=42 l)
Vd = D/C0
D = dose di farmaco somministrata per e.v.
Sostanze che non attraversano le membrane cellulari rimangono confinati nell’acqua extracellulare. Per
queste sostanze, la conc. plasmatica è maggiore rispetto a quelle che si distribuiscono in tutti i liquidi
corporei; di conseguenza il loro Vd è minore (Vd ∼ 0,2 l/kg; 14 l). Ancora minore è il Vd di sostanze che
rimangono confinati nel sangue (Vd ∼ 0,04 l/kg; 3 l).
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Sostanze con alta affinità per le proteine plasmatiche hanno bassi valori di Vd (<0.2 l/kg) anche se in
realtà raggiungono tutti i tessuti; in questi casi, il Vd calcolato in base alla concentrazione di sostanza
non legata fornisce un’indicazione più esatta della reale distribuzione.
D= dose del farmaco somministrata; C0 = concentrazione plasmatica alla fine della distribuzione come
farmaco libero.
• Per sostanze che si accumulano in uno o più tessuti, la conc. plasmatica è (molto) più bassa rispetto alla
conc. di sostanze distribuite in tutti i liquidi valori di Vd > volume totale dei liquidi corporei (es.,
clorochina 130 l/kg; 9.100 l in un individuo).
• Il volume di distribuzione apparente è influenzato dalla liposolubilità e dall'entità del legame proteico; il
suo valore corrisponde a quello del sangue soltanto nel caso in cui il farmaco non forma alcun legame
con i tessuti. In questo caso si ha una evidente limitazione nelle concentrazioni tissutali del farmaco e ciò
è valido terapeuticamente solo per i farmaci che agiscono nel circolo ematico (per es. antitrombotici
come warfarin).
• Il volume di distribuzione è quindi, in generale, un volume apparente, che può o meno corrispondere al
volume reale di un compartimento.
Importanza di Vd
• fornisce indicazioni sulla distribuzione di una sostanza e sull’eventuale presenza di fenomeni di
accumulo.
• Per alti valori di Vd, fenomeni di spiazzamento dalle proteina plasmatiche (o altri fenomeni che alterano
transitoriamente la conc. plasmatica) hanno scarse conseguenze farmaco-tossicologiche. Il farmaco è già
ampiamente distribuito nei tessuti per cui se si libera una piccola frazione dal plasma non c’è un effetto
tossico.
• Per bassi valori di Vd, fenomeni di spiazzamento consistenti inducono effetti tossici. Vd è importante in
tossicologia perché la concentrazione plasmatica (e di conseguenza quella nell’organo bersaglio dove
svolge l’azione tossica) varia con il Vd. Elevato Vd significa elevata conc. di tossico negli organi bersaglio
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Il Vd è legato alla CL
• Esempio. Nei pazienti con insufficienza renale il Vd della digossina diminuisce ⇒ aumenta la tossicità se
non si riduce la dose (di carico).
Vd = Dose/conc. plasmatica digossina
quindi se c’è insufficienza renale si ha un aumento di
[digossina] nel plasma e di conseguenza Vd diminuisce.
Oppure considerando la formula: CL = Kel x Vd se c’è insufficienza renale si ha diminuzione di CL e di
conseguenza Vd diminuisce.
It exerts its effects on muscle, fat
and liver even if Vd is low
Low lipid solubility, do not cross
blood-brain or placental barrier
Lipid-soluble drugs cross cell
membranes.
> Total body water: binding of drug
outside the plasma. Difficult to
manage overdose of drug.
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Clearance
• Dal punto di vista farmaco-tossicologico, è importante poter definire la capacità dell’organismo (o di un
organo in particolare) di eliminare un dato farmaco.
• I processi di escrezione seguono cinetiche del I ordine. La velocità di diminuzione della concentrazione
plasmatica è proporzionale alla concentrazione stessa: - δCp/δt = kel x Cp
• La quantità assoluta di farmaco eliminato nell’unità di tempo varia quindi al variare della Cp. E’ invece
costante, indipendente da Cp, il valore della riduzione percentuale della concentrazione nell’unità di
tempo (ad. es, ogni ora la concentrazione si riduce del 10%); tale valore frazionario è la costante di
eliminazione (kel) (*).
La cinetica di eliminazione è di I ordine
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Per definizione: CL è il volume di plasma che viene ripulito dal farmaco nell’unità di tempo.
CL dipende da kel, ovvero dall’efficienza dei processi di eliminazione per quel farmaco, e da Vd che
dipende dalle caratteristiche chimico-fisiche del farmaco (Vd è un parametro di equilibrio).
CL = kel x Vd = ml/min
La Clearence viene calcolata nei pazienti mediante la formula:
CL= U x V
Cp
dove U = conc. urinaria del farmaco
V = volume di urina escreta/minuto
Cp = conc. plasmatica del farmaco
Dal valore di CL si può stabilire se un farmaco è eliminato:
- solo per filtrazione renale
CL=130 ml/min
il farmaco non subisce riassorbimento e secrezione tubulare. Ad esempio la CL dell’inulina.
- Per filtrazione+riassorbimento tubulare
CL < 130 ml/min
Es. il glucosio
- Per filtrazione+secrezione tubulare
CL > 130 ml/min
Es. acido para-ammino-ippurico
•
•
La clearance ci fornisce la misura della capacità depuratoria dell’organismo nei confronti di un dato
farmaco, in una dimensione (ml/min) più facilmente utilizzabile.
La clearance consente di:
prevedere la quantità di xenobiotico eliminato dal plasma nell’unità di tempo (conoscendo Cp) ⇒
calcolare la velocità di somministrazione necessaria a mantenere la Cp efficace detta Css (= conc.
allo stato stazionario ovvero quando la quantità di farmaco assorbita = quantità eliminata).
avere informazioni sul meccanismo di eliminazione renale (se lo xenobiotico viene eliminato solo
per filtrazione renale o anche per secrezione tubulare, ecc).
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Emivita o tempo di dimezzamento (t1/2)
Quando la cinetica di eliminazione è di I ordine, il tempo necessario affinché Cp si dimezzi è costante
(qualunque sia il valore iniziale di Cp). Tale valore temporale è chiamato t1/2 e dipende da Kel.
•
•
Dopo singola esposizione, la concentrazione plasmatica (o tissutale) dello xenobiotico dipende
quindi da: Dose, AUC, kass, kel, Vd
CL = kel x Vd
dove Vd = dose/Cp x cui dipende dalla dose
Per somministrazioni ripetute, la concentrazione dipende anche dalla frequenza delle
somministrazioni (τ = intervallo di tempo tra le esposizioni/N).
La concentrazione allo stato stazionario dipende dal rapporto tra velocità di somministrazione (Q=
D/τ) e clearance:
Css = Q (velocità di somministrazione)
CL (velocità di eliminazione)
A parità di condizioni di esposizione, variazioni della clearance determinano variazioni della Css ⇒
variabilità dell’effetto. Es. paziente con insuff. renale ha CL più basso e Css sarà più alta per cui c’è
possibilità che la conc. plasmatica raggiunga valori che inducono effetti tossici (*).
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Effetto dell’insufficienza renale sulla Css
Relazione tra frequenza di somministrazione e concentrazione plasmatica allo stato stazionario
Lo stato stazionario = conc. plasmatica costante del farmaco in seguito a somministrazioni ripetute
poiché quantità assorbita = quantità eliminata
Il tempo necessario al raggiungimento dello stato stazionario dipende solo dall’emivita della sostanza e
si raggiunge dopo 5 t1/2 (*).
Aumentando la frequenza di somministrazione, non cambia il tempo per il raggiungimento dello stato
stazionario ma aumenta la Css (=conc. plasmatica efficace).
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5 x t1/2 (h, min)
5 volte il t1/2 determina:
• Il raggiungimento dello stato stazionario
• il tempo necessario per eliminare il 97% di farmaco
E’ possibile quindi calcolare un’emivita di distribuzione ed un’emivita di eliminazione.
In pratica, è difficile (e poco utile) calcolare l’emivita di distribuzione.
I valori di emivita riportati si riferiscono, a meno che non sia altrimenti specificato, all’emivita di
eliminazione (emivita della fase ß).
L’emivita è indipendente dalla Cp e esprime l’efficienza dei processi di eliminazione dello xenobiotico:
t1/2 = 0,693/kel oppure t1/2= 0,693 x Vd/CL
poiché CL = kel x Vd quindi Kel=CL/Vd
•
•
velocità di eliminazione = Kel x Dose
velocità di eliminazione = CL x Cp
Kel x Dose = CL x Cp
Kel = CL x Cp/Dose
Kel = CL x 1/Vd = CL/Vd
Kel = CL/Vd poiché Kel = 0,693/t1/2 sostituendo:
0,693/t1/2 = CL/Vd
t1/2 = 0,693 x Vd/CL
Quest’ultima formula esprime il concetto che l’emivita è invers. proporzionale a CL e direttamente
proporzionale a Vd.
Questa formula fornisce anche un metodo alternativo per il calcolo di Vd.
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Relazione tra concentrazione, tempo ed effetto
•
•
•
•
•
•
•
L’effetto di uno xenobiotico è proporzionale alla sua concentrazione nell’organo bersaglio e, in
genere, al tempo di permanenza nell’organo.
Dato che la concentrazione in un organo è in genere proporzionale alla concentrazione plasmatica,
l’effetto è proporzionale a quest’ultima (che è misurabile).
Per quasi tutti i tossici esiste una concentrazione minima, al di sotto della quale non si ha effetto.
Il fattore tempo: la relazione tra la durata dell’effetto di un tossico e la sua permanenza
nell’organismo dipende dal meccanismo d’azione.
Per tossici che agiscono legandosi reversibilmente a recettori, l’effetto è condizionato dalla
presenza della sostanza nell’organismo (N.B. il danno ‘secondario’ prodotto può essere
irreversibile).
Per tossici che si legano o alterano irreversibilmente i recettori e altre macromolecole biologiche
(es. inibitori suicidi; metaboliti reattivi), l’effetto si mantiene anche dopo che il tossico non legato è
stato eliminato; l’effetto può essere irreversibile ⇒ dipende dai meccanismi di riparazione.
Sostanze che modulano l’espressione genica legandosi ai recettori per i fattori di crescita (es. BDNF)
e ai recettori intracellulari (vit. A e D): il loro effetto perdura anche dopo che il farmaco è stato
eliminato.
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