Bologna più che una città … è una famiglia!
MONTAGNE
Di Penelope Crostelli
Un ruvido velo di febbre
Ti copre la gola
Non c’è più differenza
Tra il riso e il pianto
Incapace
Dell’uno e dell’altro
Fissi il bicchiere
Vuoto
Sul davanzale
E le impronte sfumate
Delle tue dita
Diminuiscono
Svaniscono
Fantasmi argentei di lumache
Che si ritraggono
Nel loro guscio
Il tuo dolore
Sembra abbracciare
Tutto il mondo
La lama sottile e acuta
Della disperazione
Ci scheggia i cuori
Ce li taglia
Perché sappiamo che è vero
Che la verità
Come la poesia
Sta sul culmine delle montagne
Dove il sole scruta
La valle
Da uno zenith immutabile
Quaggiù
La solitudine monta
Intorno a noi
Montagna d’erba appassita
E torno a sentire sulla pelle
Le rigonfiature callose
Bologna più che una città … è una famiglia!
Delle mie mani
Lo scricchiolio sgualcito
Del tuo spirito
Ripiegato
Come una foglia
LA PANCHINA (del primo giorno)
Di Penelope Crostelli
La panchina
Quella dei giardini della Montagnola
La nostra panchina di legno
In cui ci sedemmo
Per conoscerci
Quando, dapprima, i piccioni a terra volarono via
Tanti proiettili piumati
Poi silenziosi si sono riavvicinati
È stato lì
che nei tuoi piccoli brevi necessari racconti
ho visto la descrizione di ciò che provavi:
tu che passeggiavi sotto il mare
la tua giornata piena d’acqua
ed eri come dentro una sveglia
perfetto completo perpetuo
ruotavi sonnolento
intorno alla molla principale
e guardavi i rubini
il meccanismo e il suo incessante ticchettio
tutte le viti e tutti gli ingranaggi
grossi come la tua testa
indistruttibili scintillanti
un’invenzione tua
Così dormivi in eterno
Pur senza dormire davvero
Bologna più che una città … è una famiglia!
Conscio solo in parte del tempo
Incapsulato in esso
come in una matrice di bronzo
ruotando intorno a quella molla
come un cavallo morto in una giostra
E’ stato lì
Su quella vecchia panchina
Che ci siamo guardati
oltre noi stessi
per conoscerci
A Pier Vittorio
Di Penelope Crostelli
Tondelli nelle sue “Lettere agli amici” è un distornamento di schizzi ritagliati da stralci di fumetti di
Pazienza, di motivi sensuali di Morrissey, di depressione caspica di Giovanni Ferretti, di foto, di
foto di vita. La sua, la mia… Di spettacoli alienati di Debord … e non ne ha mai parlato. Di amore
largo come un oceano, lento come un respiro cosmico. Ma le sue lettere, le sue lettere prese in
singole cellule, si scindono tra dimensioni sonore e visive. Ed è la sua pagina che urla a mio favore.
In una sala cinematografica buia e vuota, piena di spettatori stanchi. Sfiancata dall’esistenza voglio
solo un po’ di musica, di immagini sporche di poesia.