ARTROSI E FIBROMIALGIA: RICONOSCERE I REUMATISMI PIU

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QUANDO
OCCORRE
REUMATOLOGICA?
LA
VISITA
Il dolore, in particolare quello di origine
muscoloscheletrica, è un sentimento di
plurima eziologia. Infatti può nascere da
patologie di natura infiammatoria (es
tendinite, artriti etc), degenerativa (tendinosi,
artrosi etc), da uno stato contrattivo
muscolare
focale
o
generalizzato
(fibromialgia), da una malattia del sistema
nervoso sia meccanica (discopatia del rachide
etc) sia degenerativa (diabete mellito etc).
Tali differenti affezioni possono coesistere
rendendo molto difficile affrontare il
problema dolore, soprattutto quando il
paziente non riesce a decifrarne le
caratteristiche semeiotiche. Per questo il
ricorso ad uno specialista è importante nel
definire la genesi e nel prescrivere una
terapia, quanto mai precoce e specifica,
secondo le linee guida.
La ricerca clinica e l’espansione universale
del sapere propinano di continuo approcci
variegati nell’ambito della sfera dolore, ciò ha
portato alla nascita di molteplici figure
mediche e paramediche, che tentano di
occuparsene, purtroppo spesso caoticamente
ed in conflitto tra loro, causa un cattivo e
miope inquadramento del paziente in
funzione di singole - preferenziali sfere di
competenza.
Questa errato approccio è un noto effetto
collaterale
dell’esasperata
ricerca
di
perfezionamento nei vari campi del sapere.
Pertanto il paziente, spesso di sua iniziativa,
si rivolge all’osteopata, al fisioterapista,
all’agopuntore, al fisiatra, all’ortopedico etc,
cercando un’ affannosa risoluzione del suo
Quando occorre la visita Reumatologica?/ 05.06.13
problema. Infine, qualora non abbia trovato
alcun beneficio, viene a conoscenza, in
qualche “segreto circolo rivoluzionario”,
dell’esistenza della figura del Reumatologo.
Il Reumatologo: questo sconosciuto.
Nata agli albori della medicina in ambito
termalistico, ha poi espanso il suo campo di
applicazione in maniera direttamente
proporziale alla ricerca scientifica di
laboratorio, esperimendosi come quella
branca della medicina interna capace di
riconoscere affezioni di natura infiammatoria
ed autoimmune dei tessuti connettivi, in
primo
luogo
dell’apparato
muscoloscheletrico.
Essendo il suo campo di applicazione molto
vasto, è capace di includere il più comune
dolore articolare da processi artrosici alle più
complicate
manifestazioni
sistemiche
autoimmuni delle connettiviti e vasculiti.
Abbiamo già trattato del corretto approccio
medico in tali patologie pertanto si rimanda
ai paragrafi precedentemente pubblicati.
Emerge quindi il duplice problema del
mondo reumatologico, da un lato la
necessaria
prepazione
multidisciplinare
internistica, che tale materia necessita,
dall’altro la problematica coesistenza di un
eterogeneo mondo di operatori sanitari
ognuno rivolto nel proprio piccolo a
sezionare il paziente per le rispettive
competenze.
Quanti pazienti curati per artrosi recidivano
in
affezioni
infiammatorie
di
una
misconosciuta condrocalcinosi?
Quanti pazienti affetti da modesta psoriasi e
fibromialgia subiscono “terapie decennali”
per inesistenti artriti psoriasiche? Etc, etc, etc.
La lista sarebbe davvero molto lunga
purtroppo. A questo errato approccio clinico
non hanno poi giovato due situazioni
contingenti:
da un lato il servizio sanitario nazionale che
pur considerando l’esistenza del problema
dolore cronico ha finora riconosciuto solo il
concetto di cure palliative per malati
terminali e/o disabili sotto controllo di
Oncologi, Neurologi ed Anestesisti.
E’ d’obbligo porsi una domanda: il dolore di
un paziente terminale e disabile ha una
maggiore dignità rispetto a quello di un
paziente affetto da una severa artrite cronica
erosiva? Il beneficio sociale ed etico del
sollievo della sofferenza di un malato
terminale oncologico è davvero tanto
superiore alla qualità di vita un giovane
lavoratore affetto da artrite cronica, la cui
produttività sarà per sempre inficiata dalla
sua malattia se non ben curata? Quale
competenza in ambito terapeutico, di questo
tipo di dolore cronico, potranno mai avere un
neurologo o anestesista o oncologo?
Il malato reumatico è lasciato alla deriva di se
stesso, delle ridotte risorse a lui destinate.
L’altro problema, che non è da meno, è quello
delle libere iniziative pseudo-scientifiche, per
cui se non esiste un adeguato sistema
reumatologico sanitario nazionale, allora
bisogna sezionare la materia e affidarla ad
altre brache specialistiche; nascono così gli
ambulatori di orto-reumatologia, immunoreumatologia, endocrino-reumatologia, etc
etc etc.
Il buon senso indurrebbe a capire che è
possibile discutere sulle competenze di
singole individui e le rispettive scuole di
appartenenza, piuttosto che sulla necessità di
distruggere una branca medica. Oguno poi è
libero di valutare il problema in scienza e
coscienza,
traendone
le
conclusioni
opportune.
Quando occorre la visita Reumatologica?/ 05.06.13
Quando occorre la visita Reumatologica?
Il pensiero della comunità scientifica ed il
mio personale è che lo specialista
Reumatologo, nell’ambito di un corretto
approccio multidisciplinare, sia garante di un
progetto diagnostico-terapeutico capace di
collegare il sintomo dolore articolare riferito
dal paziente alle sue comorbilità internistiche
(cardiovascolari, dismetaboliche), distrettuali
disabilitanti (ortopedico, fisiatra), periferiche
di senso (dermatologo, neurologo, oculista,
otorino).
L’ambulatorio di Reumatologia, grazie alla
necessaria competenza dei suoi operatori, si
pone così’ come un porto di attracco per tutte
le affezioni muscoloscheletriche, che abbiano
una genesi flogistico-internistica da definire.
Il Reumatologo deve pertanto essere
considerato come lo specialista di riferimento
in quelle note condizioni di flogosi primitiva
e riscontro di tests autoimmuni positivi, ma
anche nelle diffusissime condizioni di
comorbilità, in primis dismetaboliche, da cui
conseguono processi flogistici osteoarticolari.
Nasce così l’obiettivo di individuare i
pazienti affetti da processi flogistici
precocemente (artriti, connettiviti, vasculiti).
D’altra parte è necessario considerare di
esclusiva competenza ortopedica e fisiatrica,
quel dolore muscoloscheletrico cronico che
nasce da evidenti quadri congeniti,
traumatici, degenerativo-artrosici, e necessita
di palliazioni esclusivamente infiltrative,
riabilitative, od infine chirurgiche.
L’usilio infine delle rispettabili figure
sanitarie di natura olistica (osteopatia,
agopuntura, posturologia, omeopatia etc)
possono esser parte integrante di un progetto
antalgico, che abbia come direttiva un esperto
medico di patologia muscoloscheletrica.
Dr Domenico Malesci
Specialista in Reumatologia,
Dottore di Ricerca in Immunologia Clinica
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