FARMACIA FIDUCIA - Ottobre 2015

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Il fegato
PSA: quando è “normale”
e come va interpretato?
Dolore cronico:
riconoscerlo, conoscerlo
e affrontarlo
Nuove tecnologie per la Biopsia
mirata della prostata
Back to school!
Torna sui banchi l’educazione
alimentare
Il carcinoma midollare della
tiroide: attenzione alla familiarità
Il bullo, la vittima e il gruppo
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infiammazione della vescica
urinaria. Ciò dipende sia dalla conformazione anatomica femminile, sia da qualche
leggerezza nell’igiene quotidiana e nello stile di vita.
<<Ho la cistite, devo correre e
ogni volta... che bruciore!. >>
Il fastidio si presenta più frequentemente con il passare degli anni e anche l’uomo può esserne interessato,
soprattutto in concomitanza di “problemi di prostata”.
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Periodico bimestrale di salute & benessere
Direttore Editoriale
On. Dott. Luigi Zocchi
La medicina
“su misura”.
Direttore Responsabile
Giovanni Nello Franchi
Direzione Redazione
Federfarma Varese
Piazza Marsala, 4 - 21100 Varese
Tel. 0332 236164 - Fax 0332 830101
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On. Dr. Luigi Zocchi
Presidente Federfarma
Varese
M
Caporedattore
Luisa Nobili
Comitato di redazione
Rachele Aspesi
Gianluca Bonicalzi
Renata Radici
Hanno collaborato a questo numero
Piera Armienti
Fabio Colombo
Gaia Gandola
Alfredo Goddi
Marco Lacerenza
Silvia Magnani
Alberto Roggia
Segretaria di redazione
Giuliana Comolli
Progetto grafico
Graffiti s.a.s.
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Art Director
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Anno XI - n° 62 ottobre 2015
Copia Omaggio
Tiratura 20.000 copie
Distribuzione in 215 farmacie di Varese
e provincia.
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ROC - Registro Operatori di
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Registrazione testata Tribunale
di Varese
n° 871 del 22/4/2005
Stampa - Roto3
Sono vietati la riproduzione e l’uso
anche parziale di testi, illustrazioni e foto.
Troverai il prossimo
numero di Farmacia Fiducia
a dicembre nella tua farmacia.
Spazio riservato al timbro della farmacia
olti di noi, i meno giovani senz’altro, ricordano la figura del sarto, molto
spesso una “sartina”, accanto a quelle della camiciaia e della pantalonaia che, con impegno ed esperienza, sapevano tagliare su misura una
camicia o un abito intero.
Erano artigiani del vestire al servizio di coloro che non riuscivano
a trovare sul mercato un prodotto perfettamente adatto alle proprie necessità.
Non si trattava solo di ricche signore che volevano essere
sempre alla moda ma, in molti casi, si trattava di un lavoro modesto e non sempre ben retribuito dedicato a
persone che non rientravano nelle misure canoniche; un
po’ troppo alti, o troppo bassi, con la pancetta oppure
decisamente troppo magri.
Ora si tratta di professioni che sopravvivono in modo molto limitato e si accostano, quasi sempre, a figure di grandi
stilisti e di costi molto elevati: il fascino di avere un capo di
vestiario realizzato veramente ed interamente “su misura”
resta possibile per poche persone con costi non proprio
indifferenti.
Si sono sviluppati, al posto dei vecchi sarti indipendenti, laboratori artigianali più organizzati dove, su basi
piuttosto “fisse”, vengono ultimati ed adattati i capi che
risultano a fine lavorazione “quasi” su misura.
In farmacia succede qualche cosa di molto simile.
Negli anni precedenti il 1960, moltissimi farmaci venivano preparati in farmacia dietro presentazione delle ricette mediche oppure,
in base ad antiche formule di consolidata efficacia e di ampia notorietà popolare, realizzate dal farmacista in modo ripetitivo per
diventare prodotti da consiglio (erano i galenici).
Ancora alcuni di noi ricordano gli sciroppo prodotti con ricette
personali da qualche vecchio collega farmacista ai quali venivano attribuiti poteri davvero notevoli.
Con l’avvento della produzione industriale, anche i prodotti
galenici confezionati in farmacia hanno lasciato il posto a
farmaci da consiglio realizzati dall’industria, dapprima distribuiti quasi esclusivamente su consiglio del farmacista e poi diventati oggetto di iniziative di marketing
e di pubblicità.
Alcune nicchie sono però rimaste “orfane” di farmaci prodotti industrialmente.
Si tratta di medicinali indispensabili per la vita che non esistono sul mercato oppure che esistono, ma non nei dosaggi utili per i bambini più piccoli.
Allora ecco che la capacità del farmacista di produrre direttamente il medicinale
necessario diviene non solo utile, ma addirittura indispensabile ed in molte farmacie si preparano cartine, cachet, soluzioni, capsule apribili con all’interno principi
attivi noti ed efficaci per gravi patologie, da quelle cardiache a quelle gastrointestinali o renali o metaboliche.
Continua a pagina 30
3
F A R M A C I A
F I D U C I A
Conosciamo il nostro corpo.
Il fegato.
Prima parte
Dott.ssa Luisa Nobili
Farmacista
I
l fegato è una ghiandola
collocata sotto il diaframma che lo separa dai polmoni e dal cuore, come una
vera e propria cupola muscolare, sotto e posteriormente si
estende verso l’intestino ed il
rene destro. E’ suddiviso in
quattro lobi costituiti a loro
volta da lobuli epatici, ognuno attraversato da una vena
centrale. E’ irrorato da
due vasi sanguigni
principali: la
vena porta
e l’arteria
epatica.
Il fegato nella tradizione.
Il fegato è sempre stato ritenuto un organo centrale, cioè
punto fondamentale del metabolismo e sede del coraggio.
Un uomo temerario e propositivo nonostante le difficoltà
viene definito come “uno che
ha del fegato” e nelle lingue
orientali numerose espressioni hanno il doppio significato
di fegato e di coraggio.
Presso i Greci e gli Etruschi
tutti i sentimenti e le qualità
interiori avevano come sede
non il cuore, come più tardi
si verificò, bensì il fegato che,
anche per le religioni che leggevano il futuro consultando i
visceri degli animali, rimaneva
l’organo più importante.
E’ un organo complesso con molteplici
funzioni tutte preziose per il nostro
organismo.
A cosa serve.
Le funzioni del fegato sono
molto complesse: vediamo insieme le più importanti:
• La produzione di bile:
è un liquido giallastro,
ricco di acqua, acidi biliari, col e s t e r o l o,
fosfoli-
pidi,
bilirubina, proteine
ed elettroliti. Viene raccolta
e concentrata nella cistifellea
che dobbiamo immaginare
come un sacchetto collocato
al di sotto del fegato.
E’ utilizzata durante la
digestione e per mezzo
di un piccolo condotto,
il coledoco, passa dalla
cistifellea all’intestino
dove digerisce i grassi, promuove l’assorbimento delle vitamine
liposolubili A, E, K e
favorisce i movimenti
intestinali.
Infine elimina numerosi prodotti
sio sottoforma di glicogeno
e sua liberazione in caso di
necessità.
• Sintesi del colesterolo e
dei trigliceridi in quantità
adeguata per la vita delle
cellule.
• Produzione di
proteine ad esempio
albumina,
f i b r i n o g e n o,
protrombina e
proteine enzimatiche.
• Utilizzazione di
vitamina B12, Ferro e
Rame.
Il fegato è quindi proprio una
grande centrale che riceve del
materiale “grezzo” come il cibo e lo trasforma in sostanze
più raffinate e pregiate.
come il colesterolo, la bilirubina e varie sostanze tossiche;
quando l’equilibrio
tra le diverse componenti si rompe si crea
instabilità, con prevalenza dell’uno o dell’altra sostanza e predisposizione
ai calcoli biliari.
• Accumulo del gluco-
F A R M A C I A
Il nemico numero 1.
L’Istituto Superiore di Sanità sottolinea che in Europa
esiste il maggior consumo di
bevande alcoliche, circostanza che costituisce così
il terzo fattore di rischio
di malattia e morte prematura dopo il tabacco e
l’ipertensione. Infatti l’alcool giunto nell’intestino
viene assorbito più o meno
rapidamente, a seconda della quantità della bevanda
ingerita e del cibo presente nello stomaco.
F I D U C I A
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Conosciamo il nostro corpo. Il fegato.
In seguito l’alcool viene trasformato ed utilizzato a fini
energetici principalmente dal
fegato ed è perciò che l’abuso
di alcool si ripercuote su questo organo, rappresentandone
il peggior nemico. Oltre a
danneggiare il fegato, provocando un anomalo deposito
di grassi, l’alcool può arrecare
problemi al sistema nervoso,
stomaco, pancreas. Si parla
naturalmente di consumo esagerato e continuo: sappiamo
infatti come un bicchiere di
vino a pasto non può sicuramente creare danno, anzi è un
apprezzabile completamento.
Le piante per il fegato.
Il cardo mariano è usato
nelle affezioni del fegato per
A proposito di bilirubina.
UN FUNGO PERICOLOSISSIMO PER IL FEGATO.
L’Amanita Phalloides è un
fungo davvero temibile,
molto diffuso e che allarma per la sua somiglianza
con altri funghi commestibili. E’ chiamato nella tradizione popolare “angelo della morte”: continua
infatti ad essere velenoso anche dopo la cottura,
l’essiccazione ed il congelamento.
Ovviamente questa sua
resistenza rappresenta
un altro fattore di rischio:
contiene amantine alfa
e beta, che agiscono sulla RNA polimerasi bloccando la sintesi proteica
e danneggiando le membrane cellulari.
Il bersaglio è il fegato:
all’inizio, in seguito all’ingestione, non ci sono sintomi d’avvelenamento
che si manifestano dopo
12-48 ore . Dopo la prima
fase gastroenterica con
vomito severo e diarrea si
manifesta il danno epatico
che è proporzionale alla
quantità di fungo ingerito
e può condurre fino alla
necrosi.
Nonostante le informazioni più complete del giorno
d’oggi purtroppo si registrano ancora elevati tassi
di mortalità: rimane quindi il fungo più pericoloso
esistente in natura.
5
La bilirubina è una sostanza pigmentata ricavata dalla
degradazione dell’emoglobina, possiamo considerarla
un vero e proprio prodotto
di scarto dei globuli rossi invecchiati secondo un processo del tutto naturale. Infatti è
un pigmento giallo scuro che
proviene dalla milza, si accumula nella bile, viene metabolizzato dal fegato ed eliminato con le urine. Tuttavia,
se ci sono problemi a livello
epatico o nella cistifellea, si
può accumulare fino all’itte-
il suo contenuto in silimarina.
Di questa pianta si utilizzano
i frutti che facilitano la produzione e l’eliminazione della
bile, stimolando la funzionalità epatica. Tuttavia la pianta
più nota per l’azione positiva
sul metabolismo del fegato è
il carciofo: le sue foglie migliorano la produzione di bile,
ma esercitano anche una blanda azione diuretica ed hanno
un’altra proprietà interessante
e meno conosciuta cioè la
capacità di regolare il tasso
di glucosio nel sangue: nei
casi più leggeri di variazione
di glicemia è buona norma
includere nell’alimentazione il
carciofo, meglio se consumato crudo, sottilmente affettato
e condito con del buon olio
d’oliva e poco sale.
Nelle donne in allattamento è
sconsigliabile il suo uso perchè riduce la produzione del
F A R M A C I A
F I D U C I A
latte e ne altera il sapore.
Una pianta attualmente molto utilizzata è la curcuma,
chiamata anche “lo zafferano
dell’India”, ha proprietà antiossidanti ed antinfiammatorie, migliora la digestione dei
grassi da parte della bile, ma
come il curry, altra spezia a
noi familiare, non va usata in
caso di calcoli delle vie biliari.
ro con colorazione gialla della pelle.
Parliamo di bilirubina “indiretta” quando ci riferiamo a
quella che si forma nella milza, la definiamo “coniugata
o diretta” quando diventa
idrosolubile per opera del
fegato e può passare nel sangue e nella bile.
I valori rilevati negli esami del
sangue per la bilirubina danno al medico importanti informazioni sull’attività del fegato e dei suoi annessi.
L’alimentazione corretta.
Le regole alimentari che portano al benessere hanno davvero un’efficacia terapeutica che
si ripercuote sulla digestione.
Le proteine animali della carne, delle uova e dei formaggi
vanno ridotte ed alternate alle
proteine vegetali, quali legumi
e semi oleosi, associandole a
cereali completi, così come
i condimenti ricchi di grassi
animali vanno sostituiti con
l’olio d’oliva. Sempre maggiormente si riscopre il piatto
unico, utile combinazione di
carboidrati e verdure, fino a
cinquantanni fa cardine dell’alimentazione tra la gente semplice e caratterizzato da una
digestione poco impegnativa e
da valori nutrizionali completi.
da sapere
Tumori: l’aspirina
aiuta il sistema immunitario a combattere il cancro.
L’aspirina potrebbe aiutare
a combattere il cancro se assunta in combinazione con
l’immunoterapia. Il popolare
antidolorifico sopprime una
molecola che permette ai tumori di eludere le difese immunitarie del corpo. Questo è
quanto emerso da uno studio
del Francis Crick Institute di
Londra, pubblicato sulla rivista
Cell. I test di laboratorio hanno dimostrato che le cellule
del cancro all’intestino, al seno
e alla pelle, spesso generano
grandi quantità della molecola prostaglandina E2 (PGE2).
Ma lo studio ha trovato che
l’aspirina e gli altri farmaci appartenenti alla famiglia degli
“inibitori della Cox” bloccano
la produzione della molecola
che aiuta il tumore a “nascondersi”. Combinando l’immunoterapia, cioè i farmaci che spingono il sistema immunitario ad
attaccare le cellule cancerose,
con l’aspirina o altri inibitori
della Cox, è stato rilevato un
sostanziale rallentamento della
crescita del cancro della pelle
e dell’intestino nei topi.
PSA: quando è “normale”
e come va interpretato?
Intervista al Prof Roggia
Primario Emerito di Urologia
www.profroggia.it
Prof. Roggia ci può dire
cosa è il PSA e se segnala
la presenza di tumore?
La ghiandola prostatica, posizionata sotto la vescica,
produce una glicoproteina che è una
sostanza chiamata
Antigene Prostatico Specifico ed
indicata dall’acronimo PSA, oramai
a tutti ben noto.
Molto importante
ricordare al lettore
di questa intervista che il PSA è
prodotto sia dalla
prostata normale
sia dalla prostata
che generalmente
con il trascorrere
degli anni aumenta
sempre di volume,
ma è assolutamente benigna (è la patologia più comune in quasi
tutti gli uomini), ma il PSA è
pure prodotto dalla prostata
quando questo organo è affetto da tumore maligno.
Pertanto chiarisco subito che
il PSA “non è assolutamente un marcatore di tumore”, come purtroppo tante
uomini credono. Infatti in
altre parole il PSA non è una
“spia specifica” che segnala con certezza la presenza
di tumore prostatico perchè,
Dopo i 50 anni di età il dosaggio
del PSA è assolutamente consigliabile a
tutti gli uomini, assieme a visita urologica
con esplorazione rettale. Se però c’è
familiarità per tumore alla prostata è
utile anticipare i controlli dai 40 anni.
come ho detto, tale sostanza
chiamata PSA è prodotta sia
dalla prostata quando è normale sia quando si ingrossa
con l’età, sia pure quando è
to ha un’elevata sensibilità
e specificità nella diagnostica di patologia prostatica sia
benigna, quindi qualora ci
sia un’infiammazione o un
infiammata o quando in essa
insorge il tumore.
Oggigiorno non esiste ancora un marcatore tumorale
ideale “di certezza” dosabile
nel sangue già nelle fasi più
precoci di insorgenza del tumore, anche se studi scientifici sono in corso in tal senso.
Tuttavia il valore del PSA,
ricercato con un semplice
prelievo di sangue, assume
oggidì sempre un ruolo di
grande rilevanza in quan-
normale progressivo ingrossamento prostatico, e sia pure
quando la prostata è colpita
dal tumore maligno.
Quali sono i valori di normalità di PSA?
Sembra paradossale affermare che non c’è un valore assoluto di normalità!
Nei referti degli esami ematici il paziente trova sempre
indicato, accanto al dato del
proprio PSA totale, i valori
F A R M A C I A
di riferimento che vorrebbero indicare la “presunta
normalità” indicata tra 0,00
e 4,0 ng/ml. Se il PSA totale
è superiore a 2 ng/ml, viene pure registrato,
ma solo se espressamente richiesto
dal Medico, anche
il valore del PSA
nella sua “frazione libera” o come “PSA-ratio”,
cioè rapporto libero/totale, con dati,
considerati come
apparentemente
“normali”, quando sono eguali o
superiori a 0,18.
E’ doveroso segnalare al lettore
che tali valori, che
vorrebbero solo
indicare una “presunta normalità”,
non hanno comunque un
valore tassativo di certezza, in quanto esistono casi,
non frequenti ma tutt’altro
che eccezionali, in cui il tumore presenta un PSA molto
basso e ben inferiore ai 4 ng/
ml (anche di 0,2 - 0,9 ng/ml),
mentre spesse volte la prostata non è affetta da tumore
anche se il PSA è superiore a
8-10 ng/ml. Ciò dipende dal
fatto che molti fattori influenzano i valori del PSA,
F I D U C I A
6
PSA: quando è “normale” e come va interpretato?
per cui occorre evitare allarmismi di fronte ad un referto
con PSA superiore, anche di
molto, a 4 ng/ml.
Così ad esempio in corso di
infiammazioni alla prostata il
PSA aumenta sensibilmente,
raggiungendo valori di 10, 20
o anche 40 ng/ml, mentre nel
contempo si abbassa sensibilmente il valore del PSA-ratio
verso 0,06-0,10. Così pure
incrementi sono frequenti
dopo un posizionamento di
catetere vescicale, oppure in
corso di infiammazioni alle emorroidi, o subito dopo
interventi chirurgici per fistole e prolassi anorettali ed
emorroidi.
Prof. Roggia ci indica quali sono i fattori che aumentano o diminuiscono
il PSA?
Occorre ricordare che innalzamento del PSA si registra
dopo l’eiaculazione od una
attività fisica di una certa intensità, per cui è consigliata
sempre un’astinenza da attività sessuale e da esercizio
fisico nei tre - quattro giorni antecedenti il prelievo del
sangue per dosaggio PSA.
Alcuni fattori diminuiscono
invece il valore di PSA: così in
caso di precedente intervento
chirurgico endoscopico di resezione di un ingrossamento
prostatico benigno, che comporta una riduzione del volume prostatico, oppure anche
in corso di terapie con vari
farmaci come ad esempio la
dutasteride e finasteride, utilizzate ad esempio con la
finalità di ridurre la crescita
della prostata ed il suo volume. Il PSA aumenta costantemente e parallelamente
all’incremento progressivo,
peraltro comune e del tutto
fisiologico, del peso e volume
prostatico che si registra in
quasi tutti i soggetti a partire
dai 35-40 anni di età in poi,
generando l’ingrossamento
benigno chiamato anche adenoma o ipertrofia prostatica
benigna: così ad esempio un
PSA di 8 -10 ng/ml è compatibile, e quindi teoricamente
accettabile, con una prostata
ingrossata benigna che abbia
un peso globale, valutato con
ecografia transrettale, di 70100 grammi.
A che età è bene iniziare
ad effettuare il controllo
del PSA e la visita urologica? Si può evitare l’esplorazione rettale che terrorizza tanti pazienti?
E’ consigliabile il dosaggio del PSA a partire dai 50
anni, ma è bene anticipare il
controllo del PSA già dai 40
anni di età se in famiglia
si fossero registrati casi di
tumore alla prostata (esempio, papà o fratelli o nonni,
essendo ben nota la possibile
familiarità del tumore prostatico), oppure se sussistono
altri fattori di rischio, come
un’alimentazione eccessivamente ricca di grassi animali
e carni rosse, uno stato di
obesità, ecc.).
Importante ricordare che
anche in caso di valori apparentemente “normali”
(cioè inferiori a 4 ng.ml), è
assolutamente sempre consigliabile, ogni 12 mesi ed a
partire dal compimento pertanto di 40-50 anni di età,
non solo il dosaggio del PSA,
ma pure la visita da parte
dello specialista urologo,
con esplorazione prostatica (inizialmente preoccupa o
spaventa il paziente, per poi
ammettere che lo stesso è
stato un esame rapidissimo e
senza alcun dolore) che potrà
giudicare la normalità o meno di quel determinato valore di PSA totale e “ratio”. Se
l’esplorazione rettale (esame
di insostituibile importanza
nel percorso diagnostico per-
chè nel 75 % dei casi accerta
la presenza di elementi sospetti, che richiedono approfondimento) non rilevasse
nulla di anomalo ed il PSA è
basso, l’urologo, valutando il
singolo paziente, si limiterà a
consigliare un controllo periodico ogni 12 mesi, senza
altri accertamenti. Se però
il PSA totale fosse normale,
ma si registrasse una crescita del valore di PSA troppo veloce negli ultimi 6-12
mesi, oppure il “PSA-ratio”
avesse valori patologici, oppure all’esplorazione rettale
lo specialista urologo riscontrasse un tessuto prostatico
non uniformemente soffice
e magari un’irregolarità della superficie capsulare prostatica, in tali casi l’urologo
consiglierà l’esecuzione di
un’ecografia transrettale associata ad elastosonografia,
o, meglio ancora, alla elastografia strain imaging (S.E.)
e ad elastografia shear wave (S.W.E.) che consentono
la valutazione qualitativa e
quantitativa della visco-elasticità del tessuto prostatico.
La biopsia viene consigliata limitatamente nei casi di riscontro all’ecografia
transrettale, associata ad elastosonografia prostatica, di
aree ipoecogene-ipoelastiche
che possono fare sospettare
un tumore. Se però, già alla
visita urologica con esplorazione rettale, lo specialista urologo riscontrasse la
presenza di noduli o aree di
aumentata consistenza, non
correlate ovviamente a sicura
infiammazione acuta o cronica, l’urologo consiglierà,
anche se il PSA fosse inferiore a 4 ng/ml, una biopsia
“mirata” sulle aree sospette e
pure random sulle altre zone apparentemente normali,
sempre preceduta dall’ecografia transrettale con elastografia.
Continua a pagina 30
7
F A R M A C I A
F I D U C I A
da sapere
Farmaci: allo studio
un prodotto efficace
contro tutti i virus.
Presto potrebbe essere disponibile un farmaco capace di
combattere l’influenza, l’Ebola, la febbre gialla e altri virus
killer. A lavorare al suo sviluppo è Paul Kellam, ricercatore
del Wellcome Trust Sanger
Institute vicino a Cambridge,
che ha riferito dei progressi in
occasione del British Science
Festival a Bradford. L’idea di
realizzare questo “superfarmaco” è nata a seguito della
scoperta di un gene che rende
alcune persone più suscettibili
a sviluppare gravi forme di influenza. Questo gene aumen-
terebbe di 4 volte le probabilità di ammalarsi gravemente.
In genere, il gene IFITM3 produce una proteina che blocca
i virus influenzali, impedendo
loro di invadere le cellule del
corpo. Ma alcune persone
hanno una versione difettosa
di questo gene che non produce abbastanza proteina lasciando al virus la possibilità
di proliferare. Ora i ricercatori
sperano di realizzare un farmaco in grado di aumentare i
livelli di questa proteina. Una
medicina quindi che potrebbe
curare o addirittura prevenire
l’influenza in chi ha questo
gene difettoso. Secondo i ricercatori, il farmaco potrebbe
aiutare anche le persone con il
gene “sano” a recuperare più
rapidamente.
Dolore cronico:
riconoscerlo, conoscerlo e affrontarlo.
Dott. Marco Lacerenza
Specialista in Neurologia
Specialista in Fisiopatologia
e Terapia del Dolore
Elice Onlus www.eliceonlus.it
Responsabile Centro di Medicina
del Dolore Casa di Cura S. Pio X,
Milano, Fondazione Opera
San Camillo
Differenziare i vari tipi di dolore e
ipotizzare i diversi meccanismi che lo
sottendono nel singolo paziente permette
di impostare il trattamento più efficace, sia
in relazione alla causa che lo genera sia a
livello sintomatico.
I
l dolore accompagna
l’uomo nel suo cammino
da sempre. Anche oggi,
nonostante i progressi della
medicina e la crescita della vita
media, il dolore resta difficile
da comprendere e quindi problematico da curare. Talvolta
si manifesta come una malattia cronica, difficile da gestire
dal punto di vista medico e
sociale, con pesanti ricadute
sulla qualità di vita dei pazienti
e dei loro famigliari. Negli ultimi vent’anni abbiamo assistito a una crescita esponenziale
nel panorama delle conoscenze sul dolore, che ha portato
alla sensibilizzazione per questa materia di molte branche
della medicina, dell’industria
farmaceutica, dell’opinione
pubblica e quindi anche dei
legislatori. Dal 2001 si parla di
Ospedale Senza Dolore, dal
2004 abbiamo le norme applicative per realizzarlo e la legge
38 del marzo 2010 sancisce le
disposizioni per garantire l’accesso alle cure palliative e alla
terapia del dolore. Il cammino
è ben tracciato, ma siamo ancora ben lungi dall’assicurare
una buona gestione diagnostico-terapeutico-assistenziale
ai pazienti con dolore, e le
statistiche lo mostrano chiaramente.
Differenziare i vari tipi di dolore e ipotizzare i diversi mec-
canismi che lo sottendono nel
singolo paziente permette di
impostare il trattamento più
efficace, sia in relazione alla
causa che lo genera sia a livello sintomatico. Per semplificare, il dolore si può differenziare in somatico (che viene
dal corpo) e viscerale (che
viene dagli organi interni).
Nell’ambito del dolore somatico possiamo avere il dolore
nocicettivo ed il dolore neuropatico che si differenziano
per i meccanismi che li sottendono e per i trattamenti
farmacologici di prima scelta
che sono differenti.
F A R M A C I A
Il dolore si considera nocicettivo quando è generato dalla
fisiologica attivazione dei recettori del dolore (se aumento
la pressione sulla cute, ad un
certo punto inizia a fare male).
Più spesso questo dolore è in
relazione a patologia osteoarticolare degenerativa (artrosi)
con localizzazione alle grandi
articolazioni degli arti inferiori (anche, ginocchia), alla
colonna vertebrale (cervicale,
dorsale e soprattutto lombosacrale). La patologia degenerativa della colonna vertebrale meccanico-compressiva
(spondilo artrosi e discopatie) può danneggiare le radici
nervose che fuoriescono della
colonna vertebrale per entrare
negli arti superiori ed inferiori,
con conseguenti danni neurologici e dolore neuropatico
(sciatica). Il dolore si definisce
neuropatico per la presenza
di una lesione o malattia del
sistema somato-sensoriale
(porzione sensitiva del sistema
nervoso) centrale o periferico
e si può presentare con disturbi sensitivi negativi (perdita di
sensibilità) e positivi (formicolii o senso di calore/bruciore) spontanei e/o indotti da
stimolo (lo sfioramento delle
lenzuola risulta doloroso sui
piedi del paziente diabetico
con neuropatia dolorosa).
Frequentemente il dolore
F I D U C I A
8
Dolore cronico: riconoscerlo, conoscerlo e affrontarlo.
neuropatico diventa cronico,
generando inabilità e difficoltà
nelle cure.
Le cause più frequenti di
dolore neuropatico sono le
radicolopatie compressive,
come la sciatica, le neuropatie, in particolare in corso
di diabete, la nevralgia posterpetica, le lesioni nervose
post traumatismo o chirurgia
e il dolore centrale post ictus
cerebri, sclerosi multipla, lesioni spinali.
I farmaci di prima scelta utilizzati nel trattamento del dolore nocicettivo sono i FANS,
il paracetamolo e gli oppioidi.
I farmaci di prima scelta nel
trattamento del dolore neuropatico appartengono alle
famiglie degli antiepilettici e
degli antidepressivi. Questa
differenza rende indispensabile l’esercizio della diagnosi
del tipo di dolore per l’impostazione del trattamento più
corretto secondo le linee guida internazionali.
Il dolore neuropatico in questi pazienti può diventare una
malattia a sè stante, riducendo
la funzionalità nella vita quotidiana, generando sfiducia,
ansia e depressione e, più in
generale, compromettendo
sensibilmente la qualità di vita
dei nostri pazienti.
Frequentemente i nostri pazienti con dolore cronico presentano diverse malattie associate (comorbidità) e quindi
molte terapie farmacologiche
in associazione. Questo rende
complessa la gestione delle
cure anche per i possibili effetti collaterali ed interazioni
dei farmaci assunti.
Anche i medici talvolta possono indurre sofferenze nervose e dolore neuropatico
attraverso la chirurgia o la
somministrazione di alcune
chemioterapie. Il non riconoscimento della sofferenza
nervosa e quindi il ritardo del
trattamento specifico per il
9
dolore neuropatico può favorire la cronicizzazione del
disturbo, innescando inibizione motoria e meccanismi
psicologici (ansia, depressione, perdita di autostima, etc.)
che a loro volta favoriranno
il mantenimento del dolore
nel tempo. Nelle condizioni di dolore neuropatico con
coinvolgimento del sistema
nervoso centrale i pazienti
presentano solitamente una
sintomatologia complessa.
Ancora una volta il riconoscimento precoce del tipo di
dolore è fondamentale per
la gestione farmacologica (i
comuni analgesici come i Farmaci Antiinfiammatori Non
Steroidei non curano il dolore
neuropatico), ma anche riabilitativa e psicologica. Per questi motivi spesso il paziente
con dolore cronico necessità
di una valutazione multidisciplinare fondata sul modello
di cura centrata sul paziente
e non sulla malattia. Questo
permette di impostare programmi di trattamento condivisi non solo con il paziente
e i famigliari, ma con tutte le
figure professionali coinvolte
nel processo di cura (neurologo, internista, terapista del
dolore, fisiatra, fisioterapista,
psicologo, nutrizionista).
La gestione integrata farmacologico - psicologico - riabilitativa del paziente con
dolore cronico è la proposta
dell’associazione Elice Onlus
che mette al centro il Paziente, dal punto di vista della
personalizzazione della strategia di cura e del coinvolgimento del paziente stesso come parte attiva nel progetto
terapeutico. Questo permette
la creazione, attorno al paziente con dolore cronico, di
una rete di sostegno virtuosa
che vedrà crescere nel tempo
la motivazione, la funzionalità, l’efficacia, la stima in se
stesso e la qualità di vita.
F A R M A C I A
F I D U C I A
Nuove tecnologie per la Biopsia
mirata della prostata.
Dott. Alfredo Goddi
Specialista in Radiologia
Centro Medico SME
Diagnostica per Immagini
Diagnosi del tumore prostatico.
L’incidenza del tumore della
prostata è in aumento, ma
la sopravvivenza negli ultimi anni è significativamente aumentata grazie a nuove
tecniche chirurgiche, alla radioterapia ed a farmaci che
migliorano la qualità della
vita nelle forme avanzate.
Il problema maggiore
resta tuttavia l’incertezza della diagnosi. Come noto, la
diagnosi non invasiva del tumore
prostatico è innanzitutto affidata all’esplorazione digito-rettale,
condizionata tuttavia dall’esperienza
dell’esaminatore, e al
dosaggio ematico dell’Antigene Prostatico Specifico
(PSA), di per sè dotato di elevata sensibilità, ma che può
fornire risultati falsamente
positivi nell’ipertrofia prostatica benigna e nelle prostatiti
acute e croniche. La diagnosi
di secondo livello è affidata
a modalità di imaging quali
l’ecografia transrettale e la
Risonanza Magnetica (RM).
Entrambe presentano tuttavia dei limiti: l’ecografia ha
una sensibilità non superiore
al 50-60% nel diagnosticare
il tumore prostatico; la RM,
pur avendo elevata sensibilità, risulta poco specifica, specie se coesistono noduli di
iperplasia prostatica benigna.
Per sopperire a tali limitazioni alcuni Centri dotati di tecnologie avanzate integrano
Aumentano l’accuratezza
e riducono il rischio
di complicanze.
la biopsia ecoguidata sistematica che non è esaustiva in
tutti i casi.
Limiti della biopsia sistematica.
A fronte delle 100 mila
biopsie effettuate ogni anno in Italia, il tumore della
prostata viene diagnosticato
in 36 mila soggetti: ciò significa che in circa il 65%
dei pazienti la biopsia non
porta alla scoperta di cel-
delle diagnosi bioptiche falsamente negative bisogna
considerare che nella maggior parte dei casi le biopsie sono eseguite in modo
“random”, ovvero senza un
preciso bersaglio, prelevando 10-12 piccoli campioni
di tessuto dalle diverse aree
della prostata secondo uno
schema prefissato. Questa
modalità di biopsia diventa
limitante quanto maggiore
lule tumorali. In tali casi la
diagnosi viene considerata
comunque adeguata qualora il PSA rimanga stabile o
si riduca ai successivi controlli. Qualora si verifichi
un incremento del PSA va
considerata la possibilità
che le cellule tumorali siano rimaste misconosciute, in
quanto localizzate in un’area
non sottoposta a biopsia.
Per comprendere le cause
è il volume della prostata e
tanto più piccolo è il volume
del tumore. Nel tentativo di
compensare tale limitazione
non raramente si eseguono biopsie di saturazione,
che prevedono 18, 24 o addirittura 36 prelievi, anche
seriali, con la speranza di
individuare le cellule tumorali. Purtroppo le biopsie di
saturazione richiedono un’anestesia più impegnativa e
TUMORE DELLA PROSTATA
l’ecografia con l’elastografia
transrettale che analizza l’elasticità del tessuti per caratterizzare eventuali noduli o per
identificare lesioni tumorali
non visibili con ecografia: la
metodica ha elevata sensibilità, ma al momento è poco
diffusa.
Indipendente dal percorso
diagnostico seguito, la procedura di riferimento per le
decisioni terapeutiche rimane
F A R M A C I A
F I D U C I A
10
Nuove tecnologie per la Biopsia mirata della prostata.
sono a rischio di possibili
emorragie, infezioni o ritenzione di urina.
Le biopsie mirate.
La disponibilità di metodiche diagnostiche altamente sensibili per identificare
i tumori, quali Elastografia
Shear Wave e Risonanza
Magnetica Multiparametrica,
sta facendo emergere l’opportunità di combinare le
diverse modalità per indirizzare i prelievi bioptici in
modo mirato. Per “biopsia
mirata” si intende il prelievo
diretto di tessuto da un’area
sospetta, quale alternativa
alla biopsia sistematica prostatica introdotta negli anni
‘80. La possibilità di eseguire
biopsie mirate aumenta l’accuratezza e riduce il rischio
di complicanze.
Le biopsie mirate possono
essere effettuate con due
diverse modalità. La prima
indirizza i prelievi di tessuto
visualizzando in contemporanea ecografia ed elastografia sul monitor dell’apparecchiatura. La seconda indirizza i prelievi utilizzando la
tecnica di Fusion Imaging
in grado di far convergere
in un’unica immagine le informazioni provenienti da
sistemi di indagine tra loro
diversi quali RM, ecografia
ed elastografia. L’accoppiamento dei dati con la Fusion
Imaging avviene dinamicamente, combinando l’immagine ecografica real-time con
le immagini volumetriche
della RM memorizzate preliminarmente nell’ecografo;
dopo aver creato intorno
al paziente un circoscritto
campo magnetico di bassissima intensità, che registra la
posizione nello spazio della
sonda ecografica dotata di
un sensore GPS, è possibile
navigare virtualmente all’interno del volume RM per
11
indirizzare la biopsia nelle
aree sospette rilevate dalla
Risonanza Magnetica Multiparametrica. La possibilità
di ottenere biopsie ecoguidate sfruttando le immagini secondarie generate da
un’altra modalità di imaging
rappresenta un’opportunità
preziosa specie in presenza
di lesioni non visualizzabili
con ecografia convenzionale. In tal modo si possono
localizzare in modo accurato
le aree sospette sulle quali
eseguire i prelievi bioptici.
I più recenti riscontri della
letteratura indicano che l’Elastografia e la Fusion Imaging possono aumentare le
diagnosi corrette riducendo
il numero di prelievi e conseguentemente l’invasività
della procedura bioptica.
•Fig. 1 - Ecografia (A) e Elastografia Shear Wave (B) visualizzate in contemporanea: la lesione sospetta è codificata in colore rosso (*)
•Fig. 2 - Imaging di fusione: allineamento di Ecografia (A) e Risonanza Magnetica (B)
•Fig. 3 - Imaging di fusione tra Ecografia (A), Risonanza Magnetica (B) e Risonanza Magnetica con diffusione (C). In (C) si evidenzia l’area di alterato
segnale (*) sospetta per neoplasia. In (D) i dati generati dalle varie modalità sono fusi in un’unica immagine che permette di mirare il prelievo sul
punto blu dell’immagine (A)
Informazioni
Per maggiori informazioni sull'argomento trattato:
SME - Diagnostica per Immagini
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Tel. 0332 224758 - Fax 0332 210420
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F A R M A C I A
F I D U C I A
da sapere
Nuovo farmaco a
base di croco potrebbe combattere
quattro tumori killer.
Un farmaco estratto dal grazioso fiore del croco, potrebbe
aiutare a combattere i principali tumori Killer, cioè quello
della mammella, del colon, del
polmone e della prostata. Tutto
questo senza effetti collaterali.
A scoprirlo è stato un gruppo
di ricercatori britannici della
Bradford University, in uno studio presentato al Festival della
Scienza nel Regno Unito. Il farmaco sviluppato sfrutta il potere della colchicina, un estratto
del croco autunnale noto per
le sue proprietà antitumorali,
ma che si pensa essere tossico
per gli esseri umani. Per ovviare a questo i ricercatori hanno
attaccato una “coda chimica”
alla colchicina che la disattiva
fino a quando non raggiunge
il tumore. Una volta arrivato
all’obiettivo, un enzima presente nei tumori taglia la coda,
permettendo al farmaco di attaccare i vasi sanguigni che forniscono nutrimento e ossigeno
al tumore per farlo crescere.
Nei test condotti sui topi, una
sola dose del farmaco ha eliminato i tumori. Ora i ricercatori sperano di poter iniziare
un trial sugli esseri umani già il
prossimo anno, a partire dai 20
ai 30 pazienti britannici con un
tumore in fase avanzata.
Le cicatrici in chirurgia estetica.
Dott.ssa Silvia Magnani
Specialista in Chirurgia Plastica
Studio di Chirurgia e Medicina Estetica
Libera professionista in Varese
Cell. 334.7733565
In chirurgia estetica le cicatrici hanno
la caratteristica peculiare di risultare
sfumate, leggere e praticamente
impercettibili ai fini di un risultato
armonioso ed appagante.
L
a cicatrice è una memoria di avvenuta ricomposizione
della
superficie cutanea in seguito
ad un intervento chirurgico
o ad un trauma ed esprime
sempre la guarigione di
una ferita.
Se sono il frutto di un intervento chirurgico ben eseguito
e monitorato, generalmente
le cicatrici sono normotrofiche, cioè segni minimi e
regolari che non disturbano
l’aspetto della persona e tendono a scomparire nel tempo.
In seguito a traumi importanti, ustioni, sovrapposizioni batteriche o propensione
genetica si possono invece
purtroppo ingenerare cicatrici dal decorso anomalo ed
irregolare, esteticamente e
funzionalmente non gradevoli per i pazienti: ipotrofiche
(sottili ed allargate), distrofiche (cute ondulata madreperlacea), ipertrofiche (dure e
con troppo tessuto cicatriziale
fino ad arrivare al “cheloide”,
un vero e proprio nodulo rilevato dai contorni imprecisabili, talora dolente ed arrossato).
Normalmente però il raffinato organo che chiamiamo
pelle possiede sempre, tra le
altre utilissime funzioni fisiologiche, quella autoriparativa,
un’intelligenza ricostitutiva in
grado di riconoscere da subito
l’avvenuto trauma od intervento chirurgico; le fasi di guarigione e stabilizzazione di una
ferita, piccola o grande che sia,
necessitano di molta attenzione da parte del paziente che,
per ottenere un valido risultato
estetico, si deve attenere precisamente alle indicazioni del
suo medico come: proteggere
e non bagnare la parte interessata, sottoporsi scrupolosamente alle fasi di medicazio-
ne, disinfezione e controllo,
non sottoporre l’area trattata
a stress di trazione motoria
cutanea, continuare ad osservare la normalizzazione del
decorso nel tempo fino alla
stabilizzazione, informando
il proprio specialista o medico curante se insorgessero
anomalie. La valutazione del-
F A R M A C I A
la risultante estetica è sempre
proporzionale all’entità della
ferita di partenza, ad esempio
nelle ferite post-traumatiche
o da ustione può occorrere
anche un anno prima di esprimere la qualità di definizione
precisa, mentre in chirurgia
estetica, ove non vi è un evento accidentale a complicare le
F I D U C I A
12
Le cicatrici in chirurgia estetica.
cose, i decorsi di guarigione
sono preventivabili con discreta precisione, velocità di
risoluzione e risultato estetico soddisfacente, aderente
al programma preoperatorio
illustrato nei particolari al paziente nella visita preliminare.
In chirurgia estetica le cicatrici inerenti hanno, per
definizione peculiare, la caratteristica di essere più sottili,
meno visibili, talvolta addirittura impercettibili poiché
rappresentano la risultante di
un atto operatorio ben pianificato, con tecnica chirurgica
specificamente delicata e raffinata praticata dallo Specialista. Infatti il lavoro conclusivo
dell’intervento estetico riguarda sempre superfici cutanee
visibili e le tecniche ed i materiali di sutura si sono sempre più ottimizzati nel tempo,
con impiego di fili e strumenti
appropriati e materiali spesso
auto-riassorbibili, con la massima attenzione del chirurgo
nell’esecuzione di suture senza tensione e con rispetto della cute circostante, ai fini di un
risultato estetico appagante.
E’ sempre fondamentale illustrare ai pazienti, entrando in
merito con chiarezza e specificità anche con disegni, le
fasi tecniche degli interventi
ai quali sono propensi a sottoporsi ed il decorso evolutivo delle fasi cicatriziali finali.
Alcuni esempi: dopo una
blefaroplastica è presente
una piccola linea sottilissima in corrispondenza della
regione di chiusura-apertura
della palpebra superiore, in
mastoplastica additiva con
protesi (aumento volumetrico
del seno) una linea semilunare inferiore sotto l’areola del
capezzolo, per l’addominoplastica residuerà una cicatrice endo-ombelicale ed una
lineare sovrapubica “ad ala
di gabbiano” invisibile anche
con il costume da bagno, in
13
una rinoplastica non avremo
assolutamente cicatrici esterne, ma piccole suture riassorbibili all’interno delle narici
che non necessitano nemmeno di rimozione poiché i punti
cadranno da sé in una decina
di giorni, per liposuzione e
liposcultura l’uso di delicate
cannule del calibro di meno
di un centimetro lascerà solo alcuni piccolissimi segni
di accesso, quasi puntiformi,
tendenti a scomparire totalmente nel tempo, un lifting
della fronte detto “coronale”
presenta cicatrici sottilissime
che si affievoliscono nella cute
del cuoio capelluto, nel lifting
completo ne residueranno altre che, con metodo intradermico di sutura, seguiranno il
decorso antero-posteriore del
padiglione auricolare.
L’esito della buona qualità
estetica di una cicatrice dipende da numerosi fattori
tra cui ricorderei in primis la
tecnica dell’operatore, i materiali impiegati, la sterilità
delle procedure, un decorso
di guarigione ben seguito sia
dal chirurgo che dal paziente,
un tempo prolungato di sorveglianza del suo andamento
con tempistica adeguata di
rimozione dei punti, la protezione totale dai raggi solari
per le zone esposte almeno
nel primo anno dall’intervento, l’uso preventivo a ferita
consolidata di specifiche creme elasticizzanti idratanti e
rinormalizzanti la fisiologia
cutanea, prodotti da acquisire
esclusivamente in Farmacia.
Vi sono regioni corporee che
statisticamente, a prescindere da tutte le opportune accortezze, cicatrizzano assai
meno bene come la regione
sternale, del petto e del collo,
aree che infatti si tende a non
trattare chirurgicamente, zone di tensione con funzione
motoria come gomiti e ginocchia. Inoltre la razza umana di
F A R M A C I A
F I D U C I A
colore presenta un’altissima
predisposizione genetica a
cicatrizzazione problematica ipertrofica, con frequenti
espressioni di sequele cheiloidee; nei bimbi, invece, il
percorso riparativo è spesso
di ottima qualità rispetto all’adulto.
Un altro concetto da tenere
presente è quello che la cicatrizzazione è un processo
che si realizza in gran parte
su base genetica ovvero, a
prescindere dalle migliori accortezze praticate, coloro che
producono le cicatrici normali o migliori sono i pazienti
che possiedono questa buona
predisposizione; la variabilità
genetica è infatti un problema imprevisto ed imperscrutabile di cui bisogna rendere
edotto il paziente ed a questo
proposito, prima di operare, è
buona regola effettuare una
valutazione dello stato e del
comportamento storico delle
cicatrici già esistenti sul Suo
corpo per una valutazione
prospettica in tal senso.
Non da ultimo, anche un valido stato di salute generale avvantaggia il corretto processo
riparativo cutaneo molto condizionato invece da alcune
malattie come il diabete o dal
fumo che rendono il tessuto
meno capace di ricostituirsi
adeguatamente poiché meno
ossigenato.
Il Chirurgo Plastico viene
dunque spesso consultato
sull’argomento delle cicatrici.
Per problematiche cicatriziali
già esistenti si può operare
un piccolo intervento di revisione della cicatrice, cioè
“ritagliare” la stessa asportando il tessuto anomalo ed
eseguire una nuova sutura
non escludendo però al paziente che in alcuni casi l’anomalia possa ripresentarsi
per motivi genetici, oppure
è possibile infiltrare la zona
con filler e biorivitalizzanti all’acido ialuronico e lipofiller con grasso autologo,
(quest’ultima pratica eseguita
preferenzialmente negli esiti
da ustione).
Le cicatrici, concludendo,
sono la soluzione che l’organismo ha escogitato nell’evoluzione attivando i fibroblasti cutanei per riacquisire la
completezza della funzione
di barriera cutanea, ma il chirurgo estetico sa bene che
questo meccanismo non è
ancora evolutivamente perfetto, motivo per cui in ogni
intervento chirurgico piccolo
o grande che sia, sutura o cura di traumi, occorre la massima scrupolosità ed attenzione richieste dalla variabilità
del decorso. Infine in Chirurgia Estetica è necessaria, oltre
alla capacità tecnico-artistica,
la propensione al raggiungimento di risultati di naturalezza ed armonia con un sano
senso del limite, nell’interesse
dei propri pazienti.
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uando l’intestino si
“addormenta” e perde la
sua regolare puntualità
è possibile andare incontro
ad episodi di stitichezza che
possono causare cattiva
digestione, senso di gonfiore
con tensione addominale e
alitosi.
Secondo le recenti linee
guida il problema può essere
affrontato con una dieta
ricca di fibre indispensabili
per ritrovare e mantenere la
corretta motilità intestinale.
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Casa di Cura Le Terrazze di Cunardo:
“L’alleanza terapeutica équipe, paziente,
famiglia: una sfida vinta”.
A cura della Casa di Cura Privata Le Terrazze
INFORMAZIONE PUBBLICITARIA
E’
trascorso un anno da quel tragico evento che ha
sconvolto la vita alla famiglia
di Raimondo A., che vive
in Basilicata, in provincia di
Potenza.
Era la sera del 15 agosto
scorso, racconta il marito sig.
Raimondo visibilmente provato dall’esperienza vissuta,
quando, dopo una giornata
di festa, la signora Teodora
S., commercialista di 45 anni,
plurilaureata, madre di due
bambini di undici e di otto
anni, attiva a livello territoriale
quale membro del Consiglio
comunale, ha un malore, si
accascia a terra e perde conoscenza.
Immediato l’intervento del
marito, che sentita la mancanza di battito cardiaco, interviene tempestivamente,
supportato nella pratica di
rianimazione da due amici infermieri presenti e dalla Guardia medica del paese. Viene
immediatamente chiamato il
pronto intervento sanitario.
La signora Teodora viene trasportata all’Ospedale di Melfi,
ricoverata nel reparto di rianimazione e posta in coma farmacologico. Il quadro clinico
si presenta critico, la vita della
signora è appesa a un filo, la
famiglia si stringe nel dolore
e nell’angoscia, senza tuttavia
mai perdere la speranza, aggrappandosi ai minimi segnali
clinici positivi.
Dopo una decina di giorni,
mentre i medici procedono
alla riduzione della sedazione farmacologica, subentra
15
una grave complicanza, una
emorragia interna. La signora
viene quindi trasferita all’Ospedale di Potenza per essere
sottoposta a tracheostomia
e posizionamento di PEG,
intervento che però viene posticipato a causa dello stato
febbrile. Anche la tracheostomia non sarà poi più necessaria per la ripresa del respiro
spontaneo. Anche la PEG
non viene più posizionata,
per il perdurare dello stato
febbrile che porta la signora
Teodora ad un grave stato settico. Vengono attuate intense
cure farmacologiche sino alla
risoluzione della sepsi; Teo-
de lentamente l’alimentazione orale, e le sue condizioni
generali si stabilizzano consentendole il 19 novembre
2014 il trasferimento presso
la Clinica Le Terrazze di
Cunardo, dove inizia il suo
percorso riabilitativo.
Il marito è sempre al suo fianco, potendo contare sul supporto dei genitori, dei fratelli,
delle cognate e della madre
della signora Teodora, e di
tutti i familiari, che accudiscono con amore e attenzione
i bambini comprensibilmente
frastornati da questa esperienza. La signora viene seguita
dall’équipe GCLA (gravi
dora si risveglia, in assenza
però di minima coscienza e
di qualunque tipo di reazione
agli stimoli.
Dopo quindici giorni senza
la febbre, comincia ad avere
reazioni non controllate agli
stimoli, non riconosce nessuno, parla in modo incomprensibile, grida, ma ogni giorno
c’è un piccolo miglioramento
che risolleva il marito e i famigliari e li rende sempre più
fiduciosi nelle sue potenzialità
di recupero. Teodora ripren-
cerebro lesioni acquisite) di
cui fanno parte la fisiatra Annalisa Brusa, l’internista Anna Ambruzzi, i terapisti della
riabilitazione, Gaia Ravasio,
e Mara Mazzucchelli, la terapista occupazionale Silvia
Broggi, le logopediste Silvia
Gotti e Roberta Bernasconi e
la psicologa Elena De Toma.
A livello motorio il recupero è sorprendente, la signora
Teodora rapidamente riprende a camminare, seppure accompagnata. La grande sfida
F A R M A C I A
F I D U C I A
è a livello cognitivo.
Il lavoro dell’équipe si concentra particolarmente su
questo obiettivo in una sinergia che coinvolge positivamente anche il marito e i
familiari via via presenti, sempre molto attenti e disponibili.
Questa alleanza terapeutica
consente di massimizzare i risultati e motiva tutte le figure
professionali coinvolte in una
stimolazione cognitiva e in
una guida comportamentale.
La tenacia di Teodora, l’intensità e specificità dei trattamenti riabilitativi seguiti,
l’affetto e la costante presenza
attiva del marito e dei familiari, consentono di ottenere dei
risultati tali da permetterle il
13 maggio 2015 il rientro al
proprio domicilio per riabbracciare i suoi bambini e i
suoi cari, dopo un’assenza di
nove lunghi e difficili mesi.
Il marito signor Michele è
felice di riportare sua moglie
a casa; è conscio delle difficoltà che si presenteranno
una volta usciti dall’ambiente
protetto della Casa di Cura,
ma altrettanto fiducioso nei
miglioramenti che ancora potranno verificarsi.
Il 15 agosto 2015, ad ormai
un anno da quel tragico evento Teodora è tornata nella sua
realtà. Continua il percorso
riabilitativo presso un poliambulatorio della zona.
Il lavoro che l’aspetta è lungo
e complesso, ma con la sua
tenacia e determinazione ed il
costante supporto dei suoi cari, Teodora potrà consolidare
e migliorare i risultati ottenuti.
Il test di gravidanza e test di ovulazione.
Quando farli e come funzionano.
Dott.ssa Gaia Gandola
Farmacista
[email protected]
Test di gravidanza.
I test di gravidanza attuali
si basano su un principio
semplice: se è in corso una
gravidanza, quando l’ovulo fecondato si è impiantato nell’utero, nell’organismo
materno comincia ad essere
presente un ormone caratteristico, detto hCG o gonadotropina corionica umana, che
viene eliminato con le urine.
I test, quindi, consistono nella
ricerca dell’ormone hCG nelle
urine: sono in grado di identificare l’hCG da 8 a 11 giorni
dopo l’ovulazione.
Quando eseguire il test.
Si può eseguire il test di gravidanza già a partire dal primo giorno di ritardo della
mestruazione o almeno due
settimane dopo rispetto a un
rapporto considerato a rischio. I test precoci e quelli
digitali sono in grado di rilevare quantità minime di ormone
hCG e possono dunque essere utilizzati anche 2-4 giorni
prima rispetto al giorno previsto per l’arrivo della mestruazione, circa 12 giorni dopo il
rapporto sessuale. È invece
del tutto errato eseguire il test
subito o pochi giorni dopo
il rapporto: si avrebbe senza
dubbio un falso negativo. Il
momento in cui effettuare il
test è infatti fondamentale se
si desidera ottenere un risultato affidabile. Effettuato 14
giorni dopo la fecondazione
(è il momento in cui il tasso
di hCG è abbastanza elevato
per essere rilevato da un test
di gravidanza urinario) dà una
buona probabilità di risultato
veritiero. Va rifatto comunque
una settimana dopo in caso di risposta negativa
e mancata comparsa
del ciclo mestruale.
Se possibile, il test
andrebbe fatto al
mattino, dato che
è al risveglio che
le urine sono
più concentrate e il tasso di
hCG più visibile. Si può comunque usare il
test urinario in qualsiasi mo-
Questo articolo nasce dall’esperienza
quotidiana del farmacista al fine di fare
chiarezza su un tema che spesso è ancora
motivo di incertezze e perplessità.
mento della giornata, basta
non bere troppo e “trattenere” la pipì almeno per tre ore.
Come eseguire il test di
gravidanza.
Il funzionamento di questi
test è mol-
to semplice: basta porre per
alcuni (circa 10) secondi l’apposita striscia sotto il flusso
dell’urina, oppure immergerlo
per almeno un minuto nell’urina raccolta in un contenitore
pulito. Tutti i test hanno un
sistema di controllo che indica
se il test è stato eseguito correttamente.
Si devono poi attendere alcuni
minuti (da 3 a 5 di solito) e infine compare il responso nella
casellina a fianco di quella
di controllo. I risultati sono
espressi in maniera differente
a seconda del tipo di test.
Tipi di test di gravidanza.
Ve ne sono due tipi in commercio: i classici e i digitali. Nei test classici, l’esito
compare sotto forma di
linee in un’apposita finestrella: ad esempio,
una linea significa
“test negativo” (non
sei incinta), due significano “test positivo”.
Ma i test classici sono tutti differenti ed
esprimono i risultati in modo diverso,
quindi è importante
leggere le istruzioni
del produttore. Nella
versione digitale, invece, il risultato compare
sotto forma di parole
(“incinta”, “non incinta”) o di simboli (faccina sorridente, faccina
triste), che contribuiscono
F A R M A C I A
F I D U C I A
16
Il test di gravidanza e test di ovulazione. Quando farli e come funzionano.
a togliere eventuali dubbi di
interpretazione.
Quelli digitali di ultima generazione sono in grado anche
di dire da quante settimane si
è in gravidanza.
In genere i test classici costano un po’ meno di quelli digitali, ma questi ultimi hanno il
pregio di essere più sensibili e
di riuscire a individuare la gravidanza con qualche giorno di
anticipo (un paio) rispetto a
quelli classici.
Quanto sono affidabili?
I test di gravidanza fatti a
casa hanno un’affidabilità intorno al 98-99%, quindi nella
grande maggioranza dei casi
danno un risultato certo e af-
fidabile. Perché questo accada,
però, devono essere eseguiti
in modo corretto e seguendo
attentamente le istruzioni del
produttore. Esistono anche
i cosiddetti falsi negativi: in
questo caso il test dà un risultato negativo, ma in realtà
la gravidanza c’è. Un risultato
falso negativo può verificarsi se il test è stato eseguito
troppo precocemente, quando ancora i livelli di hCG nelle
urine erano troppo bassi per
poter essere rilevati. Oppure
se il test è stato letto troppo
in fretta o, ancora, se è stato
eseguito su urine eccessivamente diluite.
Test di ovulazione.
I test di ovulazione, affidabili
fino al 99%, consentono di
individuare nella donna i due
giorni più fertili del ciclo e
quindi il momento in cui le
17
probabilità di rimanere incinta
risultano maggiori. I test di
ovulazione hanno lo scopo
di aiutare le coppie ad identificare il periodo più propizio
per massimizzare le possibilità
di concepimento. In un ciclo
regolare di 28 giorni generalmente il giorno di massima
fertilità corrisponde al quattordicesimo ma, per averne
la certezza, si può ricorrere
già a partire dall’undicesimo
giorno al test di ovulazione, che verrà ripetuto fino a
quando il risultato non sarà
positivo. Funzionano con lo
stesso procedimento del test
di gravidanza (si posiziona lo
stick sotto il getto di urina),
ma anziché l’ormone della
gravidanza, questi segneranno
la presenza dell’ormone LH,
che compare circa un giorno
prima dell’ovulazione. Per sapere quando cominciare ad
eseguire i test (di solito in un
ciclo ce ne vuole più di uno
per identificare il giorno) bisogna conoscere la durata del
proprio ciclo mestruale. L’ovulazione infatti avviene 14
giorni prima delle mestruazioni. In un ciclo di 30 giorni, ad
esempio, l’ovulazione avverrà
il sedicesimo giorno dall’inizio del ciclo. Bisogna quindi
cominciare a usare gli stick a
partire dal giorno tredicesimo per essere certi di trovare il picco positivo dell’LH.
È importante eseguire il test
con la prima urina del mattino, perché l’LH è in quantità
piuttosto modeste e servono
urine molto concentrate. Una
volta che compare il picco
(che viene visualizzato sullo
stick sotto forma di “faccina”
sorridente) si è nel primo dei
due giorni più propizi per
rimanere incinta.
Potete chiedere con fiducia al vostro
farmacista di fiducia o al medico se
avete qualche dubbio che riguardi
questi argomenti.
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tutti i giorni
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Al servizio del cittadino
Intossicazione da funghi: consigli utili.
FEDERFARMA VARESE
Associazione Varesina
Titolari di Farmacia
L
Fonte: www.salute.gov.it
a principale stagione
dei funghi è compresa tra i mesi di
settembre e di novembre,
periodo nel quale possono
essere raccolti in boschi e
prati (previo patentino).
La loro collocazione trova
spesso spazio ai piedi degli
alberi. Il consumo dei funghi
è spesso occasione di grande
soddisfazione, non solo per
quanto riguarda la preparazione, ma anche perché
spesso è associato a quella
di aver provveduto “in proprio” alla loro raccolta.
È quindi molto importante che questi momenti non
vengano turbati e rovinati da
episodi che, a volte, possono
sfociare nella tragedia.
Ogni anno, infatti, la maggior parte delle intossicazioni da funghi è determinata
da funghi raccolti e non fatti
controllare, o raccolti in luoghi inidonei o commestibili,
ma preparati male.
La raccolta dei funghi è una
passione spesso improvvisata. Non fidarti della tua esperienza, fai controllare i funghi
raccolti da un micologo della
Asl. Il servizio è gratuito.
10 regole d’oro.
1. non consumare funghi non
controllati da un vero micologo;
2. consumare quantità moderate;
3. non somministrare ai bambini;
4. non ingerire in gravidanza;
19
5. consumare solo in perfetto
stato di conservazione;
6. consumare i funghi ben
cotti e masticare correttamente;
7. sbollentare i funghi prima
del congelamento e consumarli entro 6 mesi;
8. non consumare funghi raccolti lungo le strade, vicino
a centri industriali e coltivati
(pesticidi);
9. non regalare i funghi raccolti, se non controllati da un
micologo professionista;
10. nei funghi sottolio si può
sviluppare la tossina botulinica.
Se dopo l’ingestione di
funghi controllati insorgono disturbi:
• Recarsi subito dal medico
curante; le cure, se praticate tempestivamente, possono
salvare la vita.
F A R M A C I A
F I D U C I A
• Non tentare di curarsi da
soli! Il latte non è un antidoto!
Se dopo l’ingestione di
funghi non controllati insorgono disturbi:
• Recarsi immediatamente al
Pronto soccorso. Non esiste
un antidoto in grado di neutralizzare le tossine mortali
dei funghi, ma è necessario
allontanarle prima possibile,
dall’organismo!
PER CHI ACQUISTA I
FUNGHI FRESCHI SPONTANEI PRESSO ESERCIZI
DI VENDITA.
Prima dell’acquisto verificare che la cassetta o l’involucro contenente i funghi siano muniti di un’etichetta attestante l’avvenuto controllo micologico
da parte degli Ispettorati
micologici delle Asl, che
si collocano all’interno
del Dipartimento di Sanità pubblica nel Servizio
di Igiene degli alimenti e
della nutrizione, deputati per legge al controllo;
nel caso non sia presente il cartellino di controllo si consiglia di non acquistare il prodotto e di
segnalare il fatto agli organi preposti al controllo degli alimenti (Ispettori sanitari, Tecnici della Prevenzione delle Asl,
Nas ecc.).
• Portare con sè tutti gli avanzi di funghi (cotti, crudi, resti
di pulizia)
• Se altre persone hanno
consumato gli stessi funghi,
contattarle immediatamente
e inviarle al Pronto Soccorso.
I Centri Antiveleni.
I Centri Antiveleni sono punti di riferimento, sia per gli operatori sanitari, ma soprattutto per il cittadino; forniscono consulenza tossicologica per la diagnosi e cura di tutte le intossicazioni, determinate dall’esposizione a sostanze nocive (farmaci,
prodotti domestici, alimentari, industriali ecc.).
Centro Antiveleni
Milano (Niguarda): 02.66101029
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Back to school!
Torna sui banchi l’educazione alimentare.
Dott.ssa Rachele Aspesi
Farmacista specialista in nutrizione
Cell. 348.6640785
[email protected]
www.studiosanitario.it
I
n questi mesi, i nostri
bambini tornano a scuola, riprendono le abitudini dell’anno scolastico, hanno
bisogno di energie per concentrarsi sui banchi e per fare
l’attività fisica del pomeriggio.
Per un bambino, nutrirsi non
significa solo soddisfare una
necessità biologica, ma è soprattutto vivere un momento
ricco di valenze affettive, psicologiche e relazionali: una
corretta alimentazione è, dunque, presupposto essenziale
per una crescita armonica e
ottimale, tenendo conto delle
diverse fasi di vita, caratterizzate ognuna da esigenze nutrizionali, fisiologiche e comportamentali in evoluzione.
Dai 4 anni in poi, il bambino
può assumere tutti gli alimenti
tipici della dieta mediterranea,
in quantità ottimali affinché
il fabbisogno energetico venga soddisfatto con una corretta ripartizione dei diversi
nutrienti.
Varietà in tavola.
Cambiare forma, colori, profumi e abbinamenti nei piatti
dei bambini è l’ingrediente
fondamentale per far apprezzare appieno i prodotti stagionali che la terra può offrire
e per permettere un assorbimento ottimale di tutti i nutrienti necessari per la salute
dei bambini durante l’anno
scolastico. La quota proteica
deve derivare principalmente
Curare l’alimentazione in questo periodo
della vita è fondamentale per evitare che
sovrappeso e scorrette abitudini alimentari
portino con sé problemi alla salute fisica e
psicologica del bambino.
da alimenti con proteine di
alto valore biologico: carne
bianca e rossa (max 2 volte a
settimana), pesce, uova, latte e
derivati magri, ricchi di tutti gli
amminoacidi essenziali in rapporto equilibrato tra loro. E’
possibile associare le proteine
dei cereali integrali con i legumi per ottenere una miscela
proteica completa ed equilibrata di valore paragonabile a
quello fornito dalle proteine
do e a pesce almeno 2-3 volte
a settimana. Attenzione a carne rossa, affettati e cibi pronti
che nascondono grassi cattivi
che saziano, ma non nutrono.
Gli zuccheri, infine, devono
essere rappresentati prevalentemente da carboidrati complessi che ritroviamo nei cereali integrali (pasta, riso, orzo,
farro, pane) e da una minore
quota di carboidrati semplici
(saccarosio, fruttosio, lattosio)
animali (pasta e fagioli, riso e
piselli, farro e lenticchie etc.).
Per quanto riguarda i grassi,
bisogna porre particolare attenzione alla loro qualità, perché è importante assicurare
un adeguato apporto di acidi
grassi essenziali necessari per
lo sviluppo del sistema nervoso, dell’apparato visivo e per
la prevenzione delle malattie
cardiovascolari in età adulta:
via libera a olio extravergine di
oliva come condimento a cru-
che non deve superare il 10%.
Inoltre, l’assunzione di una
adeguata quantità di fibra è
importante per la prevenzione
di diverse patologie (gonfiore, coliti, stipsi, intolleranze
alimentari) e la sua quantità
ottimale può essere raggiunta inserendo quotidianamente
nella dieta alimenti di origine
vegetale, come cereali integrali, legumi, verdura e frutta
fresche e di stagione. Solo
fornendo al bambino un’ali-
F A R M A C I A
mentazione varia, associando
alimenti di origine vegetale
con alimenti di origine animale, è possibile assicurare
la copertura dei fabbisogni,
in particolare di vitamine e
sali minerali, fondamentali
per la sua crescita, per la salute
del sistema immunitario e per
l’energia necessaria alle attività
quotidiane.
Come comportarsi a tavola?
• La colazione è il primo
pasto completo e nutriente della giornata del bambino, preferibilmente, laddove
possibile, effettuato con una
tavola imbandita a cui siede
tutta la famiglia. Si consiglia
l’assunzione di latte vaccino
fresco o yogurt senza zuccheri aggiunti (eventualmente
anche alternando con scelte
a base di soia o riso o mandorla) abbinati a cereali senza zucchero (riso soffiato o
fiocchi di avena), fette biscottate integrali o pane ricco di
fibre con marmellata o miele;
evitare il consumo eccessivo
di biscotti, cereali dolcificati,
brioche e merendine, ricche
di zuccheri semplici e grassi
cattivi per il sistema cardiovascolare.
• Lo spuntino di metà
mattina è il momento della
giornata più adatto per la
frutta fresca; sono da evitare
merendine e snack in quanto
ricchi di zuccheri semplici e
grassi, che compromettereb-
F I D U C I A
20
Back to school!
Torna sui banchi l’educazione alimentare.
dei bambini ad apprezzare al
meglio i sapori delle pietanze.
E se mangio a mensa?
Le mense scolastiche sono
momento di aggregazione e di
nuove conoscenze educative
per i bambini; tuttavia, non
sempre, sono presenti piatti o
abbinamenti alimentari completamente salutari e apprezzati dai bambini. Ricordatevi
di far evitare il bis e di non
consumare il pane bianco, spe-
Ricetta:
raceno ai mirtilli
Muffin di grano sa
Ingredienti:
o saraceno
80 g farina di gran
nna
• 120 g di mirtilli •
ca
di
ro
he
cc
40 g zu
a
• 40 g di maizena •
di limone grattugiat
rza
sco
di
ino
hia
rt
gu
yo
di
ml
5
• 1 uovo • 1 cucc
lievito per dolci • 12
• Mezza bustina di • Fragoline di bosco
o
ev
o
oli
• 3 cucchiai
per decorazione.
• Zucchero a velo
ei yogurt e olio. M
una ciotola e unirv maizena, il lievito,
Sbattere l’uovo in
la
e
li
ciotola la farina
scolare in un’altra rza di limone. Incorporare il tutto ag
sco
;
la
eo
e
en
ro
sto omog
lo zucche
ricavando un impa
ingredienti liquidi, e i mirtilli e mescolare nuovamenalla fine, aggiunger stampi antiaderenti e infornare
te. Distribuire in 6 nuti circa. Lasciare raffreddare,
a 180°C per 25 mi hero a velo e decorare
cc
spolverare con zu bosco.
di
e
lin
go
fra
e
con mirtilli
proteica: legumi, pesce
magro azzurro, carne bianca,
uova, formaggi magri.
• La cena, infine, leggermente meno calorica del pranzo,
deve privilegiare gli alimenti
proteici, come carne, pesce,
affettati magri, uova, formaggi magri abbinati a verdura
fresca e a una piccola porzione di carboidrati complessi
(pane integrale o patate).
Per quanto riguarda i condimenti, utilizzare preferibilmente olio extravergine di
oliva a crudo, mentre sono
da evitare burro e margarina,
salse, soffritti, fritture e tutte quelle tecniche di cottura
ricche di grassi. Meno sale,
ma più spezie ed erbe aromatiche abitueranno il palato
21
cialmente se è presente già un
piatto di carboidrato nel menù. La frutta o lo yogurt alla
fine del pasto? Meglio chiedere
alla maestra di riproporli nel
pomeriggio come merenda!
Una buona dieta garantisce
all’organismo di un bambino
di età scolare una crescita equilibrata e in salute: curare l’alimentazione in questo periodo
della vita è, infatti, fondamentale per evitare che sovrappeso
e scorrette abitudini alimentari
portino con sé problemi alla
salute fisica e psicologica del
bambino. E’ bello vedere un
bambino educato, ma se è
educato anche a livello alimentare, questo lo renderà un
adulto sereno.
F A R M A C I A
F I D U C I A
COnSuLEnTE nuTRIzIOnALE
FARMACISTA
Una corretta alimentazione è fondamen-
tale per una buona qualità di vita: la salute
si conquista e conserva soprattutto a tavola, imparando, fin da bambini, le regole del
mangiare sano.
I SERVIZI
■ Diet-coaching
■ Consigli alimentari personalizzati
■ Consulenza alimentare
volta alla perdita di
peso corporeo
■ Consigli alimentari per
bambini e adolescenti
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sull’uso di integratori
alimentari, preparati fitoterapici e omeopatici
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di educazione alimentare per scuole, centri
benessere, figure professionali
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bero l’appetito del pranzo e
l’attenzione a scuola.
• La merenda pomeridiana
può essere più abbondante
ed essere composta da frullati
a base di frutta fresca e secca
oppure yogurt con frutta a
pezzi e piccole quantità di
miele o cioccolato fondente.
• Il pranzo deve coprire la
maggiore quantità dell’apporto calorico giornaliero,
privilegiando l’assunzione di
carboidrati integrali abbinati
a verdure fresche di stagione e una leggera componente
DOTT.SSA RACHELE ASPESI
Il carcinoma midollare della tiroide:
attenzione alla familiarità.
Dott. Fabio Colombo
Dottore di Ricerca e Specialista
in Endocrinologia.
Endocrinologo, diabetologo, dietologo
per la Dieta a Zona e consulente
per la Chirurgia Bariatrica presso il
Poliambulatorio Sanigest di Luino (VA)
E
Lo screening genetico permette di
identificare i familiari portatori del gene
mutato, di un soggetto affetto e quindi
intervenire precocemente su di lui con la
terapia chirurgica tiroidea profilattica.
sistono quattro principali tipi di cancro della
tiroide: papillare, follicolare, midollare ed anaplastico, la maggior parte dei
quali si manifesta come noduli
asintomatici. Ad eccezione del
carcinoma anaplastico e midol-
calcitonina (CT), un ormone che può abbassare i livelli
sierici di calcio e di fosfato;
tuttavia raramente è presente
in concentrazioni sufficientemente elevate da avere tali
effetti. Il CMT rappresenta il
5-10% dei cancri tiroidei, con
colpisce ogni anno circa 200
italiani; la sua incidenza ridotta
lo rende quindi a tutti gli effetti
un tumore raro. Dal punto di
vista epidemiologico esistono
due forme di CMT: la forma
sporadica (75%) e la forma
familiare (25%), con differenti
lare metastatico, questi tumori
non sono altamente maligni e
sono raramente fatali.
Il carcinoma midollare della tiroide (CMT) si sviluppa
a partire dalle cellule C della tiroide, le quali secernono
un’incidenza di 1-2% nelle malattie nodulari della tiroide. La
prevalenza nella popolazione
generale è stimata in 1/14.300,
con una frequenza di distribuzione uguale nei due sessi.
La forma avanzata metastatica
risvolti diagnostici e terapeutici.
La forma sporadica ha un
picco d’incidenza nella quinta
e sesta decade di età e, di solito,
si presenta come un nodulo
singolo, unilaterale, con calcificazioni, “freddo” all’esame
F A R M A C I A
scintigrafico, con frequenti metastasi linfonodali e sindrome
diarroica spesso presente.
La forma familiare si manifesta più frequentemente
nella seconda e terza decade,
con manifestazioni anche in
età pediatrica, nell’ambito delle
malattie endocrine multiple
(MEN). Da circa 20 anni è
stata identificata la causa: un’alterazione del DNA, precisamente una mutazione del gene
Ret localizzato nel cromosoma
10. La neoplasia è multifocale
e bilaterale e viene trasmessa
con modalità autosomica dominante.
I bambini di genitori affetti da
CMT familiare hanno il 50%
di probabilità di ereditare il gene alterato. Una volta ereditata
questa alterazione, la probabilità di sviluppare il tumore è
del 100%.
In genere i tumori tiroidei non
sono aggressivi e sono caratterizzati da una lenta progressione. Possono rimanere asintomatici a lungo, ritardando la
diagnosi e l’avvio delle terapie
adeguate per arrestare la malattia. La presenza di un nodulo
nella parte anteriore del collo,
in corrispondenza della tiroide,
può essere un segnale di allarme, ma spesso queste formazioni sono di piccole dimensioni, soprattutto negli stadi iniziali, e difficilmente riconoscibili
alla palpazione. Esistono sin-
F I D U C I A
22
Il carcinoma midollare della tiroide: attenzione alla familiarità.
tomi aspecifici che possono far
sospettare un cancro tiroideo,
come un gonfiore in prossimità
della gola, un cambiamento di
voce improvviso o raucedine,
mal di gola, tosse, difficoltà di
deglutizione e/o respiratorie.
Quando il CMT è associato alla
produzione ectopica di altri ormoni o peptidi, come l’ACTH,
il polipeptide intestinale vasoattivo (VIP), le prostaglandine, le
callicreine e la serotonina, possono comparire sintomi come
arrossamenti transitori al viso
(flushes) o diarrea.
Questa neoplasia tende a metastatizzare per via linfatica ai linfonodi cervicali e mediastinici;
negli stadi avanzati di malattia
può diffondere per via ematica
al fegato, al polmone ed alle
ossa. Alla diagnosi di CMT
si arriva mediante l’analisi citologica di materiale aspirato dal
nodulo tiroideo, ma soprattutto
attraverso la misurazione nel
sangue di un marcatore specifico della patologia, la CT.
Per differenziare valori elevati
di calcitonina legati alla neoplasia e/o alla recidiva metastatica
di un CMT operato da quelli non tumorali (gravidanza,
esercizio fisico intenso, abuso
di alcolici, insufficienza renale
cronica, tiroidite cronica autoimmune, eccessivo uso di
inibitori di pompa protonica)
viene usato un test di stimolo
con pentagastrina.
La diagnosi differenziale tra la
forma sporadica e quella familiare di CMT si basa su indagini
genetiche ed è importante per
le decisioni relative al trattamento ed al follow-up.
Lo screening genetico permette inoltre di identificare i
familiari di un soggetto affetto, portatori anch’essi del
gene mutato, ma inconsapevoli
della loro patologia e destinati
a svilupparla. In questi soggetti
è quindi possibile intervenire
precocemente con la terapia
chirurgica tiroidea profilattica
23
o precoce che consente, rispettivamente, la prevenzione della
malattia o la guarigione, se già
manifesta in forma subclinica.
Lo screening deve essere eseguito in tutti i familiari di primo grado dei soggetti affetti.
I pazienti con CMT, sia sporadico che ereditario, prima
dell’intervento chirurgico di
tiroidectomia, devono essere
Carcinoma midollare
della tiroide al microscopio
Paziente in sala operatoria
prima dell’intervento
di asportazione del tumore
valutati per la presenza di un
eventuale feocromocitoma
(a causa dell’elevato rischio
anestesiologico che questo
può comportare) mediante
un’ecografia addominale ed il
dosaggio delle metanefrine o
delle catecolamine urinarie.
Anche la presenza di iperparatiroidismo deve essere esclusa mediante il dosaggio della
calcemia e dei livelli ematici
di paratormone. La valutazione pre-operatoria comprende
inoltre l’ecografia della tiroide
e del collo, con particolare attenzione alle catene linfonodali. Eventuali linfonodi sospetti
devono essere sottoposti ad
agoaspirato. E’ indicata inoltre
l’esecuzione di una TAC o di
una RMN di collo, torace ed
F A R M A C I A
F I D U C I A
addome e di una scintigrafia
ossea per escludere la presenza
di metastasi.
La terapia di elezione del
CMT, sia familiare che sporadico, è la tiroidectomia totale
con asportazione dei linfonodi
cervicali; in caso di neoplasia
localmente invasiva è richiesto
un intervento chirurgico maggiormente demolitivo.
In presenza di feocromocitoma, come già detto, questo deve essere identificato e rimosso prima della tiroidectomia a
causa del pericolo di provocare
una crisi ipertensiva durante
l’operazione. Quando il CMT
è inoperabile, è in fase avanzata
o ha metastatizzato, vengono
utilizzate anche chemioterapia
e radioterapia che, per la forma
midollare non hanno però mai
dimostrato un’efficacia particolarmente elevata.
Attualmente nuove speranze
terapeutiche sono rappresentate da farmaci come il Vandetanib che funzionano inibendo
sia la neoangiogenesi che la
proliferazione tumorale.
La prognosi del CMT dipende
dall’entità dell’invasione locale
e dalle metastasi; la sopravvivenza a 10 anni è in genere del
60-70%, ma in caso di intervento chirurgico “risolutivo”
è superiore all’80%. Le forme
sporadiche hanno in genere
prognosi peggiore rispetto a
quelle familiari.
Dopo il trattamento chirurgico dovrà essere instaurata una
terapia sostitutiva con levotiroxina, mantenendo i livelli
di TSH nell’ambito dei valori
normali ed andrà successivamente eseguito, per stabilire
l’eventuale guarigione, il dosaggio della CT non prima
di almeno due mesi dall’intervento; nel momento in cui il
valore basale di CT risultasse indosabile, l’accertamento
dovrà però essere completato
mediante il test di stimolo con
pentagastrina.
da sapere
Piccole dosi di alcol
in gravidanza fanno
male al bebè.
Anche in piccolissime dosi l’alcol assunto in gravidanza può
avere rischi per il nascituro. Lo
dimostra l’ultimo studio scientifico italo-spagnolo sulla sindrome feto-alcolica, diretto da
Simona Pichini dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS) e in pubblicazione su Clinical Chemistry
and Laboratory Medicine. Lo
studio, condotto su 168 coppie
mamma-neonato (dell’Hospital
del mar di Barcellona), dimostra che quantità modeste di
alcol consumate durante tutta
la gravidanza sono rilevabili sia
nel capello materno che nelle
prime feci (meconio) neonatali. Pertanto, anche
bevendo poco ma
spesso, il feto è
esposto all’alcol materno. Un messaggio importante che
giunge in occasione
della Giornata mondiale sulla Sindrome
feto-alcolica che da 16 anni si
svolge il 9 settembre. Per l’occasione la European FASD Alliance presenta l’edizione 2015 di
“Too Young To Drink” (“Troppo
Piccolo Per Bere”), campagna di
comunicazione ideata da Erik
Ravelo, responsabile Social Engagement di Fabrica, il centro
di ricerca per la comunicazione
del gruppo Benetton che ha
sede in Italia, mirata a promuovere la consapevolezza sui rischi
della FASD. La campagna è patrocinata dall’ISS e dal Ministero
della Salute. All’evento partecipano più di 80 organizzazioni in
35 Paesi che oggi, attraverso poster, striscioni e slogan, mostreranno l’immagine di un neonato
che fluttua tra gli ingredienti di
un drink alcolico.
Il “bullo”, la vittima e il gruppo:
quali gli ingredienti che alimentano
il fenomeno del bullismo.
Dott.ssa Renata Radici
Psicologa e Psicoterapeuta
Specializzata in Psicoterapia
dell'Adolescente e dell'Adulto
[email protected]
N
egli ultimi anni il
fenomeno del bullismo è stato oggetto
dell’attenzione dei media nonché di numerosi interventi di
prevenzione all’interno delle
scuole. Si parla di “bullismo”
quando un bambino o un
ragazzo subisce ripetutamente
atteg gia-
menti offensivi e prepotenti
da parte di uno o più compagni che sfruttano in questo
una condizione di superiorità
rispetto all’altro (ad esempio
maggiore età o forza fisica,
che permettono al “bullo”
di prevaricare su chi risulta più debole e incapace di
difendersi). Può trattarsi di
attacchi di carattere fisico (ad
esempio pugni, calci, danni
Si parla di “bullismo” quando
un bambino o un ragazzo subisce
ripetutamente atteggiamenti offensivi
e prepotenti da parte di uno
o più compagni.
a vestiti e oggetti personali,
piccoli furti), verbale (come
offese, insulti, ridicolizzazione, minacce) o più indiretto
(ad esempio quando si emargina qualcuno da un gruppo
o si diffondono pettegolezzi o
calunnie sul suo conto). Queste azioni sono intenzionali e
protratte nel tempo. Chi ne è
vittima in genere prova dolore e vergogna, si sente solo
e incapace di reagire e uscire dalla situazione creatasi,
F A R M A C I A
che finisce per diventare una
vera e propria persecuzione.
La cronaca ci parla di alcuni
episodi conclusisi in modo a
volte tragico, laddove la disperazione conduce la vittima
del bullismo a farsi del male
o addirittura, in casi estremi,
al suicidio. In realtà le ricerche realizzate sul fenomeno
ci dicono che, in varie forme
e (fortunatamente) con conseguenze meno gravi, esso è
alquanto diffuso. Il fenomeno
del bullismo ha inoltre assunto forme nuove con l’evoluzione della tecnologia, in
particolare con Internet
e con i social network:
in rete il “bullo” agisce
con la diffusione rapida e capillare di offese,
pettegolezzi, immagini
imbarazzanti relative alla vittima (il cosiddetto
“cyberbullismo”).
Chi ne è vittima vive
un’esperienza particolarmente pesante in quanto il
problema non è
legato a specifici
luoghi o situazioni. La rete è
“attiva” sempre,
basta connettersi! La vittima
ha la sensazione
di essere continuamente esposta ad attacchi,
F I D U C I A
24
Il “bullo”, la vittima e il gruppo:
quali gli ingredienti che alimentano il fenomeno del bullismo.
visibili agli occhi di tutta la
“rete” di conoscenze dirette
e indirette.
Le conseguenze del bullismo
sono devastanti sia per la vittima sia, seppure in modo differente e forse meno evidente,
per il “bullo”, sia infine per
il terzo “soggetto” coinvolto,
cioè il gruppo di cui bullo e
vittima fanno parte.
La ricerca sembra mettere in
luce che chi subisce bullismo
in genere soffre, già di per
sé, di una certa insicurezza e
difficoltà ad utilizzare nelle
relazioni la propria aggressività, sia in termini di grinta per
affermare se stessi, sia come
risorsa utile per difendersi
quando è necessario. Possiamo immaginare quale possa
essere l’impatto degli attacchi
del “bullo”: in genere l’autostima, già fragile, si abbassa
ulteriormente, si possono
sviluppare sentimenti depressivi, si fatica a chiedere
aiuto o per vergogna o perché si temono rappresaglie
o anche perché ci si sente
molto soli. Soli rispetto ai
compagni, ma spesso anche
rispetto agli adulti (genitori,
insegnanti, allenatori…). Ecco perché, laddove il bambino
o il ragazzo non ce la fa a
chiedere aiuto, è importante
che gli adulti, genitori in primis, colgano alcuni segnali
indiretti, come vestiti o effetti personali danneggiati, rifiuto di andare a scuola o di frequentare determinati ambienti, o ancora segni di malessere
fisico. Tutti questi elementi
potrebbero avere molteplici
spiegazioni (non solo l’aver
subito atti di prepotenza), ma
comunque sono indice di un
disagio cui occorre prestare
ascolto.
Chi è nella posizione del “bullo” sembra godere invece di
molta sicurezza nelle relazioni. I suoi atteggiamenti sono un’affermazione di potere
25
sull’altro, la cui sofferenza non
tocca chi la infligge. Il “bullo”
è infatti carente di empatia,
cioè di quella capacità che ci
permette di avvertire come si
sente l’altra persona. La ricerca mette in luce che il “bullo”
tende a “deumanizzare” la
vittima, cioè a vederla come
una sorta di essere inferiore,
anziché come una persona,
dotata di sentimenti, dunque
come qualcuno di simile a sé,
che può realmente soffrire.
Spesso chi fa atti di prepotenza dice “è solo uno scherzo”,
cercando di minimizzare e di
volgere in positivo un com-
portamento aggressivo, negando il dolore che si procura
all’altro. O ancora, gli atti di
prepotenza vengono giustificati come una meritata reazione a presunte provocazioni
da parte della vittima. Questo
rende più tollerabili gli atteggiamenti del “bullo” anche
agli occhi del gruppo: la vittima viene vista come qualcuno
che in qualche modo “se l’è
cercata”, almeno un po’. Tutto questo ci fa comprendere
che, nonostante appaia molto
sicuro di sé, anche il “bullo”
ha aspetti problematici nel
suo modo di relazionarsi:
oltre che di empatia, egli è carente nella capacità di gestire i
conflitti in modo costruttivo
(senza ricorrere alla violenza
come modalità principe per
F A R M A C I A
F I D U C I A
“risolverli”), tollera poco le
frustrazioni e tende ad agire in
modo impulsivo. La sicurezza
del “bullo” è in realtà più apparente che reale, si fonda più
su piccoli atti di prepotenza
che non su una vera capacità
di affermare se stesso, i propri bisogni, le proprie qualità.
Questo non può che incidere
negativamente sui rapporti interpersonali e sull’adattamento alle norme sociali. La ricerca ci dice infatti che nel tempo
i bambini e adolescenti con
questi comportamenti tendono a sviluppare problemi con
la legge. Ecco perché è così
importante nell’educazione
insegnare ad utilizzare l’aggressività in modo costruttivo, per affermare se stessi,
capacità di cui sia il “bullo”
sia la vittima sono carenti e
che costituisce un’alternativa
alla prevaricazione e alla violenza, oltre che alla sottomissione passiva.
Infine, il ruolo del gruppo
dei coetanei: quello che succede tra il “bullo” e la vittima
non può che interpellare chi
vi assiste. Anzi, la prepotenza del “bullo” si alimenta dell’accondiscendenza o,
quanto meno, del silenzio del
gruppo. La ricerca ha messo
in luce che dietro al silenzio vi
sono posizioni molteplici: c’è
chi giustifica quello che vede,
chi disapprova ma tace per
paura, chi prova ammirazione verso il “bullo”, chi cerca
di disinteressarsi... il silenzio
tende comunque a essere interpretato come sostegno da
parte del “bullo”. C’è anche
chi tenta di difendere la vittima, in modo più o meno
diretto. Questo ruolo è spesso
ricoperto dalle bambine. È
chiaro che in un gruppo in cui
sono presenti empatia, senso
di responsabilità e capacità di
affermare la propria posizione, il fenomeno del bullismo
non trova terreno fertile.
da sapere
L’umorismo aiuta i
bambini ad apprendere meglio.
Per arrivare a queste conclusioni,
pubblicate sulla rivista Cognition
and Emotion, i ricercatori dell’Università di Parigi hanno realizzato un esperimento che ha
coinvolto bambini con 18 mesi
di vita. Durante l’esperimento
alcuni bambini hanno visto un
adulto utilizzare uno strumento
per afferrare un giocattolo fuori
portata; altri bimbi hanno visto
l’adulto semplicemente giocare
con il giocattolo dopo averlo
recuperato e un altro gruppo ha
visto un adulto che ha fatto cadere il giocattolo sul pavimento,
suscitando l’ilarità di moltissimi
bambini. Studiando i dati raccolti, i ricercatori hanno scoperto
che i bambini che hanno riso alla
buffonata dell’adulto erano in
grado di ripetere meglio l’azione osservata rispetto ai bambini
che non hanno riso. Il perchè la
risata sia collegata alle capacità
di apprendimento del bambino
non è ancora chiaro, ma i ricercatori hanno dedotto due possibili
spiegazioni. La prima riguarda il
temperamento. “In questo caso
- ha detto Rana Esseily, che ha
coordinato lo studio - non è
l’umorismo di per sè ad aver
facilitato l’apprendimento, ma
il temperamento dei bambini
che hanno sorriso”. In pratica, i
bambini che hanno riso potrebbero avere “competenze sociali
e capacità cognitive più alte”. La
seconda ipotesi riguarda invece
la chimica del cervello. E’ infatti
noto che le emozioni positive
possono aumentare i livelli di
dopamina nel cervello che, a
loro volta, hanno un effetto positivo sull’apprendimento.
News in Campo Odontoiatrico
Denti da latte e denti permanenti,
quando si formano e quando dovrebbero “spuntare”.
Dott.ssa Piera Armienti
Odontoiatra
Specialista in
Ortognatodonzia
INFORMAZIONE PUBBLICITARIA
E’
nota l’esistenza di
una dentatura definita da latte o meglio decidua ed una dentatura chiamata permanente che
sostituisce quella da “latte” e
che dovrebbe rimanere nella
bocca permanentemente. Il
periodo di eruzione, quindi
della nascita, dei denti decidui è relativamente variabile
e può subire un ritardo considerato normale di circa 6-12
mesi rispetto ai tempi medi.
In media intorno ai 6 mesi
iniziano i primi pianti non
apparentemente giustificati
causati dal fastidio dell’eruzione degli incisivi centrali,
tendenzialmente prima quelli
inferiori e poi quelli superiori,
che si presentano come degli
abbozzi sulle gengive.
Intorno ai due anni la dentatura decidua, da latte, è
generalmente completata
ed è composta da 10 denti
nell’arcata inferiore e speculare in quella superiore. Nella
dentatura decidua lo spazio
interdentale molto spesso è
maggiore, potremmo quindi
vedere dei diastemi (ovvero gli
spazi tra denti contigui), questi non ci devono preoccupare, anzi riducono la possibilità
di avere un affollamento nella
successiva dentatura permanente. Nei bambini spesso la
dentatura decidua va incontro
ad un’usura precoce a seguito
di un digrignamento notturno
che può essere
considerato fisiologico, normale, durante
questo periodo.
In questa fase, dall’eruzione
del primo dentino da latte, è
importante iniziare a spazzolare i denti al bambino in
modo da ridurre l’insorgenza
di carie.
Intorno circa ai 6 anni avviene l’eruzione del primo molare permanente,
questo si posizionerà posteriormente all’ultimo
molaretto da latte, quindi
spunterà nel cavo orale
senza che “cada” nessun
dente. A volte si confonde
il primo molare con un dente deciduo, ma non essendo
così diventa importante averne la massima cura nella pulizia e, a eruzione completata,
procedere con la sigillatura
dei solchi che, secondo anche le linee guida dell’OMS,
è la procedura più efficace
nel ridurre il rischio di carie.
Nelle stesso periodo possono
iniziare a dondolare gli incisivi
centrali che “cadendo” lasceranno lo spazio agli incisivi
permanenti, questi si possono
distinguere dai precedenti da
una colorazione leggermente
più scura e da una superficie
incisale più frastagliata.
Intorno agli 8 anni erom-
Denti Superiori
Incisivo centrale
Incisivo laterale
Canini
Primo molare
Secondo molare
DENTIZIONE DECIDUA
Quando spuntano Quando cadono
8-12 mesi
6-7 anni
8-13 mesi
7-8 anni
16-22 mesi
10-12 anni
13-19 mesi
9-11 anni
25-33 mesi
10-12 anni
Denti Inferiori
Secondo molare
Primo molare
Canini
Incisivo laterale
Incisivo centrale
DENTIZIONE DECIDUA
Quando spuntano Quando cadono
23-31 mesi
10-12 anni
14-18 mesi
9-11 anni
17-23 mesi
9-12 anni
10-16 mesi
7-8 anni
6-10 mesi
6-7 anni
DENTIZIONE PERMANENTE
Denti Superiori Quando spuntano
Incisivo centrale
7-8 anni
Incisivo laterale
8-9 anni
Canini
11-12 anni
Primo premolare 10-11 anni
Secondo premolare 10-12 anni
Primo molare
6-7 anni
Secondo molare 12-13 anni
Terzo molare
17-21 anni
DENTIZIONE PERMANENTE
Denti Inferiori
Quando spuntano
Terzo molare
17-21 anni
Secondo molare 11-13 anni
Primo molare
6-7 anni
Secondo premolare 11-12 anni
Primo premolare 10-12 anni
Canini
9-10 anni
Incisivo laterale
7-8 anni
Incisivo centrale
6-7 anni
pono gli incisivi laterali e tra
i 10 e i 13 anni si completa la permuta con l’eruzione
dei premolari, canini e del
settimo molare. Per i denti
del giudizio, terzi molari, i
tempi d’eruzione sono molto
variabili e l’incidenza d’inclusione è molto alta, comunque intorno ai 17-18 anni è
utile eseguire una ortopantomografia per valutarne la
posizione qualora non siano
ancora erotti nel cavo orale.
F A R M A C I A
La formazione vera e propria
dei denti inizia invece molto
prima che questi “spuntino”
nel cavo orale. La dentatura
decidua inizia a formarsi e
mineralizzarsi nel feto, verso
il quarto mese di vita intrauterina; gli abbozzi di quella
permanente invece cominciano a formarsi gradualmente
dalla nascita fino all’eruzione
dei denti, ciascuno in tempi
diversi.
Ogni evento sistemico gra-
F I D U C I A
26
ve, come ad esempio malnutrizione, assunzione eccessiva
di farmaci come tetracicline e
cortisonici, malattie infettive
che si verificano durante lo
sviluppo dentale, sia durante
la gestazione sia nel neonato
durante i primi anni di vita,
può compromettere la corretta formazione dei tessuti
duri del dente, determinando
alterazioni di colore o alterazioni della mineralizzazione.
In alcuni casi i difetti dello
smalto possono essere di natura ereditaria, come l’amelogenesi imperfetta che si
presenta con macchie di colore brunastro che indicano
un’alterata mineralizzazione
dello smalto e quindi un rischio maggiore di sviluppare
la patologia cariosa.
Per favorire una corretta formazione dello smalto è ormai riconosciuto da tempo
il ruolo positivo del Fluoro
sia per via sistemica che per
uso topico, elemento chimico
che però va preso nelle giuste
quantità per non incorrere in
un eccesso.
La fluoro profilassi è consigliata per tutti quei soggetti
in crescita che vivono in aree
con acqua a basso contenuto
di fluoro, meno di 0,6 ppm.
News dalle azi e n d e News dalle azi en de
Da Pool Pharma un passo avanti nell’integrazione
funzionale.
■ KILOCAL DON-
NA “DI GIORNO E DI
NOTTE”
Contrastare l’aumento di
peso e i disturbi del “cambiamento”.
Veramente “delicato e complesso” è il corpo della donna! Infatti è regolato da equilibri che, soprattutto in
alcuni momenti della vita,
(fasi premestruali e mestruali; premenopausa e
menopausa), sono fisiologicamente caratterizzati da
una grande variabilità che
può dar luogo a disturbi
tipici più o meno marcati.
Possono essere vampate
di calore, accompagnate
da sudorazione diffusa, che
ricorrono frequentemente
con l’avvicinarsi del periodo
menopausale e che difficilmente passano inosservate; improvvisi e inspiegabili
cambiamenti d’umore, che
influiscono negativamente
sulla vita di relazione; chili
in eccesso, che arrivano ina-
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referenza: il Derigyn Tea
Tree Oil Travel.
L’ultimo nato è il formato da viaggio della storica referenza Derigyn
Tea Tree Oil, a base
di Tea Tree Oil, olio di
Melaleuca, conosciuto
da tutti come un potente antibatterico e
antimicotico naturale,
che aiuta a prevenire le
infezioni dell’epidermide. Frequentare palestre
F A R M A C I A
F I D U C I A
spettatamente ad alterare la
linea di sempre. Non sono
gravi disturbi, ma segnali di
un cambiamento che mette
in ansia ogni donna che non
vuole rinunciare a sentirsi “se
stessa” in ogni fase della propria vita.
Kilocal Donna “di Giorno
e di Notte” è costituito da
una sapiente miscela di sostanze naturali, ognuna della
quali fornisce un contributo
specifico per contrastare i
disturbi tipici dei “momenti
critici”, per combattere l’aumento di peso e per sostenere il benessere della donna
nelle delicate fasi del “cambiamento”.
La Cimicifuga e.s. e gli Isoflavoni della Soia aiutano a
e andare in piscina sono alcune situazioni a rischio per
l’igiene intima. Nei luoghi
affollati, diventa infatti più semplice
contrarre infezione
come le micosi e
le candide. Il
Derigyn Tea
Tree Oil è
contrastare i disturbi della
menopausa, come vampate di calore ed eccessiva
irritabilità; la Melissa e.s.
favorisce il rilassamento
e il normale tono dell’umore; il Tè Verde e.s. favorisce l’equilibrio del peso
corporeo, mentre il Cromo
si rivela utile a mantenere
sotto controllo il livello del
glucosio nel sangue; Ortosifonide e Tè Verde e.s.
contribuiscono, inoltre,
al drenaggio dei liquidi
corporei; infine gli estratti secchi di Senna, Cassia,
Frangula, Tamarindo e
Magnolia aiutano a mantenere una buona motilità intestinale.
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nell’ambito di una dieta ipocalorica adeguata seguendo
uno stile di vita sano con un
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Sali minerali del Dr. Schüssler e analisi visuale
secondo gli insegnamenti del Dr. Hickethier.
Il Dr. Schüssler ha
basato la sua terapia su 12 sali minerali, che ha definito
“sostanze funzionali”, perché svolgono
funzioni essenziali
nel nostro organismo e sono in grado
di agire come rimedio per una moltitudine di disturbi
funzionali. Gli effetti
terapeutici attribuiti
ai Sali Dr. Schüssler
sono molteplici. Essi
contribuiscono a riorganizzare o curare
uno squilibrio minerale. Incoraggiano le
capacità di autoguarigione del corpo in
modo sicuro e gentile, senza visibili effetti collaterali.
Dott. Gianluca Bonicalzi
Farmacista
[email protected]
L
a terapia biochimica è
un modo di sostenere
le funzioni del corpo
umano con sali minerali che
sono indispensabili per i processi metabolici.
Molti integratori salini sono
disponibili sul mercato. I Sali Dr. Schüssler stimolano il
corpo umano a migliorare
l’assorbimento dei minerali
mancanti direttamente dal cibo ingerito, distribuendoli in
modo equilibrato all’interno
dei tessuti del corpo. Si tratta di sali chimicamente puri,
identici ai minerali delle cellule
del corpo umano, e quindi fisiologicamente e chimicamente in stretta relazione con esse.
Continua in questo articolo
la descrizione di alcuni sali
di Schüssler molto importanti
per il corretto funzionamento
delle varie funzioni metaboliche del nostro organismo.
Kalium Phosphoricum.
Fosfato acido di potassio,
formula chimica KH2PO4,
è il nome chimico del Kalium Phosphoricum. La sua
parola-chiave è ricostituente
nervoso.
E’ il sale essenziale per il
funzionamento corretto del
sistema nervoso, sia nella
sua parte periferica che centrale. E’ il rimedio contro le
insufficienze nervose e gli
esiti di patologie interessanti
le radici nervose. Dobbiamo
quindi fornire questo sale in
tutte le nevralgie, nelle sciatal-
gie, negli esiti delle brachialgie,
negli intrappolamenti nervosi,
come in caso di sindrome del
tunnel carpale, del tunnel di
Guyon; negli intrappolamenti
del nervo ulnare al gomito;
nei quadri radicolari di sindrome dello stretto toracico;
nei vari quadri di sindrome
del tunnel tarsale. Anche in
caso di patologie del sistema nervoso centrale, come gli
esiti di ischemie o emorragie
cerebrali. E’ molto utile nel
trattamento delle irritazioni
cutanee da patologie nevritiche, in particolare degli Herpes Zoster. Aiuta gli asmatici
a respirare regolando il comando neurovegetativo. E qui
si apre un ulteriore capitolo
su tutte le patologie di tipo
F A R M A C I A
neurovegetativo, dalle sudorazioni profuse, alle alterazioni
di funzionalità organiche di
questa origine, alle alterazioni
ormonali. Durante l’età scolare aiuta i bambini a mantenere
un umore sereno e agisce sulle loro facoltà mentali, rifornendoli di potassio. Eccessiva
eccitazione, cattivo umore,
timidezza, pigrizia, “capricci”,
indigestioni da nervoso, insonnie, stati depressivi, stanchezza, angoscia, perdita di
vitalità, irritabilità, migliorano
notevolmente con questo sale.
Può essere usato in caso di
stasi interne con fermentazione e forme gangrenose,
agendo come “antisettico per
uso interno”.
In una concezione naturopa-
F I D U C I A
28
Sali minerali del dr. Schüssler e analisi visuale secondo gli insegnamenti del dr. Hickethier.
tica esistono processi di decomposizione anche senza
febbre, rivelati da debolezza
di memoria, reazioni emotive
esagerate, agorafobia, diffidenza esagerata, paure o pianti ingiustificati dopo processi
infettivi. In questi casi e con
all’anamnesi un processo infettivo, questo sale diventa il
trattamento di elezione.
La pomata può essere usata in
affezioni cutanee suppurative,
trattamento locale delle nevriti, in associazione alla terapia
sistemica, debolezza muscolare, alopecia areata, scottature
di primo grado.
L’analisi facciale della carenza
di questo sale è caratteristica:
essa presenta macchie sporche sfumate grigio cenere, soprattutto su mento e intorno
agli occhi. Spesso si possono
trovare le tempie infossate in
associazione.
Kalium Suplhuricum.
Il Kalium Suplhuricum è il
solfato di potassio con formula K2SO4. La sua parola
chiave è antiattrito. Si associa
al Fer.Phos nel trasporto di
ossigeno, completandone l’opera a livello cellulare. Il Fer.
Phos quindi si occupa di far
giungere l’ossigeno ai tessuti,
mentre il Kali.Sulph si occupa
29
dell’assorbimento cellulare di
ossigeno. In generale, come
tutti i composti solforosi, va
utilizzato nelle fasi di eliminazione. Nelle infiammazioni facilita la traspirazione. Bisogna
tenere presente, come verrà
spiegato più avanti a proposito delle indicazioni specifiche,
che la sua indicazione principale è nella terza fase dell’infiammazione, la fase cioè di
eliminazione.
Consigliato nei casi di perdite
giallastre dalla pelle o dalle
mucose in alcune forme catarrali. Questo significa che,
quando si verifica produzione
mucosa con perdite giallastre,
si deve ricorrere a questo sale,
in caso di raffreddore, tosse produttiva, eccetera. Il suo
uso è raccomandato per le
eruzioni cutanee, per il trattamento del cuoio capelluto
con forfora, per mantenere
i capelli in buona salute. Lo
stesso vale per i tremori e
i dolori lancinanti. E’ molto
utile per i disordini intestinali.
In genere i sintomi lamentati in situazione di carenza
di questo sale peggiorano di
sera e in ambienti chiusi e caldi, mentre migliorano all’aria
aperta. In queste situazioni il
paziente lamenta una forma
leggera di claustrofobia o di
fame d’aria, in caso di permanenza in ambienti caldoumidi. La composizione in
pomata 6DH può essere associata alla terapia sistemica, in
caso di reumatismi articolari,
oltre che per le forme suppurative con perdite giallastre. Il
colorito giallo-bruno intorno
agli occhi sia sulle palpebre
superiori che inferiori, che in
seguito si può estendere a tutto il viso, dimostra la carenza
di questo sale. Anche le cosiddette “macchie d’età”, cioè
quelle macchie cutanee brune
che si formano specialmente
sul viso e sulle mani, sono sintomi di carenza di questo sale.
F A R M A C I A
F I D U C I A
PREVENZIONE INVERNALE
Tra le infezioni recidivanti
delle prime vie aeree quelle
del rinofaringe hanno un’importanza notevole in età pediatrica per la loro tendenza
a recidivare, soprattutto nella stagione invernale, per le
possibili complicanze, per le
numerose assenze scolastiche,
per un’influenza sulla crescita e sullo sviluppo delle funzioni cognitive e per il clima
di inquietudine familiare che
creano. I fattori favorenti l’insorgere ed il recidivare delle
rinofaringiti sono l’ipertrofia
in soggetti particolarmente
predisposti, sarebbe opportuno iniziare un’adeguata terapia naturale utile a prevenire fastidiose patologie legate all’arrivo della stagione
fredda.
1. Nei bambini sotto i due
anni di età rimedi utili sono
quelli omeopatici ed oligoterapici. Per quanto riguarda
l’omeopatia, oltre alla terapia di fondo legata al terreno del singolo soggetto consigliata dal “medico” esperto
in medicina naturale, esistono
delle adenoidi, la conformazione larga e corta della tuba di Eustachio, l’esposizione
prolungata al freddo, l’inquinamento atmosferico, il riscaldamento eccessivo con aria
secca, la predisposizione allergica ed un antibiotico terapia non corretta. I principali
quadri clinici delle infezioni
delle prime vie aeree comprendono: rinite, rinofaringite, faringotonsillite, otite, sinusite, adenoidite, bronchite.
Clinicamente si manifestano
con secrezione nasale (rinorrea) mucosa o mucopurulenta, ostruzione nasale, adenopatia regionale, otalgia, rialzo termico, abbassamento del
tono della voce.
in commercio diversi derivati
ad azione immunostimolante contenenti Anas barbariae.
Gli oligoterapici più utilizzati sono il Manganese/Rame
(Mn/Cu) oppure, nei casi più
complicati, Oro/Argento/Rame (Au/Ag/Cu). Molto utile
risulta anche la somministrazione dello zolfo (S) sotto forma oligoterapica nella prevenzione delle infezioni recidivanti delle prime vie aeree.
2. Sopra i due anni di età si
può introdurre la gemmoterapia con l’utilizzo di Ribes
nigrum, Rosa canina e Betulla
pubescens.
3. Nell’adulto, infine, si possono utilizzare anche derivati
fitoterapici ad azione immunostimolante quali Propoli,
Echinacea ed Uncaria. Il trattamento con questi rimedi naturali dovrebbe essere prolungato fino all’arrivo dei primi mesi primaverili.
Prevenzione
Come ogni anno la fine delle vacanze estive sancisce il
ritorno alla vita quotidiana.
E’ in questo periodo che,
La medicina “su misura”.
PSA: quando è “normale” e come
va interpretato?
Continua da pagina 3
Continua da pagina 7
facile prevedere che i farmacisti che investono tempo e
danaro in laboratori e macchinari andranno a scomparire come le sartine e le
camiciaie e, quando saranno
necessari farmaci salvavita in
dosaggi micrometrici e davvero “su misura”, si griderà
inevitabilmente allo scandalo
per la loro irreperibilità.
Se davvero certi farmaci sono
pericolosi quando vengono
tra loro associati si dovrebbe
regolamentare l’attività prescrittiva dei medici, sia per
le forme galeniche che per i
prodotti industriali, evitando
di introdurre divieti generalizzati che possono provocare anche seri problemi.
Potrei fare due semplici
esempi:
- Un diuretico ed un antidiabetico sono stati da poco sottratti alla produzione
galenica in farmacia perché
indebitamente utilizzati in
capsule dimagranti ritenute
pericolose e perciò il farmacista non li può più utilizzare
per nessuno scopo;
- Principi attivi di questo tipo
ed altri analoghi sono stati
spesso utilizzati in preparazioni destinate a neonati per
problemi complessi di salute
ed ora debbono essere sostituiti con altri perché il divieto
d’uso è assoluto e non prevede deroghe.
In conclusione dunque direi
che debba essere rafforzata la vigilanza sulle modalità
prescrittive di alcuni farmaci,
indipendentemente dalla forma farmaceutica utilizzata,
piuttosto che vietare l’utilizzo di alcuni principi attivi
solo in farmacia e senza deroghe.
On. Dr. Luigi Zocchi
Presidente Federfarma
Varese
In pratica si può affermare
che non c’è un PSA normale
per tutti i pazienti, perchè il
PSA è personalizzato, esprimendo un valore specifico per
ogni paziente in quel preciso momento della sua vita,
e che continuerà a variare in
base a molteplici fattori. E’
pertanto compito del Medico
Urologo stabilire se quel PSA
sia “normale” o invece spia
di ingrossamento benigno, di
infiammazione o di patologia
maligna.
RAI-DUE ha trasmesso, in
Medicina 33, un intervento
chirurgico effettuato con
una tecnica di particolare
precisione ideata e messa
a punto da Lei, Prof. Roggia, per la cura del tumore
prostatico. Cosa ci può dire
succintamente a proposito?
In caso di tumore, la chirurgia radicale completa
consente guarigioni totali
nel 98-99% dei casi. Tutte
le tecniche operatorie oggi
utilizzate (chirurgia classicatradizionale, laparoscopica, e
robot-assistita), consentono
gli stessi incoraggianti risultati di guarigione dal lato strettamente “oncologico”.
La tecnica da me “rivisitata”,
pubblicata su rivista specializzata urologica, e trasmessa dal
Dott. Onder in RAI (filmato
visionabile sul sito www.profroggia.it) ha fatto registrare
ottimi risultati sulla qualità di
vita del paziente, permettendo
infatti una minzione normale,
senza incontinenza, in più del
97% dei pazienti, in quanto
l’utilizzo di microscopi ottici
autofocus o di lenti telescopiche consente di effettuare una
precisa e delicata “microdissezione” della prostata senza
danneggiare lo sfintere interno
che svolge un importante ruolo nella continenza urinaria.
F A R M A C I A
indirizzi
Per la produzione di questi
farmaci il farmacista deve
seguire una complessa serie
di disposizioni legali e tecniche (le Norme di Buona
Preparazione) che rappresentano un’importante sfida
professionale ed un onere
economico non trascurabile,
problemi affrontati entrambi
con grande entusiasmo ed
impegno da quei colleghi che
hanno accettato la sfida ed
allestito in farmacia un laboratorio adeguato.
La remunerazione è spesso
simbolica; la tariffa professionale è ferma al 1992 e non
regge il confronto con l’evoluzione dei prezzi in questi ultimi ventitré anni che,
quanto meno, sono triplicati.
Evidentemente non si tratta di iniziative realizzate per
trarre profitto economico e
la sopravvivenza dei farmacisti preparatori è legata al
mantenimento del numero
più elevato di farmaci che
possano essere legalmente in
farmacia per ammortizzare i
costi sulla maggior quantità
di prodotti preparabili.
Invece, stranamente e frequentemente, alcuni principi
attivi, definiti genericamente
pericolosi, vengono proibiti
ed i farmacisti non li possono più preparare.
Lo strano è che gli stessi
principi attivi, che dovrebbero essere pericolosi, continuano ad essere prescritti e
venduti sotto forma di medicinali industriali.
Se il pericolo deriva, in alcuni
casi, dall’unione di più principi attivi, le stesse prescrizioni
contemporanee di farmaci
industriali dovrebbero essere
vietate, il che puntualmente
non avviene.
Se le possibilità di preparazione di farmaci in farmacia
si assottiglieranno ancora, è
✓rubrica
■ Dott.ssa Rachele Aspesi
Cell. 348 6640785
[email protected]
www.studiosanitario.it
Pagina n. 21
■ Ciatti Studio Dentistico
21100 Varese
Via Rossini, 2
Tel. 0332 287198
21049 Tradate (Va)
Via Cavour, 45
Tel. 0331 844507
20025 Legnano (Mi)
Piazza Ezio Morelli, 7
Tel. 393 5042409
[email protected]
www.ciattistudiodentistico.it
Pagina n. 26 - 27
■ La Farmaceutica
Viale Lombardia, 64
21040 Castronno (VA)
Tel. 0332 896051
Fax 0332 896061
[email protected]
Pagina n. 17
■ Le Terrazze
Casa di Cura Privata Srl
Via Ugo Foscolo 6/b
21035 Cunardo (VA)
Tel. 0332 992111
Fax 0332 990074
[email protected]
www.clinicaleterrazze.com
Pagina n. 15
■ Pool Pharma
20098 S. Giuliano Milanese (MI)
Tel. 02 98281522
[email protected]
www.poolpharma.com
Pagina n. 2 - 14 - 18 - 31
■ Sella Farmaceutici
36015 Schio (VI)
Tel. 0445 670088
[email protected]
www.sellafarmaceutici.it
Pagina n. 9
■ Terzetà
Via Crispi 130
21100 Varese
Tel. 0332 225706
Fax 0332 220029
[email protected]
www.terzeta.it
Pagina n. 32
La Legge Bersani (n. 248
del 4 agosto 2006) CONSENTE la pubblicità delle professioni sanitarie
ed ausiliarie, delle case
di cura private e degli
ambulatori mono o polispecialistici attraverso
periodici d'informazione. Questo giornale è a
disposizione dei professionisti interessati. Contattateci allo 0332 435327
F I D U C I A
30
wellcare.it
NUOVO
DALLA RICERCA
“L’OROLOGIO
DELLA NOTTE”
MELATONINA
L’ormone naturale
che promuove il sonno
favorendo
un riposo di qualità.
S
Combatte il
GONFIORE
Anice Verde - Melissa - Finocchio
Favorisce la
DIGESTIONE
Sgonfia
pancia.
Finocchio - Melissa - Anice Verde
Riequilibra la
FLORA INTESTINALE
e avete difficoltà a
prendere sonno e il
riposo notturno fa a
“pugni” con il vostro cuscino
non preoccupatevi.
La ricerca scientifica ha
individuato nella carenza di
Melatonina, sostanza ormonale prodotta di notte da
una ghiandola del cervello,
una delle cause alla base
di questo problema di cui
soffre circa un terzo della
popolazione italiana.
La vita stressante e le
preoccupazioni di tutti i
giorni, l’abuso di farmaci,
la menopausa e per chi
viaggia i continui cambi di
fuso orario, sono alcune
delle ragioni o stili di vita che
sempre più frequentemente
causano disordini nel ritmo
sonno/veglia.
L’assunzione di 1 mg di
Melatonina, meglio ancora
se potenziata con estratti
vegetali specifici, contribuisce alla riduzione del tempo richiesto per prendere
sonno e, quando serve, ad
alleviare gli effetti del jet-lag:
non a caso è stato coniato
un detto, “una bella dormita e
sorridi alla vita”.
vita”
Bifidobacterium Breve - Lactobacillus Plantarum
Triocarbone Pancia Piatta è il nuovo integratore
alimentare a base di enzimi, carbone ed estratti
vegetali, con fermenti lattici e vitamine del gruppo B.
La particolare associazione di enzimi aiuta a favorire i
processi digestivi e l’assorbimento dei nutrienti.
Gli estratti vegetali di anice verde, melissa e finocchio
favoriscono la funzione digestiva e una regolare motilità
intestinale, con eliminazione dei gas responsabili del
gonfiore addominale.
I fermenti lattici vivi ad azione probiotica favoriscono
l’equilibrio della flora batterica intestinale.
Triocarbone Pancia Piatta. Sgonfia pancia.
Oggi in Farmacia c’è Gold
Melatonina, Melatonina 1
mg in compresse
a due strati effetto
fast e slow release “rapido e
lento rilascio”.
L’originale formulazione è
arricchita con estratti secchi di Griffonia, Melissa e
Avena, utili per favorire il
rilassamento, il benessere
mentale e il normale tono
dell’umore.
Gold Melatonina
Affronta la vita
con serenità.
Chiedi l’originale al Farmacista.
Notte dopo notte, Gold
Melatonina ti aiuterà a
riposare bene e a lasciarti
alle spalle la sensazione
di tensione dovuta alla
stanchezza.
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