IL RINVENIMENTO li scavi condotti a Roma negli anni 19691973 nell’isolato compreso tra via in Arcione e via dei Maroniti, vicino Fontana di Trevi, per la costruzione di un parcheggio sotterraneo, hanno portato alla scoperta di una vasta area archeologica estesa per circa 1540 mq e caratterizzata dalla presenza di tre edifici separati da due strade basolate. Nella stessa zona e nelle aree adiacenti furono rinvenute strutture simili già dalla fine dell’Ottocento e i primi del Novecento (1914-1915) e poi ancora negli scavi del 1955. Questi edifici rientrano nel territorio della regio VII via Lata, una delle quattordici regioni in cui la città di Roma fu divisa durante il principato di Augusto, che si estendeva tra il tratto urbano della Flaminia a sud-ovest e le pendici del Quirinale e del Pincio a nord-est, e che aveva la IL COMPLESSO DEI MARONITI A destra: Particolare delle strutture antiche inglobate nel garage moderno alla profondità di circa 8 metri dal piano del cortile interno Nella pagina accanto, in alto: Pianta del complesso archeologico dei Maroniti. (da E. Lissi Caronna, Archeologia nel Centro) 6 G caratteristica, insolita per Roma antica, di avere un’organizzazione urbanistica ordinata con strade parallele orientate sulla via Lata (odierna via del Corso). Lo scavo di via in Arcione venne eseguito all’interno del cortile di un grande isolato abitativo, che si trova proprio in prossimità delle pendici del Quirinale, e ha permesso una ricostruzione topografica della zona abbastanza chiara. Questa parte della città sembra infatti essere caratterizzata da edifici residenziali quali insulae e domus ordinate su assi viari paralleli alla via Lata, i cui resti sono stati trovati a più riprese sotto la Galleria Colonna nel 1914-1915, durante la costruzione del sottopassaggio di Largo Chigi nel 1955 (resti di insulae di età adrianea e parti di strade basolate) o durante i lavori del 1902 per la realizzazione dell’imbocco nord del Traforo Umberto I sotto il Quirinale, in cui furono rinvenuti i resti di una ricca domus che alcune iscrizioni su fistula aquaria di piombo hanno permesso di identificare con dimora di Caio Fulvio Plauziano. Essendo adiacenti all’imbocco del Traforo, alcune strutture ritrovate negli scavi di via in Arcione sono state accostate proprio a questa ricca dimora signorile. Durante i lavori di scavo di via in Arcione furono trovati i resti di tre edifici separati tra loro da due larghe strade basolate e situati alla profondità di circa 7 m rispetto al piano attuale di calpestio. Lo scavo fu complicato dalla presenza della falda acquifera dell’Acqua Sallustiana, che ricopriva le strutture antiche per un’altezza di circa 50 cm e che richiese, e richiede tuttora, l’utilizzo di pompe per il controllo del livello dell’acqua. Questo piccolo fiume, già presente nell’antichità, sgorgava dal Quirinale e scendeva, passando nella zona di via del Tritone, nel Campo Marzio dove formava la famosa palus Caprae. Il primo edificio, situato all’e- stremità ovest dell’area archeologica, è parte di una grande insula di cui rimane il piano terra caratterizzato da cinque tabernae che si aprono sulla strada ad est dell’edificio, e da un lungo portico diviso da pilastri che si sviluppa ad ovest, alle spalle delle 7 8 botteghe, e che doveva probabilmente fare parte di un cortile interno del caseggiato. In un secondo momento le aperture tra i pilastri del portico vennero chiuse con tamponature murarie e si creò un unico grande ambiente. Questo edificio, che le strutture murarie in opera laterizia permettono di datare al III sec. d.C., doveva avere più piani, come testimoniano tracce di scale superstiti. Subito ad est si trova la prima strada basolata, che ha una larghezza di 8,25 m ed è caratterizzata dalla presenza di numerosi frammenti architettonici usati in età tarda per ripristinare il basolato. Sul lato adiacente alle tabernae dell’insula si trova un pozzo quadrato (o cisterna), creato in un’epoca successiva, quando tutta l’area doveva essere ormai interrata, mentre sull’altro lato della strada si conserva una fontana, addossata alla parete dell’edificio centrale dell’area archeologica, che è composta da quattro lastroni di travertino e rivestita all’interno di cocciopesto. L’isolato centrale è costituito dai resti di un edificio allungato che si sviluppa in senso nordsud. Delimitato dalle due strade basolate, esso è caratterizzato da un grande ambiente rettangolare, databile al III sec. d.C., ma che nel IV sec. d.C. subì una notevole ristrutturazione che ne alterò la struttura e probabilmente la funzione. Venne infatti creata un’abside in opera listata Nella pagina accanto: In questa foto d’epoca un momento dello scavo del complesso archeologico Sopra: Particolare del tratto di basolato e dell’ingresso alla seconda taberna. In evidenza una parte del muro sul quale poggiava la scala che portava al piano superiore Sotto: Particolare della fontana, sullo sfondo la seconda taberna nella parete nord e la sala fu completamente ridecorata con l’aggiunta di crustae marmoree alle pareti. Il pavimento, originariamente caratterizzato da un mosaico in bianco e nero che rimane nella zona dell’abside, venne ricoperto con lastre di marmo. Fu inoltre costruito, per tutta la lunghezza del muro ovest, uno stretto bacino delimitato da un muretto, decorato da lastre di marmo e statuette (parti delle quali ritrovate sul luogo); nel bacino sono stati trovati quattro vasi di terracotta, inseriti all’interno del muro, che possono lasciare ipotizzare la funzione di piccolo vivaio per pesci, visto che erano usati per il riparo e la deposizione delle uova. Sul lato est della sala uno stretto cor- 9 Sopra: Particolare della strada che percorre il lato occidentale dell’area archeologica. Al centro la grande fontana pubblica in lastroni di travertino Nella pagina accanto, in alto: Particolare dell’interno della vasca-vivaio ubicata nell’isolato B, da notare il foro che serviva come ricettacolo per i pesci Nella pagina accanto, in basso: Visione dall’interno dell’abside relativa all’aula dell’edificio centrale (B in pianta). In evidenza, in basso, il mosaico pavimentale e la fase preparatoria per l’applicazione del rivestimento marmoreo parietale 10 ridoio, in cui rimangono resti della zoccolatura marmorea, serve da collegamento tra questa sala e gli ambienti disposti alle estremità dell’edificio. Gli elementi che trasformarono la sala hanno fatto ipotizzare per questo ambiente diverse funzioni, forse ninfeo di una dimora signorile, oppure sala di rappresentanza di un qualche sodalizio religioso, consorzio o corporazione professionale. Le ipotesi riguardo la funzione dell’edificio ruotano intorno alla presenza della vasca per pesci che caratterizza la grande sala. La più suggestiva è quella che vuole vedere nell’uso della vasca alcuni rituali magici, quali l’ittiomanzia, che pretendeva di predire il futuro osservando i movimenti dei pesci nell’acqua o esaminandone le interiora. Superata la seconda strada basolata, che ha una larghezza di circa 6 m, all’estremità est dell’area archeologica vicino alle scale di ingresso, si trova l’ultimo complesso edilizio formato da venne chiuso con tamponature in opera listata. Al centro dell’abside, che si colloca - come accennato - sul basolato della strada, si trova una porta di ingresso, caratterizzata da una soglia in travertino che in seguito venne parzialmente chiusa con un muro, sempre in opera listata. Originariamente questa sala absidata e gli ambienti subito a sud di essa dovevano costituire un unico edificio residenziale che doveva avere una sorta di ingresso monumentale proprio nell’aula absidata. Come anticipato, solo in un secondo momento (IV secolo d.C.) questa sala venne separata e isolata dal resto dell’abitazione e probabildiverse strutture abitative databili dal II al IV sec. d.C. Si tratta di due settori distinti, disposti intorno ad una grande sala con abside che invade parte della via. Originariamente questa sala comunicava direttamente con la parte sud dell’edificio, che oggi è la meno conservata delle strutture superstiti (rimane parte del mosaico pavimentale in bianco e nero), ma nel corso del IV secolo d.C. anche questo settore fu interessato da lavori di ristrutturazione e il passaggio in questione mente utilizzata in maniera differente come bottega o magazzino. Oltre la sala absidata, sui lati nord ed est, si trovano gli ambienti meglio conservati di questo isolato, che si sviluppavano in maniera simmetrica sui lati di una seconda aula absidata. Si tratta di vani appartenenti ad un’ulteriore domus inserita nell’isolato con pavimenti decorati in opus sectile geometrico e crustae marmoree alle pareti con raffigurazione di motivi vegetali. Un ambiente di passaggio tra le varie parti della casa conserva inoltre una pavimentazione con lastre di marmo bianco alternate a listelli di marmo colorato. Sul Sopra: Particolare del grande ambiente di collegamento della “domus” del settore orientale. Da notare, sul fondo, una base in muratura che probabilmente doveva sorreggere una statua Sotto: Un’altra visione del grande ambiente di collegamento della “domus” del settore orientale (C in pianta). Nella pagina accanto: Particolare della strada in basolato e dell’ingresso all’aula absidata dell’isolato del lato orientale (C in pianta) versante nord, all’interno di altre due stanze di dimensioni minori, la pavimentazione, databile nel III- IV sec. d.C., è composta da formelle di marmi colorati disposte in maniera geometrica a formare tre quadrati inseriti uno nell’altro. Le caratteristiche di questa struttura permettono di identificarla con una ricca domus signorile che doveva avere la sua facciata e il suo ingresso principale su una strada ancora più ad est. È proprio questo settore che è stato accostato alla già menzionata residenza di Fulvio Plauziano. La vicinanza delle strutture ritrovate e l’eleganza della decorazione hanno infatti fatto proporre una loro identificazione con la dimora appartenente all’importante personaggio, console nel 203 d.C. prefetto del pretorio e suocero dell’imperatore Caracalla. I dati archeologici delle strutture rinvenute sotto via in Arcione non sembrano tuttavia confermare tale attribuzione poiché le fasi più monumentali dell’edificio ad est appartengono alla fine del III sec. d.C. e all’inizio del IV sec. d.C., mentre Plauziano muore nel 205 d.C., quando la domus non sembra avere ancora le caratteristiche per essere attribuita ad un personaggio di tale rango. È comunque vero che parte della dimora signorile si 13 trova ancora sepolta sotto i palazzi moderni e potrebbe celare elementi utili alla sua identificazione. In età assai tarda, nell’area che oramai doveva essere interrata anche per i detriti trasportati dall’Acqua Sallustiana, si impiantò una calcara, in prossimità delle tabernae dell’edificio più ad ovest, con diversi marmi ritrovati accatastati nelle immediate vicinanze e pronti per essere distrutti. Durante lo scavo, oltre le strutture, furono rinvenuti numerosi frammenti architettonici, come colonne con basi e capitelli, concentrate soprattutto nell’ultimo isolato descritto. Tra i reperti scoperti non manca- 14 no alcune statue di pregevole fattura, che confermano la ricchezza dei proprietari di queste abitazioni, come una statua femminile acefala (forse da identificare con la Fortuna), un gruppo scultoreo con due personaggi, probabilmente imperiali, raffigurati come Marte e Venere, e una statua di Diana cacciatrice. La statua femminile acefala in marmo bianco, vestita con chitone e mantello, è databile in età antonina (138-192 d.C.) ed ha dimensioni appena superiori al vero (1,62 m). Il braccio destro è perduto; sulla gamba destra gravita il peso, mentre la sinistra è poco più indietro. La figura, statica, si appoggia su un plinto ret- Nella pagina accanto, in alto: Il rivestimento parietale ed il pavimento eseguito con marmi colorati di grande pregio A sinistra: Un ambiente del settore orientale del complesso (C in pianta) con resti di colonne ed elementi architettonici Sopra: Un particolare del rivestimento parietale in marmi colorati tangolare ed è ravvivata dalle pieghe del vestito che aderiscono al corpo ed evidenziano, grazie alla cinta annodata sotto il seno, le forme femminili. Ai piedi indossa sandali aperti; sulla spalla destra rimane una ciocca di capelli ondulati. La parte posteriore della statua è appena abbozzata, segno evidente che essa era destinata ad un posto che non permetteva la visuale posteriore. Con il braccio sinistro regge una cornucopia, elemento che - insieme alle forme matronali - rende possibile l’identificazione con la dea Fortuna. Il gruppo scultoreo raffigurante due personaggi in veste di Marte e Venere è lavorato in un blocco di marmo bianco venato ed è databile al II secolo d.C. Le dimensioni sono appena minori del vero (1,32 m); entrambe le statue sono acefale. La figura femminile veste un chitone drappeggiato con maniche abbottonate e cinta annodata sotto il seno; il braccio destro (mancante) doveva essere appoggiato al petto della figura maschile (rimane traccia sulla lorica). Il personaggio maschile indossa una lorica decorata al centro con un’aquila ad ali semiaperte che tiene un fulmine tra gli artigli. Al di sotto, le pteryges sono decorate con protomi animali, leone, elefante e ariete. Il gladio si trova sul fianco sinistro e presenta una impugnatura a testa d’aquila, mentre ai piedi indossa calcei con testa di pantera. Con il braccio sinistro (mancante) doveva probabilmente tenere una lancia. Tra le due figure, appoggiato per terra, è l’elmo crestato dell’uomo, mentre il retro delle due statue anche in questo caso è appena abbozzato. Lo schema del gruppo risponde ai requisiti di Marte e Venere, spesso usato per la rappresentazione delle coppie imperiali. 15 In alto, a sinistra: Gruppo scultoreo acefalo in marmo rinvenuto durante gli scavi del complesso archeologico In alto, a destra: Statua acefala in marmo raffigurata come “fortuna” rinvenuta durante gli scavi Nella pagina accanto: Gruppo scultoreo acefalo in marmo raffigurato come Diana cacciatrice La statua di Diana cacciatrice, databile anch’essa al II sec. d.C., è di marmo bianco e di dimensioni minori del vero (0,98 m). Anche questa scultura è acefala. La dea indossa un corto chitone con cintura annodata sotto il seno e una chlaina che le avvolge le spalle, mentre dietro la schie- 16 na si intravede la faretra chiusa. Questo è il tipico costume di Diana/Artemide cacciatrice con ai piedi le calzature con testa di pantera (endromides). La figura appare in movimento con la gamba sinistra in avanti e la destra indietro. Il braccio sinistro è piegato ad afferrare un corno della cerva, raffigurata in atto di saltare, a cui mancano le zampe anteriori e parte del muso. Tra queste due figure si conserva anche un cane, privo delle zampe anteriori, che salta verso la cerva, sotto alla quale si vede il plinto di sostegno del gruppo scultoreo. I Bibliografia: E. LISSI CARONNA, Un complesso edilizio tra via in Arcione, via dei Maroniti e vicolo dei Maroniti, in Roma. Archeologia nel centro, II, Roma 1985, pp. 360-365; EAD., Domus: C. Fulvius Plautianus, in Lexicon Topographicum Urbis Romae, II, Roma 1995, pp. 105-106; F. ASTOLFI, Il quartiere romano di via in Arcione, in Forma Urbis, 4, 1998, pp. 3-18; C. CALCI, (a cura di) Roma archeologica, Roma 2005; E. LISSI CARONNA, Maroniti. Scavo e contesto dei ritrovamenti a via in Arcione, in Roma. Memorie del sottosuolo, Roma, 2006, 163-166. 17