COMMENTI A SENTENZE LIMITI AL RIMBORSO DELLE AZIONI PER I SOCI DI BANCHE IN CASO DI RECESSO: UNA PRIMA PRONUNCIA (TRIB. NAPOLI – SEZIONE SPEC. IMPRESE - 24 MARZO 2016) Il commento ha ad oggetto una recente decisione del Tribunale di Napoli, chiamato a pronunciarsi sull’applicabilità dell’art. 28 comma 2 ter, del d.lgs. n. 385/1993 (TUB) come modificato dal D.L. 3/2015 e convertito dalla legge n.33/2015, a norma del quale, in caso di recesso o esclusione del socio, il rimborso delle azioni potrebbe essere sospeso per ragioni di stabilità finanziaria della banca. di IRENE POLLASTRO L’ordinanza oggetto del presente commento è stata pronunciata dal Tribunale di Napoli, in data 24 marzo 2016, a definizione di un ricorso cautelare, promosso da diversi soci di Banca Popolare di Sviluppo s.c.p.a., medio tempore divenuta Banca Regionale di Sviluppo s.p.a. (d’ora innanzi, BPS), al fine di ottenere la sospensione dell’efficacia delle delibere adottate dall’istituto bancario in materia di riduzione di capitale e, soprattutto, di modifica delle norme statutarie sul diritto di recesso, in adeguamento alla recente modifica dell’art. 28, comma 2 ter del d.lgs. n. 385/1993 (TUB), come modificato dal D.L. 3/2015 (poi convertito dalla legge n. 33/2015). È proprio su questo secondo tema che pare opportuno concentrare l’attenzione, considerato che la pronuncia in esame è, a quanto consta, una delle prime ad occuparsi del problema del recesso nel quadro della specifica disciplina del settore bancario, come recentemente riformata. 1. La motivazione della decisione prende le mosse proprio dal confronto tra il vecchio e il nuovo testo delle clausole statutarie che regolano il diritto di exit dei soci della banca. Secondo la disciplina preesistente, il recesso dalla Banca è ammesso per i casi, secondo le modalità e con i collegati effetti previsti dalla legge, salvo che per i casi previsti dall’art. 2437, comma 2 c.c. (per i soci che non hanno concorso all’approvazione di delibere riguardanti la proroga del termine o l’introduzione o la rimozione di vincoli alla circolazione dei titoli azionari); la dichiarazione di recesso deve essere comunicata con raccomandata alla società e spetta, poi, al consiglio di amministrazione – entro sessanta giorni dalla ricezione di tale comunicazione – la valutazione dell’effettiva sussistenza dei presupposti che legittimano il socio all’esercizio del diritto; qualora i suddetti presupposti non siano ritenuti sufficienti, il IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 7/2016 84 COMMENTI A SENTENZE BANCHE: RECESSO DEL SOCIO socio può proporre opposizione al tribunale nel termine di sessanta giorni, mentre, qualora siano ritenuti idonei, il recesso avrà effetto dal momento della comunicazione del suo accoglimento. Se nulla è stato sin qui riformato, la delibera fatta oggetto della domanda di sospensione cautelare (e di impugnazione, nel procedimento di merito parallelamente instaurato) incide, invece, sulle modalità di rimborso della quota al socio receduto: in particolare, è attribuita al consiglio di amministrazione, su proposta dell’organo con funzione di gestione e sentito il parere del collegio sindacale, la facoltà di limitare o rinviare, in tutto o in parte e senza limiti di tempo, tale rimborso, secondo quanto previsto dalla disciplina prudenziale applicabile e, più in particolare, dall’art. 28, comma 2 ter del TUB, anche in deroga alle disposizioni del codice civile e di altre norme di legge in materia. E, del resto, la normativa statutaria di BPS non fa altro che riprodurre il disposto del citato nuovo comma 2 ter dell’art. 28, TUB, che prevede che “nelle banche popolari il diritto al rimborso delle azioni nel caso di recesso, anche a seguito di trasformazione, morte o esclusione del socio, è limitato secondo quanto previsto dalla Banca d’Italia, anche in deroga a norme di legge, laddove ciò è necessario ad assicurare la computabilità delle azioni nel patrimonio di vigilanza di qualità primaria della banca. Agli stessi fini, la Banca d’Italia può limitare il diritto al rimborso degli altri strumenti di capitale emessi.”. A sua volta, nelle disposizioni di attuazione emanate a seguito della Riforma (che confluiscono nella Circolare n. 285 contenente “Disposizioni di Vigilanza per le Banche”), la Banca d’Italia si limita, poi, a specificare che spetterà all’organo con funzione di supervisione strategica, su proposta dell’organo con funzione di gestione e sentito l’organo con funzione di controllo, tenuto conto, da un lato, del rispetto dei requisiti minimi di capitale e, dall’altro, più in generale della situazione finanziaria e della liquidità e solvibilità della banca, la facoltà di limitare, in tutto o in parte, e rinviare, anche senza limiti di tempo, il rimborso delle azioni e degli altri strumenti di capitale facenti capo ai soci uscenti; non prevede, invece, alcun tipo di confine che, a contrario, garantisca almeno una quota minima di rimborso e/o un termine massimo di rinvio dello stesso: una previsione siffatta potrebbe confliggere, infatti, con tutta la disciplina, anche europea, dettata in ottica di vigilanza e garanzia di stabilità del sistema bancario, che trova il suo fondamento nella direttiva 2013/36/UE del 26 giugno 2013, c.d. CRD IV, la quale, all’art. 141, impone agli Stati membri di vietare “una distribuzione in relazione al capitale primario di classe 1 ad un livello che non consenta più di soddisfare il requisito combinato di riserva di capitale”. 2. Ricostruito il quadro normativo, il Tribunale di Napoli è reciso nel dichiarare di “non potersi in alcun modo ritenere vincolato alle disposizioni di Banca d’Italia, soprattutto quando, come nel caso in esame, appaiano non conformi al dettato legislativo”, specificando che, invero, la normativa primaria “prevede che il diritto di recesso possa essere soltanto limitato, mentre il contenuto dell’articolo dello statuto IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 7/2016 85 COMMENTI A SENTENZE BANCHE: RECESSO DEL SOCIO modificato dalla delibera impugnata consente in realtà la completa soppressione dell’effettivo contenuto giuridico ed economico del recesso”. 2. E infatti, se il legislatore avesse inteso raggiungere questo risultato, non avrebbe dovuto far altro che introdurre esplicitamente con la Riforma un caso di esclusione del diritto di recesso, motivato da ragioni di superiore interesse economico; viceversa, Banca d’Italia, incaricata, nel suo ruolo di Autorità di Vigilanza, di emanare disposizioni attuative a completamento della normativa primaria, non ponendo di fatto alcun confine concreto alla sola limitazione in astratto consentita dalla legge, finisce per realizzare una effettiva (seppur mascherata) soppressione del diritto di recesso, tramite la possibile totale elisione del diritto al rimborso (che potrà essere rinviato in tutto o in parte, anche senza limiti di tempo). Tale discrasia tra normativa primaria e secondaria comporta, secondo i giudici partenopei, “la violazione dell’art. 42 della Costituzione, in quanto si tradurrebbe in un esproprio del diritto di proprietà del socio”; gli stessi specificano, poi, che “anche a voler ammettere la possibilità di espropriare al socio proprietario il diritto di decidere di liquidare, seppur entro certi limiti, la propria quota di proprietà, occorrerebbe comunque indennizzarlo secondo i criteri ermeneutici stabiliti dalla Corte Costituzionale, cioè sulla base del valore reale della quota da liquidargli nell’immediatezza”. E’, quindi, “del tutto ovvio che una siffatta disposizione statutaria (riproduttiva della normativa secondaria) non può ritenersi rispettosa del dettato normativo, non avendo in realtà il legislatore concesso l’esclusione del diritto di recesso, ma avendo previsto soltanto la limitazione di tale diritto. E “limitare” certamente non significa dare agli amministratori il diritto di rinviare a proprio ed immotivato piacimento l’intero rimborso delle azioni senza limiti di tempo (quindi in ipotesi anche cento anni), in tal modo di fatto svuotando il diritto del socio al rimborso della propria quota.”. È, dunque, evidente, che, secondo la pronuncia in esame, il discrimen è da porsi sul piano dell’indagine sulla tutela di rango costituzionale, da un lato, del pubblico risparmio, sulla quale si fondano tutte le prescrizioni dell’ordinamento del credito e della finanza tese a preservare la sana e prudente gestione degli intermediari, e, dall’altro, sulla misura e sui limiti entro i quali la stessa possa comprimere i diritti del privato proprietario e, nel caso specifico, i diritti patrimoniali dei singoli soci, a loro volta protetti dai principi posti dalla nostra Costituzione a tutela della proprietà privata, del risparmio e del favor all’investimento azionario. In tal senso, potrà forse venire in aiuto la giurisprudenza della Corte europea per i diritti dell’uomo, che in più occasioni ha evidenziato come la restrizione o addirittura l’elisione del diritto di proprietà possa trovare giustificazione soltanto in presenza di un interesse pubblico evidente, documentato e dimostrato e debba comunque essere sempre accompagnata dal riconoscimento di un equo indennizzo. IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 7/2016 86 COMMENTI A SENTENZE BANCHE: RECESSO DEL SOCIO 3. L’ordinanza conclude, dunque, che, posto che “è pacifico, per fortuna, che nel nostro ordinamento giuridico il socio ha il diritto di decidere in assoluta autonomia di vendere la propria quota, ovvero di recedere dalla società a suo piacimento, ovvero, addirittura, di chiederne la messa in liquidazione al fine di realizzare al meglio il valore del suo investimento”, che “non riconoscere questi principi significherebbe denegare in contenuto dell’art. 47 della Costituzione, secondo il quale la Repubblica incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme e favorisce l’investimento azionario” e, che, quindi, i soci di una banca hanno diritto “a recedere e, al limite, addirittura a porre in liquidazione la Banca di cui, va rimarcato, sono i proprietari”, deve ritenersi che “la modifica statutaria in oggetto, escludendo nella sostanza il diritto di recesso del socio, in quanto sottoposto, nei modi e nei tempi di liquidazione, all’arbitrio incondizionato degli amministratori, deve ritenersi nulla per violazione dell’art. 2437, comma 6 c.c.”. Statuisce, dunque, così acclarata la sussistenza del fumus boni juris e individuando il periculum in mora nell’impossibilità per i soci di recuperare almeno in parte il proprio investimento per tutta la durata del giudizio di merito, che “deve essere sospesa l’esecuzione della delibera di modifica dello statuto, con particolare riferimento alle sole modifiche statutarie” concernenti il diritto di recesso. 4. Se la sintetica e decisa pronuncia in commento pare senz’altro condivisibile, non ci si può esimere, in conclusione, dal precisare che, se è senz’altro vero che “limitare” non significa “escludere” e che, quindi, l’intervento di Banca d’Italia, da un lato, e dei singoli organi delle banche, dall’altro, non possano mai debordare in una fattuale soppressione del diritto di recesso tramite l’esclusione tout court del rimborso, è pur vero che le norme statutarie di BPS, aspramente criticate dalla pronuncia in commento, non fanno altro che adeguarsi in toto alla nuova disciplina prudenziale del settore: esse, infatti, paiono prevedere un richiamo, anche se forse non abbastanza chiaramente esplicitato, alla necessità di giustificazione delle limitazioni imposte al rimborso post recesso, tenuto conto della situazione patrimoniale e finanziaria della Banca e del rispetto dei criteri prudenziali imposti dalla normativa vigente (unica condizione, del resto, come già ribadito, prevista dal Regolamento di Banca d’Italia). La soluzione sembra, quindi, da doversi ricercare in un migliore e più puntuale coordinamento tra le disposizioni codicistiche in materia di recesso, quelle del TUB specificamente dettate per gli istituti bancari e quelle attuative emanate da Banca d’Italia1. 1 Per una più approfondita trattazione del tema sia permesso rinviare a M. IRRERA, I. POLLASTRO, La riforma annunciata delle banche popolari, in questa Rivista, n. 20, 2015, p. 8 e ss., ove ulteriori considerazioni in tema di recesso, rimborso e possibilità alternative di alienazione della partecipazione sul mercato. IL NUOVO DIRITTO DELLE SOCIETÀ – N. 7/2016 87