L’impresa editoriale tra redazione analogica e digitale Giandomenico Celata, Sapienza Università di Roma 1. Introduzione Di fronte all’emergere di tecnologie di comunicazione sempre più innovative, impiantate sul formato digitale e la distribuzione online, è stata spesso annunciata la fine dei media analogici – in primis quelli a stampa – incapaci di reggere il passo con le sfide lanciate dai mutamenti tecnologici. Ciò appare evidente è la fine strisciante di quello che può essere definito il giornalismo monomediale, ossia quel giornalismo che con un flusso organizzativo ormai standardizzato e senza ibridazione di formati comunicativi, trasmette notizie per mezzo di un unico strumento di comunicazione.1 Altrettanto evidente è che al fianco di ciò che si potrebbe definire giornalismo professionale, si è affiancato un giornalismo partecipativo, che si può distinguere in due categorie: quello fatto principalmente dai blog, che forniscono news originali o/e remix di quelle professionali; quello dei social network che, specie in situazioni di crisi, si pongono alla stregua delle strisce delle agenzie di stampa. Se a ciò si aggiunge la crescente partecipazione delle audience attraverso gli spazi di discussione dei siti online dei giornali, tutto ciò porta alla necessità di riconsiderare il contenuto delle mansioni, il modo di lavorare e la gerarchia del lavoro giornalistico e, quindi, dell’organizzazione delle redazioni Questa riconsiderazione, che è in corso, è stata accelerata dalla crisi economica partita nel 2008 e che si trascina in molti Paesi, Italia compresa, ancora oggi per la perdita che ha comportato di consumatori e investimenti pubblicitari. La digitalizzazione e l’online stanno, quindi, facendo crescere un nuovo tipo di giornalismo e una nuova tipologia di consumatore e audience2, che si appropriano di spazi di lettura innovativi per merito della diffusione dei nuovi device (personal computer, smartphone, tablet pc, ecc.), sempre più pervasivi e caratterizzati dal loro essere always on. Si costruisce, così, una multimedialità, che permette non solo la distribuzione di testi ma anche l’assemblaggio di questi con audio, video e animazioni. Nella definizione di multimediale è necessario accomunare all’online il broadcast, sia radio che televisivo, laddove viene utilizzato dagli editori. Il passaggio dal giornalismo analogico a quello digitale non va immaginato come una sfida ma come un percorso inevitabile ancorchè inevitabilmente graduale. Il risultato finale sarà una coesistenza del giornalismo analogico con quello digitale, con una redistribuzione, forse radicale alla fine del percorso, del peso delle revenues tra vecchi e nuovi media. 1 Sorrentino C. (a cura di), Attraverso la rete, RAI-ERI, Roma, 2008, p. 37. 2 Riguardo la distinzione tra consumatore e audience riferito ai media, si veda G. Celata, Dispense di economia dei media e dell’ICT, disponibili online. Questo passaggio è segnato dal cambiamento dell’organizzazione produttiva (work flow) delle redazioni. Nei paragrafi che seguono verranno illustrati i modelli di redazione che lo accompagnano ma ch enon vanno considerati come uno schema rigido. Nella realtà, il passaggio da una tipologia di work flow ad un’altra è più liquido e assume forme che si pongono a cavallo delle varie schematizzazioni. Maggiore è la velocità del cambiamento di una redazione, maggiore è il vantaggio competitivo che assume l’impresa editoriale. Verrà, poi, rappresentato il tracciato della gestione del cambiamento dell’organizzazione redazionale e della professione giornalistica in termini, in quest’ultimo caso, di costi e benefici. 2. Il salto di paradigma tecnico – economico Il primo impatto della digitalizzazione e dell’online sull’organizzazione delle redazioni ha seguito una logica di repurposing: i testi a stampa venivano hic et simpliciter trasferiti online, aggiungendovi (in alcuni casi, ma non in tutti) immagini o file o audiovisivi. In questo modo si è venuta configurando una prima multimedialità del giornalismo, che conviveva con una netta separazione tra la redazione a stampa e quella online. Il limite di questo assetto sta nel fatto che le diverse redazioni rimangono radicalmente separate, quasi divise da un pregiudizio “razziale” l’una verso l’altra. La conseguenza è un work flow (flusso di lavoro) in cui il costo delle redazioni cresce più che proporzionalmente rispetto alla crescita del numero degli addetti: C (costo medio per addetto) = N (numero addetti)2 Questo assetto originario si è, via via, mutato in un giornale online con un proprio linguaggio adatto al new media utilizzato – che ha costruito nel tempo una nuova pratica giornalistica distinta da quella del quotidiano a stampa, andando così a costituire una vera e propria redazione multimediale. La spinta in questa direzione è venuta dalla crescita delle audience e da una pubblicità che si è accorta di questo nuovo spazio di mercato e di investimento. Il costo della redazione, in questo caso, cresce meno accentuatamente che nel caso precedente: C (costo medio) = n * log(n) Da questo secondo assetto si sta, in alcuni casi ancora troppo lentamente, passando – all’interno di una società sempre più caratterizzata dalla convergenza di contenuti e formati (Jenkins, 2006) – ad una redazione transmediale, fortemente connotata dalle piattaforme messe a disposizione dal Web 2.0 e, quindi, dalla partecipazione attiva delle audience al processo di costruzione delle notizie e della loro gerarchia. Questo cambiamento ha fatto riflettere i maggiori player editoriali sui fondamenti del giornalismo stesso. Eloquente, in proposito, è la constatazione fatta da Rupert Murdoch in un discorso tenuto all’American Society of Newspaper Editors: “sfortunatamente credo che troppi di noi, editori e giornalisti, abbiano perso il contatto con i propri lettori. Troppo spesso, la domanda che ci poniamo è: “Abbiamo una notizia?”, invece che: “a qualcuno interessa questa storia?” 3. E 3 l’interesse presuppone una considerazione, in tempo pressoché reale, delle sensibilità, dei contributi, delle suggestioni del lettore. Il costo della redazione, in questo ultimo caso, cresce proporzionalmente al numero degli addetti: C (costo medio per addetto) = N (numero addetti) Il cambiamento imposto dalle tecnologie all’editoria, così come avviene in tutti i settori industriali, si scontra, in misura maggiore o minore a seconda dei casi, con la cultura preesistente del management e con i sedimenti professionali degli addetti. Forse nell’editoria questo aspetto è ancora più forte data la grande caratterizzazione e specializzazione del lavoro impegnato e dell’impresa. A maggior ragione ciò richiede una capacità di gestione del cambiamento, da un lato della strutturazione delle redazioni che deve seguire un iter costruito appositamente, dall’altro della professione giornalistica i cui ritardi possono produrre effetti negativi sugli equilibri economici dell’impresa editoriale. 3. Il Work flow di una redazione repurposing Si definisce redazione repurposing quella in cui i nuovi media sono stati introdotti – e vengono considerati nel lavoro giornalistico – ma restano ancillari rispetto all’edizione a stampa. Le redazioni rimangono nettamente separate e il core business dell’editore è impiantato sulla versione a stampa del giornale. Quindi, nonostante il sopravanzare del digitale e dell’online e, eventualmente, l’entrata in scena del broadcasting, questi rimangono comunque marginali rispetto al sentire giornalistico e dell’editore. Il work flow di una redazione di questo tipo utilizza sempre come punto di partenza la notizia e le diverse fonti da cui viene attinta (agenzie di stampa, internet, broadcasting, fonti proprie) ma, immediatamente a valle, contenuti, impaginazione e distribuzione procedono separatamente, ognuno con la propria redazione e il proprio staff. 4. Il work flow di una redazione multimediale La crescita delle audience online e la maggiore attenzione degli investitori pubblicitari trascinano inevitabilmente il cambiamento del work flow redazionale, in special modo per quanto concerne le relazioni tra i soggetti che partecipano ai diversi stadi del flusso produttivo. La redazione multimediale nasce dal superamento di quel fondamentalismo analogico che ancora pesa nella versione precedente e che porta aduna tendenziale equivalenza dei distinti canali distributivi, che mirano alla diversa tipologia di audience e di fruizione della notizia guadagnando spazi di tempo del lettore e, quindi, spazi di mercato per l’editore. Questo apre il tema dell’equilibrio di gestione tra pay e free che va, però, oltre l’oggetto di questo capitolo. www.newscorp.com/news/news_247.html. Il punto di partenza del work flow di una redazione multimediale rimane, come nel caso precedente, composto dalle fonti informative che alimentano tutti e tre i canali distributivi. Le differenze stanno nella progressiva unificazione del desk di queste redazioni, in cui le aree stampa, online e broadcasting lavorano congiuntamente. Si tratta di una operazione decisiva sia sul piano dei costi di produzione del giornale, sia sul piano dell’arricchimento della mansione giornalistica. Il cambiamento della redazione digitale sta anche nella divisione del lavoro non più per canale di trasmissione, ma per aree tematiche (cronaca, sport, spettacolo, economia e finanza etc.). Tuttavia, in questa fase che si è definita multimediale, è ancora necessaria la presenza di specialisti di canale all’interno della redazione: una sorta di interfaccia tra la produzione del contenuto e la sua distribuzione, che traducono la notizia nelle diverse modalità e linguaggi propri dei diversi canali e si occupano della fase di packaging e layout e preparare infine il prodotto per la distribuzione. Il giornalista si fa carico del processo di acquisizione, trattamento e confezione delle notizie, lasciando allo specialista di canale il compito di pubblicarle. Le mansioni del giornalista quindi si arricchiscono, le sue competenze devono necessariamente comprendere anche conoscenze di tipo tecnologico4 e dei linguaggi connessi. Con questa prima evoluzione delle redazioni si palesa una distinzione di ruoli tra stampa e online: la versione web della testata si distingue per la velocità e la necessità di una informazione just in time, “sulla notizia”, ma richiede maggior sintesi e un linguaggio più asciutto e stringato. Alla edizione a stampa rimane il ruolo essenziale di validazione responsabile della notizia e di riflessione profonda su di essa. Ciò che emerge e si consolida nelle redazioni digitali è lo stesso piano su cui si collocano tutti i canali di distribuzione della notizia e la loro distinzione di ruolo rispetto al lettore, alle sue esigenze di informazione e alle modalità di consumo, scelte o imposte dalle circostanze. 5. Work flow di una redazione transmediale Il passo in avanti più significativo nell’organizzazione del lavoro redazionale avviene nel momento in cui gli editori delle testate giornalistiche prendono coscienza delle enormi possibilità offerte dal web 2.0 e decidono di dare una svolta social al quotidiano. Il passaggio da una redazione digitale ad una redazione post-digitale si qualifica sotto più punti di vista. L’elemento che forse più di tutti caratterizza la denominazione di post-digitale è l’implementazione del Web 2.0 che porta al riconoscimento di un ruolo più spiccato delle audience: permette di seguire i lettori attraverso tutte le modalità di consumo della notizia e ne facilita la fidelizzazione, ma li chiama anche a partecipare in maniera attiva, sia commentando le 4 Carelli E. Giornali e giornalisti nella rete, Apogeo, Milano 2004 notizie che permettendo loro di attingere a una vasta gamma di materiali testimonianze, etc) su di esse. (foto, video, Ma i cambiamenti riguardano anche la parte produttiva più tradizionale: il lavoro redazionale è finalmente unificato, con l’intero iter della notizia affidato al giornalista e la scomparsa degli specialisti di canale, non più necessari. La preparazione dei contenuti e il marketing vengono, quindi, svolti congiuntamente per tutti i canali: ogni giornalista lavora la sua fonte traducendola nelle diverse modalità e linguaggi specifici per ogni canale. Diversamente da quanto accadeva nella redazione digitale, il giornalista ha il compito di seguire la notizia anche attraverso le fasi di packaging, impaginazione e layout, per poi accompagnarla alla fase di distribuzione. A doversi adattare a questa nuova dimensione informativa sono tanto le redazioni giornalistiche quanto i professionisti del settore, ai quali vengono richieste nuove competenze e capacità per riuscire a rispondere in maniera adeguata alle attuali domande provenienti dal settore dell’informazione. Ciò non significa che un giornalista debba essere in grado di utilizzare professionalmente tutti i formati, ma che si mostri capace di pensare a come una notizia possa essere veicolata attraverso tutti i differenti canali distributivi, utilizzandoli compiutamente ed in maniera pervasiva, in relazione alle caratteristiche distintive di ciascuno di essi. Un giornalista transmediale dovrebbe, dunque, progettare il flusso giornalistico con il trattamento ritenuto più efficace in relazione al contenuto della notizia, al pubblico a cui è destinata ed ai mezzi tecnologici a disposizione5. 6. La gestione del cambiamento dell’organizzazione produttiva della redazione La caratteristica fondamentale della gestione del cambiamento è la logica del digitale cui essa fa riferimento e che implica il superamento di quella divisione tra i vari media. Con il digitale si supera la dimensione della divergenza. Il digitale rompe il monopolio naturale delle tecnologie di distribuzione analogiche rispetto ai contenuti, detenuto dalla stampa, dal cinema, dalla radio e dalla televisione, ognuno per suo conto. Lo frantuma in una miriade di coriandoli digitali che si esaltano in Internet, il nuovo medium, nato ex-novo dalla nuova tecnologia. Così facendo, qui sta il Paradosso, il digitale, proprio per la sua fertilità vettoriale, uccide la preminenza del medium rispetto ai contenuti. Uccide il suo riempire di sé il messaggio. Questo è anche il risultato di quel tradizionale meccanismo dell’economia, per il quale l’eccesso di offerta, in questo caso di medium, aumenta il valore relativo della domanda, questo in caso del messaggio. 5 Sorrentino C., 2008, op. cit., p 48. In questo modo il messaggio, ovvero il prodotto, la merce informazione o spettacolo o quel che si vuole, assume una prevalenza, nella percezione del consumatore, rispetto al medium che lo trasporta o/e permette di fruirlo.6 Da un punto di visto organizzativo, tale logica della convergenza diventa il presupposto di un nuovo modo di concepire le redazioni giornalistiche. Il giornalismo digitale e post-digitale infatti si traduce nella capacità che una struttura giornalistica mostra nel produrre “tante versioni di un fatto notiziabile, quanti sono i canali disponibili per raggiungere il lettore interessato”7. Ciò inevitabilmente rende il processo di produzione della notizia molto articolato e soprattutto implica la necessità di concepire in termini multicanale ogni notizia, dall’inizio, ossia di sapere da subito come la notizia sarà trasmessa e, di conseguenza, come saranno gestite le risorse, professionali e tecnologiche, necessarie a coprire la notizia stessa8. Ecco che emerge l’esigenza di quella che viene definita: redazione integrata e/o convergente. Prima di spiegare in dettaglio cosa stia a significare il concetto di redazione integrata e/o convergente, ricordiamo brevemente quanto è avvenuto con la nascita dei primi siti web riferiti a quotidiani cartacei. Molti giornali si sono limitati a lungo a trasferire sul Web gli articoli creati per la carta in maniera quasi integrale, seguendo la tecnica della clonazione; i giornali online sono nati dunque come 6 G. Celata, La rottura del paradigma di McLuhan e il paradosso delle nuove tecnologie, L’industria della comunicazione in Italia, 11 Rapporto IEM, dicembre 2008, Guerini e Associati. 7 Ibidem, p 52 Sorrentino, p 52. 8 “sistemi editoriali di travaso automatico che consentono di trasferire sulla rete i contenuti del giornale in edicola” 9, ovvero la clonazione. Il problema di questa forma di giornale però è quella di non offrire agli utenti che navigano sul web quello che in effetti essi cercano: essere informati sulle notizie dell’ultima ora e non trovare in rete quanto è pubblicato sui giornali usciti in edicola. Ciò ha dunque determinato la nascita di redazioni giornalistiche autonome e separate per la carta stampata e per il web. Pur facendo riferimento ad una stessa testata, lavoravano in maniera separata con limitatissimi riferimenti incrociati tra le due versioni. Questo genere di strutturazione ha fatto nascere una sorta di divisione quanto di non vera e propria contrapposizione tra giornalisti della carta stampata e quelli dell’ on-line. I giornalisti della carta stampata per un meccanico trascinamento dei loro sedimenti professionali tendevano a guardare il giornalista online sotto una luce diversa dalla propria. Ciò è accaduto anche perché le redazioni delle versioni web dei giornali erano fisicamente situate in luoghi diversi da quelle della versione cartacea. Di fronte all’esplosione dei visitatori unici dei giornali on line, redazioni e giornalisti della stampa tendono a rivedere il loro atteggiamento e le loro posizioni nei confronti dei loro colleghi del web, però, se è permessa una considerazione personale, salvo casi eccezionali, spesso con pregiudiziali corporative Si tende cosi a forme di condivisione di risorse, cioè utilizzando le stesse fonti ma lasciando i lavoro separato per redazioni, avendo ogni canale la sua redazione. Tale condivisione di risorse col tempo e destinata a tradursi in una condivisione di contenuti , ovvero ciò che avviene nella redazione digitale, lavoro integrato per tutti i canali fino alla fase di packaging che viene svolta dagli specialisti di canale. Infine si giungerà, inevitabilmente, all’elaborazione di notizie integrate per tutti i media sia in fase di pianificazione che in fase di pubblicazione, come nel caso della redazione post-digitale. Gestione del cambiamento della professione giornalistica Del resto come afferma Marco Pratellesi, l’uso delle nuove tecnologie ha sì poi cambiato il modo di lavorare dei giornalisti ma non ha modificato la loro professione, che consiste sempre e comunque nel cercare, verificare e dare le notizie. “Superate paure e diffidenze per il nuovo media, i giornalisti, tutti torneranno presto a essere giornalisti e basta: l’aggettivo online apparirà allora una ridondanza”10. 9 Pratellesi M., New journalism: teorie e tecniche del giornalismo multimediale, Milano, Mondadori, 2004, p. 41. 10 Secondo Pratellesi, dunque, nel futuro il giornalista si verrà a configurare come un professionista dotato di competenze multiple e perciò capace di utilizzare strumenti differenti nell’ambito della propria attività, mostrandosi in grado di gestire la multimedialità e di realizzare servizi giornalisti per più mezzi di comunicazione. Un tipo di organizzazione che consente di superare ogni divisione tra giornalisti (della carta stampata) e giornalisti on line è quello della già citata redazione integrata e/o convergente che, a prescindere da ogni distinzione tra giornale cartaceo e giornale on line, faccia riferimento ad una sola testata. Per quanto attiene propriamente alla professione giornalistica la gestione del cambiamento prevede importanti steps da affrontare al fine di giungere alla piena padronanza e assimilazione del fenomeno Volendo porre tali fasi su di un diagramma dove sull’asse delle ascisse poniamo il tempo necessario e sull’asse delle ordinate i gradi di realizzazione, avremo come primo e fondamentale passo quello di capire, ovvero comprendere cosa è la convergenza e perché è necessario cambiare, segue poi la fase di formazione, necessaria ad acquisire le competenze tecnologiche per gestire i canali e i contenuti, si procede alla realizzazione del progetto, all’adozione delle tecniche e delle tecnologie, si giunge quindi all’istituzionalizzazione, ovvero la stipula di contratti Ibidem, p. 42. di lavoro pertinenti e ridefinizione dei turni lavorativi , in fine come ultimo step c’è l’interiorizzazione, che consiste nell’acquisizione di una piena padronanza del sistema e dei meccanismi del cambiamento da parte di tutta la redazione. Quelle descritte fino ad ora sono “azioni positive”, a cui corrispondono “azioni negative” , cioè resistenze e difficoltà nella realizzazione del cambiamento. Nello specifico al “capire” si contrappone la “scarsa conoscenza”, alla “formazione” si contrappone la “confusione”, difficoltà nella gestione delle tecnologie e dei diversi linguaggi. Seguono alla “realizzazione” la percezione del “cambiamento come minaccia”, timori verso la perdita di professionalità e nell’incertezza di ciò che comporta il cambiamento; si può tuttavia verificare in fase di “adozione” un “rifiuto di partecipare”, non accettando le modifiche del sistema, quindi un “rifiuto di adottare” e di conseguenza una “ricaduta nei vecchi schemi”.