Ci sono poche professioni che hanno non poca influenza sulla società; una di queste è il giornalista che riveste un ruolo di grande responsabilità. Quando ho fatto il giro delle redazioni per gli auguri di Natale, il mio messaggio, nonché il mio auspicio era che non si può ignorare che c'è una precisa responsabilità da parte di chi, nelle redazioni cartacee, radiotelevisive e web, decide lo spazio e il taglio dei servizi; li titola valorizzando un aspetto piuttosto che un altro; decide di ‘urlare’ una locandina o di ‘montare’ una polemica; decide di ‘cavalcare’ l'onda emotiva di un fatto a caccia di qualche copia o contatto in più. Il mio voleva essere un augurio affinché l'informazione continui a non ignorare il rispetto della dignità della persona. Evidentemente però ciò non è stato colto. Sbattere in prima pagina una foto che ritrae il Presidente della Regione in visita a New York per il presepe lucano di Franco Artese e al quale viene fatta una foto di rito con una persona come se ne incontrano tante, coinvolta oggi in un’inchiesta giudiziaria, e associare il Presidente, e quindi la Basilicata, ad un clan mafioso, insinuare rapporti e legami che vanno al di là del lecito rappresenta, a mio avviso un grave, gravissimo tentativo di buttare fango su un’intera comunità oltre che sul Presidente della Regione. Perché quando si getta il seme del sospetto l'unica pianta capace di germogliare è quella della sfiducia. Il giornalismo, invece, dovrebbe servire al miglioramento della società, non ad un tentativo di inasprimento degni animi, per giunta pubblicando notizie false e diffamatorie. Le notizie cosi come riportate risultano poco trasparenti, incomplete e comunque errate, vi leggo semplicemente un potenziale tentativo di ingannare il cittadino, quale portatore del diritto ad una corretta informazione. Quello che ci siamo trovati di fronte in questi giorni sull’edizione lucana del Quotidiano del Sud, determina un grave pregiudizio all'immagine di una comunità lontana dai legami mafiosi nonché alla serietà e professionalità del Presidente della Regione. Parlo da uomo della società civile oltre che da uomo delle istituzioni che ho il dovere di difendere. Parlo da Presidente della Commissione dei lucani nel mondo che nei suoi viaggi di rappresentanza di gente ne incontra e il saper vivere impone cordialità verso chiunque ti porge una mano per un mero saluto o una chiacchierata di circostanza. Un articolo viene pubblicato oggi e domani verrà sostituito da un altro, ma la vita di una persona ingiustamente diffamata può essere distrutta per sempre. Denunciare il male è necessario, ma questo deve sempre essere fatto rispettando la veridicità dei fatti. Ma soprattutto rispettando la vita altrui. Il giornalismo non può e non deve diventare un’”arma di distruzione” delle persone e in questo caso di una comunità intera, così come ha detto Papa Francesco rivolgendosi al Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti. Già la ‘Dichiarazione universale dei diritti umani’ del 1948, nel preambolo, aveva usato l'espressione ‘the inherent dignity’ e la nostra Costituzione afferma che ‘la dignità dell'uomo è inviolabile’. Purtroppo a volte la violazione dei diritti umani è invece direttamente rivolta a colpire ciò che è ‘umano’ nell'uomo; a volte si mira a umiliare direttamente l'umanità che è nell'uomo per privarlo della stima di sé riducendolo ad un oggetto spoglio d'intimità e, quindi, in totale balìa altrui. Certo che i nostri responsabili della comunicazione locale continueranno a scrivere con attenzione, ricordandosi sempre che dietro ogni storia ci sono persone, emozioni, affetti, dolori. Potenza, 1 febbraio 2017 Francesco Mollica Presidente del Consiglio regionale della Basilicata