Le feste di Dio : La Pasqua LE FESTE DI DIO: UN PROGETTO PER L’UOMO La lingua ebraica usa principalmente due termini per indicare una festa: “mo’ed”, la cui traduzione significa un “appuntamento”, un “solenne anniversario”, un “periodo di festa”, una “santa convocazione”, un’ “assemblea”; e anche “hag” che significa “celebrare” e, probabilmente, “fare un pellegrinaggio”. Infatti, DIO comandò: «Tre volte all’anno ogni tuo maschio si presenterà davanti all’Eterno, nel luogo che questi avrà scelto: nella festa dei pani azzimi, nella festa delle settimane e nella festa delle capanne» (Dt 16:16; cfr. Es 23:14-16). In senso generale il termine “festa” indica tutte le sante convocazioni, gli appuntamenti fissati dal SIGNORE per la celebrazione di anniversari spirituali, la commemorazione dei suoi prodigi in favore degli uomini e la gioia di festeggiare con Lui. Include il sabato settimanale, le sette feste con i loro sette sabati annuali, o giorni di riposo assoluto, inoltre, l’anno sabbatico, o il settennio, e il giubileo, cioè il cinquantesimo anno, in cui sia la terra che gli uomini sono liberati dai loro vincoli e si riposano (Cfr. Lv 23; 25:1-8, 9-21). Tre elementi distinguono le feste istituite dal SIGNORE: «1. la gioia, che è resa manifesta principalmente sotto forma di pranzi cerimoniali (ad eccezione del Giorno dell’Espiazione) e, nei giorni più importanti delle feste bibliche, con la proibizione di lavorare; 2. la liturgia (o nel periodo del tempio israelitico, i sacrifici speciali) e 3. particolari cerimonie, come per esempio, il mangiare pane non lievitato durante la Pasqua…». LA PASQUA «Queste sono le solennità del SIGNORE, le sante convocazioni che proclamerete ai tempi stabiliti. Il primo mese, il quattordicesimo giorno del mese, sull’imbrunire, sarà la Pasqua del SIGNORE» (Levitico 23:4,5). La Pasqua è la prima delle sette feste annuali e la sola che fu introdotta prima dell’esodo. L’Eterno provando compassione per il suo popolo piagato dalla schiavitù, disse: “Ho veduto, ho veduto l’afflizione del mio popolo che è in Egitto, e ho veduto udito il grido che gli strappano i suoi angariatori; perché conosco i suoi affanni; … sono sceso per liberarlo”» (Es 3:7,8). In seguito, «Il SIGNORE parlò a Mosè e ad Aronne nel paese d’Egitto, dicendo: «Questo mese sarà per voi il principio dei mesi dell’anno». Il primo mese dell’anno sacro stabilito dal SIGNORE nell’Alleanza eterna è Abib, o Nisan (Es 12:1,2; 3:7). Il 14° giorno di questo mese il popolo di DIO doveva celebrare la Pasqua (Lv. 23:4,5). Nel nostro calendario odierno, impostato da papa Gregorio XIII che riformò il calendario romano nel 1582, questa festa cade tra fine Marzo e Aprile. La sua istituzione è riportata in Esodo 12:1-13; 21-27; 23:18; 34:25; Deuteronomio 16:1-8 e Levitico 23:5. La parola «Pasqua», “Pesach” in ebraico, è stata usata sia con riferimento alla festa, sia al sacrificio stesso. Il SIGNORE, infatti, ordinò: «celebra la Pasqua», «immolerai la Pasqua» (Dt 16:1,2). «Non mi offrirai con pane lievitato il sangue della vittima immolata a me, e il sacrificio della festa di Pasqua non sarà conservato fino al mattino» (Es 34:25). Questa festa, che segnò per il popolo di DIO l’inizio del suo viaggio verso la terra promessa, invita ogni credente a fare il suo viaggio verso la Santa Gerusalemme, in riconoscenza della salvezza che si ottiene grazie a Gesù Cristo e il suo sacrificio. La Festa della Pasqua ha cinque importanti caratteristiche: «A. Il tempo della sua celebrazione… suggerisce una connessione con il cambiamento delle stagioni… B. Questa festa sembra aver sempre implicato un sacrificio. C. Non si può negare che vittima sacrificata a questa festa è stata per la maggior parte, se non sempre, “un primogenito”. D. Il sacrificio che era mangiato ha un altro aspetto rilevante. Fa parte del “shelamim” o delle offerte di pace, dove il pranzo in comune è centrale per stabilire o rinnovare il patto con Dio e l’uno con l’altro. E’ certo che nell’antica tradizione l’esodo era intimamente connesso con l’osservanza di quest’antica festa». L’ Agnello della Pasqua I particolari concernenti la prima celebrazione della Pasqua sono descritti in Esodo, capitolo 12. Il popolo doveva preparare un agnello per ogni famiglia quattro giorni prima della festa (Es 12:3,4). L’animale doveva essere senza difetto e un maschio del primo anno (Es 12:5). Doveva essere immolato al tramonto del 14° giorno di Nisan, (Es 12:6), e il suo sangue doveva essere applicato per mezzo di un mazzetto d’issopo all’architrave e agli stipiti delle porte (Es 12:7,22). In seguito la carne doveva essere arrostita al fuoco e mangiata insieme a erbe amare e pane senza lievito (Es 12:8). Non un singolo osso doveva essere rotto (Es 12:46). Niente doveva rimanere del sacrificio fino il giorno seguente, e se qualcosa fosse rimasto, doveva essere bruciato (Es 12:10). Inoltre, solo gli uomini circoncisi e la loro famiglia, potevano partecipare alla cena dell’agnello, cioè tutti quelli che appartenevano al SIGNORE, per mezzo del patto interiore, di cui la circoncisione era un segno visibile (Es 12:43-49). Nessun altro aveva l’autorizzazione di partecipare a questa cena. Il primo sacrificio pasquale, «In Esodo 12:1-13,16, è offerto in connessione alla decima piaga. La sua funzione fu di preservare i primogeniti ebrei. Questo fu possibile perché Dio fu disposto ad accettare il sacrificio pasquale come sostituto dei primogeniti. Si è visto che l’idea della propiziazione e dell’espiazione non sembrano essere presenti nella narrativa. La Pasqua è qui un sacrificio sostitutivo e salvifico. Ma la redenzione fu realmente la liberazione d’Israele dalla schiavitù in modo che diventasse proprietà di Dio (Es 19:5)». Mosè menziona la seconda Pasqua celebrata durante il pellegrinaggio nel deserto (Nm 9:1-5). Mentre Giosuè racconta la prima Pasqua celebrata nella terra promessa dal rimanente del popolo di Dio, cioè da tutti i maschi circoncisi della nuova generazione (Gs 5:9-12). Qualche tempo dopo l’entrata nella terra promessa, purtroppo, la fede in Dio si affievolì. Il rimanente del suo popolo smise di mettere in pratica i termini dell’alleanza eterna, abbandonò la celebrazione delle feste annuali e intraprese a vivere secondo la filosofia, lo stile di vita e l’idolatria dei pagani che lo circondavano. Trascorsero così diversi secoli di grave apostasia spirituale. I libri storici della Scrittura, tanto dibattuti per il loro contenuto di violenza e d’immoralità, danno un breve resoconto degli orrori commessi da Israele quando tralasciò di mettere in pratica le leggi di DIO. Nonostante questo, per amore di un rimanente fedele, DIO diede fine ai quei tempi malvagi, facendo ascendere al trono re Ezechia e poi re Giosia. Questi riscoprirono e studiarono la legge di DIO e poi condussero due grandi riforme spirituali che coronarono con l’osservanza delle feste annuali e la celebrazione della «Pasqua in onore del SIGNORE» (2 Re 23:21-23; 2 Cr 29:4-30:5-9,15; 34:3-7). A questa festa ne seguirono altre. La Scrittura menziona sette Pasque, comprese quelle osservate durante il regno del re Salomone (2 Cr 8:13) e nel periodo in cui visse il profeta Ezechiele (Ez 45:21). Nei tempi antecedenti la prima venuta del Messia, la Pasqua evolse da una celebrazione del sacrificio dell’agnello nelle famiglie dei circoncisi a un solenne sacrificio consumato al tempio di Gerusalemme. Malgrado ciò, il suo tema rimase sempre lo stesso: la commemorazione dei prodigi compiuti da DIO per la liberazione del suo popolo schiavo in Egitto. CRISTO ADEMPIE IL SACRIFICIO DELLA PASQUA L’Agnello di Dio La Scrittura contiene più di 333 versetti riguardanti il Messia di DIO sacrificato per il perdono dei nostri peccati. Prima della sua venuta, il re Salomone parla di lui, dicendo: «Chi è salito in cielo e n’è disceso? Chi ha stabilito tutti i confini della terra? Qual è il suo nome e il nome del suo figlio? Lo sai tu?» (Pr 30:4). Noi sappiamo il suo nome, è Gesù, che ha il significato di «YHWH è salvezza», «YHWH salva» oppure Colui «che salverà il suo popolo dai suoi peccati» (Mt 1:21). Fin dalle prime sinagoghe messianiche, tutti i credenti in Cristo Gesù hanno riconosciuto che il sacrificio pasquale era un tipo, una figura del Messia, del Servitore di DIO sofferente per la redenzione del suo popolo (Cfr. Is 53). Giovanni Battista fornì prova di questo quando, ispirato dallo Spirito Santo, proclamò Gesù «l’Agnello di Dio, che toglie il peccato del mondo» (Gv 1:29). In seguito, l’apostolo Giovanni, attestò di aver visto «in mezzo al trono» di DIO, Gesù glorioso, in forma di «un Agnello in piedi, che sembrava essere stato immolato» (Ap 5:6). I simboli raffiguranti Gesù e la sua morte sono stati adempiuti nei minimi dettagli «una volta per sempre» (Eb 7:27). «Gesù Cristo fu crocefisso il giorno della Pasqua. La sua morte avvenne in questo giorno per uno scopo ben preciso. Gesù sapeva che la sua morte doveva avvenire il 14° giorno del mese di Nisan, perché egli sapeva che la sua morte era l’adempimento della Pasqua». Questo fu anche ciò che l’apostolo Paolo proclamò. Per questo descrisse Gesù Cristo come «la nostra Pasqua» e incoraggiò i credenti a celebrare la festa secondo l’esempio dato dal Salvatore, rievocando il suo immenso amore e il suo sacrificio per salvare l’umanità (1 Cor 5:7-8). La predizione sulla data del sacrificio Il SIGNORE preannunciò il tempo in cui il sacrificio del suo unico Figlio sarebbe stato realizzato, come il sacrificio degli animali compiuto nella corte del santuario terrestre faceva intendere. L’angelo Gabriele disse al profeta Daniele: «Settanta settimane son fissate riguardo al tuo popolo e alla tua santa città, per far cessare la perversità, per mettere fine al peccato, per espiare l’iniquità e stabilire una giustizia eterna, per sigillare visione e profezia e per ungere il luogo santissimo» del cielo (Dn 9:24). Le settanta settimane qui indicate, secondo il principio profetico di un giorno equivale a un anno, promulgato in Numeri 14:34 ed Ezechiele 4:6, diventano 490 anni (70 settimane x 7 giorni = 490 giorni, profeticamente equivalenti a 490 anni). Gabriele continuò, «Sappi, dunque, e comprendi bene: Dal momento in cui è uscito l’ordine di restaurare e ricostruire Gerusalemme fino all’apparire di un unto, di un capo, vi saranno sette settimane; e in sessantadue settimane essa sarà restaurata e ricostruita, piazza e mura… dopo le sessantadue settimane, un unto sarà soppresso, nessuno sarà per lui…» (Dn 9:25). L’ordine di restaurare e riedificare Gerusalemme permette di trovare la prima data precisa di tutte le predizioni della Scrittura. Certamente questo comando è il decreto emanato da Artaserse, re di Persia, al tempo di Esdra, nel 457-458 a.C. poiché con questo fu data autorità al popolo di Dio di ricostruire tutta Gerusalemme, incluso il suo tempio. La Scrittura che per principio interpreta se stessa, riporta questo editto per intero in Esdra 6:3-12 e indica l’anno in cui la ricostruzione di Gerusalemme fu iniziata in Esdra 7:8-26, 9:9. Le sessantanove settimane profetiche (7+62=69), cioè i 483 anni, più 1 per l’anno 0, conducono al 27 d.C. -457+483+1=27d.C. Gabriele rivelò che dopo i 483 anni (69 settimane), «L’invasore stabilirà un saldo patto con molti, per una settimana; in mezzo la settimana farà cessare sacrificio e offerta» (Dn 9:27). Nel mezzo della sessantanovesima settimana profetica (7:2 = 3 ½), cioè tre anni e mezzo dopo il battesimo, Gesù fu rigettato da tutti e inchiodato su una croce al posto di tutti i peccatori (cfr. Mt 3:13-17; Mc 1:9-11; Lc 3:21-22; Gv 1:32-34). Aggiungendo questi tre anni e mezzo al 27 d.C., si giunge alla Pasqua dell’anno 31 d.C., anno in cui Gesù sacrificando Se stesso, rese obsoleti il sacrificio e l’offerta di grano consumati sull’altare situato nella corte del tempio di Gerusalemme (27+1+3 ½ = 31 ½). Ora si conosce che «Gesù fu battezzato all’età di 30 anni. Perché la profezia ci dice che questo evento sarebbe avvenuto nell’anno 27? Ciò è dovuto al fatto che quando la data dell’inizio dell’era cristiana fu calcolata per la prima volta, ci fu un errore di 4 anni. In effetti, Cristo non poteva essere nato nell’anno 1, poiché alla sua nascita, Erode il Grande viveva ancora. Noi sappiamo che Erode morì qualche tempo dopo, nell’anno -4. Gesù è dunque nato nell’anno 4 e fu battezzato nel 27, all’età di 30». Inoltre, nella Legge di DIO è prescritto che il sommo sacerdote poteva servire nella tenda di convegno del santuario «dall’età di trent’anni… fino all’età di cinquant’anni» (Nm 4:43). In più, si legge che Davide fu consacrato al ministero reale a «trent’anni» (2 Sam 5:4). Gesù rispettò queste leggi consacrandosi al ministero di Sommo Sacerdote e di Re dei re, a trent’anni, il giorno del suo battesimo in acqua e della sua unzione con lo Spirito (Gv 1:33). Così, tre anni e mezzo dopo, il 14 d’Abib, all’esatta data predetta dalla profezia per il compimento del «sacrificio della festa di Pasqua», Gesù Cristo fu immolato per iniziare ad «espiare l’iniquità e stabilire una giustizia eterna, per sigillare visione e profezia e per ungere il luogo santissimo “del cielo (Es 34:25; Dn 9:24). L’apostolo Paolo attestò proprio ciò quando disse che Gesù, «mediante il proprio sangue, è entrato una volta per sempre nel santuario, avendo acquistato una redenzione eterna» per tutti i credenti pentiti (Eb 9:12). Fu questo suo ministero nei cieli che fece «cessare sacrificio e offerta» (Dn 9:27). La Scrittura contiene oltre 35 predizioni sull’atto supremo compiuto da Gesù, l’Agnello di Dio, alla sua prima venuta. Qui di seguito, sono presentati solo alcuni brani che fanno comprendere come la profezia del Servitore sofferente di Isaia, capitolo 53, e delle 70 settimane di Daniele, capitolo 9, sono state adempiute alla lettera con il sacrificio del Figlio di DIO. L’AGNELLO IL FIGLIO DI DIO Esodo 12:3-5 Un agnello Giovanni 11:47-53 Cristo fu primogenito veniva scelto condannato a morte dal sinedrio alcuni giorni prima di essere alcuni giorni prima della sua sacrificato. crocifissione. Esodo 12:6 L’agnello veniva tenuto in famiglia separato dal resto del gregge. Giovanni 11:53,54 Gesù non poté andare più apertamente fra i giudei. Esodo 12:6 L’agnello Giovanni 18:28; 19:14; 19:31; pasquale doveva essere Luca 23: 54-56 Cristo fu ucciso il 14° giorno del crocifisso nel giorno in cui i primo mese (Nisan) giudei stavano preparandosi per dell’anno istituito da Dio. mangiare l’agnello pasquale. Levitico 23:5; Esodo 12:6 L’agnello doveva essere mangiato la sera. Marco 15:34-37; Giovanni 19:30 Il Salvatore morì sulla croce circa all’ora nona (3 p.m.), poco ore prime del tramonto. Esodo 12:46 Nessun osso doveva essere rotto. Giovanni 19:33-36 Non un solo osso di Gesù fu rotto. Esodo 12:7 Il sangue dell’agnello doveva essere spruzzato sugli stipiti delle porte per prevenire la morte del suo popolo e permettere la sua liberazione della schiavitù dell’Egitto. 1 Giovanni 1:7 «Il sangue di Gesù, suo figlio, ci purifica da ogni peccato”. Isaia 53:5«Egli è stato trafitto a causa delle nostre trasgressioni, stroncato a causa delle nostre iniquità; il castigo per cui abbiamo pace è caduto su di lui e grazie alle sue ferite noi siamo stati guariti».1 Pietro 1:18-20 «Non con cose corruttibili, con argento o con oro, siete stati riscattati dal vano modo di vivere dei vostri padri, ma con il prezioso sangue di Gesù, come quello di un agnello senza difetto e né macchia. Già destinato prima della fondazione del mondo». Esodo 12:7 La carne doveva essere arrostita al fuoco e mangiata nella notte. Giovanni 6:51 Il credente deve accettare pienamente Gesù e il suo sangue come il solo mezzo per essere liberato dai suoi peccati. Esodo 12:8 Pane azzimo ed erbe amare dovevano essere mangiate con l’agnello. 1 Corinzi 5:7-8 Il credente in Gesù deve aver manifestato la volontà di liberarsi di ogni suo peccato per ottenere il perdono. Esodo 12:10,46 Nessun avanzo dell’agnello doveva rimanere fino al mattino seguente. Malachia 4:1-3; Ezechiele 28:12-19 Quando i credenti saranno pienamente redenti, solo cenere rimarrà del peccato, del suo autore e delle persone che non hanno accettato Gesù come personale Salvatore. Esodo 12:19 Nessuna traccia di lievito doveva esistere nelle case per una settimana dalla Pasqua in poi. 1 Pietro 3:10; 1 Tessalonicesi 5:23 Quando il cristiano inizia la nuova vita in Gesù, non deve solo trattenere la propria lingua da ogni malvagità, ma anche il suo intero essere, corpo, spirito e anima devono essere preservati irreprensibili. Esodo 12:22,23 Non c’è riparo dal distruttore se non che sotto il sangue dell’agnello. Atti 4:12 «In nessun altro è la salvezza; poiché non vi è sotto il cielo alcun altro nome che sia stato dato agli uomini, per il quale noi dobbiamo essere salvati». Esodo 12:43-48 Nessun straniero o incirconciso poteva mangiare dell’agnello. Apocalisse 21:27; Efesini 2:13; Galati 3:29; Colossesi 2:11 Nessun uomo che non ha pienamente accettato Gesù, e nessun peccatore impenitente, può condividere la ricompensa dei giusti. Solo coloro che per mezzo della circoncisione del cuore, resa manifesta dal consapevole patto del battesimo per immersione, compiuto per fede nel suo sangue, come unico mezzo per l’espiazione dei peccati, hanno accesso alla vera comunione con Dio. Gesù riforma la celebrazione della Pasqua Sapendo cosa avrebbe dovuto soffrire per iniziare a risolvere il problema umano, Gesù s’incontrò con i suoi apostoli per celebrare la sua Pasqua. La maniera in cui lo fece è riportata da Marco 14:22-25, Matteo 26:26-29, Luca 22:19-20 e in 1 Corinzi 11:23-26. Gesù, sostituendo il sacrificio e l’offerta di grano con Se Stesso, fece cessare il sacrificio e l’offerta del tempio, che permettevano di ottenere l’espiazione della colpa umana prima della sua morte. Per questo, da quel momento il sangue che Egli sparse sul legno del Monte Golgota, fu rappresentato con il vino non fermentato (definito, oggi, succo d’uva), e il suo corpo con il pane azzimo (pane non lievitato). Gesù fornì prova di ciò che riformò della Pasqua alla sua ultima Cena con i suoi apostoli, quando, dopo aver preso un calice e ringraziato il Padre, disse: «Bevetene tutti, perché questo è il mio sangue, il sangue del patto, il quale è sparso per molti per il perdono dei peccati» (Mt 26:28). E’ da rilevare che il suo sangue è sempre stato il solo mezzo veramente efficace a cancellare i peccati dei credenti pentiti, anche quando era rappresentato (a copertura) da quello animale. A parte la sostituzione dei simboli della sua Persona con altri emblemi già esistenti nei rituali del santuario, Gesù non ha modificato nient’altro. Non cambiò il nome della Pasqua, che significa “sacrificio”, in Santa Cena o in Eucaristia, o altro. Né cambiò il giorno della Pasqua, come molte denominazioni religiose hanno fatto con il passar del tempo. Gesù non aveva bisogno di celebrare la Pasqua così come fece. La celebrò prima della sua morte per lasciare un esempio e mostrare la precisa maniera in cui Egli desidera che la sua morte sia ricordata da quelli che lo amano e vogliono onorarlo. Purtroppo il suo esempio è seguito da ben pochi, oggi. Anche il santuario, istituito da DIO per compiere sacrifici animali per prefigurare il progetto che il suo Messia avrebbe compiuto, ha perso la ragione d’essere nel momento che Gesù Cristo sacrificò Se stesso e che «la cortina del tempio si squarciò in due, da cima a fondo» (Mt 27:50). In effetti, da quell’istante, la mediazione di sacerdoti umani non fu più necessaria per ottenere il perdono dei peccati, poiché il Padre aprì «il luogo santissimo» del cielo a tutti i credenti pentiti per amor di Gesù (Dn 9:24). Quello è il luogo eccelso dove, dalla sua ascensione in poi, Egli vive insieme al Padre, nell’assoluta santità, e dal quale dirige il progetto per la redenzione del suo popolo (Sal 47:8; Mt 5:34; Ap 20:11). Gesù stesso vedendo avvicinarsi il giorno del suo sacrificio, disse: «Disfate questo tempio, e in tre giorni lo farò risorgere» (Gv 2:19). Ciò indica che dopo la sua morte, resurrezione e ascensione al cielo, Egli è diventato il nostro tempio, la sola Persona che può perdonare i nostri peccati e riconciliarci a DIO Padre. Per questa ragione il SIGNORE permise che il tempio in Gerusalemme fosse distrutto nel 70 d.C. (Dn 9:26). D’allora in poi, DIO desidera che l’attenzione di tutta l’umanità sia diretta esclusivamente al suo amato Figlio, che è ora nei cieli anche come nostro Sommo Sacerdote per guarire, riscattare e purificare quelli che credono in Lui (Ap 22:1,3). La lavanda dei piedi Dopo aver fatto partecipare gli apostoli ai simboli per commemorare sua morte, «Gesù, sapendo che il Padre gli aveva dato tutto nelle mani e che era venuto da Dio e a Dio se ne tornava, si alzò da tavola, depose le sue vesti, e preso un asciugatoio se lo cinse. Poi mise dell’acqua in una bacinella, e cominciò a lavare i piedi ai discepoli e ad asciugarli con l’asciugatoio del quale era cinto» (Gv 13:4-5). Questo rituale della Cena Pasquale ricorda che dopo aver coperto con il sangue dell’agnello gli stipiti delle sue porte ed essere stato protetto dall’angelo distruttore, il popolo di DIO intraprese una nuova vita di libertà, attraversando miracolosamente le acque del mar Rosso (Es 14: 13-30). E’ importante notare che Gesù lavò i piedi degli apostoli dopo la celebrazione della Cena Pasquale, non prima. Fece ciò anche per realizzare alla lettera il messaggio tipologico irradiato dalla conca di rame che era posta dopo, non prima dell’altare dell’olocausto. La Lavanda dei Piedi, lasciataci come esempio da Gesù, sostituisce anche il simbolico rito di purificazione che era compiuto dal sacerdote israelita nel cortile dopo che il sacrificio dell’agnello era stato consumato sull’altare dell’olocausto. Infatti, il sommo sacerdote, dopo aver compiuto il sacrificio, si lavava le mani con l’acqua della conca di rame posta davanti all’ingresso del luogo santo, prima di entrarci per presentare al SIGNORE il sangue che permetteva di ottenere il perdono dei pentiti (Es 38:8). Gesù, «Quando dunque ebbe lavato i piedi ed ebbe ripreso le sue vesti, si mise a tavola, e disse loro: Capite quello che vi ho fatto? Voi mi chiamate Maestro e SIGNORE; e dite bene perché lo sono. Se dunque io, che sono il SIGNORE e il Maestro, vi ho lavato i piedi, anche voi dovete lavare i piedi gli uni agli altri. Infatti vi ho dato un esempio affinché anche voi facciate come vi ho fatto io» (Gv 13:12-15). L’acqua della lavanda dei piedi è anch’essa un simbolo della morte di Gesù, che purifica dalla cancrena del peccato. Questo è chiaramente confermato da ciò che gli avvenne sulla croce, quando i soldati responsabili della sua esecuzione andarono a verificare le condizioni dei condannati e «giunti a Gesù, lo videro già morto, ma uno dei soldati gli forò il costato con una lancia, e subito ne uscì sangue e acqua» (Gv 19: 33,34). Cristo ha letteralmente offerto il suo corpo e versato il suo sangue e la sua acqua al fine di riscattare, giustificare, purificare e donare una nuova vita a chi crede in Lui e nel suo sacrificio per il perdono dei peccati. Gesù la salvezza L’altare del sacrificio e la conca di rame che si trovavano nella corte del santuario erano di bronzo, come il serpente che fu innalzato nel deserto per la guarigione dei credenti morsi dai serpenti velenosi. Contemplando con fede quel simbolo del Redentore immolato sul legno, le persone furono guarite (Cfr. Nm 21:9;5-8). Lo stesso avviene se confidiamo in Gesù Cristo. Solo il sangue e l’acqua del Redentore possono purificare le nostre coscienze dal peccato e produrre in noi una nuova vita spirituale. L’Eterno dichiarò: «la vita della carne è nel sangue. Per questo vi ho ordinato di porlo sull’altare per fare l’espiazione per le vostre persone; perché il sangue è quello che fa l’espiazione, mediante la vita» (Lv 17:11). Nostro Padre che è nei cieli ha dato suo unico Figlio per coprire e cancellare le nostre colpe e le nostre vergogne. Ora, ha fatto scoprire “tracce” del suo sangue per dare ancora una volta la garanzia che la sua Legge è verità assoluta e che Gesù l’ha realmente compiuta alla lettera, in maniera che si possa avere la certezza che pure ciò che resta da eseguire per il completamento della redenzione umana, sarà realizzato alla lettera. IL POPOLO DI DIO È LIBERATO DA CRISTO La salvezza è un dono La Pasqua, fin dalla sua prima istituzione sul monte Sinai, rivolge un appello al «ravvedimento per il perdono dei peccati a tutte le genti, cominciando da Gerusalemme» (Lc 24:47). Il Padre desidera che ancora oggi i suoi seguaci proclamino il sacrificio fatto per la redenzione umana prima di tutto in Gerusalemme e Israele. Chi ancora non conosce bene il Redentore deve essere amorevolmente aiutato a capire che, fin dal primo sacrificio compiuto nel giardino d’Eden «il salario del peccato è la morte; ma il dono di Dio è la vita eterna in Cristo Gesù, nostro SIGNORE» (Rm 6:23). Ciò che redime non è l’appartenenza a una nazione, o a una chiesa, per grandi e potenti queste possano umanamente essere. Non è la propria intelligenza o le grandi opere di bene che si compiono. Non è una vasta esperienza di vita o una profonda conoscenza della Scrittura. Non è l’avere una buona reputazione o l’accumulare averi e successi anche se nell’ambito di una rispettabile denominazione. Ciò che ci rende accettabili al Padre nostro che è nei cieli è suo Figlio. «Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me» dichiarò Gesù. Lui è «la via, la verità e la vita». Egli opera la liberazione delle nostre menti corrotte dal peccato e le riveste fin da ora dell’abito della giustizia, della purezza e della santità gradita al Padre (Gv 14:6). Alla samaritana che vergognosa dei propri peccati, andava, nel caldo infuocato del mezzogiorno, di nascosto, a ricercare l’acqua di un pozzo, Gesù disse: «Chiunque beve di quest’acqua avrà sete di nuovo; ma chi beve dell’acqua che io gli darò, non avrà mai più sete; anzi, l’acqua che io gli darò, diventerà in lui una fonte d’acqua che scaturisce in vita eterna» (Gv 4:13,14). Questa promessa è anche eredità di tutti quei credenti che come la samaritana, come Adamo e come Eva, si vergognano delle proprie disastrose trasgressioni, e della sofferenza che queste hanno causato a Gesù, a se stessi, agli altri e a tutto il creato di Dio. Chiediamo dunque anche noi: «SIGNORE, dammi di quest’acqua, affinché io non abbia più sete» (Gv 4:15; Mt 6:12,13). Cristo ha sparso il suo sangue e la sua acqua sulla croce per il perdono e la purificazione di «tutte le genti», poiché tutti siamo peccatori (Lc 24:47). DIO «è pietoso», si ricorda che ciascun di noi è «carne, un fiato che passa e non ritorna», per questo ha offerto in sacrificio suo Figlio e per questo desidera che noi osserviamo i suoi comandamenti e seguiamo i suoi esempi in modo da essere spiritualmente pronti per il suo nuovo regno (Sal.78:38-39). E’ bene, dunque, che la Pasqua, come la “lavanda dei piedi”, sia celebrata da «tutte le genti» seguendo alla lettera l’esempio che Gesù ci ha dato, per riconfermare, ancora oggi, che non c’è buona azione o assoluzione umana che possa trasformare l’uomo e renderlo puro e accettabile agli occhi del Padre, sennonché suo Figlio, il quale «ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei, per santificarla, dopo averla purificata lavandola con l’acqua della parola, per farla comparire davanti a sé gloriosa, senza macchia, senza ruga o altri simili difetti, ma santa e irreprensibile» (Ef 5:25-27). L’acqua nella conca di rame e quella che Gesù ha versato per noi sul Calvario, come l’acqua della lavanda dei piedi, ricordano anche il fiume che alle origini adacquava “il giardino e di là si divideva in quattro bracci” per tutta la terra (Gn 2:10). Ai progenitori dell’umanità fu interdetto di bere le sue acque portatrici di purezza e salute perenne a causa del loro peccato. I redenti rivedranno «il fiume dell’acqua della vita, limpido come cristallo, che scaturiva dal trono di Dio e dell’Agnello» (Ap 22:1), e delle sue acque potranno bere a sazietà. Perseveriamo dunque fiduciosi e rivolgiamo ad altri l’invito: «Vieni»! «Chi ha sete venga; chi vuole, prenda in dono dell’acqua della vita» che il SIGNORE offre fin da ora a chi crede in Lui e nella sua potenza vivificante (Ap 22:17). Il primo passo verso Gesù Con l’esempio, Gesù ha anche insegnato che non basta la fede interiore e la conoscenza della Scrittura per vivere fin da ora la gioia della redenzione. Occorre anche l’azione, cioè mettere, una volta per sempre, la propria persona sotto la protezione delle tre Persone della Deità, per assicurarsi la guida e le capacità che permettono di vivere una vita gradita a DIO. Ecco la ragione per cui Gesù stesso, pur non avendo bisogno di farlo, poiché era senza peccato, chiese di essere battezzato per immersione all’età di trent’anni. La Scrittura paragona la trasformazione spirituale del credente in Gesù alla nascita naturale di ogni creatura umana, perché anch’essa avviene per mezzo del sangue e dell’acqua presente nel grembo materno. Infatti, «Chiunque crede che Gesù è il Cristo, è nato da Dio… Egli è colui che è venuto con acqua e con sangue, cioè Cristo Gesù; non con acqua soltanto, ma con l’acqua e con il sangue. Ed è lo Spirito che ne rende testimonianza, perché lo Spirito è la verità. Poiché tre sono quelli che rendono testimonianza: lo Spirito, l’acqua e il sangue, e i tre sono concordi» (1Gv 5:1,6-8). Oggi, molte persone confidano in DIO e anche nella Scrittura ma non prendono sul serio i suoi comandamenti ed esitano a stabilire un responsabile accordo di pace con il Padre attraverso il battesimo per immersione. Purtroppo, non stipulandolo ufficialmente, questi individui si deprivano della condizione indispensabile perché Gesù possa produrre in loro la giustificazione e la purificazione che conducono alla vita eterna. «Chi avrà creduto e sarà stato battezzato sarà salvato» dichiarò il nostro Redentore (Mc 16:16). Occorre ritenere vera questa dichiarazione. Egli richiede che ogni individuo intraprenda una sequenza di passi ben precisi per il proprio sviluppo spirituale e il raggiungimento della meta finale. Negligere questi passi, o saltarne alcuni a proprio piacimento, nuoce solo alla propria crescita spirituale e alla propria preparazione per la nuova terra. Coloro che professano di credere in Gesù siano dunque incoraggiati a fare un accordo con il SIGNORE, immergendosi nelle acque battesimali per mostrare a tutti gli esseri intelligenti visibili e invisibili dell’universo, che sono spiritualmente morti con Gesù al peccato, e che in Lui sono rinati a una vita di libertà (Col 3:1-3). Perdonare per essere perdonati La nuova vita con Gesù è un processo di sviluppo che produce il perfezionamento del carattere solo quando il credente manifesta concretamente e continuamente di amare il suo prossimo e DIO (Mt 22:3740). Con l’esempio, Gesù insegnò ai suoi discepoli che amare gli altri significa far loro del bene e perdonarli. Nella preghiera che diede come modello, invita a chiedere: Padre nostro che sei nei cieli… perdonaci i nostri peccati, perché anche noi perdoniamo a ogni nostro debitore» (Lc 11:4). Gesù utilizzò la lavanda dei piedi anche per farci ricordare che dobbiamo perdonare e spazzare via dalla nostra mente i torti che abbiamo subito. Ordinò: «voi dovete lavare i piedi gli uni agli altri. Poiché io v’ho dato un esempio affinché anche voi facciate come v’ho fatto io» (Gv 13:15). Quante sono oggi i credenti che obbediscono a questo comandamento? Alcuni pregano per il loro perdono e celebrano la lavanda dei piedi senza che abbiano perdonato quelli che hanno fatto loro del male e per questa ragione, sebbene credenti, vivono in una profonda sofferenza emotiva, morale e spirituale. Costoro hanno bisogno di essere incoraggiati a riguardare a Gesù. Il Salvatore non solo soffrì ma anche morì a causa della malvagità altrui. Nonostante ciò, prima di tirare l’ultimo respiro, implorò: «Padre, perdona loro, perché non sanno quello che fanno» (Lc 23:24). A maggiore ragione, dunque, noi peccatori, per amore di Gesù che innocente soffrì le pene a causa dei nostri peccati, dobbiamo perdonare coloro che ci fanno soffrire. Altri credenti prendono alla leggera gli insegnamenti di Gesù, trascurano di metterli in pratica alla lettera e poi li dimenticano. In tale modo, quando soffrono a causa altrui, non riescono a perdonare e risolvere i loro problemi relazionali com’è gradito a DIO, ed Egli non può benedirli come il suo cuore desira. Testimoni del Redentore Ritornando alla predizione data a Daniele, se si aggiungono al 457 a.C. i 490 anni più 1 per l’anno 0, si arriva esattamente al 34 d.C., anno in cui Stefano fu assassinato, a causa della sua testimonianza su Gesù. E’ con quest’atrocità contro Cristo e i suoi seguaci che terminarono le «settanta settimane… fissate riguardo al… popolo e alla … santa città» che rigettò l’«unto» dello Spirito Santo (Dn 9:24, 25). L’ «invasore» che soppresse’ “unto» di Dio, è Satana. Gabriele spiegò che il demonio avrebbe realizzato quest’atrocità tramite agenti umani che avrebbero stretto un patto invisibile con lui. E’ da notare che questi erano di discendenza non solo israelita ma anche romana, cioè credenti e increduli, le due grandi categorie in cui si è divisa l’umanità fin dai figli di Adamo ed Eva: Abele e Caino. Satana, dopo aver ucciso Gesù, e dopo aver compreso di essere stato sconfitto alla sua risurrezione, s’inferocì contro i suoi seguaci dando inizio così a una devastazione d’inaudita violenza contro tutte le cose appartenenti al Padre, e contro tutti i testimoni di suo Figlio. Infatti, Gabriele terminò la sua spiegazione delle 70 settimane profetiche informando che dopo la soppressione del predetto Messia, «il popolo di un capo che verrà distruggerà la città e il santuario, ed è decretato che vi saranno devastazioni sino alla fine della guerra…» (Dn 9:25). Così è stato e ancora è, poiché la fine di questa generazione umana non è ancora giunta. La storia attesta che la distruzione di Gerusalemme e del suo tempio è avvenuta nel 70 d.C. D’allora, la devastazione causata dal demonio e dai suoi alleati angelici e umani, sta ancora infuriando e mietendo vittime, poiché il conflitto universale tra Gesù, il Principe della vita, e Satana, il principe della morte, non è ancora finito. CRISTO CELEBRERÀ LA PASQUA CON I SALVATI La celebrazione in onore del SIGNORE Gesù, durante la sua ultima cena pasquale con gli apostoli, indicò loro un evento non ancora realizzato. «Ho vivamente desiderato di mangiare questa pasqua con voi, prima di soffrire; poiché io vi dico che non la mangerò più finché sia compiuta nel regno di Dio» (Lc 22:15,16). Così dicendo, Egli fa comprendere che tutte le predizioni di questa festa saranno adempiute, una volta per sempre, nel futuro. Come la prima Pasqua in Egitto fu celebrata al calare della notte, così ora il Padre ci dà appuntamento per la «notte da celebrarsi in onore del SIGNORE» (Es 12:42). Nutriamoci dunque dei simboli del suo sacrifico, con cuori colmi di gratitudine e lode, fino a quando pranzeremo nel suo regno. I redenti pranzano con Gesù Il peccato iniziò a imprigionare la mente dell’umanità quando Satana incarnato nel serpente antico, con una menzogna, convinse Eva e Adamo a “prendere e mangiare” il frutto dell’albero proibito che dava la conoscenza del bene e del male (Gn 3:6). Prima del peccato il corpo dell’uomo e della donna era ricoperto e protetto della gloria di Dio. Per questa ragione, pur non indossando alcun indumento, i nostri progenitori si sentivano al sicuro e felici (Gn 2:24). Dopo la trasgressione invece, per la prima volta nella loro vita, si sentirono nudi (Gn 3:10). «La nudità nella Bibbia significa molto più che essere senza vestiti. Il simbolo biblico significa vergogna, bisogno, e impotenza (Dt 28:48; Gb 1:21; Is 58:1; Ap 3: 17,18). «La coppia umana fece dei patetici tentativi cercando di nascondere la sua nudità (Gn 3:7). Per compassione Dio sostituì i loro inutili sforzi con il suo provvedimento (v. 21). Così avviene ancora oggi. Dio copre la nostra nudità spirituale con la sua gloria e la sua giustizia. La nuova conoscenza del peccato non coprì Adamo ed Eva di gloria ma lasciò entrambi esposti alla vergogna. La razza umana dovrà vivere con le fatali conseguenze di quella conoscenza fino a quando Qualcun Altro dirà: “Prendete e mangiate” (Mt 26:26). Gesù rende quelle due parole anticipatrici di morte, una pregustazione della vita eterna, poiché Egli che è Dio scelse di umiliare se stesso sino alla morte per salvarci (Fil 2:6-8). Così, le parole che portarono il peccato nel mondo, ora diventano quelle che offrono salvezza. Là dove il primo Adamo mangiò il primo frutto proibito, Gesù, il secondo Adamo, resistette alla tentazione in modo da offrire a un mondo affamato, il pane della giustizia e il frutto dello Spirito. Di queste provviste Cristo ci esorta: “Prendete e mangiate”, e attraverso il salmista dichiara “Gustate e vedete quanto l’Eterno è buono” (Salmo 34:8)». Apocalisse 19:9 (Rv). «Beati quelli che sono invitati alla cena delle nozze dell’Agnello».