INDICE Giurisprudenza………………………………………………...………………….……… 276 .....................................................................................................................................1 Introduzione ......................................................................................................................4 Metodo di indagine ...........................................................................................................6 Premessa ............................................................................................................................8 1.1. La fine del monopolio statale sul diritto: la rimodulazione del concetto di sovranità e l’affievolimento del ruolo della legge in un sistema delle fonti ormai multilivello .....10 1.2. Un diritto sempre più europeo: cause storiche, fattori politici ed economici ..........17 1.3. La Comunità europea e il suo diritto. Le ricadute della normativa e dei principi comunitari sugli ordinamenti amministrativi statuali .....................................................26 1.4. Il quadro delle fonti alla luce dei rapporti tra ordinamento comunitario e ordinamento nazionale: tesi monista vs tesi dualista ......................................................38 1.5. L'incidenza delle regole e dei principi comunitari sul sistema italiano delle fonti. I nuovi strumenti a disposizione del giudice e della pubblica amministrazione ...............43 Premessa ..........................................................................................................................48 2.1. L’interpretazione del diritto e la funzione del giudice. Cenni alle tecniche ermeneutiche proprie del giudice nazionale e del giudice comunitario in tema di principi .........................................................................................................................................51 2.2. I principi nella teoria generale del diritto: la distinzione tra principi e regole .........59 2.2.1. I conflitti tra principi. ............................................................................................68 2.3. I principi comunitari quale trait d'union tra ordinamenti e tra giurisdizioni ............72 2.4. Classificazione e funzioni dei principi comunitari...................................................76 2.5. L'attività della Corte di giustizia nella elaborazione ed applicazione dei principi comunitari nel segno dell'allargamento degli spazi di libertà del cittadino ....................83 2.6. L'importanza delle sentenze della Corte di giustizia nel quadro di una progressiva valorizzazione del diritto giurisprudenziale ....................................................................91 2.7. Il conflitto tra principi comunitari e norme nazionali ..............................................95 ! !1 2.8.L’illegittimità “comunitaria” dell’atto amministrativo: tipologie, caratteri e poteri del giudice .......................................................................................................................99 2.8.1. La nullità dell’atto amministrativo per violazione della normativa e dei principi comunitari......................................................................................................................110 Premessa ........................................................................................................................115 3.1. Il principio della certezza del diritto: la prevedibilità delle scelte pubbliche a tutela delle situazioni soggettive individuali ...........................................................................119 3.2. Il principio della tutela del legittimo affidamento: le libertà del cittadino quale fulcro del sistema comunitario ......................................................................................125 3.3. Il principio di proporzionalità quale misura e limite dell'esercizio dei pubblici poteri in ambito comunitario e nazionale ................................................................................132 3.4. I principi del giusto procedimento: la valorizzazione delle pretese del cittadino nell'esercizio del potere .................................................................................................139 3.5. I principi di pienezza ed effettività della tutela giurisdizionale: l'erosione dell'autonomia processuale degli Stati e l'influenza sul giudizio amministrativo italiano .. 149 Introduzione ...............................................................................................................160 4.1. La visione “sostanzialista” e pragmatica dell’ordinamento comunitario: la centralità dei diritti e delle libertà del cittadino nel sistema .........................................................166 4.2. Le situazioni giuridiche comunitarie e l’influenza del diritto europeo sulle posizioni giuridiche nazionali .......................................................................................................170 4.3. Interesse legittimo e sua risarcibilità nella prospettiva comunitaria .....................173 4.4. La responsabilità dello Stato per violazione del diritto comunitario da parte dei suoi organi: brevi cenni .........................................................................................................180 5.1. La democratizzazione dei pubblici poteri e l’estensione delle garanzie procedimentali nella legge 241 del 1990: un nuovo modo di intendere i rapporti tra potere pubblico e amministrati ......................................................................................185 5.2. L’evoluzione del principio di legalità da una concezione meramente formale ad una nuova legalità di risultato ..............................................................................................192 5.2.1. Le illegittimità non invalidanti ex art. 21-octies .................................................196 ! !2 5.3.Il sindacato del giudice sulla violazione del principio di proporzionalità nell’azione amministrativa ...............................................................................................................200 6.1. Gli accordi ex art. 11 l. 241/1990 ...........................................................................209 6.1.1. L’affidamento del privato alla stabilità delle convenzioni di lottizzazione a fronte di una variante urbanistica al P.r.g. ................................................................................215 6.2. L’autotutela decisoria: l’affidamento del cittadino alla stabilità del provvedimento quale limite alla funzione di riesame ............................................................................219 6.2.1. Una fattispecie spinosa: l’autotutela della pubblica amministrazione avverso un atto confliggente con l’ordinamento comunitario .........................................................227 6.3. Il danno da ritardo e la nuova concezione del tempo come bene della vita risarcibile in via autonoma ............................................................................................................231 7.1. L’ampliamento delle azioni esperibili e l’evoluzione del giudizio amministrativo dall’atto al rapporto per una tutela giurisdizionale piena ed effettiva ...........................240 7.1.1. I nuovi caratteri dell'annullamento giurisdizionale nel tramonto dei miti della necessaria retroattività e dell'automatismo....................................................................249 7.1.2. La vexata quaestio della ammissibilità dell'azione di accertamento autonomo: excursus storico dalla metà del XX sec. al nuovo Codice del processo amministrativo .... 253 7.1.3. L'azione risarcitoria e il nodo della "pregiudiziale mascherata" .........................259 Conclusioni ...................................................................................................................265 Bibliografia ...................................................................................................................267 Giurisprudenza………………………………………………...………………….……… 276 ! !3 Introduzione ! La nascita dell’ordinamento comunitario riflette e amplifica i cambiamenti di una nuova era, segnata dal declino dell’egemonia statale sulle dinamiche economiche e sulla produzione normativa. Il fenomeno della globalizzazione provoca importanti mutamenti nella sfera dei rapporti tra politica, economia e diritto, dettando una rivisitazione dei dogmi positivistici del nostro tempo. L'emergere di uno spazio sovranazionale in cui diritti ed economie si connettono e si contaminano costringe l’interprete ad una rilettura sia del ruolo sia delle funzioni dei pubblici poteri nazionali. In particolare, da un’angolazione giuridica, è possibile constatare l’evoluzione dell’ordinamento italiano, tradizionalmente piramidale, verso una struttura policentrica e multilivello, in cui convivono, intessendo reciproche relazioni, soggetti, norme e poteri diversi, sicchè “l’imperativo funzionale del coordinamento prevale sull’esigenza logica della gerarchizzazione”1. La crisi della sovranità statale, iniziata con la Costituzione repubblicana del '48, laddove al tradizionale dogma della sovranità del c.d. Stato-ente o Stato–persona2 si è sostituita l’appartenenza della sovranità al popolo (art. 1 II co. Cost.), è accentuata inesorabilmente dall’attribuzione di ampi poteri alle Comunità europee prima ed all’Unione poi, ossia ad organizzazioni internazionali sui generis capaci di sostituire gli Stati nella regolazione di taluni processi in ambito politico, giuridico ed economico. La peculiarità dell’ordinamento comunitario consiste nell’avere come protagonisti sia gli Stati sia le persone fisiche e giuridiche dei rispettivi ordinamenti, cui riconosce 1 OST F.-VAN DE KERCHOVE M., De la pyramide au réseau? Vers un nouveau mode de production du droit?, in Revue interdisciplinaire d’études juridiques, vol. 44, 2000. Sull'evoluzione dei pubblici poteri da una struttura gerarchica e verticale verso un modello a rete di tipo orizzontale anche ARNAUD A.J., Critique de la raison juridique, Paris, L.G.D.J., 25, 1981. PREDIERI A., Le reti transeuropee nei Trattati di Maastricht e di Amsterdam, in Dir. UE, 1997, p. 287. 2 Sulla figura soggettiva dello Stato-persona MASSERA A., Contributo allo studio delle figure giuridiche soggettive nel diritto amministrativo. Stato-persona e organo amministrativo. Profili storicodogmatici, Giuffrè, Milano, 1986. ! !4 direttamente, e senza intermediazione alcuna, posizioni giuridiche immediatamente azionabili. In un contesto di piena integrazione tra ordinamenti3, tanto i giudici nazionali quanto i giudici comunitari hanno il compito di garantire la piena affermazione dell’acquis communautaire, vale a dire della vasta galassia di fonti comunitarie (tipiche e atipiche). Una funzione di primo piano è in special modo rivestita dalle pronunce della Corte di giustizia che non si limitano ad interpretare il diritto comunitario ma concorrono a formarlo. Mediante l’elaborazione di una gamma di principi non scritti, il giudice di Lussemburgo promuove, infatti, lo sviluppo del sistema, attraverso una conformazione progressiva e costante degli ordinamenti statali. In particolare la materia del diritto amministrativo, da sempre appannaggio dei pubblici poteri nazionali, viene ad essere plasmata in profondità dai principi comunitari, acquisendo nuovi caratteri e sfumature, lungo il fil rouge della protezione delle libertà del cittadino dagli abusi dell’autorità. L'influenza esercitata dall'ordinamento europeo sui sistemi giuridici dei Paesi membri determina, pertanto, una trasformazione dei rapporti tra autorità pubblica e cives. Le relazioni amministrative, infatti, da uno stadio iniziale di netta e rigida contrapposizione4 si evolvono progressivamente verso modelli dialogici e collaborativi. Di conseguenza l’attività amministrativa tende a diluire progressivamente la segretezza e l’unilateralità del proprio agire in un rinnovato scenario costruito sui valori della trasparenza e della partecipazione. 3 ASTONE F., Integrazione giuridica europea e giustizia amministrativa, Edizioni scientifiche, Napoli, 1999. L’autore evidenzia come il fenomeno dell’integrazione comunitaria sia tuttora circondato da un’aurea di diffidenza e gelosia all'interno degli ordinamenti degli Stati membri: "Persiste infatti, sia pur in forma attenuata, la convinzione-diffusa peraltro non solo nell’ambito della organizzazione amministrativa italiana, ma anche in una certa giurisprudenza nazionale-che sia il diritto comunitario a doversi adattare alle ragioni del nostro ordinamento e non viceversa; e ciò, malgrado una prassi ormai risalente dimostri, con precisione quasi statistica, che il processo di integrazione si estende in misura e con incisività crescenti, apparendo per molti versi come ineludibile". 4 CASSESE S., L'arena pubblica. Nuovi paradigmi per lo Stato, in Riv. trim. dir. pubbl. 2001. Secondo l'autore il rapporto tra amministrazione e cittadini è storicamente impostato sul c.d. "paradigma bipolare", ossia su una rigida contrapposizione fra il polo dell'autorità pubblica e il polo delle libertà private. In proposito si rinvia al contributo di ARENA G., Cittadini attivi, Laterza, Roma-Bari, 2006. ! !5 Il procedimento assurge, così, a luogo privilegiato di dialogo e di confronto, in cui coloro i quali erano precedentemente considerati amministrati, o peggio sudditi, divengono a vario titolo codecisori delle scelte pubbliche5. Sono proprio le situazioni giuridiche soggettive individuali a rappresentare la nuova stella cometa del panorama giuridico europeo, fungendo sia da finalità che da limite all’esercizio dei pubblici poteri . I principi comunitari, dunque, impongono lentamente ma inesorabilmente alle amministrazioni nazionali l'obiettivo della valorizzazione delle pretese del cittadino. Un vero e proprio cambio di paradigma che rende sempre più partecipata e condivisa la funzione pubblica, ampliando conseguentemente gli spazi di libertà e di tutela degli amministrati. Lungo tale direttrice il diritto amministrativo viene così a proiettarsi, attraverso una disciplina integrata e multilivello, in una dimensione giuridica europea che travalica e assorbe, senza peraltro mortificare, le singole realtà statuali. Metodo di indagine ! Il presente scritto si pone l’obiettivo di evidenziare le caratteristiche fondamentali dei principi generali del sistema comunitario, dedicando particolare attenzione a quei principi che hanno maggior impatto sulla realtà amministrativa italiana. L’esame è condotto principiando da un'analisi (storica, comparata e multidisciplinare) dei rapporti tra ordinamento comunitario e ordinamento italiano, in un contesto segnato da plurime connessioni tra processi giuridici ed economici, politici e sociali6. 5 BENVENUTI F., Il nuovo cittadino. Tra libertà garantita e libertà attiva, Venezia, 1994. 6 CARAVALE M., Le discipline storico-giuridiche, Atti del convegno “La formazione del giurista”, Roma, 2 luglio 2004, a cura di C. Angelici, Giuffrè, 2005. In via generale “il giurista non può limitarsi ad essere un mero esegeta delle norme vigenti e ad adottare come ordinamento di riferimento quello statale (…). Deve al contrario essere educato alla consapevolezza dell’inscindibile legame tra diritto e realtà sociale, economica e politica sottostante”. ! !6 Nel prosieguo della trattazione si è ritenuto opportuno far precedere l'approfondimento dei principi comunitari da alcune delucidazioni di teoria generale e da taluni riferimenti a fenomeni giuridici variamente correlati. Ciò al precipuo scopo di offrire una disamina dei principi diacronica e trasversale che, lungi dall’essere isolata e circoscritta, viva in simbiosi con il contesto storico, culturale e politico di riferimento. Come acutamente osservato, infatti, “il metodo nello studio del diritto deve essere integrale, storico e razionale nello stesso tempo”7, secondo un approccio teorico e pratico8, attuale e storico9. Chiarito, poi, il ruolo della Corte di giustizia quale demiurgo dell’ordinamento comunitario, vengono successivamente affrontate le ricadute applicative di taluni principi comunitari sull'attività amministrativa italiana. Il tutto seguendo un percorso multidisciplinare che vorrebbe essere snello e scorrevole sia nel numero dei paragrafi sia nella disamina delle questioni in rilievo. In definitiva il presente contributo mira ad un'analisi di vasto respiro dei principi dell'ordinamento comunitario e delle influenze dagli stessi esercitati sul sistema amministrativo italiano, che faccia emergere le complessità del nostro tempo, coniugando elementi diversi di un grande ed articolato puzzle. . 7 STIPO M., Osservazioni sul metodo giuridico con particolare riferimento al diritto amministrativo, in www.giustamm.it, 2009. 8 STIPO M., L’interesse legittimo nella prospettiva storica, Atti dei convegni per le celebrazioni dell’opera Giustizia amministrativa (1903) del Prof. Cino Vitta, 21 novembre 2003 e 16 luglio 2004, Consiglio di Stato, in Studi per il centenario della Giustizia amministrativa (1903) di Cino Vitta, a cura di M. Stipo, Tiellemedia, Roma, 2006. L’autore, muovendo dall’assunto della relatività e storicità dei concetti giuridici, evidenzia come l’elaborazione teorica dei medesimi risulti sempre piegata a contingenti, cangianti e mutevoli esigenze pratiche: "Ogni problema giuridico va storicizzato e considerato quindi empiricamente nel tempo e nello spazio". 9 GROSSI P. Legge e diritto. Una tradizione dell’occidente. (Presentazione del convegno di Firenze del 2 dicembre 2004), in Inchiesta sulla legge nell’occidente giuridico, Giappichelli, Torino, 2005. Nel ribadire l’importanza di un approccio storico ai fenomeni giuridici l’autore fa notare che “la storia del diritto non è una imbalsamazione di cadaveri, o con altra immagine, una raccolta decorativa di chincaglieria erudita”, ma rappresenta la coscienza critica del giurista di diritto positivo. Sulla stessa lunghezza d’onda anche ORESTANO R., Introduzione allo studio del diritto romano, III ed., Bologna, 1987, 428: "Se c’è realtà non isolata né isolabile e tanto meno autonoma è quella del diritto (...): una realtà in cui si riflette intera la storia di ciascuna formazione e di ciascuna esperienza". ! !7 Capitolo Primo PARTE PRIMA ! I principi generali dell'ordinamento comunitario nel contesto europeo. CAPITOLO PRIMO ! L'europeizzazione del diritto amministrativo italiano nell'osmosi tra diritto comunitario e ordinamenti nazionali ! Sommario: Premessa. 1.1. La fine del monopolio statale sul diritto: la rimodulazione del concetto di sovranità e l'affievolimento del ruolo della legge in un sistema delle fonti ormai multilivello. 1.2. Un diritto sempre più europeo: cause storiche, fattori politici ed economici. 1.3. La Comunità europea e il suo diritto. Le ricadute della normativa e dei principi comunitari sugli ordinamenti amministrativi statuali. 1.4. Il quadro delle fonti alla luce dei rapporti tra ordinamento comunitario e ordinamento nazionale: tesi monista vs tesi dualista. 1.5. L'incidenza delle regole e dei principi comunitari sul sistema italiano delle fonti. I nuovi strumenti a disposizione del giudice e della pubblica amministrazione. Premessa Il giurista del Terzo Millennio vive ormai in un'epoca priva di certezze, conducendo una navigazione per terre sconosciute senza i capisaldi concettuali della tradizione. Le continue trasformazioni dei processi sociali, economici e politici agitano le placide acque del mondo del diritto, costringendo l'interprete ad uscire dal proprio ! !8 Capitolo Primo consueto isolamento per adeguare tecniche e schemi giuridici ad una realtà in perenne divenire1. Non è più "tempo di solitudini per il giurista" (Grossi P.), il quale, viceversa, è chiamato a convivere con la scienza politica, la sociologia, l'economia, disegnando collegamenti tra le diverse branche del sapere. In special modo in ambito giuridico la comparazione diviene non solo fonte di ispirazione, ma paradigma imprescindibile per lo studio dei fenomeni domestici, in un contesto nel quale gli ordinamenti presentano un grado sempre maggiore di porosità e di apertura gli uni agli altri, con influenze tanto dirette quanto riflesse. Ed è proprio quanto accade nel vecchio Continente con l'avvento delle Comunità europee. La nascita e la diffusione di un diritto sempre più comune e condiviso costringe ad una rivisitazione dei fondamenti del positivismo giuridico. I concetti di fonte del diritto, legge, sovranità statale, potere normativo corrono il rischio di rimanere anacronistici cimeli del passato se non riletti ed aggiornati secondo le esigenze del presente. L'Europa si caratterizza, infatti, come scenario di grandi cambiamenti. Una vera e propria rivoluzione copernicana, innescata dai principi comunitari del primato e dell'effetto diretto, investe il sistema delle fonti, rendendolo fluido, policentrico e multilivello. Un nuovo modello "a rete" per linee orizzontali si afferma, infatti, in sostituzione del vetusto impianto gerarchico-verticale. 1 A riguardo SCALISI V., Fonti-Teoria-Metodo. Alla ricerca della "regola giuridica" nell'epoca della postmodernità, Giuffrè, Milano, 2012. Nell'epoca della postmodernità, secondo l'autore, molteplici fattori concorrono alla crisi del sistema ed al disorientamento del giurista: "La complessità sociale, ormai al livello del disordine; lo sviluppo tecnologico da sempre refrattario ai controlli; il mercato divenuto sempre più aggressivo e, per contro, sempre meno governabile; il tutto nel contesto di una globalizzazione fattasi anch'essa sempre più pervasiva, avvolgente e quasi del tutto spersonalizzante (...). Inquietudine, liquidità, rischio, incertezza, generale disincanto sembrano divenuti la nuova cifra dei rapporti di vita, a contrassegnare un'età pervasa da irrimediabile perdita di senso oltre che di idealità forti e motivate, con il sapere stesso senza più fondamenti stabili e costanti". In questo quadro anche le tradizionali categorie ordinatrici del pensiero giuridico perdono quella funzione di guida sicura ricoperta in passato, poichè "un filtrante movimento di destrutturazione ha cominciato ormai ad attraversare lo stesso ordine giuridico sempre più esposto a una persistente spinta centrifuga di moltiplicazione, frammentazione, differenziazione e vera e propria dispersione dei luoghi stessi della produzione giuridica". ! !9 Capitolo Primo La galassia dei pubblici poteri sovranazionali si amplia ed espande con conseguente ridimensionamento della sovranità e dei poteri dello Stato sia a livello di produzione normativa sia nella gestione dei fenomeni economici. Con l'avvio di un processo di integrazione sempre più stretta tra gli Stati mutano radicalmente gli scenari giuridici degli ordinamenti nazionali. Il diritto europeo inesorabilmente ne scava le strutture portanti, ridisegnandone finalità e caratteri attraverso l'imposizione di regole tese ad avvicinare tradizioni normative un tempo distanti. Ciò è favorito, in particolare, dai principi non scritti elaborati dalla Corte di giustizia, i quali collocano al centro del sistema libertà e diritti dei singoli, orientando così gli apparati statali (legislativi, amministrativi e giurisdizionali) verso l'obiettivo della protezione delle situazioni giuridiche individuali2. Il tutto attraverso un cambio di paradigma della mentalità e dello strumentario giuridico dell'interprete nazionale. Infatti, per garantire prevalenza all'acquis comunitario ed offrire protezione ai diritti di fonte sovranazionale, i giudici domestici, nel ruolo di giudici decentrati della giurisdizione europea, si avvalgono dei nuovi rimedi dell'interpretazione conforme, del rinvio pregiudiziale e della disapplicazione, in un circuito di virtuosa e proficua collaborazione con la Corte di giustizia. Come si vedrà nel prosieguo, i principi del diritto comunitario sono, oggi, penetrati in ogni ramo del diritto statuale. In special modo l'azione dei pubblici poteri amministrativi ne esce ridefinita attraverso la valorizzazione delle pretese del cittadino e il ridimensionamento dei privilegi dell'autorità pubblica, attualmente sempre più inquadrata in una logica di servizio nei confronti della collettività. 1.1. La fine del monopolio statale sul diritto: la rimodulazione del concetto di sovranità e l’affievolimento del ruolo della legge in un sistema delle fonti ormai multilivello 2 Con particolare riferimento all'influenza esercitata dall'ordinamento comunitario sui rapporti tra cittadino e amministrazione pubblica TARULLO S., Il giusto processo amministrativo. Studio sull’effettività della tutela giurisdizionale nella prospettiva europea, Milano, 2004: "È convincimento diffuso (...) che le istituzioni comunitarie abbiano sino ad oggi veicolato un livello di tutela delle posizioni giuridiche dei singoli nei riguardi della pubblica amministrazione ben superiore rispetto a quello tradizionalmente riscontrabile nell'ordinamento italiano". ! !10 Capitolo Primo Il dogma giuspositivistico della statualità del diritto, espressione della visione “statocentrica” degli ordinamenti liberali borghesi del XIX sec., nonché della trasposizione nel diritto pubblico dei concetti cardine della tradizione giuspandettistica civilistica dell'Ottocento, è da tempo in via di superamento3. Come ben evidenziato, nell’odierna società “sono in crisi non solo le strutture tradizionali dello Stato-soggetto, ma sono correlativamente in crisi o in via di superamento ideologie politiche classiche e vecchi schemi politici”4. È in atto un processo di destrutturazione delle “mitologie giuridiche” proprie dell’esperienza liberale borghese5. Possono, infatti, dirsi infranti i miti della esclusiva 3 SCHMITT C., Die lage der europäischen Rechtswissenschaft (1943-1944), trad. it.. La condizione della scienza giuridica europea, a cura di A. Carrino, Pellicani, Roma, 1996. Schmitt, con profetica lungimiranza, preconizza il declino del positivismo e del formalismo giuridico, dominatori sin dal XIX sec. della cultura giuridica europea, in un periodo in cui-gli anni Quaranta del XX sec.-la legge statuale ancora monopolizza il mondo del diritto. Nel promuovere la formazione di un diritto comune europeo, Schmitt contesta l’identificazione del diritto esclusivamente nella legge positivamente data ed auspica, diversamente, un diritto che, non esaurendosi nella legislazione, si alimenti anche attraverso i contributi della dottrina e dei giudici. Per un approfondimento delle questioni sottese al positivismo giuridico, senza pretese di completezza, CATANIA A., Diritto positivo ed effettività, Editoriale scientifica, 2009. GIORGIANNI V., Neopositivismo e scienza del diritto, Roma, 1956. BOBBIO N., Positivismo giuridico, Lezioni di filosofia del diritto raccolte da N. Morra, a.a. 1960/61, Cooperativa libreria universitaria, Torino 1961, 324. Rieditato nel 1979 per i tipi di Giappichelli, Torino, 288. CARRIÒ G.R., Principi di diritto e positivismo giuridico (1970) ora in R. Guastini, Problemi di teoria del diritto, il Mulino, Bologna, 1980. CRISAFULLI V., Lezioni di diritto costituzionale, II, Padova, 1984. FALZEA A., Introduzione alle scienze giuridiche. Parte prima. Il concetto del diritto, V, Giuffrè, Milano, 1996. HART H.L.A., Postscript, in The concept of law, Clarendon, Oxford, 1994. COLEMAN J., La pratica dei principi. In difesa di un approccio pragmatista alla teoria del diritto, il Mulino, Bologna, 2006. 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La crisi delle categorie giuridiche tradizionali, Roma-Bari, 2007. VOGLIOTTI M., Tra fatto e diritto-Oltre la modernità giuridica, Giappichelli, Torino, 2007. ! !11 Capitolo Primo statualità del diritto, dell’onnipotenza della legge, della separazione dei poteri e della gerarchia delle fonti6. Il lento ma inesorabile processo di “denazionalizzazione” degli Stati e dei loro ordinamenti giuridici solleva il problema delle modalità di interazione delle nuove forme di diritto ultrastatale con i sistemi giuridici nazionali. L’analisi del tema si snoda necessariamente lungo il sentiero della rivisitazione dei concetti e delle categorie tipici della dogmatica tradizionale così come ereditati dal passato. Nel XXI sec. si registra il depotenziamento ormai irreversibile della sovranità dello Stato-ente7, sia a livello interno a vantaggio di formazioni sub-statuali, sia sul piano 6 GROSSI P., Mitologie giuridiche della modernità, op. cit.. In particolare per Grossi si assiste in ambito giuridico ad una moltiplicazione delle fonti e dei relativi centri di produzione. Se in passato le fonti potevano considerarsi “un patrimonio rigido e indisponibile, perché ciò serviva a garantire il monopolio dello Stato e della legge, nel tempo della globalization, quando Stato e legge vedono assai relativizzato il proprio ruolo, anche il problema delle fonti non può non essere sottoposto a una massiccia relativizzazione, se non si vuol correre il rischio di mantenere intatto un sacrario dedicato a idoli ormai infranti nella comune coscienza”. Inoltre il “principio di legalità formale deve cedere a un più comprensivo principio di giuridicità dove la corrispondenza è con i valori di un intero ordine giuridico (…) un ordine giuridico che si distende ben al di là e ben più in profondo dei confini della statualità”. 7 Con riferimento alla sovranità statuale in epoca moderna e alle cause della sua crisi, senza pretese di completezza, AA.VV., Inchiesta sulla legge nell’Occidente giuridico, a cura di Vincenti U., Giappichelli, Torino, 2005. VENTURA L.-NICOSIA P.-MORELLI A.-CARIDÀ R., Stato e sovranità. Profili essenziali, Giappichelli, Torino, 2010. KRASNER S.D., Sovereignty organised hypocrisy, Princeton, 1999, 9. WERNER W. G.–DE WILDE J.H., The Endurance of Sovereignty, in Eur. Journ. Int. Rel., vol. 7, n. 3, 2001, 285. VAN ROERMUND B., Sovereignty: Unpopular and Popular, in Walker N. (eds.) Sovereignty in Transition, Oxford, 2003. 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Il fenomeno ha avuto profonde ricadute sul sistema delle fonti, da sempre monopolio esclusivo degli Stati, rendendone più complessa e sofisticata l'attività interpretativa9. La produzione normativa è, infatti, esondata dai propri tradizionali confini per redistribuirsi su più livelli (interni e ultrastatuali). Il processo di globalizzazione10 ha, poi, contribuito alla vorticosa circolazione di principi e regole in una struttura a rete11 in continua espansione in cui il diritto “si dispone come un tessuto a maglie larghe, pieno di buchi che si lascia penetrare, integrare, completare dalle opzioni e preferenze dei vari giocatori giuridici”12. La caduta dell’esclusivismo statale sulle fonti ha certamente favorito il dialogo tra attori istituzionali e sistemi giuridici diversi, creando in ambito europeo un’area normativa comune di scambi e reciproche interazioni, favorita proprio dall’espansione dell’ordinamento comunitario. 8 Può dirsi oggi superata la tesi, sostenuta dalle teorie giuridiche italo-tedesche del tardo Ottocento e dagli Stati autoritari del Novecento, che la sovranità abbia carattere assoluto. La sovranità statuale viene attualmente compressa e limitata tanto sul piano sovranazionale quanto in ambito interno. In particolare in Italia la riforma del titolo V della Carta costituzionale (l. cost. n. 3 del 2001), nel riconoscere piena autonomia agli enti territoriali, restringe i poteri normativi e amministrativi dello Stato, erodendone così gli spazi di sovranità. Sul ruolo delle autonomie territoriali in un sistema policentrico e multilivello si segnala, tra i vari contributi, BARBATI C.-ENDRICI G., Territorialità positiva. Mercato, ambiente e poteri subnazionali, il Mulino, 2006. 9 CARAVALE M., Le discipline storico-giuridiche, Atti del convegno “La formazione del giurista”, Roma, 2 luglio 2004, op. cit.: "In un momento, come quello che viviamo, nel quale il mito Ottocentesco dello Stato sovrano unica fonte di diritto conosce un progressivo appannamento, in seguito sia alla ricezione delle norme europee, sia alla espansione delle competenze legislative delle regioni, sia alla accresciuta importanza riconosciuta all’interpretazione giurisprudenziale in tutti i paesi europei (...), il giurista deve essere messo in grado di conoscere logiche interpretative sperimentate in realtà istituzionali nelle quali lo Stato, come conosciuto nel mondo occidentale del secolo XIX, e in buona parte del successivo, non esisteva". 10 Con la globalizzazione ogni istituzione rimodula le proprie caratteristiche e relativizza il proprio ruolo in un universo giuridico che da una struttura piramidale di tipo verticale si evolve verso un modello multipolare a carattere orizzontale. A riguardo si consideri l'opera di FRIEDMAN L.M., La società orizzontale, il Mulino, Bologna, 2002. 11 DE SOUSA SANTOS B., Stato e diritto nella transizione post-moderna. Per un nuovo senso comune giuridico, in Soc. dir., n. 31 del 1990. La globalizzazione dà vita ad un mondo giuridico universale creando una serie di “reti di legalità, ora parallele ora sovrapposte, ora complementari ora antagoniste”. In tema anche DONIGI M., Globalizzazione e fonti del diritto, 1, Cacucci, Bari, 2006. FREDIANI E., La produzione normativa nella sovranità "orizzontale", ETS, Pisa, 2010. 12 FERRARESE M.R., Il diritto al presente. Globalizzazione e tempo delle istituzioni, il Mulino, Bologna, 2002. ! !13 Capitolo Primo Gli storici steccati, peraltro spesso nel passato eccessivamente enfatizzati, tra ordinamenti di civil law e di common law tendono oggi a cadere13 in nome di un diritto sempre più universale14. Dall’affievolimento della sovranità statuale discende, così, il tramonto della legge15, quale atto principe della produzione normativa. È dunque il crepuscolo per il mito ottocentesco dell’onnipotenza legislativa16. Già nei primi decenni del XX sec., Capograssi, con profetica lucidità, definisce lo Stato e la legge “due giganti scoronati”, preannunciando per entrambi un imminente declino. L’inarrestabile svalutazione dell’atto legislativo viene, poi, accelerata dai concomitanti fenomeni della globalizzazione17 e della crescita esponenziale della 13 In particolare BARBERIS M., Introduzione, in Europa del diritto, il Mulino, 2008. Secondo l’autore “l’Unione europea e il diritto comunitario-(...) singolare contaminazione di diritto continentale e di common law-non si pongono con gli Stati membri e con il diritto interno in una relazione di negazione o di opposizione, come talvolta si pensa, ma al massimo di superamento (Aufhebung): un oltrepassamento dello Stato e del suo diritto che quasi sempre preserva tutto ciò che oltrepassa”. 14 La tesi che i Paesi anglosassoni siano privi di un diritto amministrativo, sostenuta da vari studiosi tra cui Giannini, è influenzata dall’opera di DICEY A.V., Lectures introductory to the study of the law and Constitution, London, 1885, che nel valorizzare le libertà individuali critica la possibilità di una regolamentazione ad hoc delle relazioni tra autorità e cives. Questo orientamento appare oggi definitivamente superato dall’evoluzione storico-giuridica dei Paesi di common law. Sulla progressiva attenuazione delle distanze tra ordinamenti di civil law e di common law si rinvia a VARANO V.–BARSOTTI V., La tradizione giuridica occidentale. Testi e materiali per un confronto tra civil law e common law, IV ed., Giappichelli, Torino, 2010. GORLA V.G., Il diritto comparato in Italia e nel mondo occidentale: un’introduzione al dialogo civil law-common law, Giuffrè, Milano, 1983. CRAIG P., EU administrative law, Oxford, Oxford University Press, 2012. WADE H., Administrative law, Oxford, 1977. AA.VV., Due iceberg a confronto: le derive del common law e del civil law-Atti del XX seminario, Giuffrè, 2009. LUPOI M., Common law e Civil law (alle radici del diritto europeo), Relazione al Congresso dell’Associazione Italiana di diritto comparato, Sassari, 10 giugno 1993. MONATERI P.G.SOMMA A., Il modello di civil law, III ed., Giappichelli, 2009. MATTEI U., Il modello di common law, Giappichelli, Torino, 2004. PIZZORUSSO A., Sistemi giuridici comparati, Milano, 1998. 15 STIPO M., Riflessioni sulla problematica della tutela dell’affidamento in diritto pubblico, op. cit.. Secondo l’autore l’affievolimento del ruolo della legge deve collocarsi nell’alveo della “generale crisi delle norme autoritativamente imposte alla società, cioè come crisi di quella parte delle norme di un ordinamento giuridico che un’autorità a ciò specificamente deputata crea imponendole ad un certo ambiente sociale”. 16 DE LOLME J.L., The Constitution of England; Or, an Account of the English Government, 1784. L’autore per evidenziare gli innumerevoli poteri di cui sono titolari i Parlamenti fa ricorso all’immaginifica espressione secondo la quale “le assemblee parlamentari possono tutto, eccetto che trasformare l’uomo in donna”. 17 In ordine agli effetti prodotti dalla globalizzazione sul sistema delle fonti DIONIGI M., Globalizzazione e fonti del diritto, Cacucci, 2011. ! !14 Capitolo Primo normativa comunitaria che infliggono un colpo mortale al tradizionale modello “legicentrico”18. La legge nazionale, pertanto, non si colloca più "in alto e al centro" del sistema ordinamentale (Costa P.) quale “expression de la volonté générale”19. Al contrario la legge si appalesa inadeguata a governare le complessità della società contemporanea, in quanto “strumento astratto, rigido, uniforme, in ultima analisi, rudimentale, che impone un diritto ideologico, lontano dalla realtà, e quindi inaccettabile”20. 18 Il venir meno della visione “legicentrica” è il risultato della caduta del dogma positivistico della coincidenza tra diritto e legge, espressione del dominio normativo dello Stato. Questa concezione è ben espressa da IRTI N., La cultura del diritto civile, Torino, 1990: "Fummo educati alla venerazione della legge. Le vicende politiche, il tramonto e l’ascesa dei governi, la stessa guerra civile: tutto sembrava risolversi e tradursi nella legge (...) Questo era il nostro orizzonte: al di là né potevamo né volevamo spingerci (...) E la legge era lo Stato, e lo Stato era la legge". La stessa Costituzione italiana del '48 tende a ridimensionare il ruolo della legge, sottoponendola ad un controllo accentrato di validità da parte della Consulta. Inoltre la Carta costituzionale amplia lo scenario delle fonti primarie, circoscrivendo l'ambito applicativo della legge mediante l'introduzione del criterio della competenza a fianco del tradizionale criterio gerarchico. In tema di mutamenti del sistema delle fonti ALBINO L., Il sistema delle fonti tra ordinamento interno e ordinamento comunitario, in Riv. it. dir. pubbl. com., n. 2 del 2001, 923, secondo cui “con il passaggio dallo Stato monoclasse allo stato pluriclasse, il sistema delle fonti del diritto, per un verso, ha registrato in forza del principio pluralista, un aumento del numero degli atti che lo compongono, per un altro, ha subito significative trasformazioni nei suoi criteri ordinatori che, pur restando in linea di massima quelli individuati dallo Stato liberale, devono oggi fare i conti con il principio di supremazia della Costituzione e con la perdita di centralità della legge nella regolamentazione dei rapporti intersoggettivi”. Sulla crisi della legge in generale si rinvia a GENINATTI SATÈ L., I fatti critici del sistema delle fonti e la crisi del principio di legalità, in Dir. pubbl., 2005, 885. MODUGNO F., A mò di introduzione. Considerazioni sulla “crisi” della legge, in Trasformazioni della funzione legislativa, II, Crisi della legge e sistema delle fonti, a cura di F. Modugno, Giuffrè, Milano, 2000. MATTARELLA B.G., La trappola delle leggi. Molte, oscure, complicate, il Mulino, Bologna 2011. AINIS M., La legge oscura. Come e perchè non funziona, Laterza, Roma-Bari, 2002. Per uno studio ragionato della crisi della legge, attribuibile a fattori disgregativi interni allo Stato (ancor prima, dunque, dell'affermazione degli ordinamenti sovranazionali) si vedano CARNELUTTI F., La crisi della legge, in Riv. dir. pubbl., 1930. STAIANO S. Crisi della legge e legislazione periodica, Jovene, Napoli, 2003. Sulle ricadute del principio di legalità in ambito amministrativo TANDA P., Principio di legalità ed efficienza amministrativa, in www.giustamm.it. MARINO I.M., Responsabilità dell’amministrazione e risultati, in Immordino M.–Police A. (a cura di), Principio di legalità ed amministrazione di risultati, Torino, 2004. 19 CARRÉ DE MALBERG R., La loi expression de la volonté générale, Paris, 1931. 20 SANTORO E., Diritto e diritti: Lo Stato di diritto nell’era della globalizzazione, Giappichelli, Torino, 2008. ! !15 Capitolo Primo Dunque lo Stato, da sempre egemone della funzione normativa, viene scalzato dal ruolo di “padrone” del diritto21 e ridimensionato dalla concorrenza delle plurime fonti europee. Sono in special modo i principi comunitari ad intaccare il dogma del legislatore factotum in un rinnovato contesto di osmosi tra sistemi giuridici che segna il declino della struttura ordinamentale di stampo liberale fondata sul trinomio legge-regolamentoconsuetudine22. In una galassia di fonti giuridiche sovranazionali23 che tendono ad imporsi in un circuito normativo integrato e multilivello, il ruolo di law-maker, non più di esclusiva pertinenza statale, è suddiviso tra una pluralità di attori istituzionali e non. In questa nuova realtà proprio il depotenziamento dell'autorità dello Stato ha, come suo corollario, l'apertura di ampi spazi di libertà e d'azione per altre istituzioni, gruppi 21 Così ZAGREBELSKY G., Il diritto mite. Legge, diritti, giustizia, Einaudi, Torino, 1992. In argomento anche ROMANO TASSONE A., Sulla formula amministrazione per risultati, in Scritti in onore di Elio Casetta, Napoli, 2001. CAMMELLI M., Amministrazione di risultato, in annuario AIPDA, 2001, Milano, 2002, 107. IMMORDINO M., Certezza del diritto e amministrazione di risultati, in Immordino M.–Police A. (a cura di), Principio di legalità ed amministrazione di risultati, Torino, 2004. Secondo l’autrice la crisi del principio di legalità nell’ordinamento italiano “trova le ragioni più prossime nella crescente europeizzazione ed internazionalizzazione del diritto amministrativo, nell’ipertrofia normativa, nella cattiva qualità delle leggi che degenera, sempre più spesso nella loro oscurità, con effetti devastanti sul piano della conoscibilità e quindi dell’effettività del diritto stesso, nella crescente provvedimentalizzazione della legge, nel ricorso sempre più frequente alle cd. leggi omnibus o alle leggi manifesto, nella crescita vertiginosa della legislazione speciale, nella sistematica violazione del principio di separazione dei poteri, per indicarne soltanto alcune”. 22 Oggigiorno il sistema delle fonti giuridiche deve essere ripensato alla luce delle esperienze della modernità. Esso non costituisce più un sacrario da venerare nella propria inossidabile immutabilità, bensì va considerato come una realtà dinamica, in continua evoluzione, articolata in una pluralità di attori e di centri di produzione. Nell'età della globalizzazione anche il giurista è chiamato a ripensare il proprio modus operandi e ad abbandonare i vecchi schemi del positivismo giuridico. 23 FERRARESE M.R., Il diritto al presente. Globalizzazione e tempo delle istituzioni, op. cit.. Secondo l’autrice “l’affollamento giuridico prodotto dalla globalizzazione significa la coesistenza di vecchie e nuove fonti del diritto, di vecchi e nuovi soggetti giuridici, di vecchi e nuovi istituti (...). Nel nostro orizzonte giuridico l’affollamento produce di fatto un continuo e ripetuto attentato al primato della legge, un tempo incontrastata signora e prima attrice della scena giuridica”. Per un'interessante ricognizione del sistema delle fonti SORRENTINO F., Ai limiti dell’integrazione europea: primato delle fonti o delle istituzioni comunitarie?, in Pol. dir., n. 2 del 1994. DE PRETIS D., La tutela giurisdizionale nei confronti della pubblica amministrazione, in www.dirittoamministrativo.jus.unitn.it: "La complessità del sistema, la dinamicità del rapporto fra fonti comunitarie e fonti nazionali, tra jus commune e jura particularia, la stessa origine giurisprudenziale di larga parte dei principi comunitari, accentua il ruolo dell’interprete e, primo fra tutti, il ruolo del giudice. Il diritto non è più solo quello dello Stato; sempre di più esso è meno legge, meno regole, e più principi, più diritto". ! !16 Capitolo Primo organizzati, persone fisiche e giuridiche, che tendono ad uscire dall'ombra per divenire protagonisti della scena. Nel quadro attuale sembra, inoltre, mutare all'interno delle singole esperienze nazionali la struttura dei rapporti tra la sfera pubblica e l'area degli interessi privati. Gli organi pubblici ridefiniscono lentamente caratteristiche ed intensità del proprio agire; in particolare l'amministrazione da "potere che agisce" (Mohl) diviene sempre più strumento al servizio delle libertà e dei diritti dei cittadini, stemperando quell'aurea di supremazia, unilateralità e autoritarietà che tradizionalmente ne ha contraddistinto l'azione24. 1.2. Un diritto sempre più europeo: cause storiche, fattori politici ed economici Il secondo conflitto mondiale segna il definitivo tramonto della concezione seicentesca degli Stati come “comunità perfette” (societates iuridicae perfectae), aventi una dimensione territoriale adeguata alle esigenze della società e del mercato. 24 Sui tradizionali caratteri del provvedimento amministrativo GIANNINI M.S., voce Atto amministrativo, in Enc. dir. vol. IV, Milano, 1959, 157. L'autore efficacemente descrive i rapporti asimmetrici che tradizionalmente intercorrono tra l'autorità pubblica e i cives: "Se qualcosa cede dinanzi all'azione amministrativa questi sono soprattutto i diritti di libertà dei singoli". ! !17 Capitolo Primo Il fenomeno della globalizzazione25, “in quanto processo di trasferimento di poteri dagli Stati ai mercati”26, tende ad erodere il tradizionale monopolio statuale sui fenomeni economici27, sicchè “i regolatori nazionali cedono il controllo ai mercati globali” (Cassese S.), in uno scenario in cui la sovranità statale si opacizza e frammenta, ripartendosi su più livelli e tra molteplici attori. 25 Uno dei maggiori effetti della globalizzazione può rinvenirsi proprio nel superamento della concezione della sovranità statale quale espressione di un potere supremo e indipendente. La globalizzazione, infatti, collocando taluni momenti decisionali al di fuori dei confini statuali, tende a ridimensionare i poteri di governo e di legiferazione delle varie autorità nazionali. Per una analisi dell'influenza esercitata dalla globalizzazione sui processi economici e sui fenomeni normativi si rinvia a McGREW A., Globalization/anti-globalization (2002), trad. it. Globalismo e antiglobalismo, II ed., Bologna, 2003. AMATO C.–PONZANELLI G., Global law v. local law. Problemi della globalizzazione giuridica, Giappichelli, Torino, 2006. AMOROSO B., Della globalizzazione, la Meridiana, Molfetta, 1996. AUBY J.B., La globalisation, le droit et l’État, Paris, Montchrestien, 2003. BADIE B., La fine dei territori. Saggio sul disordine internazionale e sull’unità sociale del rispetto, Trieste, 1996. BARCELLONA P., Dallo Stato sociale allo Stato immaginario. Critica della ragione funzionalista, Bollati Boringhieri, Torino, 1994. BAUMAN Z., Dentro la globalizzazione, Laterza, Roma-Bari, 1999. BECK U., Che cos’è la globalizzazione, Carocci, Roma, 1999. D’ALBERTI M., Poteri pubblici, mercati e globalizzazione, il Mulino, Bologna, 2008. DE VERGOTTINI G., Garanzia dell’identità degli ordinamenti statali e limiti della globalizzazione, in Amato C.-Ponzanelli G., (eds.) Global law v. local law. Problemi della globalizzazione giuridica, Giappichelli, Torino, 2006. ESTY D.C., Good governance at the Supranational Scale. Globalizing Administrative Law, in Yale Law Journal, 115, 2006, 1490. GALGANO F., La globalizzazione nello specchio del diritto, il Mulino, Bologna, 2005. GALLI C., Spazi giuridici-l’età moderna e l’età globale, il Mulino, Bologna, 2001. GALLINO, Globalizzazione e disuguaglianze, Laterza, Bari, 2000. GIDDENS A., Le conseguenze della modernità, il Mulino, Bologna, 1994. GUARINO G., Il governo del mondo globale, le Monnier, Firenze, 2001. MASSERA A., Oltre lo Stato: Italia ed Europa tra locale e globale, in Riv. trim. dir. pubbl. 2001. ROBERTSON R.–WHITE K.E., La glocalizzazione rivisitata ed elaborata, in Sedda F. (a cura di) Glocal sul presente a venire, Sassella editore, Roma, 2004. 26 FERRARESE M.R., Le istituzioni della globalizzazione. Diritto e diritti nella società transnazionale, il Mulino, Bologna, 2000. La globalizzazione produce importanti effetti nella sfera istituzionale da sempre “organizzata intorno al baricentro statale e alle sue logiche centralizzatrici”. La globalizzazione presuppone e impone la progressiva riduzione dell’intervento pubblico nell’economia, ossia “meno Stato” e “più mercato”. Non vi può essere globalizzazione senza un maggiore impegno del mondo economico privato. In ordine a tali profili si rinvia a STRANGE S., Chi governa l’economia mondiale?, Il Mulino, Bologna, 1998. CAPRIGLIONE F., Etica della finanza, mercato, globalizzazione, Cacucci, Bari, 2004. 27 AA.VV., Il governo dell’economia tra “crisi dello Stato” e “crisi del mercato”, a cura di Gabriele F., Cacucci, Bari, 2005. ! !18 Capitolo Primo Secondo autorevole dottrina “il mercato non corrisponde più ad un solo Stato, ma ha carattere tendenzialmente globale”28. Infatti i fenomeni di internazionalizzazione29, uniti all’esaltazione delle libertà economiche, generano “la rottura dei meccanismi di identificazione dei mercati con gli Stati, a loro volta identificati con le nazioni e la scissione tra Stato, economia e territorio”30. Questi processi inevitabilmente dialogano con le trasformazioni del diritto in genere ed in particolare del diritto pubblico31. 28 CHITI M.P., Diritto amministrativo europeo, IV ed., Giuffrè, Milano, 2011. 29 Sulle ricadute di tali fenomeni negli ordinamenti nazionali, a titolo esemplificativo, OLSEN J.P., The many faces of Europeanization, in Arena working papers,WP 01/2, 2001. LAZAR D., Regulatory interdependence and international governance, Journal of European public policy, 8, 3, 2001. BOTCHEVA L.–MARTIN L.L., Institutional effects on State behaviour: Convergence and divergence, International Studies Quarterly, 45, 2001. 30 FERRARESE M.R., Le istituzioni della globalizzazione. Diritto e diritti nella società transnazionale, op. cit.. Ad avviso dell’autrice “nel mutato rapporto tra politica ed economia, tradizionalmente organizzato dagli Stati e negli Stati, si evidenzia una cesura significativa rispetto al periodo contrassegnato dalla preminenza assoluta dello Stato. La globalizzazione rappresenta una sorta di fuoriuscita dell’economia da questo contenitore statale e una tendenziale affermazione della sua autonomia e autosufficienza rispetto al processo politico”. Inoltre se “nel passato i soggetti erano incardinati in un ordine normativo definito da una propria territorialità che coincideva con quella degli Stati”, attualmente è in atto un rimescolamento di figure, attività e poteri a più livelli. Con riferimento ai rapporti tra territorio, Stato e sovranità si rinvia a AA.VV., Stato ed economia all’inizio del XXI sec., a cura di Franchini C.–Paganetto L., il Mulino, Bologna, 2002. DI MARTINO A., Il territorio: dallo Stato–nazione alla globalizzazione. Sfide e prospettive dello Stato costituzionale aperto, Giuffrè, 2010. SCHMITT C., Il nomos della terra del diritto internazionale dello "Jus publicum europaeum", a cura di F. Volpi, Adelphi, Milano, 1991. Schmitt sostiene che si è ormai giunti alla fine del nomos della terra ossia al disfacimento della sovranità rappresentata dal territorio. LEVI L.– MOSCONI A., Globalizzazione e crisi dello Stato sovrano, Celid, Torino, 2005. 31 Secondo ROSSI G., Principi di diritto amministrativo, Giappichelli, Torino, 2010, “il diritto pubblico, di per sé il più esposto alle trasformazioni del contesto economico, sociale e culturale, è quello più investito dalle evoluzioni connesse allo sviluppo dell’informatica che ha conferito una diversa dimensione allo spazio e al tempo, riducendoli o eliminandone la rilevanza. L’economia globale che ne è derivata preclude agli Stati la possibilità di governare i flussi finanziari”. Per quanto concerne l'impatto della globalizzazione sul diritto amministrativo nazionale BATTINI S., L’impatto della globalizzazione sulla pubblica amministrazione e sul diritto amministrativo: quattro percorsi, in Giorn. dir. amm., 2006, 339. L’Autore sostiene, in ordine al processo di erosione della sovranità statale, che “il diritto globale non sempre si accontenta di limitare, attraverso le tecniche e gli istituti del diritto amministrativo, il potere delle autorità domestiche di regolare e amministrare entro il proprio territorio. Spesso gli accordi internazionali, multilaterali o bilaterali, impongono agli Stati di recepire e di applicare, entro il proprio ordinamento, regole e decisioni prodotte all’esterno di esso. Talvolta, si tratta di regole approvate da autorità straniere, che penetrano nell’ordinamento statale in base ad accordi ispirati ai principi di equivalenza e di mutuo riconoscimento. In altri casi, si tratta invece di regole o standards approvati da autorità globali, impegnate nell’opera di armonizzazione dei sistemi normativi e amministrativi degli Stati”. ! !19 Capitolo Primo La globalizzazione dei mercati scioglie così l’economia dal controllo della politica nazionale32, favorendo un nuovo modello di economia senza Stati33, orientato verso la possibile dittatura dei potentati economici34. Questo trend in campo economico rappresenta un ciclone in grado di travolgere non solo gli Stati ma anche i rispettivi ordinamenti, poichè “l’economia diventa veicolo di significativi mutamenti nell’area della sovranità e disegna nuovi percorsi per le istituzioni giuridiche” (Scocozza A). Le nuove esigenze dei mercati35 incidono anche sulla produzione giuridica36, favorendo la proliferazione di centri di produzione ultrastatali (non governmental 32 GALGANO F., La globalizzazione nello specchio del diritto, op. cit.: Per l'autore la globalizzazione dell'economia determina uno spostamento dei centri decisionali "al di fuori dei confini statali, frustrando i poteri di governo e di legiferazione dei singoli Stati". 33 Sul ruolo marginale degli Stati nell’odierno scenario e sulla affermazione di nuovi protagonisti si veda CLASTRES P., La società contro lo Stato, Feltrinelli, Milano, 1977. La crisi economico-finanziaria del 2009 segna, però, un’inversione di tendenza (che solo il tempo dirà se di breve o lunga durata), riproponendo un nuovo interventismo statale in ambito economico mediante politiche di sostegno a favore di imprese e istituti bancari in difficoltà. A riguardo CAPUNZO R., Argomenti di diritto pubblico dell’economia, Giuffrè, 2010. 34 Si registra, così, una funzionalità invertita tra Stati e mercati: se un tempo le regole venivano dettate dagli ordinamenti statali al mercato, attualmente sono i mercati, o meglio le grandi società transnazionali, a condizionare la politica finanziaria degli Stati. Contra DELLA CANANEA G., I pubblici poteri nello spazio globale, in Riv. trim. dir. pubbl. n. 1 del 2003, 3, secondo cui “non è vero che gli Stati nazionali hanno perso le leve del governo dell’economia. Perlomeno, non pochi Stati, anche nell’epoca della globalizzazione, riescono benissimo a governare le rispettive economie”. Per un approfondimento delle relazioni tra Stato e mercati si vedano in proposito CASSESE S., L’erosione dello Stato: una vicenda irreversibile, in La crisi dello Stato, Roma–Bari, 2001. PINELLI C.– TREU T. (a cura di), La Costituzione economica. Italia, Europa, il Mulino, 2010. BUCHANAN J.M., Stato, mercato e libertà, il Mulino, 2006. 35 CARDI E., Mercati e istituzioni in Italia, II ed., Giappichelli, Torino, 2009. 36 PIZZORUSSO A., La produzione normativa in tempi di globalizzazione, Giappichelli, Torino, 2008. ! !20 Capitolo Primo organizations, corporate law firms37, non State actors38) e di nuovi strumenti normativi (soft law39) attraverso una progressiva privatizzazione (o quantomeno consensualità) delle modalità di produzione normativa40. La lex mercatoria è la più tangibile espressione di un "droit sans l'État" (Cohen Tanugi L.), cioè di un diritto informale elaborato dalla società civile e costituito da una pluralità di "regole che le parti possono validamente scegliere in luogo di qualsiasi diritto statuale"41. In un panorama così configurato iniziano ad affermarsi nella seconda metà del XX sec. una serie di organizzazioni sovranazionali con l'obiettivo di risolvere problematiche economiche che gli Stati individualmente non riescono più affrontare in modo soddisfacente. Esse simboleggiano, infatti, l’estremo tentativo degli apparati statali di recuperare influenza in uno dei settori, quale quello economico, strategici per la propria 37 FREDIANI E., La produzione normativa nella sovranità "orizzontale", op. cit.: Le corporate law firms sono "organizzazioni di stampo privatistico che, nello svolgimento di attività di consulenza ed assistenza legale alle diverse imprese operanti sul mercato, finiscono per configurarsi quali autentiche "fabbriche" da cui scaturisce un nuovo statuto giuridico del mercato medesimo. In altri termini, le law firms, organizzazioni di assistenza legale in materie altamente specialistiche quali ad esempio la contrattualistica internazionale, nel prestare la propria attività di consulenza al mondo dell'imprenditoria, hanno contribuito alla creazione di nuove (ed atipiche) figure contrattuali le quali, traducendo in termini giuridici schemi e modalità comportamentali "emersi" in ambito economico, a poco a poco si sono diffusi e "propagati per l'intero planisfero" divenendo, grazie a questa circolazione di livello internazionale, dei veri e propri modelli contrattuali uniformi peraltro privi di una loro nazionalità". 38 CLAPHAM A., Human rights obligations of non-State actors, Oup, Oxford, 2006. 39 Sul ruolo della soft law SOMMA A. (a cura di), Soft law e hard law nelle società post-moderne, Giappichelli, Torino, 2009. MOSTACCI E., La soft law nel sistema delle fonti:uno studio comparato, Padova, 2008. DE MINICO G., La soft law: nostalgie e anticipazioni, in AA.VV., Le nuove istituzioni europee, a cura di Bassanini F.e Tiberi G., Commento al Trattato di Lisbona, Bologna, 2008. STIPO M., Riflessioni storico-critiche sulla scienza giuridica nel prisma delle trasformazioni politico-sociali e sulle prospettive del diritto, op. cit.: Con la locuzione soft law “ci si riferisce a tutte quelle forme di regolamentazione che non sono frutto di un processo formale di produzione legislativa ad opera di organi rivestiti della relativa funzione e si caratterizzano per essere prive di un potere sanzionatorio da parte di organi pubblici”. 40 AA.VV., Reti di imprese tra regolazione e norme sociali. Nuove sfide per diritto ed economia, a cura di Cafaggi F., il Mulino, 2004. ARCURI A.–PARDOLESI R., voce Analisi economica del diritto, in Enc. dir., Milano, 2002, 7. BIN R., Lo Stato di diritto, il Mulino, 2004, secondo cui “si è formato un diritto transnazionale privo di appartenenze territoriali e di sovrani, fatto di accordi, prassi, usi, commerciali e scelte operate nei grandi contratti internazionali, che poi si propongono come modelli generali per gli altri operatori”. 41 GALGANO F., La globalizzazione nello specchio del diritto, op. cit.. ! !21 Capitolo Primo sovranità42. Le nuove organizzazioni vengono, pertanto, investite di quelle funzioni non più esercitabili adeguatamente a livello nazionale. Il presunto antidoto ben presto si rivela un fatale veleno. Invero la crisi della sovranità statale viene accentuata proprio dall'autonomia e indipendenza che rapidamente gli organismi internazionali acquisiscono, rifiutando quel ruolo di subalternità che gli Stati hanno cucito loro indosso. Si assiste, così, alla definitiva mutazione dei caratteri della sovranità statuale che, da valore assoluto43 e onnicomprensivo, si trasforma in un concetto relativo44 e circoscritto, in virtù di un processo di erosione a livello sia interno sia sovranazionale45. Difatti “con l’affermarsi di una comunità internazionale segnata da una fitta rete di rapporti in cui gli Stati sono solo una parte dei soggetti rilevanti, la tradizionale nozione di sovranità, come indipendenza dagli altri Stati, si pone in modo nuovo, partecipando ogni Stato a molteplici organizzazioni che determinano la forma attuale della sovranità come sovranità condivisa”46. 42 NUGENT N., Governo e politiche dell’Unione europea, (London, 1994), Bologna, 1995. L’autore rileva come, a livello internazionale prima e comunitario poi, si assista ad un paradosso: gli Stati riducono volontariamente il proprio potere in certi settori allo scopo di accrescerlo, di realizzare ugualmente i propri obiettivi, anche se insieme ad altri Stati. 43 In argomento si rinvia al fondamentale contributo di BODIN J., Les six livres de la République (1576), ried. dell’ed. Paris 1583, Darmstadt-Aalen, 1977. L'autore considera la sovranità perpetua, assoluta e indivisibile. 44 In tempi moderni la dottrina maggioritaria propende per la natura relativa del concetto di sovranità. Una voce fuori dal coro è quella di MORTATI C., Istituzioni di diritto pubblico, VI ed., Padova, 1976 secondo il quale “la sovranità è un concetto non relativo, ma assoluto: o c’è o non c’è”. 45 La statualità, tradizionalmente chiusa e autoreferenziale, si trasforma in un modello aperto proiettato in una dimensione sovranazionale, caratterizzata da una pluralità di ordinamenti. A riguardo GIANNINI M.S., Il pubblico potere. Stati e amministrazioni pubbliche, il Mulino, 1986, afferma che “lo Stato-ente non è più il solo pubblico potere, dominante su una serie di enti minori diretti e controllati, ma è uno dei pubblici poteri esistenti, condizionato da altri pubblici poteri, alcuni di livello superiore, altri di livello interno”. Nonostante tali considerazioni, che sembrerebbero deporre in favore delle organizzazioni sovranazionali fra cui la Comunità europea, Giannini è tendenzialmente euroscettico. Egli non coglie in pieno le enormi potenzialità di sviluppo del sistema europeo, rimanendo influenzato da una visione statocentrica dei pubblici poteri, sia pure rinnovata ed evoluta rispetto alle concezioni del passato. Si pensi che nelle Istituzioni di diritto amministrativo del 1981 solo nove pagine sono dedicate dall'autore all’ordinamento comunitario. 46 CHITI M.P., Diritto amministrativo europeo, op. cit.. ! !22 Capitolo Primo Al diritto statale viene a giustapporsi progressivamente un diritto di matrice sovranazionale, che concorre alla nascita di un ordinamento giuridico sempre più comune e globale, capace di mettere in rete principi e valori condivisi47. In un palcoscenico europeo caratterizzato dalla presenza di plurimi ordinamenti giuridici48, aventi ciascuno tra i propri principi l’apertura all’altro, si collocano le Comunità europee prima e l’Unione49 poi. In un rinnovato ambiente culturale le tradizionali contrapposizioni tra ordinamenti vengono superate dal processo di 47 TEUBNER G. (a cura di), Global law without a State, Aldershot, Dartmouth, 1998. LIPPI A., Il policy making europeo come “rete”, in Predieri A., Morisi M.(a cura di), L’Europa delle reti, Torino, 2001. BECK U.-GRANDE E., Das kosmopolitische Europa. Gesellschaft und politik in der Zweiten moderne (2004), trad. it. L’Europa cosmopolita. Società e politica nella seconda modernità, Carocci, Roma, 2006. CASSESE S., Paradossi del diritto amministrativo, in Il diritto amministrativo: Storie e prospettive, Giuffrè, Milano, 2010: "Gli ordini nazionali, tradizionalmente chiusi l’uno all’altro, non solo sono divenuti permeabili rispetto ad ordini più vasti (europeo, globale), ma sono anche divenuti reciprocamente porosi, consentendo scambi, trapianti, importazioni ed esportazioni, imitazioni, adattamenti reciproci, convergenze, interpenetrazioni, sviluppi paralleli, dialogo, apprendimento comune". 48 CASSESE S., Gli Stati nella rete internazionale dei poteri pubblici, in Riv. trim. dir. pubbl. 1999, 321. L'autore, ritiene che “il mondo fino al XIX sec. affollato dagli Stati, è ormai pieno di ordinamenti ultrastatali, e che gli Stati hanno perduto quella esclusività che era una volta loro propria". Pertanto gli Stati "non presentano più barriere insormontabili". Il primo studio approfondito e completo sulla pluralità degli ordinamenti giuridici (statuali, infrastatuali e ultrastatuali) si deve a ROMANO S., L’ordinamento giuridico, (I ed. 1918, II ed. 1946) Sansoni nuova biblioteca, Firenze, 1977. L'autore considera in via di superamento la visione tipica del liberalismo ottocentesco secondo la quale l’ordinamento statuale sarebbe l’unico vero ordinamento al quale tutti gli altri devono ricondursi, rimanendo alle dipendenze del primo, peraltro libero di riconoscerli o meno. In tema si rinvia anche ai contributi di ORLANDO V.E., I presupposti giuridici di una federazione di Stati: nota in studi di diritto pubblico in onore di Oreste Ranelletti, Cedam, Padova, 1930. CAMMARATA A.E., Il concetto di diritto e la pluralità degli ordinamenti giuridici, Catania, 1926, ora in Formalismo e sapere giuridico, Milano, 1963. CESARINI SFORZA W., voce Ordinamenti giuridici (pluralità degli), in Noviss. dig. it., vol. XII, Torino, 1965, 1. PIZZORUSSO A., Pluralità degli ordinamenti giuridici e sistema delle fonti del diritto, in Labriola S. (a cura di), Valori e principi del regime repubblicano, 3, legalità e garanzie, Laterza, Roma–Bari, 2006. BARILLARI M., Considerazioni sulla dottrina dell’ordinamento giuridico, in Scritti giuridici in onore di Santi Romano, I, Padova, 1940. PIOVANI P., Normativismo e società, Napoli, 1949. GUELI, La pluralità degli ordinamenti giuridici e condizioni della loro consistenza, Milano, 1949. CAPOGRASSI G., Note sulla molteplicità degli ordinamenti giuridici, in Opere, IV, Milano, 1959, 181. LAMBERTI A., Gli ordinamenti giuridici: unità e pluralità, Salerno, 1980, 148. BOBBIO N., Teoria dell’ordinamento giuridico, Torino, 1960. MENEGHELLI R., Validità giuridica nel normativismo e nell’istituzionalismo, in Dir. e soc., 1991. GIANNINI M.S., Sulla pluralità degli ordinamenti giuridici, ora in Id., Scritti, vol. III, Milano, 2003. MANFREDI G., Pluralità degli ordinamenti e tutela giurisdizionale. I rapporti tra giustizia sportiva e giustizia statale, Giappichelli, 2007. PASSERIN D’ENTREVES A., La dottrina dello Stato. Elementi di analisi e di interpretazione, III ed., Giappichelli, 2009. AMBROSINI G., La pluralità negli ordinamenti giuridici nella Costituzione italiana, in AA.VV., Studi in onore di G. Chiarelli, Milano, 1973, I, 5. 49 BIN R.–CARETTI P., Profili costituzionali dell’Unione europea, il Mulino, Bologna, 2008. TOUSCOZ J., La constitution de l'Union Européenne, Bruylant, Bruxelles, 2002. ! !23 Capitolo Primo integrazione50, che genera, un nuovo “ordine giuridicamente policentrico, plurisistemico e multistatuale”51. Infatti, “degli ordinamenti giuridici l’UE possiede tutti gli elementi: normazione, plurisoggettività ed organizzazione”52. Con i Trattati di Parigi (1951) e Roma (1957), alcuni Paesi europei, con l’auspicio di risolvere le diatribe internazionali non più con metodi militari, bensì sul piano giuridico-politico, rinunciano a cospicue porzioni della propria sovranità53 in favore delle Comunità europee per il conseguimento di obiettivi inizialmente economici ed in seguito sociali e politici54. 50 TORCHIA L., Concorrenza fra ordinamenti e diritto amministrativo nell’ordinamento europeo, in La concorrenza tra ordinamenti giuridici a cura di Zoppini A., Laterza, 2004. Per l’autrice la dimensione del processo di integrazione comunitaria non è riconducibile nelle “tradizionali costruzioni di stampo statualistico e internazionalistico, ma richiede, invece, nuovi schemi e nuove chiavi di lettura. A questa esigenza risponde anche la (ri)scoperta della teoria della pluralità degli ordinamenti, non più nella versione impoverita dei rapporti tra ordinamenti statali separati, ma nella versione più ricca e complessa della moltiplicazione delle forme di reciproca rilevanza, che consente di esplorare ed analizzare il nuovo ordinamento europeo non solo per contrasto con il paradigma dell’ordinamento statale, ma piuttosto come un’esperienza giuridica con caratteri propri, che richiede apposite categorie”. I rapporti tra ordinamenti non sono più governati, come un tempo, dai principi di separatezza ed esclusività. Oggi i vari ordinamenti si intrecciano e si influenzano continuamente, recependo l'uno gli elementi dell'altro. Si segnalano, altresì, i contributi di CASSESE S., Crisi e trasformazioni del diritto amministrativo, in Gior. dir. amm., 1996, 872. Per Cassese il diritto amministrativo sta smarrendo inesorabilmente i caratteri tipici della statualità per catapultarsi in un’area di influenza più estesa sulla quale (e nella quale) insistono plurimi diritti e ordinamenti giuridici concorrenti. REICH N., Competition between legal Orders: a new Paradigm of EC law, in Common Market Law Review, 1992, 861. 51 MacCORMICK N., La sovranità in discussione. Diritto, Stato e nazione nel “Commonwealth” europeo, op. cit.. 52 PICOZZA E., Diritto amministrativo e diritto comunitario, II ed., Giappichelli, Torino, 2004. 53 Sulla base dell’art. 11 della Costituzione l’Italia “consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni”. Per una riflessione di carattere generale PATRONO M., Cessioni di sovranità e unificazione europea, in Labriola S. (a cura di), Valori e principi del regime repubblicano, I, Sovranità e democrazia, Roma, 2006. TONIATTI R., Forma di Stato comunitario, sovranità e principio di sovranazionalità: Una difficile sintesi, in Dir. pubbl. comp. eur., n. 3 del 2003. 54 Con il Trattato di Maastricht (1992) si delinea nettamente il passaggio da una Comunità economica ad un’Unione politica, concretizzando così il sogno schumaniano di una “Comunità più ampia e piu profonda”. Sulle finalità che le Comunità avrebbero dovuto perseguire nel corso degli anni secondo la lucida previsione di Altiero Spinelli si veda AA.VV, “Altiero Spinelli: Il pensiero e l’azione per la federazione europea”, Atti del Convegno, Torino, 6-7 dicembre 2007, Giuffrè, 2010. Oggigiorno la condizione di sovranità limitata dei Paesi membri, per l’accresciuto numero di competenze dell’Unione europea, prefigura l'avvento di quel sistema politico federale sognato da Spinelli. In tema anche DELLA CANANEA G., Unione europea. Un ordinamento composito, Laterza, Bari, 2003. Per una ricostruzione storica e diacronica dell’evoluzione del sistema europeo delle Comunità si legga MAMMARELLA G.–CACACE P., Storia e politica dell’Unione europea, Laterza, Roma–Bari, 2005. ! !24 Capitolo Primo Viene in questo modo a realizzarsi a livello europeo un'integrazione sempre più stretta tra ordinamenti nazionali e ordinamento comunitario55. Il fondamento normativo dell’appartenza dell’Italia alle organizzazioni internazionali in genere, e in particolare alle Comunità europee, si rinviene nell’art. 11 Cost., definito da Calamandrei “la più alta finestra dalla quale si riesce a intravedere, laggiù, quando il cielo non è nuvoloso, qualcosa che potrebb’essere gli Stati uniti d’Europa e del Mondo”56. Le Comunità europee (oggi Unione europea) si delineano come un ordinamento sui generis, inquadrato negli ordinamenti nazionali e costruito intorno ai Trattati, ai principi generali, nonchè agli atti di diritto derivato. Si è al cospetto di un ordinamento complesso ma al tempo stesso incompleto che seguendo “la politica dei piccoli passi” si è evoluto in modo costante e graduale57, compenetrandosi sempre più con i sistemi giuridici statali. L’Europa ha così lentamente intrapreso la strada verso la costruzione di quell'ideale diritto comune europeo sognato da Schmitt58. 55 Sul rapporto tra integrazione comunitaria e sovranità nazionale SILVESTRI G., Il problema della sovranità nello Stato pluriclasse, in Silvestri G., Lo Stato senza principe, Torino, 2005: L’integrazione comunitaria ha distribuito la “sovranità (...) su un’area più vasta, tra soggetti appartenenti ad ordinamenti diversi, ma strettamente integrati”, sicchè essa in via esclusiva “non appartiene né agli Stati né all’Unione, ma ad un continuum ordinamentale molto difficile da identificare con un centro politico ed istituzionale”. Tra i vari contributi allo studio del processo di integrazione europea CHIEFFI L., Il processo di integrazione europea tra crisi di identità e prospettive di ripresa, Atti del convegno di Santa Maria Capua Vetere 17-18 maggio 2007, Giappichelli, 2009. PANELLA L.–ZANGHÌ C. (a cura di), 50 anni di integrazione europea. Riflessioni e prospettive. Messina 29-30 giugno 2007, Giappichelli, 2010. LOUIS J.V., L’ordinamento giuridico comunitario, III ed., Bruxelles, 1989. WEILER J.–CARTABIA M., L’Italia in Europa. Profili istituzionali e costituzionali, il Mulino, Bologna, 2000. ROSAMOND B., Theories of European Integration, Macmillan Press, Basingstoke, 2000. 56 Si tratta di un’espressione pronunciata da Piero Calamandrei nel 1950 tesa a profetizzare, con grande lungimiranza, i futuri scenari internazionali che di lì a qualche anno avrebbero coinvolto l’Italia e l’Europa. Calamandrei è profeta della nascita della CEE e dei suoi sviluppi, nonché del graduale ma inesorabile processo di integrazione economica, giuridica e politica degli Stati europei. L’art. 11 Cost. è stato per decenni l’unica disposizione in grado di giustificare l’apertura dell’ordinamento italiano all’ordinamento europeo. La disposizione in esame è attualmente valorizzata e completata dall’art. 117 Cost., come novellato dalla riforma del Titolo V del 2001. 57 VACCA M., La costruzione dell'ordinamento giuridico comunitario ed i Paesi membri, Giuffrè, Milano, 1996. 58 SCHMITT C., Die lage der europäischen Rechtswissenschaft (1943-1944), trad. it. La condizione della scienza giuridica europea, op. cit.. ! !25 Capitolo Primo 1.3. La Comunità europea e il suo diritto. Le ricadute della normativa e dei principi comunitari sugli ordinamenti amministrativi statuali A differenza delle comuni organizzazioni internazionali, la Comunità europea (oggi Unione) si rivolge non solo agli Stati ma anche ai singoli, persone fisiche e giuridiche, quali diretti destinatari degli obblighi e dei diritti comunitari59. Ed in ciò risiede la grande novità dell'ordinamento europeo: le situazione soggettive individuali emergono dagli abissi degli ordinamenti nazionali per ricevere tutela direttamente dalle regole e dai principi comunitari. Da un punto di vista strutturale, il sistema giuridico dell'Unione si articola in una pluralità di norme inserite e integrate negli apparati nazionali60 secondo i principi del 59 Tra i molteplici contributi TRABUCCHI A., L’Europa e l’unità del diritto, in Cian-Pescara (a cura di), Cinquant’anni nell’esperienza giuridica, Scritti di A. Trabucchi, Padova, 1988. 60 Per una disamina dei rapporti tra Unione europea e sistemi nazionali KRITZINGER S., La legittimità dell'Unione europea:L'influsso del contesto nazionale e le ripercussioni sullo Stato nazionale, Cires, Firenze, 2002. ! !26 Capitolo Primo primato61, della diretta applicabilità e dell’effetto diretto62. Principi che valorizzano i singoli e le situazioni giuridiche soggettive di matrice comunitaria63, ma anche di fonte nazionale. 61 Il principio del primato del diritto comunitario ha un fondamento diretto nei Trattati (art. 4 TUE e art. 267 TFUE). In dottrina PIVA P., Giudice nazionale e diritto dell’Unione europea, Napoli, 2008. PORCHIA O., Principi dell’ordinamento europeo. La cooperazione pluridirezionale, Zanichelli, Bologna, 2008. Secondo l’autrice “il diritto comunitario gode del primato sulle norme interne, sia precedenti che successive e quale sia il loro rango ancorchè costituzionale. La prevalenza comporta che la norma interna contrastante non possa essere applicata, o come normalmente viene detto, debba essere disapplicata in maniera tale da consentire alla disposizione comunitaria di regolare la fattispecie”. VON BOGDANDY A., I principi fondamentali dell'Unione europea, trad. it. di Astrid Zei, Editoriale scientifica, 2011: "Il primato del diritto comunitario attiene all'applicazione e non alla validità del diritto. Nella decisione di non negare la validità di una norma statale che confligge con il diritto comunitario e di limitare l'effetto del primato alla sola disapplicazione di tale norma, c'è già un importante elemento di pluralismo che prende forma. Certo, l'effetto del primato dell'applicazione sarà spesso simile a quello di un primato della validità, ma la differenza simbolica è enorme (...)". Con riferimento al primato del diritto comunitario sulle norme nazionali in giurisprudenza, ex plurimis, Cgce, 13 febbraio 1969, in causa C-14/68, Wilhelm, in Racc. 1969. Cgce, 17 dicembre 1970, in causa C-11/70, Internationale Handelsgesellschaft, in Racc. 1970, 1125. Cgce, 17 dicembre 1989 in cause riunite C-97-99/87, Dow Chemical Iberica, in Racc. 1989, 3165. 62 Tra i principali contributi si segnalano DUMON F., La notion de disposition directement applicable en droit européen, in CDE 1968, 369. BEBR G., Les dispositions de droit européen directement applicable, in CDE, 1970, 3. CONSTANTINESCO J., L’applicabilité direct dans le droit de la Cee, Paris, 1970. PIVA P., Giudice nazionale e diritto dell’Unione europea, op. cit.. DE WITTE B., Direct effect, Supremacy and the nature of the legal order, in Craig-De Burca, The evolution of EU law, Oxford, 1999. ELEFTHERIDIS The direct effect of Community law: Conceptual issues, in Year book of European law, 1996. In giurisprudenza di storica importanza Cgce, 9 marzo 1978, in causa C-106/77, Simmenthal, in Racc. 1978. Sulla differenza tra la nozione di effetti diretti e applicabilità diretta TESAURO G., Diritto dell’Unione europea, VI ed., Cedam, Padova, 2010. In argomento anche DASHWOOD, The relationship between the members States and the European Union/European Community, Common Market Law Review, 2004. OJANEN T., The changing concept of direct effect of European Community law, Revue Européen Droit Public, 2000, 1253. WEILER J.-CARTABIA M., L’Italia in Europa, Profili istituzionali e costituzionali, op. cit.. 63 AMADEO S., Norme comunitarie, posizioni giuridiche soggettive e giudizi interni, Giuffrè, Milano, 2002: "La valorizzazione delle posizioni giuridiche soggettive di cui i privati sono titolari, e la progressiva estensione degli strumenti comunitari di tutela sostanziale e processuale a loro disposizione, si traducono in altrettante possibilità di attuazione decentrata del risultato voluto dalle norme comunitarie, ovvero, di altrettante sanzioni dei comportamenti difformi dei soggetti pubblici e privati in foro interno". In particolare "dal punto di vista del singolo, il principio del primato implica che la situazione giuridica, quale risulta disciplinata direttamente dal diritto comunitario, sia resa insensibile agli effetti del diritto interno incompatibile: nel duplice senso che il diritto interno non può modificare o negare una posizione giuridica soggettiva favorevole per il singolo e, inversamente, che questi non può richiamarsi al modo di essere del diritto interno, o a fortiori ai vincoli previsti da atti di autonomia privata, per sottrarsi ad un obbligo impostogli dal diritto comunitario direttamente efficace. Siffatta immunità delle situazioni giuridiche comunitarie dai condizionamenti del diritto interno, che spetta al giudice nazionale garantire, vale a prescindere dalla tipologia e dalla forza formale delle fonti interne nelle quali la norma confliggente è contenuta". ! !27 Capitolo Primo Agli albori la CEE agisce secondo un approccio funzionalista64, muovendo dalla soluzione di problemi concreti e specifici per poi risalire alle questioni di ordine generale. Lungo un percorso di crescita progressiva di poteri e competenze, oggi “l’Unione europea sopravanza qualsiasi altro potere pubblico ultrastatuale”65, in quanto l’ordinamento comunitario viene ad innestarsi negli ordinamenti dei Paesi membri con un elevato grado di pervasività a tutti i livelli. L’ordinamento italiano, complessivamente inteso, si è progressivamente adeguato, sia pure dopo pervicaci resistenze, alla forza impositivo-conformativa del diritto comunitario, cui gli organi nazionali hanno il dovere di assicurare effettività sul piano interno66. 64 HAAS E.B., The Uniting of Europe, political, social and economic forces, 1950–1957, Stanford University Press, Stanford, 1958. ROSAMOND B., The Uniting of Europe and the Foundation of EU studies: revisiting the Neofunctionalism of Ernest. B. Haas, in Journal of European Public Policy, 12, 2005. 65 DELLA CANANEA G. (a cura di), Diritto amministrativo europeo. Principi e istituti, III ed., in Corso di diritto amministrativo, diretto da S. Cassese, Giuffrè, Milano, 2011. 66 CARBONE S.M., Principio di effettività e diritto comunitario, Editoriale scientifica, 2009. L’effetto utile del diritto comunitario risulterebbe vanificato ove il giudice non potesse applicare direttamente le norme dell'ordinamento comunitario, privando contestualmente di efficacia le disposizioni interne con esso confliggenti. ! !28 Capitolo Primo Il processo di integrazione europea ha, infatti, portata trasversale, in quanto idoneo a scavare gli ordinamenti statali67 sia sul piano normativo che su quello amministrativo, plasmandone la fisionomia ai valori e alle libertà comunitari, senza peraltro stravolgere le singole identità nazionali. In particolare “l’integrazione europea determina una diffusione di valori, principi ed istituti attraverso un meccanismo di diversità nella comunanza e, cioè, mediante il ricorso a paradigmi comuni, che assumono fisionomia e connotazioni più o meno diverse a seconda dell’ambiente giuridico nel quale si trovano ad operare” (Sandulli A.). E sono proprio i principi comunitari, in special modo quelli di proporzionalità, giusto procedimento, legittimo affidamento, effettività della tutela giurisdizionale ad esaltare le libertà del cittadino nel rapporto con i pubblici poteri. Il diritto amministrativo, sin dal XIX sec. espressione dell'autorità statuale68, è investito da uno tsunami che ne modifica i tratti somatici. Il diritto nazionale è ormai “solo una parte del diritto amministrativo vigente nei vari Paesi” (europei), ad esso 67 In relazione al fenomeno di erosione dei sistemi giuridici nazionali ad opera del diritto comunitario si rinvia a GIACCHETTI S., Profili problematici della cosiddetta illegittimità comunitaria, in www.giustamm.it, secondo cui “i Trattati di Roma hanno costituito delle gallerie in durissimo cemento attraverso le quali le norme comunitarie, come un esercito di térmiti, sono penetrate nell’ordinamento nazionale e lo stanno progressivamente svuotando. Per fortuna, a differenza di quello che accade in una casa in legno, le norme comunitarie non si limitano a distruggere ma costruiscono dall’interno un loro sistema che viene gradualmente a sostituire quello nazionale:non c’è il pericolo che tutto crolli all’improvviso. Ma c’è sempre l’effetto della continua, inarrestabile e tendenzialmente irreversibile erosione dell’ordinamento nazionale”. 68 CASSESE S., Il diritto amministrativo e i suoi principi, in Istituzioni di diritto amministrativo, a cura di S. Cassese, Giuffré, Milano 2004. Secondo l’autore il diritto amministrativo nasce all’inizio dell’Ottocento da una frattura del diritto comune e si afferma come diritto chiuso, disciplinato da atti giuridici prettamente nazionali ed in particolar modo dalla legge. Esso viene a strutturarsi come corpus normativo strettamente legato al concetto di sovranità e fortemente condizionato dagli sviluppi del diritto statuale. Il diritto amministrativo si muove, quindi, per molto tempo in una visione prettamente statocentrica, avallata dalla migliore dottrina del XIX e del XX sec. (Mayer O., Santi Romano, Forsthoff E., Giannini M.S.). Id., Tendenze e problemi del diritto amministrativo, in Riv, trim. dir. pubbl., n. 4 del 2004, 901. Per Cassese oggigiorno si appalesa agli occhi del giurista una realtà completamente rinnovata in cui “Stato e diritto amministrativo si presentano (in parte) dissociati. Il secondo ha perduto il suo esclusivo ancoraggio statale. Si è sviluppato un diritto amministrativo oltre lo Stato”. Ciò a causa dei profondi cambiamenti in atto. In primo luogo la “de-nazionalizzazione del diritto amministrativo: questo si espande oltre lo Stato, si impadronisce del diritto internazionale, divenendone una componente essenziale, influenza dall’esterno i diritti amministrativi domestici”. In secondo luogo si registra la “convergenza dei diritti amministrativi nazionali, che si accompagna a nuove divergenze e fratture tra questi”. SANDULLI A.M., Manuale di diritto amministrativo, XIV ed., Jovene, 1984. La pubblica amministrazione e il suo diritto per molto tempo sono stati elementi qualificanti gli Stati e i rispettivi ordinamenti. Infatti, secondo l’autore, per tradizione “la definizione del diritto amministrativo presuppone quella di pubblica amministrazione. E per giungere a questo occorre partire dalla nozione di Stato”. Il diritto amministrativo, appartenente alla tradizione giuridica di civil law, non ha mai avuto una vocazione universalistica ed è sempre stato refrattario agli impulsi ed alle interferenze esterne. ! !29 Capitolo Primo affiancandosi “un vastissimo corpo di diritto comunitario scritto e giurisprudenziale”69. Vero è che in passato anche la comparazione ha contribuito alle elaborazioni della scienza amministrativa dei vari Stati70, ma l’irruzione sulla scena dei principi comunitari ha segnato un decisivo cambio di paradigma, attivando un cammino di convergenza e avvicinamento senza precedenti dei principali sistemi amministrativi europei71. In questo modo “i modelli nazionali si indirizzano in modo centripeto verso istituti e soluzioni giuridiche similari” (Chiti M.P.). 69 CHITI M.P., voce Diritto amministrativo comparato, in Diz. dir. pubbl., diretto da S. Cassese, vol. III, Giuffré, Milano, 2006. 70 La comparazione è oggi considerata il motore principale delle riforme amministrative e la leva che determina la convergenza e l'avvicinamento delle legislazioni nazionali. L’uso della comparazione non era, comunque, sconosciuto in passato a vari autori delle scuole nazionali di diritto pubblico. Si pensi agli studi di CAMMEO F., Corso di diritto amministrativo, 1914, Cedam, Padova, ristampa, 1960 sul diritto amministrativo dei Paesi di common law oppure alle opere di diritto comparato di alcuni giuristi stranieri come GOODNOW F.J., Comparative Administrative Law, New York and London, 1893, in J. Rivero, Cour de Droit Administratif Comparé (1954-55), Paris, 1957. Ma in generale si è trattato di voci isolate poiché a segnare gli sviluppi dei diritti amministrativi nazionali è stata in particolare la prospettiva statocentrica impermeabile agli elementi di novità di matrice estera. Sul ruolo della comparazione, oggi, nello studio del diritto amministrativo CHITI M.P., voce Diritto amministrativo comparato, op. cit.. MOCCIA L., Comparazione giuridica e diritto europeo, Giuffrè, 2005. AA.VV., Diritto amministrativo comparato, a cura di Napolitano G., Giuffrè, Milano, 2007. DELLA CANANEA G., La comparazione dei diritti amministrativi nazionali nell'Unione europea, in Dir. amm. eu. comp., n. 6 del 2005. MARKESINIS B., Il metodo della comparazione, Giuffrè, Milano, 2004. D’ALBERTI M., Diritto amministrativo comparato, il Mulino, Bologna, 1992. FROMONT M., Droit Administratif des États européens, Paris, 2006. In ordine all'influenza esercitata dal diritto comunitario sugli ordinamenti nazionali SCHWARZE J., European administrative law, II ed., Sweet and Maxwell, London, 2006. MARCOU G. (a cura di), Les mutations du droit de l’administration en Europe, Paris, 1995. FRACCHIA F., Diritto comunitario e sviluppo del diritto amministrativo, in Riv. it. dir. pubbl. com., 2007, 5, 1142. SCIULLO G., L’impatto del diritto comunitario sul diritto amministrativo, in www.giustamm.it. 71 CASSESE S., Il problema della convergenza dei diritti amministrativi: verso un modello amministrativo europeo?, in Riv. trim. dir. proc. civ., n. 2, 1992, 467. Secondo l’autore il diritto amministrativo europeo “produce una convergenza dei diritti amministrativi nazionali dell’area europea verso un diritto amministrativo comune, frutto di uno scambio reciproco tra i diversi Paesi”. VALAGUZZA S., La frammentazione della fattispecie nel diritto amministrativo a conformazione europea, Giuffrè, Milano, 2008: "Peraltro tale convergenza procura un effetto virtuoso sugli istituti degli ordinamenti nazionali portando alla prevalenza le soluzioni giuridiche maggiormente efficienti dal punto di vista della tutela del cittadino ed efficaci dal punto di vista dell'azione pubblica".In tema anche MELLERAY F., L’imitation de modèles étrangers en droit administratif français, in Ajda, 2004, 21. BELL J., Convergences and Divergences in European Administrative Law, in Riv. it. dir. pubbl. com., 1993. DE QUADROS F., A nova dimensão do direito administrativo, Coimbra, 1999. SCHWARZE J., The convergence of administrative law of the EU member States, in EPL, 1998, 191. LEGRAND P., Uniformità, tradizioni giuridiche e limiti di diritto, in Pol. dir., 1997, 3. KLEIN E., L’influenza del diritto comunitario sul diritto amministrativo degli Stati membri, op. cit.. D’ALBERTI M., Regole e rimedi: Convergenze tra i diritti amministrativi d’Europa, in Riv. trim. dir. pubbl., 1992. AA.VV., La convergenza dei diritti amministrativi in Europa: Atti incontro di studio, Roma, Palazzo Spada, 13 giugno 2000, Giuffrè, Milano, 2002. ! !30 Capitolo Primo Il diritto amministrativo oltrepassa, così, gli angusti confini nazionali per europeizzarsi72, globalizzarsi73 e mettersi in rete. La globalizzazione del diritto e dell’economia inietta valori unificanti in ogni ordinamento statale capaci di spostarne il baricentro da una dimensione domestica ad una globale74, omogeneizzando impianti giuridici di civil law e di common law. 72 Sulla nascita di un diritto amministrativo europeo, senza pretese di completezza, NIETO GARRIDO E.-MARTÍN DELGADO I., Derecho administrativo europeo en el Tratado de Lisboa, Madrid, 2010. CRAIG P., EU administrative law, op. cit.. SCHWARZE J., European administrative law, op. cit.. FALCON G., Tendenze del diritto amministrativo e dei diritti amministrativi nell'Unione europea, in Dir. amm. eu. comp., n. 7 del 2005. GONZALES S.-VARAS IBÁÑEZ, El derecho administrativo europeo, Sevilla, 2000. 73 GRECO R., Il diritto amministrativo europeo dopo il Trattato di Lisbona, in www.giustiziaamministrativa.it, 2011. Secondo l'autore l'espressione diritto amministrativo europeo fa riferimento a "due realtà ontologicamente diverse: da un lato, al complesso delle norme che disciplinano l’esercizio della funzione amministrativa all’interno dell’Unione europea; dall’altro, a un complesso di norme– effettivamente esistente ovvero ipotizzato e/o auspicato–che, per effetto dell’incidenza del diritto europeo, abbia “omogeneizzato” la disciplina del diritto amministrativo dei singoli Stati membri. Con riguardo a quest’ultimo fenomeno, è forse preferibile usare la formula della “europeizzazione” del diritto amministrativo, dal momento che si tratta di un processo tuttora in fieri e che è ben lungi dall’aver portato a un assetto stabile". Sulla nascita di un diritto amministrativo globale si rinvia a CHITI E.-MATTARELLA B.G., Global administrative law and UE administrative law: relationships, legal issues and comparison, Heidelberg, Springer, 2011. KINGSBURY B.–STEWART R.B.–KRISCH N., The emergence of global administrative law, IILJ Working paper n. 1 del 2004, ora anche in Law and contemporary problems, 68, n. 3-4 del 2005, 15. AMAN A.C. Jr., The limits of Globalization and the future of administrative law: from government to governance, in Indiana journal of global legal studies, 8, n. 2 del 2001. BATTINI S., Le due anime del diritto amministrativo globale, in AA.VV., Il diritto amministrativo oltre i confini, Milano, 2008. CASINI L., voce Diritto amministrativo globale, in Diz. dir. pubbl., diretto da S. Cassese, Giuffré, Milano, 2006. FALCON G. (a cura di), Il diritto amministrativo dei paesi europei tra omogeneizzazioni e diversità culturali, Cedam, Padova, 2005. CASSESE S., Il diritto amministrativo globale: una introduzione, in Riv. trim. dir. pubbl., II, 2005. STEWART R.B., Il diritto amministrativo globale, in Riv. trim. dir. pubbl., III, 2005. D’ALBERTI M., Gli studi di diritto amministrativo: continuità e cesure tra primo e secondo Novecento, in Riv. trim. dir. pubbl., 2001. Contra HARLOW C., Global administrative law: The quest for principles and values, in European Journal of International Law, 17, 2006, 168, il quale non crede alla possibilità di individuare principi amministrativi globali. Ritenendo le regole e i limiti dell’azione dei pubblici poteri intimamente connessi con le culture nazionali, l’autore è scettico in ordine alla configurabilità di principi generali di diritto amministrativo oltre gli Stati. 74 DOMINGO R., The new global law, Cambridge University Press, 2010. CASSESE S., Oltre lo Stato, Laterza, Roma-Bari, 2006. LA PORTA U., Globalizzazione e diritto: regole giuridiche e norme di legge nell'economia globale: un saggio sulla libertà di scambio e sui suoi limiti, Liguori, Napoli, 2005. ! !31 Capitolo Primo Le culture giuridiche dei diversi Paesi Ue si aprono ad innesti e trapianti di principi, istituti e regole, in un continuo processo di “cross-fertilization”75 che arricchisce tanto i sistemi giuridici nazionali quanto l’ordinamento comunitario76. In particolare i principi si caratterizzano per una circolarità che li fa nascere negli ordinamenti interni, mutare ed evolversi a livello comunitario per poi ridiscendere con elementi nuovi nei singoli Stati (feedback effect)77. I vari sistemi giuridici divengono, così, contemporaneamente punto d’origine e d’arrivo dei principi78, ma soprattutto si qualificano come laboratorio di una normativa comune, nazionale e comunitaria, tesa a ridimensionare l'autorità pubblica a vantaggio delle libertà private. Il diritto amministrativo vive, pertanto, una dimensione sempre più europea79. Mentre in passato costituiva il precipitato della statualità e delle tradizioni giuridiche nazionali, oggi, il diritto amministrativo “si apre all’influenza di altri sistemi e soprattutto si omogeneizza (...) quale parte di un sistema giuridico più vasto ed integrato”80. 75 L’espressione è utilizzata per indicare il processo-attualmente in atto-di europeizzazione dei diritti nazionali e di osmosi reciproca tra ordinamenti interni e ordinamento comunitario. La nozione di crossfertilization è stata analizzata in un importante convegno al St. John college di Cambridge, nel 1997, tenutosi sotto gli auspici del Cambridge center of European legal studies e in particolare del suo centre of public law. I contributi dei partecipanti sono stati raccolti da Beatson J. e Tridimas T., nel volume collettaneo New directions in European public law, Oxford, 1998. In particolare si segnalano le relazioni di Bell J., Mechanisms for cross-fertilization of administrative law. Torchia L., Devolpments in italian administrative law through cross-fertilization. 76 Con riferimento all'ordinamento amministrativo italiano TORCHIA L. Diritto amministrativo nazionale e diritto comunitario: sviluppi recenti del processo di ibridazione, in Riv. it. dir. pubbl. com., 1998. VACCA M., L’integrazione dell’ordinamento comunitario con il diritto degli Stati membri e con i principi generali di diritto, op. cit.. 77 È il c.d. effetto di ritorno nell'ordinamento nazionale di origine di un principio ricavato dalle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri che, una volta rielaborato dalla Corte di giustizia, ridiscende nelle realtà statuali con requisiti nuovi. 78 GRECO G., Profili di diritto pubblico italo-comunitario, in Argomenti di diritto pubblico italocomunitario, Giuffrè, Milano, 1989. 79 CHITI M.P., I signori del diritto comunitario: la Corte di giustizia e lo sviluppo del diritto amministrativo europeo, in Riv. it. dir. pubbl. com., 1991, 797: "L’aspirazione ad un diritto comune europeo, anche nel campo del diritto amministrativo-solo pochi anni or sono aspirazione quasi chimerica di un’élite di studiosi-comincia ad essere una tangibile realtà". 80 CHITI M.P., Diritto amministrativo europeo, op. cit.. In tema anche CRAIG P., EU administrative law, op. cit.. ! !32 Capitolo Primo Si tratta, dunque, di un diritto dell’integrazione, in quanto essenziale momento del processo di simbiosi tra Stati e popolazioni in atto a livello europeo. Un'integrazione che non si traduce in una uniformazione tout court degli ordinamenti statuali, ma si connota quale fenomeno di unità nella diversità (unity in diversity), consentendo alle autorità nazionali margini di diversificazione delle politiche normative81, nell'alveo di una cornice di principi comune e condivisa. L’Europa è, di conseguenza, una unitas multiplex, ossia una realtà al contempo unitaria, molteplice e plurale, nella quale gli Stati continuano a ritagliarsi un ruolo importante nella regolazione dei fenomeni giuridici. Quanto al sistema amministrativo italiano, esso si struttura ad oggi come un 81 TORCHIA L., Concorrenza fra ordinamenti e diritto amministrativo nell’ordinamento europeo, in La concorrenza tra ordinamenti giuridici, a cura di Zoppini A., Laterza, 2004: "L’ordinamento europeo si caratterizza sin dall’origine come un ordinamento unitario, ma non unificante, all’interno del quale le logiche di compatibilità prevalgono sulle logiche di conformità, in ragione dell’irriducibile pluralità di popoli e Stati che compongono l’Unione". La convivenza tra diversi ordinamenti è assicurata dal principio di equivalenza il quale “non impone la sostituzione di tante regole nazionali con un’unica regola europea, ma consente la coesistenza delle diverse regole nazionali, a condizione, appunto, che tali regole siano, in qualche misura, equivalenti” e dunque compatibili con il diritto europeo. Sulle caratteristiche dell’integrazione amministrativa si vedano i contributi di SANDULLI A., La scienza italiana del diritto pubblico e l'integrazione europea, in Riv. it. dir. pubbl. com., 2005: "I principi e gli istituti, penetrando nell’ordinamento ospitante, lo modificano irrimediabilmente, ma ne subiscono loro stessi effetti mutanti, determinati dall’humus, dall’ambiente, dal contesto giuridico-culturale di quell’ordinamento". Infatti "l’integrazione europea determina la diffusione di valori, di principi e di istituti attraverso un meccanismo di diversità nella comunanza" che tende comunque a rispettare l’autonomia statuale nella regolazione di certi settori. FALCON G., Tendenze del diritto amministrativo e dei diritti amministrativi dell’Unione europea, op. cit.. Il fenomeno dell’europeizzazione non deve far credere ormai ad una omologazione tout court capace di privare i diritti amministrativi nazionali delle proprie peculiarità e del proprio dinamismo. Ad avviso dell'autore “se è vero che i diversi sistemi sono oggi in una certa misura paragonabili a diverse navicelle agganciate ad una comune stazione base, rimane vero che le navicelle conservano in realtà pressoché interamente la propria originale fisionomia, il proprio modo di essere e di funzionare, il proprio specifico ethos, così come la storia di ciascun Paese lo ha determinato”. DELLA CANANEA G. (a cura di), Diritto amministrativo europeo. Principi e istituti, op. cit., secondo cui “il diritto comunitario lascia ai poteri pubblici nazionali ampi margini di selezione adattativa. Questi se ne servono ampiamente in sede applicativa, compiendo scelte differenti da un Paese all’altro”. ! !33 Capitolo Primo sistema multilivello82, disciplinato da una pluralità di fonti concorrenti83, alla cui regolamentazione partecipano soggetti anche diversi dal legislatore statale84. In esso convivono, infatti, principi e regole di produzione sia domestica sia europea85. 82 PERLINGIERI P., Leale collaborazione tra Corte costituzionale e Corti europee. Per un unitario sistema ordinamentale, Edizioni scientifiche, 2008. Si è al cospetto di un ordinamento multilivello di nuovo genere, “un sistema unitario a vocazione circolare, dove regole e principi di provenienza diversa, si completano, si immedesimano e si integrano”. ROLLI R., I caratteri multilivello del diritto amministrativo europeo, in www.giustamm.it. Quanto ai riflessi della multilevel governance sull'attività normativa e giurisdizionale si rinvia, in particolare, ai contributi di AMMANNATI L.-MUSSELLI L.(eds), Regulatory networks and European Governance, Giappichelli, 2012. HOOGHE L., Cohesion policy and European integration: building multilevel governance, Oxford, 1996. SCHOBBEN R., New governance in the European Union: A cross disciplinary comparison, Regional and federal studies, 2000, 35. BERNARD N., Multilevel governance in the European Union, Kluer Law International, 2002. 83 In ordine alla eterogeneità dell’odierno sistema delle fonti GABRIELE F.-CELOTTO A., Fonti comunitarie e ordinamento nazionale: Temi e problemi sull'impatto del diritto comunitario nel sistema italiano delle fonti, Cacucci, Bari, 2001. CELOTTO A., Fonti del diritto e antinomie, Giappichelli, 2011. GAJA G., voce Fonti comunitarie, in Dig. disc. pubbl., VI, Utet, Torino, 1991. BARILE P., Rapporti fra norme primarie comunitarie e norme costituzionali e primarie italiane, in Comun. intern., 1966. BARONCELLI S., Le fonti del diritto dell’UE dal Trattato di Roma al Trattato di Lisbona: verso un’accresciuta complessità del sistema, in www.osservatoriosullefonti.it, n. 3 del 2008. ALBINO L., Il sistema delle fonti tra ordinamento interno e ordinamento comunitario, op. cit.. Secondo l’autore “il rapporto fra ordinamento comunitario e ordinamenti interni non può essere spiegato ricorrendo esclusivamente ai tradizionali criteri di organizzazione in sistema delle fonti del diritto e di risoluzione delle antinomie, tipici del diritto europeo continentale, il sistema normativo comunitario in senso stretto si presenta con caratteri decisamente originali difficilmente inquadrabili nei classici schemi di teoria generale del diritto”. Un costruzione progressiva e settoriale, che unita al metodo funzionalista, genera "un sistema delle fonti basato non su regole predeterminate e sempre applicabili, ma sulla risoluzione caso per caso, di problemi contingenti”. 84 PERLINGIERI P., Leale collaborazione tra Corte costituzionale e Corti europee. Per un unitario sistema ordinamentale, op. cit.: "Diritto nazionale, diritto comunitario, diritto internazionale si integrano e compongono in un sistema ordinamentale aperto e flessibile al quale sono chiamati a contribuire, nelle rispettive funzioni, il legislatore statale e regionale (artt. 11 e 117 Cost.), il potere lato sensu giurisdizionale (art.10, 11, 101 Cost; art. 234 Tratt. CE), nonché i privati e la pubblica amministrazione". 85 Può considerarsi superata la concezione di Santi Romano e dei maggiori studiosi della prima metà del XX sec., secondo la quale il diritto amministrativo sarebbe un ramo del diritto dello Stato. L’apertura dell’ordinamento nazionale a fonti sovrastatuali, oltre a denotare il definitivo inabissamento di ogni prospettiva statocentrica, conduce parallelamente ad una nuova configurazione della teoria delle fonti e dell’interpretazione, quali momenti inscindibilmente connessi. L’esplosione delle fonti induce l’interprete a rivedere metodi e prospettive esegetiche da calibrarsi ormai non più sulla sola legge statuale ma su una galassia di fonti dall'origine e dai caratteri eterogenei. ! !34 Capitolo Primo In special modo i principi rappresentano il collante capace di amalgamare armoniosamente le diverse anime del sistema86. L’influenza dell'ordinamento comunitario e dei suoi principi sugli apparati amministrativi nazionali si manifesta in due forme: essa "da un lato è un’influenza diretta che si svolge lungo i rapporti verticali tra la Comunità europea e i singoli diritti amministrativi nazionali". Dall’altro lato, l’influenza è orizzontale poichè "il diritto comunitario crea una piattaforma che costituisce un veicolo per i trapianti di istituti da un diritto nazionale ad un altro"87. Si hanno in tal senso fenomeni di “legal transplants”88 tra famiglie e sistemi giuridici tradizionalmente eterogenei. Con riferimento all’influenza verticale, essa opera sui versanti organizzativo, procedimentale e processuale, condizionando in via diretta o riflessa gli ordinamenti domestici. 86 FALZEA A., Relazione introduttiva, in Atti del Convegno "I principi generali del diritto", Roma, 27-29 maggio 1991, Accademia nazionale dei Lincei, 1992: "Lo spazio giuridico delle relazioni umane di oggi non è più il recinto chiuso degli ordinamenti giuridici nazionali ma, almeno tendenzialmente, un terreno che va aprendosi verso le altre comunità, con la progressiva intensificazione di piani di interessi intercomunitari richiedenti forme di regolamentazione giuridica della medesima latitudine. A un tale compito rispondono assai meglio i principi, a causa della loro più estesa generalità, piuttosto che le norme ordinarie, la cui generalità è contenuta nell’ambito di situazioni di interesse in varia misura circoscritte. È principalmente sui principi che si va costruendo l’unità giuridica europea". In argomento anche CARINGELLA F., Corso di diritto amministrativo. Profili sostanziali e processuali, Tomo I, Giuffrè, Milano, 2011: "La molteplicità delle fonti comunitarie rischierebbe di dar vita ad un ordinamento giuridico frammentario, se non fosse cementata da alcuni principi generali in grado di attribuire omogeneità ed unità al sistema. Trattasi segnatamente di principi diligentemente enucleati dalla Corte di giustizia e dalla stessa ripartiti in due categorie: da un lato vi sono i principi desunti dai singoli Stati e poi recepiti dall’ordinamento comunitario; dall’altro vi sono i principi originari del diritto comunitario". 87 CASSESE S., Diritto amministrativo europeo e diritto nazionale: signoria o integrazione?, in Riv. it. dir pubbl. com., 2004. Per approfondimenti e sviluppi anche Id., La signoria comunitaria sul diritto amministrativo, in Riv. it. dir pubbl. com., 2002. Id., Il diritto amministrativo europeo presenta caratteri originali?, in Riv. trim. dir. pubbl., 2003. Id., L’influenza del diritto amministrativo comunitario sui diritti amministrativi nazionali, in Riv. it. dir. pubbl. com., 1993, 329. Con riferimento alla tematica della progressiva comunitarizzazione del diritto amministrativo GRECO G., Diritto europeo e diritto amministrativo nazionale, in AA.VV., Diritto amministrativo, Monduzzi, Bologna, 2005. KLEIN E., L’influenza del diritto comunitario sul diritto amministrativo nazionale, in Riv. it. dir. pubbl. com., 1993, 683. DELLA CANANEA G. (a cura di), Diritto amministrativo europeo. Principi e istituti, op. cit.. SANNA TICCA E., Cittadino e pubblica amministrazione nel processo di integrazione europea, Milano, 2004. SCIULLO G., L’impatto del diritto comunitario sul diritto amministrativo, op. cit.. 88 WATSON A., Legal transplants. An approach to comparative law, Edinburgh, 1974. ! !35 Capitolo Primo L’influenza orizzontale si propaga, invece, nei rapporti tra Stati, favorendo un progressivo allineamento dei sistemi giuridici, con una “apertura laterale” degli uni verso gli altri e con la creazione di un humus culturale sempre più omogeneo. Accanto ad un condizionamento diretto è rilevabile, altresì, una influenza riflessa del diritto comunitario sui Paesi membri ed in particolare sull’ordinamento italiano89. Si tratta di quel fenomeno che vede aderire il legislatore e la giurisprudenza nazionali a schemi o soluzioni propri del diritto europeo, senza che sussista alcun vincolo conformativo in tal senso (c.d. spill-over effect)90. Un vincolo potrebbe, semmai, desumersi sul piano interno dall’esigenza di garantire il rispetto del principio di eguaglianza (art. 3 Cost). In virtù di questa influenza indiretta l’intera materia amministrativa può dirsi attualmente europeizzata anche al di là dei settori di specifica competenza comunitaria. L’Unione europea diviene, dunque, uno spazio amministrativo comune nel quale i principi comunitari si irradiano, mitigando e talvolta superando l'autoritarietà e l'imperatività dell'azione pubblica nei confronti degli amministrati91. Tali principi rappresentano il più importante parametro di legittimità degli atti nazionali sia normativi sia amministrativi. 89 GRECO G., Argomenti di diritto amministrativo-parte generale-I lineamenti essenziali del sistema, Giuffré, Milano, 2010. 90 AUBY J.B., I diritti amministrativi dell’Europa: una convergenza verso principi comuni?, in Dir. amm. eu. comp., n. 6 del 2005. Quanto al processo di avvicinamento dei diritti amministrativi europei, l’autore rimarca come tali meccanismi siano fondati talora su effetti di vincolo legale, talaltra su fenomeni di influenza spontanea. Essi determinano effetti di vincolo legale nelle ipotesi in cui un determinato sistema nazionale è giuridicamente obbligato ad adottare una soluzione di diritto amministrativo sorta nel panorama europeo (ad es. in materia di aiuti di Stato). In altri casi, invece, le convergenze scaturiscono da fenomeni di spontanea e reciproca imitazione. 91 Per una ricostruzione generale dei rapporti tra amministrazioni pubbliche e soggetti privati SINISI M., Introduzione allo studio del potere autoritativo, Aracne, Roma, 2009. ! !36 Capitolo Primo Il tradizionale monopolio statuale sul diritto amministrativo sembra, dunque, giunto al tramonto. Oggigiorno il diritto comunitario, collocandosi al vertice del sistema delle fonti92, possiede una vis tale da conformare i diritti amministrativi dei vari Stati membri. Infatti il processo di integrazione europea ha assegnato alla normativa comunitaria diretta vigenza, efficacia e prevalenza sul diritto nazionale anche a livello costituzionale93 (con il solo rispetto dei cc.dd. controlimiti, peraltro di rilevanza più teorica che concreta), sicchè dinanzi al diritto comunitario “l’ordinamento interno si ritrae e non è più operante”94. La tracimazione della normativa comunitaria sugli ordinamenti interni, in combinato disposto con le spinte innovatrici della globalizzazione, ha definitivamente abbattuto il muro dell’esclusiva statualità del diritto amministrativo95, retaggio di un passato che non può più resuscitare, plasmando ed esaltando lo statuto del cittadino (che si articola in diritti, pretese e libertà), in un contesto di rimodellamento e ridimensionamento dell'autoritarietà dei pubblici poteri. Se tradizionalmente il cittadino ha potuto esclusivamente pretendere che il potere discrezionale della P.A. fosse esercitato con legittimità (Mortara L.), oggi l'amministrato può vantare, nel dialogo con il public power, una pretesa qualificata al soddisfacimento del bene della vita di cui è portatore. 92 Per citare un’acuta espressione di Tesauro G., il diritto amministrativo europeo non può più considerarsi una “escrescenza esotica”, ossia un quid di estraneo e irrilevante ai fini del diritto amministrativo interno. I principi comunitari ormai condizionano in ogni ambito i sistemi amministrativi nazionali, influenzando in profondità le decisioni degli apparati nazionali (legislatori, giudici, pubbliche amministrazioni). 93 La prevalenza del diritto comunitario sulle disposizioni costituzionali conferma l’intuizione del 1952 di Giuseppe Chiarelli sulla elasticità della Costituzione (CHIARELLI G., Elasticità della Costituzione, in Studi di diritto costituzionale in memoria di Luigi Rossi, Giuffrè, Milano, 1952, p. 56 , ora in Id., Scritti di diritto pubblico, Giuffrè, 1977, pp. 327 ss). Secondo Chiarelli la Costituzione sarebbe rigida nella fonte ma elastica nei contenuti, sicchè fonti sovranazionali, attraverso l’art. 11 Cost., ben potrebbero derogarvi. Ad avviso dell'autore, infatti, "l'elasticità del sistema costituzionale si rivela (...) nel rapporto tra ordinamento interno e ordinamento internazionale, per il rinvio a quest'ultimo contenuto nell'art. 10 1° co., e sopra tutto nell'art. 11, in cui, lasciandosi aperto l'ordinamento interno alla possibilità di limitazioni della sovranità, si prevede quella che forse può essere considerata la massima elasticità possibile di un ordinamento statale". 94 Corte cost., 11 giugno 1990, n. 285, in Giur. cost., 1990, pp. 1780 ss.. 95 CASSESE S., La signoria comunitaria sul diritto amministrativo, op. cit.. ! !37 Capitolo Primo 1.4. Il quadro delle fonti alla luce dei rapporti tra ordinamento comunitario e ordinamento nazionale: tesi monista vs tesi dualista La convivenza tra il diritto comunitario e il diritto italiano è stata “voluta ma sofferta”96. Infatti la presenza sulla scena europea di un nuovo ordinamento, dotato di attribuzioni limitanti la sovranità nazionale, ha prodotto inizialmente nel sistema italiano molteplici resistenze al pieno sviluppo del diritto comunitario97. I maggiori problemi si sono avuti nel progetto di far coesistere le diverse fonti, comunitarie e nazionali, nell’organigramma giuridico europeo e di definirne altresì le rispettive e comuni sfere di influenza. L'approccio al tema dei rapporti tra fonti comunitarie e nazionali varia, però, a seconda dell’assetto che si intende conferire alle relazioni tra i due ordinamenti98. In giurisprudenza si sono contrapposti per molti anni due orientamenti: 1) la tesi monista (o della integrazione) sostenuta dalla Corte di giustizia europea; 2) la tesi dualista (o della separazione) cui ha inizialmente aderito, sia pure con intensità diverse, e non senza ambiguità, la Corte costituzionale italiana. 96 COCCO G., Una convivenza “voluta ma sofferta”: il rapporto tra diritto comunitario e diritto interno, in Riv. it. dir. pubbl. com., 1999, p. 641. 97 VALAGUZZA S., La frammentazione della fattispecie nel diritto amministrativo a conformazione europea, op. cit.. 98 In argomento, tra i più significativi contributi, ANDRONICO A., Un “nuovo genere” di ordinamento. Riflessioni sul rapporto fra diritto comunitario e diritto interno, in Jus, 2001, p. 69. GIAMETTTA C., Lo scontro fra le diverse concezioni dualista e monista dei rapporti tra ordinamento interno e ordinamento comunitario e il superamento della concezione monista, in www.cahiers.org. LAUDANTE F., Fonti comunitarie ed attività amministrativa statale tra separazione e integrazione degli ordinamenti, in Rass. dir. pubbl. eur., n. 1/2005, p. 229. CINTIOLI F., Fonti interne e norme comunitarie tra unità e pluralità di ordinamenti: recenti tensione e prospettive e prospettive di sviluppo, in Dir. e form., 2001, p. 3. ZANCHIELLO L., Rapporti tra diritto nazionale e diritto comunitario alla luce delle pronunce della Corte costituzionale, in Nuova rass. 2006, 1881. GRECO G., I rapporti tra ordinamento comunitario e nazionale, in Trattato di diritto amministrativo europeo, diretto da M.P. Chiti e G. Greco, II, Milano, 2007. CERULLI IRELLI V., I rapporti tra ordinamento dell’Unione europea e ordinamento interno, in Le nuove istituzioni europee, Commento al Trattato di Lisbona, a cura di F. Bassanini e G. Tiberi, il Mulino, 2010. ! !38 Capitolo Primo Quanto al primo orientamento (monista o dell'integrazione), di esso ha fatto il proprio vessillo il giudice comunitario nelle note pronunce Van Gend & Loos99 del 1963 e Costa c. Enel100 del 1964, nelle quali viene affermato il primato del diritto comunitario e la sua diretta applicabilità, con conseguente obbligo di disapplicazione101 da parte degli organi nazionali delle norme interne con esso in conflitto. Successivamente la Corte di giustizia si spinge ad asserire che il Trattato di Roma, quale "Carta costituzionale di base"102, abbia fondato una “Comunità di diritto”103, sottolineandone così il valore e l’importanza ai fini dell’integrazione tra l'ordinamento comunitario e gli ordinamenti dei Paesi membri. In particolare il giudice di Lussemburgo enfatizza il ruolo dei principi comunitari nella creazione di un ambiente 99 Cgce, 5 febbraio 1963, in causa C-26/62, Van Gend & Loos c. Amministrazione olandese delle imposte, in Racc. 1963: "La Comunità economica europea costituisce un ordinamento giuridico di nuovo genere nel campo del diritto internazionale a favore del quale gli Stati membri hanno rinunziato, se pure in settori limitati, ai loro poteri sovrani ed al quale sono soggetti non soltanto gli Stati membri, ma pure i loro cittadini. Il diritto comunitario, indipendentemente dalle norme emanate dagli Stati membri, nello stesso modo in cui impone ai singoli degli obblighi, attribuisce loro dei diritti soggettivi. Tali diritti sorgono non soltanto allorchè il Trattato espressamente li menziona, ma anche quale contropartita di precisi obblighi che il Trattato impone ai singoli, agli Stati membri e alle istituzioni comunitarie". In questa storica pronuncia la Corte di giustizia individua chiaramente, tra gli obiettivi della Comunità, l'ampliamento delle garanzie di tutela dei singoli all'interno dello spazio giuridico europeo. In tema anche TESAURO G. Sovranità degli Stati e integrazione europea, op. cit.. 100 Cgce, 15 luglio 1964, in causa C-6/64, Costa c. Enel, in Racc. 1964: "A differenza dei comuni Trattati internazionali, il Trattato CEE ha istituito un proprio ordinamento giuridico, integrato nell’ordinamento giuridico degli Stati membri all’atto dell’entrata in vigore del Trattato e che i giudici nazionali sono tenuti ad osservare. Istituendo una comunità senza limiti di durata, dotata di propri organi, di personalità di capacità giuridica, di capacità di rappresentanza sul piano internazionale ed in specie di poteri effettivi provenienti da una limitazione di competenza o da un trasferimento di attribuzioni degli Stati alla comunità, questi hanno limitato sia pure in campi circoscritti, i loro poteri sovrani e creato quindi un complesso di diritto vincolante per i loro cittadini e per loro stessi. Tale integrazione nel diritto di ciascuno Stato membro di norme che promanano da fonti comunitarie e, più in generale, lo spirito e i termini del Trattato, hanno per corollario l’impossibilità per gli Stati membri di far prevalere, contro un ordinamento giuridico da essi accettato a condizioni di reciprocità, un provvedimento unilaterale ulteriore, il quale peraltro non è opponibile all’ordinamento stesso". 101 ITALIA V., La disapplicazione delle leggi, Giuffrè, 2012. Secondo l'autore "la disapplicazione è una operazione logica per cui una regola che dovrebbe essere applicata, è sospesa per un caso singolo, ed al suo posto è applicata un'altra regola. Quando questa operazione logica si svolge nel campo del diritto, essa consiste nella disapplicazione di una legge, cioè nella sua sospensione per un caso singolo, e nell'applicazione, al suo posto, di un'altra legge o di un principio gerarchicamente superiore". 102 Cgce, 23 aprile 1986, in causa C-294/83 Le Verts c. Parlamento europeo, in Racc. 1986. 103 HARTLEY T., The Foundations of European Community law, V ed., Oxford, Oxford University press, 2003. L’espressione “Comunità di diritto” è dall’autore mutuata dalla giurisprudenza della Corte di giustizia, anche se a dire il vero, tale definizione è stata coniata da Walter Hallstein ed utilizzata per la prima volta nel 1965 in un dibattito al Parlamento europeo. ! !39 Capitolo Primo giuridico europeo sempre più comune ed integrato104. Tali sentenze troveranno, in seguito, conferma nell’approvazione del Trattato di Maastricht (1992) che segnerà, con la nascita dell’Unione, un'ulteriore e decisiva tappa dell'integrazione europea. La seconda tesi, c.d. dualista (o della separazione tra ordinamenti giuridici), è stata sostenuta dalla Corte costituzionale nell’arco di un percorso evolutivo a fasi alterne che nei decenni ne attenua, fino a far scomparire, le originarie posizioni oltranziste. In una prima fase105 la Consulta addiviene alla conclusione della equiordinazione tra norme interne e norme comunitarie per cui in caso di conflitto la norma interna successiva abroga la norma comunitaria anteriore in base al criterio cronologico. In questo periodo la Corte non segue la strada dell’inquadramento costituzionale della partecipazione dell’Italia al sistema comunitario con l'effetto di consentire per violazione dell’art. 11 il sindacato costituzionale della norma interna in conflitto con il diritto comunitario. Una tale posizione riceve le critiche della Corte di giustizia. Esse muovono da due postulati: in primo luogo l’adesione ai Trattati europei comporta l’osservanza dei principi in essi contenuti da parte dello Stato (e dei suoi organi) nell’esercizio dell’attività normativa. In secondo luogo il diritto comunitario, in virtù dei principi del primato e dell'efficacia diretta, prevale sulle norme interne, ancorchè successive e di rango costituzionale. I rilievi del giudice comunitario sortiscono l'effetto di sospingere la Corte costituzionale italiana negli anni '70 del secolo scorso ad una revisione delle proprie 104 COHEN TANUGI L., L’Europe en danger, Paris, Fayard, 1992. I principi generali hanno consentito l’instaurazione di solidi collegamenti tra gli ordinamenti giuridici statali e l'ordinamento comunitario, attraverso il fenomeno dell'integrazione giuridica. In proposito MARTINICO G., L’integrazione silente. La funzione interpretativa della Corte di giustizia e il diritto costituzionale europeo, Jovene, 2009. Con riferimento al ruolo del giudice di Lussemburgo nell’elaborazione dei principi comunitari l'autore asserisce che la Corte abbia estratto “con operazioni che alternavano precisione chirurgica a fantasia vulcanica, da disposizioni più o meno predisposte, i principi dell’ordinamento comunitario, inventando in definitiva una nuova tipologia di fonti con cui non solo gli ordinamenti nazionali ma lo stesso ordinamento dei Trattati dovevano (e devono) confrontarsi. (...) I principi di diritto comunitario sono principi autonomi nel senso che non sono pensati come strumentali agli ordinamenti nazionali, poiché si impongono a questi e perché si propongono, in chiave di ipotesi, anche come potenzialmente ostili ai principi degli ordinamenti, tutt’altro che servili ed accomodanti dunque. Nella sua missione la Corte ha conquistato posizioni su posizioni ed alla fine ha vinto le resistenze che si contrapponevano alla affermazione del diritto comunitario”. 105 Corte cost., 24 febbraio1964, n. 14, in www.giurcost.it. ! !40 Capitolo Primo posizioni (c.d. seconda fase)106: la violazione del diritto comunitario è idonea a far scattare una verifica di costituzionalità delle norme interne per contrasto con il principio di cui all’art. 11 Cost., pur considerando le norme comunitarie esterne all’ordinamento italiano. Anche in questa occasione il giudice comunitario manifesta talune riserve alla tesi della Consulta: la Corte italiana fa un uso improprio dell’art. 11, essendo quest’ultima una norma ideata per regolare i diversi rapporti tra l’Italia e le Nazioni unite, come tale inadatta ad ergersi a parametro di legittimità costituzionale. Segue poi una terza fase, inaugurata con la sentenza Granital del 1984107, che registra una decisiva apertura della Consulta italiana alle posizioni della Corte di giustizia: l’ordinamento comunitario e quello nazionale, pur strutturalmente autonomi, sono coordinati tra loro, sicchè le norme comunitarie prevalgono sulle norme statali incompatibili sia anteriori che successive; e ciò in modo automatico, attraverso il rimedio della disapplicazione delle disposizioni interne confliggenti, senza doverne attendere la rimozione mediante pronuncia di illegittimità della Corte costituzionale108 o per un atto abrogativo del legislatore. In questa storica sentenza la Corte costituzionale evidenzia i principi della: a) separazione e coordinazione tra ordinamenti; b) efficacia diretta del diritto comunitario derivato; c) disapplicazione (rectius non applicazione nel linguaggio capzioso della Corte109) della norma interna in contrasto con il diritto comunitario. 106 Ex plurimis Corte cost., 18 dicembre 1973, n. 183, Frontini, in Giur. cost. 1973 con commento di BARILE P., Il cammino comunitario della Corte, in Giur. cost., 1973, 2406. Corte cost., 22 ottobre 1975, n. 232, ICIC, in Giur. cost. 1975. 107 Corte cost., 8 giugno 1984 n. 170, Granital, in Giur. cost., 1984. La Corte asserisce che “vi é un punto fermo nella costruzione giurisprudenziale dei rapporti fra diritto comunitario e diritto interno:i due sistemi sono configurati come autonomi e distinti, ancorché coordinati, secondo la ripartizione di competenza stabilita e garantita dal Trattato le norme (derivanti dall’ordinamento comunitario) vengono, in forza dell'art. 11 Cost., a ricevere diretta applicazione nel territorio italiano”. In scia anche Corte cost., 19 aprile 1985, n. 113, Beca, in www.giurcost.org. 108 La norma comunitaria provvista di effetto diretto deve essere applicata immediatamente dai giudici interni con conseguente disapplicazione della norma nazionale confliggente, senza ricorrere al giudizio di legittimità costituzionale. In termini processuali, l'effetto diretto della norma comunitaria rende inammissibile la questione di legittimità costituzionale della norma interna lesiva del diritto comunitario. 109 A titolo esemplificativo Corte cost., 18 aprile 1991, n. 191, in www.giurcost.org. ! !41 Capitolo Primo La quarta fase dei rapporti tra ordinamento comunitario e ordinamento italiano si apre con la riforma costituzionale del titolo V (l. cost. n. 3 del 2001), in base alla quale l’attività legislativa dello Stato e delle regioni deve esercitarsi nel rispetto dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario. In questo nuovo scenario delle fonti, le norme comunitarie si presentano come norme interposte tra legge e Costituzione, integrando il parametro di legittimità di cui all’art. 117 I co. Cost.110. Pertanto la novella del 2001 consacra, senza riserve, il principio dell’integrazione tra ordinamenti, valorizzando un pluralismo normativo fondato sulla coesistenza di molteplici fonti concorrenti111. La stessa Corte costituzionale sembra essersi definitivamente convinta della bontà della tesi monista, allorchè in modo univoco, agli albori del Terzo Millennio, definisce l’ordinamento comunitario un “ordinamento giuridico integrato e coordinato con quello 110 La dichiarazione di illegittimità costituzionale della norma legislativa interna per contrasto con la norma comunitaria rappresenta un meccanismo indiretto che si affianca, ma non si sostituisce, al rimedio della disapplicazione della norma interna incompatibile, essendo quest’ultimo il principale strumento idoneo a garantire la primazia e l’effettività del diritto comunitario. A ben vedere la declaratoria di illegittimità, secondo lo schema dell’art. 117 I co. Cost., si staglia come l’unico rimedio esperibile nelle ipotesi in cui la disapplicazione della norma interna non sia praticabile, stante la carenza nella norma comunitaria dei requisiti della diretta applicabilità e dell’efficacia diretta; requisiti che caratterizzano la maggior parte ma non tutte le norme comunitarie. Un classico esempio è dato dalle direttive non selfexecuting. Supponiamo che lo Stato italiano non trasponga la direttiva nel termine previsto. La direttiva, a differenza del regolamento, non è direttamente applicabile all’interno degli Stati membri, necessitando di una attività di attuazione-completamento. Ciononostante, in presenza di disposizioni chiare, precise e incondizionate, può avere una efficacia diretta in capo ai singoli che potranno far valere i diritti in essa contemplati dinanzi alle competenti autorità nazionali. Nell’ipotesi in cui nel corso di un giudizio dinanzi ad un giudice italiano emerga il fumus di un conflitto tra una legge nazionale e una direttiva non selfexecuting (priva di efficacia diretta), potrà sollevarsi questione di legittimità costituzionale avverso la norma nazionale per violazione della direttiva e dunque per contrasto con il parametro dell’art. 117 I co. Cost.. 111 SANTORO E., Diritto e diritti: Lo Stato di diritto nell’era della globalizzazione, op. cit.: "Lo spostamento del baricentro del governo delle società liberal-democratiche dall’asse potere esecutivopotere legislativo verso un diritto delle fonti plurali, in larga parte non sistematizzabili in modo organico, e una giustizia anch’essa plurale e non gerarchicamente ordinata corrisponde alla fine del sogno illuminista di una società razionalmente ordinabile e riconducibile ad unità (…). Il tramonto del sogno illuminista lascia il campo al riconoscimento dell’insopprimibile e radicalmente non ordinabile pluralismo che caratterizza le società contemporanee". PERLINGIERI P., Prefazione, in L’ordinamento vigente e i suoi valori, Edizioni scientifiche, 2006: "In una epoca caratterizzata dalle forti innovazioni socio-economiche e dal pluralismo delle fonti del diritto-che inducono sempre più a considerare principi e regole un insieme complesso, un sistema aperto che di volta in volta si concretizza nell’ordinamento del caso concreto, la problematicità dell’individuazione dell’ordinamento vigente assume un ruolo centrale". ! !42 Capitolo Primo interno”112. Ed è proprio l'adesione alla tesi dell'integrazione che giuridicamente spiega e conferma la penetrazione dei principi comunitari nelle realtà statuali e l'influenza conformativa sui rispettivi ordinamenti. In una prospettiva monistica le situazioni giuridiche soggettive ricevono un'attenzione crescente a livello europeo, siano esse di provenienza nazionale o comunitaria. L'integrazione europea, che ha il suo formante soprattutto nei principi di elaborazione pretoria, amplia pertanto le libertà dei singoli, anche in settori di esclusiva pertinenza statale, non limitandosi alle libertà di natura strettamente economica113. 1.5. L'incidenza delle regole e dei principi comunitari sul sistema italiano delle fonti. I nuovi strumenti a disposizione del giudice e della pubblica amministrazione Con il consolidarsi dell’integrazione europea, la spinta delle regole, ma soprattutto dei principi comunitari, produce un terremoto senza precedenti nel sistema delle fonti italiane114, tradizionalmente basato sul principio di rigidità della Costituzione115, sul criterio gerarchico e sul principio del gradualismo. 112 Corte cost., 22 ottobre 2007, n. 348 e 349. Corte cost., 15 aprile 2008, n. 102. Corte cost., 28 gennaio 2010, n. 28, in www.giurcost.it, con commento di LISENA F., La Corte costituzionale diventa "monista" (nota a margine della sent. n. 28 del 2010 della Corte costituzionale), in www.giustamm.it, 2010. Per una ricostruzione del percorso compiuto della Corte costituzionale in relazione ai rapporti tra ordinamento comunitario e ordinamento italiano CALIFANO L., Separazione e integrazione fra ordinamento interno e ordinamento comunitario nella recente giurisprudenza costituzionale, in Studi parl. e pol. cost., 1996. ONIDA V., Armonia tra diversi e problemi aperti. La giurisprudenza costituzionale sui rapporti tra ordinamento interno e ordinamento comunitario, in Quad. cost. 2002, 549. RUGGERI A., Continuo e discontinuo nella giurisprudenza costituzionale, a partire dalla sent. n. 170 del 1984, in tema di rapporti tra ordinamento comunitario e ordinamento interno: Dalla teoria della separazione alla prassi dell’integrazione intersistemica?, in Giur. cost., 1991, 1589. 113 Paradigmatico è il caso Rutili (Cgce, 28 ottobre 1975, in causa C-36/75, Rutili, in Racc. 1975). 114 Per un'analisi dell’incidenza dell'ordinamento comunitario sul sistema italiano delle fonti, senza pretese di completezza,. PERLINGIERI P., Diritto comunitario e legalità costituzionale: Per un sistema italo-comunitario delle fonti, Edizioni scientifiche, Napoli, 1992. MODUGNO F., Appunti dalle lezioni sulle fonti del diritto, Torino, 2005. PEDRAZZA GORLERO M., Le fonti dell’ordinamento repubblicano, Giuffrè, Milano, 2010. RUGGERI A., Fonti, norme, criteri ordinatori, V ed., Giappichelli, Torino, 2009. GROSSI P., Crisi delle fonti e nuovi orizzonti del diritto, Satura, Napoli, 2009. CARLASSARE L., voce Fonti del diritto (dir. cost.), in Enc. dir., Annali, II, 2, Milano, 2008. CARROZZA P., Sistema delle fonti e forma di governo europea, in Bianchi P.-Catelani E.-Rossi E. (a cura di), Le “nuove” fonti comunitarie, (Quaderni della scuola superiore S. Anna), Cedam, Padova, 2005. CELOTTO A., L’efficacia delle fonti comunitarie nell’ordinamento italiano, Torino, 2003. 115 CHIARELLI G., Elasticità della Costituzione, in Studi di diritto costituzionale in memoria di Luigi Rossi, op. cit.. Con l’avvento dell’ordinamento comunitario, secondo Chiarelli, il principio di rigidità della Costituzione risulta eroso dalla circostanza che la Carta costituzionale, pur rimanendo formalmente una fonte rigida, diviene flessibile e cedevole nei contenuti, in quanto plasmabile e derogabile, grazie al meccanismo di cui all'art. 11 Cost., dalle superiori norme sovranazionali. ! !43 Capitolo Primo I principi comunitari della primauté e della diretta applicabilità scardinano un siffatto assetto, imponendo la prevalenza delle norme comunitarie sulle norme di diritto interno le quali, ove incompatibili, devono essere disapplicate sia dai giudici che dalle amministrazioni nazionali116. Tale impostazione mette in crisi il valore del gradualismo, impedendo l’applicazione di disposizioni normative e amministrative in contrasto con norme comunitarie, anche se conformi alla fonte nazionale, legislativa o regolamentare, immediatamente superiore. Inoltre l’ordinamento comunitario demolisce il divieto, vigente nel sistema italiano, di disapplicazione della fonte o dell’atto superiore illegittimo117. La giurisprudenza italiana, per risolvere le antinomie normative, ha tradizionalmente applicato il criterio della conformità alla fonte o all’atto superiore: in caso di insanabile contrasto, si dovrebbe dare applicazione immediata alla fonte o all’atto superiori, pur se illegittimi, in attesa delle procedure all’uopo previste per la loro rimozione118 (giudizio di legittimità costituzionale per la legge, annullamento, ope iudicis o ex officio per l’atto amministrativo). Il diritto comunitario, invece, prevede la disapplicazione immediata da parte di tutti i soggetti pubblici (ivi comprese le autorità amministrative) di ogni atto normativo (la legge in primis) e amministrativo (il provvedimento) con esso in conflitto, indipendentemente dal sistema interno di relazioni tra le fonti119. 116 ITALIA V., La disapplicazione delle leggi, op. cit.. 117 PICOZZA E., Alcune riflessioni circa la rilevanza del diritto comunitario sui principi del diritto amministrativo italiano, in Riv. it. dir. pubbl. com., 1992, 1209. 118 Sul punto Adun. Plen. Cons. Stato, n. 2 del 1973, in Cons. Stato, 1973. 119 In tema CERULLI IRELLI V., I rapporti tra ordinamento dell’Unione europea e ordinamento interno, in Le nuove istituzioni europee, Commento al Trattato di Lisbona op. cit.: In special modo “la legge nazionale perde la sua rigidità (affermata nell’ordinamento nazionale dal principio che solo il giudice costituzionale può sindacare la legittimità della legge e rimuoverne l’efficacia) e la sua necessaria applicabilità in concreto da parte di tutti gli operatori (ma segnatamente, degli organi pubblici, i giudici e l’amministrazione). L’applicazione della legge nazionale diviene sempre incerta, chè essa dipende dalla sua conformità o meno al diritto comunitario operante nelle medesime materie, conformità da valutarsi caso per caso dall’interprete e, nel dubbio dalla Corte di giustizia”. Anche SICILIANO F., La legalità amministrativa (comunitaria e interna) e certezza del diritto: riflessi sui rapporti amministrativi e istituzionali, Giuffrè, Milano, 2010: "L’amministrazione viene legittimata a superare la legge nazionale, formatasi su base democratica, in ragione della ritenuta contrarietà della medesima ad un indirizzo della Corte di giustizia". ! !44 Capitolo Primo In particolare con riferimento alle situazioni regolate dal diritto comunitario, il principio del primato azzera ogni regola nazionale, imponendo sia al giudice sia all’amministrazione l’obbligo di dare prevalenza alle norme comunitarie, disapplicando le norme statali in contrasto e applicando immediatamente la fonte in sintonia con l’ordinamento comunitario anche se difforme rispetto ad una norma superiore dell’ordinamento interno120. Il discorso sin qui condotto vale per tutto il diritto comunitario e segnatamente per i principi non scritti coniati dalla Corte di giustizia. Pertanto qualora un atto nazionale (legislativo o amministrativo) restringa gli spazi di libertà del cittadino ad es. violando il principio di proporzionalità o di affidamento, il giudice domestico dovrà provvedere alla sua disapplicazione. In questo modo si dilata il concetto di legittimità fino a ricomprendere tutto l'acquis communautaire. La c.d. legalità comunitaria121 prevale sulla legalità nazionale fino ad imporre tanto al giudice quanto alla P.A. anche la disapplicazione della norma di legge attributiva del 120 In questa fattispecie si configura un “ménage à trois” fra norma comunitaria, legge nazionale e atto amministrativo. Se ad es. un bando di gara, conforme alla disciplina comunitaria, fosse difforme dalla disciplina legislativa, l’atto amministrativo non potrebbe essere rimosso e parimenti si dovrebbe disapplicare la legge in contrasto con l’ordinamento comunitario. 121 La soggezione del giudice soltanto alla legge deve oggi esser letta come soggezione del giudice non più solamente alla normativa nazionale ma anche al diritto comunitario e in special modo alla giurisprudenza della Corte di giustizia. Sul tema della legalità comunitaria, tra i molteplici contributi, MERUSI F., Sentieri interrotti della legalità, il Mulino, Bologna, 2007. VALAGUZZA S., La frammentazione della fattispecie nel diritto amministrativo a conformazione europea, op. cit.. ALÌ A., Il principio di legalità nell’ordinamento comunitario, Torino, 2005. PECH L., The Rule of Law as a Constitutional Principle of the European Union, Jean Monet working paper n. 4 del 2009, in www.papers.ssrn.com. COGNETTI S., Profili sostanziali della legalità amministrativa, Giuffrè, Milano, 1993. CHIOLA G., Considerazioni sulla legalità comunitaria dell’atto amministrativo, Aracne, Roma, 2003. SICILIANO S., La legalità amministrativa (comunitaria e interna) e certezza del diritto: riflessi sui rapporti amministrativi ed istituzionali, op. cit.. Ad avviso dell'autore si starebbe affermando in ambito comunitario “una legalità formalmente giurisprudenziale e sostanzialmente normativa del tutto aliena al nostro ordinamento, refrattario perfino al principio dello stare decisis”. SORRENTINO F., Lezioni sul principio di legalità, Torino, 2001: "Il principio di legalità, inteso nella sua accezione sostanziale, è pacificamente incluso tra i principi fondamentali del diritto comunitario di cui la Corte assicura l’osservanza e comporta la necessità che l’azione amministrativa sia delimitata da previe norme e che essa si sviluppi, per quanto possibile, attraverso fasi procedimentali, idonee a consentire ai soggetti che ne sono coinvolti determinate forme di partecipazione". ! !45 Capitolo Primo potere amministrativo122. Tutto ciò è coerente con una concezione più estesa della legalità, che abbraccia ogni fonte comunitaria (scritta e non). Di conseguenza il sistema amministrativo italiano risulta sottoposto ad una legalità di livello superiore quale è la legalità (o meglio legittimità) comunitaria. Allora ben si spiega come principi e regole del diritto amministrativo interno (gradualismo e divieto di disapplicazione) vengano scalzati da principi comunitari superiori (primauté, diretta applicabilità). A ben vedere, però, il primo strumento cui il giudice deve ricorrere in vista di una composizione dei rapporti (e dei conflitti) tra fonti nazionali e fonti comunitarie è il rimedio dell’interpretazione conforme. Si tratta di un'attività cui l’interprete è tenuto ad adempiere, ancor prima della disapplicazione123, ove vi sia un margine di discrezionalità che consenta di scegliere tra una varietà di interpretazioni della norma interna. E tra queste occorre optare per la soluzione che assicuri la conformità della norma nazionale al sistema comunitario124. Solo allorquando il contrasto risulti insanabile, e non componibile a livello interpretativo125, si provvederà: 122 Ad analizzare la vicenda nella prospettiva dei Padri del diritto amministrativo italiano, il principio di legalità amministrativa ne esce completamente mutilato. Nella visione tradizionale sarebbe stato inimmaginabile per l’amministrazione disapplicare la norma attributiva del potere amministrativo, essendo la legge fondamento e limite della funzione amministrativa. Oggi la pubblica amministrazione non è soggetta più solo alla legge, bensì ad una pluralità di fonti concorrenti, nazionali e comunitarie. Si assiste, di conseguenza, al superamento della tradizionale concezione meccanicistica del principio di legalità secondo la quale l’amministrazione si limiterebbe ad eseguire la volontà della legge. Viceversa l’amministrazione assume, attualmente, un ruolo sempre più attivo nei confronti della legge. Essa, infatti, dispone del potere di valutare la conformità di una legge nazionale attributiva o regolativa del potere alle norme e ai principi comunitari, esprimendo così un giudizio di valore. Ove rilevi un conflitto, l’amministrazione è tenuta, inoltre, a disapplicare la norma interna, dando attuazione alla norma comunitaria. Il principio di legalità espande, dunque, i suoi confini sino a ricomprendere le norme e i principi comunitari che vanno considerati a tutti gli effetti parametri (diretti) di legittimità dell’azione amministrativa. 123 Cgce, 18 settembre, 2003, in causa C-125/01, Pflücke, in Racc. 2003. Cgce, 8 novembre 2005, in causa C-443/03, Götz Leffler, in Racc. 2005. 124 Nella famosa sentenza Granital viene imposto ai giudici statali di svolgere un'attività ermeneutica delle disposizioni interne scegliendo “fra le possibili interpretazioni del testo normativo prodotto dagli organi nazionali quella conforme alla prescrizione della Comunità”. Trattasi di un principio ribadito anche successivamente dalla Corte di giustizia nella pronuncia Pfeiffer (5 ottobre 2004, in causa C-397-403/01, in Racc. 2004), secondo la quale il diritto nazionale deve essere interpretato secondo le finalità comunitarie, pochè siffatta interpretazione conforme del diritto nazionale “permette al giudice nazionale di assicurare, nel contesto delle sue competenze, la piena efficacia delle norme comunitarie”. 125 Cgce, 4 luglio 2006, in causa C-212/04, Adeneler, in Racc. 2006. ! !46 Capitolo Primo 1) a disapplicare la norma interna in conflitto con la norma comunitaria provvista di efficacia diretta; 2) a sollevare questione di legittimità costituzionale avverso la legge nazionale ove la norma comunitaria non goda del requisito dell'efficacia diretta. La definitiva consacrazione della tesi monista rende oggi il sistema ordinamentale europeo "complesso e, soprattutto, articolato. Composto da disposizioni a rilevanza normativa, espressioni di sovranità diffusa-non più esclusiva dello Stato-, ma di organi statali, sovranazionali e internazionali-e non necessariamente titolari del potere legislativo". Ed in questa pluralità di fonti di grado diverso l'ordinamento, lato sensu inteso, realizza la sua unitarietà in sede applicativa "cioè nel momento nel quale se ne riscontra l’esistenza-dove l’interprete, nel risolvere la quaestio, individua nell’ambito del pluralismo delle fonti uno, e uno solo, ordinamento del caso concreto"126. In un rinnovato contesto di integrazione, pluralismo delle fonti e nuovi poteri del giudice e della P.A., si assiste ad una rivalutazione dello status complessivo del cittadino nei rapporti con l'amministrazione. Attraverso l'incessante spinta dei principi comunitari il privato, coinvolto dalle dinamiche del potere, riceve sempre più dall'ordinamento italiano una protezione ex se, in quanto portatore di interessi e pretese qualificati127 e non più quale strumento di realizzazione dell'interesse pubblico; un public interest che, diversamente dal passato, si realizza non già in contrapposizione, bensì con e attraverso gli interessi privati128. . 126 PERLINGIERI P., Prefazione, in L’ordinamento vigente e i suoi valori, op. cit.. 127 OCCHIENA M., Situazioni giuridiche soggettive e procedimento amministrativo, Giuffrè, Milano, 2002: "La legge n. 241 del 1990 si pone all'ultimo stadio di questa parabola evolutiva di progressiva "soggettivizzazione" del procedimento, o meglio di riconoscimento al cittadino di un ruolo giuridicamente rilevante durante la fase procedurale: ormai è pacifico che in virtù di questa legge il cittadino goda di protezione giuridica già durante l'esercizio dell'azione amministrativa (e non solo al termine di questa) e quindi durante il procedimento amministrativo". 128 Un antesignano ante litteram di siffatta visione dei rapporti tra interesse pubblico e interessi privati è stato NIGRO M., Giustizia amministrativa, Bologna, 1983, 122-123: Ad avviso dell'autore l'interesse pubblico "non è un interesse che incorpora o nega gli interessi privati, ma che convive con essi, di volta in volta sacrificandoli o soddisfacendoli". Ed è proprio "con il procedimento amministrativo che l'interesse pubblico viene determinato puntualmente e in concreta relazione con tutti gli altri interessi", sicchè "il privato entra nel procedimento non già per sentirsi dettare le condizioni della sua soggezione e nemmeno soltanto per porre limiti al potere, ma per contribuire alla stessa determinazione dell'interesse pubblico". ! !47 Capitolo Secondo CAPITOLO SECONDO ! Principi generali dell’ordinamento comunitario: aspetti teorici e profili applicativi ! Sommario: Premessa. 2.1. L'interpretazione del diritto e la funzione del giudice. Cenni alle tecniche ermeneutiche proprie del giudice nazionale e del giudice comunitario in tema di principi. 2.2. I principi nella teoria generale del diritto: la distinzione tra principi e regole. 2.2.1. I conflitti tra principi. 2.3. I principi comunitari quale trait d'union tra ordinamenti e tra giurisdizioni. 2.4. Classificazione e funzioni dei principi comunitari. 2.5. L'attività della Corte di giustizia nella elaborazione ed applicazione del principi comunitari nel segno dell'allargamento degli spazi di libertà del cittadino. 2.6. L'importanza delle sentenze della Corte di giustizia nel quadro di una progressiva valorizzazione del diritto giurisprudenziale. 2.7. Il conflitto tra principi comunitari e norme nazionali. 2.8. L'illegittimità "comunitaria" dell'atto amministrativo: tipologie, caratteri e poteri del giudice. 2.8.1. La nullità dell'atto amministrativo per violazione della normativa e dei principi comunitari. Premessa Nell’età della globalizzazione l’operatore giuridico assiste “alla crescita esorbitante, alla frantumazione, alla contraddittorietà delle regole”1. In un contesto sempre più globale e complesso si fa urgente il bisogno di individuare nuovi strumenti (i principi generali) capaci di raccordare e armonizzare una pluralità di fonti eterogenee (locali, nazionali, ultrastatuali) che insistono sui medesimi territori e regolamentano i medesimi fenomeni2. I principi di elaborazione pretoria rappresentano la fonte ideale per l'immediatà precettività3 e l'estrema duttilità che li caratterizza. In questa prospettiva “l’attuazione giudiziale del diritto diviene momento portante della costruzione giuridica e alla 1 D’ALBERTI M., Diritto amministrativo e principi generali, in Le nuove mete del diritto amministrativo, a cura di M. D’Alberti, il Mulino, 2010. 2 D’ALBERTI M., Diritto amministrativo e principi generali, in Le nuove mete del diritto amministrativo, op. cit.: "Di qui la rilevanza centrale dei principi per ricondurre a maggiore uniformità ed omogeneità disposizioni frammentate e talora discordanti le une rispetto alle altre, per garantire maggiore certezza giuridica e per assicurare tutele più solide ai destinatari delle normative". 3 È stata ormai definitivamente accolta la tesi crisafulliana che considera i principi “regole di condotta imperative, bilaterali e coercibili” alla stregua delle norme di diritto positivo. ! !48 Capitolo Secondo giurisprudenza necessariamente si riconosce uno spazio ben maggiore di quello che il modello tradizionale positivista le attribuiva”4. Ecco perché la figura del giudice (sia nazionale che comunitario) diviene essenziale per la crescita di un sistema giuridico, quale quello europeo, in continua e rapida espansione5. La tematica dei principi generali ha da sempre affascinato, nell'ambito degli ordinamenti statuali, schiere di giuristi sia nella enucleazione dei profili di teoria generale che nella disamina delle conseguenti ricadute applicative. Ai fini del presente lavoro un'analisi dei principi in chiave dogmatica, condotta secondo studi di teoria generale, non costituisce un fuor d'opera ma si giustifica in ragione della derivazione dei principi comunitari dalle tradizioni giuridiche degli Stati membri. La stessa composizione della Corte di giustizia (formata da giuristi di chiara fama provenienti dai vari Paesi europei) è la cartina di tornasole del retaggio culturalegiuridico, di matrice nazionale, che certamente influenza il giudice di Lussemburgo nell'elaborazione dei principi comunitari. 4 SALA G., Potere amministrativo e principi dell’ordinamento, Giuffrè, Milano, 1993: Infatti “caduta da tempo la pregiudiziale del giuspositivismo legalista, che collegava necessariamente la positività del principio ad una sua incorporazione in un testo scritto, è ormai acquisito che sono norme al pari di quelle desunte da disposizioni allo scopo codificate anche i principi sans texte formel, affermati dalle decisioni giurisprudenziali, interpretative e anche integrative in una sorta di judicial legislation dell’ordinamento”. Per una ricostruzione del fenomeno vedasi anche GIULIANI A., Disposizioni sulla legge in generale, in Trattato di diritto privato, diretto da P. Rescigno, Torino, 1982. ESSER J., Precomprensione e scelta del metodo nel processo di individuazione del diritto, Camerino, 1983. CASTRONOVO C., L’appassimento dello Stato moderno e un libro sulla obsolescenza delle leggi, in Jus, 1983, 238. 5 ROMBOLI R., Il ruolo del giudice nella società che cambia. Modelli di giudice e complessità sociale: bocca della legge, interprete, mediatore dei conflitti o difensore dei diritti?, Atti del convegno “L’interpretazione giudiziale fra certezza del diritto ed effettività delle tutele”, Agrigento 17-18 settembre 2010, in www.google.it. Per una analisi delle contaminazioni giurisprudenziali tra i vari Paesi in un’ottica comparata MARKESINIS B.-FEDTKE J., Giudici e diritto straniero. La pratica del diritto comparato, il Mulino, 2009. Con riferimento al ruolo dell'organo giurisdizionale nell'odierno contesto europeo AA.VV., Il ruolo del giudice. Le magistrature supreme, a cura di Sandulli M.A., in Foro amm. Tar, suppl. al n. 7-8/2007. ! !49 Capitolo Secondo In virtù di tali considerazioni, un'analisi dei tratti distintivi dei principi e delle relative tecniche interpretative nell'ambito degli ordinamenti statali non può che giovare all'esatta comprensione del ruolo, dei caratteri e della funzione dei principi comunitari6. Una volta chiarite le origini dei principi comunitari, sarà possibile comprenderne al meglio l'operatività, vale a dire l'influenza dagli stessi esercitata sui sistemi giuridici degli Stati membri; una influenza penetrante e capillare che si è sviluppata tanto in via diretta quanto in modo riflesso, attraverso la conformazione di principi, regole e istituti del diritto nazionale italiano. Oggi i principi comunitari assurgono a veri e propri canoni distintivi e caratterizzanti dell'azione normativa e amministrativa dei pubblici poteri statali. A riguardo nel prosieguo si approfondiranno le ipotesi patologiche di conflitto con le norme e gli atti amministrativi italiani. Per quanto concerne il diritto amministrativo, i principi comunitari hanno valorizzato taluni principi dell'ordinamento domestico (in primis i principi costituzionali) destinati alla protezione delle libertà del cittadino, i quali, al di là di mere petizioni di principio, non hanno ricevuto, nel corso dei decenni, la giusta implementazione nel sistema giuridico italiano. Pertanto la tutela del civis è stata per molto tempo ineffettiva, come tale, dunque, inidonea ad emancipare l'individuo da uno status di subalternità nei confronti dei pubblici poteri. Il diritto comunitario ha avuto, invece, l'indiscutibile merito di estendere gli spazi di libertà del cittadino, conferendo piena effettività alla tutela delle situazioni giuridiche individuali. In questo modo l'azione pubblica si è potuta evolvere lentamente ma progressivamente dal polo dell'autorità verso il polo della libertà7. 6 Lo studio dei principi comunitari si lega a doppio filo alla disamina dei sistemi giuridici nazionali, poichè i principi si nutrono di elementi estratti dalle tradizioni giuridiche statuali che vengono poi rielaborati in sede comunitaria. Per tali ragioni una trattazione dei principi comunitari postula imprescindibilmente l'esame delle questioni dogmatiche emerse negli ordinamenti interni e, in special modo, nell'ordinamento italiano (funzione interpretativa del giudice, distinzione tra principi e regole, conflitti tra principi ecc..). Cosi facendo sarà possibile comprendere sia l'iter formativo che le ricadute applicative dei principi comunitari nelle realtà ordinamentali nazionali. 7 In un contesto così rinnovato anche il ruolo del giudice e segnatamente del giudice amministrativo è destinato a mutare. Sulla spinta dei principi comunitari il giudice amministrativo tende sempre più a dismettere i panni del garante ad ogni costo dell'interesse e del potere pubblico per cucirsi il diverso abito di tutore delle situazioni soggettive individuali. ! !50 Capitolo Secondo 2.1. L’interpretazione del diritto e la funzione del giudice. Cenni alle tecniche ermeneutiche proprie del giudice nazionale e del giudice comunitario in tema di principi I principi comunitari costituiscono una species del più ampio genus dei principi generali del diritto (o dell'ordinamento), ispirandosi per larga parte il sistema UE alle tradizioni giuridiche degli Stati membri. L’indagine sui principi, in una prospettiva di teoria generale si riallaccia, a sua volta, al ruolo ed alla funzione del giudice, investito di compiti di analisi ed interpretazione dell'assetto normativo. Nella consapevolezza della diversità delle tecniche ermeneutiche nei vari Paesi membri8, si intende focalizzare l’attenzione sul sistema italiano per poi tracciare ponti comparativi con l’esperienza comunitaria e con l’attività della Corte di giustizia. 8 ALPA G., I principi generali, II ed., in Trattato di diritto privato a cura di G. Iudica e P. Zatti, Giuffrè, 2006, secondo il quale “in un sistema non codificato-come ad es. quello inglese-i principi hanno rilevanza maggiore di quella dispiegata in un sistema codificato: ciò perché non sono confinati al rango di fonte sussidiaria o di tecnica meramente interpretativa, come di solito accade nei sistemi codificati”. ! !51 Capitolo Secondo L’interpretazione9 può definirsi come un “vero e proprio fenomeno di creazione concreta dell’ordine giuridico”10. Quest’opera di ingegneria ha come artefice principale 9 La bibliografia in tema di interpretazione giuridica è sterminata. Si segnalano, senza pretese di esaustività, VILLA V., Una teoria pragmaticamente orientata dell'interpretazione giuridica, Giappichelli, Torino, 2012. PETRILLO F., Interpretazione degli atti giuridici e correzione ermeneutica, Giappichelli, 2011. RUSSO E., L'interpretazione dei testi normativi comunitari, Giuffrè, Milano, 2008. ZIINO D., Profili dell'interpretazione giuridica, Università degli studi di Messina, 2011. PINO G., Diritti e interpretazione: il ragionamento giuridico nello Stato costituzionale, il Mulino, Bologna, 2010. OMAGGIO V.–CARLIZZI G., Ermeneutica e interpretazione giuridica, Giappichelli, Torino, 2010. SACCO R., Il concetto di interpretazione del diritto, Torino, 1947. ASCARELLI T., Studi di diritto comparato e in tema di interpretazione, Milano, 1952. BETTI E., Teoria generale della interpretazione (1955), Edizione corretta ed ampliata, a cura di G. Crifò, Giuffrè, Milano, 1990. 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Ciò è evidente soprattutto in diritto amministrativo dove è unanime il riconoscimento della funzione pretoria del Consiglio di Stato nella costruzione dei principi che presiedono all'esercizio della funzione amministrativa. ! !52 Capitolo Secondo il giudice11, chiamato a ricostruire la norma applicabile dalla dimensione concreta del fatto12. Il magistrato è, dunque, “l’anello di congiunzione tra l’astrattezza della fattispecie e la muta espressività del fatto”13 ed ogni sua decisione è atto di concretizzazione dell’ordinamento (Bulow). L’ermeneutica del diritto affonda le proprie radici nella distinzione di teoria generale tra disposizione e norma14. La prima si configura come “determinazione volontaria” ascrivibile ad un soggetto, mentre la seconda si pone come “conseguenza” della prima, esito della sua interpretazione. La disposizione, dunque, è il testo da interpretare, mentre la norma è il prodotto dell’interpretazione. “In entrambi i casi può cogliersi il carattere di novità della norma che non è qualcosa che il testo già possiede, ma qualcosa che nasce dall’elaborazione dell’interprete”15. Così la norma si emancipa dalla disposizione andando a formare un nuovo tassello dell’ordinamento giuridico. 11 GUASTINI R., Il giudice e la legge, Giappichelli, Torino, 1995. SAAVEDRA M., Il giudice tra dogmatica giuridica e critica del diritto, in Ars interpretandi, Annuario di ermeneutica giuridica, 2002. ALBERT H., Scienza giuridica ed ermeneutica. Il diritto come fatto sociale e il compito della giurisprudenza, in Ars interpretandi, Annuario di ermeneutica giuridica, 2007. HASSEMER W., Metodologia giuridica e pragmatica giudiziaria, in Ars interpretandi, in Annuario di ermeneutica giuridica, 2006. CAMPANALE A.M., Razionalità scientifica e razionalità giuridica, Giappichelli, Torino, 2005. 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ENGISH K., Logische studien zur Gesetzesanwendung, Heidelberg, 1960, secondo il quale l’interpretazione, in quanto processo di realizzazione e concretizzazione del diritto nel caso concreto, è un “andirivieni dello sguardo”12 tra norma e fatto. 13 PAGOTTO C., La disapplicazione della legge, op. cit.. 14 CRISAFULLI V.,voce Disposizione (e norma), in Enc. dir., XIII, Milano, 1964. Id., Lezioni di diritto costituzionale. II. L’ordinamento costituzionale italiano. Le fonti normative, Padova, 1993. Crisafulli individua nella disposizione qualunque fonte-atto dell’ordinamento giuridico capace di esprimere una “volontà di disporre”. La disposizione, pertanto, contiene una “determinazione volontaria” riferibile ad un soggetto determinato. La disposizione, inoltre, deve sempre essere “inclusa nella parte imperativa o precettiva dell’atto”, oltre a promanare da soggetti competenti alla sua deliberazione. La norma è, invece, il frutto, la “conseguenza” della interpretazione della disposizione. La norma viene “rivelata” dalla disposizione, la quale rappresenta una “dichiarazione vincolante e insostituibile” della stessa. 15 LORELLO L., La tutela del legittimo affidamento tra diritto interno e diritto comunitario, Giappichelli, Torino, 1998. ! !53 Capitolo Secondo L’interpretazione ha pertanto funzione concreativa dell’ordine giuridico ed il giudice ne è protagonista indiscusso16. Di conseguenza "il diritto non è ma si fa concretamente" (Betti E.) attraverso l'opera giurisprudenziale. Può, dunque, dirsi superata l’idea che la funzione giudiziaria sia prevalentemente conservativa dell’ordine giuridico17. Il giudice non è più considerato (quant'anche lo sia mai stato) “bouche de la loi” con funzioni meramente esecutive18, bensì è visto come un innovatore dell’ordine giuridico19. Egli, infatti, principiando dal dettato normativo, giunge “ad una decisione alla quale concorrono anche le sue autonome valutazioni e le sue scelte”20. Infatti, nell’esercizio della discrezionalità il giudice compie talvolta scelte politiche (nell’accezione scientifica del termine) alla ricerca di una mediazione tra i molteplici interessi in conflitto21. 16 MILLARD E., Teoria generale del diritto, Giappichelli, 2009. 17 Si tratta di una concezione cara alla dottrina montesquiviana della separazione dei poteri che ha avuto grande seguito con l'entrata in vigore del Code Napoleon (1804). In tema si legga TARELLO G., Organizzazione giuridica e società moderna, in Amato G.-Barbera A. (a cura di), Manuale di diritto pubblico, il Mulino, Bologna, 2008. 18 ROMBOLI R., Il ruolo del giudice nella società che cambia. Modelli di giudice e complessità sociale, op. cit.. Il rapporto tra legislatore e giudici non è configurabile in termini di gerarchia “ponendosi i due soggetti in una posizione di assoluta parità, ognuno certamente secondo il proprio ruolo, nello svolgimento e nella determinazione dell’ordinamento giuridico”. CAVINO M., Esperienze di diritto vivente. La giurisprudenza negli ordinamenti di diritto legislativo, vol. I, Giuffrè, Milano, 2009: "Le teorie formaliste dell’interpretazione, fondate sulla cosiddetta ideologia del codice, prevalenti fino alla prima metà del secolo scorso (...), decisamente influenzate da una concezione forte della separazione dei poteri (...) riducono l’attività interpretativa ad una facile ricognizione della intenzione del legislatore intesa come sua volontà politica soggettiva". Tradizionalmente la volontà del legislatore veniva considerata immanente al testo di legge e l’interprete (giudice o semplice operatore del diritto), dopo averla ricostruita fedelmente, vi doveva prestare ossequio assicurando alla norma pronta attuazione. Un sistema nel quale, dunque, residuava poco spazio per apporti creativi dell’organo giudicante. A ciò aggiungasi che l’osservanza della voluntas legis era favorita dalla omogeneità culturale, sociale e politica tra potere legislativo e potere giurisdizionale. 19 Il diritto giudiziario come complesso di regole e principi prodotti dai tribunali e nei tribunali si colloca nella più ampia teoria “del doppio volto del diritto” (Merkl A.) secondo la quale l’applicazione del diritto è sempre, al contempo, anche atto di creazione del diritto. La tesi della natura creativa della funzione giurisdizionale è sostenuta, tra gli altri, da CAPPELLETTI M., Giudici legislatori?, Milano, 1984. GUASTINI R., Il giudice e la legge, op. cit.. ZAGREBELSKY G., Il diritto mite, op. cit.. TARUFFO M., Precedente e giurisprudenza, Editoriale scientifica, Napoli, 2007. PICARDI N., La giurisdizione all’alba del terzo millennio, Milano, 2007. ZACCARIA G., La giurisprudenza come fonte di diritto-Un’evoluzione storica e teorica, Editoriale Scientifica, Napoli, 2007. LORELLO L., La tutela del legittimo affidamento op. cit.. CANALE D., La precomprensione dell’interprete è arbitraria?, in Ars Interpretandi, Annuario di ermeneutica giuridica, 11, 2006. 20 21 Sulle problematiche connesse all'interpretazione giudiziale TARUFFO M., Precedente e giurisprudenza, op. cit.. ASCARELLI T., Giurisprudenza costituzionale e teoria dell’interpretazione, in Riv. dir. proc., 1957. ! !54 Capitolo Secondo L’organo giurisdizionale è, in definitiva, chiamato a chiarire disposizioni oscure o ad integrare lacune del sistema22. Come magistralmente affermato da Andrioli "quello che non fa il legislatore lo fa il giudice se ne è capace". Ed in questo ruolo il giudice è sempre più solo nell’età della globalizzazione segnata dal crepuscolo dell'autorità statale23. La funzione creativa (o concreativa) dell'organo giurisdizionale viene valorizzata, in special modo, nell’ambito della ermeneutica costituzionale24. La Costituzione, momento di sintesi di valori e principi di un sistema giuridico25, racchiude in sé concetti spesso vaghi e indeterminati26, clausole generali27 che necessitano di una continua attività interpretativa28. Particolarmente accurata è l’attività di scelta, composizione e 22 BARTOLE S., Il potere giudiziario, il Mulino, Bologna, 2008. 23 NITRATO IZZO V., La solitudine del giudice globale, in Ars Interpretandi, Annuario di ermeneutica giuridica, XI, 2006. 24 PALADIN L., Le fonti del diritto italiano, il Mulino, Bologna, 2000, secondo cui con l’entrata in vigore della Costituzione “svanisce l’idea del sistema normativo bello e fatto, ontologicamente dato e quindi preesistente rispetto al momento interpretativo”e“subentra, in suo luogo, la realistica visione di un sistema in movimento soggetto a continue evoluzioni: dipendenti non solo dal sopravvenire di nuove discipline, atte a spostare il senso e la portata delle stesse discipline relative ad altre materie o branche dell’ordinamento, ma dall’intrinseco mutare degli indirizzi interpretativi e applicativi, pur fermi restando gli iniziali disposti della Costituzione e della leggi”. Vedasi anche TREVES R., Giustizia e giudici nella società italiana, Bari, 1972. REBUFFA G., La funzione giudiziaria, III ed., Giappichelli, Torino, 1993. CAPPELLETTI M., Giudici legislatori?, op. cit.. 25 CARTABIA M., Principi inviolabili e integrazione europea, Giuffrè, Milano, 1995. 26 LORELLO L., La tutela del legittimo affidamento, op. cit.. Per l’autore “la presenza di concetti indeterminati all’interno del testo costituzionale consente un’ampia discrezionalità nel potere giudiziario, che può anche produrre uno spostamento di potere”. 27 ELIA L., Il potere creativo delle Corti costituzionali, in AA.VV., La sentenza in Europa. modello, tecnica, stile, Padova, 1988. ZAGREBELSKY G., Il diritto mite, op. cit.. DOGLIANI M., Interpretazioni della Costituzione, Milano, 1982, il quale vede nella Costituzione “uno schema da riempire e da definire” e “un insieme di limiti da non travalicare”. 28 LIPARI N., Valori costituzionali e procedimento interpretativo, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2003. ! !55 Capitolo Secondo ponderazione di principi e valori, funzionale ad una progressiva costruzione dei significati del testo costituzionale29. La funzione creativa del giudice si esprime, pertanto, al massimo grado nell’attività di elaborazione dei principi fondamentali30 e generali, la quale al di là dell’esegesi costituzionale, è estensibile ad ogni testo e a qualsivoglia plesso giurisdizionale. L’uso di una tecnica normativo-interpretativa per principi è tipica del costituzionalismo novecentesco: l’affermazione di una higher law, che pone fine al mito dell’onnipotenza del legislatore, si coniuga, soprattutto in ambito pubblicistico, con la valorizzazione dei diritti e delle libertà del cittadino quali valori fondanti l’ordinamento nel suo complesso31. Secondo autorevole dottrina “i principi appaiono come un fattore ineliminabile nell’arte e nel processo della normazione e dell’interpretazione o, che è la stessa cosa, sono strumenti indispensabili all’evoluzione del diritto”32. I principi generali rivestono, così, un ruolo di primo piano assolvendo a plurime funzioni: 29 Sulla funzione e sulle modalità dell’interpretazione costituzionale ASCARELLI T., Giurisprudenza costituzionale e teoria dell’interpretazione, op. cit.: "Oggetto dell’interpretazione non è una norma, ma un testo (o un comportamento); è in forza dell’interpretazione del testo (o del comportamento) e perciò sempre in forza di un dato che a rigore può dirsi passato, storico, che si formula la norma (come presente ed anzi proiettata nel futuro). Questa una volta espressa torna necessariamente ad essere applicata e perciò appunto ogni applicazione di una norma richiede l’interpretazione di un testo (o di un comportamento) e cioè in realtà la formulazione (ai fini dell’applicazione) della norma. Questo lavoro…è il lavoro della stessa applicazione del diritto". In argomento anche PIERANDREI F., L’interpretazione della Costituzione, in Studi di diritto costituzionale in memoria di L. 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(a cura di), Interpretazione costituzionale, Giappichelli, Torino, 2007. 30 GIANFORMAGGIO L., L’interpretazione della Costituzione tra applicazione di regole ed argomentazione basata su principi, in Riv. it. fil. dir., 1985, 65. DOGLIANI M., Interpretazioni della Costituzione, Milano, 1982. MODUGNO F., Scritti sulla interpretazione costituzionale, Editoriale scientifica, Napoli, 2008. AMORTH A., La Costituzione italiana:Commento sistematico, Giuffrè, Milano, 1948. 31 ZAGREBELSKY G., Il diritto mite, op. cit.. 32 ALPA G., I principi generali, II ed., in Trattato di diritto privato, a cura di G. Iudica e P. Zatti, op. cit.. ! !56 Capitolo Secondo a) mezzi di auto-integrazione dell’ordinamento; b) parametri di legittimità delle disposizioni normative e amministrative; c) strumenti per l'interpretazione di regole criptiche ed oscure. I principi si presentano come prescrizioni immediatamente precettive33. Normalmente si ricavano da norme positive "attraverso un procedimento di astrazione e generalizzazione crescente"34. I principi rappresentano il “trasformatore permanente” di ogni ordinamento35, quale valvola di aggiornamento e rinnovamento continuo. Per tali ragioni non possono assumere la forma di enunciati precisi, assoluti e rigidi, bensì devono ispirarsi ai caratteri della elasticità36 e relatività37. I principi, infatti, sono “scatole vuote” che il giudice riempie di significato, dopo un’accurata opera di weighing and balancing38. In tal modo i principi consentono al giudice splendidi salti in avanti rispetto al legislatore soprattutto nell'assicurare tutela, sia pure case by case, alle situazione giuridiche soggettive individuali. Nel quadro così prospettato, che assegna al giudice una funzione creativa dell'ordine giuridico (judge-made law), si colloca l’attività interpretativa della Corte di giustizia, per molti aspetti assimilabile a quella di un giudice costituzionale. 33 Sul ruolo precettivo dei principi concorda anche la giurisprudenza amministrativa Adun. Plen. Cons. Stato n. 3 del 1961, in Cons. Stato 1961, secondo la quale “non vi è settore alcuno di pubblica amministrazione che sia sottratto all’impero del diritto” perché “il diritto amministrativo risulta appunto non soltanto da norme giuridiche ma anche da principi che dottrina e giurisprudenza hanno elaborato e ridotto a unità e dignità di sistema”. In tal modo il sistema può dirsi completo e senza lacune incolmabili. 34 CRISAFULLI V., Per la determinazione del concetto dei principi generali del diritto, in Riv. int. fil. dir., 1941. 35 BARAK A., La discrezionalità del giudice (1989), Milano, 1995. 36 SALA G., Potere amministrativo e principi dell’ordinamento, op. cit.. Secondo Sala “in realtà proprio la potenzialità espansiva che li connota attribuisce ai principi una elasticità tale per cui anche i conflitti si debbono risolvere non per affermazione-negazione, validità-invalidità, ma per espansione o compressione, in relazione al peso reciproco di principi in, sempre necessario dunque, bilanciamento”. 37 DOGLIANI M., Il “posto” del diritto costituzionale, in Giur. cost., 1993. BOBBIO N., voce Principi generali del diritto, in Noviss. dig. it., Torino, 1966, XIII. CRISAFULLI V., Per la determinazione del concetto dei principi generali del diritto, op. cit.. 38 Infatti la ricerca giudiziale del giusto equilibrio tra principi in conflitto può svolgersi solo case by case, poichè la ponderazione è opera concreta che richiede elementi concreti. La natura relazionale dei principi rende inammissibili astratte gerarchie tra gli stessi, di talchè è rinviata, di volta in volta, all’interprete l’opera di valutazione e composizione dei medesimi. ! !57 Capitolo Secondo Muovendo dagli aspetti comuni, si può notare che sia la Consulta italiana che il giudice comunitario utilizzino come base un testo di rango primario (Costituzione e Trattati) fondativo dei rispettivi sistemi; inoltre entrambi i plessi giurisdizionali sono chiamati ad un’attenta ermeneutica improntata alla decodificazione di principi e regole nelle fattispecie ad essi sottoposte39. Quanto agli elementi differenziali, è evidente come il testo dei Trattati comunitari, a differenza della Costituzione italiana, risulti frammentario e incompleto, sicchè il giudice di Lussemburgo ha seguito un percorso ermeneutico per principi assai più creativo rispetto alla Corte costituzionale, favorendo lo sviluppo del sistema europeo mediante un’opera di vera e propria supplenza legislativa40. In un periodo di “benevola noncuranza” delle istituzioni comunitarie41, la Corte di giustizia, nel ruolo di lawmaker, ha coniato nuovi principi, completando l’intelaiatura dei Trattati e sviluppando l'integrazione europea nel segno delle libertà individuali. Tali principi, inoltre, hanno delineato i tratti distintivi del giovane sistema comunitario, rimarcandone l’originalità e l’autonomia rispetto all’ordinamento internazionale e agli ordinamenti statuali. Questo percorso è stato reso possibile inizialmente attraverso l’affermazione dei valori della primauté e della diretta efficacia 39 Per una disamina approfondita dei principi costituzionali si rinvia a AA.VV., Principi costituzionali, a cura di L. Mezzetti, Giappichelli, Torino, 2011. 40 BALAGUER CALLEJÒN F., Le Corti costituzionali e il processo di integrazione europea, Atti del convegno La circolazione dei modelli e delle tecniche del giudizio di costituzionalità in Europa, ottobre 2006, Roma, Jovene, Napoli, 2010. Il sistema comunitario, infatti, è articolato in una serie di “principi che insistono su di un ordine frammentario e che, come tali, possono essere definiti norme senza disposizione in senso crisafulliano. Siamo in presenza, pertanto, di una Costituzione senza parole, priva cioè di quel referente testuale su cui riposa l’opera delle Corti costituzionali degli ordinamenti nazionali”. Mentre la Consulta italiana si è trovata ad agire in un sistema giuridico-istituzionale ben formato ed operativo, la Corte di giustizia ha iniziato ad operare in un ordinamento giovane e incompleto, connotato da taluni elementi schizofrenici: si trattava, infatti, di un ordinamento work in progress dalle poche attribuzioni ma dagli obiettivi ambiziosi. Grandi finalità ma scarsi poteri, in un quadro caratterizzato dalle gelosie e resistenze degli Stati. La Corte di Lussemburgo è riuscita a trovare una difficile quadratura del cerchio, coniugando il più possibile lo sviluppo delle finalità comunitarie con l'osservanza delle prerogative nazionali. 41 STEIN E., Lawyers, judges, and making of transnational Constitution, in American journal of international law, 1981, 1: "Tucked away in the fairyland Duchy of Luxembourg and blessed, until recently, with benign neglect by powers that be and the mass media, the Court of Justice of the European Communities has fashioned a constitutional framework for a federal-type structure in Europe". Traduzione italiana: "Rintanata nel regno delle fate del ducato di Lussemburgo e benedetta, fino a poco fa, da una benigna noncuranza da parte dei poteri costituiti e dai mass media, la Corte di giustizia delle Comunità europee ha forgiato una cornice costituzionale di un’Europa di tipo federale". ! !58 Capitolo Secondo delle norme comunitarie, per poi proseguire con la valorizzazione delle libertà economiche e dei principi amministrativi sino alla proclamazione dei diritti umani. Dalla progressiva ed incessante costruzione ermeneutica del giudice comunitario è scaturita una “costituzionalizzazione” dei Trattati42, trasformati di fatto in documenti di rango primario. Anche le tecniche interpretative del giudice comunitario tendono oggi a divergere da quelle proprie del diritto internazionale per avvicinarsi ai metodi tipicamente nazionali dei giudici domestici. Come si approfondirà nei paragrafi successivi, l’esegesi della Corte di Lussemburgo ha generato numerosi principi non scritti, ricavandoli dai Trattati, degli atti di diritto derivato, dalle tradizioni costituzionali degli Stati membri e dal diritto internazionale. Il giudice comunitario ha, così, agito in una prospettiva teleologicamente orientata al perseguimento delle finalità comunitarie, attingendo anche al materiale giuridico degli ordinamenti nazionali. La Corte di giustizia, in particolare, ha saputo ritrovare le radici dei propri principi nei sistemi giuridici statuali, che hanno, dunque fornito i mattoni per la costruzione di un ordinamento nuovo, del quale essi risultano, a pieno titolo, partecipi e verso il quale hanno l'obbligo di non assumere atteggiamenti di estraneità o contrapposizione. In questo modo il giudice comunitario ha saputo coniare e definire progressivamente i caratteri e l'ambito applicativo di una vasta serie di principi dal forte impatto amministrativo, principi che, attraverso la conformazione degli ordinamenti statuali, hanno impresso un'accelerazione al processo di conquista da parte dei cittadini europei di nuovi spazi di libertà dinanzi ai pubblici poteri. 2.2. I principi nella teoria generale del diritto: la distinzione tra principi e regole 42 Anche se formalmente si è al cospetto di normali accordi internazionali, con il Trattato di Lisbona la tendenza è ormai nel segno di una loro costituzionalizzazione, mediante la codificazione di valori e principi cogenti tipici di una Carta costituzionale. Peraltro già con il Trattato di Roma (2004), taluni consideravano avviato il processo di costituzionalizzazione dell’Unione europea. A ben vedere le premesse della trasformazione del Trattato da atto internazionale in Costituzione sono insite nella stessa struttura del sistema comunitario che ha tra i suoi più diretti destinatari anche i cittadini degli Stati membri. ! !59 Capitolo Secondo Prima di esaminare nel merito rango, natura e caratteristiche dei principi comunitari, occorre in via preliminare decriptare il più generale concetto di principio, collocarlo nel sistema e tracciarne le differenze con figure affini43. Il dibattito sul ruolo e sui tratti distintivi dei principi generali è sempre stato vivo in dottrina. D'altro canto secondo la lezione del Savigny non sarebbe un buon giurista colui il quale non abbia la giusta padronanza dei principi. I principi generali costringono l’operatore ad interrogarsi sulla loro natura giuridica, se siano norme o meno, e in caso di risposta affermativa, da dove essi vengano ricavati, in quali tipologie si articolino e con quali caratteristiche. Da ultimo sulla base di quali criteri essi possano distinguersi da figure similari. Con l’espressione principi generali si indicano “cose molto diverse”, sicchè l’istituto non si appalesa “né semplice né unitario” (Bobbio N.). 43 BONGIOVANNI G., Principi come valori o come norme: interpretazione, bilanciamento e giurisdizione costituzionale in Alexy e Habermas, in Ars interpretandi, Annuario di ermeneutica giuridica, 2005. ! !60 Capitolo Secondo Nella dogmatica tradizionale per principi generali del diritto o dell’ordinamento44 si intendono gli orientamenti e le direttive di carattere generale e fondamentale o meglio le travi maestre su cui è costruito un sistema giuridico45. I principi vengono altresì definiti come “poli giuridici da cui l’ordinamento viene attratto; però questa forza attrattiva cambia da luogo a luogo e da epoca a epoca; sotto la medesima formula si celano significati diversi; ciò comporta che i principi non possono considerarsi immutabili e debbono essere storicizzati”46. 44 BOBBIO N., voce Principi generali di diritto, in Noviss. dig. it., XIII, cit.. Il dibattito in Italia sui principi generali del diritto muove i primi passi dallo scontro tra la concezione legalistica sostenuta da V. Scialoja nel saggio del 1880 “Del diritto positivo e dell’equità” e la concezione giusnaturalistica di G. Del Vecchio nella sua opera del 1921 “Sui principi generali del diritto”. Per uno studio approfondito dei principi generali del diritto o dell’ordinamento si rinvia, a titolo esemplificativo, ai seguenti contributi: AA.VV., Principi costituzionali, a cura di L. Mezzetti, op. cit.. LEVI G., L’interpretazione della legge: i principi generali dell’ordinamento giuridico, Giuffrè, Milano, 2006. GIANNINI M.S., Genesi e sostanza dei principi generali del diritto, ora in Scritti 1991-1996, IX, Milano, 2006. AA.VV., Convegno sul tema "I principi generali del diritto", Roma, 27-29 maggio, 1991, Accademia nazionale dei lincei, Roma, 1992. MODUGNO F., Principi generali dell’ordinamento, in Enc. giur. XXIV, Treccani, Roma, 1990. BETTI E., Sui principi generali del nuovo ordine giuridico, in Riv. dir. comm., 1940. CRISAFULLI V., Per la determinazione del concetto dei principi generali del diritto, op. cit.. GUASTINI R., Sui principi di diritto, in Dir. soc., 1986. ITALIA V., Principi generali e principi determinati dalla legge, Milano, 2000. PACCHIONI G., I principi generali del diritto, in Arch. giur., 1924, 133. ATIENZA M., El derecho como argomentaciòn. Concepciones de la argumentaciòn, Ariel, Barcellona, 2006. DALLARI G., Principi generali del diritto, Milano, 1935. 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KRAMER E.A, Le funzioni dei principi generali del diritto: tentativo di strutturazione, in Eur. dir. priv., 2002, 977. 45 Corte cost., 26 giugno 1956, n. 6, in www.cortecostituzionale.it. Secondo la Consulta i principi generali dell'ordinamento sono "quegli orientamenti e quelle direttive di carattere generale e fondamentale che si possono desumere dalla connessione sistematica, dal coordinamento e dalla intima razionalità delle norme che concorrono a formare, in un dato momento storico, il tessuto dell'ordinamento giuridico vigente". 46 SCHLESINGER R., The nature of general principles of law, Bruxelles, 1964. ! !61 Capitolo Secondo Per la natura relativa e cangiante, i principi generali sono stati oggetto di molteplici studi dagli esiti più disparati. Li si può suddividere in varie categorie: a) principi dell'ordinamento comunitario; b) principi di rango costituzionale; c) principi generali dell’ordinamento giuridico dello Stato47; d) principi settoriali concernenti determinate materie48. Qualsivoglia catalogazione, ad ogni modo, rischia di scontare un certo grado di approssimazione. Inoltre, ad oggi, distinzioni nette non sembrano auspicabili in quanto un medesimo principio può appartenere simultaneamente a più di una categoria. Sui principi generali si è detto tutto ed il contrario di tutto. Senza voler ripercorrere il dibattito dottrinario che per decenni ha attraversato il panorama giuridico italiano ed europeo, è d'obbligo principiare dall'idea della normatività dei principi49: i principi sono norme che appartengono all'ordinamento giuridico. Ma anche le regole sono norme. Dunque vi sono differenze? E se si, quali elementi segnano il confine tra le due figure50? 47 L'art. 12 delle Disposizioni sulla legge in generale testualmente recita: "Se una controversia non può essere decisa con una precisa disposizione, si ha riguardo alle disposizioni che regolano casi simili o materie analoghe; se il caso rimane ancora dubbio, si decide secondo i principi generali dell'ordinamento giuridico dello Stato". Nel contesto storico in cui fu elaborata la disposizione vigeva un modello positivista e statalista nel quale i principi ricoprivano un ruolo sussidiario e secondario, subordinato alla legge dello Stato. Oggi, alla luce della riforma del Titolo V Cost. (l. cost. n. 3 del 2001) sarebbe più appropriato utilizzare l'espressione "principi generali dell'ordinamento giuridico della Repubblica". 48 PICOZZA E., La nuova legge sull’azione e sul procedimento amministrativo. Considerazioni generali: i principi di diritto comunitario e nazionale, in Cons. Stato, 2005, II, 1419. 49 Tra i molteplici seguaci di questo orientamento BOULANGER J., Principes généraux du droit et droit positif, op. cit.. CRISAFULLI V., Per la determinazione del concetto dei principi generali del diritto op. cit.. SCIALOJA V., Del diritto positivo e dell’equità, Camerino, 1880, poi in Studi giuridici, Anonima, Roma, 1932-34, vol. III. Ad essi si contrappone DEL VECCHIO G., Sui principi generali del diritto, in Arch. giur., 1921, I, 331, secondo cui i principi generali del diritto sarebbero principi di diritto naturale idonei ad integrare ed arricchire dall’esterno l’ordinamento. 50 Per una panoramica generale MEZZETTI L., Valori, principi, regole, in Principi costituzionali a cura di L. Mezzetti, op. cit.. ! !62 Capitolo Secondo Tralasciando l’orientamento estremo, in auge soprattutto in passato, che esclude la giuridicità dei principi accostandoli a forme di argomentazione morale51, in ordine alla distinzione tra regole e principi esistono tre scuole di pensiero: la prima che propone una distinzione forte (qualitativa, ontologica, logica); la seconda sostenitrice di una distinzione debole (quantitativa e di grado); la terza intermedia che attinge alle prime due rimodulandone taluni elementi52. La teoria della distinzione forte53 muove dall’assunto che i principi abbiano nel proprio pedigree elementi propri e inconfondibili diversi da quelli delle regole. Ai principi, quali norme essenziali dell’ordinamento, “si aderisce”, mentre alle regole “si ubbidisce”. I principi presentano un elevato tasso di generalità, vaghezza e indeterminatezza (si definiscono pertanto norme aperte o “norme senza fattispecie”), mentre le regole sono norme che ricollegano conseguenze giuridiche a fattispecie precise e determinate. Questa scuola di pensiero evidenzia, poi, come di solito i principi esprimano valori direttamente percepibili, mentre le regole in tal senso risulterebbero maggiormente opache54. L'importanza dei principi, inoltre, va calibrata caso per caso attraverso un giudizio di bilanciamento che può sfociare anche nell’applicazione temperata di una pluralità di principi confliggenti. Le regole, viceversa, “non si pesano”, si applicano o non si applicano e, in caso di antinomie, l’applicazione di una regola esclude la 51 Questa tesi è stata recentemente riproposta da CELANO B., Principi, regole, autorità, in Europa e dir. priv., 2006, 3, 1061. Secondo l’autore sia i principi che le regole non appartengono al campo della giuridicità, bensì a quello della morale, non potendo considerarsi norme in senso proprio. Tra principi e regole, inoltre, non sussisterebbero differenze significative ed apprezzabili. 52 PINO G., Principi e argomentazione giuridica, op. cit.. 53 BETTI E., Interpretazione della legge e degli atti giuridici, Milano, 1949. DWORKIN, R., Taking right seriously, II ed., Duckworth, London, 1978, trad. it., I diritti presi sul serio, il Mulino, Bologna, 1994. ALEXY R., Teorìa de los derechos fundamentales, op. cit.. ZAGREBELSKY G., Il diritto mite, op. cit.. ATIENZA M.–RUIZ MANERO J., Tre approcci ai principi del diritto, in Analisi e diritto, 1993, 9. MENGONI L., Ermeneutica e dogmatica giuridica, op. cit.. MARTÌNEZ ZORRILLA D., Conflictos constitucionales, ponderaciòn e indeterminaciòn normativa, Marcial pons, Madrid, 2007, 81. 54 PERRY S., Two models of legal principles, in Iowa Law Review, 82, 1997, 787: "I principi hanno un contenuto esplicitamente valutativo, mentre il contenuto delle regole riguarda la descrizione di una azione". Certamente anche le regole sono finalisticamente orientate al perseguimento di un valore che può essere politico, morale, ecc., ma ciò avviene in forme criptiche, senza che se ne abbia un’immediata percezione. ! !63 Capitolo Secondo contemporanea applicazione dell’altra, senza possibilità di coesistenza. Da ultimo i principi sono norme prescrittivo-categoriche mentre le regole seguono una struttura ipotetica. In definitiva questo orientamento conferisce normatività ai principi, ma una normatività diversa rispetto a quella propria delle regole giuridiche, riconducibile a differenze strutturali e funzionali. Questa teoria è stata nel tempo applicata in modo eterogeneo (e talvolta anche travisata). Alcuni55 hanno svalutato il ruolo dei principi considerandoli meri auspici di politica legislativa o norme c.d. programmatiche. Altri56 ne hanno, invece, esaltato la portata, sottolineando la funzione-guida dei principi nella applicazione ed eventualmente nella disapplicazione delle regole con essi in contrasto. Ed è ciò che accade nell'ambito dell'ordinamento comunitario ove operano i principi elaborati dalla Corte di giustizia quale species del più ampio genus dei principi generali. Dalla loro precettività discende l'obbligo gravante sulle autorità giurisdizionali e amministrative domestiche di disapplicazione delle norme nazionali con essi in conflitto. Questa attività tende a decostruire progressivamente l'ordinamento italiano e a conformarlo ai dettami comunitari. Quanto al secondo orientamento, i fautori della distinzione debole57 ritengono che i principi e le regole, in quanto appartenenti alla più ampia famiglia delle norme, abbiano gli stessi elementi e pertanto il relativo discrimen andrebbe rinvenuto nel grado dei rispettivi caratteri strutturali, rintracciando così differenze di tipo quantitativo (e non qualitativo). 55 ALEXANDER L., Kress, against legal principles, in Marmor A., Law and interpretation, Oxford U.P., Oxford, 1995. ALEXANDER L.–SHERWIN E., The rule of rules. Morality, rules and the dilemmas of law, Duke U.P., Durham, 2001. 56 DWORKIN R., Taking right seriously, op. cit.. ATIENZA M.–RUIZ MANERO J., Ilìcitos atipico. Sobre el abuso del derecho, el fraude de ley y la desviaciòn de poder, Trotta , Madrid, 2000. 57 RAZ J., Legal principles and the limits of law, in Yale law journal, 81, 1972, 823. MacCORMICK N., Ragionamento giuridico e teoria del diritto, Giappichelli, Torino, 2001, cap. IX. GIANFORMAGGIO L., Filosofia del diritto e ragionamento giuridico (a cura di), Diciotti E. e Velluzzi V., Giappichelli, Torino, 2008. TWINING V.–MIERS D., Come far cose con regole, Giuffrè, Milano, 1990. HART, Postscript op. cit.. COMANDUCCI P., Assaggi di metaetica due, Giappichelli, Torino, 1998. PRIETO SANCÌS L., Ley, principios, derechos, Dykinson, Madrid, 1998. SULLIVAN K., Forward: the justices of rules and standards, in Harward Law Review, 106, 1992. GUASTINI R. Teoria e dogmatica delle fonti, op. cit.. DICIOTTI E., Interpretazione della legge e discorso razionale, Giappichelli, Torino, 1999. BARBERIS M., Filosofia del diritto. Un’introduzione teorica, Giappichelli, Torino, 2008. ! !64 Capitolo Secondo La tesi più convincente appare, comunque, la tesi mediana la quale, rifuggendo da classificazioni nette e aprioristiche, attinge elementi sia dalla teoria forte che dalla teoria debole. Secondo tale orientamento la differenza tra principi e regole sarebbe non già ontologica, bensì di tipo graduale e relazionale. In primo luogo una norma assume la veste di principio quando normalmente possiede talune caratteristiche (maggior genericità e indeterminatezza58 della fattispecie, apertura alle eccezioni, maggior peso in sede applicativa) in misura superiore rispetto ad altre norme (le regole). In secondo luogo “una norma può avere valore di principio rispetto ad alcune norme, e non averlo rispetto ad altre”59. Dunque a livello teorico risulta alquanto ardua una distinzione universale tra regole e principi, dovendo la stessa ricercarsi in concreto in base alle variabili peculiarità della fattispecie. Con riferimento alla genericità e all’indeterminatezza, esse sono caratteristiche ricorrenti nei principi. La genericità del principio si palesa soprattutto nelle conseguenze normative60 che risultano generiche e indeterminate61. Genericità e indeterminatezza sono, comunque, proprietà graduali: non sempre una regola è specifica e determinata ed un principio, viceversa, assolutamente 58 Sulla genericità e indeterminatezza dei principi RAZ J., Legal Principles and the limits of law, op. cit.: “I principi sono spesso formulati in modi che lasciano il loro contenuto indeterminato. I principi prescrivono azioni estremamente indeterminate (…). Un atto è estremamente indeterminato se può essere compiuto in circostanze differenti per mezzo di molti atti generici eterogenei in ciascuna circostanza”. Pertanto una norma generica è una norma suscettibile di essere applicata in modi eterogenei. Si veda anche il contributo di LUZZATI C., Prìncipi e princìpi. La genericità nel diritto, Giappichelli, Torino, 2012. La generalità di una norma non va confusa con la sua vaghezza: la generalità concerne, infatti, i destinatari del precetto che non sono individuabili a priori, mentre la vaghezza riguarda l’esistenza di fattispecie nelle quali è dubbia l’applicazione della norma in virtù di elementi quantitativi o combinatori difficilmente determinabili. 59 PINO G., Principi e argomentazione giuridica, op. cit.. 60 ZAGREBELSKY G., La legge e la sua giustizia, il Mulino, Bologna, 2008. I principi sono norme “a prescrizione generica”. 61 BOBBIO N., Contributi ad un dizionario giuridico, Giappichelli, Torino, 1994. L’autore osserva che i principi “sono norme indefinite, che comportano una serie indefinita di applicazioni”. In effetti i principi fissano un valore, un fine senza stabilire con esattezza le modalità attraverso le quali dovrà essere realizzato. Inoltre le stesse conseguenze che dall’applicazione del principio scaturiscono non sono definibili a priori, essendo influenzate da una molteplicità di circostanze. ZACCARIA G., Precomprensione, principi e diritti nel pensiero di Josef Esser. Un confronto con Ronald Dworkin, in Ragion pratica, 6, 1998. L’autore definisce i principi norme “a virtualità indefinita”. ! !65 Capitolo Secondo generico e indeterminato62. Anche il peso è un elemento graduale e relazionale. Il peso di una norma si identifica con il ruolo di quella norma nell’argomentazione giuridica, in termini di elemento di decisione del caso o per il condizionamento che essa riverbera sull’interpretazione o sull’applicazione di altre norme. Con riferimento alla distinzione tra principi e regole, può dirsi che i principi hanno, di solito, un peso maggiore delle regole, in quanto rilevano ai fini della decisione in un numero maggiore di casi. Inoltre, per la loro tendenziale genericità e indeterminatezza, i principi possiedono un ambito applicativo normalmente più esteso delle regole63, in virtù di una connaturale vis expansiva. Talvolta, però, i principi possono avere, a seconda dei casi, un peso inferiore alle regole per la variabilità del contributo che essi forniscono alla argomentazione giuridica. Da questo punto di vista, invece, le regole offrono apporti normalmente più stabili poichè, essendo soggette, a differenza dei principi ad un numero inferiore di eccezioni implicite, garantiscono con maggior frequenza il risultato indicato dalla norma64. In relazione al peso assunto dalle norme norma, va sottolineato come esso sia determinato essenzialmente da tre fattori: 1) la posizione nella gerarchia delle fonti; 2) la valenza normativa ad essa riconosciuta in un dato contesto giuridico; 3) le circostanze rilevanti nell’ambito applicativo della norma. 62 PINO G., Principi e argomentazione giuridica, op. cit.: "Una regola, ad esempio, può presentare profili di genericità e indeterminatezza se contiene clausole elastiche come “ragionevole”, “congruo” ecc.. e d’altro canto anche i principi non possono essere indefinitamente generici e indeterminati, pena la loro inapplicabilità, ma sono destinati ad essere concretizzati (cioè essere resi più specifici) in sede di applicazione”. 63 Si ritiene ad esempio che il principio di uguaglianza rilevi in molti più casi rispetto alla regola di divieto dei licenziamenti sine iusta causa. Anche il principio di buona fede trova spazio in molteplici situazioni a differenza ad es. della regola che, in tema di obbligazioni pecuniarie, impone l’adempimento della prestazione al domicilio del creditore. 64 Questa funzione del peso nell’applicazione delle regole richiama per certi aspetti il concetto di “trinceramento” espresso dalla teoria delle regole di SCHAUER F., Le regole del gioco. Una analisi filosofica delle decisioni prese secondo regole nel diritto e nella vita quotidiana, il Mulino, Bologna, 2000. ! !66 Capitolo Secondo Quanto al primo elemento, la collocazione di una norma nel sistema delle fonti ne misura il “peso astratto”65. In base a tale criterio, ad esempio, un principio costituzionale ha un peso astratto maggiore rispetto ad un principio legislativo, mentre un principio legislativo ha un peso astratto superiore a quello di un principio consuetudinario66. Per quanto concerne il secondo fattore, va osservato che esso consiste nel grado di adesione della norma ai valori politico-giuridici dominanti in un particolare sistema o sottosistema. I principi manifestano valori67 di vario genere. Infine il peso di una norma va soppesato alla luce delle circostanze applicative presenti. Tali circostanze possono essere fattuali (ad es. la concreta possibilità di applicazione della norma secondo le risorse disponibili) o normative (ad es. la presenza di altre norme concorrenti o configgenti)68. In particolare alle circostanze normative sono riconducibili i c.d.“meta- 65 ALEXY R., La formula per la quantificazione del peso nel bilanciamento, in Ars interpretandi, 10, 2005. 66 Contrario alla tesi del “peso astratto” BIN R., Diritti e argomenti. Il bilanciamento degli interessi nella giurisprudenza costituzionale, Giuffrè, Milano, 1992. Secondo l’autore ciò che rileva è il peso concreto dei principi da valutarsi all’esito di una ponderazione tra i medesimi. Il giudizio comparativo può effettuarsi anche tra principi di rango diverso, ad esempio tra principi costituzionali e principi non costituzionali. 67 Per la distinzione tra “principio” e “valore” MODUGNO F., Principi e norme. La funzione limitatrice dei principi e i principi supremi o fondamentali, in ID. (cur.), Esperienze giuridiche del ’900, Milano, 2000, 111. Modugno attribuisce natura normativa ai principi, i quali hanno una capacità normogenetica, di cui, invece i valori, risultano privi. Tuttavia, il valore può essere presupposto od incorporato nel principio determinandone la fattispecie: qualora si tratti di valori supremi, tali perché posti a fondamento dell’ordinamento costituzionale dello Stato, i principi che ad essi fanno riferimento assurgono a principi fondamentali, beneficiando di una più alta qualificazione giuridica (principio democratico, principio di uguaglianza, principio dell’inviolabilità dei diritti di libertà, ecc.). È evidente come la funzione normogenetica del principio sia garanzia di attuazione del valore in esso incorporato, attraverso i precetti normativi, dei quali il principio è fonte potenzialmente inesauribile. Secondo l'autore, in definitiva, il principio non sarebbe altro che un “valore in azione”. In argomento anche MacCORMICK N., Ragionamento giuridico e teoria del diritto, op. cit.. JORI M., Saggi di metagiurisprudenza, Giuffrè, Milano, 1985 secondo il quale “i principi evidenziano il valore o i valori che possono giustificare l’accettazione dei principi stessi”. DICIOTTI E., Interpretazione della legge e discorso razionale, op. cit.. 68 RAZ J., Legal principles and the limits of law, op. cit.. ALEXY R., Teorìa de los derechos fundamentales, op. cit.. BIN R., Diritti e argomenti, op. cit.. ! !67 Capitolo Secondo principi”, ossia principi che non hanno un contenuto sostanziale ma che si riferiscono al funzionamento della “macchina del diritto”69. In conclusione dalla distinzione tra principi e regole possono trarsi una serie di corollari: in primis non tutti i principi hanno la stessa importanza concreta, offrendo contributi di diversa intensità alla decisione del caso. In secondo luogo un principio può essere considerato meno importante anche di una regola, ove nell’ipotesi di conflitto sia preferibile applicare la regola70. In talune situazioni un principio può soccombere dinanzi ad altro principio, mentre in presenza di diverse circostanze lo stesso principio può avere la meglio sul principio in precedenza prevalente. Tutto ciò denota lo scarso rilievo di una gerarchia astratta tra principi e tra principi e regole, e la mutevolezza e variabilità di un giudizio da calibrarsi in concreto alla luce delle circostanze del caso. Last but not least non sempre tra principi e regole si rinviene una contrapposizione netta, potendo le regole rinvenire il proprio fondamento in altre norme che assumono il nome di principi, instaurandosi così una relazione gerarchica di tipo assiologico71, in virtù della quale le prime devono interpretarsi in conformità ai secondi72. In sede applicativa i principi (in special modo quelli non scritti) conferiscono al giudice un potere interpretativo ed applicativo ad ampio spettro; un potere che soprattutto la Corte di giustizia utilizza per estendere l'area dei diritti e delle libertà del cittadino coinvolto dal public power. Tuttavia i principi, essendo non già monadi distinte e indipendenti, bensì entità comunicanti in continuo dialogo e conflitto, sollevano non pochi problemi ai giudici, tanto domestici quanto comunitari, chiamati in sede applicativa alla loro comprensione e composizione. 2.2.1. I conflitti tra principi. 69 CASTIGLIONE V.S., Diritto, linguaggio, realtà. Saggi sul realismo giuridico, Giappichelli, Torino, 1995. Appartengono alla categoria dei “meta-principi” ad es. i principi di legalità, della certezza del diritto, della distinzione dei poteri. 70 SCHAUER F., Le regole del gioco, op. cit.. 71 PINO G., Norme e gerarchie normative, in Analisi e diritto, 2008. 72 PINO G., Coerenza e verità nell’argomentazione giuridica. Alcune riflessioni, in Riv. int. fil. dir., 1, 1998, 84. ! !68 Capitolo Secondo Chiarite le differenze tra principi e regole, è d'obbligo esaminare il tema delle relazioni applicative tra principi. In particolare occorre domandarsi quali siano i criteri e le tecniche utilizzati dal giudice allorchè una stessa fattispecie venga regolata da due o più principi in conflitto. È necessario muovere da un'osservazione: la genericità e l'indeterminatezza dei principi, di solito, non consente una previsione ex ante delle possibili antinomie, le quali potranno essere apprezzate solo con riferimento a fattispecie concrete73. Proprio in questi casi l’interprete è chiamato a raffinate operazioni di concretizzazione e bilanciamento dei principi in gioco74. In termini generali l’attività ponderativa è rimessa al giudice, anche se non mancano casi in cui la stessa è compiuta ex ante dal legislatore75. Le interazioni tra principi non hanno, però, solo un carattere patologico-conflittuale. Infatti possono sussistere plurime interferenze tali da rafforzare l'applicazione degli uni per mezzo degli altri76. Questo carattere emerge con forza nelle ipotesi di codificazione (in presenza ad es. di una Costituzione o di un Trattato), dato che normalmente un assetto di tipo sistematico è in grado di orientare in modo più ordinato i principi al perseguimento di talune finalità. Ad ogni modo non si è mai al riparo da possibili frizioni sempre verificabili in relazione alla mutevolezza dei casi concreti. Questo dato rafforza ulteriormente la tesi che nega una conflittualità in astratto tra principi. Anche perché, poi, non tutti i principi vigenti in un dato sistema risultano codificati, giacchè taluni di essi (c.d. impliciti) emergono dalla casistica giurisprudenziale. 73 ZAGREBELSKY G, Il diritto mite, op. cit.. GUASTINI R., Teoria e dogmatica delle fonti, op. cit.. BIN R., Diritti e argomenti, op. cit.. 74 Di parere contrario FERRAJOLI L., Principia iuris. Teoria del diritto e della democrazia, vol. I: Teoria del diritto, Laterza, Roma–Bari, 2007, secondo il quale “nella maggior parte dei casi i principi si applicano alle loro violazioni senza che intervengano bilanciamenti e neppure, più che in altri giudizi, opzioni soggettive di valore”. 75 MODUGNO F., Principi generali dell’ordinamento, op. cit.. BARTOLE S., Principi generali del diritto, (dir. cost.) cit.. 76 VILLA V., Costruttivismo e teorie del diritto, Giappichelli, Torino, 1999. CELANO B., Come deve essere la disciplina costituzionale dei diritti?, in Pozzolo S., (a cura di), La legge e i diritti, Giappichelli, Torino, 2002. ! !69 Capitolo Secondo In tema di ponderazione è utile soffermarsi, in special modo, sulla natura e sui caratteri dei principi impliciti. Si tratta di principi non direttamente riconducibili a specifiche disposizioni, ma ricavati in via argomentativa da altri principi o regole. Essi possono essere formulati secondo due direzioni: dal basso verso l’alto o dall’alto verso il basso. Nel primo caso l'interprete ricerca per induzione il principio partendo da norme specifiche e puntuali. Nel secondo egli ricava deduttivamente da principi generali principi più specifici77. Nel sistema delle fonti la collocazione di un principio implicito dipende alla posizione ricoperta dalla norma o principio da cui deriva, con conseguente applicazione del relativo regime giuridico. Con riferimento alla tematica della risoluzione dei conflitti, è necessario occuparsi dell’attività giudiziale di bilanciamento tra principi generali78. Il modello di riferimento è rappresentato dagli ambienti antiformalisti americani in cui i giuristi ragionano non già alla stregua di norme e concetti giuridici astratti, bensì sulla base di principi ed interessi concreti da valutare caso per caso79. I principi generali, quali norme sui generis per natura e caratteristiche, impongono per lo più al giudice operazioni di balancing in sede applicativa. La ponderazione consiste nello stabilire una gerarchia assiologica tra principi in contrasto mediante un giudizio concreto di valore. Dunque una “gerarchia mobile” variabile case by case80. Il bilanciamento è, pertanto, il risultato di un’attività altamente 77 IACONA A., L’argomentazione, Einaudi, Torino, 2005. 78 In dottrina il tema del bilanciamento è stato approfondito, con particolare riguardo ai principi costituzionali, da ZAGREBELSKY G., Il diritto mite, op. cit.. BIN R., Diritti e argomenti. Il bilanciamento degli interessi nella giurisprudenza costituzionale, Giuffrè, Milano, 1992. GIANFORMAGGIO L., L’interpretazione della Costituzione tra applicazione di regole e argomentazione basata su principi, op. cit.. MORESO J.J., Conflitti tra principi costituzionali, in www.dirittoequestionipubbliche.org. GUASTINI R., Principi di diritto e discrezionalità giudiziale, in Dir. pubbl., 1998, 651. 79 LARENZ K., Storia del metodo nella scienza giuridica, 1960, Giuffrè, Milano, 1966. 80 GUASTINI R., Distinguendo. Studi di teoria e metateoria del diritto, Giappichelli, Torino, 1996, secondo il quale “il conflitto non è risolto stabilmente, una volta per tutte, facendo senz’altro prevalere uno dei due principi confliggenti sull’altro (…); ogni soluzione del conflitto vale solo per il caso concreto e resta pertanto imprevedibile la soluzione dello stesso in casi futuri”. ! !70 Capitolo Secondo soggettiva, rimessa al giudizio discrezionale (ma non arbitrario) dell’operatore giuridico. Ciò non significa, però, assenza di regole, dovendo l’interprete muoversi in uno spazio legalmente dato e delimitato. Secondo parte della dottrina81 il giudice ricorrerebbe alla ponderazione, in primo luogo, ove sussista una antinomia tra principi, in parte sovrapponibili, di carattere parziale 82. In quest'ipotesi non sarebbe possibile utilizzare alcuno dei criteri generali previsti per la risoluzione delle antinomie normative: non il criterio gerarchico, avendo i principi lo stesso rango83; non il criterio cronologico, considerandosi i principi coevi o non riconducibili ad un preciso momento temporale. Infine non è utilizzabile nemmeno il criterio lex specialis derogat legi generali, poichè l’antinomia è parziale-parziale e non vi è alcuna relazione di specialità tra principi. In conclusione, mentre le antinomie tra regole si risolvono agevolmente con l’applicazione di una sola delle regole in contrasto, i conflitti tra principi possono risolversi anche con l’applicazione congiunta e calibrata di più principi, all'esito di una complessa operazione ponderativa84. Ciò denota un più ampio potere discrezionale del giudice, che nell’opera di ritaglio, selezione e composizione dei principi, è talvolta autore di scelte ideologiche non 81 GUASTINI R., Principi di diritto e discrezionalità giudiziale, op. cit.. 82 L’espressione è di ROSS A., On law and justice, Stevens and Sons, London, 1958. 83 Anche allorchè si incontrino principi di peso diverso non è ipotizzabile alcuna gerarchia assoluta, astratta e incontrovertibile tra i medesimi. Ogni principio, anche il più importante, ha natura relazionale e si confronta con gli altri nelle singole fattispecie concrete. E solo all’esito del bilanciamento giudiziale, conformato sul caso specifico, potrà dirsi quale o quali principi trovino applicazione e con quale estensione. Per tali ragioni può affermarsi che la gerarchia normativa, tipica delle norme, viene sostituita, in relazione ai principi, da una gerarchia di tipo assiologico. 84 DWORKIN R., Taking rights seriously, op. cit.. Per l'autore la duttilità dei principi rappresenta il corollario della loro particolare natura ed è dovuta ad una dimensione che li differenzia dalle regole: quella del peso e dell’importanza. Infatti se due o più principi entrano in collisione, la risoluzione del conflitto non muove dall’applicazione dell’uno e dalla disapplicazione dell’altro, come avviene nel caso delle regole, bensì da un esame comparativo-relazionale e da un'attività di bilanciamento dei medesimi. Le regole sono sì norme e come tali vincolanti ma, a differenza dei principi, sono rigide e specifiche; il loro precetto o si applica o si disapplica: tertium non datur. L’antinomia tra regole, infatti, non ammette forme di coesistenza, a differenza di quanto accade nel conflitto tra principi. In tema anche SCHIAVELLO A., Riflessioni sulla distinzione rules/principles nell’opera di R. Dworkin, in Riv. int. fil. dir. 1995; ZAGREBELSKY G., Il diritto mite, op. cit.. ! !71 Capitolo Secondo propriamente giuridiche (stricto sensu), scelte che nella maggior parte dei casi ampliano l'area delle libertà dei cives, circoscrivendo gli abusi delle pubbliche autorità. ! ! 2.3. I principi comunitari quale trait d'union tra ordinamenti e tra giurisdizioni L'elaborazione da parte della Corte di giustizia di una vasta gamma di principi non scritti ha avuto l'indubbio merito di favorire nel corso dei decenni l'instaurazione di appositi canali di comunicazione tra l'ordinamento comunitario e gli ordinamenti nazionali, nonchè di promuovere plurimi contatti tra i rispettivi plessi giurisdizionali. Ciò è stato reso possibile, in primo luogo, dall'origine statale dei principi comunitari, i cui elementi costitutivi, come noto, provengono dalle tradizioni giuridiche dei Paesi membri; in secundis dall'estrema duttilità dei medesimi. I principi comunitari hanno corroborato il disegno integrazionista tra ordinamenti attraverso l'edificazione di solidi ponti tra la giurisdizione comunitaria e le giurisdizioni nazionali. Progressivamente l'Europa ha assistito all'emersione di un unico e integrato apparato giurisdizionale fondato su due livelli, l'uno nazionale85 e l'altro comunitario86 e 85 BALAGUER CALLEJON F., Le Corti costituzionali e il processo di integrazione europea, in La circolazione dei modelli e delle tecniche del giudizio di costituzionalità in Europa, op. cit.. BARBIERI E.M., Poteri del giudice amministrativo e diritto comunitario, in Riv. it. dir. pubbl. com., 1996, 692. KOVAR R., Rapporti fra diritto comunitario e diritti nazionali, in AA.VV., Trent’anni di diritto comunitario, Bruxelles-Lussemburgo, 1981. L’autore definisce i giudici nazionali giudici comunitari di diritto comune. L’espressione è anche utilizzata da Trib. I grado, 10 luglio 1990, in causa T-51/89, Tetra Pak c. Commissione, in Racc. 1990. 86 Per una descrizione generale ed approfondita circa la natura e il ruolo del giudice comunitario TIZZANO A., Il ruolo della Corte di giustizia nella prospettiva dell’Unione europea, in Scritti in onore di A. Predieri, II, Milano, 1996, 1470. BROWN N.–KENNEDY T., The Court of Justice of the European Communities, London, 2000. MIGLIAZZA M., Il doppio grado di giurisdizione nel diritto delle Comunità europee, Milano, 1993. LAGRANGE M., Cour de Justice et Tribunaux nationaux, in Gazette du palais, 1971, 1. LASOK A., The European Court of justice, practise and procedure, Buttherworths, 1994. CONDINANZI M., Il Tribunale di primo grado e la giurisdizione comunitaria, Milano, 1996. AZOULAY, The Court of Justice and the administrative governance, in European Law Journal, 2001. ! !72 Capitolo Secondo su un continuo dialogo tra le Corti87, in un rinnovato scenario di judicial law making, idoneo ad instaurare forme di co-giurisdizione88. Al pluralismo normativo, dunque, si coniuga il pluralismo delle Corti, ordinato secondo un principio di sussidiarietà giurisdizionale. Il giudice italiano è oggi vincolato, ai sensi dell’art. 101 Cost., “non solo alla legge, al diritto e alla giurisprudenza interna, ma anche ai principi posti-più o meno esplicitamente-dalla giurisprudenza comunitaria”89. In ambito europeo "i principi generali, nati nei sistemi giuridici degli Stati membri, riesaminati, perfezionati e conformati dall'ordinamento comunitario sono riproposti in ambito nazionale corretti, ritoccati, trasformati molto spesso potenziati e con possibilità di applicazione che superano quelle originarie"90. Anche la giurisdizione interna, poi, garantisce 87 In una dimensione comunitaria i giudici nazionali sono i destinatari del dovere di leale cooperazione di cui all’art. 10 TCE (ora art. 4 TFUE), il quale costituisce la colonna portante del sistema giuridico comunitario. Sulla “realizzazione di un circuito integrato” tra giudici nazionali e giudice di Lussemburgo MARTINICO G., L’integrazione silente. La funzione interpretativa della Corte di giustizia e il diritto costituzionale europeo, Jovene, 2009. Sulla collaborazione tra sistemi giurisdizionali PERLINGIERI P., Leale collaborazione tra Corte costituzionale e Corti europee. Per un unitario sistema ordinamentale, op. cit.. ROVAGNATI A., Giudice italiano e giudice comunitario nel processo di integrazione europea, Editoriale scientifica, Pavia, 2010. FERRARI G.F., Corti nazionali e corti europee, Edizioni scientifiche, Napoli, 2007. LECOURT R., L’Europe des juges, Bruxelles, 2008. ARNULL A., The European Union and its Court of Justice, Oxford University press, Oxford, 2006. COPPEL J.– O’NEILL A., The European Court of Justice: Taking rights seriously?, in CMLR, 1992. ALONSO GARCÌA R., Il giudice nazionale come giudice europeo, in Quad. cost. n. 1 del 2005, 111. CONTI R., Il “dialogo” tra giudice nazionale e Corte UE, in Corr. giur., 2009, 1053. In giurisprudenza Cgce, 9 marzo 1978, in causa C-106/77, Simmenthal, in Racc. 1978. In senso conforme recentemente Cgce, 24 maggio 2012, in causa C-97/11, Amia Spa, in www.curia.europa.eu. 88 L’espressione co-giurisdizione è utilizzata da PICOZZA E., Il processo amministrativo, II ed., Giuffrè, Milano, 2009. In argomento anche BARONE A., Giustizia comunitaria e funzioni interne, Cacucci, Bari, 2008, secondo il quale “la co-giurisdizione, anzitutto, permette di superare i principali limiti operativi della co-legislazione. L’azione congiunta della Corte del Lussemburgo e dei giudici nazionali, infatti, ha in buona parte consentito di ovviare alle resistenze dei legislatori nazionali rispetto all’affermazione dello spazio giuridico europeo”. 89 BIFULCO D., Il giudice è soggetto soltanto al “diritto”, Jovene, Napoli, 2008. 90 SANNA TICCA E., Cittadino e pubblica amministrazione nel processo di integrazione europea, op. cit.. ! !73 Capitolo Secondo l’applicazione di un diritto, qual è il diritto comunitario, formatosi in uno scenario di “globalizzazione attraverso i giudici”91. Gli obiettivi del “cammino comunitario” si riassumono nell’idea di garantire la primazia, nonchè l’immediata e diretta applicazione del diritto europeo su quello nazionale, superando eventuali ostruzionismi da parte degli Stati. Queste finalità vengono assicurate, appunto, sia dai giudici domestici che dai giudici comunitari in una cornice di progressiva europeizzazione della scienza giuridica. I primi agiscono come “organi decentrati” della giurisdizione comunitaria92, avvalendosi di tre strumenti: 1) l’interpretazione conforme93; 91 BIN R., Lo Stato di diritto, il Mulino, 2004: "I giudici rappresentano i capillari del sistema giuridico e del potere pubblico: tramite loro si compie il passaggio osmotico dalla società civile, dominata dalle esperienze particolari (i casi cui i giudici devono applicarsi) ai principi generalissimi attraverso i quali i diritti vengono dichiarati". BARONE A., Giustizia comunitaria e funzioni interne, op. cit.. Secondo l'autore “la rottura del trinomio sovranità–territorio-giurisdizione, con la progressiva affermazione della extrastatualità della giurisdizione, conferma la prospettiva di un giudice che si stacca dallo Stato-apparato per riferirsi alla comunità. È proprio il riferimento della giurisdizione alla comunità che rende il giudice fattore di coesione di un ordinamento generale complesso, aperto alle contaminazioni al contempo sovranazionali e locali ed ormai slegato dalla centralità della legge statale”. 92 L’espressione è utilizzata da TIZZANO A., La tutela dei privati nei confronti degli Stati membri dell’Unione europea, in Foro it., 1995, IV, 17. Sulle relazioni tra giudici comuni e giudice comunitario BARONE A., Giustizia comunitaria e funzioni interne, op. cit., ad avviso del quale “spetta esclusivamente ai giudici nazionali assicurare la compatibilità del diritto interno con quello comunitario. Il raccordo vitale tra queste funzioni è stato individuato nell’art. 234 del Trattato CE”. Per una disamina dell’espressione “vital link” HIMSWORTH C., Convergence and divergence in administrative law, in Beaumont P., Convergence and divergence in European public law, Oxford, 2002. 93 La Corte di Cassazione ha riconosciuto expressis verbis l’obbligo per i giudici nazionali di interpretare il diritto interno in conformità alle fonti normative comunitarie, anche se sprovviste di effetti diretti. Ove non residuino margini per una interpretazione comunitariamente orientata, la norma interna è considerata in conflitto con la normativa comunitaria con conseguente applicazione dei rimedi all’uopo previsti. In giurisprudenza, con riferimento alla tematica dell’interpretazione conforme del diritto interno al diritto comunitario, si vedano, ex plurimis, Cass. civ., sez. I, 5 dicembre 2003, n. 18620, in Giust. civ. Mass., 2003. Cass. civ., sez. V, 23 giugno 2001, n. 7016, in Giur. it., 2001. Cgce, 10 aprile 1984, in causa C-14/83, Von Colson, in Racc. 1984. Cgce, 13 novembre 1990, in causa C-106/89, Marleasing, in Racc. 1990. Cgce, 16 giugno 2005, in causa C-105/03, Pupino, in Racc. 2005. Cgce, 24 gennaio 2012, in causa C-282/10, Dominguez, in www.curia.europa.eu. In dottrina GAJA G., L’esigenza di interpretare le norme nazionali in conformità con il diritto comunitario, in Panunzio S.P.–Sciso E., Le riforme istituzionali e la partecipazione dell’Italia all’Unione europea, Giuffrè, Milano, 2002. BENEDETTI G., Quale ermeneutica per il diritto europeo, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2006, 1. ! !74 Capitolo Secondo 2) il rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia94; 94 L’art. 234 TCE (ora art. 267 TFUE) attribuisce al meccanismo del rinvio pregiudiziale la finalità di assicurare l’uniformità interpretativa ed applicativa delle norme comunitarie nell’ambito degli ordinamenti interni in vista di un riconoscimento e una tutela effettivi delle situazioni giuridiche soggettive di origine comunitaria. Nel genus del rinvio pregiudiziale è possibile distinguere un rinvio pregiudiziale di validità da un rinvio pregiudiziale di interpretazione. Sulla natura e sulle caratteristiche del rinvio pregiudiziale si rinvia a CHITI M.P., Il rinvio pregiudiziale e l'intreccio tra diritto processuale nazionale ed europeo: come custodire i custodi dagli abusi del diritto di difesa, in www.giustiziaamministrativa.it, 2012. VON BOGDANDY A., I principi fondamentali dell'Unione europea, op. cit.. SCHEPISI C., Rinvio pregiudiziale obbligatorio ed effettività della tutela giurisdizionale, Edizioni università di Trieste, 2003. TRIDIMAS T., Knocking on heaven’s door: fragmentation, efficiency and defiance in the preliminary reference procedure, in Com. market law rev., 2003, 9. ANDERSON D.W.K.– DEMETRIOU M., References to the European Courts, London, 2002, 186. GIOVANNETTI T., L’Europa dei giudici. La funzione giurisdizionale nell’integrazione comunitaria, Giappichelli, Torino, 2009. MARTINICO G., L’ultima fase del processo di integrazione comunitaria: Fonti culturali versus fonti politiche?, in www.federalismi.it, 2006. PESCATORE P., Il rinvio pregiudiziale di cui all’art. 177 del Trattato CEE e la cooperazione tra la Corte e i giudici nazionali, in Foro it., 1986, V, 31. Secondo Pescatore oggetto del rinvio pregiudiziale (sia di interpretazione che di validità) possono essere tanto le disposizioni scritte quanto i principi generali del diritto comunitario. D’ALESSANDRO E., Il procedimento pregiudiziale interpretativo dinanzi alla Corte di Giustizia. Oggetto ed efficacia della pronuncia, Giappichelli, Torino, 2012. Tale fenomeno si ripercuote sugli ordinamenti nazionali comportandone un progressivo riavvicinamento. Sui rapporti tra Corti nell’ambito del rinvio pregiudiziale RAITI G., La collaborazione giudiziaria nell’esperienza del rinvio pregiudiziale comunitario, Giuffrè, Milano, 2003. AZZENA L., Prospettive evolutive in tema di applicazione del diritto europeo e ruolo dei giudici nazionali, in www.federalismi.it, 2005. Azzena evidenzia come il ruolo della Corte di giustizia sia quello di “fornire al giudice nazionale tutti gli elementi d’interpretazione, che rientrano nel diritto comunitario, atti a consentirgli di pronunciarsi sulla compatibilità delle norme nazionali con la norma comunitaria” (Cgce, 29 giugno 1978, in causa C-154/77, Dechmann, in Racc. 1978). “Spetta invece al giudice nazionale l’applicazione del diritto comunitario nel caso concreto e la valutazione comparativa con il diritto”. Prosegue l’autrice affermando che “si va così delineando un sistema il cui fulcro è costituito dal giudice (comune) nazionale, che, in ordine al diritto nazionale, assume la Corte di Cassazione come riferimento per la sua interpretazione; in ordine al diritto comunitario, in ragione del meccanismo di cui all’art. 234 TCE, assume come riferimento la Corte di giustizia, le cui sentenze, pur avendo carattere meramente dichiarativo, e limitato al caso a quo, nella pratica finiscono per avere anch’esse un’ efficacia di precedente”. CHITI M.P., Diritto amministrativo europeo, op. cit.. Con riferimento al rinvio pregiudiziale interpretativo, l’autore precisa che “la decisione dul rinvio, facoltativa od obbligatoria, è assunta dal giudice che tratta la questione controversia in cui è emersa la questione di interpretazione della norma comunitaria. Spetta esclusivamente al giudice nazionale valutare, alla luce delle particolari circostanze della causa, sia la necessità di una pronuncia pregiudiziale, sia la rilevanza delle questioni che propone alla Corte. I poteri del giudice vanno considerati nella luce dell’obbligo di cooperazione di cui all’art. 10 TCE. La Corte è, di regola, tenuta a statuire sulle questioni sottoposte, che vertono sull’interpretazione del diritto comunitario (sentenza 15 dicembre 1995 causa C-415/93, Bosman). Tuttavia in circostanze eccezionali, la Corte può esaminare le condizioni in cui è adita dal giudice nazionale, al fine di verificare la propria competenza (sentenza 4 dicembre 2003, causa C-448/2001)”. ! !75 Capitolo Secondo 3) l’obbligo di disapplicazione della norma (e dell'atto amministrativo) in conflitto con il diritto comunitario95. Siffatti meccanismi processuali assolvono una rilevante funzione di garanzia nei confronti dei cives, assicurando protezione alle situazioni soggettive individuali96. Tra i rimedi a disposizione del giudice, la disapplicazione rende particolarmente efficace la tutela dei diritti e delle libertà comunitari, in quanto strumento capace di sterilizzare, sia pure limitatamente al caso di specie, gli atti nazionali in contrasto con il sistema comunitario. 2.4. Classificazione e funzioni dei principi comunitari Seguendo un approccio casistico ed antinominalista, la Corte di Lussemburgo ha utilizzato le terminologie più varie, in assenza di una nomenclatura univoca ed omogenea97: principi generali di diritto (o del diritto), principi generali del diritto 95 Sui caratteri della disapplicazione Corte cost., 11 luglio 1989, n. 389, in www.giurcost.it: "Tutti i soggetti competenti nel nostro ordinamento a dare esecuzione alle leggi (…) tanto se dotati di poteri di dichiarazione del diritto, come gli organi giurisdizionali, quanto se privi di tali poteri-come gli organi amministrativi-sono giuridicamente tenuti a disapplicare le norme interne incompatibili con le norme comunitarie”. A tali conclusioni la Corte è giunta dopo aver notato che “poiché la disapplicazione è un modo di risoluzione delle antinomie normative, che oltre a presupporre la contemporanea vigenza delle norme reciprocamente contrastanti, non produce alcun effetto sull’esistenza delle stesse, e pertanto non può esere causa di qualsivoglia forma di estinzione o modificazione delle disposizioni che ne siano oggetto, resta ferma l’esigenza che gli Stati membri apportino le necessarie modificazioni o abrogazioni del proprio diritto interno al fine di depurarlo da eventuali incompatibilità o disarmonie con le prevalenti norme comunitarie”. Va detto che attraverso la disapplicazione della fonte nazionale in conflitto con il diritto comunitario, il giudice interno esercita un controllo diffuso di compatibilità comunitaria della legge nazionale. 96 A riguardo si rinvia al saggio di MENGOZZI P., La tutela davanti ai giudici nazionali dei diritti riconosciuti ai singoli ed i principi generali del diritto dell'Unione, Giuffrè, Milano, 2011. Secondo Mengozzi "i giudici nazionali hanno visto progressivamente crescere il loro ruolo di garanti del rispetto dei diritti riconosciuti ai singoli dal diritto comunitario. Questi giudici, a cui il Trattato istitutivo della CEE permetteva ai singoli di domandare di promuovere davanti alla Corte procedimenti pregiudiziali di invalidità di atti comunitari, sono venuti ad acquisire il diritto di chiedere ad essa l'accertamento della contrarietà di norme nazionali al diritto UE e la non applicabilità di norme nazionali con questo incompatibili, di pronunciare misure provvisorie in connessione con rinvii pregiudiziali alla Corte". 97 CAPELLI F., I principi generali come fonte del diritto, in Dir. com. sc. int., 1986. ! !76 Capitolo Secondo comunitario98, principi fondamentali del diritto comunitario, denotando così più attenzione ai contenuti che alla forma. Di conseguenza non sussiste dei principi comunitari alcuna classificazione rigorosa in sede pretoria99. Tali principi non costituiscono un numerus clausus, bensì rappresentano un catalogo aperto suscettibile di continui ritocchi. Una caratteristica in linea con la filosofia antiformalista del giudice comunitario il quale, rifiutando le costrittive qualificazioni di teoria generale, procede secondo un pragmatismo per obiettivi. Ciononostante volendo, comunque, tentare una classificazione di massima dei principi comunitari, è possibile ricorrere in primo luogo al criterio dell’origine, distinguendo tra: 1) principi generali derivanti dal diritto internazionale; 98 Per un esame approfondito della tematica dei principi generali dell'ordinamento comunitario si rinvia, senza alcuna pretesa di esaustività, a GROUSSOT X., General principles of community law, Europa law publishing, 2006.VALVO A.L., Contributo allo studio della governance nella Unione europea, Giuffrè, Milano, 2005. BERNITZ U.-NERGELIUS J.(eds.), General principles of European community law, 2000. TORIELLO F., I principi generali del diritto comunitario. Il ruolo della comparazione, Giuffrè, Milano, 2000. SIMON D., Y-a-t-il des principes généraux du droit communautaire, in Droits, 14, 1991. ADINOLFI A., I principi generali nella giurisprudenza comunitaria e la loro influenza sugli ordinamenti degli Stati membri, in Riv. it. dir. pubbl. comp., 1994. MARINELLI C., I principi generali del diritto comunitario, in Riv. it. dir. pubbl. com., II, 1994. MALERBE J., L’égalité en matière fiscale dans la jurisprudence de la Cour de Justice des communautés européennes, in Riv. it. dir. pubbl. com., 1994, II, 883. USHER J., General principles of European Community law, Longman publishing, Edinburgh,1998. TRIDIMAS T., The general principles of EC law, Oxford, 1999. DE BURCA G. The institutional developments of the EU: a constitutional analysis, in P. Craig-G. Burca (a cura di) The evolution of EU law, New York, 2003. DE WITTE B., Direct effect, supremacy and the nature of the legal order, op. cit.. 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CARTABIA M., La tutela dei diritti nel procedimento amministrativo: la legge n. 241 del 1990 alla luce dei principi comunitari, Giuffrè, Milano, 1991. 99 CANANEA G.-FRANCHINI C., I principi dell’amministrazione europea, Giappichelli, Torino, 2010: In tema di principi qualsiasi “distinzione non rispecchia completamente la realtà, rispondendo più che altro a una esigenza di sistemazione giuridica: quindi, essa ha valore tendenzialmente indicativo. Tra i vari principi, invero, non vi è una separazione così netta, perché spesso si collegano e si intrecciano tra loro, dando vita a diversificazioni non sempre chiarissime, in quanto connesse ad applicazioni che variano a seconda dei casi (si pensi, in proposito, allo stretto legame che esiste tra i principi di legalità, di certezza del diritto e di tutela del legittimo affidamento, tra quello di uguaglianza e quello di imparzialità, tra quello di buon andamento e quello di efficiente ed efficace impiego delle risorse finanziarie e così via). Inoltre, si riscontra una qualche difficoltà nell’opera di individuazione dei principi stessi, perché, in mancanza di previsioni normative di carattere generale, diviene necessario seguire il metodo empirico e, di conseguenza, risulta più difficile ricondurli a unità”. ! !77 Capitolo Secondo 2) principi provenienti dai diritti nazionali; 3) principi propri delle Comunità Europee100. Summa divisio di grande importanza è anche quella tra principi di primo grado (primato, diretta applicabilità, efficacia diretta), esclusivi dell'ordinamento comunitario, e principi di secondo grado, positivizzati nei Trattati o coniati dalla giurisprudenza, in parte rinvenibili nelle tradizioni comuni degli Stati membri. Questi ultimi, a loro volta, si articolano in tre sottocategorie: a) principi generali del diritto comunitario; b) principi propri del diritto amministrativo comunitario; c) principi relativi ai procedimenti amministrativi comunitari. Ogni forma di catalogazione è valida pur sempre nei limiti della relatività, anche in virtù dell'approccio antiformalista della Corte di Lussemburgo, “estremamente proficuo quando si tratta di applicare tali principi a controversie reali”101, al di là di mere distinzioni nominalistiche. Ai fini della presente trattazione la distinzione di maggior pregio può esser quella tra principi scritti, ossia consacrati nei Trattati e principi non scritti elaborati dalla Corte di giustizia102. I principi generali non scritti si collocano al livello dei Trattati in posizione ad essi equiordinata. Certamente, tra questi, al vertice della gerarchia vengono situati i principi fondativi dell'ordinamento comunitario (primato, diretta applicabilità, efficacia diretta). A loro volta i principi non scritti si articolano in due ulteriori sub-categorie: un primo gruppo comprende i principi desunti direttamente da disposizioni dei Trattati, attraverso un'interpretazione teleologico-sistematica, secondo un metodo misto prima 100 TORIELLO F., I principi generali del diritto comunitario. Il ruolo della comparazione, op. cit.. Anche PICOD F., voce Principes généraux de droit, in A. Barav-C. Philip, Dictionnaire juridique des communautées européennes, Paris, 1993, 858. 101 PICOZZA E., Diritto amministrativo e diritto comunitario, op. cit.. 102 Sul punto si vedano PAPADOPOULOU R.E., Principes généraux du droit et droit communautaire, Bruxelles, 1996. AKEHURST M., The application of general principles of law by the Court of Justice of the european Communities, in British yearbook of international law, 1981. DE LA QUADRASALCEDO T., Manual de derecho administrativo comunitario, Madrid, 2000. ! !78 Capitolo Secondo induttivo e poi deduttivo103. Si tratta di un meccanismo di autointegrazione del sistema con materiale esclusivamente comunitario (i Trattati). Un secondo gruppo ricomprende i principi non scritti che la Corte ricostruisce in base ad elementi esterni desunti dall’ordinamento internazionale o dalle tradizioni costituzionali dei Paesi membri attraverso tecniche di interpretazione dinamica. Si è qui al cospetto di un’attività eterointegrativa sia pure modellata sulle esigenze comunitarie. La Corte di giustizia, pur attingendo al bacino giuridico degli Stati membri104, sviluppa i principi in funzione degli obiettivi del sistema europeo. Il giudice comunitario ha così modellato in via graduale il contenuto dei principi, adattandone tanto il significato quanto l’ambito applicativo alle specifiche esigenze del caso concreto105. Tanto premesso a livello classificatorio, è ineludibile ora l'esame dei caratteri e delle funzioni dei principi comunitari, in particolare dei principi di matrice giurisprudenziale. I principi comunitari sono “quei principi che ordinando e sistematizzando una molteplicità di regole particolari collegate tra loro in base alla natura, all’oggetto e 103 MONACO R., Les principes d’interprétation suivis par la Cour de justice des Communautés européennes, Mélanges offerts à Henri Rolin (problémes de droit des gens), Paris, 1964. CICIRIELLO M.C., Il principio di proporzionalità nel diritto comunitario, Editoriale scientifica, 1999, secondo la quale la costruzione dei principi non scritti consta di due fasi: "La prima rappresentata da un processo induttivo, che consiste nell’estrarre dall’insieme delle disposizioni del Trattato una regola fondamentale mediante l’analisi della ratio legis delle norme concordanti, mettendo in evidenza l’essenza stessa dell’istituto; la seconda in un processo deduttivo, che consiste nell’individuazione degli effetti che conseguono all’applicazione del principio, in modo da pervenire a conseguenze giuridiche conformi, applicando la regola al caso concreto". 104 Al di là del dato testuale dell’art. 288 TCE (ora art. 340 TFUE)-peraltro dall’ambito applicativo limitato-la possibilità di attingere ai principi comuni degli Stati membri non sembra avere alcun fondamento positivo. Tuttavia ciò è costantemente avvenuto. In proposito USHER J., The influence of national concepts on decisions of the european Court, in Eur. law rev., 1976. 105 A rigore i principi del diritto comunitario andrebbero distinti da quelli desumibili dalle tradizioni giuridiche degli Stati membri. Infatti i primi discendono da una lettura sistematica delle norme positive europee, mentre i secondi sono ricavati da regole non scritte degli ordinamenti nazionali, adattati e funzionalizzati alle esigenze comunitarie. In realtà i principi comunitari vengono costruiti dalla Corte di giustizia attingendo proprio al patrimonio giuridico degli Stati membri sia pure con talune manipolazioni funzionali agli obiettivi europei. In dottrina NEVILLE BROWN L.–JACOBS F.G., The Court of Justice of the European Communities, London, 1977. CARTABIA M., La tutela dei diritti nel procedimento amministrativo: la legge n. 241 del 1990 alla luce dei principi comunitari, op. cit.: "Senza dubbio l'elaborazione operata dalla Corte di giustizia non consiste semplicemente in un'indagine sui principi in vigore negli Stati seguita da una meccanica assunzione nell'ordinamento comunitario delle norme maggiormente condivise. Al contrario, la Corte agisce in vista delle esigenze e delle peculiarità dell'ordinamento comunitario, introduce elementi propri e originali e talvolta privilegia l'interpretazione che di un determinato principio è stata data in un particolare ordinamento. I principi generali CEE non corrispondono, perciò, al minimo comun denominatore delle norme fondamentali degli Stati membri". ! !79 Capitolo Secondo alla finalità perseguita adempiono ad una duplice funzione: interpretativa e normativa nel contempo”106. Dunque essi ricevono plurime applicazioni fungendo da: 1) criteri interpretativi di altre fonti107; 2) strumenti di integrazione delle lacune del sistema108; 3) parametri di legittimità degli atti legislativi e amministrativi109. Anche in ambito europeo, pertanto, l’impiego dei principi comunitari avviene per finalità speculari alle esperienze giurisprudenziali nazionali, “ad uso integrativo, correttivo, esplicativo delle disposizioni vigenti che risultano oscure, lacunose, generiche”110. I principi generali hanno la capacità di adeguare il sistema ai mutamenti del contesto sociale, preservandone la vitalità e scongiurandone una rapida obsolescenza. Infatti ogni principio, alla stregua di una clausola generale, ha la capacità di “far respirare il diritto”111. I principi, invero, “esprimono una forza normativa a cogente contenuto valoriale, capace di riorientare l’applicazione della regola, quando questa secondo i criteri 106 CICIRIELLO M.C., L'Unione europea e i suoi principi giuridici, IV ed., Editoriale scientifica Napoli, 2010. 107 CAPOTORTI F., Il diritto comunitario non scritto, in Tavole rotonde di diritto comunitario promosse da G. Biscottini, II, Milano, 1983. 108 In tema di lacune si rinvia agli studi di CANARIS C.W., De la manière de constater et de combler les lacunes de la loi en droit allemand, in Perelman (par le soin de), le problème des lacunes en droit, Travaux du centre national de recherches de logique, Bruxelles, 1968. MENGOZZI P., Il diritto comunitario e dell’Unione europea, Trattato di diritto commerciale e di diritto dell’economia, diretto da Galgano F., vol. XI, Padova, 1997. Dalla prassi giurisprudenziale emerge che la Corte di giustizia per colmare le lacune dell’ordinamento comunitario non fa sempre ed esclusivamente ricorso ai principi generali, bensì utilizzi anche il diritto interno di uno Stato membro. 109 TOTH A. G., voce General principles of law. The Oxford encyclopaedia of European Community law, I, Institutional law, Oxford, 1990. 110 ALPA G., I principi generali, II ed., in Trattato di diritto privato a cura di G. Iudica e P. Zatti op. cit.. In tema anche PAGOTTO C., La disapplicazione della legge, op.cit.: "La categoria dei principi generali occupa una posizione di primo piano all’interno delle stesse dinamiche evolutive del diritto comunitario, considerato che, per giurisprudenza costante, sono indicati dalla Corte di giustizia come primo parametro di riferimento per l’interpretazione delle norme settoriali che si presentino oscure". In relazione a siffatta funzione assolta dai principi comunitari, in giurisprudenza, Trib. I grado, 6 ottobre 2005, in cause riun. T-22/02 e T-23/02, Sumitomo Chemical c. Commissione, in Racc. 2005, II-4065. Cgce, 27 gennaio 1994, in causa C-98/91, Herbrink, 1994, I-223. 111 Sulle clausole generali come “organi respiratori del diritto” si veda POLACCO V., Le cabale del mondo legale (1908), ora in Id., Opere minori, Modena, 1928. ! !80 Capitolo Secondo interpretativi applicabili, non appare più adeguata al mutato contesto economicosociale e comunque di sospingerla programmaticamente verso finalità rinnovate”112. In questo modo si riconosce al sistema una chance di evoluzione in conformità alle esigenze di volta in volta in rilievo113. I principi comunitari vengono utilizzati dalla Corte di giustizia individualmente ma anche congiuntamente114. La loro forza risiede proprio nella versatilità e capacità di adattamento mediante le quali lo stesso principio può "essere rinvenuto (e pertanto utilizzato) in situazioni e in contesti diversi, in quanto chiamato a giocare contemporaneamente più ruoli e funzioni"115. Come acutamente osservato, tali principi sono il simbolo di una rivoluzione storica nella concezione del diritto in genere e del diritto pubblico in particolare. I principi comunitari “denotano ampiamente il passaggio da una concezione statalista e positivistica del diritto contrassegnato dal formalismo, rigorismo e tassatività nell’applicazione e interpretazione del diritto, ad una concezione più aperta e pluralistica nella quale assumono fondamentale importanza i diritti umani, anche a contenuto economico, sociale, collettivo e diffuso”116. I principi comunitari hanno avuto, e tuttora hanno, una carica “propellente” e “delimitante” (Bobbio N.), sia come molla di sviluppo dell’integrazione sia come limite all’azione dei pubblici poteri. In special modo quelli di matrice giurisprudenziale, grazie alla forza espansiva e all’immediata precettività che li connota, operano come elementi 112 MASSERA A., I principi generali dell’azione amministrativa tra ordinamento nazionale e ordinamento comunitario, in Dir. amm. n. 4 del 2005. Sull’argomento si veda anche FABIANI E., Norme elastiche, concetti giuridici indeterminati, clausole generali, “standards” valutativi e principi generali dell’ordinamento, in Foro it., 1999. 113 TESAURO G., Diritto dell’Unione europea, VI ed., op. cit.. Secondo l’autore i principi comunitari riceverebbero molteplici applicazioni, venendo utilizzati talvolta come criteri di interpretazione, talaltra per individuare limiti all’esercizio del potere da parte dell’amministrazione e più in generale per acclarare la legittimità di un atto o di un comportamento dei pubblici poteri (Stati membri e istituzioni dell’Unione). 114 Cgce, 17 luglio 1997, in causa C-183/95, Affish, in Racc. 1997. 115 MASSERA A., I principi generali dell’azione amministrativa tra ordinamento nazionale e ordinamento comunitario, op. cit.. 116 PICOZZA E., Diritto amministrativo e diritto comunitario, op. cit.. ! !81 Capitolo Secondo di integrazione e di conformazione, tali da costituire un’area giuridica comune, attraverso un circuito simbiotico tra regole comunitarie e regole nazionali. Siffatti principi promuovono e favoriscono, inoltre, l'apertura di nuovi e più estesi spazi di libertà per il cittadino e per la tutela delle situazioni soggettive individuali, in conformità agli scopi dei Trattati. Invero i principi comunitari della certezza del diritto, di proporzionalità, del legittimo affidamento, del giusto procedimento e dell'effettività della tutela giurisdizionale scardinano il tradizionale assetto dei rapporti amministrativi fondato sull'impari dialettica tra autorità e libertà117, assicurando all'individuo una maggior protezione a fronte dell’esercizio del potere118, attraverso l'imposizione di una serie di prescrizioni agli organi pubblici nazionali. A mutare è la stessa concezione del potere e dell’autorità: per il diritto comunitario l’esercizio del potere non si identifica nella “volontà di un Sovrano unitario” bensì è “comune esercizio da parte di una pluralità di attori”119. In questa prospettiva i poteri amministrativi tendono a 117 In ordine alla concezione del diritto amministrativo quale disciplina deputata a regolare il conflitto tra l'autorità pubblica e la libertà privata GIANNINI M.S., Lezioni di diritto amministrativo, vol. I, Giuffrè, Milano, 1950: "Vi sono nelle comunità statali due forze, l’autorità e la libertà, le quali hanno dei centri di appoggio e di espansione. (...) Ciascuna delle due forze, in quanto opera, comprime l’altra e la riduce:esse possono così considerarsi come momenti di un procedimento dialettico. (...) L’autorità, in quanto agisce, incide, e non può in alcun modo evitarlo, nell’ambito delle libertà guarentigiate; così come, per converso, non meno continua è la riaffermazione della libertà ovunque l’autorità ceda o non possa intervenire”. Tale ricostruzione viene successivamente abbandonata dall’autore a seguito del riconoscimento della acquisita coralità del diritto amministrativo che tende progressivamente ad evolversi in una direzione multipolare, non più antagonistica. Sulla dialettica autorità-libertà anche DE FINA G., La teleologia degli atti nel rapporto autorità-libertà, Cedam, Padova, 1974. MATTARELLA B.G., Il rapporto autorità-libertà e il diritto amministrativo europeo, in Riv. it. dir. pubbl. com., 2006. STIPO M., L’interesse legittimo nella prospettiva storica, Atti dei convegni per le celebrazioni dell’opera Giustizia amministrativa (1903) del Prof. Cino Vitta, op. cit.. L’autore ritiene che “la contrapposizione classica autorità–libertà, figlia dell’esaltazione della sovranità quale attributo indefettibile dello Stato-ente o Stato-soggetto o Stato-persona che dir si voglia va oggi storicamente rivisitata. Nell’ordinamento democratico e pluralista la società entra in vario modo negli apparati amministrativi ed i due termini del rapporto, pubblica amministrazione-apparato e società civile, pur restando inequivocabilmente distinti, tendono, per quanto e nella misura in cui può essere possibile, a compenetrarsi”. MASSERA A., L’amministrazione e i cittadini nel diritto comunitario, in Riv. trim. dir. pubbl. n. 1 del 1993: "La contrapposizione dicotomica autorità-libertà quale sintesi emblematica ma soprattutto tendenzialmente esaustiva dell’essenza del rapporto amministrativo, non riesce a soddisfare le pretese che il cittadino porta con sé e nel rapporto con l’amministrazione”. 118 SANNA TICCA E., Cittadino e pubblica amministrazione nel processo di integrazione europea, op. cit., secondo la quale “l’ordinamento comunitario e in particolare il sistema amministrativo riserva in progressione un ruolo centrale, costruendo i rapporti giuridici tra cittadino e amministrazione, partendo dalle sue pretese in quanto cittadino e quindi in una prospettiva antropocentrica”. AZZENA L., L’integrazione attraverso i diritti. Dal cittadino italiano al cittadino europeo,Torino, 1998. 119 VON BOGDANDY A., I principi costituzionali dell’Unione europea, op. cit.. ! !82 Capitolo Secondo democratizzarsi, stemperando gli aspetti unilaterali e imperativi, a fronte del riconoscimento di garanzie partecipative ai destinatari dell’attività amministrativa120. 2.5. L'attività della Corte di giustizia nella elaborazione ed applicazione dei principi comunitari nel segno dell'allargamento degli spazi di libertà del cittadino Nell'alveo del sistema giurisdizionale propriamente comunitario operano la Corte di Giustizia121 e, dal 1988, il Tribunale di primo grado. In particolare la Corte di Giustizia è il custode dell’interpretazione e applicazione del diritto comunitario122 quale giudice della nomofilachia123 che, intervenendo sui rinvii pregiudiziali o sui ricorsi presentati da Stati, istituzioni, persone fisiche e giuridiche, ha fatto largo uso della categoria dei principi non scritti. In questo modo, la Corte di Lussemburgo, influenzando l'attività dei giudici nazionali, ha contribuito ad ampliare, di intensità ed estensione, il raggio di tutela delle situazioni soggettive individuali conferite dall'ordinamento comunitario. E lo ha fatto attraverso i principi generali a cui è ricorsa in modo frequente, incisivo e creativo. 120 BASSI F., Lezioni di diritto amministrativo, VIII ed., Giuffrè, Milano, 2008. Per l'autore l’influenza dell'ordinamento comunitario sul sistema italiano genera, da un lato, l’espansione di quei principi amministrativi posti a presidio delle libertà individuali, dall’altro la regressione di tutti gli istituti fondati sulla autoritarietà del potere e sulla prevalenza tout court dell’azione pubblica sulle situazioni giuridiche soggettive dei c.d. amministrati. 121 Sul ruolo della Corte LIAKOPOULOS D.–ROMANI M., Il ruolo della Corte di giustizia delle Comunità europee, Cedam, 2009. MIGLIAZZA M., La Corte di giustizia delle comunità europee, Milano, 1961. GREMENTIERI V., Il processo comunitario-principi e garanzie fondamentali, Milano, 1973. 122 Sui criteri seguiti dalla Corte di Giustizia in sede di interpretazione del diritto comunitario si rinvia, a titolo esemplificativo, a MARTIN DE WILMARS J., Réflexion sur les méthodes d’interprétation de la Cour de Justice des Communautés européennes, in Ch. Dr. Europ., 1986, 5. 123 In ordine alla funzione nomofilattica della Corte di giustizia si veda il recente lavoro di BARONE A., Giustizia comunitaria e funzioni interne, op. cit.. In base all’art. 220 TCE (ora art. 19 TUE) “la Corte di giustizia e il Tribunale di primo grado assicurano, nell’ambito delle rispettive competenze, il rispetto del diritto nell’interpretazione e nell’applicazione del presente Trattato”. Secondo l'autore “gli effetti della sentenza resa ex art. 234 non sono limitati alla sola vicenda specifica, ma operano in ogni altra ipotesi in cui entri in gioco la medesima questione interpretativa affrontata dal giudice comunitario. Tali effetti inoltre sono retroattivi, salvo che la stessa Corte li circoscriva temporalmente. La sentenza interpretativa, infatti, ha valore dichiarativo, piuttosto che costitutivo; essa chiarisce e precisa il significato della norma comunitaria come deve o avrebbe dovuto essere intesa e applicata dal momento della sua entrata in vigore”. La stessa Corte costituzionale italiana ha riconosciuto forza vincolante alle pronunce interpretative della Corte di giustizia nei riguardi di tutti i soggetti giuridici della Comunità. Per l'autore il valore delle sentenze del giudice lussemburghese si spiega in ragione dell’art. 117 I co. Cost. il quale, nel subordinare la funzione legislativa nazionale al rispetto dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario, include, sia pure per implicito in quest’ultimo parametro, anche il diritto giurisprudenziale e di conseguenza l’opera di interpretazione uniforme posta in essere dal giudice europeo. ! !83 Capitolo Secondo Proprio l’espansione dei compiti della Comunità ha costretto la Corte di giustizia ad utilizzare norme di più ampio respiro (i principi generali), tali da favorire i futuri sviluppi del sistema; principi non scritti, disegnati dalle pronunce giurisprudenziali che assurgono al rango di norme primarie tanto in ambito comunitario quanto nei singoli ordinamenti statali. Inoltre “le scelte di metodo della Corte di giustizia, che sono peraltro conseguenti alla concezione del sistema giuridico comunitario in chiave funzionale all’allargamento dei diritti dei cittadini, hanno influito in modo rilevante anche sui canoni interpretativi della normativa comunitaria”124. I principi non scritti, decodificati dalla giustizia comunitaria, infatti, sono progressivamente penetrati negli ordinamenti nazionali influenzando e sensibilizzando i pubblici poteri (corti domestiche, amministrazioni) in ordine alla difesa delle libertà e delle situazioni soggettive individuali. E in special modo nel diritto amministrativo statuale le dinamiche di esercizio del potere sono state riscritte alla luce dei principi di tendenziale paritarietà125 e di piena collaborazione tra amministrazione e cives126. Infatti il giudice europeo, rinvenendo nei Trattati principi a garanzia dei singoli, ha interpretato estensivamente siffatte norme, orientandole finalisticamente alla protezione delle libertà individuali. 124 ASTONE F., Integrazione giuridica europea e giustizia amministrativa, Napoli, 1999. 125 Un antesignano in tal senso è stato BENVENUTI F., Per un diritto amministrativo paritario, in Studi in memoria di E. Guicciardi, Padova, 1975. Secondo l'autore il diritto amministrativo deve poter eliminare "tutto ciò che comunque restringa per il cittadino la difesa della propria sfera giuridica". 126 SANNA TICCA E., Cittadino e pubblica amministrazione nel processo di integrazione europea, op. cit.: "Tali principi creano un nuovo e significativo rapporto fra amministrazioni e cittadini improntato ad una parità sostanziale. Tale parità emerge nei confronti delle p.a. dalla tendenziale assenza di privilegi, ammessi solo in presenza di una causa di giustificazione, e dalla previsione di pari opportunità fra singoli e p.a. nell'utilizzare poteri e facoltà ad essi pertinenti in ragione della loro collocazione e delle attribuzioni all'interno dell'ordinamento giuridico. Tale sistema di garanzie comunitarie influenza incisivamente il diritto amministrativo nazionale sotto il profilo del rispetto delle garanzie del privato, soprattutto di quelle procedimentali, ad esso riconosciute (...). Esse conformano il procedimento in un rapporto nuovo e diverso fra p.a. e soggetti coinvolti nell'azione amministrativa. I privati, infatti, attraverso il procedimento che si svolge in contraddittorio, intervengono in maniera collaborativa già in sede di definizione degli interessi e assumono il ruolo di coprotagonisti delle decisioni dell'amministrazione". ! !84 Capitolo Secondo La Corte di giustizia, nel duplice ruolo di giudice costituzionale e amministrativo127, da sempre contribuisce con profitto alla crescita dell’ordinamento comunitario attraverso pronunce finalizzate alla creazione di nuovi principi128 o alla interpretazione di principi esistenti, attingendo sia nei diritti interni dei vari Paesi sia nel diritto pubblico internazionale129, in conformità agli scopi dei Trattati. Secondo parte della dottrina130 i principi del diritto comunitario non scritto, elaborati dalla Corte “appaiono il frutto di un’interpretazione che tiene conto al tempo stesso dei metodi ermeneutici tradizionali e dei caratteri propri della Comunità”131; un’interpretazione, pertanto, di tipo teleologico-sistematico132. 127 CHITI M.P., I signori del diritto comunitario: la Corte di giustizia e lo sviluppo del diritto amministrativo europeo, op. cit.. L’autore evidenzia il doppio ruolo della Corte di giustizia, cioè di Corte costituzionale in relazione ai Trattati e di supremo giudice amministrativo degli atti dei pubblici poteri, in virtù dell'indistinzione a livello comunitario tra normazione e amministrazione. 128 CAPOTORTI F., Il diritto comunitario non scritto, op. cit.. 129 GAJA G., Principi del diritto (diritto internazionale), in Enc. dir., XXXV, Giuffrè, Milano, 1986. 130 CICIRIELLO M.C., Il principio di proporzionalità nel diritto comunitario, op. cit.. 131 BALLARINO T., Diritto dell'Unione europea, Cedam, Padova, 2010. 132 La Corte di giustizia ritiene che “ai fini dell’interpretazione di una norma di diritto comunitario si deve tener conto non soltanto della lettera della stessa, ma anche del suo contesto e degli scopi perseguiti dalla normativa di cui essa fa parte” (Cgce, 17 ottobre 1995, in causa C-83/94, Leifer e al., in Racc. 1995, 3231). Inoltre, secondo il giudice di Lussemburgo, “ogni disposizione di diritto comunitario va ricollocata nel proprio contesto e interpretata alla luce dell’insieme delle disposizioni del suddetto diritto, delle sue finalità, nonché del suo stadio di evoluzione al momento in cui va data applicazione alla disposizione di cui trattasi” (Cgce, 6 ottobre 1982, in causa C-283/81, Cilfit, in Racc. 1982, 3415). ! !85 Capitolo Secondo Nella creazione dei principi133 il giudice comunitario ha, in primo luogo, cercato di ricavarli in via interpretativa dalle stesse norme di diritto scritto (i Trattati). Nei casi di impossibilità, seguendo logiche comparatistiche134, ha attinto alle tradizioni giuridiche dei Paesi membri135, ispirandosi, altresì, al metodo esegetico dei giudici nazionali. Normalmente, infatti, la Corte procede secondo il metodo induttivo attraverso il quale seleziona i principi estraendoli da specifiche norme di diritto internazionale e dai vari ordinamenti statali, rielaborando poi il materiale raccolto secondo le esigenze comunitarie136. In relazione alle tecniche applicative, il giudice di Lussemburgo nelle proprie pronunce fa uso dei principi generali secondo un metodo di origine kelseniana volto più alla salvaguardia del sistema comunitario unitariamente inteso che non alle 133 Sulla funzione creativa della Corte di Giustizia RIVERO J.-WALINE J., Droit administratif, Paris, 2000. RIVERO J., Le problème de l’influence des droits internes sur la Cour de justice de la communautè européenne du charbon et de l’acier, in Annuaire francais de droit international, 1958. Egli, muovendo dall’idea che il giudice non possa esimersi dal render giustizia, ribadisce il ruolo creativo della Corte di giustizia che si pone al crocevia dell’intreccio di relazioni tra gli ordinamenti nazionali e l’ordinamento comunitario. MIGLIAZZA A., La Corte di giustizia delle Comunità europee, op. cit.. TIZZANO A., La Corte di Giustizia delle Comunità europee, Jovene, Napoli, 1967. NOURISSAT C., La jurisprudence de la Cour de Justice des Communautés européennes: Un regard privatiste à partir de l’actualité, in AA.VV., La création du droit par le Juge, Paris, 2006. CAPOTORTI F., Le sentenze della Corte di giustizia delle comunità europee, in AA.VV., La sentenza in Europa. Metodo, tecnica e stile, Padova, 1988. HARTLEY T.C., The foundations of European Community law, op. cit.. POCAR F., Diritto dell’Unione europea, XI, Giuffrè, Milano, 2010. Secondo l'autore deve riconoscersi alla Corte “la funzione di creare, sulla base di una utilizzazione delle norme interne come elementi di fatto, norme giuridiche nuove destinate ad assicurare lo svolgimento della sua attività giurisdizionale”. Infatti nei casi in cui la Corte “si è trovata a non poter utilizzare principi comuni, per risolvere situazioni sottoposte alla sua cognizione e ha dovuto prescinderne totalmente, ha finito per svolgere una funzione di creazione autonoma delle norme giuridiche da applicare e di integrazione pertanto della normativa contenuta nei Trattati e negli atti delle istituzioni comunitarie”. 134 Contra GAJA G., Introduzione al diritto dell’Unione europea, op. cit.. Secondo l'autore in poche pronunce è possibile ritrovare una vera analisi comparativa. Infatti la Corte di Lussemburgo muove spesso da principi comuni solo ad alcuni degli Stati membri ispirandosi alle soluzioni praticate in alcuni, e alle volte in uno soltanto, degli ordinamenti nazionali. 135 ZWEIGERT K., Les principes généraux du droit des Etats membres, in W.J. Ganshof Van der Meersch (sus la direction de) Les nouvelles. Droit des communautès européennes, Bruxelles, 1969. In giurisprudenza Cgce, 18 maggio 1982, in causa C-155/79, AM&S Europe limited c. Commissione, in Racc. 1982, secondo la quale il diritto comunitario “deve tener conto dei principi e delle concezioni comuni ai diritti” degli Stati membri in quanto esso deriva da “una compenetrazione non soltanto economica, ma anche giuridica fra gli Stati membri”. 136 CERRI A., L’integrazione europea nella giurisprudenza delle Corti, in Riv. trim. dir. pubbl. com., 1999, 1489: In ambito amministrativo, ad avviso dell’autore, “la Corte di giustizia ha assolto ad un compito che va oltre la mera interpretazione per assumere un rilievo integrativo/creativo. Punto di partenza, come per i principi di diritto costituzionale, sono stati gli ordinamenti degli Stati membri e le loro tradizioni giurusprudenziali (...): i principi amministrativi del diritto comunitario non sono peraltro un massimo comun divisore dei principi dei diritti degli Stati membri, ma vengono desunti da questi al meglio, attraverso cioè un momento di selezione”. ! !86 Capitolo Secondo singole norme137. L’approccio del giudice di tipo casistico è teleologicamente orientato alla ricerca di una regola superiore utile alla risoluzione della controversia. La Corte, quando applica i principi comuni degli Stati membri, si avvale della tecnica dell'“integrazione selettiva”138, scegliendo e adattando alle finalità comunitarie la disciplina nazionale in tal senso più idonea. A ciò può accompagnarsi, alle volte, il ricorso a forme di diritto comparato. In genere il giudice di Lussemburgo “tende a non precisare i contenuti specifici dei diversi principi che applica, al fine di garantirsi uno spazio di discrezionalità per la creazione di regole materiali”139. In quest’ottica, con esclusione di ogni automatismo, egli “opera una selezione qualitativa che lo conduce a valutare liberamente il grado di generalità dei principi reputati comuni”140, facendo così assurgere a principi generali dell'ordinamento comunitario anche soluzioni nazionali minoritarie. Il materiale giuridico delle varie tradizioni nazionali, ove recepito, viene, infatti, rimodellato dalla Corte sulle specifiche finalità comunitarie141, attraverso un'attività discrezionale manipolativo-integrativa, che ben si adatta alla duttilità dei principi. Nelle fattispecie sottoposte al proprio vaglio, il collegio lussemburghese può esser chiamato a dirimere conflitti tra due o più principi142, compiendo attente valutazioni ponderative di prevalenza o coesistenza tra i medesimi. Il grande merito dei principi generali si rinviene nella loro capacità di fungere da formidabile veicolo di circolazione di regole e istituti giuridici da (e verso) gli 137 Cgce, 5 marzo 1996, in causa C-46 e 48/93, Brasserie du Pêcheur e Factortame III, in Racc. 1996. 138 Sulle tecniche di integrazione selettiva MENGOZZI P., Diritto privato e diritto comunitario, in Trattato di diritto privato, diretto da P. Rescigno, 1, Torino, 1999. BREDIMAS A., Methods of interpretation and communities law, Amsterdam, 1978. BOULOUIS J., A propos de la fonction normative de la jurisprudence, Mélanges offerts à Marcel Waline, Paris, 1974. 139 CICIRIELLO M.C., Il principio di proporzionalità nel diritto comunitario, op. cit.. Dello stesso avviso anche ADINOLFI A., I principi generali nella giurisprudenza comunitaria e la loro influenza sugli ordinamenti degli Stati membri, op. cit.. 140 SIMON D., Y-a-t-il des principes généraux du droit communautaire, op. cit.. 141 BADIALI G., Il diritto degli Stati nelle Comunità europee, Milano, 1971. 142 PICOZZA E., Diritto amministrativo e diritto comunitario, op. cit.. L'autore adduce come esempio l’ipotesi di contrasto tra il principio dello sviluppo sostenibile in materia ambientale e quello di precauzione. ! !87 Capitolo Secondo ordinamenti nazionali. La maggior parte dei principi generali, pur avendo origine nazionale, viene plasmata a livello comunitario per poi ridiscendere nelle realtà statuali con sembianze nuove. L’attività promozionale e propulsiva del giudice europeo ha inciso profondamente sull’azione dei giudici comuni, sempre più dediti alla mission dell'applicazione immediata, diretta ed effettiva della normativa comunitaria143. È quindi evidente come le convergenze progressive e multidirezionali tra sistemi giuridici144 si siano realizzate più nelle aule di giustizia che non nelle sedi legislative, mediante la tracimazione dei principi di origine pretoria nell’ordinamento italiano. Come accennato nel primo capitolo, la generalità dei principi comunitari si coniuga, inoltre, con l’effetto espansivo di cui essi sono dotati, sicchè gli stessi trovano applicazione non solo nei confronti delle situazioni giuridiche comunitarie ma anche nei riguardi di quelle nazionali non ancora coperte o interessate dal diritto europeo145. Sarebbe, infatti, contrario al principi di uguaglianza diversificare il trattamento di identiche situazioni in base alla natura della fonte (comunitaria o nazionale). La forza espansiva dei principi tende così ad omogeneizzare i diritti nazionali attraverso un’osmosi delle rispettive discipline. Pur non disconoscendo gli importanti meriti della Corte di Lussemburgo nella crescita del sistema comunitario, da più parti si paventa il pericolo che il giudice europeo, esercitando poteri eccessivamente discrezionali, possa travalicare i limiti del decisum giudiziale, sconfinando in una attività ultronea di policy-making146. La dottrina maggioritaria è, però, di diverso avviso. In primo luogo perchè la Corte avrebbe una capacità di self-restraint della propria discrezionalità. Inoltre poichè la maggior parte 143 MONTEDORO G., Ruolo del giudice e diritto europeo, in www.giustamm.it. 144 ADINOLFI A., I principi generali nella giurisprudenza comunitaria e la loro influenza sugli ordinamenti degli Stati membri, op. cit.. VON BOGDANDY A., I principi costituzionali dell’Unione europea, in Riv. dir. pubbl. comp. eur., n. 2 del 2005. 145 Lo spill over effect è di immediata percezione, ad esempio, in materia di appalti sotto soglia comunitaria cui a livello nazionale sono stati progressivamente estesi i principi e le regole comunitari applicabili teoricamente ai soli appalti sopra soglia. Sulla forza contagiosa dei principi comunitari. ABRAHAM R., Les Principes généraux de la protection juridictionnelle administrative en Europe: l’influence des jurisprudences européennes, in Rev. eur. dr. publ., 9, 1997, 577. 146 Tra i vari RASMUSSEN H., On law and policy in the European Court of Justice: a comparative study in judicial policymaking, Dordrecht, 1986. Così facendo la Corte verrebbe a perdere “authority and legitimacy”, trasformandosi in un’istituzione politica priva di base democratica. ! !88 Capitolo Secondo degli orientamenti dei giudici comunitari, per l’elevato tasso di prevedibilità, è solita a conformarsi alle premesse date e agli obiettivi perseguiti, riducendo così i margini di arbitrio. Il ruolo fondamentale dei principi generali, oltre ad essere ribadito nelle pronunce della Corte di giustizia, viene altresì sancito expressis verbis sul piano del diritto positivo all'art. 6 del Trattato di Maastricht147 e all’art. 117 co. I Cost.148. Quest'ultima disposizione sottopone la legislazione statale e regionale al rispetto dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario ossia all’osservanza dell’intero acquis communautaire (Trattati, atti di diritto derivato e giurisprudenza comunitaria149). Delineate le funzioni e le caratteristiche dei principi comunitari è d'obbligo analizzare la questione del fondamento giuridico della potestà di elaborazione dei principi ad opera della Corte di giustizia. La stessa Corte, nella sentenza Stauder del 1969150, si è auto-riconosciuta il potere di formulare principi generali. In tale pronuncia il giudice di Lussemburgo, muovendo dall’art. 288 TCE (ora art. 340 TFUE), si è, invero, autoattribuito la potestà di forgiare principi generali nonchè di vigilare sulla osservanza dei medesimi. La situazione è stata poi favorita dal clima collaborativo nel quale i giudici nazionali, attraverso frequenti rinvii pregiudiziali, hanno 147 PIZZORUSSO A., Il patrimonio costituzionale comune, il Mulino, Bologna, 2000. 148 Dispone in tal senso l’art. 117 co. I Cost.: "La potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali”. La previsione comprende anche i principi comunitari di elaborazione pretoria, i quali vengono a qualificarsi come norme interposte tra la legge e la Costituzione, idonee, pertanto, ad integrare il parametro di legittimità costituzionale. Un ulteriore conferma della forza e dell’importanza assunta dalla normazione comunitaria nel sistema italiano. 149 Sul ruolo e sulle funzioni complessive dei principi comunitari MASSERA A., I principi generali, in Trattato di diritto amministrativo europeo, diretto da Chiti M.P. e Greco G., Parte generale, tomo I, Giuffrè, 2007: “In primo luogo i principi generali assicurano la tenuta complessiva del sistema comunitario, presidiando e garantendo le compatibilità ordinamentali tra il livello sovranazionale e quelli nazionali. In secondo luogo, integrano e arricchiscono il parametro di legalità cui è assoggettata la amministrazione nel suo modo di essere e di agire nei confronti degli individui e delle collettività di riferimento. In terzo luogo, consentono e favoriscono la circolazione dei modelli e degli istituti giuridici tra i vari ordinamenti, non solo con una direzione che va dal basso verso l’alto o viceversa, ma anche secondo linee orizzontali”. 150 Cgce, sentenza 12 novembre 1969, in causa C-29/69, Stauder. in Racc. 1969. La Corte altresì afferma che “i diritti fondamentali della persona fanno parte dei principi generali del diritto e, in quanto tali, della propria competenza a garantirne l’osservanza”. ! !89 Capitolo Secondo progressivamente conferito alla Corte di giustizia piena legittimazione a produrre diritto vivente (Lebendes Recht), “esportando dubbi” ed “importando principi”151. Secondo parte della dottrina152, il potere creativo della Corte di Lussemburgo rinverrebbe il proprio referente normativo nell’art. 220 TCE (ora art. 19 TUE) che attribuisce al giudice europeo il compito di assicurare nell’interpretazione e applicazione del diritto comunitario il rispetto del diritto. Secondo altro orientamento la legittimazione della Corte di giustizia si ricaverebbe, invece, dall’art. 173 TCE (ora art. 263 TFUE), disposizione che abilita il giudice a pronunciarsi sui ricorsi per violazione del Trattato o di “qualsiasi regola di diritto relativa alla sua applicazione”153, con la possibilità anche in questo caso di avvalersi ogni fonte giuridica disponibile.I principi generali hanno per lo più natura non scritta, poichè una loro indiscriminata positivizzazione ne ingesserebbe oltremodo l’operatività. Tuttavia tra i principi giurisprudenziali, che hanno ricevuto in seguito codificazione, si segnalano il principio di proporzionalità154, il principio di non discriminazione in base alla nazionalità155, il principio di libera circolazione delle merci156 e delle persone157 e nell’ambito della 151 COCCO G., Incompatibilità comunitaria degli atti amministrativi, coordinate teoriche ed applicazioni pratiche, in Riv. it. dir. pubbl. com., 2001, 447. In tema anche TARULLO S., Il giusto processo amministrativo. Studio sull’effettività della tutela giurisdizionale nella prospettiva europea, op. cit.: Attraverso la legittimazione dei giudici degli Stati membri “la Corte di giustizia si è potuta accreditare come organo di produzione del diritto comunitario al più alto livello nel sistema delle fonti sovranazionali (vale a dire al livello dei principi), e con caratteri del tutto peculiari: rimanendo estranea ai mutevoli orientamenti delle burocrazie nazionali (...) essa si è dimostrata capace-nei fatti-di produrre in tempi relativamente celeri regole certe, stabili e (accettate come) cogenti; regole la cui effettiva applicazione, grazie alla diffusa ricettività dei giudici nazionali, si è imposta a dispetto degli atteggiamenti non sempre collaborativi dei legislatori interni e delle posizioni talora eccessivamente caute dello stesso legislatore comunitario”. 152 PESCATORE P., Diritto comunitario e diritto nazionale secondo la giurisprudenza della Corte di giustizia delle comunità europee, in Foro it., IV, 1970. 153 SCHERMERS H.G., Judicial protection in the European Communities, Antwerp, 1983. 154 In tal senso l’art. 5 TCE recita: "L’azione della comunità non va al di là di quanto necessario per il raggiungimento degli obiettivi del presente Trattato". 155 Art. 12 TCE, ora art. 30 TFUE. 156 Art. 23 TCE ora art. 28 TFUE. 157 Art. 39 TCE, ora art. 39 TFUE. ! !90 Capitolo Secondo Carta di Nizza (oggi “comunitarizzata”158), il diritto di accesso (art. 42)159 e il diritto ad una buona amministrazione (art. 41)160. I principi procedurali, come la partecipazione degli interessati, l’obbligo di motivazione e trasparenza, nonchè quelli posti a tutela delle libertà fondamentali e delle situazioni giuridiche individuali, costituiscono parti essenziali non soltanto di un diritto amministrativo ormai comune a più sistemi giuridici, ma anche di una “international rule of law”161 o di una “rule of law globale”162. Tali principi, dalla portata traversale, investono con la propria vis expansiva le realtà nazionali, esaltando, da un lato, i diritti e le pretese del cittadino e ridimensionando, dall'altro, il privilegiato autoritarismo dei pubblici poteri. 2.6. L'importanza delle sentenze della Corte di giustizia nel quadro di una progressiva valorizzazione del diritto giurisprudenziale La capillare infiltrazione dei principi comunitari nell'ordinamento italiano si deve innanzitutto al ruolo di fonte del diritto attribuito alle pronunce della Corte di giustizia che hanno forgiato e sviluppato tali principi. Le sentenze del giudice comunitario, infatti, a differenza delle comuni statuizioni giurisdizionali, esplicano una efficacia non già inter partes ma erga omnes, ponendosi al vertice del sistema comunitario delle fonti163. Le pronunce del giudice di Lussemburgo hanno contribuito in maniera decisiva 158 POLLICINO O.–SCIARABBA V., La Carta di Nizza oggi, tra “sdoganamento giurisprudenziale” e Trattato di Lisbona, in Dir. pubbl. comp. eur., n. 1 del 2008. 159 Peraltro già previsto all'art. 255 TCE (ora art.15 TFUE). 160 In tema WAKEFIELD J., The right to good administration, Kluwer, 2007. BIFULCO R., Art. 41. Diritto ad una buona amministrazione, in L'Europa dei diritti (a cura di) Bifulco R., Cartabia M., Celotto A., Bologna, 2001. KÁNSKA K, Towards Administrative Human Rights in the EU. Impact of the Charter of Fundamental Rights, in Eur. Law Journ., 2004, 296. SANNA TICCA E., Cittadino e pubblica amministrazione nel processo di integrazione europea. op. cit.. 161 PETERSMANN E.U., How to promote the international rule of law?, in Journal of International Economic Law, 1, 1998, 25. 162 CASSESE S., Oltre lo Stato, op. cit.. 163 AMALFITANO C., L’acquis comunitario: da esperienza giuridica a fattore di integrazione, in Dir. UE, n. 4, 2009. CURTI GIALDINO C., Acquis communautaire, in Dir. UE, 1996. GUARINO G., Verso l'Europa. Ovvero la fine della politica, Milano, 1997. PREDIERI A., Il diritto europeo come formante di coesione e come strumento di integrazione, in Dir. UE, 1996. ! !91 Capitolo Secondo alla europeizzazione del diritto nazionale e segnatamente del diritto amministrativo, in un contesto intriso della cultura positivista del primato della legalità formale164. L’esaltazione della figura del giudice si inscrive nella crisi dello Stato “come contenitore, misura e marchio d’origine dell’istituzione giudiziaria” (Ferrarese M.R), oltre che nell’appannamento della sovranità statale e nell’eclissi dello strumento legislativo. Tali fenomeni hanno prodotto un rimescolamento degli assetti politici ed istituzionali, valorizzando l’attivismo creativo dei giudici165, “capace di ricollocare nel presente le previsioni legislative e di ridefinirle, trovando le dizioni adatte al singolo caso: la giurisprudenza riafferma le ragioni del presente in un contesto giuridico, fluido, mutevole e multipolare”166. Ed i principi ne sono il più importante strumento. Si parla oggi di “signoria giurisprudenziale” sul diritto proprio per sottolineare l’influenza decisiva dell’azione dei giudici sugli assetti normativi, in uno scenario segnato sempre più dalla crisi dello strumento legislativo167. 164 Sul protagonismo dei giudici nell’odierno scenario europeo e mondiale TATE G.N.-VALLINDER T. (a cura di), The global expansion of judicial power, New York, New York University Press, 1995. DAHRENDORF R., Dopo la democrazia, intervista a cura di A. Polito, Laterza, Roma-Bari, 2001. 165 Nell’odierna società, caratterizzata dall'attenuazione del principio di separazione dei poteri, anche la funzione del giudice si arricchisce di contenuti nuovi: alla tradizionale funzione di applicazione della legge si giustappongono compiti creativi a contenuto normativo; il giudice non si limita a dare attuazione a principi esistenti ma si spinge sino alla elaborazione di principi nuovi. Quest’opera innovativa del giudice consente di inquadrare, a pieno titolo, la giurisprudenza tra le fonti del diritto. In ambito europeo la prassi della Corte di giustizia è nel senso della formulazione di principi generali non scritti attraverso forme di interpretazione teleologico-sistematica della normativa comunitaria. Le pronunce della Corte, aventi un’efficacia lato sensu erga omnes, sono direttamente applicabili negli Stati membri e prevalgono sul diritto nazionale. Con riferimento all'attivismo creativo dei giudici si veda CHIARLONI S., Ruolo della giurisprudenza e attività creative di nuovo diritto, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2002, 1. 166 FERRARESE M.R., Il diritto al presente. Globalizzazione e tempo delle istituzioni, op. cit.. 167 LUPOI M., La legge nel divenire delle fonti del diritto, in Riv. crit. dir. priv., 2000, 247. Le legge, ingessata nei tradizionali riferimenti spaziali e temporali, non riesce a calarsi nella nuova realtà. Lo strumento legislativo si rivela, dunque, inadatto alle nuove sfide della globalizzazione. Viceversa i giudici sono in grado di offrire ai cittadini risposte duttili, adeguate e compatibili ad una realtà in continuo divenire. Il tramonto della legge è stato accelerato dalla concorrenza di moduli normativi più elastici e meno rigidi, quali appunto le sentenze, che trovano maggior spazio in un’area giuridica europea alimentata sempre più dal diritto pretorio. In relazione all'attivismo giudiziario della Corte di giustizia si veda il contributo di TRIDIMAS T., The European Court of Justice and judicial activism, in Eur. Law Rev., 1996, 199. Secondo l'autore la creatività della Corte è riconducibile essenzialmente a tre fattori: a) l’assenza di disposizioni sull’interpretazione del diritto comunitario nei Trattati; b) l’inerzia delle istituzioni comunitarie nella fase iniziale dell'integrazione europea; c) la natura frammentaria delle disposizioni dei Trattati. ! !92 Capitolo Secondo La “vocazione del nostro tempo per la giurisdizione”168 si sviluppa proprio attraverso la cooperazione tra Corti sovranazionali e giudici interni. “Del resto, in un contesto in cui la categoria della fonte-legge è tuttora sconosciuta all’ordinamento comunitario, il processo di integrazione europea si è sviluppato soprattutto sul fronte della giurisdizione e su quello dell’amministrazione”169. L’emergere dell’idea della giurisdizione come “istituzione vincente”, tipica dei Paesi di common law, viene, quindi, ad interessare anche l’Europa continentale e il giudice comunitario170. Quanto al peso giuridico delle sentenze interpretative della Corte di giustizia, esse hanno valore generale e vincolante nei confronti di tutti i soggetti degli Stati membri, anche oltre il caso deciso. In virtù di una efficacia erga omnes, tali statuizioni sono fonti 168 PICARDI N., La vocazione del nostro tempo per la giurisdizione, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2004, 41. Il maggiore peso acquisito dalla giurisprudenza-secondo Picardi-si condensa in ciò che, sia pure con varia intensità qualitativa, il precedente assurge a punto di riferimento destinato a proiettarsi sulle decisioni degli altri giudici, nonchè sull’esercizio della funzione amministrativa, assicurando in tal modo una certa uniformità giuridica. Sulle ragioni di una rinnovata centralità della funzione giurisdizionale BARONE A., Giustizia comunitaria e funzioni interne, op. cit.. LIPARI N., Il ruolo del giudice nella crisi delle fonti del diritto, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2009. 169 BARONE A., Giustizia comunitaria e funzioni interne, op. cit.. In argomento si rinvia anche al contributo di MANFRELLOTTI R., Sistema delle fonti e indirizzo politico nelle dinamiche dell’integrazione europea, Torino, 2004. 170 MACKENZIE STUART A.J., The European communities and the rule of law, London 1977. In base al Trattato CECA (1951) la Corte di giustizia avrebbe dovuto rivestire il diverso ruolo di organo di vigilanza preposto alla difesa delle istituzioni comunitarie e dell’Alta autorità dai tentativi degli Stati membri di recuperare la sovranità perduta. Al contempo la Corte avrebbe dovuto verificare il rispetto, da parte delle istituzioni comunitarie, dei limiti ad esse imposti dai Trattati alla luce del principio delle competenze di attribuzione. Tuttavia nel corso dei decenni il giudice comunitario ha acquisito un protagonismo senza precedenti, ritagliandosi maggiori spazi e poteri di intervento, con il risultato di contribuire in maniera determinante alla crescita dell’ordinamento europeo e alla diffusione dei suoi principi all’interno degli ordinamenti nazionali. Si vedano anche MANCINI F., Attivismo e autocontrollo nella giurisprudenza della Corte di giustizia, in Riv. dir. eur., 1990, 229. FERRARESE M.R., Il diritto al presente. Globalizzazione e tempo delle istituzioni, op. cit.: "Di fronte alla molteplicità ed alla eterogeneità delle fonti, le istituzioni giudiziarie diventano una sorta di metafonte, nella misura in cui sono in posizione privilegiata per stabilire in maniera autoritativa nessi, rapporti gerarchici, connessioni, mediazioni tra pezzi di materiale giuridico eterogenei e provenienti da svariate fonti. Persino problemi di rapporto tra fonti nazionali e fonti sovranazionali, internazionali e transnazionali possono ricevere sistemazione ed assetti preferibilmente in questa sede". ! !93 Capitolo Secondo del “diritto vivente”171, costituendo frammenti di norme giuridiche assimilabili alla normativa scritta. Come efficacemente sostenuto “il diritto giudiziale è, nei fatti, fonte, autorità”172 per tutti i pubblici poteri. Pur essendo pacifico “stranamente di tale ruolo non vi è traccia nella ricostruzione positiva del sistema delle fonti. Nemmeno nel recentissimo Trattato di Lisbona”173. Le pronunce del giudice comunitario hanno portata dichiarativa, determinando l'ampiezza e il contenuto delle norme comunitarie con la stessa immediata efficacia delle disposizioni interpretate174. La rilevanza del precedente nella giurisprudenza della Corte di giustizia presenta caratteri peculiari, non identificandosi integralmente nei modelli nè di civil law né di common law, ma attingendo sia dagli uni che dagli altri175. 171 Sulle caratteristiche del diritto giurisprudenziale, quale diritto vivente, MARTINICO G., Le sentenze interpretative della Corte di giustizia come forme di produzione normativa, in Riv. dir. cost., 2004, 249. CAVINO M., Il precedente tra certezza del diritto e libertà del giudice: la sintesi nel diritto vivente, in Dir. soc. 2001, 159. ZAGREBELSKY G., La dottrina del diritto vivente, in Giur. cost. 1968, 1148. LOMBARDI L., Saggio sul diritto giurisprudenziale, Milano, 1975. TARUFFO M., Precedente e giurisprudenza, op. cit.. FEBBRAIO E., E. Ehrlich dal diritto libero al diritto vivente, in Soc. dir., 1982, n. 3, 137. FAZZALARI E., Introduzione alla giurisprudenza, Cedam, Padova, 1984. MENGONI, Il diritto vivente come categoria ermenutica, in Id., Ermeneutica e dogmatica giuridica, Milano, 1996. RESTA E., Diritto vivente, Laterza, 2008. 172 BIFULCO D., Il giudice è soggetto soltanto al “diritto”, op. cit.. 173 SICILIANO F., La legalità amministrativa (comunitaria e interna) e certezza del diritto: riflessi sui rapporti amministrativi e istituzionali, op. cit.. Secondo l’autore le pronunce della Corte di Lussemburgo dovrebbe trovare una collocazione sistematica ufficiale tra le fonti del diritto. 174 Corte cost., 19 aprile 1985, n. 113. Corte cost., 3 luglio 1989, n. 389, in www.cortecostituzionale.it. 175 LORELLO L., La tutela del legittimo affidamento tra diritto interno e diritto comunitario, op. cit.. A differenza dei sistemi di common law, il precedente non rappresenta un vero e proprio vincolo per il giudice comunitario “e ciò sia per la carenza di una struttura gerarchica nel sistema-essendo la Corte di giustizia per lo più giudice di unica istanza-, sia per la pratica stessa della Corte, che nelle sue sentenze non ha mai esplicitamente e semplicemente espresso una volontà di seguire le sue decisioni anteriori; sia, soprattutto, perché il principio dello stare decisis non è compatibile, né è desiderabile, in un ordinamento dinamico come quello comunitario, perché ne impedirebbe la trasformazione e l’adattamento ad opera della Corte”. Ma al contempo, a differenza dei Paesi di civil law, il giudice comunitario non decide solo riferendosi ai testi di legge. Nel sistema comunitario il precedente viene spesso richiamato nelle pronunce della Corte di giustizia, mediante riproduzione di intere parti di precedenti sentenze. Ciò avviene nei soli casi in cui il giudice comunitario “intende seguire il precedente, non quando vuole discostarsene, limitandosi, in tal caso, ad occuparsi semplicemente della questione controversa. Allo stesso modo la Corte non ha esitato ad allontanarsi totalmente dalle proprie posizioni, laddove il cambiamento sia necessario e funzionale agli scopi del diritto comunitario, così come è stata sollecitata nel limitare l’incidenza applicativa dei precedenti, in relazione alle differenze del caso concreto”. Per una trattazione di più ampio respiro della tematica del precedente giurisprudenziale CALZOLAIO E., Il valore di precedente delle sentenze della Corte di giustizia, in www.jus.unitn.it TARUFFO M., Precedente e giurisprudenza, op. cit.. THOMAS LEE R., Stare decisis in historical perspective: from the founding Era to the renquist Court, 52, in Vanderbilt Law Review, 1999. DUXBURY N., The Nature and authority of precedent, Oxford, 2008. SERIO M., Il valore del precedente tra tradizione continentale e common law: due sistemi ancora distanti?, in Riv. dir. civ., 2008, 109. ! !94 Capitolo Secondo Le sentenze della Corte, quale organo di vertice, hanno portata vincolante per il Tribunale di primo grado, per i giudici nazionali176, nonchè per gli altri pubblici poteri nazionali e per i soggetti giuridici della Comunità. In una nota pronuncia la Corte di Lussemburgo177 giunge ad affermare apertamente la prevalenza delle proprie statuizioni anche sulle decisioni delle Corti costituzionali nazionali. Inoltre si statuisce l’obbligo a carico dei giudici domestici di disapplicare qualsivoglia normativa interna in conflitto con i principi generali di fonte pretoria. Dunque la violazione delle sentenze della Corte di Giustizia (e dei principi in esse proclamati) costituisce la più grave violazione del diritto comunitario per il ruolo di fonte primaria del diritto europeo ad esse riconosciuto. 2.7. Il conflitto tra principi comunitari e norme nazionali La questione del conflitto tra principi comunitari e norme nazionali si inquadra nella più ampia tematica della giurisdizionalizzazione del diritto, vista nella prospettiva della prevalenza del diritto pretorio di matrice europea sul diritto nazionale legalmente dato. In ossequio alla primazia dell’ordinamento comunitario sull’ordinamento interno, il conflitto tra una norma comunitaria ed una norma nazionale deve essere risolto nel senso della prevalenza della prima con conseguente disapplicazione della seconda. Occorre domandarsi se il primato del diritto comunitario riguardi qualsiasi norma dotata di effetto diretto oppure le sole norme scritte con esclusione, quindi, dei principi non codificati di elaborazione pretoria. Conseguentemente è lecito chiedersi se il rimedio della disapplicazione sia esperibile solo in caso di antinomia tra regole codificate (l’una nazionale l’altra comunitaria) o anche tra una regola legalmente data (ad es. una legge statale) e un principio non scritto (definito in una sentenza della Corte di giustizia). Contestualmente va chiarito se i principi comunitari non scritti godano o meno della diretta applicabilità ai fini dell’operatività della disapplicazione della norma nazionale con essi confliggente. 176 BROWN N.–KENNEDY T., The Court of Justice of the European Communities, op. cit.. LORELLO L. La tutela del legittimo affidamento tra diritto interno e diritto comunitario, op. cit.. 177 Cgce, 7 settembre 2006, in causa C-81/2005, Cordero c. Fondo de garantia salarial, in www.curia.europa.eu. ! !95 Capitolo Secondo Per un’esauriente risposta ai quesiti sopra indicati, occorre partire dalla collocazione che i principi comunitari hanno nel sistema delle fonti. Come detto in precedenza, secondo l’orientamento maggioritario tali principi assumerebbero rango primario, disponendosi al vertice del sistema normativo europeo e nazionale in posizione equiordinata ai Trattati178. Per quanto concerne il problema dell’efficacia diretta dei principi, se, da un lato, la stessa è pacificamente asserita dal giudice comunitario, dall’altro, in ambito nazionale si registrano taluni dubbi e dissensi in giurisprudenza e segnatamente tra i giudici amministrativi. Il Consiglio di Stato, ad esempio, in una pronuncia del 2005, ha escluso la diretta efficacia dei principi generali del Trattato in caso di conflitto tra questi ed una norma nazionale. In assenza di una normativa di settore emessa dagli organi comunitari, il giudice comune non può ricorrere alla disapplicazione per mancanza di una disciplina comunitaria direttamente applicabile. Infatti “il giudice nazionale è tenuto ad applicare direttamente la normativa comunitaria che regoli la materia in maniera difforme dalla legge nazionale, ma a tal fine non può utilizzarsi il principio” perché “in questo caso si richiede una attività di interpretazione del principio generale enunciato dal Trattato e di verifica della compatibilità della norma interna con il principio medesimo, che dovrebbe essere devoluta alla Corte di Giustizia”179. In caso contrario il giudice nazionale, anziché risolvere il caso secondo la disciplina comunitaria adottata dagli organi competenti, finirebbe per creare egli stesso la norma mancante. Secondo tale orientamento non potrebbe addursi ad argomento contrario la maggior vaghezza dei principi rispetto alle norme scritte. Generalità e genericità sono sfere concettuali distinte e separate che non vanno confuse, di talchè i principi, essendo generali ma non generici, 178 CICIRIELLO M.C., Il principio di proporzionalità nel diritto comunitario, op. cit.. PAGOTTO C., La disapplicazione della legge, op. cit.: I principi generali sono parte integrante del diritto comunitario e vincolano “in pari misura dei Trattati, tutti gli Stati che danno ingresso al diritto comunitario nel loro ordinamento”. Del medesimo avviso Cgce, 18 giugno 1991, in causa C-260/89, Ert c. Dep, in Racc. 1991, I-2925. Trib. I grado, 8 luglio 2004 in cause riun. T-67/00, T-68/00, T-71/00, T-78/00, Jfe Engineering corp., in Racc. 2004, II-2501. 179 Cons. Stato, sez. V, 8 agosto 2005, n. 4207, in www.giustizia-amministrativa.it. ! !96 Capitolo Secondo godono della stessa precettività delle regole e quindi della stessa idoneità a produrre effetti diretti180. Questa sentenza si pone, però, in contraddizione rispetto ad una precedente pronuncia con cui i giudici di palazzo Spada hanno ammesso la disapplicabilità di una norma di legge interna in contrasto con i principi comunitari (di libera prestazione dei servizi e di libera concorrenza) riconoscendo, altresì, la diretta applicabilità dei medesimi181. In generale la tesi che disconosce la diretta efficacia dei principi comunitari appare sempre più minoritaria nella giurisprudenza italiana per la diffusa consapevolezza del ruolo di fonte del diritto assunto dalle pronunce del giudice europeo. I principi dell'ordinamento comunitario, infatti, hanno cogenza diretta ed efficacia generale, in quanto le sentenze della Corte di giustizia, che li plasmano e li sviluppano, sono considerate fonti del diritto, con efficacia erga omnes. Un altro argomento che milita nella direzione del riconoscimento della diretta efficacia è individuabile nella frequente derivazione dei principi comunitari da disposizioni del Trattato direttamente applicabili. L’orientamento più accreditato e diffuso, dunque, riconosce a tali principi, ed in particolare a quelli non scritti di origine pretoria, efficacia diretta all’interno degli Stati membri nei confronti sia dei pubblici apparati che delle persone fisiche e giuridiche. Da tale impostazione discende, come corollario, l’obbligo per i giudici e le amministrazioni nazionali di disapplicare anche le norme nazionali in contrasto con principi comunitari182. Diversamente opinando, il primato dell’ordinamento europeo verrebbe depotenziato sino ad azzerarsi. Per tali ragioni l'ambito operativo della disapplicazione 180 Per quanto concerne la capacità dei principi generali di produrre effetti diretti in sede di applicazione del diritto si rinvia agli studi di teoria generale di BETTI E., Interpretazione della legge e degli atti giuridici, op. cit.. CRISAFULLI V., Per la determinazione del concetto dei principi generali del diritto, op. cit.. BARTOLE S., Principi generali del diritto, (dir. cost.) cit.. 181 Cons. Stato, sez. V, 30 gennaio 2002, n. 505, in www.giustizia-amministrativa.it. Nel caso di specie viene poi censurata la violazione della libertà di stabilimento, principio cui la Corte di giustizia ha in più occasioni riconosciuto efficacia diretta. Ex multis Cgce, 11 marzo 2004, in causa C-9/02, De Lasteyrie du Saillant, in Racc. 2004, I-2409. Cgce, 13 aprile 2000, in causa C-251/98, Baars, in Racc. 2000, I-2787. Cgce, 29 aprile 1999, in causa C-311/97, Royal bank of Scotland, in Racc. 1999, I-2651. 182 Le amministrazioni pubbliche nazionali sono il "braccio secolare" delle autorità sovranazionali nel dare esecuzione all'acquis comunitario e nell'assicurarne l'osservanza. ! !97 Capitolo Secondo si è progressivamente esteso fino a ricomprendere gli atti nazionali sia normativi che atti amministrativi, a testimonianza dunque della capacità espansiva dei principi comunitari e della supremazia della nuova legalità comunitaria. Certamente un simile scenario, fondato sulla diretta efficacia dei principi e sulla disapplicazione della norma interna con essi in conflitto, ha un impatto rivoluzionario sul modus agendi dei pubblici poteri nazionali, oggi costretti a disapplicare ogni norma nazionale in contrasto sia con le disposizioni del Trattato e gli atti di diritto derivato, sia con i principi non scritti formulati dalla Corte di giustizia. E poichè i principi, di regola, militano nella direzione dell'ampliamento delle libertà degli amministrati, è evidente la rivoluzione copernicana che investe (e investirà sempre più in futuro) l'agere delle pubbliche autorità nazionali e comunitarie, attraverso una progressiva estensione degli spazi di libertà del cittadino. A ben vedere sia i giudici che le amministrazioni nazionali devono convincersi ad abbandonare i tradizionali parametri positivistici di un diritto statico e legislativamente dato, per ricalibrare la propria mens ed il proprio metodo di indagine su fonti giuridiche (le sentenze ed i principi in esse enunciati) in continuo divenire ed in perenne mutamento. Una prospettiva che richiede all’operatore giuridico nazionale un approccio maggiormente casistico che dalla fattispecie concreta consenta di ricavare la vis espansiva del principio, estendendone gli effetti a fattispecie analoghe o similari. A tutto ciò deve essere abbinata, agli albori del terzo Millennio, la conoscenza dei processi di interazione tra plurime fonti, scritte e non, nonchè delle tecniche di risoluzione dei conflitti tra due o più principi comunitari e tra questi e le norme nazionali. A fronte del carattere relativo dei principi, al giudice, sia comunitario che nazionale, è richiesta un’attività di bilanciamento capace di individuare la regula iuris del caso concreto. E propria in quest’opera si realizzano circuiti integrati di collaborazione tra giudice europeo e giudici comuni. Infatti "il corpo giuridico dell'Unione europea cammina con le gambe dei singoli Stati membri, di cui sono elementi fondamentali e portanti i giudici (...) nazionali" (Carbone V.). Se è vero che le pronunce della Corte di giustizia rappresentano il modello di riferimento per l’uniforme applicazione del diritto comunitario, è altrettanto vero che spetta ai giudici nazionali il ! !98 Capitolo Secondo compito di verificare all’interno della cornice comunitaria l’adeguatezza e la rilevanza dei principi, dandovi attuazione nelle fattispecie concrete. Utilizzando come coordinate di riferimento i valori del primato, della diretta efficacia e della leale cooperazione, il giudice domestico è tenuto ad acclarare la sussistenza di eventuali contrasti tra le norme nazionali e le norme comunitarie (in primis i principi generali) e a risolvere i conflitti prima a livello ermeneutico (interpretazione conforme) e, ove ciò non sia possibile, ricorrendo, alla disapplicazione della norma interna. L'uso del rimedio disapplicatorio, lungi dall'essere automatico, deve costituire l'extrema ratio cui avvalersi nell'ipotesi in cui l'interpretazione conforme non fornisca gli esiti sperati. Il giudice comune è, in definitiva, chiamato a maneggiare con cura tali strumenti in vista dell'uniforme applicazione del diritto europeo negli ordinamenti statali. Egli, lungi dall’essere un mera appendice esecutiva della Corte di giustizia, è il primo giudice comunitario, investito della funzione di far vivere ed operare i principi generali dell'Unione all'interno dei sistemi giuridici nazionali. 2.8.L’illegittimità “comunitaria” dell’atto amministrativo: tipologie, caratteri e poteri del giudice Nell’alveo della nuova legalità comunitaria il giudizio di conformità dell’atto amministrativo ha come parametri di riferimento tanto la normativa nazionale quanto il diritto comunitario. Quest’ultimo si articola in regole codificate di rango primario (Trattati) o secondario (direttive, regolamenti, decisioni) ed in principi non scritti di fonte pretoria, collocabili a livello dei Trattati. Come è noto, le violazioni dell’acquis comunitario possono essere perpetrate da atti nazionali sia legislativi che amministrativi, essendo irrilevante a livello europeo la distinzione tra attività normativa e amministrativa183. 183 CONTALDI G., Atti amministrativi contrastanti con il diritto comunitario, in Dir. UE, n. 4 del 2007, 747: "Nella ricostruzione teorica della Corte di giustizia, la forma che rivestono gli atti emanati dal legislatore ovvero dalle autorità comunque appartenenti all'apparato statale risulta del tutto indifferente: i caratteri tipici del diritto comunitario ed in particolare la prevalenza e l’effetto diretto delle proprie fonti non possono subire pregiudizio indipendentemente dalla natura degli atti nazionali aventi carattere precettivo". ! !99 Capitolo Secondo I principi del primato e dell’effetto diretto assicurano, di regola, la prevalenza dell’ordinamento comunitario sugli atti nazionali, a prescindere dal nomen iuris e dalla forma giuridica assegnati dall’ordinamento interno184. Qualora il conflitto investa una disposizione normativa (ad es. una legge statale) è pacifico che il giudice possa, all'esito infruttoso dell'attività di interpretazione conforme, disapplicare l’atto interno. Viceversa la questione si fa più intricata ove la violazione comunitaria sia cagionata da un atto amministrativo185. Quest’ultimo può porsi in contrasto diretto o indiretto con l’ordinamento comunitario. Nella prima ipotesi il contrasto è diretto, in quanto l’atto amministrativo dà esecuzione immediata alla disposizione comunitaria senza il diaframma di alcuna norma nazionale186. Nel secondo caso, viceversa, il conflitto è indiretto, in quanto mediato dall’interposizione di una norma interna, cui l’atto amministrativo offre applicazione mutuandone l’anticomunitarietà. La tematica del conflitto diretto o indiretto degli atti amministrativi nazionali con la normativa comunitaria si intreccia al problema della natura dei rapporti che intercorrono tra l'ordinamento italiano e l'ordinamento dell'Unione europea. L’adesione alla tesi monista o dualista ha, infatti, pesanti ricadute sul regime degli atti amministrativi anticomunitari e sulla relativa disciplina processuale. In base all’opzione prescelta si parla in dottrina e in giurisprudenza, a seconda dei casi, di annullabilità, nullità e disapplicabilità dell’atto amministrativo. Occorre pertanto procedere ordinatamente alla risoluzione delle plurime questioni sul tappeto. 184 Il principio della disapplicazione della norma interna in conflitto con il diritto comunitario concerne non solo “norme generali ed astratte ma anche provvedimenti amministrativi individuali e concreti” (Cgce, 29 aprile 1999, in causa C-224/97, Ciola, in Racc. 1999, I-2517). 185 Con riferimento alla controversa tematica della disapplicazione dell'atto amministrativo anticomunitario DIPACE R., La disapplicazione nel processo amministrativo, Giappichelli, Torino, 2011. CHIOLA G., L'ordinamento comunitario e l'attività della pubblica amministrazione in Italia, Aracne, Roma, 2007. VILLATA R., L'incidenza dell'ordinamento comunitario nelle trasformazioni della giustizia amministrativa, in La giustizia amministrativa in trasformazione, Giornata in ricordo di Sebastiano Cassarino, Verona 21-22 ottobre 2005, a cura di Corletto D., Sala G., Sciullo G., Cedam, 2006. 186 Una forma di contrasto diretto si ha, ad esempio, in presenza di una direttiva attuata attraverso atti amministrativi generali in materie non disciplinate da legge o regolamento né coperte da riserva di legge. ! !100 Capitolo Secondo In primo luogo pare opportuno principiare dalla disamina delle varie ipotesi di violazione del diritto comunitario ad opera di un atto amministrativo. Secondo una parte della dottrina sarebbero configurabili tre casi di invalidità dell’atto amministrativo nazionale per contrasto con norme e principi comunitari187: 1) la prima ipotesi è quella in cui la P.A. emani un atto amministrativo in diretta applicazione (e violazione) della norma comunitaria, senza il diaframma di una norma nazionale. Da ciò discende illegittimità dell’atto amministrativo e la sua annullabilità. La giurisprudenza amministrativa, in adesione alla tesi monista, ritiene, infatti, che "una volta che la norma comunitaria sia entrata a far parte integrante dell’ordinamento interno", essa benefici "del medesimo regime accordato alle altre disposizioni dell’ordinamento nazionale quanto all’eventuale giudizio di legittimità di un provvedimento amministrativo"188. Proprio in virtù dell’integrazione tra ordinamento comunitario e ordinamento nazionale, la normativa comunitaria vigente in Italia costituisce parametro di legittimità dell’atto amministrativo nazionale e la sua lesione è riconducibile al più ampio concetto di violazione di legge, quale vizio di annullabilità del provvedimento. Da questa tesi promanano alcuni corollari in ordine alla forma di tutela attivabile ed ai poteri esperibili dal giudice. In primis, essendo il provvedimento illegittimo, l’interessato ha l’onere di impugnarlo, a pena di decadenza, entro 60 gg.189, nell’ambito di un giudizio di annullamento dalle finalità caducatorie. La stessa regola, del resto, viene applicata dalla Corte di Lussemburgo con riferimento agli atti comunitari annullabili. Di conseguenza, al fine di scongiurare un'elusione del termine decadenziale, 187 CERULLI IRELLI V.-LUCIANI F., Diritto comunitario e diritto interno, tra Stato e regioni, in Riv. it. dir. pubbl. com., 2007. Più in generale sulla invalidità comunitaria dell’atto amministrativo si vedano, tra gli altri, MUSONE R., Il regime di invalidità dell’atto amministrativo anticomunitario, Napoli, 2007. CLARIZIA P., L’invalidità degli atti amministrativi nell’ordinamento europeo, in L’invalidità amministrativa, a cura di Cerulli Irelli V.-De Lucia L., Giappichelli, Torino, 2009. GIOVAGNOLI R., L’atto amministrativo in contrasto con il diritto comunitario: il regime giuridico e il problema dell’autotutela decisoria, in www.giustamm.it. CRESTI M., L'invalidità degli atti amministrativi nazionali in contrasto con il diritto comunitario, in AA.VV., Rapporti e concorrenza tra ordinamenti, a cura di Irace A.-Maviglia C., Giuffrè, Milano, 2007. 188 Cons. Stato, sez. IV, 21 febbraio 2005, n. 579, in www.giustizia-amministrativa.it. 189 Cons. Stato, sez. VI, 22 novembre 2006, n. 6831, in www.giustizia-amministrativa.it. ! !101 Capitolo Secondo il giudice amministrativo, non può, di regola e salvo casi eccezionali190, disapplicare l’atto amministrativo per violazione di una disposizione comunitaria191. A riguardo si segnala il contrario orientamento del giudice comunitario favorevole, invece, all’estensione del rimedio disapplicatorio tanto agli atti normativi quanto agli atti amministrativi. 2) La seconda fattispecie di invalidità degli atti amministrativi per violazione della normativa comunitaria è configurabile allorquando la P.A. emani un provvedimento sulla base di una norma nazionale incompatibile con una norma o principio comunitario direttamente applicabile. Si tratta della c.d. invalidità indiretta. L’atto amministrativo riceve, dunque, l’anticomunitarietà dalla norma di legge alla quale, in base al principio di legalità che governa l’azione amministrativa, è tenuto a dare attuazione. Tuttavia, dai principi del primato e dell’efficacia diretta, che determinano la prevalenza del diritto europeo sul diritto nazionale, scaturisce in capo al giudice e alle pubbliche amministrazioni l'obbligo di disapplicare le norme interne in conflitto con la normativa comunitaria192. Nella fattispecie de qua si assiste proprio alla disapplicazione, da parte della P.A., della norma nazionale con successiva applicazione della norma comunitaria, quale nuovo parametro di legittimità dell’atto amministrativo. L'obbligo di disapplicazione normativa, imposto dalla Corte di giustizia a tutti i pubblici poteri nazionali (ivi comprese le pubbliche amministrazioni)193, è stato gradualmente recepito sia dalla Corte costituzionale194 che dalla giurisprudenza amministrativa195. Attraverso il rimedio disapplicatorio il giudice accerta, in relazione al 190 Ad esempio nelle ipotesi di giurisdizione esclusiva nelle quali, allo scopo di evitare ingiustificate differenziazioni tra identiche situazioni soggettive, si riconoscono al giudice amministrativo, con riferimento ai diritti soggettivi, gli stessi poteri del giudice ordinario. 191 Cgce, 24 ottobre 1996, in causa C-72/1995, Kraaijeveld, in Racc. 1996. 192 NOCERINO GRISOTTI A., Disapplicazione della normativa interna, in contrasto con quella comunitaria, da parte del giudice e della pubblica amministrazione statale e regionale, in AA.VV., Regioni, Costituzione e rapporti internazionali, Milano, 1995. 193 Cgce, 22 giugno 1989, in causa C-103/1988, Fratelli Costanzo, in Racc. 1989. 194 Corte cost., 4 luglio 1989, n. 389, in www.giurcost.it. 195 Ex multis Cons. Stato, sez. VI, 4 gennaio 2005, n. 2, in www.giustizia-amministrativa.it. ! !102 Capitolo Secondo caso di specie, l’inefficacia della norma nazionale confliggente con il diritto comunitario, con il conseguente divieto per la P.A. di darvi applicazione. Se, ciononostante, la P.A. emanasse un provvedimento sulla base della norma nazionale anticomunitaria, ne discenderebbe un’invalidità comunitaria indiretta dell'atto amministrativo. Occorre a questo punto domandarsi se, in una tale ipotesi, l’atto invalido sia da qualificare come nullo o come annullabile. La dottrina e la giurisprudenza maggioritarie196 sostengono la tesi dell’annullabilità, ricavandola a contrario dalla lettera dell’art. 21-septies l. 241/90, che non contempla tra i casi di nullità dell’atto amministrativo l’ipotesi di contrasto con la normativa comunitaria197. Essendo la nullità un regime di invalidità eccezionale, e quindi tassativo, l’inosservanza della norma comunitaria renderebbe l’atto amministrativo illegittimo e, dunque, annullabile ai sensi dell’art. 21-octies I co. l. 241/90 per vizio di violazione di legge. Secondo questo orientamento la nullità del provvedimento sarebbe configurabile qualora il provvedimento nazionale venisse "adottato sulla base di una norma interna (attributiva del potere) incompatibile (e quindi disapplicabile) con il diritto comunitario"198. In questa fattispecie si assisterebbe, così, alla nullità dell’atto per difetto assoluto di attribuzione (vizio rientrante nella previsione dell’art. 21-septies), poichè la norma da disapplicare sarebbe la norma fondante il potere amministrativo. Si tratta comunque di un'ipotesi assai rara199, in quanto nel sistema amministrativo italiano 196 In dottrina GRECO G., Incidenza del diritto comunitario sugli atti amministrativi italiani, in Trattato di diritto amministrativo europeo, diretto da M.P. Chiti-G. Greco, Milano, 2007, 936. CASETTA E., Manuale di diritto amministrativo, XIII ed., Giuffrè, Milano, 2011. CARINGELLA F., Manuale di diritto amministrativo, Dike, Roma, 2010. In giurisprudenza Cgce, 13 gennaio 2004, in causa C-453/2000, Kühne & Heitz, in Racc. 2004. Cons. Stato, sez. IV, 21 febbraio 2005, n. 579. Cons. Stato, sez. V, 10 gennaio 2003, n. 35. Tar Lazio, sez. I, 15 agosto 1988, n. 1185, in www.giustiziaamministrativa.it. 197 Cons. Stato, sez. V, 10 gennaio 2003, n. 35, cit.. 198 Cons. Stato, sez. IV, 21 febbraio, n. 579, in www.giustizia-ammministrativa.it. 199 Ad esempio nell’ipotesi in cui l’incompatibilità con le norme ed i principi comunitari si riferisca ad una norma legislativa nazionale che autorizzi provvedimenti restrittivi di quote di importazione. ! !103 Capitolo Secondo “le norme attributive del potere sono norme di diritto nazionale e (...) il diritto comunitario difficilmente vi interferisce”200. La summenzionata tesi della nullità assoluta dell’atto amministrativo anticomunitario è stata aspramente criticata201. In particolare secondo autorevole dottrina non è sostenibile "la tesi della nullità, in quanto nel caso di provvedimenti amministrativi in contrasto con disposizioni comunitarie non è configurabile una carenza di potere, né alcuna altra delle ipotesi tipizzate di nullità. Inoltre, (...) pure gli atti emanati da organi comunitari in contrasto col Trattato o con norme di diritto derivato sono ricondotti dal giudice comunitario, salvo ipotesi estreme, al regime dell’annullabilità. Non sarebbe quindi chiara la ragione per delineare un diverso regime degli atti amministrativi emanati da uno Stato membro, sovvertendone oltretutto le regole interne"202. Da queste premesse è possibile dedurre come la tesi della nullità dell'atto amministrativo appaia in stridente contrasto con l’omogenea categoria dell’invalidità comunitaria, a causa dell'ingiustificata differenziazione di trattamento tra ipotesi giuridiche similari. Lo stesso richiamo al difetto di attribuzione sembra inappropriato. L‘ordinamento italiano, infatti, considera nullo per carenza di potere l’atto amministrativo adottato sulla base di un potere non previsto da alcuna norma o che la legge attribuisce ad un organo diverso rispetto al plesso amministrativo che ha agito. Nelle ipotesi di contrasto–indiretto-tra l’atto amministrativo e la normativa comunitaria, a ben vedere, rileverebbe non già una carenza, bensì un cattivo esercizio di potere. Il potere dunque sussiste, ma è stato esercitato in modo scorretto, sicchè il provvedimento amministrativo, adottato all'esito del suo esercizio, risulterà illegittimo e quindi annullabile. 200 GRECO G., Incidenza del diritto comunitario sugli atti amministrativi italiani, op. cit.. 201 Tra i tanti GRECO G., Incidenza del diritto comunitario sugli atti amministrativi nazionali, op. cit. MATTARELLA B.G., Il provvedimento, in Dir. amm. appl., a cura di Sandulli M.A., Milano, 2005. TORCHIA L., Il giudice disapplica e il legislatore reitera: variazioni in tema di rapporti tra diritto comunitario e diritto interno, in Foro it., 1990, III, 203. VILLATA R.-RAMAJOLI M., Il provvedimento amministrativo, Giappichelli, Torino, 2011. VALAGUZZA S., La frammentazione della fattispecie nel diritto amministrativo a conformazione europea, op. cit.. CARANTA R., Inesistenza (o nullità) del provvedimento amministrativo adottato in forza di norma nazionale contrastante con il diritto comunitario, in Giur. it., 1989, III, 1, 149. 202 VILLATA R.-RAMAJOLI M., Il provvedimento amministrativo, op. cit.. ! !104 Capitolo Secondo In quest'ipotesi non si giustifica, pertanto, l'applicazione del regime della nullità poichè “l’incompatibilità comunitaria non deriva da violazione di regole comunitarie di competenza, ma da questioni relative all’esercizio concreto del potere attribuito alle singole amministrazioni nazionali, quindi in senso stretto, non verte sul tema delle attribuzioni degli organi amministrativi”203. Di conseguenza il regime applicabile, nelle ipotesi di anticomunitarietà, risulterebbe il regime previsto per la annullabilità dell’atto. 3) La terza fattispecie di invalidità comunitaria riguarda il caso in cui l’amministrazione adotti un atto amministrativo in base ad una norma nazionale in contrasto con una norma comunitaria non direttamente applicabile204. In tale ipotesi, secondo parte della dottrina, "stante la mancata integrazione dell’ordinamento interno con la norma comunitaria, l’amministrazione" non potrebbe "disapplicare la norma nazionale (ancorchè costituzionalmente illegittima per violazione degli artt. 11 e 117, co. I Cost. e soggetta al sindacato del giudice delle leggi)"205. Pertanto l’atto amministrativo, conforme alla norma di legge nazionale, continuerebbe ad essere valido ed efficace, in attesa di un eventuale giudizio di legittimità costituzionale. Tuttavia, ciò che non può essere ottenuto con la disapplicazione può essere realizzato attraverso l’esegesi. Infatti la P.A. è tenuta, per quanto possibile, ad interpretare la norma interna in conformità ai valori della norma comunitaria sia pure non direttamente 203 VALAGUZZA S., La frammentazione della fattispecie nel diritto amministrativo a conformazione europea, op. cit.: “Il concetto di attribuzioni e la determinazione dei limiti di competenza concerne il diritto istituzionale comunitario ed è rivolto agli organi attivi all’interno dell’Unione, ma il diritto comunitario non contiene regole di competenza che possano incidere sul livello organizzativo degli Stati nazionali”. La stessa giurisprudenza comunitaria sostiene “l’insensibilità dell’ordinamento sovranazionale al riparto di competenze effettuato tra le strutture operative all’interno dell’organizzazione amministrativa nazionale”. 204 È il caso ad esempio di una direttiva non self-executing e non ancora recepita nell'ordinamento italiano, senza che sia decorso il termine di recepimento. 205 CERULLI IRELLI V.-LUCIANI F., Diritto comunitario e diritto interno, tra Stato e regioni, op. cit.. 206 Cgce, 26 settembre 2000, in causa C-443/1998, Unilever Italia S.p.a., in Racc. 2000. Cgce, 13 novembre 1990, in causa C-106/1989, in Racc. 1990. In dottrina sul punto SORRENTINO F., La Costituzione europea, in Trattato di diritto amministrativo europeo, a cura di Chiti M.P.-Greco G., Giuffrè, 2008. ! !105 Capitolo Secondo applicabile (ad es. una direttiva non self-executing)206, rendendo così conforme al diritto comunitario anche il successivo atto amministrativo. In definitiva la giurisprudenza ha talmente valorizzato la forza espansiva del diritto comunitario, sì da riconoscergli vigenza all’interno degli Stati anche nelle ipotesi di carenza di efficacia diretta, attraverso il meccanismo dell’interpretazione conforme del diritto interno. Delineate, sia pur sommariamente, le complesse dinamiche del conflitto tra l'atto amministrativo e la normativa comunitaria in genere, occorre ora soffermarsi sulla particolare tipologia di contrasto che ha come protagonisti, da un lato, l’atto amministrativo nazionale e, dall’altro, i principi comunitari non scritti elaborati dalla Corte di giustizia. Si è osservato in proposito come l’incidenza di tali principi non si arresti alla soglia della rilevanza giuridica, ma si traduca "in vera e propria efficacia giuridica di guisa che la mancata osservanza da parte di qualsiasi operatore vincolato dal diritto comunitario costituisce inosservanza del diritto comunitario stesso"207. È convincimento sempre più diffuso che i principi comunitari (scritti e non) siano muniti di efficacia diretta, imponendosi all’osservanza dei poteri nazionali, obbligati a disapplicare gli atti interni (normativi o amministrativi) con essi in conflitto. Nella nota sentenza Ciola208 la Corte di Giustizia ha affermato in tal senso l’obbligo del giudice nazionale di disapplicare un provvedimento amministrativo in contrasto con un principio generale del diritto comunitario. La violazione dell'acquis comunitario ricomprende al proprio interno anche l’inosservanza dei principi, quale vizio di legittimità degli atti amministrativi ascrivibile 207 PICOZZA E., Alcune riflessioni circa la rilevanza del diritto comunitario sui principi del diritto amministrativo italiano, op. cit.. 208 Cgce, 29 aprile 1999, in causa C-224/97, Ciola, cit.. ! !106 Capitolo Secondo alla violazione di legge209. Vi sono tuttavia ipotesi in cui la palese infrazione degli obiettivi dei Trattati può inficiare l'atto amministrativo per sviamento della funzione integrando, così il diverso vizio dell'eccesso di potere210. In generale va riconosciuta, quindi, efficacia diretta sia ai principi codificati in disposizioni direttamente applicabili, sia ai principi non scritti di origine giurisprudenziale. A questo punto è d'obbligo sciogliere il nodo circa i rimedi esperibili avverso un provvedimento amministrativo lesivo del diritto comunitario e dei suoi principi. In altri termine va chiarito quale sia il bagaglio di tutele offerte dall’ordinamento nazionale per garantire, anche in ambito amministrativo, il primato del diritto europeo. Come accennato in precedenza, sono percorribili due grandi vie: a) la strada dell’annullabilità (e per taluni della nullità) che presuppone l’invalidità dell’atto; b) la via della disapplicazione che opera, viceversa, sul crinale dell’inefficacia, lasciando a latere le questioni di validità. Mentre la giurisprudenza amministrativa maggioritaria aderisce alla tesi dell’annullabilità, riconducendo l’infrazione al diritto comunitario nell’ampia accezione della violazione di legge, la Corte di giustizia propende sempre più per un uso generalizzato del rimedio disapplicatorio211. Ed è proprio quest'ultimo orientamento che forzosamente è destinato a prevalere per l'autorità e l'efficacia erga omnes delle pronunce della Corte. In particolare in una nota sentenza il giudice europeo212, nella prospettiva dell’integrazione degli ordinamenti, afferma che l’unico strumento in grado di 209 VALAGUZZA S., La teoria dei controlimiti nella giurisprudenza del Consiglio di stato: la primauté del diritto nazionale, in Dir. proc. amm., 2006, 816. 210 VALAGUZZA S., Sulla impossibilità di disapplicare provvedimenti amministrativi per contrasto col diritto europeo: l’incompatibilità comunitaria tra violazione di legge ed eccesso di potere, in Dir. proc. amm. 2005, 1112. 211 Con riferimento alla disapplicazione quale rimedio generale di risoluzione dei conflitti GRECO G., Inoppugnabilità e disapplicazione dell’atto amministrativo nel quadro comunitario e nazionale (note a difesa della c.d. pregiudizialità amministrativa), in Riv. it. dir. pubbl. com. n. 3-4, 2006, 518. 212 Ex multis Cgce, 29 aprile 1999, in causa C-224/97, Ciola, cit.. Dello stesso avviso anche Tar Lombardia, sez. III, 31 maggio 2000, n. 3831, in www.giustizia-amministrativa.it. ! !107 Capitolo Secondo assicurare il primato e l’effettività del diritto comunitario213 sia proprio la disapplicazione dell’atto amministrativo che, in via diretta o riflessa, risulti con esso configgente. L'ambito operativo della disapplicazione, pertanto, si dilaterebbe fino a ricomprendere tanto gli atti normativi quanto gli atti amministrativi affetti da anticomunitarietà. È dunque evidente come la nuova filosofia comunitaria abbia stravolto l’assetto normativo interno nonchè le tecniche giudiziarie, trasformando la disapplicazione, da rimedio tassativo ed eccezionale, in strumento generale ed ordinario, teso a garantire l’uniforme e immediata applicazione dell’acquis communautaire. Alla Corte di giustizia non interessa la qualificazione e il regime (di inefficacia o invalidità) che Stati conferiscono all’atto amministrativo. Ciò che conta è che le norme ed i principi comunitari prevalgano, in caso di conflitto, sulle disposizioni interne (normative o amministrative) dei Paesi membri senza subire ostruzionismi. Per tali ragioni l’ordinamento dell'Unione europea mostra il proprio sfavore verso un regime di annullabilità dell’atto amministrativo anticomunitario che, in caso di mancata impugnazione entro un termine decadenziale, cristallizzi il provvedimento perpetrando ad libitum un intollerabile vulnus al diritto comunitario214. Inoltre limitare la disapplicazione ai soli atti normativi, con esclusione degli atti amministrativi, significherebbe conferire a questi ultimi una capacità di resistenza maggiore rispetto agli atti normativi (cedevoli in quanto disapplicabili), con palese sovvertimento del principio della gerarchia delle fonti. Infine in ambito comunitario una 213 Sul principio di effettività del diritto comunitario costruito dalla Corte di giustizia attraverso la valorizzazione del principio di leale cooperazione KESSEDIJAN C., L'autoritè de la chose jugée et l'effectivité du droit européen, in ERA, Forum, 2010. 214 Secondo la Corte di giustizia la rimozione delle violazioni del diritto comunitario, perpetrate da atti amministrativi nazionali, non può dipendere dalla scelta del ricorrente di esperire l'azione di annullamento entro il perentorio termine di 60 gg.; occorre, viceversa, conferire al giudice domestico, attraverso la disapplicazione, il potere di accertare e rimuovere d'ufficio ed in qualunque momento le violazioni cagionate al diritto comunitario. ! !108 Capitolo Secondo distinzione tra atti normativi e amministrativi non è contemplata, sicchè non si vede la ragione per cui ai secondi non sia possibile estendere i rimedi previsti per i primi215. La valenza generale del rimedio disapplicatorio, sostenuta dalla Corte di giustizia, è posta in discussione da quella parte della dottrina che paventa il rischio di uno stravolgimento del sistema amministrativo italiano, avendo il principio della disapplicazione un’efficacia ed un'estensione maggiori per gli atti amministrativi rispetto a quanto accade, normalmente, per gli atti normativi216. In altri termini la disapplicazione risulterebbe un annullamento mascherato, producendone i medesimi effetti, pur con un regime giuridico differente (officiosità del potere, assenza di un termine perentorio di esercizio). La dottrina e la giurisprudenza italiane sono consapevoli, dunque, del pericolo che una generalizzazione del rimedio disapplicatorio possa stravolgere il sistema italiano di giustizia amministrativa fondato sulla regola della impugnabilità degli atti lesivi (non regolamentari), con pregiudizio alle esigenze di certezza, stabilità e continuità dei rapporti di diritto pubblico. È vero comunque che, a livello comunitario, non sono mancate pronunce della Corte di giustizia, rispettose dell'autonomia processuale degli Stati membri, che hanno riconosciuto ammissibile la previsione di un termine di impugnazione per gli atti anticomunitari, purchè ragionevole e non lesivo dei principi di effettività e pienezza della tutela giurisdizionale. Ma è altrettanto vero che, soprattutto nelle ipotesi di atti amministrativi presupposti e inoppugnabili, l’ordinamento comunitario spinga nella direzione dell’attribuzione al 215 La Corte di giustizia ha in più occasioni evidenziato che “tra le disposizioni di diritto interno in contrasto con la disposizione comunitaria possono figurare disposizioni vuoi legislative, vuoi amministrative”. Aggiunge poi la Corte che “è nella logica di tale giurisprudenza che le disposizioni amministrative di diritto interno non includano unicamente norme generali ed astratte, ma anche provvedimenti amministrativi individuali e concreti”. 216 Si vedano in proposito le considerazioni di GIOVAGNOLI R., L’atto amministrativo in contrasto con il diritto comunitario, op. cit.. Secondo l'autore gli atti amministrativi sono "normalmente destinati alla disciplina di situazioni particolari" e in relazione ad essi "la disapplicazione produce effetti più rilevanti, in quanto consente di risolvere la questione nella sua integrità, rendendo così l’annullamento dell’atto solo un incombente formale". ! !109 Capitolo Secondo giudice amministrativo di un potere di disapplicazione sempre più esteso e generalizzato. Emerge allora come il provvedimento, e più in generale l'intera attività procedimentale amministrativa, soggiaccia oggi ai superiori parametri della legalità comunitaria, la quale certamente ricomprende i principi non scritti di elaborazione pretoria. Una legalità che implementa le tutele del civis, restringendo al contempo i poteri dell'autorità. ! ! ! ! 2.8.1. La nullità dell’atto amministrativo per violazione della normativa e dei principi comunitari Come visto nel paragrafo precedente, la giurisprudenza maggioritaria propende per il riconoscimento dell'annullabilità dell'atto amministrativo anticomunitario, con conseguente applicabilità del relativo regime giuridico. Si registra, tuttavia, un orientamento minoritario, di ispirazione dualista, che considera nullo l’atto amministrativo applicativo di una legge attributiva del potere anticomunitaria. In quest’ipotesi la disapplicazione della norma interna priverebbe di ogni fondamento l’attività amministrativa ed i relativi atti risulterebbero nulli per carenza assoluta di potere. Secondo questa impostazione non potrebbe, dunque, invocarsi l’operatività della norma comunitaria, quale parametro di legittimità dell’atto ! !110 Capitolo Secondo amministrativo, a causa dell’appartenenza di tale norma ad un ordinamento separato e distinto rispetto all'ordinamento nazionale217. Nella famosa, ma anche isolata, pronuncia del 1989218, il Tar Piemonte dichiara la nullità di un atto amministrativo applicativo di una norma di legge in contrasto con una direttiva non self-executing, previa disapplicazione della norma interna. Il giudice amministrativo oblitera del tutto la questione se la norma interna sia norma attributiva o meramente regolativa del potere. Poichè la norma di legge disapplicata è improduttiva di effetti "il giudice non può che accertare l’inesistenza del necessario parametro per la valutazione della legalità dell’azione amministrativa e, siccome non esiste attività amministrativa legibus soluta", egli non può che acclarare la radicale nullità dell’atto amministrativo219. In adesione alla tesi dualista dei rapporti tra ordinamenti, il giudice ritiene che, da un lato, la disapplicazione della norma di legge interna e, dall’altro, l’appartenenza della norma comunitaria ad un ordinamento separato e distinto, conducano alla qualificazione della patologia dell'atto amministrativo in termini di nullità per difetto assoluto di attribuzione220. 217 In dottrina FORLATI PICCHIO L., La neutralizzazione degli effetti di atti amministrativi contrari al diritto comunitario, in Dir. com. sc. int., 1978, 199. MANFRELLOTTI R., Sistema delle fonti e indirizzo politico nelle dinamiche dell’integrazione europea, Torino, 2004. GRECO G., L’incidenza del diritto comunitario sugli atti amministrativi nazionali, op. cit.. Secondo l’autore l’ipotesi della nullità dell’atto amministrativo è statisticamente ridotta ai casi in cui la norma attributiva del potere sia rinvenibile integralmente nel diritto comunitario “perché capita di rado che la normativa comunitaria si sovrapponga del tutto a quella nazionale sulla attribuzione del potere amministrativo. Mentre è assai più frequente l’ipotesi che la legge italiana (nella parte incompatibile) si limiti a prevedere segmenti della fattispecie normativa di disciplina del potere amministrativo, ma non l’intera fattispecie che radica il potere medesimo. E in tali casi, trattandosi di norme sul modo di esercizio di detto potere, la loro disapplicazione non può ripercuotersi in termini di carenza di potere-nullità sull’atto amministrativo, sibbene solo in termini di illegittimità-annullabilità”. In giurisprudenza Tar Piemonte, sez. II, 8 febbraio 1989, n. 34, in www.giustizia-amministrativa.it. 218 Tar Piemonte, sez. II, 8 febbraio 1989, n. 34, cit., con commenti di TORCHIA L., Il giudice disapplica ed il legislatore reitera: variazioni in tema di rapporti tra diritto comunitario e diritto interno, op. cit. e MURRA R., Contrasto tra norma nazionale e norma comunitaria: nullità assoluta degli atti amministrativi di applicazione della norma nazionale?, in Dir. proc. amm., 1990, 284. 219 Tar Piemonte, sez. II, 8 febbraio 1989, n. 34, cit.. 220 MUSONE R., Il regime di invalidità dell’atto amministrativo anticomunitario, op. cit.. In altri termini attraverso la disapplicazione la norma interna, affetta da anticomunitarietà, viene privata dal giudice del potere di esplicare i propri effetti, tra i quali vi è per le norme di legge quello di autorizzare l’esercizio dei poteri amministrativi necessari per dare ad esse attuazione, secondo il principio di legalità. In questo modo la norma interna-disapplicata-non è più idonea a fondare il potere della P.A. di adottare l’atto amministrativo, il quale, ove venga comunque emanato, risulterà nullo per carenza assoluta di potere ai sensi dell’art. 21-septies l. 241/90. ! !111 Capitolo Secondo La pronuncia in esame è criticabile sotto molteplici aspetti: in primo luogo l’integrazione tra ordinamenti deve considerarsi un dato irrinunciabile in un contesto di primazia del diritto comunitario, sicchè la norma comunitaria incarnerebbe il parametro di legittimità dell’azione amministrativa nell’alveo di una legalità di livello superiore e più ampio. Inoltre, anche aderendo alla tesi dualista, si ravvisa da parte del Tar Piemonte un uso improprio del rimedio disapplicatorio, di regola, ammissibile nei soli rapporti tra norme contemporaneamente vigenti e applicabili. Nella fattispecie de qua, viceversa, venendo in rilievo una direttiva non self-executing, il giudice non potrebbe disapplicare la norma interna, bensì avrebbe l'onere di sollevare questione di legittimità costituzionale dinanzi alla Consulta. E a nulla valga la giustificazione del Tar che individua nella assoluta incompatibilità dei fini perseguiti dalle due norme la fonte della inapplicabilità di quella interna. A partire dal 2005, la tesi della nullità dell'atto amministrativo anticomunitario, che appariva recessiva, in quanto collegata ad una visione dualistica dei rapporti tra ordinamenti ormai in via di superamento, tende a riemergere in una declinazione rinnovata. Da una lettura congiunta dei novellati artt. 1 co. I e 21-septies della l. 241/90221, autorevole dottrina individua, infatti, un'ulteriore ipotesi di nullità del provvedimento amministrativo per mancanza di un elemento essenziale, ove la norma 221 L'art. 1 co. 1 è stato modificato dall'art. 1, l. 11 febbraio 2005, n. 15 e poi dalla lettera a) del comma 1 dell'art. 7, l. 18 giugno 2009, n. 69. L'art. 21-septies è stato aggiunto dall'art. 14, l. 11 febbraio 2005, n. 15. ! !112 Capitolo Secondo violata sia espressione di un principio comunitario222. Inoltre “la configurabilità di una sorta di diritti intangibili di fonte comunitaria, la cui violazione comporta la radicale nullità degli atti amministrativi lesivi, non solo garantirebbe l’effettività di tali posizioni giuridiche, ma, soprattutto costituirebbe un importante contributo allo sviluppo dell’acquis communautaire, vero e proprio crocevia per un’effettiva integrazione europea”223. In tal senso la declaratoria di nullità si delineerebbe quale strumento "per la neutralizzazione integrale degli effetti lesivi delle situazioni giuridiche soggettive di derivazione comunitaria che gli atti amministrativi possono aver prodotto"224. In conclusione la violazione dei principi comunitari, ad opera di un atto amministrativo nazionale, attraverso il combinato disposto degli artt. 1 co. I e 21septies, schiude nuovi scenari capaci di estendere l'ambito applicativo della nullità alle infrazioni del diritto europeo. In tal modo la forza avvolgente dei principi 222 CERULLI IRELLI V., Diritto europeo e diritto interno nel sistema di tutela giurisdizionale delle controversie di diritto pubblico (intorno al principio di effettività), in www.centrodirittoeuropeo.it: "Non può essere trascurato, invero, il rilievo che la violazione delle norme comunitarie potrebbe dare luogo in certi casi, più incisivamente di quanto attiene alle violazioni di norme nazionali, a violazioni previste dall’art. 21-septies, e perciò produrre la nullità dei relativi atti amministrativi. Al di là dell’ipotesi, abbastanza improbabile, del difetto assoluto di attribuzione (dato che la norma comunitaria non è in genere attributiva del potere), potrebbe emergere il caso di violazione di norme comunitarie così gravi, caratterizzanti un determinato modello procedimentale, da incidere sugli elementi essenziali della fattispecie, la cui mancanza è causa di nullità. Ciò potrebbe verificarsi ad esempio, nelle gare pubbliche per l’aggiudicazione di contratti d’appalto (materia quasi interamente coperta da normativa comunitaria laddove si verifichi la violazione di regole essenziali poste a tutela della concorrenza dal diritto comunitario, che potrebbero appunto rappresentarsi come elementi essenziali della fattispecie di gara (v. ad esempio, in diritto francese, la norma sul cd. referé précontractuel: art. L551-1, cod. just. adm., laddove si prevede una forma più incisiva di tutela cautelare in caso di violazione aux obligations de publicité e de mise en concurence).". In argomento anche ARLOTTA A., Ius superveniens di fonte comunitaria e patologia del provvedimento amministrativo. Rapporti tra ius superveniens e provvedimento amministrativo, in www.altalex.com, 2007. In generale, con riferimento alla tematica della nullità del provvedimento amministrativo adottato in violazione del diritto comunitario, in giurisprudenza, Tar Basilicata, 17 ottobre 2006, n. 723, in www.giustizia-amministrativa.it, in cui si afferma che “il vizio di nullità (alla luce della sentenza della Corte di Giustizia, 9 settembre 2003 n. 198) risulta configurabile soltanto se l’atto e/o provvedimento amministrativo sia stato adottato sulla base di una norma interna incompatibile (e perciò disapplicabile secondo la Corte di Giustizia) con il diritto comunitario”. Al contrario per Cons. Stato, sez. V, 10 gennaio 2003, n. 35 cit. “la forma patologica della nullità (o dell’inesistenza) risulta configurabile nella sola ipotesi in cui il provvedimento nazionale è stato adottato sulla base di una norma interna (attributiva del potere nel cui esercizio è stato adottato l’atto) incompatibile (e, quindi, disapplicabile) con il diritto comunitario”. 223 ARLOTTA A., Ius superveniens di fonte comunitaria e patologia del provvedimento amministrativo, op. cit.. 224 MUSONE R., Il regime di invalidità dell’atto amministrativo anticomunitario, op. cit.. ! !113 Capitolo Secondo dell'ordinamento comunitario consente di andare oltre l’ipotesi di nullità per difetto assoluto di attribuzione per ricomprendere casi di violazione di norme comunitarie così gravi da incidere sugli elementi essenziali della fattispecie dell'atto amministrativo225. ! ! 225 Per quanto concerne l'ampliamento delle ipotesi di nullità dell'atto amministrativo anticomunitario vedasi anche VALAGUZZA S., La frammentazione della fattispecie nel diritto amministrativo a conformazione europea, op. cit.. Secondo l'autrice "si potrebbe essere portati a concludere per la nullità del provvedimento, in caso sia della mancanza di elementi essenziali dell’atto, nelle ipotesi in cui taluno di questi elementi sia previsto nel diritto di fonte sovranazionale, sia di violazione del giudicato", che potrebbe abbracciare quegli "atti nazionali che contrastino con il decisum della Corte di giustizia". ! !114 Capitolo Terzo CAPITOLO TERZO ! I principi comunitari di maggior rilievo per l’azione amministrativa ! Sommario: Premessa. 3.1. Il principio della certezza del diritto: la prevedibilità delle scelte pubbliche a tutela delle situazioni soggettive individuali. 3.2. Il principio della tutela del legittimo affidamento: le libertà del cittadino quale fulcro del sistema comunitario. 3.3. Il principio di proporzionalità quale misura e limite dell'esercizio dei pubblici poteri in ambito comunitario e nazionale. 3.4. I principi del giusto procedimento: la valorizzazione delle pretese del cittadino nell'esercizio del potere. 3.5. I principi di pienezza ed effettività della tutela giurisdizionale: l'erosione dell'autonomia processuale degli Stati e l'influenza sul giudizio amministrativo italiano. Premessa Come è noto, tra la normativa comunitaria e la normativa nazionale è in atto un fenomeno osmotico dalle ampie ricadute sul sistema pubblico italiano, sicchè “la prima, in posizione sovraordinata, concorre, infiltrandosi nel diritto obiettivo interno, a conformare contenuto e limiti del potere amministrativo”1. Nell’attuale sistema, policentrico e multilivello sono i principi comunitari a primeggiare in danno della legge e più in generale del diritto scritto, influenzando a cascata, in via diretta o riflessa, tutte le altre fonti, in special modo le fonti nazionali. In particolare, i principi non scritti, elaborati dalla Corte di giustizia, costituiscono il tessuto connettivo che armonizza e tiene insieme parti tra loro eterogenee e tendenzialmente confliggenti, in una quadratura normativa complessa ed articolata. I principi comunitari si inseriscono nell'ordinamento italiano attraverso molteplici strade: 1) gli artt. 11 e 117 Cost.; 2) l'art. 1 co. I l. 241/90; 3) la giurisprudenza comunitaria ed italiana. 1 SICILIANO F., La legalità amministrativa (comunitaria e interna) e certezza del diritto: riflessi sui rapporti amministrativi e istituzionali, op. cit.. ! !115 Capitolo Terzo Un diritto per principi, a dire il vero, non risulta del tutto sconosciuto al sistema amministrativo nazionale, avendo i giudici amministrativi fatto uso più volte dei principi generali dell'ordinamento (italiano) nella creazione e nello sviluppo di molteplici istituti2. Infatti "nessuno può negare che le fondamenta e anche molte strutture portanti della costruzione del diritto amministrativo sono state poste dalla giurisprudenza" che ha delineato "un sistema di principi sviluppando le poche, frammentarie, incerte e in sé aperte alle più diverse letture, disposizioni legislative" presenti3. Anche la migliore dottrina italiana si è, tradizionalmente, avvalsa dei principi generali sia come strumento di crescita del sistema sia come collante in grado di conferire ordine e sistematicità all'ordinamento4. I principi, soprattutto agli albori del diritto amministrativo italiano, hanno rafforzato il ruolo dell'autorità e del potere pubblico, erogando una protezione ineffettiva delle situazioni soggettive individuali. Solamente a partire dalla seconda metà del Novecento l’impiego dei principi inizia ad assumere un reale valore garantistico, mediante un progressivo ampliamento della tutela dei diritti e degli interessi degli amministrati5. Tale fase coincide con l'entrata in vigore della Costituzione repubblicana prima e con l’avvento del diritto comunitario poi. A ben vedere, anche se la Grundnorm italiana enuncia una gamma di principi, volti certamente ad estendere il perimetro delle libertà e dei diritti individuali, molte disposizioni costituzionali sono rimaste per decenni 2 GUARINO G., Qualche riflessione sul diritto amministrativo e sui compiti dei giuristi, in Riv. trim. dir. pubbl., 1970, 954. 3 SALA G., Potere amministrativo e principi dell’ordinamento, op. cit.. Sul carattere eminentemente giudiziale del diritto amministrativo, tra i tanti, GIANNINI M.S., Lezioni di diritto amministrativo, op. cit.. SALANDRA A., Lezioni di diritto amministrativo, Roma, 1905. 4 Sul ruolo e sulla funzione dei principi di diritto amministrativo, tra i tanti contributi, ROMANO S., Principi di diritto amministrativo, Milano, 1901. RANELLETTI O., Principi di diritto amministrativo, vol. I, Napoli, 1912. ZANOBINI G., Corso di diritto amministrativo, II, Milano, 1958. VITTA C., Diritto amministrativo, II ed., Torino, 1937, ult. ed. a cura di E. Casetta, Torino, 1955. ALESSI R., Principi di diritto amministrativo, III ed., Giuffrè, Milano, 1974. Di recente AA.VV., Studi sui principi del diritto amministrativo, a cura di M. Renna e F. Saitta, Giuffrè, Milano, 2012. 5 D’ALBERTI M., Diritto amministrativo e principi generali, in Le nuove mete del diritto amministrativo, op. cit.. ! !116 Capitolo Terzo inattuate a causa delle resistenze del legislatore e dell'amministrazione, preoccupati di conservare spazi di privilegio all'azione pubblica. Nonostante le timide aperture della dottrina e della giurispudenza più illuminate, la situazione non sarebbe radicalmente mutata, se non avessero fatto irruzione sulla scena il diritto comunitario e i suoi principi. Infatti l'ordinamento sovranazionale "ha rafforzato l’uso dei principi fondamentali in diritto amministrativo al servizio della tutela dei diritti"6 e delle situazioni soggettive dei privati, imponendo una rivisitazione dei tradizionali canoni dell'agere publicum. In particolare la Corte di giustizia, mediante un'attività creativo-manipolativa, ha, da un lato, forgiato principi nuovi e, dall'altro, offerto una lettura rigenerata di principi già presenti nel tessuto giuridico domestico, in una declinazione funzionale alla tutela delle libertà del cittadino. Attraverso l'ermeneutica giurisprudenziale, i principi comunitari si sono infiltrati come un fiume carsico negli ordinamenti nazionali, dettando ad essi nuove regole di conformazione (c.d.“legislazione giurisprudenziale”). In special modo ad essere trasfigurati dalla marea comunitaria sono stati gli omologhi principi amministrativi di diritto interno i quali, mutando pelle, hanno assunto differenti caratteri in conformità agli obiettivi dell’ordinamento europeo. Lungo tale direttrice si è assistito al superamento del dogma dell'intangibilità dei principi del diritto amministrativo nazionale ed alla proliferazione di un corpus di regole comuni idonee a configurare un diritto sempre più sovranazionale7. 6 D’ALBERTI M., Diritto amministrativo e principi generali, in Le nuove mete del diritto amministrativo, op. cit.: Inoltre “il potenziamento dei diritti grazie ai principi non è affidato alle proclamazioni normative-costituzionali o legislative-ma riposa su di una solida revisione dei rapporti fra amministrazioni pubbliche e amministrati che muove dalla soluzione data dal giudice a problemi concreti. Ciò sempre in un contesto in cui il giudice, l’interprete, l’applicatore, ricava i principi dall’ordinamento vigente, nazionale e ultranazionale, e non al di là di esso. In tal modo, l’uso dei principi contribuisce a superare sia i pericoli del diritto libero, sia le strettoie del positivismo legalista e statalista a favore di un diritto positivo di ben più ampia portata e basato su intersezioni giuridiche fra dimensioni nazionali e ultrastatali”. 7 Vedasi ASTONE F., Integrazione giuridica europea e giustizia amministrativa, op. cit.. ROVERSI MONACO F., Prefazione a diritto amministrativo comunitario, in Diritto amministrativo comunitario, a cura di Vandelli C., Bottaro C., Donato, op. cit., secondo cui “il diritto comunitario è, essenzialmente, diritto pubblico, normativa cioè che si rivolge alle istituzioni pubbliche per la propria applicazione, o che trova nelle amministrazioni pubbliche i propri destinatari o, ancora, che trova nei diversi soggetti pubblici gli interlocutori privilegiati e maggiormente idonei a soddisfare le esigenze dei cittadini d’Europa”. ! !117 Capitolo Terzo I principi non scritti, coniati dalla Corte di giustizia, hanno contribuito, e tuttora contribuiscono, in modo determinante alla costruzione di un ordinamento sui generis, elastico ed in perenne evoluzione, distante anni luce dai classici schemi del positivismo giuridico. Un sistema che viene edificandosi sui valori di una Comunità europea sempre più integrata con gli Stati membri8. L’invasione della materia amministrativa da parte del diritto comunitario ha reso i principi europei regole cardine dell’azione dei pubblici poteri tanto europei quanto nazionali. Segnatamente i principi non scritti di origine pretoria assurgono, con forza crescente, a parametro di legittimità degli atti normativi e amministrativi, denotando come ormai la giurisprudenza sia il principale attore della produzione giuridica. In virtù di una piena integrazione tra ordinamento comunitario e ordinamenti statali, le pronunce della Corte di giustizia (con i principi in esse enunciati) si inquadrano oggigiorno tra le fonti primarie del diritto amministrativo italiano9. Può dirsi, dunque, definitivamente infranto l’assioma pandettistico del Windscheid, recepito dalla nostra dottrina10, secondo cui la giurisprudenza non sarebbe fonte del diritto, avendo le pronunce dei giudici un'efficacia esclusivamente inter partes. Quanto alla forza dei principi europei, essa è tale da plasmare ogni fonte ed atto normativo del sistema giuridico nazionale, ivi compresi i principi costituzionali, che oggi trovano “una nuova e più ampia dimensione proprio nel diritto comunitario”11. In 8 CASSESE S., Il sistema amministrativo europeo e la sua evoluzione, op. cit.. 9 SALA G., Potere amministrativo e principi dell’ordinamento, op. cit.. Secondo l’autore può dirsi ormai al tramonto “la concezione per così dire assoluta, dominante in Italia, del principio della separazione dei poteri che vuol riservata al legislativo non solo la legislazione ma anche l’interpretazione della legge in via generale, essendo demandato al potere giudiziario solo di interpretare la legge con effetti limitati al singolo caso, ha consentito sovente di rimuovere in radice il problema stesso della creazione del diritto da parte del giudice, soggetto, come la Costituzione ha voluto chiarire, alla legge, non signore di essa”. Una concezione tradizionale che ha subito innumerevoli crepe a causa dell’attivismo creativo dei giudici amministrativi e che oggi riceve un colpo ferale dal primato del diritto comunitario e dall'opera demiurgica della Corte di giustizia. 10 In Italia la dottrina amministrativistica tradizionale (su tutti Orlando, Cammeo, Zanobini) nega alla giurisprudenza il rango di fonte del diritto, pur riconoscendo l’importanza del diritto pretorio. Contra SALANDRA A., Lezioni di diritto amministrativo, op. cit. che, invece, annovera la giurisprudenza tra le fonti del diritto amministrativo, quale fattore di “diritto vivente”. 11 CHITI M.P., Diritto amministrativo europeo, op. cit.. ! !118 Capitolo Terzo particolare i principi non scritti, costitutivi di uno ius commune administrativum a livello europeo, rappresentano l’architrave su cui poggia l’intero fenomeno dell’integrazione tra l'Unione e gli Stati membri. Il diritto comunitario incide, così, con forza sui principi e sulle regole dell’azione amministrativa italiana, tanto in via diretta quanto in forma riflessa12. Tra i principi europei dal maggiore impatto amministrativo si annoverano il principio della certezza del diritto, il principio della tutela del legittimo affidamento, il principio di proporzionalità, il principio del giusto procedimento, il principio di effettività della tutela giurisdizionale. Tali principi, sia in ambito comunitario che nazionale, rappresentano altrettante pretese del cittadino nei confronti dell'amministrazione, cui corrispondono obblighi e doveri in capo al soggetto pubblico. Queste pretese animano le dinamiche dell'attività procedimentale, condizionando l'esercizio del potere ed i suoi esiti. I principi comunitari sono, pertanto, fonte di diritti e obblighi che gli amministrati possono far valere sia in sede procedimentale che in ambito giurisdizionale. 3.1. Il principio della certezza del diritto: la prevedibilità delle scelte pubbliche a tutela delle situazioni soggettive individuali 12 FORTE P., I principi dell’azione amministrativa dopo le recenti riforme, in I principi generali dell’azione amministrativa, Atti del convegno, 3 febbraio 2006, Napoli, a cura di Chiti M.P. e Palma G., Jovene, 2006. ! !119 Capitolo Terzo La certezza del diritto rappresenta uno dei principi più importanti sia dell’ordinamento comunitario che degli ordinamenti nazionali13. Infatti tale principio "è condizione a priori del riconoscimento dell'essere e dell'esserci del diritto"14 e di ogni sistema normativo. Elaborato sin dal XIX sec., a presidio delle situazioni giuridiche individuali15, il principio della certezza del diritto nasce, dunque, in funzione della 13 Sul principio della certezza del diritto in ambito europeo SCHWARZE J., European administrative law, op. cit.. BROWN N.–KENNEDY T., The Court of Justice, op. cit.. NAOMè C., La nation de securitè juridique dans la jurisprudence de la Cour de Justice et du Tribunal de premiére istance des Communautés européennes, in Riv. it. dir. eu., 1993, 2, 223. HARTLEY T.C., The foundations of European Community law, op. cit.. SALERNO F., Giurisdizione comunitaria e certezza del diritto dopo il Trattato di Nizza, in Riv. dir. int., 2002, 5. CASTORINA E., Certezza del diritto e ordinamento europeo: riflessioni intorno ad un principio comune, (1994) in Id., Riflessioni sul processo costituente europeo, Giappichelli, 2010. In giurisprudenza, tra le tante, Cgce, 22 marzo 1964, in cause riun. C-42 e 49/59, Snupat c. Alta autorità CECA, in Racc. 1964. Cgce, 4 luglio 1973, in causa C-1/73, Westzucker, in Racc. 1973. Cgce, 19 settembre 2000, in causa C-177/99, Ampafrance and Sanofi, in Racc. 2000. Cgce, 18 gennaio 2001, in causa C-83/99, Commission c. Spain, in Racc. 2001. Cgce, 21 settembre 1983, in cause riun. C-205/82-215/82, Deutsche Milchkontor, in Racc. 1983. Cgce, 21 giugno 1988, in causa C-257/86, Commission c. Italy, in Racc. 1988. Trib. CE I grado, 25 marzo 1999, in causa T-37/97, Forges de Clabecq, in Racc. 1999. Cgce, 16 gennaio 2003, in causa C-205/01, Paesi Bassi, in www.curia.europa.eu. Cgce, 24 settembre 2002, in cause riun. C-74/00 e C-75/00, Falck Acciaierie di Bolzano, in Racc. 2002. Trib. I grado, 7 febbraio 1991, in cause riun. T-18/89-24/89, Tagaras, in Racc. 1991, II-53. Cgce, 29 aprile 2004, in causa C-470/00, Parlamento c. Ripa di Meana, in Racc. 2004. Cgce, 25 marzo 2004, in cause riun. C-480/00, C-498/00 e C-499/00, Azienda agricola Ribaldi e al., in Racc. 2004. Tra i contributi della dottrina italiana all’elaborazione del principio della certezza del diritto CALAMANDREI P., La certezza del diritto e le responsabilità della dottrina, in Riv. dir. comm., I, 1942, 343. Id., Appunti sul concetto di legalità, in Opere giuridiche, vol. III, Napoli, 1968, 52-126, spec. 61 e 76-79. GUASTINI R., La certezza del diritto come principio di diritto positivo?, in le Regioni, 1986. COTTA S., La certezza del diritto. Una questione da chiarire, in Riv. dir. civ. 1993, 1, 317. GIANFORMAGGIO L., voce Certezza del diritto, in Dig. it. disc. priv., sez. civ., II, Torino, 1988. PIZZORUSSO A., voce Certezza del diritto, II, in Enc. Giur., VI, Roma, 1988. LOPEZ DE OÑATE F., La certezza del diritto, I ed., Roma, 1942, II ed. Roma, 1950. ALPA G., La certezza del diritto nell’età dell’incertezza, Editoriale scientifica, 2006. BERTEA S., Certezza del diritto e argomentazione giuridica, Catanzaro, 2002. CORSALE M., Certezza del diritto (profili teorici), in Enc. giur. VI, Roma, 1988, 6. GOMETZ G., La certezza giuridica come prevedibilità, Torino, 2005. CARNELUTTI F., Nuove riflessioni intorno alla certezza del diritto, in Riv. dir. proc., 1950, 116. BOBBIO N., La certezza del diritto è un mito?, in Riv. int. fil. dir., 1951, 146. 14 COTTA S., La certezza del diritto. Una questione da chiarire, op. cit.. Di centrale importante è sempre lo studio classico di LOPEZ DE OÑATE F., La certezza del diritto, op. cit. (e l'interessante dibattito che ne seguì e vide coinvolti numerosi autori tra i quali Capograssi, Calamandrei, Carnelutti ecc..). 15 Sulla tradizionale funzione del principio della certezza del diritto, quale strumento di garanzia del singolo, LOPEZ DE OÑATE F., La certezza del diritto, op. cit.: "La certezza della norma come preordinamento normativo (...) deve concretarsi in una certezza conferita all'individuo, che è il vero destinatario finale (...) della norma. (...) L'esigenza della certezza appare come l'esigenza più viva di difesa del soggetto nella sua individualità precisa, singola ed irriducibile". ! !120 Capitolo Terzo garanzia del singolo: "Das Recht ist das Maß der menschilichen Freiheit im Gemeinleben" (Pachmann)16. Nel panorama europeo la certezza del diritto si inquadra nel novero di quei principi non scritti di elaborazione giurisprudenziale, idonei ad aprire l'ordinamento italiano al sistema giuridico sovranazionale17. La Corte di giustizia, quale interprete autentica del principio in esame, ne ha più volte ribadito la centralità nel panorama europeo, quale elemento di coesione ed integrazione tra l'ordinamento comunitario ed i sistemi giuridici nazionali18. Alla stregua degli altri principi non scritti, il principio della certezza del diritto viene forgiato dal giudice di Lussemburgo, attingendo alle tradizioni giuridiche degli Stati membri, sia pure rivisitate alla luce delle finalità dei Trattati. Per la propria vocazione trasversale, il principio de quo tende ad avere un raggio applicativo assai ampio, coniugandosi e bilanciandosi con numerosi altri principi (primato, proporzionalità, affidamento e così via). Nell’ordinamento italiano il principio della certezza del diritto risulta a livello dogmatico tra i più scandagliati per il ruolo centrale assunto dal principio nella tutela delle situazioni soggettive individuali19. Nelle molteplici ricostruzioni dottrinarie e giurisprudenziali, il principio della certezza del diritto non sempre emerge con nitida 16 Trad. 17 it.: "Il diritto è la misura della libertà umana nella vita pubblica". Sul punto Corte cost., 10 novembre 1994, n. 384, in Giur. cost., 1994. 18 VACCA M., L’integrazione dell’ordinamento comunitario con il diritto degli Stati membri e con i principi generali di diritto, in Riv. dir. eur. 1991, 347. MASSERA A., I principi generali, in Trattato di diritto amministrativo europeo, op. cit.. 19 RUGGERI A., La certezza del diritto allo specchio, il “gioco” dei valori e le “logiche” della giustizia costituzionale (a proposito dei conflitti di attribuzione originati da sentenze passate in giudicato), in Dir. e soc. 1993, 149. In tema anche BILANCIA P., Emergenza, interpretazione per valori e certezza del diritto, in Giur. cost., 1993, 3031. PASTORE B., Certezza, linguaggio legislativo e atteggiamenti interpretativi (a proposito di un saggio di Lucio Pegoraro), in Riv. dir. civ., 1989, 513. Di viva attualità il contributo di LOPEZ DE OÑATE F., La certezza del diritto, op. cit.. L'autore sottolinea l'importante ruolo ricoperto dalla legge nell'assicurare la prevedibilità dei comportamenti umani e dunque la certezza del diritto: "Il diritto con la sua norma introduce la certezza della vita sociale, garantendo la qualifica dei comportamenti possibili. L'astrattezza, la rigidità e la fissità della norma (...) mirano soltanto semplicemente a questo, a garantire in modo certo ed inequivocabile l'azione in modo che gli uomini possano contare su ciò che verrà". Da ciò discende come corollario che "ciascuno sia portato alla fiducia in sè e negli altri", sicchè la fiducia è "attivata attraverso la norma" ed è questo "il dato singolare e specifico dell'esperienza giuridica". ! !121 Capitolo Terzo fisionomia, confondendosi spesso con altri principi generali20. Per tali ragioni si tende a qualificarlo come “principio inespresso, risultante dalla combinazione di una serie di principi espliciti”21. Da un punto di vista funzionale il principio della certezza del diritto può considerarsi alla stregua di una bussola teleologicamente orientata al soddisfacimento di esigenze di chiarezza e stabilità dei rapporti giuridici. Esso postula, infatti, una “precisione o determinatezza della fattispecie”22 sia in fase di produzione normativa (chiarezza nel drafting delle disposizioni) sia nel momento applicativo (prevedibilità delle scelte e tutela dell’affidamento dei destinatari). Applicazioni, spesso ondivaghe e altalenanti, non hanno, però, contribuito a delinearne con chiarezza struttura e ambito operativo. Nemmeno l’approccio casistico e pragmatico del giudice comunitario risulta sempre idoneo a dissipare le incertezze legate all'ampia generalità del principio. Quanto ai rapporti tra il sistema giuridico nazionale ed il sistema giuridico comunitario, il principio della certezza del diritto funge abilmente da fattore di raccordo e di integrazione. Infatti la Corte di giustizia ricorre frequentemente "ad una nozione di 20 In special modo la Corte costituzionale italiana da sempre considera la certezza del diritto un principio inautonomo, ossia un principio che si abbina e declina con altri principi (tra i tanti la buona fede ed il legittimo affidamento). Ex plurimis Corte cost., 14 febbraio 1982, n. 15, in Giur. cost. 1982. Corte cost., 15 maggio 1987, n. 171, in Giur. cost. 1987. Corte cost., 3 febbraio 1994, n. 13, in Giur. cost. 1994. Sulle interferenze tra il principio di certezza del diritto ed il principio di tutela del legittimo affidamento DELLA CANANEA G.–FRANCHINI C., I principi dell’amministrazione europea, op. cit.. Gli autori sottolineano come in molte ipotesi vi sia una “sovrapposizione tra la certezza del diritto e la protezione del legittimo affidamento. (...) Alla base di entrambi i concetti, vi è un’esigenza comune a tutti gli ordinamenti giuridici e che si manifesta nel modo più intenso nella regolazione di un’economia di mercato capitalistica: si tratta dell’esigenza di impedire che siano rimesse in discussione all’infinito situazioni consolidate dal decorso del tempo. Insieme alla nota comune vi è una nota distintiva, nel senso che mentre il concetto della certezza del diritto mira a garantire la prevedibilità delle situazioni e dei rapporti giuridici e quindi la chiarezza e la comprensibilità delle regole del gioco, la protezione del legittimo affidamento s’impone soprattutto quando le autorità pubbliche modificano la regola o la linea di condotta seguita fino a quel momento, con effetti pregiudizievoli per gli interessi dei privati, oppure emanano un provvedimento di secondo grado produttivo di effetti sfavorevoli nei confronti di quegli interessi molto tempo dopo l’emanazione del provvedimento iniziale”. 21 GUASTINI R., La certezza del diritto come principio di diritto positivo?, op. cit.. 22 SORRENTINO F., Incertezza del diritto o mera oscurità della legge?, in Giur. cost. 1986. ! !122 Capitolo Terzo certezza del diritto nel senso proprio di strumento per garantire il perseguimento della conformazione degli ordinamenti nazionali agli obiettivi comunitari"23. Il principio in esame implica, invero, che i cittadini non siano collocati "in una situazione di incertezza in ordine al contenuto ed all’estensione dei propri diritti e doveri"24; ciò al fine di garantire la stabilità delle relazioni giuridiche intesa come “prevedibilità delle situazioni e dei rapporti (...) rientranti nella sfera del diritto comunitario”25. Il principio della certezza del diritto è normalmente utilizzato dal giudice di Lussemburgo congiuntamente ad altri principi ad esso contigui o collegati, in chiave rafforzativa o integrativa. Nel corso degli anni il principio in esame è stato oggetto in ambito comunitario di variegate applicazioni, venendo utilizzato: a) per dichiarare l’illegittimità di una decisione del Consiglio26; b) come parametro per l'annullamento di un regolamento illegittimo27; c) come fattore ostativo dell’efficacia diretta di una disposizione del Trattato28 o di una sentenza interpretativa del giudice comunitario pronunziata ex art. 267 TFUE29; 23 CASTORINA E., Certezza del diritto e ordinamento europeo: riflessioni intorno ad un principio comune, op. cit.. 24 TORIELLO F., I principi generali del diritto comunitario. Il ruolo della comparazione, op. cit.: "In una prima accezione il principio in parola sembra riguardare il modo con cui gli organi cui è affidata la funzione legislativa e regolamentare nonché quella interpretativa debbono svolgere tali compiti, ed in questo caso solo indirettamente il principio sembrerebbe prendere in considerazione gli individui quali soggetti dell’ordinamento. Ma in una seconda accezione il principio della certezza del diritto si collega funzionalmente al suo principale corollario il principio dell’affidamento per legittimare direttamente il comportamento, ed evitare che vengano frustrate le aspettative, di coloro i quali agiscono in buona fede sulla base della normativa vigente applicabile così come da essi conosciuta, vuoi che tale conoscenza sia corretta, vuoi che invece corrisponda soltanto ad una mera ma pur oggettiva apparenza". 25 Cgce, 15 febbraio 1996, in causa C-63/93, Duff e al., in Racc.1996. Sul principio della certezza del diritto, da intendersi come chiarezza e stabilità dei rapporti giuridici e delle situazioni soggettive individuali, vedasi Corte cost., 24 ottobre 1996, n. 360, in Giur. cost. 1996. 26 Cgce, 5 giugno 1973, in causa C-81/72, Commissione CE c. Consiglio CE, in Racc. 1973. 27 Cgce, 14 maggio 1975, in causa C-74/74, CNTA c. Commissione, in Racc. 1975. 28 Cgce, 8 aprile 1976, in causa C-43/75, Defrenne II, in Racc. 1976. 29 Cgce, 2 febbraio 1988, in causa C-24/86, Blaizot, in Racc. 1988. ! !123 Capitolo Terzo d) come argine all’efficacia retroattiva di norme comunitarie e sentenze interpretative30. Al fine di delineare un quadro delle proiezioni applicative del principio, occorre esaminare, sia pur brevemente, alcune pronunce della Corte di giustizia. Nel caso Snupat31 il giudice comunitario sottolinea la necessità di un’applicazione del principio di certezza del diritto non assoluta, ma bilanciata con altri principi di pari rango (ad es. il principio di legalità), da commisurarsi, poi, al parametro dell’interesse pubblico comunitario. In una fattispecie successiva, avente ad oggetto una disciplina impositiva di oneri per il contribuente32, la Corte di Lussemburgo esige che la legge sia redatta in modo chiaro e preciso e ciò a garanzia della sicurezza e stabilità delle situazioni giuridiche dei contribuenti33. La certezza e la prevedibilità della norma comunitaria devono assicurare che: 1) le norme sostanziali non incidano sui rapporti giuridici definiti anteriormente alla loro entrata in vigore; 2) sia conoscibile il termine di decadenza per rendere gli Stati edotti in ordine alla sua violazione; 3) ogni situazione giuridica sia valutata, in mancanza di disposizioni contrarie, esclusivamente alla stregua della disciplina in vigore al tempo della sua formazione. Inoltre, secondo autorevole dottrina, la Corte di Giustizia avrebbe esteso "l’operatività del principio anche alla condotta degli Stati membri: questi, nei settori disciplinati dal diritto comunitario" sono tenuti ad "adottare norme chiare, precise ed inequivoche, sì 30 TORIELLO F., I principi generali del diritto comunitario. Il ruolo della comparazione, op. cit.. 31 Cgce, 22 marzo 1961, in cause riun. C-42/59 e 49/59, Snupat c. Alta autorità, in Racc. 1961. 32 Cgce, 9 luglio 1981, in causa C-169/80, Amministrazione delle dogane, in Racc. 1981. 33 LORELLO L., La tutela del legittimo affidamento tra diritto interno e diritto comunitario, op. cit.. Secondo l'autrice “tale necessità è ancor più stringente, specie riguardo alla possibilità di prevedere l’applicazione della normativa comunitaria, laddove questa possa avere delle conseguenze finanziarie sulle posizioni giuridiche degli amministrati”. In giurisprudenza si vedano in proposito Cgce, 15 dicembre 1987, in causa C-346/85, Regno unito e Irlanda del nord c. Commissione, in Racc. 1987, 5197. Cgce, 22 febbraio 1989, in cause riun. C-92 e 93/87, Commissione c. Repubblica francese e Regno Unito e Irlanda del nord, in Racc. 1989. ! !124 Capitolo Terzo da consentire agli interessati l’esatta conoscenza dei loro diritti ed obblighi e ai giudici nazionali di garantire la loro osservanza"34. Nell'ordinamento italiano il principio di certezza del diritto, applicato ai rapporti tra cittadino e P.A., concerne, in primo luogo, il rispetto dei tempi previsti per la conclusione del procedimento. La l. 241/90 prevede, infatti, che l'iter procedimentale si concluda nel termine stabilito (e ove ciò non accada l'amministrato potrà ottenere ai sensi dell'art. 2-bis il risarcimento del danno da ritardo). In questa prospettiva il principio della certezza del diritto, in combinato disposto con il principio di tutela del legittimo affidamento, conferisce protezione all'interesse del privato (per taluni assimilabile a un vero e proprio diritto soggettivo di credito) all'osservanza del termine di conclusione del procedimento, in base dell'idea che il tempo sia un bene di per sè meritevole di tutela. 3.2. Il principio della tutela del legittimo affidamento: le libertà del cittadino quale fulcro del sistema comunitario Il principio della tutela del legittimo affidamento, (tratto soprattutto dalla cultura giuridica tedesca ed olandese), è un principio generale che afferisce alle dinamiche tra 34 LORELLO L., La tutela del legittimo affidamento tra diritto interno e diritto comunitario, op. cit.. In giurisprudenza Cgce, 30 gennaio 1985, Commissione c. Regno di Danimarca, in causa C-143/83, in Racc. 1985. ! !125 Capitolo Terzo potere pubblico e libertà individuali tanto nell’ordinamento italiano quanto nell’ordinamento comunitario35. Sul piano nazionale il suddetto principio ha una vis expansiva che lo rende trasversalmente presente in ogni ambito giuridico, sia nel settore privatistico che in quello pubblicistico. Già da tempo previsto nelle pieghe dell'ordinamento italiano, con l’influenza del diritto europeo il principio del legittimo affidamento viene ad assumere, nell’alveo delle discipline giuspubblicistiche, contenuti e sfumature nuovi, contribuendo ad accrescere la protezione dei destinatari dell’azione amministrativa. Oggigiorno se ne attesta l'inserzione, sia pure in forma implicita, nell'art. 1 co. I della l. 241/90. Per tali ragioni è opportuno, in via preliminare, decodificare gli elementi essenziali del principio nella configurazione comunitaria, per poi analizzarne nel capitolo sesto le ricadute teoriche ed applicative nel sistema giuridico italiano. Il principio della tutela del legittimo affidamento non ha origine nell'ordinamento comunitario, ma vede la luce in talune realtà nazionali (in particolare Germania e Paesi Bassi). Un principio dunque che "non può dirsi propriamente appartenente al patrimonio dei principi comuni agli ordinamenti degli Stati membri"36. 35 In ordine al principio di tutela del legittimo affidamento in ambito amministrativo si rimanda, senza pretese di completezza, ai contributi di MUSONE R., Annullamento d'ufficio degli atti amministrativi e tutela dell'affidamento, Aracne, Roma, 2012. GIGANTE M., Mutamenti nella regolazione dei rapporti giuridici e legittimo affidamento: tra diritto comunitario e diritto interno, Giuffrè, Milano, 2008. GRASSO G., Sul rilievo del principio del legittimo affidamento nei rapporti con la pubblica amministrazione, in www.sspa.it. LORELLO L., La tutela del legittimo affidamento tra diritto interno e diritto comunitario, op. cit.. ANTONIAZZI S., La tutela del legittimo affidamento del privato nei confronti della pubblica amministrazione, Torino, 2005. GAFFURI F., L'acquiescenza al provvedimento amministrativo e la tutela dell'affidamento, Giuffrè, Milano, 2006. MAFFEI P., Il principio della tutela del legittimo affidamento nell'ordinamento comunitario, in Dir. pubbl. comp. eu., 2003, 498. MERUSI F., Buona fede e affidamento nel diritto pubblico: dagli anni trenta all’alternanza, Giuffrè, Milano, 2001. MANTERO A., Le situazioni favorevoli del privato nel rapporto amministrativo, Padova, 1979. UBERTAZZI G.M., La tutela dei diritti quesiti e del legittimo affidamento nel diritto comunitario, in Dir. com. sc. int., 1978. CAPELLI F., La tutela del legittimo affidamento nel diritto comunitario e nel diritto italiano, in Dir. com. sc. int., 1988. CARANTA R., La “comunitarizzazione” del diritto amministrativo: il caso della tutela dell’affidamento, in Riv. it. dir. pubbl. com., 1996, 439. FRAENKEL-HAEBERLE C., Poteri di autotutela e legittimo affidamento, Il caso tedesco, Trento, Dipartimento di Scienze giuridiche dell'Università di Trento, 2008. SCHONBERG, Legitimate expectations, in Administrative law, Oxford university press, Oxford, 2000. AUBY J.B.–DERO-BUGNY D., Les principes de sécurité juridique et de confiance légitime, in AA.VV., Droit admnistratif européen, a cura di J.-B. Auby–J. Dutheil De La Rochère, Bruxelles, 2007, 473. 36 GIGANTE M. Il principio di tutela del legittimo affidamento, op. cit.. ! !126 Capitolo Terzo Nel panorama europeo il legittimo affidamento assume oggi le vesti di principio non scritto di elaborazione giurisprudenziale37 che si inquadra fra "i principi fondamentali della Comunità"38. Quanto al rango del principio, esso ha natura primaria con piena equiparazione alle disposizioni dei Trattati. Inoltre, in quanto fonte del diritto, ha efficacia vincolante, diretta e immediata negli ordinamenti nazionali. La tutela delle legittime aspettative, spesso coniugata dalla Corte di giustizia al principio di certezza del diritto39, ha una latitudine molto estesa, venendo in rilievo sia come strumento interpretativo sia come parametro di legittimità degli atti normativi e amministrativi della Comunità europea (oggi Unione). Dal punto di vista teleologico, il principio di tutela dell’affidamento persegue l'obiettivo di proteggere le posizioni soggettive degli amministrati da indebite restrizioni dei pubblici poteri. Attraverso progressive costruzioni del giudice comunitario, il principio in esame ha gradualmente ampliato il proprio raggio applicativo, assumendo le vesti di: a) principio ammesso in tema di modifiche della normativa vigente40; b) principio-parametro di valutazione degli atti delle istituzioni41; 37 In giurisprudenza, ex plurimis, Cgce, 13 giugno 1965, in causa C-111/63, Lemmerz-Werke GmbH, in Racc. 1965. Cgce, 21 settembre 1983, in cause riun. C-205/82-215/82, Deutsche Milchkontor, cit.. Cgce, 19 maggio 1983, in causa C-289/81, Mavrides c. Parlamento, in Racc. 1983. Cgce, 17 aprile 1997, in causa C-90/95, De Compte c. Parlamento, in Racc. 1997. Cgce, 26 febbraio 1987, in causa C-15/85, Consorzio Cooperative D'Abruzzo, in Racc. 1987. Cgce, 20 giugno 1991, in causa C-248/89, Cargill, in Racc. 1991. Trib. I grado, 17 dicembre 1998, in causa T-203/96, Embassy Limousines, in Racc. 1998. Cgce, 3 maggio 1978, in causa C-112/77, Töpfer, in Racc. 1978, 1019. Cgce, 10 gennaio 1992, in causa C-177/90, Kuehn, in Racc. 1992. Cgce, 11 luglio 2002, in causa C-62/00, Marks and Spencer, in Racc. 2002, I-6325. Cgce, 28 giugno 2005, in cause riun. C-189/02-C-202/02, Dansfd Rorindustri, in Racc. 2005, I-5425. In dottrina BLANKE H.J, Vertrauensschutz im deutschen und europäischen Verwaltungsrecht, 2000. GIRAUD A., A study of the notion of legitimate expectations in State aid recovery proceedings: "Abandon all hope, ye who enter here?", in Common Market Law Review, 2008. 38 Ex multis Cgce, 5 ottobre 1994, in cause riun. 133/93, 300/93 e 362/93, Crispoltoni e al., in Racc. 1994. Cgce, 29 febbraio 1996, in cause riun. 296 e 307/93, Repubblica francese e Irlanda c. Commissione, in Racc. 1996. 39 Si veda in particolare Cgce, 21 settembre 1983, in cause riun. C-205/82-215/82, Deutsche Milchkontor, cit.. In molte pronunce il principio della certezza del diritto viene trattato congiuntamente ai principi di proporzionalità e di tutela del legittimo affidamento. Si rinvia in proposito a Cgce, 25 marzo 2004, in cause riun. C-231/00, C-303/00, C-451/00, Cooperativa Lattepiù, in Racc. 2004, I-2869. Cgce, 20 giugno 2002, in causa C-313/99, Mulligan, in Racc. 2002, I-5719. Cgce, 15 febbraio 1996, in causa C-63/93, Duff, in Racc. 1996, I-569. 40 Cgce, 4 luglio 1973, in causa C-1/73, Westzucker, cit.. 41 Cgce, 14 luglio 1983, in causa C-224/82, Meiko-Konservenfabrik, in Racc. 1983. ! !127 Capitolo Terzo c) principio fondamentale delle Comunità42. In molti casi la Corte è giunta a configurare la tutela delle aspettative legittime in termini di regola di interpretazione del diritto43, volta a scongiurare scelte arbitrarie, improvvise ed irragionevoli delle istituzioni comunitarie. La protezione delle legitimate expectations, in ambito europeo, concerne sia gli atti amministrativi sia gli atti legislativi. Inoltre siffatto principio opera tanto nei rapporti tra privati e istituzioni44, quanto nelle relazioni tra Stati UE ed in quelle tra cittadini e amministrazioni nazionali, tenute anch’esse all’applicazione del diritto comunitario. Dalla portata generale del principio discende l’indeterminatezza del suo ambito applicativo. Il principio di tutela del legittimo affidamento viene in rilievo ad esempio in caso di adozione da parte delle istituzioni comunitarie o di uno Stato membro di un atto o di un comportamento, attivo od omissivo, idoneo a suscitare una situazione di fiducia nei destinatari45. Quanto ai contenuti del principio, è evidente come tra gli elementi costitutivi della situazione di confiance légitime rientri, in primo luogo, il lasso di tempo tra la formazione di una aspettativa legittima e la susseguente condotta lesiva46. Inoltre occorre che il destinatario dell’atto abbia agito in buona fede ed in modo leale e prudente47. 42 Cgce, 16 maggio, 1979, in causa C-84/78, Tomadini, in Racc. 1979. 43 CAPOTORTI F., Il diritto comunitario non scritto, op. cit., BREDIMAS A., Methods of interpretation, op. cit.. 44 Cgce, 19 maggio 1983, in causa C-289/81, Mavridis c.Parlamento, cit.. Trib. I grado, 17 dicembre 1998, in causa T-203/96, Embassy Limousines, cit.. 45 Cgce, 15 aprile 1997, in causa C-22/94, Irish Farmers, in Racc. 1997. Cgce, 1 ottobre 1987, in causa C-84/85, Regno unito c. Commissione CE, in Racc. 1987. In altre pronunce, però, la Corte ha negato rilevanza al comportamento omissivo, Cgce, 1 giugno 1994, in causa C-317/92, Commissione CE c. Repubblica federale di Germania, in Racc. 1994. 46 Cgce, 26 febbraio 1987, in causa C-15/85, Consorzio cooperative d’Abruzzo, cit.. 47 La protezione dell’ordinamento non viene concessa ove il beneficiario abbia conseguito l’atto con dolo mediante indicazioni false o volutamente incomplete oppure con colpa o errore inescusabili per gravi negligenze o imprudenze. Sul punto Cgce, 15 aprile 1997, in causa C-22/94, Irish Farmers, cit.. ! !128 Capitolo Terzo Per quanto riguarda, in particolare, gli atti delle istituzioni comunitarie, è richiesto quale ulteriore presupposto, l’esistenza di un atto produttivo di effetti giuridici e suscettibile di impugnazione48. In special modo per le direttive, che a rigore hanno come destinatari gli Stati, è configurabile un legittimo affidamento del cittadino solo nell'ipotesi in cui la direttiva venga trasposta dallo Stato oppure ne siano scaduti infruttuosamente i termini per il recepimento49. L’affidamento dell'amministrato è giuridicamente tutelato, di regola, nei casi di modifica improvvisa di una disciplina normativa, di talchè la sua violazione è idonea a incidere sulla validità della norma posteriore50. Il principio assume rilevanza anche nelle fattispecie in cui l’amministrazione susciti nell’interessato, con propri atti o comportamenti, una fondata aspettativa che poi disattende (in violazione del divieto di condotte auto-contraddittorie dei pubblici poteri, magistralmente scolpito dai latini con la locuzione “venire contra factum proprium”)51. L’affidamento riceve, inoltre, protezione in caso di revoca di atti individuali illegittimi, revoca ammissibile entro un termine ragionevole e previa ponderazione dell’aspettativa del destinatario con l’interesse pubblico52. Naturalmente l’affidamento non è meritevole di tutela ove si radichi in comportamenti illegittimi53. Dagli approdi giurisprudenziali brevemente esaminati, emerge come il principio di tutela del legittimo affidamento rappresenti un valore essenziale per la Comunità, in 48 Tra le tante Cgce, 5 giugno 1973, in causa C-81/72, Commissione CE c. Consiglio CE, cit.. Cgce, 30 giugno 1992, in causa C-47/91, Repubblica italiana c. Commissione CE, in Racc. 1992. Cgce, 11 luglio 1985, in causa C-87/77, 130/77, 22/83, 9/84, 10/84, Vittorio Salerno c. Commissione CE, in Racc. 1985. 49 Cgce, 5 aprile 1979, in causa C-148/78, Tullio Ratti, in Racc. 1979. 50 Cgce, 28 aprile 1988, in causa C-120/86, Mulder, in Racc. 1988. 51 Tra le tante Cgce, 24 novembre 1987, in causa C-223/1985, RSV, in Racc. 1987. Cgce, 6 marzo 2003, in causa C-14/01, Molkerei Wagenfeld, in Racc. 2003. 52 Ex multis Cgce, 12 luglio 1957, in causa C-7/56, Algera c. Assemblea, in Racc. 1957. Cgce, 3 marzo 1982, in causa C-14/81, Alpha Steel, in Racc. 1982. Cgce, 1 febbraio 1978, in causa C-78/77, Luhrs, in Racc.1978. Trib. I grado, 12 novembre 2002, in causa T-94/00, Rica foods, in Racc. 2002. Cgce, 28 gennaio 2003, in causa C-334/99, Repubblica federale di Germania, in Racc. 2003. 53 Cgce, 1 aprile 1993, in causa C-31-44/91, Lageder, in Racc. 1993. ! !129 Capitolo Terzo quanto deputato a presidiare le libertà dei cittadini dagli abusi dei pubblici poteri54. Da ciò discende, come corollario, che ogni violazione del principio da parte delle istituzioni, obblighi la Comunità al risarcimento dei danni arrecati alle situazioni soggettive individuali. Va aggiunto, tuttavia, come la tutela delle legittime aspettative, pur assumendo importanza fondamentale in ambito europeo, abbia pur sempre carattere relativo, dovendosi bilanciare con altri interessi potenzialmente confliggenti. In special modo in alcuni settori ad ampia discrezionalità, quali politica agricola55, aiuti di Stato56, mercato comune57, gli atti delle istituzioni comunitarie possono non radicare nei destinatari una posizione di confiance légitime58. L'esclusione di un affidamento giuridicamente tutelato ben si giustifica all’esito di un giudizio ponderato (e motivato) tra principi in conflitto, ove il perseguimento delle finalità dei Trattati sia considerato prevalente sulla fiducia ingenerata negli amministrati. 54 In dottrina BALLARINO T., Diritto dell'Unione europea, op. cit.. In giurisprudenza Cgce, 14 maggio 1975, in causa C-74/74, CNTA c. Commissione, in Racc. 1975. Il caso concerne la responsabilità della Commissione per i danni arrecati da un regolamento adottato improvvisamente, senza alcuna misura transitoria. Nella pronuncia in questione la Corte di giustizia afferma la responsabilità extracontrattuale della Comunità per violazione dell’art. 215 II co. TCE (ora art. 340 TFUE) per lesione dell’affidamento ingenerato nei singoli al mantenimento dello status quo, trattandosi di modifica normativa imprevedibile anche per un operatore prudente e accorto, non giustificata da alcun inderogabile interesse pubblico. Sulla stessa lunghezza d’onda Cgce, 8 giugno 1977, in causa C-97/76, Merkur c. Commissione, in Racc. 1977. 55 Cgce, 14 febbraio 1990, in causa C-350/88, Societè francaise des biscuits delacre c. Commissione CE, in Racc. 1990. 56 Cgce, 5 ottobre 1994, in causa C-400/92, Repubblica federale di Germania c. Commissione CE, in Racc. 1994. 57 Cgce, 5 ottobre 1994, in causa C-280/93, Repubblica federale di Germania c. Consiglio CE, in Racc. 1994. Anche se il principio del legittimo affidamento va annoverato, a pieno titolo, tra i principi fondamentali del sistema comunitario, gli operatori economici non possono fare affidamento sulla immodificabilità di una normativa o di un provvedimento che riconosca loro una situazione di vantaggio. La realtà e in particolare i fenomeni economici sono, per loro natura, soggetti a progressive mutazioni che implicano, di tanto in tanto, interventi di adeguamento. Ove le misure risultino prevedibili e ragionevoli, le istituzioni comunitarie potranno sempre intervenire legittimamente, e non potranno di certo i destinatari invocare alcuna legittima aspettativa alla immutabilità della situazione data. Purchè, ovviamente, le modifiche operino pro futuro senza pregiudizio per le posizioni consolidatesi. Ciò è vero specialmente in un settore, quale quello delle organizzazioni comuni di mercato, in continua evoluzione a causa dei continui mutamenti economici. Pertanto gli operatori economici non possono lamentare la lesione di diritti quesiti in ordine alla conservazione di vantaggi conseguiti in un dato momento in caso di adozione di atti di segno opposto. 58 Cgce, 23 novembre 1999, in causa C-149/96, Rep. Portogallo c. Consiglio UE, in Racc. 1999. ! !130 Capitolo Terzo Nel sistema italiano, il principio di tutela dell’affidamento, anch’esso di origine pretoria59, è stato nei suoi sviluppi evolutivi tributario delle spinte innovatrici della giurisprudenza comunitaria, che ne hanno arricchito caratteri e contenuti in una prospettiva di maggior tutela delle pretese del cittadino dinanzi alle pubbliche autorità. Nel nostro ordinamento siffatto principio non rappresenta una novità assoluta, essendo nel corso degli anni progressivamente affiorato nelle pronunce dei giudici amministrativi. A mutare, però, in virtù della spinta comunitaria, è l'intensità di tutela del principio. In passato, infatti, la giurisprudenza concepiva l'affidamento come regola del potere e dell'interesse pubblico, tesa ad evitare esclusivamente comportamenti contraddittori dell'autorità amministrativa. In un tale contesto le situazioni soggettive degli amministrati venivano considerate solo in via sussidiaria e riflessa. Oggigiorno la situazione è radicalmente mutata. L'ordinamento comunitario, attraverso l'opera propulsiva della Corte di giustizia, ha posto il cittadino al centro dell'azione dei pubblici poteri nazionali e comunitari, in una prospettiva funzionalizzata alla tutela delle situazioni soggettive di cui è portatore. La protezione dell'affidamento del civis trova attualmente il proprio habitat naturale nell'ambito del procedimento amministrativo ove è assicurata da una serie di previsioni di garanzia, poste a presidio delle libertà e delle pretese degli amministrati. Tale tutela si estrinseca in una molteplicità di rimedi sostanziali e risarcitori. In questo modo il principio dell'affidamento sviluppa sempre più un'anima relazionale sì da sospinger la P.A. a ponderare in concreto interesse pubblico ed interessi privati. Pertanto nella prassi italiana, fortemente influenzata dal diritto europeo, il principio in esame nei "rapporti con il soggetto pubblico ha assunto la veste tanto di un 59 LORELLO L., La tutela del legittimo affidamento tra diritto interno e diritto comunitario, op. cit., secondo cui nella giurisprudenza amministrativa italiana le espressioni buona fede, legittimo affidamento, legittima aspettativa sarebbero utilizzate in modo indifferenziato. Quanto all’origine pretoria del principio, sia in ambito nazionale che nel contesto comunitario, essa va ricondotta all’esigenza di fondo di non cristallizzare in una normativa scritta le ipotesi di legittimo affidamento tutelabile. Ciò per evitare, da un lato, generalizzazioni omnicomprensive, dall’altro specificazioni eccessivamente particolareggiate. Poiché la tutela del legittimo affidamento si configura come strettamente legata alla conoscenza ed alla definizione degli interessi, l’individuazione dei suoi contenuti non può che essere rimessa alla pubblica amministrazione, sia pure nella cornice generale tracciata dal legislatore. ! !131 Capitolo Terzo parametro di giudizio della condotta, quanto di un criterio di comportamento, quanto ancora di una regola che l’amministrazione deve porre alla base delle sue decisioni"60, modulandosi di volta in volta sulle peculiarità del caso concreto. Come si approfondirà nei successivi capitoli, il principio di tutela del legittimo affidamento, nella nuova declinazione comunitaria, innerva di sé una vasta gamma di istituti amministrativi tra i quali l'annullamento d’ufficio, la revoca, il danno da ritardo, gli accordi ex art. 11 l. 241/90. 3.3. Il principio di proporzionalità quale misura e limite dell'esercizio dei pubblici poteri in ambito comunitario e nazionale Il principio di proporzionalità nasce nell'ordinamento tedesco, nel c.d. Stato di polizia del XIX sec.61, e si diffonde successivamente negli altri ordinamenti europei. Quale principio trasversale, esso afferisce a tutti gli ambiti caratterizzati dall’esercizio di un pubblico potere, assurgendo a parametro di misurazione dei rapporti tra l'autorità e i cives. 60 LORELLO L., La tutela del legittimo affidamento tra diritto interno e diritto comunitario, op. cit., la quale richiama MANGANARO F., Principio di buona fede e attività delle amministrazioni pubbliche, Napoli, 1995. 61 Tutto ha inizio con il noto caso Kreuzberg del 1882. La sentenza Kreuzberg, pronunciata dal Tribunale amministrativo superiore prussiano (Oberwaltungsgerichts) il 14 giugno 1882, evidenzia la necessità che la misura repressiva si coniughi con le libertà individuali, sottolineando, altresì, l'esigenza che il mezzo in concreto adottato dall’autorità risulti il meno invasivo possibile per il cittadino inciso e al contempo il più idoneo al conseguimento delle finalità pubbliche. Per un approfondimento generale del principio di proporzionalità, quale criterio-guida dell’azione dei pubblici poteri, si rinvia, senza pretese di esaustività, ai seguenti contributi: GALETTA D.U., Il principio di proporzionalità, in M.A. Sandulli (a cura di), Codice dell’azione amministrativa, Giuffrè, Milano, 2011. Id., Principio di proporzionalità e sindacato giurisdizionale nel diritto amministrativo, Milano, 1998. COGNETTI S., Principio di proporzionalità. Profili di teoria generale e di analisi sistematica, Torino, 2011. LIGUGNANA G., Principio di proporzionalità e integrazione tra ordinamenti. Il caso inglese e italiano, in Riv. it. dir. pubbl. com n. 2 del 2011. VILLAMENA S., Contributo in tema di proporzionalità amministrativa: ordinamento comunitario, italiano e inglese, Giuffrè, Milano, 2008. MELONCELLI A., Imposizione e proporzionalità dell’azione. I limiti alle interferenze unilaterali sulle posizioni giuridicamente protette, Atena, Roma, 2005. BUOSO E., Proporzionalità, efficienza e consensualità nell'azione amministrativa, Cedam, 2009. FANTIGROSSI U., Sviluppi recenti del principio di proporzionalità nel diritto amministrativo italiano, in www.biblio.liuc.it. SANDULLI A., voce Proporzionalità, in Diz. dir pubbl., diretto da S. Cassese, Giuffrè, Milano, 2006, vol. V, 4643. Id., La proporzionalità dell'azione amministrativa, Padova, 1998. STONE SWEET A.–MATTHEWS J., Proportionality, judicial review and global constitutionalism, in G. Bongiovanni–G. Sartor-C. Valentini (eds.), Reasonableness and law, Springer (Netherlands ), 2009. COGLIANI S. (a cura di), Il principio di proporzionalità in Italia ed in Europa: la tutela dinanzi al giudice amministrativo, Cedam, 2008. ! !132 Capitolo Terzo Il principio di proporzionalità appartiene, oggi, al novero dei principi generali del diritto europeo62, coniati dalla Corte di giustizia per la cura delle finalità dell’Unione. Quanto al rango del principio, esso ha natura primaria con piena equiparazione alle disposizioni dei Trattati. Inoltre, per la sua appartenenza alle fonti del diritto, il principio di proporzionalità gode di un’efficacia diretta all’interno degli ordinamenti statuali, ponendosi come argine all’esercizio arbitrario dei pubblici poteri. Codificato per la prima volta nel Trattato di Maastricht, con riferimento alla sola attività degli organi comunitari63, il principio di proporzionalità viene attualmente consacrato dal Trattato di Lisbona che ne ribadisce, unitamente al principio di sussidiarietà, il ruolo centrale nello scenario europeo. Agli albori delle Comunità Europee il principio di proporzionalità viene configurato, in una accezione economico-mercantile, quale strumento idoneo a controbilanciare gli effetti di una "regolazione del mercato eccessivamente restrittiva della libertà d'impresa"64. Con il trascorrere degli anni, tuttavia, il principio in esame amplia progressivamente il proprio ambito applicativo, configurandosi, in via generale, come canone di 62 In ordine all’esistenza di un principio di proporzionalità in ambito comunitario si vedano, tra i tanti, CANIVET G., La proportionnalité comme modale d’intégration européenne par la méthode du jugement, in Libe amicorum en l’honneur de/ in honour of Bo Vesterdorf, Bruxelles, 2007, 169. SCHWARZE J., Zukunftsaussichten für Europäische Öffentliche Recht, Baden-Baden, 2010. CICIRIELLO M.C., Il principio di proporzionalità nel diritto comunitario, op. cit.. SAVY D., Il principio di proporzionalità nell’ordinamento comunitario…questo sconosciuto, in Dir. pubbl. comp. eu., 2001. VAN GERVEN W., The effects of proportionality on the actions of member States of the European community: National viewpoints from continental Europe, in Ellis E. (a cura di) The principle of proportionality in the laws of Europe, Oxford, 1999, 37. CANNIZZARO E., Il principio della proporzionalità nell’ordinamento internazionale, Giuffrè, Milano, 2000. PICOZZA E., Diritto amministrativo e diritto comunitario, op. cit.. CATTABRIGA C., La Corte di giustizia e il processo decisionale politico comunitario, Milano, 1998. JOWELL J., Is proportionality an alien concept?, in European public law, II, 1996. ZILLER J., Le principe de proportionnalité, Ajda, 1996. GRECO G., Incidenza del diritto comunitario sugli atti amministrativi italiani, op. cit.. In giurisprudenza Cgce, 16 luglio 1956, in causa C-8/55, Fédération Charbonnière, in Racc. 1955-56. Cgce, 14 dicembre 1962, in causa C-5-11/62 e 13-15/62, Acciaierie San Michele, in Racc. 1962. Cgce, 19 marzo 1964, in causa C-18/63, Schmitz, in Racc. 1964. Cgce, 24 settembre 1984, in causa C-181/84, Man Sugar, in Racc. 1985, 2889. 63 Ai sensi dell’art. 5 TCE “l’azione della Comunità non va al di là di quanto necessario per il raggiungimento degli obiettivi del presente Trattato”. 64 ANSALDI G.A., Principio di proporzionalità e sistema a diritto amministrativo, op. cit., che richiama l'opera di TRIDIMAS T., The general principles of EC law, Oxford, 1999, 93. In giurisprudenza di grande importanza Cgce, 29 novembre 1956, in causa C-8/55, Fédération Charbonière, cit.. ! !133 Capitolo Terzo legittimità dell’azione normativa e amministrativa dei pubblici poteri65. Il principio di proporzionalità diviene, così, sempre più strumento di garanzia delle situazioni soggettive dei cittadini europei. Il principio de quo ha ricevuto molteplici applicazioni ad opera della Corte di giustizia, ad es., come strumento di verifica della legittimità di talune restrizioni alla libera circolazione di beni e servizi. Emblematiche a riguardo le sentenze Clinique66 e Van Schaik67 dei primi anni Novanta del secolo scorso. In tali pronunce viene scolpita la regola secondo cui l’azione pubblica non deve imporre agli amministrati sacrifici indebiti, sproporzionati e non strettamente necessari al conseguimento dello scopo fissato dalla norma attributiva del potere. Ove vi sia una possibilità di scelta, è preferibile optare per la soluzione, egualmente satisfattiva dell’interesse pubblico, ma meno afflittiva per il privato. Ciò è stato già espresso nel sec. XIX da Romagnosi nella massima da cui deve lasciarsi guidare la P.A.:“far prevalere la cosa pubblica alla privata col minimo possibile sacrificio della privata proprietà e libertà”. Come è noto, le libertà e i diritti dei cittadini sono al centro della prospettiva comunitaria, trovando un riscontro ed una tutela pregnanti nelle pieghe del principio di proporzionalità. Siffatto principio ha una efficacia tanto verticale, essendo invocabile dinanzi ai pubblici apparati nazionali68 (giudici, amministrazioni), quanto orizzontale 65 LUGATO M., Ancora sul principio di proporzionalità come parametro della validità di atti comunitari, in Giust. civ., 1990, I, 2765. COGNETTI S., Principio di proporzionalità. Profili di teoria generale e di analisi sistematica, op. cit.: "In sede europea la Corte di giustizia (...) applica il principio di proporzionalità previsto dal Trattato alle leggi dei singoli Stati membri. Infatti il Trattato stesso, non diversamente dalle Costituzioni, sovrasta tali leggi, di guisa che in entrambe le ipotesi applicative (di diritto costituzionale e/o di diritto europeo) l’effetto è il medesimo: trasmettere e diffondere verso il basso il principio di proporzionalità, iniettandolo, veicolandolo e ramificandolo nei vasi sanguigni di ogni disciplina giuridica governata da leggi di diritto interno ed esposta all’obbligo imposto dall’alto di applicare quel principio". 66 Cgce, 2 febbraio 1994, in causa C-315/92, Clinique, in Racc. 1994. 67 Cgce, 5 ottobre 1994, in causa C-55/93, Van Schaik, in Racc. 1994. 68 CAPELLI F., I principi generali come fonte del diritto, in Dir. com. sc. int., 1986, 541. CARANTA R., Giustizia amministrativa e diritto comunitario, Napoli, 1992. ! !134 Capitolo Terzo nei rapporti intersoggettivi, costituendo le pronunce della Corte di giustizia ius receptum valido ed efficace erga omnes. Come accennato, il principio di proporzionalità esercita la funzione di misura e limite dell’azione dei pubblici poteri, implicando, quale strumento di salvaguardia dei diritti e delle libertà dei cives, continui bilanciamenti tra l’interesse pubblico e gli interessi privati. Infine la proporzionalità opera da criterio interpretativo per l’esatta comprensione delle norme comunitarie69. L’attività degli organi comunitari e degli Stati membri tende, dunque, ad uniformarsi al principio di proporzionalità, sia pure, come si vedrà, in misura e con intensità differenti, in ossequio a quella sorta di “bifrontismo” che spesso caratterizza l’interpretazione e l’applicazione dei principi comunitari70. Infatti, con riferimento agli organi comunitari, l’incisività del principio, quale parametro di validità dell’azione pubblica, è stata ridimensionata da un’applicazione restrittiva del giudice di Lussemburgo71. Viceversa, per quanto riguarda il controllo sull’attività degli Stati membri, la Corte ha mostrato un atteggiamento più rigoroso, sanzionando ogni misura incidente su posizioni soggettive comunitarie che risultasse inadeguata o sproporzionata. Ciò si spiega considerando l'esigenza di garantire la primazia e l’uniforme applicazione del diritto comunitario sugli ordinamenti statali. In tal modo tutti i poteri nazionali, ed in particolare i poteri amministrativi, hanno obtorto collo dovuto uniformare la propria azione al canone della proporzionalità, a 69 L’art. 164 TCE statuisce che “la Corte di giustizia assicura il rispetto del diritto nell’interpretazione e applicazione del presente Trattato”. Poi vi sono le disposizioni di cui agli artt. 178 e 215 del Trattato che riconoscono alla Corte il potere di fare ricorso ai principi generali comuni ai diritti degli Stati membri. Dalla lettura congiunta di tali disposizioni si ricava il compito del giudice comunitario di interpretare ed applicare i Trattati secondo diritto anche avvalendosi dei principi generali. Per un esempio del ruolo rivestito dal principio di proporzionalità quale generale parametro di interpretazione delle norme comunitarie si veda Cgce, 12 novembre 1969, in causa C-29/69, Stauder, cit.. 70 SICILIANO F., La legalità amministrativa (comunitaria e interna) e certezza del diritto: riflessi sui rapporti amministrativi e istituzionali, op. cit.. Il bifrontismo dei principi comunitari, osserva l’autore, “compendia un rigore formale ineccepibile nel momento in cui si tratta di interpretare gli atti delle istituzioni comunitarie e, viceversa, un’esaltazione della sostanza rispetto alla forma nelle svariate ipotesi di proiezione del diritto comunitario verso l’esterno degli ordinamenti membri”. 71 Su tutte Cgce, 4 febbraio 1970, in causa C-13/69, Van Erick, in Racc. 1970. In dottrina PAPADOPOLOU R. E., Principes généraux du droit et droit communautaire, op. cit.. ! !135 Capitolo Terzo riprova del forte impatto e della grande pervasività del principio all’interno degli ordinamenti statuali. Come tutti i principi comunitari, anche il principio di proporzionalità, è certamente idoneo a generare un effetto di spill–over, applicandosi alle situazioni soggettive sia comunitarie che nazionali e scongiurando, così, nei vari ordinamenti disparità di trattamento tra situazioni analoghe ma di fonte eterogenea72. Una volta chiarite, sia pur sommariamente, natura e funzioni del principio di proporzionalità, è d’obbligo ora analizzarne gli elementi costitutivi alla luce delle pronunce della Corte di giustizia73. È noto come, in ambito comunitario, il principio di proporzionalità venga mutuato dall’omologo principio tedesco. Questa idea è confermata dal sindacato del giudice europeo costruito sul modello germanico dei “gradini di esame”: 1) idoneità (Geeignetheit); 2) necessarietà (Erforderlichkeit); 3) proporzionalità in senso stretto (Verhältnismäßigkeit). Va precisato, tuttavia, come la Corte di giustizia funzionalizzi alle esigenze comunitarie siffatti elementi ad es. alterandone i contenuti o la sequenza applicativa, sicchè non può parlarsi di un recepimento tout court del paradigma germanico. Inoltre, pur a fronte di una formale adesione ai test di proporzionalità sopracitati, nella prassi il giudice di Lussemburgo ha limitato la propria indagine alla necessarietà della misura, 72 Sul punto GRECO G., Il diritto comunitario propulsore del diritto amministrativo europeo, in Riv. it. dir. pubbl. com. 1993, che evidenzia a tal proposito un “effetto giuridico indotto” della normativa comunitaria in ambito nazionale. 73 Le pronunce della Corte di giustizia al riguardo sono circa 600. Ex multis Cgce, 20 febbraio 1979, in causa C-122/78, Buitoni; in Racc. 1979. Cgce, 23 febbraio 1983, in causa C-66/82 Fromançais, in Racc. 1983. Cgce, 1 ottobre 1985, in causa C-125/83, OBEA, in Racc. 198. Cgce, 22 gennaio 1986, in causa C-266/84, Denkavit, in Racc. 1986. Cgce, 15 maggio 1986, in causa C-222/84, Johnston, in Racc. 1986. Cgce, 18 settembre 1986, in causa C-116/82, Commissione c. Germania, in Racc. 1986. Cgce,14 gennaio 1987, in causa C-281/84, Zuckerfabrik, in Racc. 1987. Cgce, 18 marzo 1987, in causa C-56/86, Società per l’esportazione dello zucchero, in Racc. 1987. Cgce; 30 giugno 1987, in causa C-47/86, Roquette Frères, in Racc. 1987. Cgce, 21 gennaio 1993, in causa C-188/91, Deutsche Shell, in Racc. 1993. Cgce, 30 marzo 1993, in causa C-328/91, Thomas, in Racc. 1993. Cgce, 27 aprile 1993, in causa C-375/90, Commissione c. Grecia, in Racc., 1993. Tra le più recenti si segnalanoTrib. I grado, 23 settembre 2009, in causa T-341/05, Regno di Spagna c. Commissione, in Racc. 2009. Cgce, 14 maggio 2009, in causa C-34/08, Azienda agricola Disarò, in Racc. 2009. Cgce, 4 giugno 2009, in causa C-142/05, Aklagaren, in Racc. 2009. Cgce, 1 ottobre 2009, in causa C-103/08, Arthur Gottwald, in Racc. 2009. Cgce, 12 gennaio 2010, in causa C-229/08, Colin Wolf, in Racc. 2010. ! !136 Capitolo Terzo spingendosi in rari casi sino alla idoneità ed alla proporzionalità in senso stretto. Ciò perchè un sindacato completo sui tre gradini rischierebbe di sconfinare in una indagine di merito sulla misura legislativa o amministrativa vagliata, in stridente contrasto con il principio della divisione dei poteri. Come accennato precedentemente, l'impostazione del giudice comunitario varia a seconda che oggetto del sindacato siano misure poste in essere da organi comunitari o da organi degli Stati membri. Nel primo caso si assiste ad un sindacato soft, soprattutto in relazione ad atti compiuti in settori ad elevata complessità tecnica (es. politica agricola), con censura delle sole infrazioni gravi; nella seconda ipotesi, invece, si registra casisticamente un controllo più incisivo, capillare e rigoroso, residuando in capo agli Stati ridotti margini di discrezionalità nella scelta della misura. La ratio di una tale differenziazione viene ravvisata nella superiore importanza degli interessi comunitari rispetto agli interessi nazionali, con conseguente maggior favor della giurisprudenza verso i primi. In ambito comunitario, come detto, il sindacato di proporzionalità può articolarsi in una verifica di idoneità, necessarietà, proporzionalità in senso stretto dell'atto scrutinato. Quanto all'elemento della idoneità, la Corte di Lussemburgo statuisce che una misura può definirsi idonea qualora il mezzo utilizzato si riveli capace di raggiungere l’obiettivo perseguito74. Con riferimento, invece, al parametro della necessarietà, il giudice europeo afferma che "qualora si presenti una scelta tra più misure appropriate", si debba "ricorrere alla meno restrittiva"75. In ordine all’attività degli organi comunitari, la Corte di giustizia, inoltre, impone alle misure comunitarie il limite della non eccessiva ed inutile gravosità nei confronti degli Stati e dei cittadini, al di là degli scopi dell’atto. Last but not least il requisito di proporzionalità in senso stretto. 74 Ex plurimis Cgce, 17 dicembre 1970, in causa C-25/70, Koster, in Racc. 1970, 1161. Cgce, 26 giugno 1980, in causa C-808/79, Pardini, in Racc. 1980, 2103. Cgce, 11 marzo 1987, in cause riun. C-279-280-285-286/84, Rau, in Racc. 1987, 3961. 75 Ex multis Cgce, 16 ottobre 1991, in causa C-24/90, Hauptzollamt Hamburg-Jonas, in Racc. 1991, I-4905. Cgce, 18 marzo 1980, in cause riun. C-154, 205, 206, da 226 a 227/79, Valsabbia c. Commissione, in Racc. 1980. ! !137 Capitolo Terzo Esso implica una penetrante valutazione comparativa tra interesse pubblico e situazioni soggettive protette. Da una rassegna della giurisprudenza comunitaria emerge come siano oggetto di sindacato della Corte sia misure normative (nei casi di ricorso pregiudiziale ex art. 177 TCE (ora art. 267 TFUE) e ricorso per inadempimento ex art. 169 TCE, (ora art. 258 TFUE), sia atti amministrativi76. Viceversa per gli atti amministrativi emanati da organi statuali, il sindacato di proporzionalità è rimesso prevalentemente alla competenza dei giudici comuni. Nel corso degli anni il controllo del giudice comunitario sul rispetto del principio in esame da parte dei pubblici poteri è stato ondivago, in quanto ancorato a regole mutevoli e cangianti. Il sindacato della Corte di giustizia ha avuto ampia latitudine, estrinsecandosi talvolta in un sindacato di legittimità, inerente cioè il corretto uso della discrezionalità amministrativa, talaltra in un controllo di merito, sostitutivo delle determinazioni della P.A.. La labile distinzione tra discrezionalità e merito appare in linea con lo spirito e con l’approccio casistico ed informale della giurisprudenza comunitaria. La posizione altalenante della Corte, inoltre, risente delle influenze degli ordinamenti nazionali, oscillando tra il sindacato ad ampio raggio di derivazione tedesca ed il sindacato di matrice francese circoscritto alle palesi violazioni del principio77. Il principio comunitario di proporzionalità ha, dunque, pervaso e condizionato di gran lunga il sistema italiano, in special modo l’azione amministrativa ed il relativo sindacato giurisdizionale, sicchè oggi la tutela del cittadino può considerarsi rafforzata anche in ragione di un più stringente controllo di proporzionalità sulla funzione pubblica. 76 GALETTA D.U., Principio di proporzionalità e sindacato giurisdizionale nel diritto amministrativo, op. cit.. Per l’autrice l’incisività del sindacato giurisdizionale non sembra mutare in ragione della natura normativa o amministrativa degli atti in esame. Contra Emiliou N., The principle of proportionality in European law, op. cit.. 77 GALETTA D.U., Principio di proporzionalità e sindacato giurisdizionale nel diritto amministrativo, op. cit.. ! !138 Capitolo Terzo 3.4. I principi del giusto procedimento: la valorizzazione delle pretese del cittadino nell'esercizio del potere La nozione di giusto procedimento viene storicamente elaborata nell'ordinamento giuridico anglosassone78. Nell’Europa continentale i principi del giusto procedimento iniziano a diffondersi in seguito all’affermazione dello Stato di diritto79. In Italia la prima enunciazione, sia pure in forma embrionale, dei principi del giusto procedimento amministrativo risale all’art. 3 della Legge abolitrice del contenzioso (20 marzo 1865, n. 2248, all. E) che prevede forme di contraddittorio tra P.A. e cives per i c.d. "affari" devoluti alla cognizione dell'amministrazione attiva prima dell'esperibilità dei ricorsi amministrativi80. Nonostante i promettenti inizi, il giusto procedimento ha avuto di lì a venire scarsa fortuna sia nello Stato liberale che, a fortiori, in quello fascista, poichè compresso dalla pervasiva presenza del potere pubblico. Con l’avvento della Costituzione repubblicana si assiste, tuttavia, alla rottura del tradizionale modello di Stato, prima elitario poi autoritario, fondato sull’onnipotenza dell'interesse pubblico e ad una decisiva apertura dell'ordinamento verso un riconoscimento effettivo delle libertà individuali. Emblematiche sono in tal senso le 78 D'ALBERTI M., L'effettività e il diritto amministrativo, Editoriale scientifica 2011. Secondo l'autore "già nel XVII secolo i giudici delle Corti inglesi sottolineavano che il potere pubblico si può esercitare solo dopo che il destinatario abbia avuto modo di far sentire le proprie ragioni". 79 SCHMITT C., Teologia politica: quattro capitoli sulla dottrina della sovranità (1922), in C. Schmitt, Le categorie del politico, trad. it. di P. Schiera, il Mulino, Bologna, 1972. MANGIAMELI S., “Giusto procedimento” e “giusto processo”. Considerazioni sulla giurisprudenza amministrativa tra il modello dello Stato di polizia e quello dello Stato di diritto, in www.associazionedeicostituzionalisti.it. 80 Con una previsione di carattere generale l'art. 3 della l. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E statuisce che: "Gli affari non compresi nell’articolo precedente (quelli devoluti alla giurisdizione del giudice ordinario) saranno attribuiti alle autorità amministrative, le quali, ammesse le deduzioni e le osservazioni in iscritto delle parti interessate, provvederanno con decreti motivati, previo parere dei consigli amministrativi che pei diversi casi siano dalla legge stabiliti. Contro tali decreti, che saranno scritti in calce del parere egualmente motivato, è ammesso il ricorso in via gerarchica in conformità delle leggi amministrative". In dottrina MANGIAMELI S., “Giusto procedimento” e “giusto processo”. Considerazioni sulla giurisprudenza amministrativa tra il modello dello Stato di polizia e quello dello Stato di diritto, op. cit.. VIRGA P., La tutela giurisdizionale nei confronti della Pubblica amministrazione, Milano, 1982. CARTABIA M., La tutela dei diritti nel procedimento amministrativo: la legge n. 241 del 1990 alla luce dei principi comunitari, op. cit.. ! !139 Capitolo Terzo previsioni degli artt. 24 co. I81, 103 co. I82 e 113 co. I83 Cost., ideate quali norme di salvaguardia del cittadino dagli abusi dell’amministrazione e più in generale dei pubblici poteri. Di contrario avviso autorevole (ma ormai superata) dottrina, secondo la quale non si rinverrebbe nella Carta costituzionale alcuna enunciazione dei principi del giusto procedimento84. Negli anni successivi anche la migliore dottrina amministrativistica trascura la questione del giusto procedimento85, in un contesto culturale in cui, di fatto, la forza del potere e dell’interesse pubblico continuano a caratterizzare la scena. Nonostante la Corte costituzionale faccia uso dell’espressione giusto procedimento sin dagli anni Sessanta del secolo scorso86, per molto tempo i giudici della Consulta 81 Art. 24 co. I Cost.: "Tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi". 82 Art. 103 co. I Cost.: "Il Consiglio di Stato e gli altri organi di giustizia amministrativa hanno giurisdizione per la tutela nei confronti della pubblica amministrazione degli interessi legittimi e, in particolari materie indicate dalla legge, anche dei diritti soggettivi". 83 Art. 113 co. I Cost.: "Contro gli atti della pubblica amministrazione è sempre ammessa la tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi dinanzi agli organi di giurisdizione ordinaria o amministrativa". 84 GUICCIARDI E., La giustizia amministrativa, Padova, 1956. Così l’autore descrive il sistema di giustizia amministrativa italiana: "Sempre dal punto di vista strettamente giuridico è il cittadino che serve al giudizio amministrativo, che senza la sua iniziativa non potrebbe instaurarsi e svolgersi, mentre il giudizio amministrativo non serve al cittadino. (...) L’ordinamento giuridico riconosce l’utilità per l’interesse pubblico di questo strumento rivelatore dell’invalidità degli atti amministrativi e se ne giova consentendogli la proposizione del ricorso, e compensandolo con il vantaggio di fatto che potrà derivargli dalla decisione, senza per questo intaccare minimamente il principio, che il giudice amministrativo dovrà soltanto accertare se realmente l’atto impugnato è contrario all’interesse pubblico, senza prendere affatto in considerazione l’interesse individuale del ricorrente". 85 SANDULLI A.M. Il procedimento amministrativo, I ed. 1940, ristampa, Milano, 1959. BENVENUTI F., Funzione amministrativa, procedimento, processo, in Riv. trim. dir. pubbl. 1952, 118. 86 Corte cost., 23 febbraio 1962, n. 13, in www.giurcost.it. ! !140 Capitolo Terzo negheranno pervicacemente al principio in esame dignità costituzionale, pur riconoscendogli lo status di principio generale dell'ordinamento87. La stessa giurisprudenza amministrativa, a cavallo tra gli anni Settanta e Ottanta del secolo scorso, tende a restringere l'ambito di applicazione dei principi del giusto procedimento, circoscrivendo la tutela del contraddittorio ai soli casi espressamente previsti dalla legge88. Solo a partire dagli anni Novanta del XX sec., con l'approvazione di una legge generale sul procedimento amministrativo (1990) e con la modifica costituzionale dell’art. 111 (1999), i principi del giusto procedimento, unitamente ai principi del giusto processo, ricevono pieno riconoscimento nell’ordinamento italiano. 87 Ex plurimis Corte cost., 23 febbraio 1962, n. 13, cit.. Corte cost., 30 dicembre 1972, n. 212, in Giur. cost. 1972. Corte cost., 13 febbraio 1974 n. 32, in Giur. cost. 1974, Corte cost., 20 marzo 1978 n. 23, in Giur. cost. 1978. Secondo la Consulta la regola del giusto procedimento, pur rappresentando un principio generale del nostro ordinamento, non è desumibile dall'art. 97 nè da altre norme costituzionali, sicchè tale principio non può essere imposto all'attività amministrativa se non quando questa sia riconducibile ad un'attività di tipo giurisdizionale. Questo indirizzo ha trovato adesioni anche nell'alveo della giurisprudenza amministrativa. Ex plurimis Cons. Stato, sez. VI, 5 aprile 1968, n. 252, in Foro amm. 1968, 559 secondo cui "la garanzia costituzionale dei diritti della difesa, prevista dall'art. 24 Cost., ha valore soltanto nei riguardi del procedimento giurisdizionale, ma non si estende al momento anteriore del procedimento di formazione dell'atto amministrativo, sicchè in esso non sussiste una garanzia costituzionale del contraddittorio, ancorchè gli atti relativi incidano nella sfera giuridica dei soggetti". Sul dibattito dottrinario in ordine alla natura e al rango dei principi del giusto procedimento si rinvia a CRISAFULLI V., Principio di legalità e giusto procedimento, in Giur. cost. 1962, che attribuisce al principio del giusto procedimento un carattere costituzionale. SCIULLO G., Il principio del giusto procedimento fra giudice costituzionale e giudice amministrativo, in Jus 1986. ROEHERSSEN G., Il giusto procedimento nel quadro dei principi costituzionali, in Dir. amm. n. 1 del 1987, 47. Di recente BUFFONI L., Il rango costituzionale del “giusto procedimento” e l’archetipo del “processo”, in Quad. cost., 2009, 277. CAVALLARO M.C., Il giusto procedimento come principio costituzionale, in Foro amm., 2001, 1837. 88 Ex multis Tar Marche, 3 gennaio 1978, n. 3, in Foro amm., 1978. Cons. Stato, sez. V, 14 luglio 1981, n. 422, in Foro amm. 1981. Adun. Plen. Cons. Stato, 18 giugno 1986, n. 6, in Foro amm., 1986. Cons. Stato, sez. VI, 10 agosto 1988, n. 976, in Foro amm., 1988. Secondo la giurisprudenza amministrativa un'eccessiva dilatazione dei diritti partecipativi, cagionando rallentamenti nell'esercizio della funzione procedimentale, pregiudicherebbe l’efficienza dell'azione amministrativa. Pertanto i giudici escludono che il contraddittorio con gli interessati vada sempre assicurato nella fase antecedente l’emanazione del provvedimento finale. Nel corso degli anni Ottanta la giurisprudenza amministrativa, pur consapevole della tendenza legislativa all’espansione dei diritti di partecipazione, considera conformi all’art. 97 Cost. anche quelle leggi ostative al riconoscimento in sede procedimentale dei diritti partecipativi dell'amministrato. In definitiva i principi del giusto procedimento vengono considerati elementi sì importanti ma non imprescindibili e pertanto meritevoli di una protezione intermittente, limitata a talune fattispecie. Contra in dottrina GHETTI G., Il contraddittorio amministrativo, Padova, 1971. PUBUSA A., Procedimento amministrativo e interessi sociali, Torino, 1988.. ! !141 Capitolo Terzo In particolare la l. 241/90, estendendo i principi partecipativi alla generalità dei procedimenti89, introduce, in via generale, l’obbligatorietà del contradditorio90 nell'alveo di una più ampia tendenza alla “processualizzazione” del procedimento91. La partecipazione degli interessati all'esercizio della funzione pubblica è elemento qualificante degli odierni sistemi democratici92. Nell'ordinamento italiano i principi del giusto procedimento rinvengono il proprio fondamento in una pluralità di disposizioni costituzionali (artt. 3, 21, 24, 97, 117 Cost.93). 89 CARTABIA M., La tutela dei diritti nel procedimento amministrativo: la legge n. 241 del 1990 alla luce dei principi comunitari, op. cit.. Secondo l'autrice "la recente legge sul procedimento amministrativo ha introdotto nel nostro ordinamento il principio della partecipazione dei soggetti interessati alla formazione dei provvedimenti amministrativi. Si tratta di un principio assai diffuso in altri ordinamenti e non del tutto sconosciuto nel nostro: leggi settoriali dello Stato, leggi regionali e pronunce giurisprudenziali hanno da tempo cominciato a conformarsi spontaneamente a questo principio, sia pure in modo sporadico ed occasionale". Quanto al dibattito in ordine alla natura giuridica delle pretese partecipative quali facoltà ricomprese nell'interesse legittimo oppure veri e propri diritti soggettivi vantati dal privato nei confronti dell'amministrazione si rinvia a ZITO A., Le pretese partecipative del privato nel procedimento amministrativo, Giuffrè, 1996. 90 SANNA TICCA E., Cittadino e pubblica amministrazione nel processo di integrazione europea, op. cit.: "Il principio del contraddittorio trovava applicazione già prima della legge n. 241/90 ma attraverso una disciplina giuridica frammentaria. Infatti il legislatore circoscriveva la sua applicazione caso per caso ampliandolo, in via progressiva e per gradi, ogni volta che intendeva rafforzare le garanzie di un interesse del privato a fronte dell'intervento del potere amministrativo". 91 Per una disamina del fenomeno osmotico che intercorre tra procedimento e processo in ambito generale FAZZALARI E., Procedimento e processo (teoria generale), in Enc. giur. Trecc. (ad vocem) Istituto Poligrafico, Roma, 2005. Con particolare riferimento al diritto amministrativo AA.VV., Procedura, procedimento, processo, Atti Convegno, Urbino 14-15 giugno 2007, Cedam 2010. CAIANIELLO V., Rapporti tra procedimento amministrativo e processo, in Dir. proc. amm.,1993. DE LISE P., Giusto procedimento e processualprocedimento, Atti convegno Consiglio di Stato, Roma, 6 aprile 2009, in www.giustizia-amministrativa.it. MANGIAMELI S., “Giusto procedimento” e “giusto processo”. Considerazioni sulla giurisprudenza amministrativa tra il modello dello Stato di polizia e quello dello Stato di diritto, op. cit.. MARENGHI E.M., Procedimenti e processualprocedimento, Cedam, 2009. 92 BENVENUTI F., Il nuovo cittadino. Tra libertà garantita e libertà attiva, op. cit.: "La rivoluzione, se così si può chiamare, consiste nel capovolgimento della concezione del posto e della funzione che spetta ai cittadini nell'ambito di uno Stato che voglia essere ispirato non più a principii di monocrazia ma a principii di demo-crazia, i quali non possono ridursi al riconoscimento di posizioni giuridiche passive dei cittadini nei confronti dello Stato e quindi alla loro tutela, ma deve evolversi nel senso del riconoscimento di posizioni giuridiche attive nell'ambito delle funzioni, ciò che va sotto il nome di partecipazione. È questo il grande principio, dunque, di una vera demo-crazia o, se si voglia coniare una nuova espressione, di una demarchia". 93 ROEHERSSEN G., Il giusto procedimento nel quadro dei principi costituzionali, op. cit.. In ordine ai rapporti tra partecipazione e principio di imparzialità ASPRONE M., Il principio di imparzialità nel diritto comparato, Aracne, Roma, 2011. Si segnala poi come, a seguito della riforma del titolo V della Costituzione del 2001, sia possibile rinvenire nell'art. 117 co. II lett. m) un ulteriore fondamento costituzionale dei principi del giusto procedimento. Infatti, a seguito della novella, la partecipazione del cittadino nel procedimento amministrativo rientra nella materia dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che lo Stato è tenuto a garantire su tutto il territorio nazionale. ! !142 Capitolo Terzo La stessa Corte costituzionale, tradizionalmente tiepida nei confronti dei principi del giusto procedimento, nel 1995 prende atto di come, a seguito della l. 241/90, la partecipazione dei cittadini in sede procedimentale costituisca momento indefettibile della funzione amministrativa94. Da quel momento in avanti si assisterà alla massima valorizzazione nell'esercizio del potere dell’intera gamma dei principi del giusto procedimento, cui corrispondono pretese partecipative dell'amministrato nei confronti dell'autorità. Nell'ordinamento italiano la consacrazione dei principi del giusto procedimento è merito dell’incessante influenza delle regole e dei principi comunitari, i quali hanno progressivamente sgretolato il muro di incomunicabilità e indifferenza che separava l’esercizio della funzione dalle istanze dei consociati. Specialmente i principi non scritti, di costruzione giurisprudenziale, acquisendo rilievo crescente nell’arena europea, sono esondati nel sistema italiano, con ampie ricadute sull’azione delle pubbliche amministrazioni95. Quanto al fondamento normativo dei principi del giusto procedimento in ambito comunitario, esso viene rintracciato principalmente nella disposizione di cui all’art. 230 94 Corte cost., 31 maggio 1995, n. 210, in www.giurcost.it: "Il principio del giusto procedimento, pur non potendo definirsi un principio assistito da garanzia giurisdizionale e costituzionale, costituisce tuttavia un criterio di orientamento per il legislatore e per l’interprete, con la conseguenza che il coinvolgimento dei soggetti interessati, attraverso l’attivazione di una fase preliminare di informazione e partecipazione, ai sensi dell’art. 7 L. 7 agosto 1990, n. 241, rappresenta un momento indefettibile dei procedimenti". Per ripercorrere l'evoluzione della giurisprudenza costituzionale CASTIELLO F., Il principio del giusto procedimento dalla sentenza n. 13 del 1962 alla sentenza n. 104 del 2007 della Corte costituzionale, in Foro amm., 2008, 269. 95 FRANCHINI C., I principi applicabili ai procedimenti amministrativi europei, in Bignami F.Cassese S. (a cura di), Il procedimento amministrativo nel diritto europeo, Giuffrè, 2004: "A livello sopranazionale la disciplina del procedimento amministrativo ha una duplice derivazione: essa infatti è espressione dell’opera sia del legislatore, sia dei giudici. L’uno e gli altri, però, vi hanno concorso in misura diversa. Sul piano normativo, non vi è una disciplina generale del procedimento; ci sono solo alcune disposizioni di natura costituzionale, che, spesso indirettamente, assumono rilevanza in materia, nonché normative settoriali, che contengono specifiche prescrizioni". I principi generali sono codificati solo parzialmente. "Si spiega in questo modo il rilievo fondamentale che ha assunto l’azione della giurisprudenza. Essendo (...) la disciplina dei procedimenti ispirata al principio di atipicità, i giudici tendono a formulare alcuni principi che risultano comuni se non a tutti i procedimenti, almeno a categorie di essi". I giudici esercitano, così, un vero e proprio potere normativo attraverso l'elaborazione di principi che le amministrazioni sono tenute ad osservare. A riguardo anche WEBER A., Il diritto amministrativo procedimentale nell’ordinamento della Comunità europea, in Riv. it. dir pubbl. com. 1992, 393. IBÁÑEZ, The administrative supervision and enforcement of EC law powers. Procedures and limits. Oxford, 1999. BARUFFI M.C., La tutela dei singoli nei procedimenti amministrativi comunitari, Giuffrè, Milano, 2001. DELLA CANANEA G., I procedimenti amministrativi della Comunità europea, in Chiti M.P.–Greco G., Trattato di diritto amministrativo europeo, Giuffrè, Milano, 2007. TORCHIA L. (a cura di), Il procedimento amministrativo: profili comparati, Cedam, Padova, 1993. ! !143 Capitolo Terzo TCE (ora art. 220 TFUE) che include tra i parametri di legittimità che il giudice comunitario è tenuto ad osservare, “la violazione delle forme sostanziali”. L’interpretazione dominante fa rientrare in tale locuzione ogni infrazione di regole procedurali idonea a configurare, a seconda dei casi, mere irregolarità oppure vizi del procedimento e/o del provvedimento96. La Corte di giustizia si interessa dei principi del giusto procedimento97 non con enunciazioni generali e astratte, bensì attraverso approcci casistici e concreti. I principi del due process of law98 vengono, infatti, decodificati dal giudice europeo di volta in volta nei principi di certezza del diritto99, di tutela dell’affidamento, nel diritto ad un procedimento leale100, nel diritto alla previa contestazione degli addebiti101, 96 La giurisprudenza comunitaria focalizza la propria attenzione, soprattutto, sul provvedimento finale quale atto conclusivo del procedimento, poiché su di esso, in omaggio al principio di propagazione delle anomalie, si riverberano le patologie della sequenza procedimentale. 97 Per una disamina approfondita dei principi del giusto procedimento nell'ordinamento europeo si rinvia a COCCONI M., Il giusto procedimento come banco di prova di un'integrazione delle garanzie procedurali a livello europeo, in Riv. it. dir. pubbl. com., n. 5 del 2010. KORAH V., The rights of the defence in administrative proceedings under Community law, in Current Legal Problems, 1980, 73. WEBER A., Il diritto amministrativo procedimentale nell’ordinamento della Comunità europea, op. cit.. PLIAKOS A., Les droit del la défence et le droit communautaire de la concurrence, Bruylant, 1987. USHER J.A., The CE good administration of European Community law, in Current Legal Problems, 1985, 269. LENAERTS K.-VANHAMME J., Procedural rights of private parties in the Community administrative process, in Common Market Law Review, 1997, 531. NEHEL H.P., Principles of administrative procedure in EC Law, Oxford, Hart, 1999. GIL IBÁÑEZ A., The administrative supervision and enforcement of EC law powers. Procedures and limits. Oxford, 1999. ORTIZ BLANCO L. European Community competition procedure, Oxford, Clarendon press, 1996. FRANCHINI C., Amministrazione italiana e amministrazione comunitaria, II ed., Padova, Cedam, 1993. SCHWARZE J., European administrative law, op. cit.. PICOZZA E., Il regime giuridico del procedimento amministrativo comunitario, in Riv. it. dir. pubbl. com., 1994, 321. DELLA CANANEA G., I procedimenti amministrativi della Comunità europea, op. cit.. 98 CASSESE S., Universalità del diritto, Editoriale scientifica, 2005: "Tale espressione risale a uno statute di Enrico III (1354) ed è stata inserita anche nella Costituzione americana. Essa indica garanzie di legalità e di un giusto processo. Negli ordinamenti statali ha avuto molte applicazioni, tutte relative ai rapporti tra Stato e cittadino". In proposito DELLA CANANEA G., Al di là dei confini statuali. Principi generali di diritto pubblico globale, il Mulino, Bologna, 2009. STEPHEN W. SCHILL, International Investment law and comparative public law, Oxford, 2012. 99 Trib. I grado, 25 marzo 1999, in causa T-37/97, Forges de Clabecq, cit.. Cgce, 16 gennaio 2003, in causa C-205/01, Paesi Bassi, cit.. 100 Cgce, 11 marzo 1986, in cause riun. C-293-294/84, Sorani, in Racc. 1986. 101 Cgce, 13 febbraio 1979, in causa C-85/76, Hoffmann-La Roche, in Racc. 1979. ! !144 Capitolo Terzo nel diritto alla difesa nel procedimento102, nel diritto ad un contraddittorio paritario103, nel diritto di accesso. Ciascuno di tali principi assolve alla funzione di avvicinare l'autorità al cittadino, smussando i privilegi del pubblico potere, in nome di una funzione amministrativa tendenzialmente paritaria e condivisa. Il catalogo dei principi del giusto procedimento è ampio ed articolato; tali principi tendono, inoltre, ad amalgamarsi e a confondersi con quelli del giusto processo, in un contesto europeo in cui la distinzione tra il potere esecutivo e il potere giurisdizionale appare assai sfumata. Quanto all'ambito operativo, i principi del due process of law ricevono dalla Corte di giustizia un'applicazione diffusa e generalizzata, non limitata ai procedimenti dell’amministrazione europea, bensì estesa alle attività delle amministrazioni nazionali coinvolte nella cura di interessi europei104. Non va dimenticata, poi, la piena efficacia esplicata dai principi comunitari (ivi compresi i principi del due process of law) negli ordinamenti statuali “per effetto sia della loro natura di fonte del diritto, sia del potere-dovere delle amministrazioni e dei giudici degli Stati membri di applicare le regole del diritto comunitario”105. 102 Cgce, 10 luglio 1986, in causa C-234/84, Belgio c. Commissione, in Racc. 1986. SCOGNAMIGLIO A., Il diritto di difesa nel procedimento amministrativo, Milano, 2004. 103 Tra le prime pronunce Cgce, 4 luglio 1963, in causa C-32/62, Alvis, in Racc. 1963. Cgce, 23 ottobre 1974, in causa C-17/74, Transocean Marine Paint Association, in Racc. 1974. Cgce, 13 febbraio 1979, in causa C-85/76, Hoffmann-La Roche, cit.. Cgce, 26 giugno 1980, in causa C-136/79, National Panasonic, in Racc. 1979. Cgce, 10 luglio 1986, in causa C-234/84, Belgio c. Commissione, cit.. In dottrina CARTABIA M., La tutela dei diritti nel procedimento amministrativo: la legge n. 241 del 1990 alla luce dei principi comunitari, op. cit..: "L'intervento dei privati nei procedimenti amministrativi è nato, sia nell'ordinamento italiano che in quello comunitario, come risposta all'esigenza di rafforzare la tutela del privato in tutti quei casi in cui l'autorità pubblica era messa in grado di limitare o annientare alcuni interessi dei privati di particolare importanza economica o sociale". FIGORILLI F., Il contraddittorio nel procedimento amministrativo (dal processo al procedimento con pluralità di parti), Napoli, 1996. 104 DELLA CANANEA G.–FRANCHINI C., I principi dell’amministrazione europea, op. cit.. In ordine al due process of law i giudice europei “coerentemente con l’orientamento volto a estendere i principi generali del diritto comunitario alle attività di cura degli interessi dell’Unione, anche se svolte dai poteri pubblici nazionali, hanno attribuito rilievo alla posizione di quanti si rivolgono alle amministrazioni nazionali, per esempio al fine di ottenere sgravi fiscali per le esportazioni, e hanno stabilito che, anche nella fase nazionale dei procedimenti composti, debba essere consentita loro una ragionevole opportunità di essere sentiti”. 105 FRANCHINI C., I principi applicabili ai procedimenti amministrativi europei, in Bignami F.Cassese S. (a cura di), Il procedimento amministrativo nel diritto europeo, op. cit.. ! !145 Capitolo Terzo Come visto in precedenza, nell'ordinamento italiano i principi del giusto procedimento sono previsti e celebrati sia dalla Costituzione che dalla legislazione ordinaria. In particolare la l. 241/90 ha avuto l'indiscutibile merito trasformare gli istituti partecipativi da eccezione a regola generale delle dinamiche tra amministrazione e governati nell’esercizio della funzione pubblica106. E grazie alla partecipazione dei destinatari, il procedimento amministrativo può definirsi, a pieno titolo, come il “naturale campo di mediazione tra burocrazia e partecipazione, tra autorità e libertà”107. Nell’azione amministrativa partecipata convivono due anime: da un lato la tutela preventiva del cittadino in un’ottica di garanzia; dall'altro la cura dell’interesse pubblico mediante l’acquisizione, in sede istruttoria, dei fatti e degli interessi rilevanti per l’adozione del provvedimento finale. 106 Per una analisi del ruolo partecipativo del cittadino nell'ambito del procedimento prima dell'adozione della l. 241/90 si rinvia a SANDULLI A.M., Il procedimento amministrativo, op. cit.. BENVENUTI F., Appunti di diritto amministrativo, V ed., Cedam, Padova, 1987. GIANNINI M.S., L’attività amministrativa, Roma, 1966. NIGRO M., Il nodo della partecipazione, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 1980. PASTORI G., La burocrazia, Cedam, Padova, 1967. BETTINI R., La partecipazione amministrativa, Giuffrè, Milano, 1973. BERGONZINI B., L’attività del privato nel procedimento amministrativo, Cedam, Padova, 1975. Per una disamina degli istituti partecipativi dopo l’entrata in vigore della l. 241/90. LAZZARA, L’azione amministrativa e il procedimento in cinquant’anni di giurisprudenza costituzionale, a cura di Della Cananea G.-Dugato M., in Diritto amministrativo e Corte costituzionale, Napoli-Roma, 2006, 396. DURET P., Partecipazione procedimentale e legittimazione processuale, Torino, 1996. ZITO A., Le pretese partecipative del privato nel procedimento amministrativo, op. cit.. LEDDA F., Problema amministrativo e partecipazione al procedimento, in Dir. amm., 1993. STELLA RICHTER P., Un “nuovo modo di amministrare: dall’autorità alla partecipazione”, in Riv. amm. rep. it., 1998. FERA V., Il principio del giusto procedimento alla luce della l. 15 del 2005, in www.giustamm.it. GAROFOLI R. (a cura di), La nuova disciplina del procedimento e del processo amministrativo. Commento organico alla l. 18 giugno 2009 n. 69, Roma, 2009. LAURICELLA G., Appunti sul nuovo procedimento amministrativo e la partecipazione dei soggetti privati, Giuffrè, Milano, 2008. LACOPPOLA V., Aspetti della partecipazione del cittadino al procedimento amministrativo: dottrina e giurisprudenza aggiornate al 2000, Cacucci, Bari, 2000. OCCHIENA M., Situazioni giuridiche soggettive e procedimento amministrativo, op. cit.. PICOZZA E., La nuova legge sull’azione e sul procedimento amministrativo. Considerazioni generali. I principi di diritto comunitario e nazionale, op. cit.. CARTABIA M., La tutela dei diritti nel procedimento amministrativo: la legge n. 241 del 1990 alla luce dei principi comunitari, op. cit.. 107 La citazione è di Mario Nigro ed è contenuta nell’opera di PUGLIESE F., Il procedimento amministrativo tra autorità e “contrattazione”, op. cit.. ! !146 Capitolo Terzo La partecipazione, dunque, assolve a due obiettivi: l’uno difensivo, l’altro collaborativo108. Infatti, come ben sottolineato, “il principio del giusto procedimento esprime una più generale esigenza di difesa nei confronti dell’autorità, non ristretta alla sola contestazione ex post, in sede giurisdizionale, dei relativi atti, ma in questa più lata accezione il principio rimanda direttamente alla partecipazione, ovverosia alla necessità che-per i fini di una reale difesa sostanziale e attiva delle proprie posizioni giuridiche-il cittadino partecipi allo svolgimento della funzione amministrativa, contribuendo alla formazione della decisione conclusiva, ovvero al farsi dell’atto”109. Da un attento esame della legge generale sul procedimento amministrativo si evince come le finalità partecipative siano perseguite dal legislatore attraverso la previsione di istituti quali l’accesso (artt. 22 e ss.)110, la comunicazione di avvio del procedimento (art. 7), il preavviso di rigetto (art. 10-bis), gli accordi integrativi o sostitutivi del provvedimento (art. 11). 108 BENVENUTI F., Il nuovo cittadino. Tra libertà garantita e libertà attiva, op. cit.: "Al cittadino deve dunque essere riconosciuta non più soltanto una posizione passiva di difesa ma una posizione attiva di partecipazione alla produzione dell'atto destinato a incidere sui suoi interessi e, quindi, sulla sua posizione giuridica oltre che su quelli della collettività. (...) L'individuo non è soddisfatto se è soltanto passivamente garantito: vuole godere della soddisfazione degli antichi e cioè di quella che dà la partecipazione diretta al potere, e qui non tanto come partecipazione della e nella collettività o come un numero di essa e in essa, ma come partecipazione personale in tutte quelle manifestazioni della sovranità che direttamente e individualmente possono interessarlo o coinvolgerlo". 109 CARLOTTI G., La partecipazione procedimentale: Feliciano Benvenuti e la riforma della legge n. 241 del 1990, in www.giustizia-amministrativa.it. Sulla rivoluzione copernicana promossa dalla l. 241/90 Tar Molise, 7 febbraio 1994, n. 28, in Foro amm. 1994, 1580: "Nella nuova impostazione dei rapporti tra cittadini e amministrazione, introdotta dalla l. 7 agosto 1990 n. 241, la partecipazione dei privati al procedimento amministrativo è teoricamente e funzionalmente essenziale in quanto la previsione generalizzata di un contraddittorio anticipato, rispetto al provvedimento, è destinata ad assicurare non solo la garanzia del privato ma, altresì, l'interesse pubblico alla completezza dell'istruttoria nonchè a prevenire possibili motivi di contenzioso, assicurando alle parti un confronto in sede procedimentale (...)". 110 SANNA TICCA E., Cittadino e pubblica amministrazione nel processo di integrazione europea. op. cit.: "In un approccio più generale, trasparenza e accesso costituiscono un ulteriore passo nei confronti di quel graduale processo che, sia in ambito comunitario sia in quello nazionale, pone al centro non gli Stati (nella dimensione comunitaria) nè un'amministrazione autoreferente (in quella interna) ma il cittadino. Quest'ultimo, infatti, sull'indefettibile presupposto della trasparenza e dell'accesso, può esercitare gli istituti della partecipazione in maniera consapevole così da trarne giovamento in termini di effettività e di garanzie sostanziali". In argomento anche PALICI DI SUNI PRAT E., I diritti al procedimento. Profili di diritto comparato, Torino, 1994. ! !147 Capitolo Terzo L'amministrazione, concepita come "casa di vetro", è tenuta ad agire con pubblicità111 e trasparenza112, favorendo la massima partecipazione dei soggetti interessati. A corroborare nel segno dell’effettività le regole del giusto procedimento vi è soprattutto l’art. 1 co. I della l. 241/90 che inietta in via generale i principi dell’ordinamento comunitario nell’alveo dell’intera attività amministrativa113. I principi comunitari vengono, così, ad integrare la disciplina del procedimento amministrativo, divenendone parametro di legittimità ed imponendo una interpretazione comunitariamente orientata della normativa nazionale114. Il procedimento amministrativo italiano, di conseguenza, si europeizza aprendosi all’influenza di principi e regole sovranazionali che ne conformano caratteristiche e obiettivi. Nell'alveo dei principi generali dell’ordinamento comunitario rientrano, da ultimo, i diritti 111 PUBUSA A., Diritti dei cittadini e pubblica amministrazione, Giappichelli, Torino, 1996: "La pubblicità è coerente (...) ad una concezione dell'amministrazione fondata sul principio democratico, secondo il quale la legittimazione per l'esercizio delle pubbliche funzioni promana non più dall'alto, ma dal popolo, titolare della sovranità (art. 1cpv Cost.)". 112 SANNA TICCA E., Cittadino e pubblica amministrazione nel processo di integrazione europea, op. cit.: "Negli ultimi decenni, in molteplici ordinamenti nazionali, è emersa con prepotenza la domanda di trasparenza nei rapporti fra amministrazione e amministrati in quanto la conoscenza è un elemento costitutivo della partecipazione in ogni ambito della vita sociale e politica dei cittadini. Questa considerazione evidenzia la vocazione trasversale della trasparenza che assume un significativo peso nei confronti della partecipazione degli amministrati all'attività dell'amministrazione. Essa inoltre rappresenta anche un modello di controllo del singolo sull'agire dell'amministrazione e una forma di legittimazione dell'esercizio del potere amministrativo". Vedasi anche ARENA G., Cittadini attivi, op. cit.: "La trasparenza, innanzitutto, intesa non tanto e non solo come diritto di accesso ai documenti amministrativi, ma più in generale come modo di essere di un'amministrazione che non si nasconde più dietro la barriera del segreto (termine che non a caso viene dal latino secretus, che vuol dire separato) e che condivide con i cittadini il proprio patrimonio di informazioni, comunicando per amministrare insieme". 113 Il richiamo al diritto europeo rappresenta la cartina di tornasole della primazia del diritto comunitario sul diritto amministrativo nazionale. In particolare, in ambito procedimentale, i principi comunitari divengono il principale parametro imposto all’azione dei pubblici poteri. A riguardo il rinvio effettuato dalla l. 241/90 ai principi comunitari se, da un lato, suggella il primato della normativa di fonte sovranazionale, dall'altro, ha il merito di estenderne l'applicazione alle attività amministrative di rilevanza meramente interna. Il grande pregio della disposizione di cui all’art. 1 co. I l. 241/90 risiede nella capacità di agire come “trasformatore automatico” dei principi comunitari, di elaborazione pretoria, in altrettante regole di diritto domestico, idonee a vincolare con immediatezza l’azione delle pubbliche amministrazioni. 114 Tra le tante Cgce, sez. III, 15 giugno 2006, in causa C-28/05, Dokter, in www.curia.europa.eu: "Risulta da giurisprudenza anch’essa costante che il rispetto dei diritti della difesa in qualsiasi procedimento promosso nei confronti di una persona e idoneo a sfociare in un atto per essa lesivo costituisce un principio fondamentale del diritto comunitario, che dev’essere garantito anche in mancanza di qualsiasi norma disciplinante la procedura. Tale principio impone che i destinatari di decisioni che pregiudichino in maniera sensibile i loro interessi siano messi in condizione di far conoscere utilmente il proprio punto di vista sugli elementi addebitati a loro carico per fondare la decisione impugnata". ! !148 Capitolo Terzo fondamentali dell’uomo115, consacrati nella CEDU e nella Carta di Nizza. Questo processo di recepimento ha trovato il proprio sbocco nel Trattato di Lisbona che, da una parte, riconosce espressamente rilevanza giuridica alla Carta di Nizza e, dall’altra, dischiude le porte ad un imminente ingresso delle disposizioni della CEDU nel sistema delle norme comunitarie. 3.5. I principi di pienezza ed effettività della tutela giurisdizionale: l'erosione dell'autonomia processuale degli Stati e l'influenza sul giudizio amministrativo italiano I principi di pienezza ed effettività della tutela giurisdizionale sono da annoverarsi tra i principi cardine dell’ordinamento europeo, in quanto comuni alle tradizioni costituzionali degli Stati membri. Elaborati originariamente in via pretoria, i principi di pienezza ed effettività della tutela giurisdizionale hanno ricevuto successivamente riconoscimento normativo nella Carta di Nizza (art. 47)116 e, da ultimo, nel Trattato di Lisbona (art. 48). Un contributo alla costruzione di questi principi è stato fornito, inoltre, dagli artt. 6 e 13 della CEDU che hanno rappresentato una qualificata fonte di ispirazione per il giudice comunitario117. 115 Numerose pronunce della Corte di giustizia qualificano i diritti fondamentali previsti dalla CEDU in termini di principi generali del diritto comunitario. Ex multis, Cgce, 12 novembre 1969, in causa C-29/69, Stauder, cit.. Cgce, 17 dicembre 1970, in causa C-11/70, Internationale Handelsgesellschaft, in Racc. 1970. Cgce, 14 maggio 1974, in causa C-4/73, Nold, in Racc. 1974. Cgce, 15 maggio 1986, in causa C-222/84, Johnston, cit.. Cgce, 18 giugno 1991, in causa C-260/89, ERT, in Racc. 1991. Cgce, 28 marzo 2000, in causa C-7/98, Dieter Krombach e André Bamberski, in Racc. 2000. Cgce, 6 marzo 2001, in causa C-274/99, Connoly c. Commissione, in Racc. 1991. Cgce, 14 dicembre 2006, in causa C-283/05, ASML Netherlands BV c. Semiconductors Industry Services GmbH (SEMIS), in Racc. 2006. Cgce, 26 giugno 2007, in causa C-305/05, Ordine degli avvocati francofoni e germanofoni e altri, in Racc. 2007. Cgce, 27 giugno 2006, in causa C-540/03, in Riv. dir. internaz., 2006, 4, 1167. 116 ACCETTO M.-ZLEPTNIG S., The Principle of Effectiveness: Rethinking its role in Community law, in European Public Law, fasc. 11, 2005. 117 Le norme CEDU venivano tradizionalmente considerate in passato norme esterne idonee ad esplicare un'efficacia indiretta nel sistema comunitario, quali criteri di ispirazione talvolta richiamati nelle pronunce della Corte di giustizia. Oggi lo scenario appare mutato a seguito della comunitarizzazione della CEDU disposta dal Trattato di Lisbona, in virtù della quale attualmente le norme della Convenzione possono considerarsi direttamente rilevanti ed efficaci nell'ambito dell'ordinamento comunitario. ! !149 Capitolo Terzo I principi in esame rispondono alla funzione di assicurare massima attuazione all’interno degli Stati membri, tanto sul piano sostanziale quanto sul versante processuale, alle situazioni giuridiche soggettive, fondate su norme comunitarie118. La Corte di giustizia ha delineato un sistema giurisdizionale che, pur indirizzandosi agli atti comunitari, e dunque appartenendo al sistema europeo, interagisce con gli ordinamenti processuali nazionali, “penetrando così in quella sorta di santuario riservato agli Stati”119. La pienezza e l’effettività della tutela rappresentano un corollario processuale dei principi del primato e dell’effetto utile delle norme comunitarie (e segnatamente dei diritti dalle stesse riconosciuti). Infatti le situazioni giuridiche soggettive di matrice comunitaria, ove lese, devono ricevere in sede giudiziale una tutela non illusoria o 118 CARANTA R., Giustizia amministrativa e diritto comunitario, op. cit.: "Il principio di effettività viene inteso nel senso della necessaria eliminazione di regole, di ordine sostanziale o processuale, che rendano impossibile o eccessivamente difficile l'esercizio dei diritti previsti dalla normativa comunitaria". 119 FALCON G., Giustizia comunitaria e giustizia amministrativa, in Diritto amministrativo comunitario, a cura di Vandelli L.-Bottari C.-Donati D., Maggioli, Rimini, 1994. Sull'influenza esercitata dal diritto europeo sugli istituti di giustizia amministrativa degli Stati membri ELIANTONIO M., Europeanisation of administrative justice?, in Europa Law Publishing, 2009. MUSSELLI L., La giustizia amministrativa dell'ordinamento comunitario, Giappichelli, Torino, 2000. L'autrice constata come, anno dopo anno, l’infiltrazione del diritto comunitario nei sistemi processuali nazionali sia sempre più invasiva, di talchè appare ormai recessiva l’idea che l’amministrazione della giustizia sia appannaggio esclusivo delle istituzioni statali. ! !150 Capitolo Terzo apparente, bensì piena ed effettiva120, per non vanificare la portata e l’operatività delle norme che le contemplano. E ciò sia nell'ordinamento comunitario sia nei sistemi giuridici nazionali. I principi di pienezza ed effettività della tutela sono in origine costruiti dalla Corte di Lussemburgo in termini di strumento di sindacato soft della potestà degli Stati in materia giurisdizionale. L'ordinamento comunitario, inizialmente, si limita ad esigere dalle autorità nazionali, nel pieno rispetto della autonomia procedurale dei Paesi membri, l'osservanza di due regole processuali: 1) che le forme di tutela adottate negli ordinamenti domestici non rendano praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento comunitario (principio di effettività in senso stretto)121. 120 Con riferimento ai principi di completezza ed effettività della tutela come elaborati dal diritto comunitario si vedano, tra i tanti, FRANCHINI C., Giustizia e pienezza della tutela nei confronti della pubblica amministrazione, in AA.VV., Il diritto amministrativo oltre i confini. Omaggio degli allievi a Sabino Cassese, Giuffrè, Milano, 2008. FIGORILLI F., Giurisdizione piena del giudice ordinario e attività della pubblica amministrazione, Torino, 2002. POLICE A., Il ricorso di piena giurisdizione davanti al giudice amministrativo, I. Profili teorici ed evoluzione storica della giurisdizione esclusiva nel contesto del diritto europeo, Padova, 2000. FRENI F.-DE LUCA F., Effettività della tutela e giusto processo amministrativo, Dike, 2011. SAITTA F., Il principio di giustiziabilità dell'azione amministrativa, in www.giustizia-amministrativa.it, 2011. ASTONE F., Integrazione giuridica europea e giustizia amministrativa, op. cit.. SCHEPISI C., Rinvio pregiudiziale obbligatorio ed effettività della tutela giurisdizionale, op. cit.. PROTTO M., L’effettività della tutela giurisdizionale nelle procedure di aggiudicazione dei pubblici appalti. Studio dell’influsso dell’integrazione europea sulla tutela giurisdizionale degli operatori economici nei confronti delle amministrazioni nazionali, Giuffrè, Milano, 1997. TARULLO S., Il giusto processo amministrativo. Studio sull’effettività della tutela giurisdizionale nella prospettiva europea, op. cit.. In giurisprudenza, ex plurimis, Cgce, 8 settembre 2011, in causa C-177/10, Santana, in Racc. 2011. Cgce, 15 aprile 2010, in causa C-542/08, Friedrich, in Racc. 2010. Cgce, 5 ottobre 2010, in causa C-173/09, Elchinov, in Racc. 2010. Cgce, 24 marzo 2009, in causa C-445/06, Danske Slagterier, in Racc. 2009. Cgce, 29 ottobre 2009, in causa C-63/08, Pontin, in Racc. 2009. Cgce, 3 settembre 2009, in causa C-2/08, Olimpiclub, in Racc. 2009. Cgce, 15 aprile 2008, in causa C-268/06, Impact, in Racc. 2008. Cgce, 27 febbraio 2003, in causa C-327/00, Santex, in Racc. 2000. Cgce, 7 giugno 2007, in cause riun. C-222/05 e C-225/05, Van der Weerd, in Racc. 2007. Cgce, 13 marzo 2007, in causa C-432/05, Unibet, in Racc. 2007. Cgce, 11 settembre 2003, in causa C-13/01, Safalero, in Racc. 2003. Cgce, 11 gennaio 2001, in causa C-226/99, Siples, in Racc. 2001. Cgce, 25 luglio 2002, in causa C-459/99, MRAX, in Racc. 2001. Cgce, 17 novembre 1998, in causa C-228/96, Aprile, in Racc. 1998. Cgce, 15 settembre 1998, in causa C-231/96, Edilizia Industriale Siderurgica, in Racc. 1998. Cgce, 14 dicembre 1995, in causa C-312/93, Peterbroeck, in Racc. 1995. Cgce, 14 dicembre 1995, in cause riun. C-430 e 431/93, Van Schijndel, in Racc. 1995. Cgce, 16 dicembre 1976, in causa C-33/76, Rewe Zentralfinanz, in Racc. 1976. 121 Cgce, 6 ottobre 2009, in causa C-40/08, Asturcom, in Racc. 2009. Ove si ponga il problema se una norma processuale nazionale renda impossibile o eccessivamente difficile tale esercizio dei diritti, la questione deve essere analizzata, secondo la Corte di giustizia, considerando il “ruolo della norma nell’insieme del procedimento (…) dello svolgimento e delle peculiarità di quest’ultimo davanti ai giudici nazionali” ed esaminando i principi basilari del sistema giurisdizionale nazionale, “quali la tutela del diritto alla difesa, il principio della certezza del diritto ed il regolare svolgimento del procedimento”. ! !151 Capitolo Terzo 2) che le modalità procedurali predisposte dagli Stati per la tutela delle situazioni giuridiche spettanti ai singoli in forza del diritto europeo non siano meno favorevoli di quelle concernenti analoghe posizioni soggettive di natura interna (principio di equivalenza)122. I principi di effettività e di equivalenza, nascono, dunque, come principi complementari, utilizzati dalla Corte per sorvegliare gli Stati in ordine alla realizzazione di un efficace apparato di tutela dei diritti di matrice comunitaria123. In questa prima fase, pertanto, il giudice europeo ha premura di preservare l’autonomia processuale dei Paesi membri, i quali, nell’esercizio della propria discrezionalità, possono ricorrere alle soluzioni ad essi più congeniali, nel rispetto dei principi tracciati dalla Corte di Lussemburgo. Tuttavia l'adesione a siffatti principi si è rivelata molte volte apparente, in quanto gli obiettivi della pienezza e dell’effettività della tutela sono stati spesso disattesi sul piano interno, riducendosi a grida manzoniane. Successivamente però, lo scenario muta. Infatti “l’esigenza dell’equivalenza tra rimedi a tutela dei diritti interni" e rimedi a tutela dei diritti comunitari nonchè "la necessità di una garanzia minima che tali rimedi dovevano rispettare per non rendere la tutela impossibile o eccessivamente difficile, non sono stati più ritenuti dalla Corte sufficienti"124. 122 Cgce, 13 marzo 2007, in causa C-432/05, Unibet, cit.. Cgce, 6 ottobre 2009, in causa C-40/08, Asturcom, cit.. Cgce, 24 marzo 2009, in causa C-445/06, Danske Slagterier, cit.. Cgce, 20 maggio 2010, in causa C-210/09, Scott SA, in Racc. 2010. Cgce, 6 maggio 2010, in cause riun. C-145/08 e 149/08, Club Hotel Loutraki Ae, in Racc. 2010. 123 Il giudizio di effettività presenta caratteri propri che lo distinguono dal giudizio di equivalenza. Sul punto FRENI F., Commento all’art. 1 C.p.a., Codice del nuovo processo amministrativo. Commento articolo per articolo al D.Lgs. 2 luglio 2010, n. 104 e a tutte le altre leggi della giustizia amministrativa, a cura di Caringella F.–Protto M., Dike, 2010. Mentre “l’equivalenza presuppone un accertamento interno che abbia ad oggetto la sola normativa nazionale dovendosi verificare l’assenza di qualunque discriminazione tra i mezzi di ricorso predisposti per l’inosservanza, rispettivamente, della normativa europea e di quella interna), al contrario l’effettività si basa sul confronto effettuato direttamente dalla Corte di giustizia tra lo standard di tutela offerto dall’ordinamento nazionale e lo standard minimo di tutela che deve essere garantito in maniera uniforme a livello europeo”. 124 DANIELE L., L’effettività della giustizia amministrativa nell’applicazione del diritto comunitario europeo, in Riv. it. dir. pubbl. com., 1997, 1385. Di tale tematica si è occupato anche CARANTA R., Judicial protection against member States: a judge-made set of rules and some occasional legislative interventions, in Com. Market Law Rev., 1995, 703. ! !152 Capitolo Terzo Attraverso progressive ingerenze nella sfera di autonomia procedurale degli Stati, il giudice comunitario, con l’obiettivo di rendere realmente piena, completa ed effettiva la tutela delle situazioni soggettive comunitarie125, impone alle autorità nazionali un cambio di paradigma processuale, delineando a livello europeo regole standards di protezione giurisdizionale per tutti i Paesi membri126. Inoltre l’influenza del diritto comunitario sospinge gli ordinamenti nazionali, da un lato, a sperimentare rimedi nuovi non previsti in ambito interno127, dall’altro, a disapplicare norme processuali ostative ad una tutela completa ed effettiva delle posizioni soggettive di fonte sovranazionale. L’evoluzione della giurisprudenza comunitaria verso un approccio impositivo di puntuali regole agli Stati, si evidenzia, soprattutto nella sentenza Johnston128 nella quale il giudice europeo precisa con lucida chiarezza taluni contenuti dei principi di pienezza 125 Sul principio di effettività dei rimedi processuali interni ADINOLFI A., La tutela giurisdizionale nazionale delle situazioni soggettive individuali conferite dal diritto comunitario, in Dir. UE, 2001, 41. RUFFERT M., Rights and remedies in European Community law; a comparative view, in Com. Market Law. Rev., 1997, 307. 126 TASH A., Remedies for European Community law claims in member States Courts: toward a European standard, in Columbia Journal of Transnational Law, 1993, 377. MANCINI F., Il contributo della Corte di giustizia allo sviluppo della democrazia nella Comunità, in Riv. dir. eur., 1992, 713. PIVA P., Giudice nazionale e diritto dell’Unione europea, op. cit.: "Ed invero, dalle prime pronunce in cui la Corte tendeva a tracciare una sorta di linea di demarcazione fra jus commune e jura propria nel senso che a questi ultimi pertiene tendenzialmente tutto ciò che rileva ai fini della qualificazione processuale della situazione giuridica soggettiva creata dalla norma comunitaria (Salgoil-Luck-Rheinmuhlen), si è passati, seppur lento pede, a pronunce che consentono alla Corte un assai più chiaro e netto droit de regard in termini di effettività (Rewe-Comet-Johnston-Heylens), fino a giungere all'affermazione di un vero e proprio obbligo di creare nuovi rimedi (Factortame-Francovich-Köbler) a carico dei sistemi processuali nazionali. Questi ultimi ed innovativi esiti giurisprudenziali sono stati finanche rafforzati ed enfatizzati dai giudici lussemburghesi nella direzione di una vera e propria erosione dell'autonomia procedurale, a tal punto grave e pervasiva da indurre la dottrina a chiedersi-non del tutto infondatamente-se abbia ancora senso parlare di autonomia procedurale in senso stretto". 127 Cgce, 19 novembre 1991, in cause riun. C-6/90 e C-9/90, Francovich, in Racc. 1991. Cgce, 21 febbraio 1991, in cause riun. C-43/88 e C-92/89, Zuckerfabrik, in Racc. 1991. Cgce, 5 marzo 1996, in cause riun. C-46/93 e C-48/93, Brasserie du Pêcheur e Factortame III, cit.. Cgce, 27 febbraio 2003, in causa C-327/00, Santex, cit.. 128 Cgce, 15 maggio 1986, in causa C-224/84, Johnston, cit.. L’esatta portata del principio di effettività della tutela giurisdizionale viene progressivamente definito e completato nelle successive sentenze Heylens (Cgce, 15 ottobre 1987, in causa C-222/86, in Racc. 1987) e Oleificio Borelli (Cgce, 3 dicembre 1992, in causa C-97/91, in Racc. 1992). In particolare nella sentenza Oleificio Borelli il giudice comunitario riconosce il diritto di accesso al giudice affermando che "l'esigenza di sottoporre a sindacato giurisdizionale qualsiasi atto di un'autorità nazionale costituisce un principio generale di diritto comunitario che deriva dalle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri e che è stato sancito dagli artt. 6 e 13 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo". ! !153 Capitolo Terzo ed effettività della tutela, sottolineando come essi si riassumano principalmente nel "diritto di ogni singolo di accedere ad un rimedio giurisdizionale per tutelare i propri diritti" e nel conseguente "obbligo assoluto per gli Stati membri di rispettarlo"129. La Corte di Lussemburgo, facendo applicazione di siffatti principi, ha, inoltre, devitalizzato l’operatività di numerose norme processuali ostative della possibilità di far valere l'illegittimità di atti nazionali anticomunitari. Il diritto ad una tutela giurisdizionale piena, concreta e satisfattiva si inscrive, così, nel più ampio tentativo di proteggere i privati dall’azione illegittima delle pubbliche potestà sia europee che nazionali. Di esso si rinviene traccia in molteplici pronunce del giudice comunitario (Factortame, Francovich, Zuckerfabrik, Atlanta, Oleificio Borelli, Textilwerke, Jégo-Quéré130 e Union des Pequeños agricultures131). Nelle ultime due, in particolare, viene fatto espresso richiamo alla CEDU, inquadrando il principio di effettività tra i diritti fondamentali dell’uomo. Non si dimentichi, poi, che i contenuti del principio in esame sono stati arricchiti proprio dalla giurisprudenza della Corte di Strasburgo, la quale, attraverso gli artt. 6 e 13 della Convenzione, ha valorizzato i principi del contraddittorio e della parità delle armi nel processo, quali elementi imprescindibili per l'erogazione di una tutela completa ed effettiva. Al fine di rendere l'esercizio della funzione giurisdizionale pienamente satisfattivo delle situazioni giuridiche di fonte comunitaria, la Corte di giustizia "ha imposto agli ordinamenti nazionali di allargare i propri mezzi di tutela, di modo che il giudice interno", ed in particolare il giudice amministrativo, "possa accordare una pluralità di 129 SCHEPISI C., Rinvio pregiudiziale obbligatorio ed effettività della tutela giurisdizionale, op. cit.. Più in generale sull'effettività della tutela delle situazioni giuridiche soggettive ORIANI R., Il principio di effettività della tutela giurisdizionale, Editoriale scientifica, Napoli, 2008: "Il principio di assolutezza, inviolabilità e universalità della tutela giurisdizionale dei diritti esclude che possano esservi posizioni giuridiche di diritto sostanziale senza che vi sia una giurisdizione innanzi alla quale esse possano essere fatte valere". 130 Trib. 131 I grado, 3 maggio 2002, in causa T-177/01, Jégo-Quéré, in Racc., 2002. Cgce, 25 luglio 2002, in causa C-50/00, Union des Pequeños agricultures, in Racc. 2002. ! !154 Capitolo Terzo rimedi, quali quello cautelare, quello risarcitorio, nonché la potestà di annullamento"132. Il giudice è, infatti, assegnatario dell'importante compito di assicurare una protezione tempestiva, piena ed effettiva alle posizioni giuridiche soggettive che vanno a comporre quello espacio de libertad conquistato dal cittadino nei secoli ed oggi pienamente consacrato nel panorama europeo133. Nella prospettiva di offrire ai diritti comunitari, in ambito nazionale, un apparato di tutele realmente satisfattivo, deve considerarsi imprescindibile una proficua collaborazione del giudice europeo con i giudici dei Paesi membri, essendo tenuti questi ultimi, quali organi decentrati della giustizia comunitaria, ad offrire concreta implementazione ai principi dell'ordinamento sovranazionale. “Infatti, posto che il sistema comunitario non dispone direttamente degli strumenti necessari a garantire che la tutela dei privati sia, come vuole la Corte, piena ed effettiva, è necessario per essa affidarsi prevalentemente all’azione dei giudici nazionali per conseguire quel risultato”134. L’attivismo giudiziario della Corte di giustizia ha evidenziato numerose difformità dell'ordinamento processuale amministrativo rispetto ai principi del sistema comunitario, con riferimento ad es. alle discipline della decadenza135, dell’efficacia del 132 BARTOLINI A., Il risarcimento del danno tra giudice comunitario e giudice amministrativo. La nuova tutela del c.d. interesse legittimo, Giappichelli, Torino, 2005. 133 GARCIA DE ENTERRÌA E., Le trasformazioni della giustizia amministrativa, Giuffrè, 2010. Dello stesso avviso PAJNO A., Il codice del processo amministrativo tra “cambio di paradigma” e paura della tutela, in Gior. dir. amm., n. 9 del 2010, 885. 134 ASTONE F., Integrazione giuridica europea e giustizia amministrativa, op. cit.: "La Corte ha, peraltro, cercato di costruire uno schema di tutela giurisdizionale che abbia i caratteri della organicità e, per quanto possibile, della globalità. Di tale schema essa fissa i principi base: i giudici nazionali dovrebbero, sotto il controllo e l’indirizzo della stessa Corte, renderlo effettivo ed operante. La cooperazione funzionale ed–in misura crescente-l’integrazione tra i due livelli di protezione giudiziaria viene così esaltata, e via via, sempre più efficacemente organizzata in funzione dell’indicato obiettivo della tutela dei privati e, più in generale, del rafforzamento complessivo del sistema". 135 Cgce, 27 febbraio 2003, in causa C-327/00, Santex, cit.. Cgce, 24 settembre 2002, in causa C-255/00, Grunding italiana, in Racc. 2002. ! !155 Capitolo Terzo giudicato136, della tutela cautelare, della responsabilità civile, innescando profondi mutamenti tanto in via diretta quanto in forma riflessa nel sistema giuridico italiano. Nel nuovo scenario dell'integrazione europea, i principi di pienezza ed effettività della tutela delle posizioni soggettive individuali acquisiscono rinnovata centralità nell'alveo della giustizia amministrativa la quale, grazie all'influenza dell'acquis communautaire, è oggigiorno sempre più proiettata sulla difesa delle prerogative del cittadino137. Di grande interesse sono in particolare le novità che hanno investito in Italia la tutela cautelare e risarcitoria. In primo luogo è d'obbligo evidenziare come le conquiste raggiunte in ambito cautelare rappresentino prova tangibile dell'espansione dei principi comunitari in sede processuale, con conseguente compressione dell'autonomia procedurali degli Stati membri. La Corte di Lussemburgo è, infatti, intervenuta a più riprese intimando ai giudici domestici la disapplicazione delle norme nazionali preclusive dell'uso di strumenti cautelari, oppure imponendo agli ordinamenti l'adozione di misure oltre che negative e predeterminate, anche positive e atipiche138. 136 Cgce, 12 febbraio 2008, in causa C-2/06, Kempter, in Racc. 2008. Cgce, 18 luglio 2007, in causa C-119/05, Ministero dell’industria, in Racc. 2007. 137 ROZO ACUÑA E., Introduzione. Cittadino e amministrazione nel nuovo millennio, in AA.VV., Procedura, procedimento, processo, op. cit.: Ad avviso dell'autore si è assistito negli ultimi decenni al "fondamentale cambiamento della centralità dello Stato per la centralità della Società". Secondo una nuova prospettiva "l'importanza e la preminenza dello Stato e quindi dell'amministrazione, come struttura di azione del governo, sono giustificati in modo preferenziale dal raggiungimento del bene dei singoli e della società e quindi dalla protezione e difesa dei diritti e degli interessi delle persone e della colllettività grazie alla pubblica amministrazione. In questo senso la difesa dei privilegi statali e dell'amministrazione, uno dei cardini della giustizia amministrativa nello Stato di diritto classico o tradizionale, negli ultimi anni cede il passo alla prevalenza dei diritti e alla difesa e protezione dei cittadini-non degli amministrati-". 138 Ex multis, Cgce, 19 giugno 1990, in causa C-213/89, Factortame, in Racc. 1990, 2433. Cgce, 21 febbraio 1991, in cause riun. C-43/88 e C-92/89, Zuckerfabrik, cit.. Cgce, 9 novembre 1995, in causa C-465/93, Atlanta, in Racc. 1995. La giurisprudenza comunitaria prescrive, dunque, ai giudici degli Stati membri l'adozione di misure cautelari positive allo scopo di erogare una tutela piena ed effettiva delle situazioni giuridiche soggettive di rango europeo. In dottrina CONTESSA V., Tutela cautelare e diritto comunitario: spunti ricostruttivi di un rapporto difficoltoso, Atti del Convegno "Tematiche d'attualità nel processo amministrativo", 25 ottobre 2008, Senato della Repubblica, in www.giustizia-amministrativa.it. MENGOZZI P., La tutela davanti ai giudici nazionali dei diritti riconosciuti ai singoli ed i principi generali del diritto dell'Unione, op. cit.. ! !156 Capitolo Terzo Tutto ciò in vista della costruzione di un apparato rimediale capace di somministrare al cittadino una tutela in tempi sufficienti a non compromettere la pretesa vantata in giudizio. Per queste ragioni il momento cautelare deve potersi articolare in una pluralità di misure tra cui scegliere la più congrua e idonea al caso di specie (principio di atipicità). A riguardo la Corte di giustizia ha, in più occasioni, definito poteri e obblighi del giudice interno139, ad es. nel caso Factortame esigendo la disapplicazione di una norma interna ostativa alla tutela cautelare di diritti comunitari140; ciò con l'obiettivo di garantire al cittadino una provvisoria ma satisfattiva protezione in attesa della pronuncia di merito. L’ordinamento italiano si è definitivamente adeguato ai dicta del giudice comunitario recependo con la novella del 2000141 il principio di atipicità della tutela cautelare (oggi canonizzato anche nel Codice del processo amministrativo142), con ampia estensione dei poteri cognitivi ed istruttori del giudice. Quanto alla tutela cautelare ante causam143, inizialmente introdotta in materia di aggiudicazione di appalti pubblici144, il C.p.a. ne ha reso generale l'ambito applicativo. 139 Cgce, 9 novembre 1995, in causa C-465/93, Atlanta, cit.. Cgce, 21 febbraio 1991, in cause riun. C-43/88 e C-92/89, Zuckerfabrik, cit.. Cgce, 24 ottobre 2001, in causa C-186/01, Dory, in Racc. 2001. Cgce, 5 dicembre 2000, in causa C-477/98, Eurostock Meat Marketing ltd., in Racc., 2000. 140 Cgce, 19 giugno 1990, in causa C-213/89, Factortame, cit.. Nel caso di specie (procedimento di judicial review dinanzi al giudice inglese in cui si contesta la legittimità di una legge nazionale per contrasto con la normativa comunitaria in materia di libertà di stabilimento e prestazione dei servizi), la Corte di giustizia statuisce che se una disposizione nazionale è l’unico ostacolo alla tutela cautelare di situazioni giuridiche soggettive di derivazione comunitaria, il giudice interno è tenuto a disapplicarla. 141 L. 21 luglio 2000, n. 205 di modifica della l. 6 dicembre 1971, n. 1034. 142 D.lgs. 2 luglio 2010, n. 104. Da qui in avanti per comodità espositiva indicato con l'acronimo C.p.a.. 143 Sulla effettività e adeguatezza della tutela cautelare ante causam RAGANELLI B., Efficacia della giustizia amministrativa e pienezza della tutela, Giappichelli, 2012. 144 Cgce, 29 aprile 2004, in causa C-202/03, Dac spa, in Racc. 2004. La direttiva comunitaria sulle procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici “deve essere interpretata nel senso che gli Stati membri sono tenuti a conferire ai loro organi competenti a conoscere di ricorsi la facoltà di adottare, indipendentemente alla previa proposizione di un ricorso di merito, qualsiasi provvedimento provvisorio, compresi i provvedimenti intesi a sospendere o a far sospendere la procedura di aggiudicazione pubblica dell’appalto in esame”. ! !157 Capitolo Terzo Per quanto concerne i profili della tutela risarcitoria, va sottolineato, in primo luogo, come le violazioni perpetrate dagli organi dei Paesi membri alle situazioni soggettive di fonte comunitaria diano vita a forme di responsabilità dello Stato e siano suscettibili, a certe condizioni, di riparazione attraverso il rimedio risarcitorio (Cgce, sentenza Francovich, 1991). Nella prospettiva risarcitoria, l’impatto del diritto comunitario sul sistema amministrativo italiano ha portato alla caduta del dogma della irrisarcibilità della lesione dell'interesse legittimo pretensivo (SS.UU. n. 500 del 1999), conferendo, così, maggiore effettività alla domanda di giustizia del civis. La l. 205/00, prevedendo che il giudice amministrativo possa condannare la P.A. anche al risarcimento del danno (in forma specifica o per equivalente), ha qualificato il risarcimento come strumento di tutela ulteriore, che va ad aggiungersi alle tradizionali tecniche impugnatorie. Anche la nota querelle sulla pregiudizialità della domanda di annullamento rispetto all'azione di danno, tuttora dibattuta e controversa, sembra superata dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione nonchè dal C.p.a. che, in omaggio al principio di effettività della tutela, affermano l'autonoma esperibilità del rimedio risarcitorio145. Il sistema italiano di giustizia amministrativa può dirsi, così, radicalmente trasformato dall'onda d'urto del diritto comunitario. Dapprima con la risarcibilità degli interessi legittimi, poi con l’ampliamento degli strumenti processuali, il giudizio amministrativo ha visto estendere sia i poteri del giudice sia le forme di tutela del cittadino. Tuttavia il C.p.a., pur teleologicamente orientato all'ampliamento degli spazi di libertà del privato, è su talune questioni (autonomia dell’azione risarcitoria rispetto all'azione di annullamento, estensione della tutela cautelare) alquanto ambiguo. Le continue e ripetute incursioni dei principi dell'ordinamento comunitario sui sistemi giuridici nazionali hanno minato sin dalle fondamenta la tradizionale autonomia 145 Per approfondimenti sul tema della pregiudiziale amministrativa si rinvia al capitolo settimo, paragrafo 7.1.3. ! !158 Capitolo Terzo della giustizia amministrativa italiana, plasmandone regole e istituti processuali146. Di conseguenza, attraverso una sempre più intensa integrazione tra ordinamento europeo ed ordinamenti nazionali, si viene delineando, sia pure allo stato embrionale, una sorta di jus commune in campo processuale tra i vari Paesi membri. All’interno dei rispettivi sistemi giuridici, invero, i giudici statali danno applicazione diretta e immediata a regole comuni europee, sicchè la tutela processuale concretamente erogata è nazionale mentre le regole sono comunitarie147. Infatti i principi comunitari di pienezza ed effettività della tutela sviluppano una forza espansiva tale da concretarsi in puntuali normative che progressivamente riducono gli spazi del legislatore e dei giudici, avvicinando tra loro sistemi giuridici un tempo distanti. ! 146 ASTONE F., Integrazione giuridica europea e giustizia amministrativa, op. cit.: Secondo l'autore esistono oggigiorno talune "norme comunitarie rivolte a disciplinare i comportamenti processuali dei giudici nazionali; altre che valgono ai fini dell’applicazione del diritto comunitario all’interno dei sistemi di giustizia amministrativa nazionali; ed ancora una serie di principi elaborati dalla Corte di giustizia e valevoli per i processi nazionali". 147 FALCON G., La tutela giurisdizionale, in Trattato di diritto amministrativo europeo, a cura di Chiti M.P.–Greco G., Giuffrè, Milano, 2007. ! !159 Capitolo Terzo PARTE SECONDA ! L'infiltrazione dei principi comunitari nella realtà amministrativa italiana ! Introduzione ! Il sistema amministrativo italiano si presenta, agli albori del XXI sec., più esteso e articolato di quanto non fosse in passato. Come asserito dalla migliore dottrina "il principale fattore di allungamento è dovuto al processo di integrazione europea, che aggiunge un ulteriore livello di regolazione, di decisione, di amministrazione, di giurisdizione"1. Il diritto amministrativo comunitario, soprattutto a livello di principi, è considerato una marea che sale lungo tutti i fiumi dei diritti amministrativi nazionali, ricoprendo ogni istituto giuridico con le proprie onde2. In un numero sempre crescente di settori l’Unione europea è, infatti, l’“autorità decisionale primaria”3. L’europeizzazione del diritto ha, così, prodotto rilevanti effetti sul sistema giuridico italiano, configurando una “signoria comunitaria sul diritto amministrativo”4. 1 TORCHIA L. (a cura di), Il sistema amministrativo italiano, il Mulino, Bologna, 2009. 2 L’espressione utilizzata da Lord Denning nel 1974 per descrivere l'impatto del diritto comunitario sui diritti amministrativi nazionali è: "The Treaty is like an incoming tide. It flows into the estuaries and up the rivers. It cannot be held back". 3 GIANNINI M.S., Il pubblico potere. Stati e amministrazioni pubbliche, op. cit.. Sulla stessa lunghezza d’onda HOFMANN H., Administrative law and policy of the European Union, Oxford, Oxford University Press, 2012. ASTONE F., Le amministrazioni nazionali nel processo di formazione ed attuazione del diritto comunitario, Torino, 2004: "La crescente incidenza della normativa comunitaria sull’ordinamento nazionale (...) ha ormai raggiunto livelli impensabili per i fondatori della Comunità: basti pensare al fatto che circa il novanta per cento della produzione di diritto interno è direttamente collegata o indirettamente necessitata da decisioni adottate dalle Istituzioni europee". CASSESE, S., La signoria comunitaria sul diritto amministrativo, op. cit.. Vedasi anche BIRKINSHAW P., European public law, London, 2003. 4 ! !160 Capitolo Terzo I principi comunitari, invero, per il loro carattere “interstiziale”, sono in grado di incunearsi e permeare i più importanti settori dell'ordinamento degli Stati membri5. In particolare essi influenzano l’area del diritto amministrativo nazionale, sì da imporre vincoli di conformazione alla attività delle autorità pubbliche6. L’invasione della materia amministrativa, da parte del diritto comunitario, ha reso i principi europei regole cardine dell’azione dei pubblici poteri domestici. Segnatamente i principi non scritti, coniati e sviluppati dalla Corte di giustizia, si pongono come parametro di legittimità dell'azione amministrativa all'interno degli ordinamenti giuridici nazionali. Il diritto pretorio, da fonte informale e sussidiaria, diviene il principale serbatoio giuridico del diritto amministrativo, assumendo nuovi e peculiari caratteri. Invero le pronunce del giudice comunitario si distaccano dal tradizionale modello di sentenza del giudice statale, non avendo efficacia inter partes, bensì erga omnes alla stregua di vere norme giuridiche. Norme, tuttavia, che lungi dall’essere cristallizzate in rigidi testi normativi, sono continuamente oggetto di ritocchi, modifiche, aggiustamenti, in relazione alla specificità e poliedricità dei casi concreti. Tale demiurgica attività coinvolge sia il giudice comunitario sia i giudici domestici in un circuito di piena collaborazione tra le Corti. È come se i due mondi di civil law e di common law si fossero fusi dando vita ad un sistema nuovo, capace di coniugare testi scritti e pronunce 5 PIVA P., Giudice nazionale e diritto dell’Unione europea, op. cit.. 6 FALCON G., Dal diritto amministrativo nazionale al diritto amministrativo comunitario, in Riv. it. dir. pubbl. com., 1991, 351. 7 Si tratta di una tecnica che permette al giudice del caso successivo di non seguire una precedente decisione, evidenziando differenze fattuali della nuova fattispecie rispetto alla precedente, tali da legittimare l’applicazione di una nuova regola e dunque l'emissione di una decisione innovativa. Per un’analitica trattazione del fenomeno si rinvia a MATTEI U., Il modello di common law, op. cit.. 8 BIFULCO D., Il giudice è soggetto soltanto al “diritto”, op. cit.: "Se è vero, infatti, che la tradizione angloamericana insegna al giudice il vincolo di stare decisis, è vero anche che numerosissime sono le tecniche-sorte nel diritto giurisprudenziale di common law-cui egli può ricorrere per rendere più sfumato quel vincolo". Ciò avviene ricorrendo ai meccanismi del distinguishing e dell'overruling. In particolare l'espressione overruling identifica “il potere del giudice di discostarsi da un precedente interno alla stessa giurisdizione, pur in presenza di un (nuovo) caso non ragionevolmente distinguibile dal precedente. In definitiva distinguishing e overruling conferiscono al sistema l'elasticità e la capacità di adeguarsi alle peculiarità delle fattispecie via via in rilievo. In questo modo un precedente sbagliato, o anacronistico e non più conforme alle diversità fattuali emergenti, può essere superato in tutto o in parte. ! !161 Capitolo Terzo giurisprudenziali, stare decisis con distinguishing7 e overrulling8, conservazione ed evoluzione del diritto. Il diritto pretorio ha il proprio alfiere nei principi non scritti, sapientemente costruiti dalla Corte di giustizia, i quali ben si calano nella magmatica realtà giuridica europea, atteggiandosi a norme risolutive del caso concreto. A ben guardare, “lo Stato di diritto si è risolto (...) nella sottoposizione dell’intera azione amministrativa a principi di diritto, consistenti o in norme legislative o, dove queste mancavano, in principi generali non scritti”9. Ciò spiega l’impatto dirompente e dagli effetti imprevedibili dei principi dell'ordinamento comunitario10. Nell'era del "colonialismo giurisdizionale" (Cartabia M.) la valenza dinamica ed espansiva dei principi di fonte pretoria risulta decisiva nel consolidamento di una Comunità che ha fra i suoi obiettivi la promozione della tutela delle situazioni soggettive dei singoli. L’ordinamento comunitario, infatti, emancipa il cittadino dal ruolo di subalternità, cui veniva spesso confinato nei rapporti con i pubblici poteri nazionali, attraverso una serie di principi che condizionano l’attività amministrativa, rimodulando e ridimensionando la discrezionalità e lo spazio di intervento delle autorità pubbliche. In 9 MERUSI F., Buona fede e affidamento nel diritto pubblico: dagli anni Trenta all’alternanza, op. cit.. I principi “non traggono origine da alcuna legge od altra norma edittale, ma si sono formati attraverso una lunga, ed ormai più che secolare, elaborazione giurisprudenziale e dottrinaria” portata avanti da giudici e studiosi in “perfetta sintonia”. In ordine a tali considerazioni vedasi anche GUARINO G., Qualche riflessione sul diritto amministrativo e sui compiti dei giuristi (1970), ora in Id., Dalla Costituzione all’Unione europea, Napoli, 1994. 10 FALCON G., Dal diritto amministrativo nazionale al diritto amministrativo comunitario, op. cit.. Per gli operatori italiani di diritto amministrativo si è trattato dell’ingresso dell’ordinamento italiano in una “foresta inesplorata e sconosciuta”. ! !162 Capitolo Terzo questo modo “l’Unione europea influisce profondamente sui diritti amministrativi nazionali, modificando le norme di organizzazione, le norme che reggono i rapporti tra i poteri pubblici e i cittadini, i rimedi esperibili da questi ultimi nei confronti delle azioni od omissioni lesive dei loro diritti”11. Il potere amministrativo viene, dunque, imbrigliato dai principi comunitari sia direttamente nelle materie di competenza dell'Unione sia in via riflessa negli ambiti di pertinenza esclusiva degli Stati (c.d. spill-over effect). Nel nostro sistema di civil law le incertezze e le complessità di una produzione legislativa alluvionale e incoerente hanno tradizionalmente conferito ai giudici amministrativi il compito di assicurare l’ordine e la continuità del sistema. In special modo il diritto amministrativo, cresciuto “sulle ginocchia della giurisprudenza”12, è stato costantemente alimentato da regole e principi che i giudici hanno elevato a dignità di sistema13. Quanto ai principi comunitari dal maggior impatto amministrativo, va rimarcato un dato essenziale: tali principi non rappresentano un quid novi nel panorama giuridico europeo. Essi, a vario titolo, erano già conosciuti dalle tradizioni giuridiche domestiche, sia pure con tratti ed estensioni minori. L’originalità di siffatti principi risiede sia nelle originali caratteristiche tratteggiate dal giudice comunitario, sia nell’impatto dirompente avuto sugli ordinamenti statuali. Infatti essi hanno contribuito a “rimuovere ostacoli e incrostazioni che pregiudicavano 11 DELLA CANANEA G. (a cura di), Diritto amministrativo europeo. Principi e istituti, op. cit.. 12 RIVERO J., Jurisprudence et doctrine dans l’élaboration du droit administratif, in Etudes et documents, Paris, 1955, 30. L'idea del diritto amministrativo quale diritto di elaborazione giurisprudenziale è diffusa in Francia (LOSCHAK D., Le role politique du juge administratif français, Paris, 1972, 79), in Italia (CASSESE S., Problemi delle ideologie dei giudici, in Riv. trim. dir. pubbl. 1969, 428), in Inghilterra (CHITI M.P., L’affermazione della giustizia amministrativa in Inghilterra. Dalla common law al droit administratif ?, in Dir. proc. amm. 1990, 546). 13 Adun. Plen. Cons. Stato, 28 gennaio 1961, n. 3, in Foro amm. 1961, I, 561: Ad avviso del Supremo Consesso il diritto amministrativo sarebbe composto "non soltanto da norme, ma anche da principi che dottrina e giurisprudenza hanno elaborato e ridotto a unità e dignità di sistema". In dottrina sul fondamentale ruolo ermeneutico della giurisprudenza D’AMELIO P., La formazione giudiziale del diritto amministrativo, in Foro amm., 1969, III, 118. 14 FERRARI E., Per l’armonizzazione dei diritti amministrativi europei, op. cit.. ! !163 Capitolo Terzo l’applicazione di regole e principi, in particolare costituzionali”14, già esistenti a livello interno. Un elemento di novità è, semmai, ravvisabile nelle tecniche di interpretazione praticate in ambito sovranazionale, scenario all'interno del quale le libertà e le tutele del cittadino sono amplificate in un spazio giuridico sempre più integrato ed omogeneo15. È come se l’ordinamento europeo riconoscesse una sorta di diritto alla parità del cittadino verso la pubblica amministrazione16, “da intendersi non tanto come uguaglianza di poteri, quanto piuttosto, per un verso, come assenza di privilegi ingiustificati e, per altro verso, come uguale opportunità di avvalersi del complesso dei poteri e delle facoltà che sono ascrivibili alle rispettive sfere di autonomia”17. I principi del diritto europeo, pertanto, innervano con sfaccettature diverse un numero crescente di aree del diritto pubblico, dal settore degli appalti alle attività economiche di impresa, fino alle ipotesi di aiuti di Stato e così via. Più in generale la forza espansiva dei principi comunitari sta progressivamente alterando istituti e regole della scienza amministrativa italiana, sì da innescare un vero e proprio cambio di paradigma nella filosofia e nelle modalità di azione della P.A.. Per decenni l'amministrazione è stata più "un apparato in guerra con la maggioranza dei cittadini che (...) una struttura al loro servizio"18. A mutare, oggigiorno, sono non solo la mentalità ma anche l'approccio a numerose tematiche tradizionali del diritto amministrativo (situazioni giuridiche soggettive, disciplina dei vizi dell’atto, regole dell’attività procedimentale ecc..). Nello scenario europeo si assiste così alla valorizzazione delle libertà dei cives cui corrisponde la 15 ALMEIDA CERREDA M., La construction de derecho administrativo europeo, in Scientia iuridica, 2008. HUBER P.M., Le istituzioni nazionali nell’architettura europea: il caso della Germania, in AA.VV., Questioni costituzionali del governo europeo, Maitland, 2003. TORCHIA L., Il governo delle differenze. Il principio di equivalenza nell’ordinamento europeo, Bologna, 2006. PICOZZA E., Diritto amministrativo e diritto comunitario, op. cit.. 16 ALOISE M., Effetti del diritto comunitario sulle situazioni giuridiche soggettive tutelate dal diritto amministrativo italiano, in www.opinioiuris.it. 17 MASSERA A., L’amministrazione e i cittadini nel diritto comunitario, op. cit.. 18 PUBUSA A., Diritti dei cittadini e pubblica amministrazione, op. cit.. ! !164 Capitolo Terzo lievitazione di diritti di matrice comunitaria direttamente azionabili dai singoli nei confronti delle amministrazioni e dei giudici nazionali. Un bel passo in avanti anche se ancora lunga è la strada da percorrere. ! ! ! !165 Capitolo Quarto CAPITOLO QUARTO ! Le situazioni giuridiche soggettive tra ordinamento comunitario e ordinamento nazionale ! Sommario: 4.1. La visione “sostanzialista” e pragmatica dell’ordinamento comunitario: la centralità dei diritti e delle libertà del cittadino nel sistema. 4.2. Le situazioni giuridiche comunitarie e l'influenza del diritto europeo sulle posizioni giuridiche nazionali. 4.3. Interesse legittimo e sua risarcibilità nella prospettiva comunitaria. 4.4. La responsabilità dello Stato per violazione del diritto comunitario da parte dei suoi organi: brevi cenni. ! 4.1. La visione “sostanzialista” e pragmatica dell’ordinamento comunitario: la centralità dei diritti e delle libertà del cittadino nel sistema Uno dei tratti qualificanti l’ordinamento comunitario è ravvisabile nella visione pragmatica e antiformalista delle sue istituzioni. A differenza dei sistemi positivistici statuali, tendenzialmente ispirati ad un rigido formalismo, l’Unione europea agisce nel perseguimento degli scopi dei Trattati in una cornice normativa flessibile ed in perenne divenire. Il sistema comunitario si è, infatti, sviluppato procedendo per obiettivi sostanziali lungo la direttrice di un diritto di natura giudiziale (Richterrecht). In particolare la Corte di giustizia, attraverso un approccio case by case, ha gradualmente elaborato un catalogo di principi generali che si è rapidamente imposto all’osservanza degli Stati e dei rispettivi cittadini, in un sistema sempre più ispirato al judge made ruling (Chayes A.). Tali principi hanno avvicinato i plurimi ed eterogenei ordinamenti nazionali verso un nucleo di finalità comuni, garantendo al sistema europeo unità nella diversità. In quest’ottica, dunque, i principi comunitari (in special modo quelli di fonte pretoria) hanno operato da collante, assicurando una progressiva convergenza dei sistemi giuridici statuali verso gli obiettivi dell'integrazione, preservando (sia pure inizialmente) l’autonomia procedurale dei Paesi membri. ! !166 Capitolo Quarto Invero la normazione per principi ha il pregio di riconoscere ai vari ordinamenti margini di discrezionalità nell'adozione della normativa attuativa, in una costante e sinergica collaborazione tra livello comunitario e livello nazionale. Tutto ciò ha irreversibilmente acuito la crisi del positivismo giuridico, già profondamente scosso dalle varie teorie realistiche e sociologiche del diritto, attraverso l’ascesa di nuove tendenze antiformalistiche tese a privilegiare la sostanza a discapito della forma. Il sostanzialismo e il pragmatismo comunitari permeano, in particolare, il diritto amministrativo coniugando il soddisfacimento dell'interesse pubblico con le pretese soggettive dell'individuo. In questo modo si assiste ad uno spostamento dell'agere publicum dall'asse dell’autorità verso il polo delle libertà degli amministrati. Una visione nuova che ridisegna istituti e regole (dalla partecipazione alla legalità di risultato, dalla risarcibilità degli interessi legittimi al processo come giudizio sul rapporto controverso e così via). L’evoluzione senza precedenti del sistema amministrativo italiano amplia, pertanto, l'area dei diritti e delle libertà del cittadino dinanzi ai pubblici poteri. Una decisiva accelerazione in tal senso viene impressa proprio dalla giurisprudenza della Corte di giustizia che, scolpendo un diritto per principi1, accorda rilevanza primaria alla persona, in origine in una prospettiva economica, oggi anche in una dimensione sociale imperniata sulla tutela dei diritti fondamentali2. Proprio la valorizzazione delle libertà personali costituisce il fulcro del sistema comunitario il quale, rispetto agli ordinamenti nazionali, ha una diversa concezione dell’interesse pubblico e dei rapporti tra autorità e libertà3, ispirandosi, di regola, ad un principio di tendenziale paritarietà che, lungi dal conculcare le situazioni soggettive individuali, vieppiù le esalti mirando al loro soddisfacimento. 1 Sul ruolo dei principi nell'ordinamento amministrativo italiano AA.VV., La forza normativa dei principi, a cura di Amirante D., Cedam, 2006. 2 GIUBBONI S., Diritti sociali e mercato. La dimensione sociale dell'integrazione europea, Il Mulino, Bologna, 2003. Nei decenni-ad avviso dell’autore-l’integrazione comunitaria si è sviluppata verso orizzonti politico-sociali, valorizzando i diritti della persona in uno scenario di libertà e democrazia. 3 SACCHI MORSIANI G., Il potere amministrativo delle Comunità europee e le posizioni giuridiche dei privati, II ed., Milano, 1970. ! !167 Capitolo Quarto La visione comunitaria delle dinamiche giuridiche tra autorità e cives ha, dunque, orientato al cambiamento l’ordinamento italiano, ricalibrando l’influenza del potere pubblico sugli amministrati in una direzione più democratica e partecipativa. Il privato, da suddito e mero destinatario dell’esercizio della funzione4, diviene compartecipe e coautore, insieme all’amministrazione, delle decisioni pubbliche5. Può dirsi pertanto superata la tradizionale "regola dell' A.A." (atto amministrativo)6, che "al cittadino non consente critica o chiede consenso, ma solo impone obbedienza"7. Contestualmente le situazioni giuridiche soggettive, da ostacolo alla realizzazione dell’interesse pubblico ne divengono l’elemento costitutivo primario, sia pure non esclusivo. Il potere pubblico vede, pertanto, stemperata la tradizionale aurea di privilegio o plusvalenza per collocarsi su un piano di equiordinazione e apertura alle istanze dei 4 Sul ruolo di soggezione tradizionalmente ricoperto dagli amministrati nei rapporti con il pubblico potere vedasi, tra i tanti, ALLEGRETTI U., L'amministrazione dall'attuazione costituzionale alla democrazia partecipativa, Giuffrè, Milano, 2009. 5 La tematica viene ben esaminata da CARTABIA M., La tutela dei diritti nel procedimento amministrativo: la legge n. 241 del 1990 alla luce dei principi comunitari, op. cit.. Secondo l'autrice grazie all'influenza dell'ordinamento comunitario la legge italiana sul procedimento amministrativo "dà voce ad una concezione dei rapporti tra amministrazione e società, da tempo auspicata dalla dottrina e più rispondente alla Costituzione. La nuova norma rompe decisamente con una tradizione, che sinteticamente si potrebbe definire liberale, che vede la società contrapposta alla pubblica amministrazione, l'interesse pubblico contrapposto all'interesse privato, il cittadino in posizione di difesa nei confronti dei pubblici poteri che agiscono autoritativamente e unilateralmente. A questa logica si sostituisce la logica della reciproca compenetrazione tra autorità pubbliche e cittadini, in cui il cittadino da sudddito diviene sovrano, e diviene anche maggiormente responsabile dell'azione degli organi pubblici". 6 FAGIOLARI G., L'atto amministrativo nella giustizia amministrativa, in Scritti giuridici in onore di Santi Romano, II, Padova, 1940. 7 Relazione sulla R. Avvocatura erariale per gli anni 1912-1925, I, Roma, 1926, XXXVI. 8 Con riferimento all'evoluzione dei rapporti tra P.A. e cives inuna prospettiva di maggior collaborazione CODINI E., Scelte amministrative e sindacato giurisdizionale. Per una ridefinizione della discrezionalità, Jovene, Napoli, 2008. TARULLO S., Il principio di collaborazione procedimentale: solidarietà e correttezza nella dinamica del potere amministrativo, Giappichelli, Torino, 2008. MANTERO A., Le situazioni favorevoli del privato nel rapporto amministrativo, op. cit.. GIANNINI M.S., Profili storici della scienza del diritto amministrativo, in Quad. fior. n. 2 del 1973, il quale auspica un'evoluzione in senso democratico dell'azione amministrativa "da un atteggiamento che contempli prevalentemente l'amministrazione a un atteggiamento che contempli prevalentemente l'amministrato". ALLEGRETTI U., L'imparzialità amministrativa, Padova, 1965. ! !168 Capitolo Quarto consociati8. Si realizza così l'evoluzione del "diritto amministrativo da diritto del privilegio a diritto sostanzialmente paritario" (Dipace R.). In particolare, sulla scia della giurisprudenza comunitaria, le autorità nazionali ridimensionano il raggio e l’intensità del proprio agire con riferimento alle posizioni protette dal Trattato. Infatti la Corte di giustizia esalta le situazioni soggettive private, coniugandole con il principio di effettività e rendendole azionabili (ergo tutelabili) dinanzi alle giurisdizioni nazionali. Più in generale le pronunce del giudice di Lussemburgo condizionano anche in via riflessa gli ordinamenti statuali, innescando mutamenti radicali nelle vicende amministrative domestiche anche in relazione a posizioni soggettive meramente interne. La protezione dei c.d. amministrati si arricchisce, via via, di contenuti e strumenti nuovi in ambito tanto procedimentale quanto giurisdizionale. In ordine all’incidenza (diretta) che le situazioni giuridiche comunitarie hanno negli ordinamenti interni, è opportuno distinguere il piano sostanziale dal piano processuale. Con riferimento al versante sostanziale, in base ai principi del primato e dell’effettività del diritto comunitario, le situazioni comunitariamente protette devono mantenere la stessa consistenza una volta inserite nell’ordinamento statuale, senza alcun mutamento. In relazione al settore processuale, invece, il giudice comunitario tende a riconoscere agli Stati forme di autonomia procedurale nella regolamentazione del diritto d’azione e delle garanzie processuali9. Ciò comporta una differenziazione dei regimi nazionali, sia pure nell’osservanza del comune valore dell’effettività della tutela giurisdizionale. 9 Sul punto DELICOSTOPOULOS J.S., Towards European procedural primacy in national legal systems, in Eur. law journal, 2003, 599. Rimane affidata agli ordinamenti dei Paesi membri, in virtù del principio di autonomia procedurale, l’individuazione del giudice competente, della sua composizione, dei sistemi e motivi di impugnazione della sentenza ecc.. ! !169 Capitolo Quarto Va anche registrata, tuttavia, la tendenza dell’ordinamento comunitario ad occuparsi sempre più di questioni processuali, con inevitabile erosione degli spazi di sovranità statuali. Si rileva, in particolare, nello scenario europeo, la presenza di una molteplicità di principi, elaborati dalla Corte di giustizia e direttamente applicabili agli ordinamenti domestici, tali da "delineare, sia pure allo stato embrionale, una sorta di jus commune nel campo processuale"10. ! ! 4.2. Le situazioni giuridiche comunitarie e l’influenza del diritto europeo sulle posizioni giuridiche nazionali In un sistema giuridico integrato e multilivello ampio è il ventaglio delle situazioni giuridiche soggettive riconosciute ai cittadini europei. Emergono in primo piano le situazioni giuridiche comunitarie. Con tale espressione si definiscono, normalmente, le situazioni soggettive private che ricevono una tutela procedimentale o processuale nell’ordinamento comunitario11. Inserite in ambito nazionale, ad esse va garantita una tutela che sia conforme ai principi di effettività e di equivalenza delineati dalla Corte di giustizia. Alle situazioni soggettive protette dal diritto europeo, inoltre, si giustappongono situazioni soggettive a conformazione mista, ossia disciplinate tanto da fonti comunitarie quanto da fonti nazionali. Infine si registra la presenza di situazioni soggettive regolate principalmente dal diritto nazionale ma influenzate in via riflessa dai principi del sistema comunitario (c.d. spill over effect)12. 10 ASTONE F., Integrazione giuridica europea e giustizia amministrativa, op. cit.. Secondo l’autore “viene così a realizzarsi un fenomeno che rientra a pieno titolo nella prospettiva della integrazione tra sistemi processuali: tale integrazione tuttavia non viene perseguita attraverso la conformazione dei sistemi nazionali da parte dell’ordinamento comunitario, ma piuttosto attraverso la diretta applicazione da parte dei giudici nazionali di regole processuali comuni che rimangono di natura comunitaria, e che vengono applicate come tali nei processi nazionali. La tutela concreta sarà dunque nazionale, ma le regole di tutela sono in questo caso comunitarie”. Sull’argomento anche FALCON G., La tutela giurisdizionale, in Trattato di diritto amministrativo europeo, a cura di Chiti M.P.–Greco G., op. cit.. 11 PICOZZA E., Le situazioni giuridiche soggettive, in Trattato di diritto amministrativo europeo, diretto da Chiti M.P. e Greco G., Milano, 1997. 12 CLEMENTE DI SAN LUCA G. (a cura di), La tutela delle situazioni soggettive nel diritto italiano, europeo e comparato, Editoriale scientifica, Napoli, 2011. ! !170 Capitolo Quarto Di maggior interesse in questa sede è, certamente, l’esame delle situazioni soggettive complesse o miste, figura trascurata per decenni da quell’approccio che concepiva in modo separato e distinto le posizioni soggettive nazionali rispetto a quelle europee. Nell'attuale quadro di intersezione tra gli ordinamenti, invece, nascono con frequenza fattispecie composte da elementi sia nazionali sia comunitari, ossia caratterizzate dalla concorrenza nonchè dalla simultanea vigenza di più livelli regolatori13. Pertanto è possibile parlare di “situazioni soggettive europeizzate, cioè contemporaneamente rilevanti per i due sistemi, nazionale ed europeo/comunitario, insieme”. La tutela di queste posizioni giuridiche soggettive ha ampie ricadute sull’azione delle amministrazioni nazionali, traducendosi in una pluralità di vincoli al concreto esercizio della funzione discrezionale14. La forza uniformante dei principi comunitari, dunque, conduce al superamento della distinzione, tradizionalmente presente nell'ordinamento amministrativo italiano, tra situazioni interne e situazioni comunitarie, coinvolte nell'ambito della attività 13 VALAGUZZA S., La frammentazione della fattispecie nel diritto amministrativo a conformazione europea, op. cit.: Il termine frammentazione normativa descrive “il fenomeno per cui determinate situazioni soggettive nascono ora nell’ordinamento interno ora nell’ordinamento comunitario (...) e vengono poi disciplinate, totalmente o parzialmente, in un ordinamento diverso da quello della loro creazione, risultando appunto frammentate nella regolazione. La frammentazione descrive gli intrecci tra diversi sistemi giuridici e può ritrovarsi in qualsiasi tipo di intersezione normativa”. 14 VALAGUZZA S., La frammentazione della fattispecie nel diritto amministrativo a conformazione europea, op. cit.: "La particolarità di queste situazioni soggettive consiste nel fatto che esse incorporano interessi comunitari o europei, cui gli Stati membri hanno attribuito rilievo. Perciò nello specifico campo del diritto amministrativo, la frammentazione di queste situazioni soggettive europeizzate (...) richiede che l’azione amministrativa ad esse rivolta dia rilievo anche agli elementi comunitari o europei, immanenti alla sovranazionalità della situazione soggettiva considerata. Quindi la discrezionalità amministrativa dovrà svolgersi anche nell’ambito dei vincoli posti dal diritto amministrativo europeo. (…) Non tener conto della dimensione sovranazionale significherebbe snaturare del tutto la situazione soggettiva europeizzata,e quindi commettere una illegittimità rilevabile secondo gli schemi propri della violazione di legge o dell’eccesso di potere, a seconda che la violazione riguardi una disposizione normativa o principi generali. Ne segue, più specificamente, che la frammentazione europea delle situazioni giuridiche impone al procedimento amministrativo nazionale di rispettare tutti i vincoli imposti dal diritto amministrativo europeo, in legge o principi". Sull’emersione della categoria dei superinteressi comunitari MENY Y.–MULLER P.–QUERMONNE J.L., Adjusting to Europe. The impact of the European Union on national institutions and policies, London, 1996, 51. ! !171 Capitolo Quarto amministrativa15. I continui e progressivi contatti tra ordinamenti fanno sì che i principi generali di elaborazione pretoria si applichino nei sistemi giuridici nazionali "anche al di là della più ristretta sfera di attuazione del diritto comunitario"16. Le ragioni di una simile opera di armonizzazione si individuano nell’esigenza di assicurare il rispetto del principio di uguaglianza, evitando disparità di trattamento tra identiche situazioni in ragione della fonte (nazionale o comunitaria) o in virtù del superamento di determinate soglie. Nell'ordinamento italiano il rinvio operato dalla legge generale sul procedimento amministrativo ai principi comunitari conferma la caduta di ogni distinzione tra situazioni soggettive interne e comunitarie. Infatti l’art. 1 co. I l. 241/90 prevede espressamente che l’intera azione amministrativa si uniformi ai principi comunitari in ordine, quindi, a qualsivoglia fattispecie sia essa nazionale od europea. Dunque i principi dell'ordinamento comunitario divengono il parametro di legittimità di tutta l’attività amministrativa all’interno degli Stati membri. Per questi motivi il loro richiamo non può dirsi né superfluo né ridondante. La formulazione dell’art. 1, avendo portata generale, richiede un’applicazione altrettanto generale dei principi cui fa rinvio, i quali devono considerarsi immediatamente cogenti nel sistema italiano. Infatti l'esigenza di osservare i principi di 15 VALAGUZZA S., La frammentazione della fattispecie nel diritto amministrativo a conformazione europea, op. cit.. In particolare, secondo l’autrice, “la più recente giurisprudenza comunitaria afferma l’impossibilità di individuare la presenza di situazioni meramente interne nell’ambito, cruciale al diritto comunitario, della libera circolazione delle merci”. Tale prospettiva è estensibile a tutte le libertà comunitarie ed in special modo agli ambiti della concorrenza e degli appalti. Segnatamente nel settore degli appalti “è chiaro che i principi di trasparenza e pubblicità (o anche i principi di par condicio o proporzionalità) devono essere rispettati dall’amministrazione sotto qualsiasi soglia per l’applicazione del diritto comunitario: sotto soglia l’amministrazione nazionale non è tenuta ad applicare i meccanismi complessi indicati nelle direttive appalti, ma-per rispettare il diritto comunitario-deve attuare sempre e comunque modalità di pubblicità e forme di competizione”. Sull’influenza esercitata dal diritto comunitario sul diritto nazionale anche FRANCO I., Diritto comunitario e diritto nazionale: una convivenza problematica. Riflessi sulla materia degli appalti pubblici, in Urb. e app., n. 6 del 2007, 675. 16 MASSERA A., I principi generali, in Trattato di diritto amministrativo europeo, op. cit.. ! !172 Capitolo Quarto matrice sovranazionale rappresenta "un preciso precetto di diritto positivo e non soltanto un’esigenza logica di sistema"17. Inoltre il rinvio ai principi europei fa sì che “essi diventino parte integrante del sistema nazionale nella percezione e con i contenuti propri dell’ordinamento comunitario, assumendo il medesimo significato in ambito nazionale”18. In tal senso anche il sindacato del giudice nazionale sulla legittimità dei provvedimenti amministrativi si corrobora di nuovi paradigmi nel rinnovato orizzonte della legalità comunitaria. Le numerose e formalistiche distinzioni di teoria generale proprie dell’ordinamento italiano, vengono ridotte, nel contesto europeo, alle due situazioni base del diritto e dell’obbligo giuridico, quali formule-contenitore di qualsivoglia situazione giuridica soggettiva attiva o passiva. Dall'applicazione estesa e generalizzata dei principi comunitari discende, in definitiva, un potenziamento della tutela delle situazioni giuridiche soggettive del cittadino sia a livello giurisdizionale, sia, ancor prima, sul piano procedimentale. 4.3. Interesse legittimo e sua risarcibilità nella prospettiva comunitaria Il problema della risarcibilità del danno da lesione di interesse legittimo si inscrive nella più ampia tematica dell’influenza esercitata dall’ordinamento europeo sulle situazioni giuridiche soggettive di diritto amministrativo. Queste ultime, come visto in precedenza, si articolano in tre categorie (comunitarie, miste e nazionali). L'applicazione di principi e regole europei a posizioni soggettive di matrice ora comunitaria ora nazionale dimostra come l’ordinamento italiano sia divenuto ormai un 17 GRECO G., L’incidenza del diritto comunitario sugli atti amministrativi nazionali, op. cit.. Sulla stessa lunghezza d’onda si colloca la giurisprudenza amministrativa. Ex plurimis Cons. Stato, sez. VI, 17 aprile 2007, n. 1736, in Foro amm. Cons. Stato, 2007, 1248, secondo cui “il principio di proporzionalità assume nell’ordinamento interno lo stesso significato che ha nell’ordinamento comunitario. Come è oggi confermato dalla clausola di formale ricezione ex art. 1 comma 1, l. 241/1990 come novellato dalla l. 15/2005”. 18 VALAGUZZA S., La frammentazione della fattispecie nel diritto amministrativo a conformazione europea, op. cit.. 19 DE LISE P., Relazione di inaugurazione dell’anno giudiziario 2007, in Gior. dir. amm., 2007, 345. ! !173 Capitolo Quarto sistema “aperto e pluralista”19, all’interno del quale i giudici divengono responsabili dell’attuazione di “più livelli di regole”20, concorrenti e talora confliggenti. L’analisi circa l’impatto della normativa comunitaria sulla categoria italiana dell'interesse legittimo e specialmente sul nodo della risarcibilità muove dal percorso evolutivo compiuto da tale situazione soggettiva nell'alveo dei principi costituzionali e comunitari. La concezione dell’interesse legittimo, quale “situazione giuridica soggettiva che dialoga con il potere amministrativo”21, ha subito, infatti, profonde metamorfosi nel corso dei decenni22. Inizialmente qualificato come situazione meramente processuale23 e come interesse indirettamente od occasionalmente protetto24, la figura dell’interesse legittimo è stata per decenni relegata in una posizione di subalternità rispetto al potere e 20 PIZZORUSSO A., La problematica delle fonti del diritto all’inizio del XXI sec., in www.associazionedeicostituzionalisti.it. 21 SCOCA F.G., Le situazioni giuridiche soggettive. Nozioni generali, in Id. (a cura di), Diritto amministrativo, Torino, 2008. 22 Per una ricostruzione della figura dell’interesse legittimo, senza pretese di completezza,. PIRAS A, Interesse legittimo e giudizio amministrativo, Milano, 1962. CASSARINO S., Le situazioni giuridiche soggettive e l'oggetto della giurisdizione amministrativa, Milano, 1956. NIGRO M., Giustizia amministrativa, op. cit.. ROMANO TASSONE A., Situazioni giuridiche soggettive (dir. amm.), in Enc. dir., Agg. II, Milano, 1998. SCOCA F.G., Contributo sulla figura dell’interesse legittimo, Milano, 1990. PALMA G., Le posizioni giuridiche soggettive nell'ordinamento italiano, in E. Picozza, G. Palma, E. Follieri, Le situazioni giuridiche soggettive del diritto amministrativo, in Trattato di diritto amministrativo, diretto da G. Santaniello, II, Padova, 1999. GIACCHETTI S., L’interesse legittimo alle soglie del 2000, in www.giustamm.it. OCCHIENA M., Situazioni giuridiche soggettive e procedimento amministrativo, op. cit.. STIPO M., L’interesse legittimo nella prospettiva storica, op. cit.. TRAVI A., Lezioni di giustizia amministrativa, Giappichelli, Torino, 2010. 23 RANELLETTI O., Le guarentigie della giustizia nella pubblica amministrazione, V ed., Milano, 1937. GUICCIARDI E., La giustizia amministrativa, op. cit.. CHIOVENDA G., Principi di diritto processuale civile, 1934-37. 24 RANELLETTI O., Le guarentigie della giustizia nella pubblica amministrazione, op. cit.. ZANOBINI G., Corso di diritto amministrativo, II, Milano, 1958. ! !174 Capitolo Quarto all’interesse pubblico, con conseguente vulnus alla tutela del privato che viveva un rapporto squilibrato ed impari con la P.A.25. Tradizionalmente, infatti, era diffusa la convinzione che l’interesse legittimo costituisse una situazione soggettiva menomata o comunque riflessa, in definitiva un quid minus rispetto al diritto soggettivo26. La progressiva diffusione ed applicazione dei principi della Costituzione repubblicana del '48 ha iniziato ad erodere, sia pure lentamente e a fasi alterne, la visione dell’interesse legittimo quale figura di serie “B” rispetto al diritto soggettivo. Ciò è avvenuto attraverso il riconoscimento della natura sostanziale degli interessi legittimi, cui la Costituzione assicura dignità e tutela pari a quella dei diritti soggettivi (artt. 24, 103 e 11327). 25 CARINGELLA F., Architettura e tutela dell'interesse legittimo dopo il codice del processo amministrativo: verso il futuro, in www.giustizia-amministrativa.it, 2011: "Il bisogno di tutela dell’amministrato nei confronti della Pubblica Amministrazione non è sempre stato un principio immanente nel nostro ordinamento. La maggiore preoccupazione del Legislatore post-unitario, lungi dall’essere quella di assicurare la tutela del cittadino nei confronti dell’autorità amministrativa, era, infatti, quella di dettare le guarentigie dell’amministrazione nei confronti del potere giudiziario". La marginalità dell'interesse legittimo, con conseguente deficit di protezione del civis nei confronti dell'autorità, si evidenzia sin dalle origini dello Stato unitario in un intervento di Stanislao Mancini sul disegno di legge l. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E: "(...) Sia pure che l’autorità amministrativa abbia fallito la sua missione, che non abbia provveduto con opportunità e saggezza, (...) sia pure che essa abbia, e forse anche senza motivi, rifiutato ad un cittadino una permissione, un vantaggio, un favore, che ogni ragione di prudenza e di buona economia consigliasse di accordargli (…) sia pure che questo cittadino è stato di conseguenza ferito, e forse anche gravemente, nei propri interessi:che perciò? (...) che cosa ha sofferto il cittadino in tutte le ipotesi testé discorse? Semplicemente una lesione degli interessi? Ebbene, ch'ei si rassegni". Quest'idea primigenia condizionerà per molto tempo sia lo sviluppo della categoria dell'interesse legittimo sia le dinamiche dei rapporti tra pubblico potere ed amministrati. 26 Contra NIGRO M., Ma cos'è questo interesse legittimo? Vecchi e nuovi spunti di riflessione, in Foro it. 1987, V, 469. L'autore, convinto assertore della pari dignità giuridica tra interesse legittimo e diritto soggettivo, così afferma: "Le situazioni di interesse legittimo possono, a mio giudizio, assicurare la tutela cui giustamente aspira. Esse non hanno nulla che le condanni a garantire una protezione di serie B. Strutturalmente e funzionalmente l'interesse legittimo non determina inidoneità od incapacità istituzionali. A patto però che il giudice amministrativo si liberi totalmente dal complesso della necessaria considerazione delle ragioni dell'interesse pubblico considerato in astratto e in generale (il che significa delle ragioni della potestà amministrativa); acquisti consapevolezza del nuovo modo di essere, dialettico e partecipato, delle potestà amministrative; e riesca a creare nel processo quell'equilibrio fra pretese del ricorrente (o in genere delle parti private) e pretese dell'amministrazione che costituisce la rappresentazione o la proiezione processuale del rapporto amministrativo esistente sul terreno sostanziale". 27 In particolare l’art. 24 Cost. nell’affermare che “tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi” dà risalto alla natura sostanziale degli interessi legittimi, attraverso l’uso dell’aggettivo possessivo “propri”, che riferito tanto ai diritti quanto agli interessi legittimi è la cartina di tornasole della natura sostanziale di entrambe le figure soggettive. ! !175 Capitolo Quarto In tal senso le disposizioni costituzionali hanno offerto un decisivo contribuito alla protezione piena, diretta ed efficace dell’interesse legittimo28. Infatti è di tutta evidenza come le aperture della Costituzione siano state in seguito amplificate dai principi del diritto comunitario (in particolare dai principi di non discriminazione, effettività ed equivalenza della tutela). Il sistema europeo, pur non conoscendo la figura dell’interesse legittimo, ha contribuito in modo decisivo alla sua valorizzazione nell’ordinamento italiano, determinando un révirement prima della giurisprudenza e poi del legislatore sul dogma della irrisarcibilità, che gravemente penalizzava la categoria degli interessi pretensivi. Tutto ciò si inserisce nel più generale trend di influenza che il diritto europeo ha avuto, ed ha tuttora, sulla democratizzazione dei pubblici poteri, con apertura alle istanze dei c.d. amministrati, in un processo di esaltazione delle libertà e delle situazioni soggettive individuali29. Un percorso che ha avuto il suo sbocco naturale nel riconoscimento della 28 BACHELET V., La giustizia amministrativa nella Costituzione italiana, Giuffrè, Milano, 1962. Secondo l’autore il giudice amministrativo “tutela le situazioni giuridiche soggettive proprie dei ricorrenti nei confronti della p.a.” in quanto tali e non più soltanto indirettamente “per la realizzazione dell’interesse della p.a. alla legalità della sua azione”. 29 Nell'ordinamento italiano, fondato sul principio di democraticità e di sovranità popolare (art. 1 Cost.), la P.A. dovrebbe sempre operare al servizio del cittadino, rendendone effettivi diritti e libertà. A riguardo PUBUSA A., Diritti dei cittadini e pubblica amministrazione, op. cit.. ! !176 Capitolo Quarto risarcibilità degli interessi legittimi prima limitatamente al settore degli appalti pubblici30 e successivamente a livello generale31. In tal senso la nota sentenza delle SS.UU. n. 500 del 1999 rappresenta l’apice degli influssi comunitari sulla figura dell’interesse legittimo32 e, conseguentemente, sul ruolo dell'amministrazione che da struttura privilegiata di potere diviene "un soggetto come un altro" (Berti G.), chiamato a rispondere dei danni cagionati nell'esercizio della funzione pubblica. In ambito comunitario, tuttavia, è sconosciuta la distinzione tra diritti soggettivi ed interessi legittimi, in quanto ad essere utilizzata è la generica espressione “diritti”, quale contenitore di qualsivoglia situazione giuridica soggettiva attiva e di vantaggio. Proprio 30 Art. 13 l. 19 febbraio 1992, n. 142 (poi soppresso dall’art. 35 d.lgs. 80 del 1998). 31 Dapprima in ambito giurisprudenziale con la nota pronuncia delle SS.UU. n. 500 del 1999 e poi a livello normativo con la l. 205/2000. In tema di risarcimento del danno da lesione di interessi legittimi la letteratura è sterminata. Tra i molteplici contributi, a titolo esemplificativo, TRAMONTANO L., La tutela risarcitoria dell'interesse legittimo, Cedam, Padova, 2008. PUDDU S., La risarcibilità dell'interesse legittimo, Giappichelli, Torino, 2002. CARANTA R., Attività amministrativa ed illecito aquiliano. La responsabilità della p.a. dopo la l. 21 luglio 2000 n. 205, Milano, 2001. CIRILLO G.P., Il danno da illegittimità dell’azione amministrativa e il giudizio risarcitorio. Profili sostanziali e processuali, Padova, 2003. DI GIANDOMENICO G., Il danno risarcibile per lesione di interessi legittimi, Edizioni scientifiche, Napoli, 2004. D’ANTONIO S., Teoria e prassi nella tutela risarcitoria dell’interesse legittimo, Editoriale scientifica, Napoli, 2003. FANTI V., Tutela demolitoria e risarcitoria dell’interesse legittimo innanzi al giudice ordinario e amministrativo, Giuffrè, Milano, 2006. LUMETTI M.V., Violazione dell’interesse legittimo e danno risarcibile, Giuffrè, Milano, 2008. ALPA G., Sulla sentenza n. 500 del 1999 delle Sezioni Unite della Cassazione relativa alla risarcibilità della lesione degli interessi legittimi, in Giust. civ., 1999, II, 427. GIOVAGNOLI R., Il risarcimento del danno da provvedimento illegittimo, Giuffrè, Milano, 2010. SPAMPINATO B., Tipologia degli interessi legittimi e forme di tutela, Giappichelli, Torino, 2010. TUCCARI F., Annullamento dell’atto e processo amministrativo risarcitorio, Jovene, Napoli, 2004. SCOCA F.G., Risarcibilità e interesse legittimo, in Dir. pubbl. 2000, 13. ZITO A., Il danno da illegittimo esercizio della funzione amministrativa. Riflessioni sulla tutela dell’interesse legittimo, Napoli, 2003. BARTOLINI R., Il risarcimento del danno tra giudice comunitario e giudice amministrativo. La nuova tutela del c.d. interesse legittimo, op. cit.. ORREI C., La tutela risarcitoria dell’interesse legittimo: sviluppi giurisprudenziali e profili dogmatici, Editoriale scientifica, Napoli, 2002. Contra ROMANO A., Sulla pretesa risarcibilità degli interessi legittimi: se sono risarcibili, sono diritti soggettivi, in Dir. proc. amm., n. 1 del 1998, 22: "Quello della risarcibilità degli interessi legittimi è un falso problema perché con la sua soluzione positiva si pretende di raggiungere un risultato, l’ampliamento dell’area delle situazioni individuali la cui lesione sia risarcibile, che può benissimo essere ottenuto per altre vie. Che deve essere ottenuto per altre vie: perché è tratto essenziale della nozione di interesse legittimo, la sua irrisarcibilità". 32 TARULLO S., Il giusto processo amministrativo. Studio sull’effettività della tutela giurisdizionale nella prospettiva europea, op. cit.: Secondo l'autore "malgrado il tentativo della Suprema Corte di radicare nella legislazione interna il proprio révirement giurisprudenziale, il riconoscimento della generalizzata tutela risarcitoria in favore dell'interesse legittimo appare come la risultante di un chiaro effetto spill-over del diritto comunitario, reso possibile soprattutto da una elaborazione dottrinale fortemente incline al recepimento degli insegnamenti della Corte di giustizia, sotto lo specifico profilo della effettività/completezza della tutela". ! !177 Capitolo Quarto in ragione di tale presunta equiparazione linguistica, è inevitabile domandarsi se, alla luce dell’ordinamento europeo, abbia ancora senso parlare di interessi legittimi o se, viceversa, sia preferibile cantare il de profundis per questa situazione giuridica soggettiva tipicamente italiana. A riguardo va precisato come non rientri nelle competenze comunitarie la risoluzione di problemi definitori delle posizioni soggettive cui l’ordinamento europeo assicura protezione. Conseguentemente spetta agli Stati membri la qualificazione di tali situazioni giuridiche, nel rispetto dei principi di effettività ed equivalenza della tutela33. Invero la protezione erogata deve essere completa nonchè pienamente satisfattiva per il ricorrente34. Inoltre la tutela accordata dall’ordinamento interno non può essere inferiore a quella fruibile in ambito comunitario. La legittimità di un sistema binario, quale il sistema italiano, fondato sulla coesistenza di diritti soggettivi e interessi legittimi è comprovata dalla stessa giurisprudenza comunitaria. Infatti, come argutamente sostenuto, “quando la Corte afferma (...) che una certa disposizione del diritto comunitario ha efficacia diretta ed attribuisce al singolo dei diritti che il giudice nazionale è tenuto a salvaguardare, essa non intende dare al termine diritti una specifica e formale valenza che non sia genericamente quella di situazioni giuridiche soggettive. E dunque non intende né limitarsi ai diritti soggettivi, né trasformare in diritti soggettivi tutte le situazioni giuridiche soggettive dei privati”35. 33 Questa tesi viene espressa dalla Corte di giustizia a partire dagli anni Sessanta del secolo scorso nella pronuncia del 19 dicembre 1968, in C-13/68, Salgoil, in Racc. 1968. Salva l'esigenza di "una tutela diretta e immediata" delle situazioni soggettive conferite ai singoli dal diritto comunitario, "spetta all'ordinamento giuridico nazionale lo stabilire quale sia il giudice competente a garantire detta tutela e, a tale effetto, il decidere come debba qualificarsi la posizione individuale in tal modo tutelata". In senso conforme Cgce, 17 settembre 1997, in causa C-54/96, Dorsch Consult, in Racc. 1997. 34 PICOZZA E., Il processo amministrativo, op. cit.. FUMAGALLI L., La responsabilità degli Stati membri per la violazione del diritto comunitario,Giuffrè, Milano, 2000. CINTIOLI F., Orientamenti della Corte di giustizia in tema di accesso al fatto del giudice amministrativo nazionale, in AA.VV., Sovranazionalità europea, posizioni soggettive e normazione, in Quad. Cons. Stato, Torino, 2000, 61. 35 TIZZANO A., Diritto comunitario e tutela giurisdizionale nel diritti interno, la tutela risarcitoria degli interessi legittimi, in AA.VV., Attività amministrativa e tutela degli interessati, l’influenza del diritto comunitario, in Quad. Cons. Stato, Torino, 1997. ! !178 Capitolo Quarto Pertanto l’ordinamento comunitario non impone agli Stati membri un rimodellamento delle situazioni soggettive, avendo come unica premura il raggiungimento o la conservazione di determinati standards di tutela. Da tali argomentazioni può evincersi che “la distinzione tra diritto soggettivo ed interesse legittimo può tranquillamente continuare a sopravvivere negli ordinamenti nazionali che espressamente la contemplano, per quanto l’ordinamento comunitario non la conosca”36. Il sistema europeo non può desiderare “la scomparsa di un quid la cui esistenza esso giudica, a certe condizioni, neutrale”37. Inoltre la dicotomia diritti soggettivi-interessi legittimi assume rilievo sul piano costituzionale ove assolve funzione dirimente per l’assetto della giustizia e per il riparto tra plessi giurisdizionali. Alla tesi che vorrebbe omologare diritti soggettivi e interessi legittimi38, può obiettarsi come l’art. 24 Cost. accomuni le due figure giuridiche solo quanto a pienezza ed effettività della tutela, sottintendendo per gli interessi legittimi diversità strutturali e legittimando una diversificazione delle tecniche di protezione (sia pur nel corso del tempo sempre meno accentuate). Per tali motivi la distinzione, tutta italiana, tra diritti soggettivi e interessi legittimi può considerarsi tuttora valida nonchè perfettamente conforme ai principi comunitari. In definitiva ad essere in via di superamento non è la figura dell’interesse legittimo, arricchitasi di nuovi significati, bensì ad estinguersi sono le vecchie concezioni del 36 STIPO M., L’interesse legittimo nella prospettiva storica, op. cit.. In giurisprudenza la stessa Corte di Cassazione ha più volte ribadito che la qualificazione di ogni situazione giuridica soggettiva protetta dall’ordinamento deve essere effettuata alla stregua dei criteri propri dell’ordinamento nazionale. Ex multis Cass. Sez. Un., 14 marzo 1977, n. 1009, in Giur. it., 1977, I, 802. Cass. Sez. Un., 18 giugno 1981, n. 3967, in Foro it., 1981, I, 2157. 37 TARULLO S., Il giusto processo amministrativo. Studio sull’effettività della tutela giurisdizionale nella prospettiva europea, op. cit.: "Non si vede in che modo possa imputarsi all’interesse legittimo la pecca di costituire in sé un ostacolo alla effettività della tutela. L’ostacolo si manifesta solo se e nella misura in cui l’interesse legittimo viene dotato di un livello di protezione processuale non appagante, in termini di rimedi esperibili e di pronunce conseguibili dal giudice, di qualunque giudice si tratti". 38 Tra coloro che propongono un superamento della dicotomia diritti soggettivi-interessi legittimi MAZZAMUTO M., A cosa serve l'interesse legittimo?, in Dir. proc. amm. n. 1 del 2012. CAVALLO B., Grandezza e miseria degli interessi legittimi; un’altra “storia italiana”, in AA.VV., Nuove forme di tutela delle situazioni soggettive, Torino, 2003. LEDDA F., Polemichetta breve intorno all’interesse legittimo, in Giur. it., 1999, 2212. BENVENUTI F., Il nuovo cittadino. Tra libertà garantita e libertà attiva, op. cit.. ROMANO A., Sono risarcibili: ma perché devono essere interessi legittimi?, op. cit.. ! !179 Capitolo Quarto medesimo (quelle di interesse meramente processuale e occasionalmente protetto). Oggi l’interesse legittimo è da ritenersi, a tutti gli effetti, una posizione giuridica soggettiva avente natura sostanziale, distinta dal diritto soggettivo, ma ad esso equiordinata, quanto a possibilità di tutela giurisdizionale, in ossequio ai principi costituzionali e al diritto europeo. 4.4. La responsabilità dello Stato per violazione del diritto comunitario da parte dei suoi organi: brevi cenni Il principio della responsabilità dello Stato per violazione del diritto comunitario rappresenta un importante baluardo della tutela delle situazioni giuridiche soggettive di fonte comunitaria. L'effettività e il primato dell'ordinamento dell'Unione europea si misurano, infatti, attraverso gli strumenti processuali di reazione previsti nei singoli Paesi membri per far fronte alla lesione dei diritti di matrice comunitaria39. In assenza di rimedi il riconoscimento degli stessi equivarrebbe, viceversa, ad una mera petizione di principio. Nel discorso de quo ben si inserisce la tematica della responsabilità dello Stato per violazione del diritto comunitario da parte dei propri organi. Infatti i diritti riconosciuti a livello europeo necessitano alle volte di un'implementazione nei singoli Stati in virtù dell'incompletezza delle norme sovranazionali che li prevedono (tipico è il caso delle direttive). Quanto alle modalità attuative, è fatto generale divieto agli organi pubblici di porre in essere azioni, attive od omissive, idonee a ledere quelle situazioni giuridiche riconosciute ai singoli dall'ordinamento comunitario. Tradizionalmente gli Stati hanno frapposto ingiustificati ostacoli al pieno esercizio dei diritti di fonte europea, trincerandosi in caso di lesione dietro il privilegio dell'irresponsabilità. La situazione è oggi radicalmente mutata con il riconoscimento al singolo del potere di convenire di fronte al giudice domestico lo Stato italiano per l'attività dei propri 39 L'espressione diritti viene utilizzata come sinonimo di situazioni giuridiche soggettive. ! !180 Capitolo Quarto organi, chiedendo il risarcimento del danno patito40. In questo modo si è giunti all'affermazione di un paradigma di responsabilità dello Stato in caso di violazione del diritto comunitario da parte dei pubblici poteri. Si tratta, chiaramente, di una fondamentale conquista giuridica per il civis, ottenuta all'esito di un percorso tortuoso, non scevro di difficoltà. In origine, infatti, il sistema europeo sanzionava solamente ab externo le violazioni del diritto comunitario da parte degli Stati, attraverso la procedura di infrazione promossa dalla Commissione europea. Meccanismo questo farraginoso ed ineffettivo che, anche a seguito di condanna dello Stato dinanzi alla Corte di giustizia, poneva il problema dell'effettiva esecuzione della pronuncia. Il cittadino, pertanto, rivestiva un ruolo meramente passivo, in quanto ad esso non era riconosciuto alcuno strumento di reazione avverso le lesioni cagionate dagli organi statuali ai diritti europei. Nondimeno è stata la Corte di giustizia a dedicarsi nel corso degli anni alla graduale costruzione di un principio di responsabilità degli Stati direttamente azionabile, sul piano interno, da parte dei soggetti danneggiati. A fronte di pregiudizi causati ai cives dalla violazione del diritto comunitario, lo Stato, infatti, "a prescindere dalle conseguenze del proprio comportamento nei confronti degli altri Stati membri e della Comunità sul piano del diritto internazionale, è tenuto a risponderne patrimonialmente nei confronti del soggetto leso"41. L'individuo, quale fulcro dell'ordinamento comunitario, assiste, così, alla progressiva estensione dei propri spazi di tutela. Invero, a partire dagli anni Settanta del secolo scorso, il giudice di Lussemburgo, in alcune pionieristiche pronunce42, inizia a 40 Sulla responsabilità dello Stato per violazioni del diritto comunitario perpetrate dai propri organi, tra i vari contributi, SCIARRINO V., La responsabilità civile dello Stato per violazione del diritto dell'Unione, Ipsoa, 2012. FERRARO F., La responsabilità risarcitoria degli Stati membri per violazione del diritto comunitario, Giuffrè, Milano, 2008. LAZARI A., Modelli e paradigmi della responsabilità dello Stato, Giappichelli, Torino, 2005. CALZOLAIO E., L'illecito dello Stato tra diritto comunitario e diritto interno, Giuffrè, Milano, 2004. FUMAGALLI L., La responsabilità degli Stati membri per la violazione del diritto comunitario, op. cit.. 41 FERRARO F., La responsabilità risarcitoria degli Stati membri per violazione del diritto comunitario, op. cit.. 42 Cgce, 22 gennaio 1976, in causa C-60/75, Russo c. Aima, in Racc. 1976. Cgce, 27 febbraio 1980, in causa C-68/79, Hans just, in Racc. 1980. Cgce, 9 novembre 1983, in causa C-199/82, Amministrazione dello Stato c. San Giorgio, in Racc. 1983. ! !181 Capitolo Quarto riconoscere la responsabilità delle istituzioni comunitarie e degli Stati membri per i danni arrecati ai singoli dalle violazioni del diritto comunitario, con conseguente obbligo per il danneggiante di rimuovere le conseguenze pregiudizievoli arrecate in base alle previsioni di diritto interno. In questo modo la protezione delle situazioni giuridiche di derivazione europea acquisisce, anno dopo anno, maggiore effettività43. Una forma di responsabilità unitaria dello Stato viene ad essere compiutamente delineata con la successiva sentenza Francovich44, secondo la quale ciascuno dei Paesi dell'Unione risponde per l'azione o l'omissione dei propri organi interni, che siano espressione di un pubblico potere (legislativo, esecutivo, giudiziario). Ciò accade in una pluralità di casi tra cui: a) mancata applicazione di norme comunitarie non self-executing; b) condotte di organi nazionali idonee a disconoscere o comprimere diritti conferiti dall'ordinamento comunitario. L'orientamento giurisprudenziale, volto ad incrementare la tutela delle situazioni soggettive europee grazie all'applicazione dei rimedi interni di ciascun ordinamento, 43 SANNA TICCA E., Cittadino e pubblica amministrazione nel processo di integrazione europea, op. cit.: "L'ordinamento comunitario si preoccupa esclusivamente che la tutela delle situazioni giuridiche soggettive sia sempre piena ed effettiva. Tale finalità si raggiunge applicando i principi di effettività e di pienezza della tutela che comprende perciò anche il profilo risarcitorio. In tal modo la Corte esalta l'aspetto della responsabilità in termini di garanzia della tutela di tutte le situazioni giuridiche soggettive fungendo, in questa circostanza, da stimolo nei confronti degli Stati membri per una tutela effettiva di tutte le posizioni giuridiche". 44 Cgce, 19 novembre 1991, in cause riunite C-6/90 e C-9/90, Francovich, cit.. SANDULLI I., La responsabilità dello Stato-amministrazione per violazione del diritto comunitario, fra istanze di certezza giuridica e tutela del principio dell'affidamento, Tesi di dottorato a.a. 2008/2009, facoltà di giurisprudenza, università di Tor Vergata, in www.google.it: "La vera portata innovativa del caso Francovich sta nel fatto che per la prima volta la responsabilità degli Stati, pur scaturendo da una lesione del diritto comunitario, viene radicata nelle giurisdizioni interne, in modo da non lasciare incompiuto il sistema di tutela dei singoli. L’aspetto più intrigante di tale risposta sanzionatoria sta nel suo carattere “misto”, considerando che le sue vicende nascono da presupposti “sovranazionali”, ma i suoi profili risarcitori si attuano a livello interno". ! !182 Capitolo Quarto riceve ulteriore impulso nelle sentenze Hedley Lomas45 e Köbler46 che definiscono un sistema di responsabilità extracontrattuale dello Stato per fatto rispettivamente del potere legislativo47, esecutivo e giudiziario. Le condizioni per l'esperibilità, da parte dei soggetti lesi, di un'azione risarcitoria avverso lo Stato nelle ipotesi di violazione del diritto comunitario sono elaborate dalla Corte di giustizia48 e si identificano nella: 1) idoneità della norma comunitaria violata a conferire diritti ai singoli; 2) violazione grave e manifesta del diritto comunitario; 45 Cgce, 23 maggio 1996, in causa C-5/94, Hedley Lomas, in Racc. 1996. Con riferimento al caso de quo vedasi FERRARO F., La responsabilità risarcitoria degli Stati membri per violazione del diritto comunitario, op. cit.: "Dalla risposta della Corte si evince che il principio dell'indifferenza dell'organo che abbia causato il danno si estende all'attività della pubblica amministrazione, senza che lo Stato possa opporsi all'obbligo risarcitorio che su esso grava per violazione del diritto comunitario". Sulla responsabilità dello Stato per violazione del diritto comunitario ad opera di un'autorità amministrativa anche Cgce, 28 giugno 2001, in causa C-118/00, Larsy, in Racc. 2001. 46 Cgce, 30 settembre 2003, in causa C-224/01, Köbler, in Racc. 2003. Secondo i giudici di Lussemburgo, la protezione delle situazioni giuridiche comunitarie "sarebbe affievolita se fosse escluso che i singoli possano, a talune condizioni, ottenere un risarcimento allorchè i loro diritti sono lesi da una violazione del diritto comunitario imputabile a una decisione di un organo giurisdizionale di ultimo grado di uno Stato membro". Dopo la pronuncia Köbler di grande importanza anche la sentenza Traghetti del Mediterraneo (Cgce, 13 giugno 2006, in causa C-173/03, Traghetti del Mediterraneo, in Racc. 2006). In senso conforme Cgce, sez. III, 24 novembre 2011, in causa C-379/10, Commissione europea c. Repubblica italiana, in www.curia.europa.eu. 47 Dopo la sentenza Francovich, Cgce, 5 marzo 1996, in causa C-46/93 e 48/93, Brasserie du Pêcheur e Factortame III, cit.. Il principio della responsabilità dello Stato membro per fatto del legislatore sembra far cadere in Italia l'antico dogma della insindacabilità del potere legislativo quale potere politico libero nei fini. In realtà l'aggiunta di un superiore livello di regolazione sposta in ambito comunitario il problema della sindacabilità del potere, sicchè le scelte del legislatore nazionale risultano nei fatti vincolate assumendo contenuto meramente attuativo. Sul punto CARINGELLA F., Manuale di diritto amministrativo, op. cit.. 48 Ex plurimis, Cgce, 12 settembre 2006, in causa C-300/04, Eman e Sevinger, in Racc. 2006: “Il principio della responsabilità di uno Stato membro per danni causati ai singoli da violazioni del diritto comunitario ad esso imputabili è inerente al sistema del Trattato e uno Stato membro è tenuto a risarcire i danni causati allorché la norma giuridica violata abbia lo scopo di conferire diritti agli individui, la violazione sia sufficientemente qualificata ed esista un nesso causale diretto tra la violazione dell’obbligo posto a carico dello Stato e il danno subito dai soggetti lesi; non si può tuttavia escludere che la responsabilità dello Stato possa essere accertata a condizioni meno restrittive sulla base del diritto nazionale; con riserva del diritto al risarcimento che trova direttamente il suo fondamento nel diritto comunitario, nel caso in cui le condizioni indicate siano soddisfatte, è nell’ambito delle norme del diritto nazionale relative alla responsabilità che lo Stato è tenuto a riparare le conseguenze del danno provocato, fermo restando che le condizioni stabilite dalle legislazioni nazionali in materia di risarcimento dei danni non possono essere meno favorevoli di quelle che riguardano reclami analoghi di natura interna, e non possono essere congegnate in modo da rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile ottenere il risarcimento”. ! !183 Capitolo Quarto 3) sussistenza di un nesso di causalità tra la violazione dell'obbligo posto a carico dello Stato e il danno patito dal singolo. Il concorso di tali condizioni attribuisce al danneggiato il diritto al risarcimento dei danni, un diritto che nasce nell'ordinamento comunitario ma è azionabile davanti al giudice nazionale, sempre che le regole processuali di diritto domestico non prevedano un trattamento peggiorativo rispetto a quanto statuito per analoghe situazioni interne. Si tratta di condizioni minime, intangibili in peius, ma derogabili in melius dagli Stati attraverso la previsione di standards di tutela più elevati. In questo modo il diritto comunitario stabilisce le condizioni dell'azione risarcitoria anche se al diritto interno è affidata la concreta disciplina degli aspetti procedurali (giudice competente, termini di decadenza e prescrizione, entità del risarcimento) nell'osservanza dei principi di equivalenza ed effettività della tutela. Quanto all'effettività del rimedio risarcitorio, la Grande Sezione della Corte di Giustizia, in una nota pronuncia del 2007, ha richiesto che il ristoro della lesione dei diritti individuali sia effettivo, adeguato al danno subito e non eccessivamente oneroso49. In definitiva il primato nonchè l'efficacia diretta delle norme comunitarie hanno accresciuto la protezione delle situazioni giuridiche europee, rendendo queste ultime azionabili dai singoli dinanzi alle giurisdizioni domestiche a fronte di lesioni perpetrate da organi dello Stato. 49 Cgce, 17 aprile 2007, in causa C–470/03, A.G.M.-COS.MET S.r.l., in Racc. 2007. ! !184 Capitolo Quinto CAPITOLO QUINTO ! L’azione amministrativa nella nuova era dei rapporti tra autorità e libertà ! Sommario: 5.1. La democratizzazione dei pubblici poteri e l'estensione delle garanzie procedimentali nella legge 241 del 1990: un nuovo modo di intendere i rapporti tra potere pubblico e amministrati. 5.2. L'evoluzione del principio di legalità da una concezione meramente formale ad una nuova legalità di risultato. 5.2.1. Le illegittimità non invalidanti ex art. 21-octies. 5.3. Il sindacato del giudice sulla violazione del principio di proporzionalità nell'azione amministrativa. 5.1. La democratizzazione dei pubblici poteri e l’estensione delle garanzie procedimentali nella legge 241 del 1990: un nuovo modo di intendere i rapporti tra potere pubblico e amministrati Negli anni Novanta del XX sec. l’ordinamento amministrativo viene investito da una impetuosa trasformazione1, che destrutturando il mito dell’“immortalità” e della supremazia dell’amministrazione2, ridimensiona i profili autoritativi ed imperativi dell’esercizio del potere, ampliando la partecipazione dei destinatari anche attraverso l’uso di moduli consensuali3. Infatti il “temperamento degli aspetti più autoritativi dell’azione amministrativa” segna l’avvento di un nuovo modo di amministrare che affianca, sempre più, agli strumenti provvedimentali negozi di diritto privato. Può dirsi, così, definitivamente compiuta la transizione dallo Stato liberale monoclasse allo Stato sociale democratico e pluriclasse, che identifica nel procedimento 1 CASSESE S., Le amministrazioni pubbliche tra XX e XXI sec., in www.irpa.it: "I mutamenti piu importanti sono tre. Il primo è costituito dal cambiamento del contesto in cui le amministrazioni pubbliche operano: una volta questo era esclusivamente nazionale; ora esso è piu ampio. Il secondo riguarda la torsione alla quale le amministrazioni pubbliche sono sottoposte: una volta esse erano al servizio del corpo politico, ora debbono ascoltare direttamente la società. Il terzo attiene alla relazione pubblico-privato, in passato retta dal principio di dominazione-subordinazione, ora sottoposta al principio di collaborazione". 2 MAYER O., Deutsches Verwaltungsrecht, vol. I, (1894) Berlin, III ed., 1923 (rist. 1961). 3 CANGELLI F., Potere discrezionale e fattispecie consensuali, Giuffrè, Milano, 2004: "Il contrattualismo è stato considerato come l’ideale prosecuzione delle logiche partecipative del procedimento amministrativo, al quale va riconosciuto il ruolo storico di passaggio fra il principio dell’atto unilaterale e autoritativo e quello dell’atto contrattuale tendenzialmente paritario". ! !185 Capitolo Quinto amministrativo la sede privilegiata di acquisizione, confronto e ponderazione della varietà degli interessi sociali. Infatti “le categorie dogmatiche imperniate sulla prevalenza degli atti autoritativi, elaborate nel corso dell’esperienza liberale, sono andate gradualmente rivelandosi inadeguate in rapporto ai mutamenti in atto nella società e che, via via, si sono riflessi anche nell’evoluzione delle istituzioni”4 e nel modo di agire delle amministrazioni5. Si è assistito, pertanto, all’ampliamento della categoria degli interessi giuridicamente rilevanti nel procedimento e più in generale nell’attività amministrativa6. Con il crollo del muro che separava società civile e autorità amministrative, cresce il numero degli interessi privati valutati e bilanciati nel concreto dispiegarsi del potere7. L’azione amministrativa, da sempre luogo di confronto tra interessi eterogenei e diseguali, non vede più la prevalenza automatica e a priori dell’interesse pubblico. Esso infatti, non è più astrattamente configurato quale interesse necessariamente superiore, ma deve essere ponderato dall'autorità, di volta in volta ed in concreto, con gli altri interessi pubblici e privati in rilievo8. 4 D’ANGIOLILLO P., Accordi amministrativi e programmazione negoziata nella prospettiva del potere discrezionale, Edizioni scientifiche, Napoli, 2009. 5 Con riferimento ai lavori preparatori della l. 241/90 PASTORI G., Interesse pubblico e interessi privati fra procedimento, accordo e autoamministrazione, in Scritti in onore di P. Virga, tomo II, Giuffrè, Milano, 1994: "È noto che la Commissione Nigro, che ebbe a redigere il primo schema (o i primi schemi) della legge, aveva ricevuto il mandato di elaborare una normativa in grado, prima di tutto, di realizzare un miglioramento dei rapporti fra cittadini e amministrazione in grado in particolare di contribuire ad eliminare (...) autoritarismi, imperscrutabilità e immotivate lentezze dell'amministrazione nei confronti dei cittadini, democratizzando e insieme semplificando a tal fine i procedimenti". 6 COMPORTI G., Il coordinamento infrastrutturale. Tecniche e garanzie, Milano, 1996, secondo il quale con il tramonto dello Stato monoclasse si assisterebbe, altresì, alla eclissi dello "Stato-Cittadella", in cui l’amministrazione è separata dalla società ed arroccata nella protezione di taluni interessi, con conseguente esclusione di tutti gli altri. 7 In giurisprudenza, ex plurimis, Tar Lazio Roma, sez. I, 28 dicembre 2007, n. 14141, in www.giustizia-amministrativa.it. 8 D’ANGIOLILLO P., Accordi amministrativi e programmazione negoziata nella prospettiva del potere discrezionale, op. cit.. PORTALURI P., Potere amministrativo e procedimenti consensuali, Studi sui rapporti a collaborazione necessaria, Milano, 1998. Per l’autore “l’acquisita consapevolezza della inesistenza di un interesse pubblico normativo comporta l’impossibilità di ascrivere alla p.a. la titolarità di posizioni sostanziali necessariamente preminenti: di qui l’inevitabile crisi del modello classico in cui l’amministrazione si trovava a effettuare un confronto fra interessi omogenei nel contenuto, ma diseguali nel rango”. STICCHI DAMIANI E., Attività amministrativa consensuale e accordi di programma, Milano, 1992: L’amministrazione non è più “olimpicamente deputata alla cura di un interesse pubblico sofisticato e astratto, che pare spesso ignorare la stessa esistenza degli interessi privati che pure pressantemente lo accerchiano”. ! !186 Capitolo Quinto In questo contesto ben si spiega la valorizzazione della figura dell'interesse legittimo, quale situazione soggettiva sostanziale, parificata, quanto a possibilità di tutela, al diritto soggettivo. Il tradizionale modus agendi dell’amministrazione, imperniato sull’unilateralità e tendenziale segretezza (o, quantomeno, riservatezza) delle manifestazioni del potere, vede nella nascita del diritto comunitario un fattore di crisi profonda o quantomeno una causa della propria metamorfosi. L’ordinamento europeo condiziona fortemente la funzione amministrativa ed in particolare il procedimento quale sua estrinsecazione9. Sono proprio gli elementi essenziali dell’iter procedimentale ad essere completamente trasfigurati dall’influenza, diretta e riflessa, dei principi comunitari che ne ridisegnano struttura e finalità. L’ordinamento italiano si è lentamente adeguato alla nuova prospettiva comunitaria dei rapporti tra potere pubblico e situazioni soggettive individuali, nella quale il momento della libertà dialoga ormai alla pari con il momento dell’autorità. Il diritto amministrativo “da diritto dell’amministrazione diviene diritto sull’amministrazione, nel senso che si impone ad essa in funzione dei diritti dei cittadini”(Cassese S.). La tradizionale concezione statocentrica è sostituita dalla visione democratica e pluralista della Costituzione del ’48, che viene successivamente a ricevere, grazie alle spinte comunitarie, piena attuazione nella legge generale sul procedimento degli anni Novanta. Invero la l. 241/90, fortemente pervasa dai principi della giurisprudenza 9 BENVENUTI F., Appunti di diritto amministrativo, op. cit., secondo cui il procedimento è “la forma della funzione amministrativa”, ossia il meccanismo attraverso il quale “il potere si fa atto”. ! !187 Capitolo Quinto europea, accoglie, infatti, un nuovo modello “antropocentrico di rapporto giuridico fra cittadino e amministrazione”10. L’emersione degli interessi privati nel procedimento si attua mediante la valorizzazione degli istituti partecipativi che rendono i c.d. amministrati coautori, insieme all’amministrazione, delle scelte pubbliche11. Può dirsi pertanto quasi realizzato l'auspicio di Benvenuti in ordine alla nascita di "un ordinamento amministrativo paritario". Ma le innovatrici influenze comunitarie non si arrestano certo all’obiettivo della partecipazione. L’ordinamento europeo vuole innovare l’azione pubblica rendendola non solo più democratica e partecipata, ma anche più celere ed efficace. Tali auspici vengono tradotti dal legislatore italiano verso la fine del XX sec. in una serie di riforme amministrative (legge generale sul procedimento, privatizzazioni degli enti pubblici, separazione tra politica e amministrazione). Ma è soprattutto la l. 241/90 ad esprimere quel cambio di paradigma del ruolo e della funzione della P.A., fermamente voluto dall'ordinamento sovranazionale. Tale metamorfosi è provocata dalla tracimazione dei principi comunitari nell'ordinamento italiano. In particolare i principi della certezza del diritto, del giusto procedimento, di proporzionalità, di tutela del legittimo affidamento hanno colmato le distanze siderali 10 SANNA TICCA E., Cittadino e pubblica amministrazione nel processo di integrazione europea. op. cit.. Secondo l'autrice "il rapporto giuridico tra amministrazione pubblica e cittadino merita di essere sottoposto a nuove riflessioni come conseguenza, da un lato, dell'evoluzione dell'ordinamento comunitario che accoglie la tutela dei diritti del cittadino come principi e valori fondamentali e, dall'altro, come effetto della più stretta integrazione tra il diritto amministrativo comunitario e i diritti amministrativi nazionali". Sul ruolo della l. 241/90 vedasi CARTABIA M., La tutela dei diritti nel procedimento amministrativo: la legge n. 241 del 1990 alla luce dei principi comunitari, op. cit.: "La legge italiana sul procedimento amministrativo, presa nel suo complesso, rivela un disegno globale dei rapporti tra società e pubbliche autorità, che indubbiamente tende a realizzare una maggiore compenetrazione tra queste due entità. Basti pensare a titolo di esempio alle norme sull'accesso ai documenti amministrativi, alla trasparenza che si vuole garantire attraverso le norme sui responsabili, alla possibilità di stipulare accordi sostitutivi di provvedimenti ecc...(...) La legge sembra mirare innanzitutto ad una maggiore democraticità-intesa in senso ampio-della pubblica amministrazione, attraverso il riavvicinamento della autorità alla società". 11 Sulla valorizzazione dei principi del giusto procedimento, a seguito delle modifiche introdotte dalla l. 15/2005 alla l. 241/90 CINTIOLI F., Nuovo procedimento amministrativo e principi costituzionali, in Quad. cost. n. 3 del 2005, 648. GIARDINO E., Partecipazione al procedimento, in La nuova disciplina dell'azione amministrativa, a cura di R. Tomei, Cedam, 2005. ! !188 Capitolo Quinto tra soggetto pubblico e soggetti privati in una nuova dialettica ispirata alla compartecipazione e alla tendenziale paritarietà delle decisioni12. Prova tangibile della rinnovata filosofia amministrativa si rinviene nella novella del Titolo V (l. cost. 3 del 2001) che imprime un’accelerazione alle riforme in atto, consacrando a livello costituzionale il principio di sussidiarietà orizzontale (art. 118 ult. co. Cost.)13, specchio di una nuova visione delle relazioni tra il potere ed i destinatari dell'azione amministrativa. Tutto ciò ha consentito la transizione da “un rapporto fra istituzioni e cittadini di tipo verticale, bipolare, gerarchico e unidirezionale ad una relazione orizzontale, multipolare, paritaria e circolare; da un rapporto fondato sulla separazione ad una relazione fondata sulla leale collaborazione tra pubblica amministrazione e privati”14. La democratizzazione dell’azione amministrativa valorizza, così, il momento dell’istruttoria procedimentale, quale luogo di confronto, acquisizione e ponderazione dei fatti e degli interessi, pubblici e privati, primari e secondari in rilievo15. In questo modo “al riconoscimento della cittadinanza politica inizia a seguire il riconoscimento 12 GRASSO O., I principi generali dell'attività amministrativa, in Il procedimento amministrativo, a cura di M. Corradino, Giappichelli, Torino, 2010. 13 Sulla capacità del principio di sussidiarietà orizzontale di far transitare i cittadini "dal ruolo di utenti a quello di cittadini attivi, responsabili e solidali" si rinvia a AA.VV., Il valore aggiunto. Come la sussidiarietà può salvare l'Italia, a cura di Arena G.-Cotturri G., Carocci, 2010: "È il principio di sussidiarietà orizzontale, che considera i cittadini come potenziali alleati delle istituzioni, disposti ad introdurre nella sfera pubblica il valore aggiunto rappresentato dalle loro competenze, idee ed esperienze". 14 D’ANGIOLILLO F., Accordi amministrativi e programmazione negoziata nella prospettiva del potere discrezionale, op. cit.. In tema di collaborazione procedimentale anche TARULLO S., Il principio di collaborazione procedimentale: solidarietà e correttezza nella dinamica del potere amministrativo, op. cit.: "L'amministrazione nasce per collaborare con il cittadino, verso il quale deve istituzionalmente assumere un atteggiamento di servizio che si traduce in prima istanza proprio nella valorizzazione del suo ruolo partecipativo". In giurisprudenza, a titolo esemplificativo, Tar Liguria, sez. I, 18 marzo 2004, n. 267, in www.giustizia-amministrativa.it. 15 COTZA P., Potere autoritativo e modelli consensuali nel diritto dell'amministrazione pubblica, Jovene, Napoli, 2007. Secondo l'autore "l'amministrazione riposte le vesti di sovrana (cui è connaturato l'imporre) assume il ruolo più dimesso (ma consono alla sovranità popolare) di (attività di) servizio, cui è connaturato lo scegliere. Ciò che si realizza, in più alto grado, nella sede procedimentale; con un spostamento del baricentro dell'attività amministrativa dall'atto all'iter di elaborazione della decisione (istruttoria intesa in senso lato)". ! !189 Capitolo Quinto (...) della cittadinanza amministrativa”16. Una cittadinanza che si compone di una pluralità di situazioni giuridiche soggettive, tese a rafforzare il ruolo dell'individuo nei confronti del potere. L'integrazione europea esalta, dunque, l'amministrato quale titolare di situazioni giuridiche soggettive nei confronti dell'autorità pubblica. Tale assetto riceve un’ulteriore potenziamento nel 2005 con l'espresso rinvio da parte della l. 241/90 ai principi comunitari quale parametro di legittimità dell’intera azione amministrativa. L’art. 1, comma 1, infatti, testualmente recita: “l’attività amministrativa…è retta…dai principi dell’ordinamento comunitario”. Il rinvio ai principi dell’ordinamento europeo va inteso come un rinvio di tipo formale (o non recettizio), quindi riferibile non solo a principi attuali (scritti e non), ma anche a principi futuri17. La previsione non costituisce, però, una novità in senso assoluto, poichè un richiamo ai principi comunitari, quale canone generale dell’azione amministrativa, era già contenuto in precedenti disposizioni a carattere settoriale18. L’importanza della nuova disposizione risiede, soprattutto, nell’estensione dell’ambito applicativo dei principi europei, in virtù della loro inserzione nella legge generale sul procedimento. Il legislatore italiano ha compiuto, infatti, una scelta ordinamentale ben precisa: applicare i principi comunitari sempre e comunque anche in 16 L’espressione è di Cassese S. ed è ripresa da LONGOBARDI N., La legge n. 15/2005 di riforma della l. n. 241 del 90: una prima valutazione, in www.giustamm.it. Più in generale sul tema della cittadinanza e sui diritti ad essa connessi BELLAMY R.-PALUMBO A. (eds), Citizenship, Farnham, Ashgate, 2010. LA TORRE M., Cittadinanza e ordine politico. Diritti, crisi della sovranità e sfera pubblica: una prospettiva europea, Giappichelli, Torino, 2004. 17 Si tratta di un rinvio aperto, dinamico e flessibile che ricomprende tutti i principi comunitari sia generali che settoriali. Dal rinvio, a rigore, rimarrebbero escluse le regole comunitarie le quali, ciononostante trovano comunque applicazione in ambito amministrativo, imponendosi sulla normativa nazionale eventualmente confliggente, in virtù dei principi del primato e dell'efficacia diretta dell'ordinamento comunitario. In tema MASSERA A., I principi generali dell’azione amministrativa tra ordinamento nazionale e ordinamento comunitario, op. cit.. 18 Art. 1, comma 4, l. 10 ottobre 1990, n. 287, l’art. 56, comma 2, l. 142/1990–ora art. 192, comma 2, d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267, l’art. 1, comma 1, l. 23 agosto 2004, n. 239, e l’art. 20, comma 8, l. 15 marzo 1997, n. 59, rispettivamente in tema di tutela della concorrenza, di contratti delle autonomie locali, di sistema elettrico nazionale e di semplificazione dei procedimenti amministrativi. ! !190 Capitolo Quinto ambiti di rilievo esclusivamente nazionale19. Tali principi ricevono in questo modo un’applicazione generalizzata che si estende all’intera azione della P.A. (e dei soggetti ad essa equiparati), abbracciando tanto l’attività iure imperii quanto l'attività iure privatorum. La soggezione alla nuova legalità comunitaria sottopone le pubbliche potestà nazionali ad un obbligo di attuazione dei principi dell’Unione europea. In primo luogo l’amministrazione è chiamata ad implementare la disciplina comunitaria, cercando di render compatibile il diritto interno ai dettami europei (interpretazione conforme) e, in caso di insanabile contrasto, disapplicando la norma interna, e per taluni, anche l’atto amministrativo, in conflitto. Si assiste, così, ad una attività interpretativa rivoluzionaria e senza precedenti, inimmaginabile alla stregua dei tradizionali principi di stretta legalità formale e di divisione dei poteri. Avendo la maggior parte dei principi comunitari natura pretoria, la P.A. "è tenuta a dare attuazione amministrativa anche alle sentenze interpretative della Corte di giustizia, in relazione all’efficacia vincolante che deve essere ad esse attribuita; e ciò non solo attraverso l’istituto della non applicazione della norma interna in contrasto con il diritto comunitario come interpretato dalla Corte, ma anche attraverso l’adozione di atti amministrativi che consentano di eliminare le situazioni di accertato" conflitto con la normativa sovranazionale20. In definitiva all'interno del sistema giuridico italiano la P.A. è vincolata nell'esercizio della funzione all'osservanza dei principi generali dell'ordinamento comunitario scritti e non. Principi che gradualmente ma inesorabilmente trasformano l'amministrazione da "macchina dell'obbedienza" che impone dall'alto i propri comandi a corpo integrato 19 CERULLI IRELLI V., La nuova legge sul procedimento amministrativo, in Le nuove regole dell’azione amministrativa, a cura di G. Sciullo, Bononia University Press, Bologna, 2006. Anche BONOMO A., I principi dell'ordinamento comunitario relativi all'attività amministrativa, in AA.VV., Aspetti dell'attività amministrativa dopo la riforma della legge sul procedimento, a cura di D. Mastrangelo, Aracne, Roma, 2006. Secondo l'autrice "l'inserimento dei principi dell'ordinamento comunitario è un ulteriore sintomo della crisi del modello statuale, da tempo non più esclusivo depositario della qualificazione giuridica, che vede incrinarsi un altro dei suoi baluardi: la regolazione dell'esercizio del potere. L'esercizio del potere amministrativo nazionale, fino ad oggi tenuto, nelle attività estranee alla competenza comunitaria, soltanto al rispetto della normativa interna, diventa sindacabile anche per l'eventuale violazione dei principi del diritto comunitario". 20 ASTONE F., Integrazione giuridica europea e giustizia amministrativa, op. cit.. ! !191 Capitolo Quinto nella società civile, che agisce attraverso meccanismi di compliance su un piano di tendenziale parità con gli amministrati. 5.2. L’evoluzione del principio di legalità da una concezione meramente formale ad una nuova legalità di risultato Agli inizi del XXI sec. può considerarsi ormai superato il vecchio modello weberiano di amministrazione fondato sui dogmi della legalità formale, dell’autorità e della gerarchia21. L’approccio antiformalistico e pragmatico, di matrice comunitaria, che pervade in profondità il diritto amministrativo italiano, segna il tramonto degli idola fori del positivismo giuridico22 e, segnatamente, del principio di legalità formale. Difatti è oggi in via di affermazione una nuova forma di legalità, (o, meglio, legittimità), votata al risultato, che assurge al ruolo di stella polare dell’azione amministrativa23. Il tema si inquadra nel profondo processo di riforma che, a partire dagli anni Novanta del XX sec., ha ridisegnato, secondo una filosofia manageriale-aziendalistica, l’azione della P.A., disancorandola dai metodi burocratico-formali del passato. In special modo la l. 241/90 assoggetta il procedimento amministrativo al rispetto, tra gli altri, dei principi di economicità, efficacia, buon andamento, manifestando, così, un’accentuata propensione al perseguimento del risultato piuttosto che all’osservanza delle forme. Invero “all’interno di un panorama legislativo composito in cui si parla in 21 WEBER M., Economia e società, Vol. II, Edizioni di Comunità, Milano, 1961 (anno ed. orig. 1922). 22 Sulle tendenze antipositiviste in atto nel diritto amministrativo CIVITARESE MATTEUCCI S., Miseria del positivismo giuridico? Giuspositivismo e scienza del diritto pubblico, in Dir. pubbl. 2006, 685. 23 SPASIANO M.R., Funzione amministrativa e legalità di risultato, Giappichelli, Torino, 2003. BIN R., Lo Stato di diritto, il Mulino, 2004. Secondo l’autore “molti ritengono che la legalità dell’amministrazione sia un principio superato. In uno Stato prestazionale (è uno dei tanti appellativi elargiti allo Stato sociale contemporaneo) non si possono imporre all’amministrazione i lacci e laccioli del rispetto di regole sparse qua e là in un ordinamento legislativo complesso, ridondante e confuso, che ne ritarderebbe e complicherebbe l’attività. L’amministrazione deve agire per progetti, per programmi, per accordi, piuttosto che per atti formali; deve preoccuparsi dei risultati della propria azione, della sua efficacia ed economicità, non del rispetto di schemi formali e di ritualità procedurali”. ! !192 Capitolo Quinto modo promiscuo di efficienza, efficacia, economicità e risultato”, quest'ultimo diviene un “concetto in un certo senso riassuntivo degli altri”24. Se, da un lato, una declinazione efficientistica del principio di buon andamento consente di migliorare la funzione amministrativa intesa come servizio alla collettività, dall’altro, si corre il rischio di sacrificare sull’altare del risultato il principio di legalità formale, ossia l’osservanza del procedimento e delle sue regole25. Il fascino della semplificazione reca in sé il pericolo di un potenziale pregiudizio per quelle situazioni giuridiche soggettive che proprio le regole procedimentali hanno cura di proteggere26. Infatti “non è condivisibile l’azione di quell’amministrazione che abbia deciso pretermettendo i canoni della legittimità e le sue regole fondanti”27. Inoltre un modus agendi che bypassi l'osservanza delle prescrizioni formali in funzione del risultato, condurrebbe ad un decisionismo esasperato, lesivo dei valori partecipativi, e dunque in conflitto con le stesse finalità che la legge sul procedimento mira a conseguire. La sede procedimentale deve essere, viceversa, luogo di sintesi e conciliazione delle opposte esigenze della legalità formale e del risultato. Solo in questo modo l'esercizio della funzione amministrativa può essere in grado di assicurare al meglio il soddisfacimento degli interessi pubblici in rilievo. 24 ZITO A., Il risultato nella teoria dell’azione amministrativa, in Principio di legalità e amministrazione di risultati, Giappichelli, Torino, 2004. Il risultato “impone dunque che l’azione amministrativa si svolga secondo i canoni dell’efficienza e dell’efficiacia ossia con il migliore uso possibile dei mezzi e delle risorse disponibili (l’efficienza) e con il grado maggiore di soddisfazione degli obiettivi perseguiti ed in ultima analisi alle domande sociali (l’efficacia)”. Su questa definizione concordano CAMMELLI M., Amministrazione di risultato, in Annuario AIPDA 2002, Milano, 2003. IANNOTTA L., Previsione e realizzazione del risultato nella pubblica amministrazione: dagli interessi ai beni, in Dir. amm., 1999. LANE J.E., L’evoluzione della pubblica amministrazione: dall’approccio “amministrativo” all’approccio manageriale, in Probl. amm. pubbl., 1995, 537. 25 ROMANO TASSONE A., Sulla formula “amministrazione per risultati”, in Scritti in onore di Elio Casetta, op. cit.. 26 Sui pericoli di un’accentuata semplificazione procedimentale CASSESE S., La semplificazione amministrativa e l’orologio di Taylor, in Riv. trim. dir. pubbl., 1998: "Le procedure amministrative hanno implicazioni non esclusivamente produttive, perché servono a garantire diritti, o aspettative che non possono essere misurati solo con l’orologio di Taylor". 27 MARENGHI E.M., Procedimenti e processualprocedimento, op. cit.. ! !193 Capitolo Quinto Il concetto di amministrazione di risultato si afferma, in Italia, come detto, a partire dagli anni Novanta del secolo scorso28, in un quadro di ristrutturazione dell’azione pubblica all’insegna dell’efficienza, dell’efficacia e della economicità29. La formula amministrazione di risultato “esprime ormai un vero e proprio nucleo normativo, di valore propriamente costituzionale, alla cui stregua ci si propone di inquadrare e risolvere la disciplina positiva dell’intero diritto amministrativo italiano”30. La logica del risultato permea oramai l’intera azione pubblica31, donde la profonda rivisitazione di tecniche e modalità dell’agire amministrativo32. 28 ROMANO TASSONE A., Sulla formula “amministrazione per risultati”, in Scritti in onore di Elio Casetta, op. cit.. In realtà, come fa notare l’autore, l’espressione amministrazione per risultati viene introdotta negli anni Sessanta del secolo scorso da Giannini in contrapposizione alla c.d. amministrazione per atti, con un significato descrittivo, dunque, ben diverso da quello assunto a partire dagli anni Novanta. 29 SICILIANO F., La legalità amministrativa (comunitaria e interna) e certezza del diritto: riflessi sui rapporti amministrativi e istituzionali, op. cit.. SALVATORE P., I nuovi orizzonti del principio di legalità, in Cons. Stato, 2006, III, 1621. Secondo l’autore il concetto di legalità, dilatatosi a dismisura nel corso dei decenni, non va inteso più solo "come primato della legge e come legittimazione necessaria all’esercizio della funzione amministrativa (legalità formale)", bensì deve essere concepito "come garanzia di rispetto dei valori sostanziali derivanti dalla previa conformazione, nei contenuti e negli effetti, dello svolgimento della funzione amministrativa (legalità sostanziale)". 30 ROMANO TASSONE A., Sulla formula “amministrazione per risultati”, in Scritti in onore di Elio Casetta, op. cit., secondo cui il raggiungimento del risultato sarebbe la più tangibile concretizzazione del principio del buon andamento (art. 97 Cost.). 31 IANNOTTA L., Previsione e realizzazione del risultato nella pubblica amministrazione: dagli interessi ai beni, op. cit.. D’ORSOGNA M., Teoria dell’invalidità e risultato, in Principio di legalità e amministrazione di risultati, op. cit.: "Il risultato opera non solo come il principale elemento di conformazione e funzionalizzazione dell’operato della pubblica amministrazione verso il soddisfacimento delle istanze sociali; ma anche, e soprattutto, come criterio direttivo nella interpretazione delle regole (di tutte le regole che compongono il sistema normativo), al fine di individuare quella da applicare nella fattispecie concreta. In altri termini: il risultato opera come criterio per sciogliere in una visione teleologica la tensione tra prescrizioni, che, nel (solo) tenore letterale, legittimerebbero (la vigenza di) un assetto di interessi inaccettabile dal punto di vista della giustizia sostanziale". 32 ZITO A., Il risultato nella teoria dell’azione amministrativa, in Principio di legalità e amministrazione di risultati, op. cit.: Secondo l’autore l’amministrazione di risultato detta “una profonda rivisitazione delle tradizionali tecniche interpretative: si attenua in primo luogo la gerarchia dei criteri interpretativi contenuti nelle preleggi; si complica il processo decisionale perché esso deve avvenire miscelando con prudenza norme e fatti concreti; infine (...) il risultato può essere controllato sulla base di criteri diversi rispetto al controllo di legittimità, non già in un’ottica di esclusione dell’un controllo rispetto all’altro, ma in un’ottica di complementarietà”. ! !194 Capitolo Quinto Se in passato veniva considerato elemento esterno all’atto e ai suoi effetti giuridici33, oggi il risultato è inglobato nel principio di legalità come parametro di valutazione dell’esercizio del potere34. Il risultato diviene criterio orientativo della funzione discrezionale e bussola per l’interprete in vista della scelta maggiormente satisfattiva tanto dell'interesse pubblico quanto degli interessi privati35. L’amministrazione deve essere, dunque, performance-oriented, anche perchè gli amministrati pretendono da essa risultati concreti. Si registra, infatti, una vera e propria "pretesa del cittadino ad una amministrazione di risultato" (Sanna Ticca E.) È evidente, allora la svolta epocale che sta trasformando la legalità "da presidio giuridico dell’azione amministrativa in parametro di valutazione (...)sostanziale dai connotati economico-aziendali"36. La nuova legalità amministrativa incentrata sul risultato risente profondamente dell'influenza dei principi comunitari, che hanno ribadito la centralità delle prerogative del civis coinvolto nell'esercizio del potere. La tradizionale legalità formale viene scalzata da una diversa legalità teleologicamente deputata ad assicurare agli amministrati la realizzazione dei beni della vita cui essi aspirano37. 33 CERULLI IRELLI V., Invalidità e risultato amministrativo, in Principio di legalità e amministrazione di risultati, Giappichelli, Torino, 2004. Nonostante il risultato tenda tradizionalmente a coincidere con una trasformazione del mondo materiale conseguente all’effetto giuridico, identificandosi in un quid di esterno all’atto, “vi sono tuttavia dei casi, emersi nell’esperienza recente e correttamente evidenziati in dottrina, in cui la considerazione del risultato si può tradurre anche in un requisito di legittimità dell’azione amministrativa”. 34 SPASIANO M.R., Funzione amministrativa e legalità di risultato, op. cit.: "Il mancato perseguimento di un risultato costituisce di per sé esercizio illegittimo dell’azione. Il risultato, infatti, non si colloca fuori né in posizione posticipata rispetto all’esercizio della funzione amministrativa. Al contrario esso la permea e la connota". 35 In proposito osserva SANNA TICCA E., Cittadino e pubblica amministrazione nel processo di integrazione europea, op. cit., che "la lettura dell'art. 1 della legge 241/90 permette di configurare l'azione amministrativa come attività volta all'ottimizzazione dei risultati quasi in un'ottica di gestione aziendale e nella prospettiva di un'amministrazione di spettanza". 36 SORICELLI G., Considerazioni sulla class-action amministrativa nella amministrazione di risultato, in www.giustamm.it, 2011. 37 PASTORI G., La disciplina generale dell'azione amministrativa, in www.astrid-online.it, 2002: "Gli scopi a cui l'amministrazione è ordinata corrispondono ad altrettanti interessi, utilità, beni della vita del cittadino". ! !195 Capitolo Quinto La legalità si orienta, così, al soddisfacimento delle pretese individuali in un sistema nel quale viene assicurata la "supremazia del risultato rispetto alla pura conformità procedurale dell'agire amministrativo" (Allegretti U.). Sia il potere sia l'interesse pubblico, oggi, vivono un incessante dialogo con le libertà individuali, in una rinnovata visione antropocentrica dell'agere publicum, in cui l'amministrazione svolge sempre più un'attività strumentale e di servizio, divenendo responsabile verso i cives dei risultati della propria azione. 5.2.1. Le illegittimità non invalidanti ex art. 21-octies Nel quadro di una concezione della legalità votata al risultato, ben si inserisce l'istituto delle illegittimità non invalidanti. La figura, introdotta con l’inserimento dell’art. 21-octies, ad opera della novella del 2005, nel corpus della l. 241/9038, si colloca nell’alveo di una nuova filosofia performance-oriented che investe tanto il procedimento quanto il processo amministrativo. 38 Sulla distinzione tra vizi formali e vizi sostanziali e sulla nuova figura delle illegittimità non invalidanti si rinvia, senza pretesa di esaustività, a ROMANO TASSONE A., Vizi formali e vizi procedurali, in www.giustamm.it. FRACCHIA F.–OCCHIENA M., Teoria dell’invalidità dell’atto amministrativo e art. 21–octies, l. 241/1990: quando il legislatore non può e non deve, in www.giustamm.it. MORBIDELLI G., Invalidità e irregolarità, in AIPDA, Annuario 2002, Milano, Giuffrè, 2003. TRIMARCHI BANFI F., Illegittimità e annullabilità del provvedimento amministrativo, in Dir. proc. amm., n. 2 del 2003. LUCIANI F., Il vizio formale nella teoria dell'invalidità amministrativa, Giappichelli, Torino, 2003. FERRARA L., La partecipazione tra illegittimità e illegalità. Considerazioni sulla disciplina dell’annullamento non pronunciabile, in Dir. amm. 2008, 103. POLICE A., L'illegittimità dei provvedimenti amministrativi alla luce della distinzione tra vizi c.d. formali e vizi sostanziali, in Dir. amm., n. 4 del 2003. CERULLI IRELLI V.-DE LUCIA L. (a cura di), L’invalidità amministrativa, op. cit.. NAZZARO D., Illegittimità non invalidante dell’atto amministrativo e motivazione postuma: la positiva metamorfosi del g.a., in www.giustizia-amministrativa.it. AA.VV., Vizi formali, procedimento e processo amministrativo, a cura di Parisio V., Giuffrè, Milano, 2004. CHINÈ G., L'art. 21 octies, comma 2, l. n. 241/1990 nel diritto vivente, in www.giustizia-amministrativa.it. SORRENTINO G., Spunti di riflessione per una applicazione vincolata del comma 2 dell’art. 21-octies della legge n. 241/90, Scritti in onore di Spagnuolo Vigorita, in www.giustamm.it. BERGONZINI G., Art. 21-octies della legge n. 241 del 90 e annullamento d’ufficio dei provvedimenti amministrativi, in Dir. amm. 2007, 231. ! !196 Capitolo Quinto Invero la logica del perseguimento del risultato, attraverso la dequotazione dei vizi meramente formali, pervade con intensità crescente il metodo amministrativo, favorendo un’osmosi tra momento procedimentale e momento processuale39. Con la codificazione delle forme di invalidità dell'atto amministrativo, il legislatore del 2005, ispirandosi all’ordinamento tedesco40, ha inteso preservare il provvedimento dall’annullamento giurisdizionale in presenza di vizi esclusivamente formali, precludendo, così, l’effetto invalidante di quelle violazioni di legge ininfluenti sul contenuto dell’atto. L’art. 21-octies accoglie, pertanto, una concezione sostanzialistica dell’invalidità del provvedimento rispetto alle violazioni meramente procedimentali. La dequotazione dei c.d. vizi formali, foriera in passato di annullamenti, inutili e costosi, testimonia l’abbandono del formalismo di matrice positivista e l’ingresso del diritto amministrativo, sia sul versante procedimentale che su quello processuale, nella rinnovata logica efficientistica del risultato. La legge ha voluto, dunque, porre un freno a taluni fenomeni degenerativi di iperformalismo e iperpartecipazione41, attraverso l'elaborazione di una disposizione normativa complessa (l’art. 21-octies) che si articola in due distinti precetti: a) l'uno dedicato ai c.d. vizi formali e procedimentali negli atti vincolati; 39 Contra MARENGHI E.M., Procedimenti e processualprocedimento, op. cit.. L'autore critica l'impropria commistione tra procedimento e processo, trattandosi di istituti diversi per struttura e finalità. Il procedimento è espressione, infatti, di una funzione di amministrazione attiva che si svolge attraverso l'acquisizione e la valutazione discrezionale degli interessi pubblici e privati coinvolti dall'esercizio del potere. Il processo costituisce, al contrario, una attività di giudizio. “Giudicare significa, prevalentemente, tutela vincolata degli interessi, in base a parametri normativi prefissati, esercitata secondo una terzietà impermeabile, poco connotata in senso discrezionale”. Inoltre “al procedimento appartiene la funzione primaria di assicurare una decisione, assunta nella legittimità. Al processo è rimesso il controllo, affidato ad un soggetto terzo, sulla legittimità della decisione, per garantire l’interesse pieno alla legittimità”. Proprio a causa di tale diversità ontologica, procedimento e processo dovrebbero rimanere distinti e separati, con esclusione di qualsivoglia improvvida commistione. 40 CHINÈ G., L'art. 21 octies, comma 2, l. n. 241/1990 nel diritto vivente, op. cit.. Secondo l'autore l’art. 21-octies l. 241/90 trarrebbe ispirazione dall’art. 46 della legge tedesca sul procedimento amministrativo (Verwaltungsverfahrengesetz) del 25 maggio 1976, secondo la quale l’annullamento del provvedimento non può essere preteso per la mera violazione di prescrizioni procedimentali, formali e sulla competenza territoriale, laddove non sia possibile assumere un'altra decisione. 41 MARENGHI E.M., Procedimenti e processualprocedimento, op. cit.: "Ci si è accorti che si è partecipato troppo e in troppi modi". ! !197 Capitolo Quinto b) l'altro rivolto a quel particolare vizio costituito dall'omessa comunicazione di avvio del procedimento nell’alveo dei provvedimenti discrezionali e non. Con riferimento agli atti vincolati in caso di vizi formali o procedimentali, si prevede che il provvedimento non sia annullabile quando ricorrano contemporaneamente i seguenti elementi: 1) violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti; 2) natura vincolata del provvedimento; 3) palese manifestazione che il contenuto dispositivo dell'atto non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato. In particolare si introduce un vincolo legale al potere di annullamento ope iudicis, in quanto ove il giudice amministrativo ritenga che i suddetti vizi non incidano sul contenuto dell’atto e che l’amministrazione avrebbe potuto adottare solo quel provvedimento (c.d. alternativa di diritto), non potrà disporne l’annullamento. In relazione al secondo inciso del comma II dell’art. 21-octies, esso concerne un tipico vizio procedimentale (violazione dell'obbligo di avvio del procedimento) e prevede che l'atto non sia annullabile “qualora l'amministrazione dimostri in giudizio che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato”. Quest'ultima ipotesi non risulta circoscritta all’attività vincolata, estendendosi anche all’attività discrezionale42. Pertanto in tale fattispecie, al fine di scongiurare la caducazione giurisdizionale dell’atto, la P.A. ha l'onere di provare in giudizio che l’eventuale apporto collaborativo del privato sarebbe stato irrilevante e ininfluente ai fini del contenuto dispositivo del provvedimento (c.d. alternativa di fatto). L’art. 21-octies mira a scongiurare che ogni violazione di legge si traduca sempre nell’annullamento dell’atto impugnato, che in questi casi rappresenterebbe per il ricorrente una "vittoria di Pirro" inutile e costosa, in quanto l'amministrazione, in sede di riesercizio della funzione, potrebbe emanare un atto del medesimo contenuto, sia pure emendato dei vizi formali. In questa ipotesi, pertanto, la caducazione del 42 Cons. Stato, sez. V, 19 giugno 2009, n. 4031, in www.giustizia-amministrativa.it. ! !198 Capitolo Quinto provvedimento non assicurerebbe nè il buon andamento dell’azione pubblica né una protezione adeguata al cittadino, in spregio agli artt. 97 e 111 Cost.43. Il legislatore della novella ha, dunque, voluto superare gli eccessivi formalismi del principio di legalità a beneficio di un sindacato sostanziale sulla legittimità degli atti, funzionale ad una tutela piena ed effettiva dell'amministrato, che salvaguardi al contempo l’economicità e l’efficienza dell'azione amministrativa. La disciplina dell’art. 21-octies dimostra come l’idea del risultato permei oramai tanto il procedimento quanto il processo44. Il II co. della disposizione contempla alcune ipotesi nelle quali, nonostante l'illegittimità dell’atto45, è preclusa al giudice l'emissione di una pronuncia di annullamento, qualora all’esito di una verifica ex post ed in concreto, egli accerti che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso, anche a fronte della partecipazione dell’interessato o dell’osservanza delle prescrizioni formali46. Trattasi, dunque, di un giudizio diverso da quello in tema di irregolarità47, in quanto successivo, di natura processuale e ad esito incerto (in quanto 43 Cons. Stato, sez. VI, 9 febbraio 2007, n. 528, in www.giustizia-amministrativa.it. È preferibile, secondo i giudici amministrativi, un’interpretazione che depuri dalle formalità il rapporto cittadino-P.A. e che, pur non disconoscendo la natura impugnatoria del giudizio amministrativo, sposti l’attenzione anche sul rapporto sostanziale sottostante, vale a dire sullo scontro autorità-libertà e sui suoi contenuti che presiedono alla decisione in ordine alla pretesa del cittadino nei confronti della amministrazione. 44 Ex plurimis Tar Catanzaro, sez. II, 13 marzo 2006, n. 283. Tar Lombardia, sez. II, 18 luglio 2007, n. 3351. Tar Campania, sez. VII, 20 novembre 2007, n. 8943. Tar Lazio, sez. I Ter, 23 febbraio 2007, n. 1625, in www.giustizia-amministrativa.it. 45 La disciplina dei vizi non invalidanti postula l'illegittimità dell'atto e ciò sarebbe confermato dal potere della P.A. di rimuovere il provvedimento nell’esercizio dei suoi poteri di autotutela. La limitazione legislativa concerne esclusivamente il potere di annullamento giurisdizionale, determinando una sanatoria processuale dell’atto amministrativo allorchè il giudice accerti la ricorrenza delle condizioni previste dall’art. 21-octies II co. l. 241/90. In giurisprudenza Cons. Stato, sez. VI, 17 ottobre 2006, n. 6194, in www.giustamm.it. 46 Si tratta della prova di resistenza dell'id quod non est, che l'amministrazione ha l'onere di fornire in giudizio per evitare la caducazione giurisdizionale del provvedimento. In altri termini la P.A. è tenuta a dimostrare che anche l'osservanza delle regole o la partecipazione dell'interessato non avrebbe modificato il contenuto del provvedimento. 47 Sulle differenze tra la figura dell’irregolarità e la figura delle illegittimità non invalidanti si rinvia a CARINGELLA F., Manuale di diritto amministrativo, op. cit.. Si veda anche PEPE G., Il principio di conservazione degli atti giuridici con particolare riguardo alla attività amministrativa, in www.giustamm.it, 2009. ! !199 Capitolo Quinto può condurre tanto all’annullamento giurisdizionale dell’atto quanto alla sua conservazione). Si determina in questo modo una rivisitazione delle tecniche tradizionali del processo e dei poteri del giudice amministrativo, nella rinnovata prospettiva di un giudizio non più circoscritto all'atto, ma sempre più esteso alla cognizione del rapporto intersoggettivo controverso48 nonchè dell'intera gamma degli interessi ad esso sottesi. 5.3.Il sindacato del giudice sulla violazione del principio di proporzionalità nell’azione amministrativa Il principio di proporzionalità, quale misura dell'esercizio del potere discrezionale, è divenuto in questi ultimi anni un leit motiv delle pronunce del giudice amministrativo che ad esso si richiamano con sempre maggior frequenza nell'attività di sindacato dell'azione pubblica. Pur aleggiando da sempre in ambito amministrativo49, il principio di proporzionalità ha raggiunto gli attuali sviluppi per merito della giurisprudenza comunitaria che ne ha definito i principali caratteri, funzionalizzandolo alla tutela delle situazioni soggettive individuali. Alla stregua degli altri principi non scritti, coniati dalla Corte di giustizia, il 48 Tar Campania, sez. VII, 11 luglio 2007, n. 8943, in www.giustizia-amministrativa.it. Secondo il Tar "in caso di attività vincolata, per effetto della generale dequotazione dei vizi procedimentali e formali prodotta dalla regola del raggiungimento dello scopo il giudice amministrativo è oggi chiamato a conoscere della legittimità complessiva dell’azione amministrativa, ossia–volendo utilizzare una formula più esplicita–che l’oggetto del processo amministrativo non è più costituito dalla legittimità del provvedimento impugnato (nei limiti delle censure dedotte dal ricorrente), ma dal rapporto pubblicistico tout court". In senso conforme Tar Campania, sez. IV, 20 novembre 2006, n. 9984. Tar Salerno, sez. I, 4 maggio 2005, n. 760. Tar Pescara, 13 giugno 2005, n. 394, in www.giustizia-amministrativa.it. 49 Il principio di proporzionalità è da sempre presente nel sistema amministrativo italiano, pur se in forme talora larvate o abbinato ad altri principi. In proposito ROMAGNOSI G.D., Principi fondamentali di diritto amministrativo onde tesserne le instituzioni, III ed., Prato, 1835 (I ed., Parma, 1814). SPAVENTA S., Discorso per l’inaugurazione della IV sez. del Consiglio di Stato, a cura di R. Ricci, in Riv. dir. pubbl. e della p.a. in Italia, 1909, 308. CAMMEO F., Commentario delle leggi della giustizia amministrativa, Milano, 1911. VITTA C., Diritto amministrativo, Torino, 1933. SPAGNUOLO VIGORITA V., Eccesso di potere per sproporzionata gravosità dei vincoli imposti alla proprietà privata, in Riv. giur. ed., 1958, I, 626. Il principio di proporzionalità è vissuto per decenni nell'oblio, attirando le attenzioni della dottrina italiana solo a partire dagli anni Novanta del secolo scorso. Tra i principali studi in materia VIPIANA P.M., Introduzione allo studio del principio di ragionevolezza nel diritto pubblico, Padova, 1993. GALETTA D.U., Principio di proporzionalità e sindacato giurisdizionale nel diritto amministrativo, op. cit.. SANDULLI A., La proporzionalità dell’azione amministrativa, op. cit.. COGNETTI S., Principio di proporzionalità. Profili di teoria generale e di analisi sistematica, op. cit.. ! !200 Capitolo Quinto principio di proporzionalità è norma immediatamente precettiva nei confronti sia delle istituzioni comunitarie sia delle autorità nazionali (amministrative e giurisdizionali)50. Per quanto concerne l'ordinamento italiano, non è esistito "sino agli anni Novanta, un vero e proprio test di proporzionalità" (Galetta D.U.) ed il sindacato sul principio in esame, confondendosi con il generico e indeterminato giudizio di ragionevolezza, apriva voragini nella tutela del cittadino vessato dagli atti autoritativi del pubblico potere. Il civis, infatti, leso da misure sproporzionate dell'autorità, in rare ipotesi otteneva la caducazione del provvedimento, a causa di un sindacato giurisdizionale poco incisivo. Gradualmente, sotto la spinta del diritto comunitario, il principio di proporzionalità è venuto ad acquisire struttura e contenuti autonomi rispetto ad altri principi, in primis la ragionevolezza, divenendo uno dei più importanti canoni di legittimità dell’azione pubblica51. Il criterio de quo costituisce, infatti, uno degli strumenti più incisivi, e talvolta invasivi, cui il giudice amministrativo ricorre nel vagliare l’attività dei pubblici poteri. Si è osservato, in proposito, come il sindacato di proporzionalità sia "potenzialmente suscettibile di comprimere pesantemente la discrezionalità amministrativa; il principio potrebbe consegnare al giudice le chiavi dell’azione amministrativa, rendendo l’organo giudiziario un vero e proprio protagonista del gioco, anziché un custode del rispetto delle regole"52. Alle declinazioni interpretative del principio, effettuate della Corte di giustizia, sono di regola tenuti ad ispirarsi i giudici nazionali, anche se frequentemente si assiste ad applicazioni domestiche in parte difformi o di intensità ridotta. Non sempre, infatti, il 50 BUOSO E., Alcuni recenti sviluppi sul principio di proporzionalità nella giurisprudenza amministrativa in materia di patrimonio culturale, in www.giustamm.it, 2011. CASALINI D., Il sindacato di proporzionalità sulle deroghe nazionali alla libera circolazione delle merci disposte per ragioni di tutela ambientale, in Foro amm. Cons. Stato, 2006, 25. MARTINICO G., Il principio costituzionale di proporzionalità nella “complessa” dialettica comunitaria, in Dir. pubbl. comp. eu., 2005, 1474. RUBINO V., La giurisprudenza della Corte di giustizia CE fra “precauzione” e “proporzionalità”: note a margine della sentenza F.lli Bellio, in Dir. com. sc. int., 2004, 507. 51 Cons. Stato, sez. V, 14 aprile 2006, n. 2087, in www.giustizia-amministrativa.it. 52 BUOSO E., Alcuni recenti sviluppi sul principio di proporzionalità nella giurisprudenza amministrativa in materia di patrimonio culturale, op. cit.. ! !201 Capitolo Quinto rigoroso metodo “trifasico” di matrice tedesca53, impostato sui canoni della idoneità, necessarietà ed adeguatezza viene seguito in modo univoco e rigoroso54. Nell’ordinamento italiano l’art. 1 l. 241/90, nell’affermare esplicitamente che l’attività amministrativa è retta dai principi del diritto comunitario, non annovera espressamente la proporzionalità tra i canoni di legittimità dell’agere publicum. Ciononostante è pacifica la sua appartenenza alla categoria dei principi dell’ordinamento comunitario55 e dunque anche dell’ordinamento italiano. Inoltre l’espresso rinvio dell'art. 1 rende applicabile il principio di proporzionalità, nella sua accezione sovranazionale, ad ogni forma di azione amministrativa, sia nelle materie di competenza comunitaria sia in quelle di esclusiva pertinenza nazionale, tanto nell’attività iure imperii quanto in quella iure privatorum. Il legislatore ha, dunque, accolto il principio di proporzionalità senza averne, però, definito contenuti, finalità ed ambito operativo. È rimesso, pertanto, all’interprete il compito di scandagliarne struttura e modalità applicative. Come accennato, il principio de quo non ha ricevuto in passato un'autonoma sistemazione dogmatica, venendo spesso confuso con altri principi quali ad esempio il principio di ragionevolezza, in un clima di ambiguità e incertezze56. La giurisprudenza maggioritaria considera oggi in modo autonomo e differente i due principi. Mentre “la 53 L’espressione “triplice gradazione” (in tedesco Dreistufigkeit) è utilizzata da STERN K., Das Staatsrecht der Bundesrepublik Deutschland–Grundbegriffe und Grundlagen des Staatsrechts, Strukturprinzipien der Verfassung, I vol., Munchen, 1984, 866. 54 Il principio di proporzionalità comunitaria a volte sembra composto dalla sola idoneità e necessarietà, in quanto la Corte di giustizia spesso tende ad omettere il canone dell’adeguatezza. Si vedano in proposito Cgce, 7 luglio 2009, in causa C-558/07, The Queen, in www.eur-lex.europa.eu. Cgce, 14 dicembre 2004, in causa C-434/02, Arnold, in www.eur-lex.europa.eu. 55 In giurisprudenza si segnalano Cons. Stato, sez. V, 19 giugno 2009, n. 4035. Tar Abruzzo, Pescara, sez. I, 30 marzo 2010, n. 215, in www.giustizia-amministrativa.it. In dottrina CASETTA E., Manuale di diritto amministrativo, op. cit.. DE ROBERTO A., L’attività pubblicistica dell’amministrazione. La disciplina della legge generale sull’azione amministrativa 7 agosto 1990, n. 241 fino alle ultime innovazioni introdotte dalla legge 18 giugno 2009, n. 69, Giappichelli, Torino, 2010. MASSERA A., I principi generali dell’azione amministrativa tra ordinamento nazionale e ordinamento comunitario, op. cit.. BASSANI M.–ITALIA V., Commento all’art. 1 comma 1, l. n. 241 del 90, in M.A. Sandulli e al., L’azione amministrativa: commento alla L. 7 agosto 1990, n. 241, modificata dalla L. 11 febbraio 2005, n. 15 e dal D.L. 14 marzo 2005, n. 35, Milano, 2005. 56 PARISIO V., Principio di proporzionalità e giudice amministrativo italiano, in Nuove autonomie, 2006, 726. ! !202 Capitolo Quinto ragionevolezza attiene al bilanciamento qualitativo degli interessi (plausibilità e giustificabilità di esso), la proporzionalità riguarda il bilanciamento quantitativo ossia la misura concreta del potere esercitato”57. In particolare, grazie all’influenza del diritto comunitario, il sindacato giurisdizionale sulla proporzionalità delle scelte amministrative si è potenziato, divenendo uno dei più incisivi strumenti di controllo della legittimità dell'agere publicum58. L'organo giurisdizionale è, infatti, deputato ad accertare la conformità del provvedimento ai canoni comunitari della idoneità, necessarietà e proporzionalità in senso stretto59. Dunque il sindacato di legittimità del giudice amministrativo dovrebbe estrinsecarsi, normalmente, nella verifica dei tre test conformemente alla declinazione tedesca e comunitaria del principio. Tuttavia, a fronte dell'orientamento giurisprudenziale che si avvale del controllo trifasico dei tre gradini, si rinvengono molteplici pronunce nelle quali i giudici amministrativi circoscrivono la verifica di proporzionalità al solo requisito della necessarietà, intesa quale scelta del mezzo più mite (che realizzi l’interesse pubblico con il minor sacrificio possibile per l'interesse privato)60. Nell'alveo dei tre parametri ad esser maggiormente incisivo è, soprattutto, il requisito della adeguatezza o proporzionalità in senso stretto, sulla scorta del quale il 57 Tar Campania, Salerno, sez. II, 16 aprile 2010, n. 3933, in www.giustizia-amministrativa.it. Secondo i giudici amministrativi la proporzionalità “presupponendo già una scelta qualitativamente ragionevole, ne è parametro di legittimità sotto il profilo quantitativo, riferendosi alla necessità che la scelta sia concretamente posta in essere con l’esercizio di una quantità di potere che sia idonea al perseguimento dell’interesse pubblico con il minor sacrificio per il contrapposto interesse privato che ne è inciso”. 58 Ex plurimis Cons. Stato, sez. V, 22 marzo 2005, n. 1195. Tar Lazio, sez. I, 27 febbraio 2007, n. 1748. Tar Lazio, sez. I, 4 gennaio 2008, n. 43, in www.giustizia-amministrativa.it. 59 Tale controllo ha interessato in special modo l’azione amministrativa con riferimento ai vincoli imposti al patrimonio culturale. Sul punto Tar Lazio, sez. II quater, 17 giugno 2010, n. 18488. Tar Lombardia, sez. III, 3 marzo 2010, n. 531, in www.giustizia-amministrativa.it. Per un’analisi di siffatte pronunce, alla luce del principio di proporzionalità, si rinvia a BUOSO E., Alcuni recenti sviluppi sul principio di proporzionalità nella giurisprudenza amministrativa in materia di patrimonio culturale, op. cit.. LIGUGNANA G., Principio di proporzionalità e integrazione tra ordinamenti. Il caso inglese e italiano, op. cit.. 60 A titolo esemplificativo Tar Puglia, 7 luglio 2010, n. 1698. Tar Trento, sez. I, 8 luglio 2010, n. 169. Tar Lombardia, sez. I, 26 febbraio 2010, n. 985, in www.giustizia-amministrativa.it. ! !203 Capitolo Quinto giudice è chiamato ad accertare, una volta acclarata la sussistenza dei requisiti di idoneità e necessarietà, la proporzionalità della misura, previa ponderazione degli effetti sfavorevoli per il destinatario con gli effetti favorevoli per l’interesse pubblico. In tale aspetto del controllo giudiziale si annida il rischio che la verifica di legittimità tracimi in un controllo di merito sostitutivo della scelta amministrativa, in spregio del principio di divisione dei poteri61. Ecco perchè, tradizionalmente il giudice amministrativo, al fine di scongiurare indebite sostituzioni nella sfera riservata alla P.A., ha verificato la legittimità dell'esercizio del potere sulla falsariga del sindacato sulle figure sintomatiche dell'eccesso di potere62. Lo scrutinio di proporzionalità è divenuto nel corso dei decenni sempre più intenso e penetrante, anche per merito dell'autonomia concettuale assunta dal principio. In questo modo il canone di proporzionalità viene a configurarsi oggi quale distinto indice sintomatico dell'eccesso di potere. Infatti nell'esercizio della funzione pubblica il principio si colloca al centro del sindacato sulla discrezionalità amministrativa63, dato che ogni sua violazione è sintomo di cattivo esercizio del potere. Nell’alveo di una progressiva democratizzazione delle attività pubbliche, il principio di proporzionalità è destinato ad assicurare una tutela maggiormente satisfattiva al cittadino: a monte, imbrigliando lo svolgimento della funzione amministrativa. mediante apposite regole di conformazione; a valle ampliando l'area del sindacato giurisdizionale sulle violazioni perpetrate dalla pubblica autorità. In tal modo le 61 A riguardo il supremo Consesso di giustizia amministrativa (Cons. Stato, sez. IV, 9 ottobre 2010, n. 7383, in www.giustizia-amministrativa.it), in tema di sanzioni disciplinari afferma: "Il principio di proporzionalità consiste in un canone legale di raffronto che (...) non consente di controllare il merito dell’azione amministrativa". Inoltre "il sindacato giurisdizionale non può spingersi ad un punto tale da sostituire l’apprezzamento dell’organo competente con quello del giudice, valutando l’opportunità del provvedimento adottato, ovvero individuando direttamente le misure ritenute idonee". 62 Sulla riconducibilità del principio di proporzionalità alla sintomatologia dell'eccesso di potere COGNETTI S., Principio di proporzionalità. Profili di teoria generale e di analisi sistematica, op. cit.. BUONFINO A., Il "servitore infedele". Notazioni sistematiche sulla proporzionalità delle sanzioni disciplinari tra canone di ragionevolezza e prestigio istituzionale, Nota a Cons. Stato, sez. IV, 15 settembre 2010, n. 6877, in Dir. proc. amm., n. 2 del 2012. 63 Sul principio di proporzionalità quale strumento di sindacato dell'esercizio della funzione discrezionale, ex multis, Tar Lazio, Roma, sez. III, 18 ottobre 2006, n. 10485, in Foro amm., 2006. Cons. Stato, sez. IV, 5 luglio 2010, n. 4246. Tar Abruzzo, Pescara, sez. I, 25 giugno 2010, n. 730. Cons. Stato, sez. IV, 5 marzo 2010, n. 1274. Tar Puglia, Lecce, sez.I, 10 febbraio 2010, n. 531. Tar Veneto, Venezia, sez. III, 2 gennaio 2009, n. 6, in www.giustizia-amministrativa.it. ! !204 Capitolo Quinto situazioni soggettive individuali ne escono rafforzate tanto in sede procedimentale quanto in ambito processuale. In ordine all'ampiezza e ai caratteri del potere di controllo del giudice, va detto in primo luogo come l’eccesso di potere, quale vizio della funzione amministrativa64, rappresenti il terreno privilegiato per misurare, attraverso il parametro della proporzionalità, l'incidenza del sindacato giurisdizionale sui provvedimenti amministrativi. Infatti il cattivo uso della discrezionalità è spesso evidenziato dall'adozione di misure inadeguate o sproporzionate rispetto alle finalità della norma attributiva del potere. La verifica del giudice è tesa, quindi, a ripercorrere la scelta comparativa degli interessi compiuta dalla P.A.. E proprio il criterio della proporzionalità si inquadra fra i più idonei parametri di misurazione della logicità e ragionevolezza del bilanciamento e dunque della legittimità della misura discrezionale65. Così configurato il sindacato sull'eccesso di potere, mediante il grimaldello della proporzionalità, si fa più intenso rispetto alle verifiche giudiziali fondate sul principio di ragionevolezza o sulle tradizionali figure sintomatiche. In questo modo si garantisce, pertanto, una tutela maggiormente satisfattiva alle situazioni soggettive del cittadino. Prima di approfondire le tecniche di verifica giurisdizionale alla stregua del principio di proporzionalità, occorre ribadire come ciò che oggi può apparire scontato in termini di tutela del civis rappresenti l'esito di un percorso evolutivo dettato dai principi comunitari. Senza ripercorrere la genesi del principio di proporzionalità nell'ordinamento italiano66, sia sufficiente in questa sede una considerazione. Per decenni il sindacato sulla proporzionalità dei provvedimenti amministrativi si è estrinsecato in forme 64 Tra i più significativi contributi BENVENUTI F., Eccesso di potere amministrativo per vizio della funzione, in Rass. dir. pubbl., 1950. 65 Interessanti a riguardo gli studi di GIANNINI M.S., Diritto amministrativo, vol. I, Milano, 1993, in ordine alle relazioni tra discrezionalità amministrativa, principio di proporzionalità ed eccesso di potere. 66 A tal proposito si rinvia a ROMAGNOSI G.D., Principi fondamentali di diritto amministrativo onde tesserne le instituzioni, op. cit.: "Nel caso del conflitto degli interessi del privato con quelli del pubblico…si è far prevalere la cosa pubblica alla privata entro i limiti della vera necessità". ! !205 Capitolo Quinto indirette, attraverso un controllo di logicità e ragionevolezza scarsamente incisivo67. Un sindacato giurisdizionale, dunque, debole e ineffettivo e come tale inidoneo ad offrire adeguata protezione alla sfera giuridica degli amministrati. Un controllo del giudice, così congegnato in sede processuale, rifletteva a ben vedere l'auctoritas dispiegata dal provvedimento unilaterale e imperativo in ambito procedimentale. Infatti sin dalla attività di comparazione degli interessi coinvolti nell'esercizio del potere, si assisteva alla prevalenza quasi automatica dell’interesse pubblico sugli interessi privati, con l'adozione di provvedimenti chiaramente sbilanciati in favore delle esigenze collettive e fortemente afflittivi nei riguardi degli amministrati uti singuli. Una sorta di presunzione fattuale di proporzionalità, vinta solo nelle rare ipotesi di provvedimenti palesemente irragionevoli e sproporzionati alla stregua delle finalità di pubblico interesse. E, in omaggio al principio della divisione dei poteri, lo stesso giudice amministrativo, al fine di non sostituire proprie valutazioni a quelle della P.A., ha circoscritto per molto tempo sia l'ambito che l'intensità del proprio sindacato sulla proporzionalità del provvedimento. Oggi la situazione è radicalmente mutata, poichè la capillare infiltrazione dei principi comunitari nell'ordinamento italiano ha arricchito di nuovi parametri il sindacato del giudice sulla proporzionalità dell'atto amministrativo. Invero il controllo giurisdizionale, attualmente, si esplica in una valutazione di conformità dell’azione pubblica ai parametri di idoneità, necessarietà ed adeguatezza. In ordine cronologico il giudice provvede alle seguenti verifiche: 1) accerta la situazione di fatto nonchè l'osservanza dei requisiti formali e sostanziali connessi al giusto procedimento; 2) valuta la logicità e congruità dell’azione; 67 BOZZI A., Il principio di proporzionalità nelle sentenze emesse dai Tribunali amministrativi italiani, Relazione al convegno dell’associazione italiana dei magistrati amministrativi italo-francotedesca, Koln, 20-21 giugno 1997. Mentre il sindacato di ragionevolezza si manifesta in un controllo superficiale ed estrinseco dell'attività amministrativa, viceversa, lo scrutinio di proporzionalità conduce ad un sindacato penetrante di tipo intrinseco. Soprattutto in relazione ai provvedimenti restrittivi ciò comporta un avanzamento della tutela del cittadino coinvolto dall'esercizio del potere. ! !206 Capitolo Quinto 3) esamina l'idoneità, l'afflittività nonchè l'adeguatezza del provvedimento amministrativo68. In tal modo il controllo dell'organo giurisdizionale si appalesa tra i più incisivi ed efficaci69. Infatti una completa verifica circa la proporzionalità di un atto ipotizza un sindacato pieno e diretto anche sull’attività amministrativa a monte, con particolare riferimento alla fase istruttoria di ponderazione degli interessi. All'ampliamento dei poteri e delle tecniche di sindacato del giudice, corrisponde in ambito procedimentale un riequilibrio dei rapporti tra l'autorità e i destinatari dell'azione pubblica, attraverso l'introduzione, a partire dalla l. 241/90, di una serie di principi e regole volti ad estendere le tutele dell'amministrato al cospetto del pubblico potere. Invero, la P.A. non accorda più, come in passato, prevalenza tout court all'interesse pubblico, ma pondera quest'ultimo in modo ragionevole e proporzionato con gli ulteriori interessi coinvolti nel procedimento70. E nell'esercizio di questa attività l'amministrazione rinviene, segnatamente nel principio di proporzionalità, uno dei canoni conformativi del proprio agire. La l. 241/90, pertanto, trasforma in profondità il modo di atteggiarsi della discrezionalità amministrativa dinanzi all’accresciuto numero degli interessi in competizione71. In una nuova dimensione del potere maggiormente democratica, la P.A. è costretta a rinunciare ad una buona dose di autoritarietà in nome di un esercizio della funzione più attento alle pretese degli amministrati. 68 SANDULLI A., La proporzionalità dell’azione amministrativa, op. cit.. 69 In proposito si rinvia allo studio monografico di POLICE A., La predeterminazione delle decisioni amministrative. Gradualità e trasparenza nell’esercizio del potere discrezionale, Esi, Napoli, 1997. 70 GALETTA D.U., Principio di proporzionalità e sindacato giurisdizionale nel diritto amministrativo, op. cit.: Secondo l'autrice oggi “non appare più sostenibile la tesi della necessaria superiorità gerarchica dell’interesse pubblico rispetto a tutti gli altri interessi coinvolti dalla emanazione del provvedimento finale ”. 71 Ogni provvedimento presuppone una previa attività di valutazione comparativa degli interessi privati con l’interesse pubblico primario. La determinazione finale della P.A. non assicura, oggi, sempre e comunque la prevalenza dell’interesse pubblico primario. E, ove all’esito del giudizio appaia inevitabile il sacrificio degli interessi privati, tale sacrificio andrà circoscritto a quanto strettamente necessario. ! !207 Capitolo Quinto La scelta amministrativa, dismessi gli abiti della assoluta unilateralità e segretezza, si trasforma, così, in decisione condivisa, partecipata e calibrata sulle esigenze del cittadino. In tale contesto il principio di proporzionalità diviene, da un lato, la stella cometa delle nuove dinamiche tra momento dell’autorità e momento della libertà, dall’altro, la misura della legittimità della scelta pubblica, acquisendo un decisivo rilievo sia in ambito procedimentale sia in sede processuale. In definitiva sotto la pressante influenza del diritto comunitario, il sistema amministrativo italiano, da un lato, esalta nel corso del procedimento il momento istruttorio, ispirato ad un proporzionato bilanciamento degli interessi, dall'altro, valorizza nell'ambito del processo un sindacato giurisdizionale sulla proporzionalità del provvedimento pieno, intenso ed effettivo. Tutto ciò nella finalità di preservare la libertà del cittadino da interventi pubblici non idonei, necessari o adeguati. ! ! ! !208 Capitolo Sesto CAPITOLO SESTO ! La tutela delle legittime aspettative dei privati in alcuni istituti del diritto amministrativo italiano ! Sommario: 6.1. Gli accordi ex art. 11 l. 241/1990. 6.1.1. L'affidamento del privato alla stabilità delle convenzioni di lottizzazione a fronte di una variante urbanistica al P.r.g.. 6.2. L'autotutela decisoria: l'affidamento del cittadino alla stabilità del provvedimento quale limite alla funzione di riesame. 6.2.1. Una fattispecie spinosa: l'autotutela della pubblica amministrazione avverso un atto confliggente con l'ordinamento comunitario. 6.3. Il danno da ritardo e la nuova concezione del tempo come bene della vita risarcibile in via autonoma. 6.1. Gli accordi ex art. 11 l. 241/1990 La tematica delle oscillazioni dell’attività amministrativa dal polo dell'autorità al polo del consenso suscita da sempre vivo interesse in dottrina1. Tra la fine del XIX e gli inizi del XX sec. il sistema amministrativo italiano2, sotto l’influenza della giuspubblicistica francese e tedesca di fine Ottocento3, è caratterizzato da un "pregiudizio anti-contrattuale" che muove dai seguenti postulati: a) la non negoziabilità del potere; b) l’imperium come attributo essenziale dell’azione amministrativa; c) la supremazia, fattuale e giuridica, della P.A. nei confronti degli amministrati4. 1 Tra i molteplici contributi, a titolo esemplificativo, CERULLI IRELLI V., Autorità e consenso nell’attività amministrativa, Relazione al XLVII Convegno di studi di scienza dell’amministrazione di Varenna, in AA.VV., Autorità e consenso nell’attività amministrativa, op. cit.. BASSI F., Autorità e consenso, in Riv. trim. dir. pubbl., 1992. 2 Sintomatiche del pensiero della dottrina dell’epoca le parole di F. Cammeo: "Ripugna al tradizionale senso del comune giuridico concepire come contrattuali quasi tutti gli atti che sopra ho enumerato (fra gli altri: ordini autorizzazioni, concessioni, ammissioni in istituti pubblici, nomina di impiegati pubblici) né devesi mai nella scienza giuridica affermare leggermente ciò che al senso della comune degli uomini troppo profondamente ripugna”, citate in MANFREDI G., Accordi e azione amministrativa, Giappichelli, Torino, 2001. 3 Tra i vari MAYER O., Deutsches Verwaltungsrecht, op. cit., il quale, ispirandosi alla filosofia hegeliana dello Stato forte, concepisce le relazioni tra amministrazione e cives in forma diseguale e sbilanciata a favore del potere, costruendole intorno alla unilateralità e imperatività del provvedimento. 4 CAMMEO F., Corso di diritto amministrativo, op. cit.: I rapporti tra Stato e individuo devono “presumersi regolati dal diritto pubblico se non v’è espressa e chiara ragione in contrario”. ! !209 Capitolo Sesto L’agere publicum è tradizionalmente contraddistinto dalla figura del provvedimento (sia pure inizialmente concepito come negozio giuridico unilaterale sui generis, in virtù della interposizione dei concetti di matrice pandettistica di diritto pubblico). Ad ogni modo, in passato, si è talvolta consentito alla P.A. l'esercizio di un'attività di gestione, attraverso l'uso di strumenti negoziali5, in base ad una speciale capacità di diritto privato riconosciuta ai soggetti pubblici. Tuttavia si trattava di casi numericamenti circoscritti rispetto all'ordinaria attività provvedimentale6. Pertanto l’immagine del sistema amministrativo, offerta dalla giuspubblicistica dell’epoca, è stata quella "di un modello caratterizzato da un manifesto sfavore nei confronti della negozialità, cui consegue una sempre più marcata separazione tra i due mondi giuridici del diritto pubblico e del diritto privato"7. Con il trascorrere dei decenni l'emersione di una pluralità di interessi sociali, tipica dello Stato pluriclasse del Novecento8, accompagnata da un incremento dei compiti amministrativi, conduce ad una valorizzazione crescente dei moduli negoziali nell'esercizio della funzione pubblica sino alla consacrazione raggiunta con la l. 241/90. La codificazione di nuovi istituti, abbinata all'unanime riconoscimento della generale capacità di diritto privato dei soggetti pubblici, consente alla P.A. di stipulare in via 5 RANELLETTI O., Per la distinzione degli atti d’impero e di gestione, 1905, in Scritti giuridici scelti, vol. III, Gli atti amministrativi, a cura di E. Ferrari e B. Sordi, Napoli, 1992, 686. LEDDA F., Per una nuova normativa sulla contrattazione pubblica, in Scritti in onore di A. Amorth, vol. I, 317, ora in Scritti giuridici, I, Milano, 1999, 271. L’autore rileva che “dal piedistallo l’amministrazione scende con un piede solo” e che “lo scettro dell’autorità non è certo indispensabile per la realizzazione di quel pubblico interesse, che l’amministrazione deve saper curare come contraente”. 6 CANGELLI F., Potere discrezionale e fattispecie consensuali, op. cit.: "Tale attività di gestione, tuttavia, non costituiva il proprium dell’attività amministrativa, né si è mai ritenuto che essa potesse contribuire a fissare i veri lineamenti dell’amministrazione, pertanto rimaneva ai margini delle ricostruzioni sistematiche, incentrate, invece, su elementi del tutto antinomici rispetto a quelli del diritto privato: la strutturale disparità del rapporto, indotta dalla supremazia della pubblica amministrazione, attraverso il peso dell’interesse pubblico". 7 CANGELLI F., Potere discrezionale e fattispecie consensuali, op. cit.. 8 GIANNINI M.S., I pubblici poteri negli Stati pluriclasse, in Riv. trim. dir. pubbl., n. 2-3 del 1979, 389. MERUSI F., Dallo Stato monoclasse allo Stato degli interessi aggregati, in Cassese S.-Guarino G. (a cura di), Dallo Stato monoclasse alla globalizzazione, in Quad. rass. parlam., Milano, 2000, 119. ! !210 Capitolo Sesto ordinaria negozi di diritto comune alla stregua degli altri soggetti dell'ordinamento9. (Si suol dire che una persona giuridica pubblica prima ancora sia una persona giuridica tout court ). La legge sul procedimento amministrativo degli anni Novanta, sospinta dall'ondata comunitaria di potenziamento delle pretese del cittadino, consacra, in omaggio al principio di consensualità10, un nuovo modello di amministrazione per accordi, inaugurando un sistema "binario", in cui l’azione amministrativa può soddisfare l’interesse pubblico, in via alternativa, con il provvedimento o con il rimedio negoziale. 9 In generale sull’amministrazione per accordi, senza pretese di esaustività, LACAVA F., Principio di legalità e moduli convenzionali nell’esercizio del potere amministrativo, in www.giustamm.it, 2011. CAPOTOSTI P.A., Tendenze alla negoziazione degli interessi tra amministrazione e privati e principio di legalità, in Studi in memoria di Franco Piga, I, Milano, 1992. BRUTI LIBERATI E., Consenso e funzione nei contratti di diritto pubblico tra amministrazione e privati, Milano, 1996. SALA G., Accordi sul contenuto discrezionale del provvedimento e tutela delle situazioni soggettive, in Dir. proc. amm., 1992. CHIRULLI P., Autonomia pubblica e diritto privato nell'amministrazione. Dalla specialità del soggetto alla rilevanza della fattispecie, Padova, 2005. D’ANGIOLILLO P., Accordi amministrativi e programmazione negoziata nella prospettiva del potere discrezionale, op. cit.. FRACCHIA F., L’accordo sostitutivo: studio sul consenso disciplinato dal diritto amministrativo in funzione sostitutiva rispetto agli strumenti unilaterali di esercizio del potere, Cedam, Padova, 1998. DAMONTE R., Atti, accordi, convenzioni nella giustizia amministrativa, Padova, 2002. ESPOSITO G.M., Amministrazione per accordi e programmazione negoziata, Napoli, 1999. GIANNINI M.S., Dell’amministrare per accordi (1990), ora in Scritti 1984-1990, VIII, Milano, 2006, 1150. GRAUSO P., Gli accordi della pubblica amministrazione con i privati, Milano, 2007. GRECO G., Accordi amministrativi tra provvedimento e contratto, Torino, 2003. MANFREDI G., Accordi e azione amministrativa, op. cit.. MENGOLI V., Gli accordi amministrativi fra privati e pubbliche amministrazioni, Milano, 2003. TIGANO F., Gli accordi procedimentali, Giappichelli, Torino, 2002. 10 CONTIERI A., La programmazione negoziata. La consensualità per lo sviluppo. I principi, Napoli, 2000. COMPORTI G.D., Il principio di consensualità tra bilanci e prospettive, in www.giustamm.it, 2010. 11 Uno dei primi a teorizzare la crisi del provvedimento amministrativo è stato NIGRO M., Giustizia amministrativa, op cit.. Egli individua “cause esogene ed endogene” della “eclissi” dell’atto amministrativo: le cause esogene consistono nella sottrazione di “interi territori all’attività amministrativa autoritativa ed unilaterale che si estrinseca attraverso atti e provvedimenti discrezionali”. Si tratta, in particolare, di quei settori dell’azione amministrativa oggetto di privatizzazione e contrattualizzazione. Ad esse si affiancano le cause endogene le quali, operando in ambiti tuttora caratterizzati dalla presenza del provvedimento, determinano l’assorbimento dell’atto finale all’interno del procedimento quale sede di mediazione tra autorità e libertà in cui si assiste ad una “diluizione del potere” tra il suo titolare, le altre amministrazioni e i cittadini. ! !211 Capitolo Sesto Si assiste, così, alla dequotazione della figura autoritaria e unilaterale del provvedimento11 ed alla contestuale affermazione di un nuovo modello di amministrazione concertata12. Questa rinnovata concezione dei rapporti tra P.A. e amministrati si riflette, in particolare, sull'istituto degli accordi previsto dall'art. 11 l. 241/90. Tale categoria giuridica è estrinsecazione di un principio di piena fungibilità tra negozio e provvedimento nella cura degli interessi pubblici13, in un’era di “nuovo contrattualismo amministrativo” (Sticchi Damiani E.), che si spera non degeneri in una mera "infatuazione contrattualistica" (Nigro). Conseguentemente alla visione orlandiana di un apparato pubblico che "comanda sulle cose e sulle persone" va sostituendosi l'idea di un'amministrazione che negozia con i destinatari dell'azione pubblica contenuti e modalità dell'esercizio del potere. 12 In proposito D’ANGIOLILLO P., Accordi amministrativi e programmazione negoziata nella prospettiva del potere discrezionale, op. cit.: “Se in un contesto di unitarietà centralistica dello Stato l’atto costituiva la cifra su cui veniva parametrata la sfera di potere di ogni soggetto pubblico, ovvero la prerogativa di dettare unilateralmente il precetto di disciplina dei rapporti, in un ordinamento pluralista l’atto è compreso in una preventiva attività di composizione degli interessi e non si pone, dunque, come scopo ultimo di tale attività bensì come mezzo rispetto agli ulteriori fini sociali. Da ciò è discesa l’esigenza di impiegare un meccanismo più raffinato di selezione ed affermazione degli interessi attraverso la ricerca del consenso da parte degli stessi destinatari della decisione”. 13 A titolo esemplificativo Tar Lazio Roma, sez. II ter, 3 marzo 2006, n. 1677, in www.giustiziaamministrativa.it: "Nel testo della legge (la l. 241/90) provvedimento e contratto sono posti sullo stesso piano quali esiti del procedimento partecipato; tuttavia l’atto autoritativo non è più il solo strumento della cura degli interessi pubblici, essenziale è il fine pubblico, fungibili sono gli strumenti con cui perseguirlo". Pertanto “il fine pubblico può essere perseguito anche attraverso la diretta negoziazione del contenuto del provvedimento finale”. Si rinvia anche a Cgce, 12 luglio 2001, in causa C-399/98, Ordine degli architetti delle province di Milano e Lodi, in Corr. giur., 2002, 176. Corte cost., 23 aprile 1998, n. 135, in Riv. giur. urb., 1998, secondo cui “l’accordo, per la sua struttura bilaterale, che necessariamente riduce e semplifica ad una mera dicotomia il caleidoscopio di posizioni giuridiche coinvolte, è ontologicamente orientato a non prendere in considerazione ai fini dellla scelta che l’amministrazione è chiamata a compiere, tutte quelle posizioni d’interesse correlate alle plurime figure soggettive (...) coinvolte nella fattispecie”. In questi casi l’unico strumento in grado di garantire il pluralismo sociale è il provvedimento unilaterale ed imperativo. ! !212 Capitolo Sesto Il principio di consensualità modella, pertanto, l’ordinamento amministrativo secondo una logica di contrattazione della funzione14, nel quadro di una attività teleologicamente orientata al perseguimento dell'interesse pubblico. La costante ricerca del consenso, in un percorso di valorizzazione delle situazioni giuridiche soggettive dell'individuo, è sicuramente favorita dalla diffusione dei principi comunitari, portatori di "nuova concezione dell’agire pubblico", più attentata alle pretese dell'amministrato15. In ordine agli effetti che scaturiscono dall'istituto degli accordi ex art. 11, va detto che dalla stipulazione discende un effettivo vincolo sia per il privato sia per la P.A., la quale non può sciogliersi dal medesimo se non per sopravvenuti motivi di pubblico interesse. La previsione generalizzata degli accordi16 rafforza, indubbiamente, il ruolo del cittadino nel procedimento: egli è ora in grado di codeterminare il contenuto della scelta amministrativa, offrendo un contributo che non rimane confinato al mero contraddittorio, ma si spinge fino a vincolare l’esercizio della funzione discrezionale. Inoltre l’istituto in esame riveste, altresì, un'importante funzione deflattiva del contenzioso, producendo atti più stabili in quanto concordati con i destinatari. 14 BERTI G., Dalla unilateralità alla consensualità dell’azione amministrativa, in L’accordo nell’azione amministrativa, a cura di Masucci A., Formez, in Quad. reg., Roma, 1988, 25: "In un mondo dominato dallo scambio, dove anche la reciproca riconoscibilità dei soggetti politici e privati avvviene in ragione di scambio o di contratto, sarebbe assurdo pensare che l’amministrazione pubblica si debba, al contrario, ritirare in una sorta di esilio monacale, per custodire gelosamente le icone del potere imperativo, dell’atto unilaterale e via dicendo. Queste erano le figure simboliche proprie di un linguaggio che si era specializzato per dare finitezza o completezza, in tutte le sue propaggini, a un potere politico che voleva garantirsi attraverso una appropriata e speciale giuridicità". 15 D’ANGIOLILLO P., L’impatto dei principi generali dell’ordinamento comunitario sull’attività amministrativa. La “prospettiva antropocentrica” nel rapporto giuridico tra cittadino e amministrazione, in Le Corti salernitane, n. 1, 2008, 36. Ad avviso dell’autore “i moduli consensuali sono idonei ad offrire al privato modelli di comportamento atti al soddisfacimento, unitamente agli interessi privati, degli interessi pubblici con la conseguenza che l’amministrazione ha interesse alla concretizzazione dell’interesse privato purchè ciò avvenga nel rispetto di modelli che possano assicurare che non siano compromessi altri interessi pubblici o privati”. Si rinvia altresì a SCOCA F.G., La teoria del provvedimento dalla sua formulazione alla legge sul procedimento, in Dir. amm., n. 1 del 1995. 16 Tale previsione è stata ntrodotta dalla l. 11 febbraio 2005, n. 15, di modifica della l. 7 agosto 1990, n. 241, con riferimento alla figura degli accordi sostitutivi. La riforma, rimuovendo il previgente limite della tipicità, ha reso gli accordi ex art. 11 moduli ordinari di esercizio del potere discrezionale. ! !213 Capitolo Sesto La tematica degli accordi intercetta, poi, il principio della tutela del legittimo affidamento in ordine alle condizioni e ai limiti di recesso riconosciuti alla amministrazione. Come visto, ai sensi dell’art. 11, la P.A. può recedere in modo unilaterale dall’accordo esclusivamente per sopravvenuti motivi di pubblico interesse17. Il richiamo contenuto nel co. II dell’art. 11 ai principi del codice civile in materia di obbligazioni e contratti include, infatti, l’osservanza del principio pacta sunt servanda, a tutela dell'affidamento della controparte18. Si è, allora, in presenza di un conflitto tra principi che necessita di apposito bilanciamento: da un lato l’affidamento del privato alla stabilità degli impegni intercorsi con l’amministrazione; dall’altro, il principio del buon andamento da cui discende l’obbligo per la P.A. di assicurare in ogni momento la miglior cura possibile dell’interesse pubblico, anche attraverso il recesso dai vincoli assunti. Normalmente la tutela dell’interesse della collettività, ponendosi quale vincolo teleologico dell’agere publicum, è tendenzialmente destinata a prevalere, non rinvenendo ostacoli insormontabili nei contrapposti interessi privati, anche se consacrati in accordi vincolanti l'amministrazione19. Tuttavia, va anche precisato come il sacrificio imposto al privato debba essere necessario ed inevitabile in vista della realizzazione dell’interesse pubblico20. Invero dalla stipulazione dell’accordo discende un ragionevole e legittimo affidamento del soggetto stipulante all'osservanza e all'esecuzione delle pattuizioni ivi contenute; un affidamento che, ai sensi dell’art. 11, la P.A. è tenuta a 17 Tar Veneto, sez. II, 28 novembre 1998, n. 2334, in Foro Tar, 1999, I, 128. Cons. Stato, sez. IV, 6 novembre 1998, n. 1448, in Cons. Stato, 1998, I, 1727. Tar Toscana, Firenze, sez. II, 30 dicembre 2011, n. 2077, in www.giustizia-amministrativa.it. 18 MERUSI F., Buona fede e affidamento nel diritto pubblico: dagli anni Trenta all'alternanza, op. cit., secondo il quale l’ambito applicativo di siffatti principi includerebbe formazione, conclusione, esecuzione ed interpretazione degli accordi. 19 MONTEFERRANTE L., Ai confini del diritto pubblico: revoca e recesso nella legge sul procedimento amministrativo, in Il Corriere del merito n. 3 del 2006, 367. 20 DI CAMILLO F., Legge n. 15/2005: l’amministrazione “partecipata” tra conferme e nuove prospettive, in www.diritto.net. ! !214 Capitolo Sesto rispettare, potendo recedere solo alle condizioni previste dalla legge21, con l'obbligo di corrispondere un indennizzo (congruo) alla controparte. La previsione di sopravvenuti motivi di pubblico interesse nonchè l'obbligo di corresponsione di una somma a titolo di indennizzo avvicinano la figura del recesso ex art. 11 all'istituto della revoca ex art. 21-quinquies22. Questa tesi è tuttavia smentita da quella parte della dottrina23 che ritiene il recesso espressione di un potere della P.A., non già discrezionale (come la revoca), bensì doveroso che non si estrinseca in quella attività di bilanciamento di interessi, tipica invece della funzione di riesame. La figura del recesso pubblicistico ex art. 11 è, comunque, di difficile decifrazione, poichè il diritto di recesso viene esercitato dalla P.A. nel rispetto non solo della buona fede oggettiva24 e del legittimo affidamento del privato al mantenimento dell’accordo25, ma anche dei principi di imparzialità e buon andamento. Già tale considerazione evidenzia la maggiore complessità del recesso ex art. 11 rispetto all’omologa figura di cui all'art. 1373 c.c., con inevitabili differenze sul regime applicabile. 6.1.1. L’affidamento del privato alla stabilità delle convenzioni di lottizzazione a fronte di una variante urbanistica al P.r.g. 21 Cons. Stato, sez. VI, 20 gennaio 2000, n. 264, in Riv. trim. app., 2000. 22 CIVITARESE MATTEUCCI S., Contributo allo studio del principio contrattuale nell’attività amministrativa, Torino, 1997. Per un inquadramento generale dei rapporti tra recesso ex art. 11 e revoca ex art. 21-quinquies della l. 241/90 si veda AA.VV., Autorità e consenso nell’attività amministrativa, Milano, 2002. 23 Sulla configurazione del recesso come potere–dovere MANFREDI G. Accordi e azione amministrativa, op. cit.. PETRILLO A.M., Gli accordi amministrativi nella legge 7 agosto 1990, n. 241 relativa alla disciplina del procedimento amministrativo, in Riv. amm., 1992. 24 In ordine alla fede oggettiva, quale canone generale dell'azione amministrativa, in giurisprudenza ex multis, Cons. Stato, sez. V, 21 giugno 2007, n. 3384. Cons. Stato, 26 gennaio 2011, n. 550. Tar Calabria, Reggio Calabria, sez. I, 18 agosto 2008, n. 438. Tar Campania, Salerno, sez. I, 22 marzo 2011, n. 525, in www.giustamm.it. In dottrina MERUSI F., Buona fede e affidamento nel diritto pubblico: dagli anni trenta all’alternanza, op. cit.. 25 SALA G., Accordi sul contenuto discrezionale del provvedimento e tutela delle situazioni soggettive, op. cit.. ! !215 Capitolo Sesto Le convenzioni di lottizzazione rappresentano strumenti di pianificazione di tipo attuativo26, inquadrabili nel genus degli accordi sostitutivi ex art. 11 l. 241/9027. La convenzione di lottizzazione si qualifica, pertanto, come un contratto ad oggetto pubblico, inserito in un procedimento amministrativo a carattere pianificatorio. Il tema dell’affidamento del privato suscita da vari decenni, in ambito urbanistico ed edilizio, le attenzioni della giurisprudenza amministrativa, impegnata a preservare le situazioni di aspettativa qualificata ingenerate da atti della P.A.28. Quanto alle convenzioni di lottizzazione, di particolare interesse è l’esame della tutela dell’affidamento suscitato dalla convenzione e relativo all’aspettativa di rilascio di permesso di costruire quale provvedimento accessivo all’accordo. In special modo 26 CENTOFANTI N., Le convenzioni urbanistiche ed edilizie, Giuffrè, 2012. DALFINO E., L’interesse pubblico nelle lottizzazioni edilizie, Giuffrè, Milano, 1981. SANTIAPICHI X., L’intervento del privato nella pianificazione urbanistica: lottizzazioni, piani di edilizia economica e popolare, piani per gli insediamenti produttivi, programmi integrati d'intervento, di recupero e di riqualificazione urbanistica, aspetti penali rilevanti, Maggioli, Rimini 1995. CIPOLLINI M., Le lottizzazioni edilizie, Milano, 1987. SANDULLI A., Le convenzioni di lottizzazione: natura e tutela, in Gior. dir. amm., 1995. SIMONATI A., I piani di lottizzazione: caratteri e tendenze, in AA.VV., La pianificazione urbanistica di attuazione, De Pretis D. (a cura di), op. cit.. TRAVI A., voce Piano di lottizzazione e comparti edificatori, in Dig. disc. pubbl. IX, Torino, 1996. ASSINI N., Diritto urbanistico, III ed., Cedam, Padova, 2007. CIVITARESE MATTEUCCI S.-URBANI P., Diritto urbanistico. Organizzazione e rapporti, IV ed., Giappichelli, Torino, 2010. CROSETTI A.-POLICE A.-SPASIANO M.R., Diritto urbanistico e dei lavori pubblici, Giappichelli, Torino, 2007. PAGLIARI G., Gli accordi urbanistici tra p.a. e privati, in Riv. giur. urb., 2008, fasc. 4, 449. STELLA RICHTER P., Diritto urbanistico. Manuale breve, Milano, 2010. ZANINO R., Inadempimenti della p.a. in relazione ai piani di lottizzazione e risarcimento del danno, in www.giustamm.it. In giurisprudenza Tar Abruzzo, l’Aquila, 20 novembre 2001, n. 679. Cons. Stato, sez. V, 6 ottobre 2003, n. 5870, in www.giustizia-amministrativa.it. Il principio di negoziabilità del potere, efficacemente espresso dall'art. 11 l. 241/90, si configura quale principio generale che trova applicazione anche in materia di pianificazione urbanistica, ove l’incontro della volontà pubblica con la volontà privata è teleologicamente orientato alla cura di un interesse pubblico generale previsto dalla legge. 27 PENSABENE LIONTI S., Gli accordi con la pubblica amministrazione nell'esperienza del diritto vivente, Giappichelli, Torino, 2007. CIVITARESE MATTEUCCI S.-URBANI P., Diritto urbanistico. Organizzazione e rapporti, op. cit.. SARGENTI B., Sulla natura giuridica delle convenzioni urbanistiche, in Foro amm., 1993, I, 989. SIMONATI A., I piani di lottizzazione: caratteri e tendenze, in AA.VV., La pianificazione urbanistica di attuazione, De Pretis D. (a cura di), Trento, 2002. In giurisprudenza, ex multis, Cass. Sez. Un., 15 dicembre 2000, n. 1262. Cass. Sez. Un., 11 agosto 1997, n. 7452, in www.cortedicassazione.it. 54. Cons. Stato, sez. IV, 12 marzo 2009, n. 1477, in www.giustizia-amministrativa.it. Cons. Stato, sez V, 15 settembre 2003, n. 5152, in Cons. Stato 2003, I, 1932. Tar Molise, 18 ottobre 2000, n. 349, in Tar 2000, I, 5242. In special modo le peculiari caratteristiche di questa forma di accordo vengono sottolineate da Tar campania, sez. I, 11 marzo 2002, n. 209 in Foro Tar 2002, secondo cui la convenzione di lottizzazione, pur essendo espressione di autonomia negoziale, “è comunque giustificata, non tanto dall’equilibrio tra le prestazioni, che non è tipico di tale negozio”, bensì dalla funzione di urbanizzazione che integra l’unica causa tipica delle obbligazioni patrimoniali imposte al privato. 28 Sugli orientamenti della giurisprudenza degli anni Ottanta del secolo scorso si rinvia a DANI F., Oscillazioni in materia di affidamento dei privati in ordine alle scelte urbanistiche, in Riv. giur. ed., 1988. ! !216 Capitolo Sesto “la questione si prospetta quando sia preesistente una lottizzazione approvata e convenzionata e il Comune adotti una variante al piano regolatore che preveda per un’area inclusa una nuova e diversa destinazione, con l’inevitabile incidenza sullo specifico affidamento dei privati”29. In quest’ipotesi il sottoscrittore della convenzione può vantare un’aspettativa legittima e meritevole di tutela che ha il suo titolo giustificativo proprio nel piano di lottizzazione previamente stipulato con l’amministrazione30. L’affidamento del privato concerne, in particolare, la precedente edificabilità dell’area sancita nel piano di lottizzazione. Siffatta aspettativa è protetta dall'ordinamento con l'imposizione di un obbligo motivazionale in capo all’autorità amministrativa ove questa decida di modificare lo strumento urbanistico adottato31. Una motivazione, peraltro, che sia capace di giustificare adeguatamente, previo raffronto con l'interesse pubblico, il sacrificio arrecato alla aspettativa qualificata del privato alla conservazione dell'assetto urbanistico concordato32. La tutela dell’affidamento viene così a limitare l'esercizio del potere pianificatorio, prevedendo in capo all’amministrazione l’obbligo di motivare puntualmente, previa ponderazione degli interessi in gioco, eventuali modifiche atte a pregiudicare le legittime aspettative degli interessati. Quanto ad intensità, la motivazione deve essere specifica e puntuale qualora la variante riguardi aspettative “assistite da una particolare tutela o da speciale 29 ANTONIAZZI S., La tutela del legittimo affidamento del privato nei confronti della pubblica amministrazione, op. cit.. In argomento anche MERUSI F., Il coordinamento e la collaborazione degli interessi pubblici e privati dopo le recenti riforme, in Dir. amm., 1993. 30 POLITI R., La variante al P.r.g. Comparazione degli interessi pubblici e privati ed obbligo di motivazione, in Corr. giur. 1994, 1162. 31 LEONDINI G., L’affidamento dei privati nei programmi pluriennali di attuazione, in Riv. giur. urb., 1990, I, 269. 32 Ex plurimis Adun. Plen. Cons. Stato, 22 dicembre 1999, n. 24. Cons. Stato, sez. IV, 8 giugno 2007, n. 3025. Cons. Stato, sez. IV, 21 giugno 2007, n. 3400, in www.giustizia-amministrativa.it, secondo cui "la motivazione richiesta non consiste in un generale raffronto tra l'oggetto della variante ed altre aree del territorio comunale potenzialmente utilizzabili, ma deve comprendere l'indicazione delle ragioni di pubblico interesse che giustificano il mutamento della qualificazione urbanistica della specifica zona interessata". ! !217 Capitolo Sesto affidamento, quali quelle derivanti da un piano di lottizzazione debitamente approvato e convenzionato”33, in virtù dell'impegno formale assunto dalla parte pubblica34. In effetti la tutela degli affidamenti privati si risolve esclusivamente nell'obbligo di motivazione, ferma restando l'inesauribile e generale potestà di intervento (e modifica di precedenti soluzioni) della amministrazione in materia urbanistica. Di conseguenza nuovi interventi pianificatori (quali ad es. una variante al P.r.g. modificativa di un precedente accordo di lottizzazione), sono sempre ammissibili purchè la P.A. motivi "alla luce di criteri oggettivi", evidenziando "la presenza di affidamenti legittimi, considerati nella comparazione con l’interesse pubblico, e valutando l’entità dell’eventuale sacrificio” del privato35. L'amministrazione ha, quindi, l’obbligo di "dimostrare l’impossibilità di soddisfare l’interesse pubblico tramite soluzioni alternative meno onerose per l’interesse" del cittadino, sicchè un'eventuale verifica giudiziale sulla legittimità dell'azione amministrativa sarà effettuata alla stregua del principio di proporzionalità36. Qualora la variante al piano regolatore si palesi illegittima, con pregiudizio dell’affidamento alla stabilità del piano di lottizzazione approvato e convenzionato, il privato sarà legittimato ad esperire un’azione risarcitoria tesa al ristoro del danno subito37. Un piano di lottizzazione approvato e convenzionato è idoneo, pertanto, a suscitare un’aspettativa meritevole di tutela nei privati aderenti all’accordo. Di conseguenza in caso di adozione di una variante al P.r.g. negativamente incidente su una convenzione di 33 Cons. Stato, sez V, 23 maggio 2000, n. 2982, in www.giustizia-amministrativa.it. 34 Cons. Stato, sez. IV, 31 luglio 2000, n. 4222, in Foro amm. 2000, 2628. 35 ANTONIAZZI S., La tutela del legittimo affidamento del privato nei confronti della pubblica amministrazione, op. cit.. In giurisprudenza Cons. Stato, sez. IV, 17 dicembre 1991, n. 1127, in Nuova rass. 1992, 1629. Cons. Stato, sez. IV, 1 luglio 1992, n. 653, in Cons. Stato 1992, I, 873. Cons. Stato, sez. IV, 7 marzo 1997, n. 217, in Cons. Stato 1997. Cons. Stato, sez. IV, 1 settembre 1999, n. 1388, in Cons. Stato, 1999. Cons. Stato, sez. IV, 3 luglio 2000, n. 3646, in Cons. Stato, 2000. 36 GALETTA D.U., Principio di proporzionalità e sindacato giurisdizionale nel diritto amministrativo, op. cit.. 37 Cass. Civ., sez. I, 10 gennaio 2003, n. 157, in www.cortedicassazione.it. ! !218 Capitolo Sesto lottizzazione, la P.A. è obbligata a fornire, a pena di illegittimità, una congrua, puntuale e pertinente motivazione delle ragioni di interesse pubblico giustificative della scelta amministrativa38. 6.2. L’autotutela decisoria: l’affidamento del cittadino alla stabilità del provvedimento quale limite alla funzione di riesame L’autotutela decisoria è espressione della funzione di riesame39, ossia di quella attività di secondo grado attraverso la quale la P.A., in omaggio ai principi di legalità e buon andamento, rivede i propri atti sotto il profilo della legittimità o dell’opportunità, per assicurare in ogni momento la realizzazione delle finalità stabilite dalla legge. Il potere di agire in autotutela è, dunque, rivelatore di quel ruolo di supremazia riconosciuto dall’ordinamento alla P.A., che si manifesta nella inesauribile capacità di provvedere in ogni tempo in vista dell'ottimale perseguimento del pubblico interesse. L’autotutela decisoria si sostanzia nell’esercizio di una potestà discrezionale nell’an (iniziativa facoltativa), nel quid (perché alternativamente a contenuto demolitivo o conservativo) e nel quando (può essere esercitata in ogni tempo). Salvo alcune ipotesi di 38 Cons. Stato, sez. IV, 14 maggio 1993, n. 531, in Cons. Stato, 1993, I, 1614. Cons. Stato, sez. IV, 7 aprile 1993, n. 398, in Foro amm., 1993, 678. 39 Sulla tradizionale funzione di riesame esercitata dalla P.A. nell'ordinamento italiano, senza pretese di completezza, BENVENUTI F., voce Autotutela (dir. amm.), in Enc. dir., IV, Milano, 1959, 539 e in Enc. dir., XXX, Milano, 1980, 995. SANDULLI A.M., Manuale di diritto amministrativo, op. cit.. CONTIERI A., Il riesame del provvedimento amministrativo. Annullamento e revoca tra posizioni favorevoli e interessi sopravvenuti, Napoli, 1991. GIANNINI M.S., Diritto amministrativo, op. cit.. BARONE G. Autotutela amministrativa e decorso del tempo, in AA.VV., Tempo, spazio e certezza dell’azione amministrativa, Milano, 2003, 209. CORSO G., voce Autotutela, in Diz. dir. pubbl., diretto da S. Cassese, Giuffrè, Milano, 2006. CORAGGIO G., voce Autotutela, I, Dir. amm., in Enc. giur., IV, Roma, 1988. GHETTI G., voce Autotutela della pubblica amministrazione, in Dig. disc. pubbl., II, Torino, 1987. LIBERATI A., L’autotutela amministrativa, Giuffrè, Milano, 2006. LIGUGNANA G., Profili evolutivi dell’autotutela amministrativa, Cedam, Padova, 2004. RAGAZZO M., L’autotutela amministrativa: principi operativi e ambiti applicativi, Giuffrè, Milano, 2006. PAZZAGLIA N., L’autotutela decisoria, in La disciplina dell’autotutela, a cura di P. Gianniti, Cedam, 2010. ! !219 Capitolo Sesto annullamento doveroso, sia pure in via di espansione40, l’autotutela è di regola espressione di un potere discrezionale. Questo principio, un tempo pacifico, deve essere oggi verificato alla stregua sia di talune concezioni revisioniste della dottrina41 e della giurisprudenza42, sia di alcune elaborazioni della giurisprudenza comunitaria, che sembrano mettere in discussione la discrezionalità del potere in favore della sua vincolatività43. (Si rinviano ulteriori approfondimenti al paragrafo successivo). Occorre, a questo punto, esaminare i vari orientamenti della Corte di giustizia sulla natura ed i caratteri della funzione di riesame nello scenario europeo, vagliandone altresì gli effetti sull'ordinamento italiano e, segnatamente, sul ruolo e sui poteri delle 40 Per una analisi delle tradizionali ipotesi di annullamento doveroso si rinvia a SANDULLI A.M., Manuale di diritto amministrativo, op. cit.. L'autore individua le seguenti fattispecie: 1) Annullamento d’ufficio disposto in ottemperanza ad una decisione del giudice ordinario passata in giudicato che abbia ritenuto illegittimo un atto amministrativo; 2) Annullamento d’ufficio a seguito della decisione di un’autorità di controllo cui non competa direttamente il potere di annullare l’atto; 3) Annullamento di un atto come necessaria conseguenza dell’annullamento (giurisdizionale o amministrativo) dell’atto presupposto. Negli ultimi anni si è assistito all’espansione dei casi di autotutela doverosa. Tra le più recenti ipotesi normative vi è la disciplina in materia di ritiro degli atti da parte degli organi dell’amministrazione finanziaria prevista dall’art. 1, co. 136, della l. 311/04. 41 SCOCA F.G., Una ipotesi di autotutela amministrativa impropria, in Giur. cost., 2000, 824. L’autore non esclude un'evoluzione della potestà di autotutela, da potere discrezionale a potere vincolato. È ben possibile, in particolare, che “l’annullamento d’ufficio possa cessare di essere, secondo il suo tiponomo consolidatosi per l’opera congiunta di dottrina e giurisprudenza, un procedimento discrezionale, teso a soddisfare un interesse dell’Amministrazione che sia valutato sussistente al momento in cui il provvedimento viene adottato, e possa essere riproposto, almeno nei casi in cui la legge lo preveda in questi termini, come atto totalmente vincolato”. 42 Corte cost., 22 marzo 2000, n. 75, in www.giurcost.it, con cui è stata dichiarata la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale, sollevata con riferimento agli artt. 3, 5, 24, 97 e 128 Cost., dell’art. 6, 17° comma, della l. 127/97 nella parte in cui prevede che gli enti locali “sono tenuti ad annullare i provvedimenti di inquadramento del personale adottati in modo difforme dalle disposizioni del D.P.R. 25 giugno 1983 n. 347 e successive modificazioni ed integrazioni, e a bandire contestualmente i concorsi per la copertura dei posti resisi disponibili per effetto dell’annullamento”. La Corte costituzionale ha riconosciuto la piena compatibilità dell’annullamento d’ufficio ex lege con il dettato costituzionale e, in particolare, con l’art. 97 Cost.. Inoltre ha asserito che “in via di principio, il momento discrezionale del potere della pubblica amministrazione di annullare i propri provvedimenti non gode in sé di copertura costituzionale”, precisando inoltre, in relazione alla norma oggetto del giudizio, che “la previsione d’un potere-dovere di annullamento dei provvedimenti che avevano disposto gli inquadramenti illegittimi (…) si configura (…) quale elemento fondante dell’azione amministrativa (in quanto corollario del principio di legalità), tra i cui fini deve intendersi compreso quello di evitare il consolidarsi di situazioni costituitesi contra legem”. 43 MATTARELLA B.G., Autotutela amministrativa e principio di legalità, op. cit.. Il diritto europeo incide con molteplici modalità sui poteri di autotutela della P.A., regolandone modalità di esercizio ed effetti. ! !220 Capitolo Sesto autorità amministrative nazionali, anche alla luce del principio di tutela del legittimo affidamento dei soggetti privati. Il giudice comunitario ha nel corso degli anni ricostruito, sia pure in modo ondivago e altalenante, i principi che le amministrazioni nazionali devono osservare nell'esercizio della potestà di autotutela44. Nelle prime pronunce (su tutte Algera45) il giudice di Lussemburgo si interessa esclusivamente di ipotesi di amministrazione comunitaria diretta concernenti atti della Commissione o delle istituzioni comunitarie. Successivamente con le sentenze Alcan, Delena Wells e Kühne & Heitz la Corte inizia ad occuparsi di casi di autotutela comunitaria indiretta, ossia delle ipotesi di ritiro, da parte delle P.A., di atti nazionali attuativi del diritto comunitario. Nella sentenza Alcan46 la Corte sancisce i principi dell’effetto utile e del primato del diritto comunitario da cui discende l’obbligo per le amministrazioni statuali di esercitare i propri poteri di riesame al fine di rimuovere un provvedimento amministrativo contrario a norme comunitarie. In questa prima fase il principio della tutela del legittimo affidamento dei destinatari, all’esito di un’attività ponderativa, appare essere recessivo rispetto ai valori della primazia e dell’uniforme applicazione della normativa europea. Successivamente, nel caso Delena Wells47, il giudice di Lussemburgo mitiga la primauté del diritto comunitario sul diritto nazionale, bilanciandola con la tutela dei principi della certezza del diritto e del legittimo affidamento. La pronuncia riconosce agli Stati una certa autonomia nella scelta delle tecniche e delle modalità di esercizio dei poteri di autotutela, con riferimento alla comparazione dei molteplici interessi in rilievo. 44 CORLETTO D. (a cura di), Procedimenti di secondo grado e tutela dell'affidamento in Europa, Cedam, Padova, 2007. 45 Cgce, 12 luglio 1957, in causa C-7/56, Algera c. Assemblea, cit.. La sentenza riguarda la revoca di un provvedimento amministrativo concernente un dipendente dell’Assemblea della Ceca. Il ragionamento della pronuncia è il seguente: se il provvedimento è conforme alle norme che ne disciplinano l’adozione e ha prodotto i suoi effetti, determinando la nascita di diritti in capo al privato, allora non può essere revocato, pena la lesione irrimediabile di tali diritti, in contrasto con l’affidamento ingenerato. Ove invece il provvedimento non sia conforme a diritto, allora certamente la revoca sarebbe ammissibile, qualora non sia decorso un notevole lasso di tempo dalla sua emanazione. 46 Cgce, 20 marzo 1997, in causa C-24/95, Alcan, in www.europa.eu.int/eur-lex/it. 47 Cgce, 7 gennaio 2004, in causa C-201/02, Delena Wells c. Secretary of State for transport, Local government and the Regions, in www.curia.europa.eu. ! !221 Capitolo Sesto Nella sentenza Kühne & Heitz48, poi, la giurisprudenza comunitaria conferisce rilievo al principio della certezza del diritto confermando, altresì, la discrezionalità delle amministrazioni nazionali nell’attività di bilanciamento degli opposti interessi in rilievo49. Si precisa che la tutela dell’affidamento e della certezza del diritto prevalgono tutte le volte in cui il decorso di un congruo lasso temporale, accompagnato dal radicamento di situazioni soggettive, sconsigli l’amministrazione dal rimuovere l’atto optando, invece, per una soluzione salvifica dell’efficacia del provvedimento. Ove, invece, il soggetto pubblico consideri prevalente, in sede di autotutela, l’osservanza della legalità comunitaria e il suo ripristino, rimuoverà il provvedimento in contrasto con l’acquis communautaire. La Corte di giustizia ha ricostruito nelle proprie sentenze i principi cardine del potere di autotutela avverso atti sia delle istituzioni comunitarie (autotutela diretta) sia delle amministrazioni nazionali (autotutela indiretta). 48 Cgce, 13 gennaio 2004, in causa C-453/00, Kühne & Heitz, cit.. Il giudice comunitario, ricordando che “la certezza del diritto è inclusa tra i principi generali riconosciuti nel diritto comunitario” e che “il carattere definitivo di una decisione amministrativa, acquisito alla scadenza di termini ragionevoli di ricorso o in seguito all’esaurimento dei mezzi di tutela giurisdizionale, contribuisce a tale certezza”, ha escluso che il diritto comunitario esiga che un organo amministrativo sia obbligato a riesaminare una decisione amministrativa che ha acquisito tale carattere definitivo, se non in presenza delle seguenti condizioni: a) Che l’amministrazione disponga, secondo il diritto nazionale, del potere di ritornare su tale decisione; b) che la decisione sia diventata definitiva in seguito ad una sentenza di un giudice nazionale di ultima istanza; c) che la sentenza, alla luce di una giurisprudenza successiva, risulti fondata su un’interpretazione errata del diritto comunitario; d) che l’interessato, immediatamente dopo essere stato informato di tale giurisprudenza, si sia rivolto all’organo amministrativo competente. 49 PEPE G., Il principio di conservazione degli atti giuridici con particolare riguardo alla attività amministrativa, op. cit.: "Alla pubblica amministrazione è rimesso il compito di valutare ex novo ed in concreto gli interessi (pubblici e privati) in rilievo facendo applicazione del metro della proporzionalità comunitaria per individuare il punto di equo contemperamento degli stessi. I valori in gioco sono, da un lato, il rispetto e il primato della normativa comunitaria coniugato al valore dell’effettività e al dovere di leale collaborazione gravante sugli Stati (quale obbligo di rimuovere le violazioni delle norme comunitarie) e, dall’altro, i principi della certezza del diritto e dell’affidamento incolpevole del privato. È compito della amministrazione, caso per caso, in ragione delle peculiarità della vicenda, dare prevalenza agli uni o agli altri con lo strumento e con l’intensità più idonei ad offrire una giusta composizione degli interessi coinvolti". Nessun interesse può, dunque, prevalere in modo automatico sugli altri. ! !222 Capitolo Sesto In tema di revoca di atti amministrativi provenienti da istituzioni comunitarie50, la giurisprudenza comunitaria, sin dal 1957 (sentenza Algera), ha elaborato requisiti e limiti del potere di autotutela decisoria51, individuandoli: 1) nel rispetto di un termine ragionevole per l'esercizio della funzione di riesame; 2) nella tutela dell’affidamento incolpevole del destinatario dell'atto; 3) nella decorrenza ex nunc della revoca e nella graduazione degli effetti retroattivi dell’annullamento. In ipotesi eccezionali la Corte ha anche affermato la revocabilità con effetti retroattivi degli atti amministrativi comunitari (legittimi) attributivi di vantaggi. È quanto accaduto nel caso Snupat52 avante ad oggetto il ritiro ex tunc di un provvedimento legittimo, ma emanato sulla base di informazioni false e fraudolente dei soggetti interessati. Nella fattispecie de qua era del tutto assente un affidamento meritevole di tutela. In un'altra pronuncia (De Compte53) il giudice di Lussemburgo sottolinea la necessità, ai fini dell'esercizio del potere di riesame, di un'opera contemperativa dei vari interessi in gioco, al fine di non pregiudicare il legittimo affidamento dei destinatari del provvedimento. È evidente come i principi e le regole elaborati dalla Corte di giustizia abbiano influenzato i caratteri della autotutela decisoria nell'ambito dell'ordinamento 50 In giurisprudenza di particolare rilievo Cgce, 13 giugno 1965, in causa C-111/63, Lemmerz-Werke GmbH, cit.. In dottrina PAVONI M., L’autotutela nel diritto comunitario, in La disciplina dell’autotutela, op. cit.: "La Corte si avvale nella maggior parte delle proprie pronunce del termine revoca per indicare e comprendere in generale tutti gli atti di ritiro, risultando pertanto assente qualunque distinzione tra le autonome categorie dei provvedimenti eliminatori. (...) Nel nostro ordinamento alcuni di questi provvedimenti dovrebbero essere piuttosto identificati come provvedimenti di annullamento d’ufficio o di mero ritiro". 51 GALETTA D.U., Autotutela decisoria e diritto comunitario, in Riv. it. dir. pubbl. com., 2005, I, 35. 52 Cgce, 22 marzo 1961, in cause riun. C-42/59 e 49/59, Snupat c. Alta autorità, in Racc. 1961. 53 Cgce, 17 aprile 1997, in causa C-90/95, De Compte c. Parlamento, cit.: "Anche se ogni istituzione comunitaria ha il diritto di revocare un atto illegittimo entro un termine ragionevole, tale diritto può trovare un limite nella necessità di rispettare il legittimo affidamento del beneficiario dell’atto che ha potuto fare affidamento sulla legittimità di quest’ultimo". ! !223 Capitolo Sesto amministrativo italiano, accentuando la protezione delle legittime aspettative dei beneficiari del provvedimento54. I principi comunitari hanno, dunque, profondamente influenzato il sistema italiano, condizionando, in chiave limitativa, il potere della P.A. di rivedere continuamente i propri atti, potere che soggiace, attualmente, ad una serie di limiti legalmente dati55. La tutela del legittimo affidamento56 mira, infatti, a preservare la stabilità delle situazioni soggettive individuali consolidatesi con il fluire del tempo, in quanto il decorso temporale rafforza nei destinatari dell’atto la convinzione circa la spettanza del bene della vita e, per l’effetto, censura e limita il potere caducatorio pubblico57. Il tempo rappresenta un elemento centrale della valutazione amministrativa. Infatti la consistenza della situazione fattuale solidificatasi, sia pure in virtù di un atto illegittimo o inopportuno, può dissuadere la P.A. dalla rimozione del provvedimento all’esito di una valutazione ponderativa di tutti gli interessi coinvolti. Autorevole dottrina riconduce il principio dell’affidamento al canone generale della buona fede58, un valore quest’ultimo che nell’elaborazione comunitaria si coniuga con il principio di proporzionalità, il quale impone, in una dimensione contemperativa, il 54 In particolare la l. 11 febbraio 2005, n. 15 ha introdotto nel corpo della l. 241 del 90 i nuovi artt. 21quinquies (revoca del provvedimento) e 21-nonies (annullamento d'ufficio). La potestas riesaminandi della amministrazione, oltre ad avere per la prima volta un fondamento normativo, viene conformata nei suoi elementi costitutivi dalla visione comunitaria preordinata alla valorizzazione della tutela del legittimo affidamento dei destinatari dell'azione amministrativa. 55 MERUSI F., Buona fede e affidamento nel diritto pubblico: dagli anni trenta all’alternanza, op. cit.. L’autore osserva che “l’ordinamento giuridico nelle sue varie branche non appare dominato da principi persecutori nei confronti degli atti invalidi ma dal principio di conservazione e di tutela degli interessi consolidati anche se generati da atti invalidi”. La buona fede, infatti, impone all'amministrazione di rispettare quelle situazioni di vantaggio cristallizzatesi nella sfera giuridica dei privati attraverso atti invalidi adottati dalla stessa amministrazione e non tempestivamente annullati. 56 Di rilevante importanza Cgce, 3 maggio 1978, in causa C-112/77, Töpfer, cit.. 57 CARINGELLA F., Atti del convegno: "Affidamento ed autotutela:la strana coppia", in www.giustizia-amministrativa.it. 58 MERUSI F. Buona fede e affidamento nel diritto pubblico: dagli anni trenta all’alternanza, op. cit.. Secondo l’autore in passato le principali obiezioni alla vigenza del principio di buona fede nell’ordinamento amministrativo erano ravvisate: 1) nella prevalenza e assorbenza dell’interesse pubblico; 2) nelle posizioni diseguali e sperequate dei privati a fronte della primazia e dei poteri privilegiati della P.A.. ! !224 Capitolo Sesto soddisfacimento dell’interesse pubblico con il minor sacrificio possibile degli interessi privati. Tanto premesso, è d'obbligo ora misurare nello specifico il grado e l’intensità della tutela dell’affidamento del privato in Italia a fronte dell'esercizio della funzione amministrativa di riesame nelle due figure previste dalla l. 241/90 rispettivamente agli artt. 21-nonies e 21-quinques: 1) l’annullamento d’ufficio59; 2) la revoca60. L’art. 21-nonies l. 241/90 così recita: “Il provvedimento amministrativo illegittimo ai sensi dell’art. 21-octies può esssere annullato d’ufficio, sussistendone le ragioni di interesse pubblico, entro un termine ragionevole e tenendo conto degli interessi dei destinatari e dei controinteressati, dell’organo che lo ha emanato, ovvero da altro organo previsto dalla legge”. Dunque i presupposti dell’annullamento d'ufficio sono: a) l’illegittimità dell’atto; 59 Dopo la l. 15/2005 CASETTA E., Manuale di diritto amministrativo, op. cit.. LIBERATI A., L’autotutela amministrativa, op. cit.. RAGAZZO M., L’autotutela amministrativa: principi operativi e ambiti applicativi, op. cit.. CARINGELLA F., Manuale di diritto amministrativo, op. cit.. PERTICARARI R., Annullamento in via di autotutela e interesse pubblico, Commento a Cons. Stato, sez. V, 8 febbraio 2010, n. 592, in Urb. e app., 2010, fasc. 6, 714. CAMERIERO L., Il nuovo volto dell’autotutela nell’art. 21-nonies, Commento a TAR Lazio, Roma, sez. II-bis, 20 giugno 2008, n. 6978, in Urb. e app., 2008, fasc. 12, 1467. D’ANCONA S., Interesse pubblico, discrezionalità amministrativa e istanza di parte nell'annullamento d'ufficio: riflessioni sui recenti sviluppi dottrinari e giurisprudenziali fra diritto interno e diritto comunitario, in Riv. it. dir. pubbl. com., 2009, 537. DE SIANO A., Interesse pubblico e decorso del termine ragionevole nell’annullamento d’ufficio, Nota a Tar Campania, Sez. V, n. 5439 del 2008, in www.giustamm.it. MUSONE R., Annullamento d'ufficio degli atti amministrativi e tutela dell'affidamento, op. cit.. 60 A seguito della riforma del 2005 CASETTA E., Manuale di diritto amministrativo, op. cit.. LIBERATI A., L’autotutela amministrativa, op. cit.. RAGAZZO M., L’autotutela amministrativa: principi operativi e ambiti applicativi, op. cit.. STICCHI DAMIANI E., La revoca dopo la l. n. 15 del 2005, in Foro amm. Tar, 2006, 1553. VIPIANA P.M., Invalidità, annullamento d’ufficio e revoca degli atti amministrativi alla luce della l. n. 15 del 2005, Padova, 2007. GOTTI P., Osservazioni in tema di revoca degli atti amministrativi dopo le leggi n. 15/2005 e n. 40/2007, in Dir. amm., 2009, fasc. 3, 691. ARDITO A., Revoca e nuovi modelli amministrativi di rivedibilità, Cacucci, Bari, 2008. PIPERATA G., Il ritiro del provvedimento amministrativo tra annullamento e revoca, Commento a Cons. Stato, sez. VI, 14 gennaio 2009, n. 136, in Gior. dir. amm. 2009, fasc. 11, 1191. ! !225 Capitolo Sesto b) un interesse pubblico, concreto e attuale, all’annullamento dell'atto prevalente sull’interesse del destinatario alla sua conservazione61; c) il decorso di un ragionevole lasso temporale dall'adozione dell'atto; d) la ponderazione di tutti gli interessi pubblici e privati in rilievo62; e) la motivazione. Dalla previsione normativa si evince, pertanto, l'intentio legis di assicurare stabilità alle situazioni soggettive attive e di vantaggio fondate sulla legittima aspettativa del privato alla conservazione del provvedimento63. È chiaro come sia stata proprio l’influenza dei principi comunitari ad imbrigliare l’onnipotenza privilegiata del potere amministrativo, stemperandone l’autoritarietà e valorizzando le libertà e i diritti dei destinatari dell'agere publicum. Per quanto concerne l’istituto della revoca, l’art. 21-quinquies della l. 241/90 espressamente dispone: “Per sopravvenuti motivi di pubblico interesse ovvero nel caso di mutamento della situazione di fatto o di nuova valutazione dell’interesse pubblico originario, il provvedimento amministrativo ad efficacia durevole può essere revocato da parte dell’organo che lo ha emanato ovvero da altro organo previsto dalla legge. La 61 COTZA P., Dell'interesse pubblico e di altri "incidenti" nell'annullamento d'ufficio e nella convalida delle fattispecie precettive di diritto amministrativo, Jovene, 2012. DI SERI C., L’annullamento d’ufficio “doveroso”. Recenti sviluppi della giurisprudenza nazionale e comunitaria in tema di autotutela “vincolata”, in www.giustamm.it, 2010. Sulla necessità, ai fini dell’esercizio del potere di autotutela, di un interesse pubblico specifico e ulteriore rispetto al mero ripristino della legalità violata, in giurisprudenza, ex plurimis Tar Lazio, Roma, Sez. II bis, 20 giugno 2008, n. 6978, in www.giustizia-amministrativa.it. 62 Sugli elementi costitutivi dell'affidamento del privato CARINGELLA F., Atti del convegno: "Affidamento ed autotutela:la strana coppia", op. cit.: "L’affidamento tutelabile si compone di tre elementi. Oggettivo,che si invera quante volte l’esercizio del potere incontri sulla sua strada un preesistente bene attribuito in modo chiaro ed univoco da un provvedimento espresso ed efficace; soggettivo, che rende legittimo l’affidamento generato dalla buona fede e cronologico, in quanto il passare del tempo è un fattore che inspessisce la convinzione della spettanza del bene della vita e, per l’effetto, consuma, castra, erode, condiziona il pubblico potere di mettere nel nulla la attribuzione primogenita". 63 PAZZAGLIA N., L’autotutela decisoria, in La disciplina dell’autotutela, op. cit.. Secondo l’autrice “con il termine affidamento si fa riferimento a quel particolare atteggiamento di fiducia che il privato ripone nell’apparato amministrativo e nel suo agire, che si presume corretto”. In argomento anche CARINGELLA F., Atti del convegno: "Affidamento ed autotutela: la strana coppia", op. cit.: "L’affidamento legittimo e ragionevole è espressione del principio che impone al soggetto pubblico che voglia allungare le fauci lato sensu ablatorie di tenere nel debito conto l’interesse alla conservazione di un vantaggio/bene/utilità conseguito in buona fede dal privato grazie ad un previo chiaro atto della pubblica amministrazione all’uopo diretto; e tanto specie se detto vantaggio si sia consolidato per effetto del decorso di un significativo lasso temporale". ! !226 Capitolo Sesto revoca determina l’inidoneità del provvedimento revocato a produrre ulteriori effetti. Se la revoca comporta pregiudizi in danno dei soggetti direttamente interessati, l’amministrazione ha l’obbligo di provvedere al loro indennizzo”. La principale novità, introdotta dalla novella del 2005, consiste nella previsione di un indennizzo da corrispondersi in favore dei privati in caso di revoca, da parte della P.A., del provvedimento inopportuno. Poichè la revoca ha ad oggetto un atto legittimo ed è fondata su ragioni di mera convenienza, è prevista la corresponsione di una somma di denaro al cittadino per la cessazione (sia pure ex nunc) dell’efficacia del provvedimento. L’indennizzo, quale congruo ristoro erogato a fronte della revoca del provvedimento, rappresenta uno strumento di tutela dell'affidamento del privato. Esso è la riprova di come le dinamiche tra autorità e libertà stiano scivolando sempre più verso il riconoscimento delle situazioni giuridiche soggettive individuali. 6.2.1. Una fattispecie spinosa: l’autotutela della pubblica amministrazione avverso un atto confliggente con l’ordinamento comunitario Delineati i caratteri del potere di autotutela della P.A., così come plasmati dalle pronunce della Corte di giustizia, è necessario ora affrontare lo specifico e spinoso tema dell'autotutela avverso atti amministrativi nazionali confliggenti con l'ordinamento comunitario. Il principale nodo gordiano da sciogliere concerne la qualificazione della potestà di riesame della amministrazione in termini di potere discrezionale o di potere vincolato. La scelta dell'una o dell'altra soluzione non è priva di conseguenze, poichè idonea a riverberarsi in sede applicativa ampliando, o viceversa, restringendo l'area di tutela del legittimo affidamento dell'amministrato. Accedere alla tesi della natura vincolata anziché discrezionale del potere64, significa ridurre, fin quasi a vanificare, l'affidamento del cittadino alla stabilità dell'atto a fronte di qualsivoglia illegittimità del provvedimento. I sostenitori di questo assunto muovono dall'idea che il primato e l’effettività del diritto comunitario, quali principi di vertice del 64 SINISI M., La doverosità dell’esercizio del potere di autotutela in presenza di un atto amministrativo contrastante con i regolamenti comunitari, Nota a Tar Palermo, 28 settembre 2007, n. 2049, in Foro amm. Tar, 2007, fasc. 10, 3265. ! !227 Capitolo Sesto sistema, imporrebbero alle amministrazioni nazionali di assicurare in ogni momento la conformità dei propri atti all'ordinamento europeo. Da ciò discenderebbe l'obbligo per la P.A. di annullare d'ufficio, in sede di riesame, ogni atto lesivo dell'acquis comunitario, prescindendo dalla considerazione dell'affidamento radicato nei destinatari. Questa tesi evoca l’orientamento del Consiglio di Stato secondo cui l’accertamento dell’illegittimità degli atti amministrativi per contrasto con il diritto comunitario sarebbe da solo sufficiente “a radicare un concreto e attuale interesse pubblico e ad escludere una preminente valutazione dell’interesse del privato alla conservazione dell’atto”65. Il generico potere di riesame della P.A. si trasformerebbe, dunque, in questa circostanza in un preciso dovere di rimozione dell'atto illegittimo66. L’interesse pubblico all’annullamento sarebbe, pertanto, in re ipsa, prevalendo ab origine sull’aspettativa dei privati, di talchè alla amministrazione verrebbe preclusa l’adozione di un provvedimento di II grado ad esito conservativo. Una siffatta predeterminazione delle caratteristiche nonchè degli esiti del potere di autotutela sembra, tuttavia, porsi contrasto con la natura discrezionale dell'annullamento d'ufficio riconosciuta sia dalla l. 241/90 sia dalla giurisprudenza della Corte di giustizia. Infatti la funzione di riesame, è per sua natura, espressione di un potere discrezionale che può condurre la P.A., all’esito di una nuova ponderazione comparativa degli interessi in gioco, tanto alla eliminazione quanto alla conservazione dell’atto. E ciò dovrebbe valere anche nei casi di illegittimità comunitaria. Una violazione normativa, di qualunque tipologia, non è fattore di per sé idoneo a giustificare l'annullamento del provvedimento, dovendo l’amministrazione valutare in concreto l’interesse pubblico al ripristino della legalità in relazione a tutti gli interessi (pubblici e privati) coinvolti, alla stregua del tempo trascorso dalla adozione dell’atto e degli affidamenti ingenerati. 65 Cons. Stato, sez. IV, 5 giugno 1998, n. 918, in www.giustamm.it. 66 SINISI M., La doverosità dell’esercizio del potere di autotutela in presenza di un atto amministrativo contrastante con i regolamenti comunitari, op. cit.. ! !228 Capitolo Sesto Vero è che il sistema italiano contempla anche casi di annullamento doveroso, ma essi rappresentano ipotesi tassativamente codificate che nulla hanno a che vedere con l’esercizio dei poteri di autotutela decisoria. Se di doverosità deve parlarsi, essa non può riguardare l’esito valutativo (ossia la caducazione sempre e comunque dell’atto anticomunitario), bensì può caratterizzare l’attivazione del potere di riesame (l'an). È quanto si evince dalle sentenze della Corte di giustizia Alcan, Delena Wells e Kühne & Heitz, da cui sono ricavabili principi di carattere generale. L’amministrazione italiana, in caso di provvedimento anticomunitario, ha il dovere di effettuare una valutazione degli interessi in rilievo per accertare se è più forte l’affidamento del privato, con conseguente salvezza dell’atto, sia pure affetto da illegittimità comunitaria, o se prevalga, viceversa, l'interesse pubblico al suo annullamento. Tale valutazione non può che essere discrezionale e, lungi dall’essere astratta e predeterminata, va calata nelle specificità del caso concreto. La giurisprudenza italiana ha da sempre avuto posizioni oscillanti in ordine alla qualificazione del potere di autotutela avverso atti amministrativi anticomunitari. Secondo un primo orientamento, l’annullamento d’ufficio dell’atto viziato di anticomunitarietà dovrebbe configurarsi come un potere vincolato67, sul presupposto che l’unico limite alla prevalenza del diritto comunitario nel nostro ordinamento sia costituito dai principi fondamentali e dai diritti inviolabili della persona umana. In tutti gli altri casi dalla primazia dell'ordinamento europeo discenderebbe la qualificazione in 67 Ex multis Cons. Stato, sez. IV, 18 gennaio 1996, n. 54, in Cons. Stato 1996, I, 43, in cui si precisa che “di fronte alla necessità di adempiere agli obblighi comunitari può recedere ogni altro interesse pubblico o privato”. Cons. Stato, sez. V, 18 aprile 1996, n. 447, in Foro it., 1996, 186, secondo cui “l’interesse pubblico prevalente è quello di evitare l’irrogazione di sanzioni a carico dello Stato da parte delle istituzioni comunitarie per violazione del diritto comunitario”. Vedasi anche Cons. Stato, sez. IV, 5 giugno 1998, n. 918, in Urb. e app., 1998, 1343. Cons. Stato, sez. IV, 5 giugno 1998, n. 918, in Urb. e app. 1998, 1342. Secondo i giudici amministrativi l’interesse pubblico al riesame sarebbe tout court sussistente ogni qual volta l’atto amministrativo sia l'esito di una violazione indiretta dell’ordinamento comunitario (ossia mutuata da una legge nazionale anticomunitaria). Di conseguenza, la violazione da parte dell’amministrazione del diritto comunitario verrebbe ad assumere una rilevanza superiore alla stessa violazione della legge nazionale, sì da implicare di regola, e non in via eccezionale, la sussistenza in re ipsa di un interesse al ripristino della legalità comunitaria prevalente sulle situazioni di legittimo affidamento dei destinatari, senza alcun bilanciamento. In questi casi, trattandosi di esercizio doveroso del potere di autotutela, l’amministrazione dovrebbe procedere senza indugio all’annullamento ex officio dell’atto anticomunitario. ! !229 Capitolo Sesto termini di doverosità del potere di annullamento d'ufficio. L’annullamento in autotutela di un atto amministrativo risponderebbe in questa logica all'"l’adempimento di un preciso obbligo internazionale legittimamente assunto dallo Stato italiano alla stregua dell’art. 11 Cost. rispetto al quale le eventuali implicazioni correlate a situazioni interne di diritto non possono assumere rilevanza"68. Negli ultimi anni, tuttavia, il Consiglio di Stato69, ricavando spunti dalle pronunce Kühne & Heitz e Delena Wells della Corte di Lussemburgo, ha rivisitato il proprio precedente orientamento, affermando che l’esercizio del potere di autotutela, essendo per natura discrezionale, non possa qualificarsi in termini di doverosità. Infatti, diversamente opinando, l’adesione alla tesi dell’annullamento doveroso comporterebbe un sacrificio a priori dei valori della certezza e dell’affidamento del destinatario del provvedimento, in evidente contrasto con i caratteri della autotutela decisoria e con il principio di proporzionalità. Dalla giurisprudenza comunitaria non pare evincersi, a livello generale, alcun obbligo per le amministrazioni nazionali di rimuovere in autotutela gli atti anticomunitari, bensì si richiede ad esse un bilanciamento case by case, in modo da calibrare i contrapposti interessi in gioco. La sentenza Kempter70, in questa prospettiva, sembra avvalorare la tesi della discrezionalità del potere di riesame nella parte in cui afferma che il vizio di legittimità comunitaria dell’atto amministrativo non è idoneo a trasformare, di per sé ed in modo automatico, l’autotutela da potere discrezionale in potere vincolato. I principi della certezza del diritto e della tutela del legittimo affidamento sono principi anch’essi comunitari i quali, a seguito di un corretto contemperamento, possono alle volte prevalere sulle esigenze di ripristino della legalità violata. Anche in questo 68 BARONE A., Nota a Cons. Stato, sez. I, parere 9 aprile 1997, n. 372 del 1997, in Foro it., 1999, III, 334. Si veda, inoltre, PIGNATELLI N., Legalità costituzionale ed autotutela amministrativa, in www.giustizia-amministrativa.it. 69 Cons. Stato, sez. VI, 3 marzo 2006, n. 1023, in www.giustamm.it. 70 Cgce, 12 febbraio 2008, in causa C-2/06, Kempter, cit.. ! !230 Capitolo Sesto modo, sia pure da una prospettiva diversa, si assicurano il primato e l’effettività del diritto europeo. Per queste ragioni è preferibile la tesi mediana della c.d. autotutela obbligatoria, secondo la quale il potere di riesame sarebbe doveroso nell'an (quanto ad attivazione), ma discrezionale negli esiti, dovendo la P.A. bilanciare, caso per caso, gli interessi pubblici e privati in conflitto71. 6.3. Il danno da ritardo e la nuova concezione del tempo come bene della vita risarcibile in via autonoma La pronuncia delle SS.UU. n. 500 del 199972 è un crocevia di svolta per il sistema amministrativo italiano: per la prima volta si afferma, in via generale, la responsabilità della P.A. per i danni arrecati nell’esercizio del potere, con conseguente risarcibilità della lesione arrecata all'interesse legittimo (specie pretensivo)73. Fino a quel momento l’amministrazione aveva goduto dell’impunità nell’attività iure imperii, agendo come soggetto irresponsabile immune da richieste risarcitorie dei soggetti lesi. Poiché l’azione di annullamento ha rappresentato per molto tempo l’unica forma di tutela esperibile dal privato, gli ulteriori pregiudizi, cagionati dal provvedimento illegittimo, non ricevevano protezione, tranne nel caso di interessi legittimi oppositivi, 71 D’ANCONA S., Interesse pubblico, discrezionalità amministrativa e istanza di parte nell'annullamento d'ufficio: riflessioni sui recenti sviluppi dottrinari e giurisprudenziali fra diritto interno e diritto comunitario, op. cit.. L’autore distingue tra l’obbligo di “presa in considerazione”, connesso ad una richiesta del privato di riesame del provvedimento, dall’obbligo di “provvedere” nel senso dell’annullamento officioso. 72 Cass. Civ. Sez. Un., 22 luglio 1999, n. 500, in www.cortedicassazione.it. La pronuncia in esame infrange, una volta per tutte, il muro della irrisarcibilità del danno da lesione di interesse legittimo in ambito amministrativo. Precedentemente il dogma della irrisarcibilità degli interessi pretensivi era stato superato dall’art. 13 l. 142/92, (attuativo della direttiva n. 665/89), con esclusivo riferimento agli appalti di rilievo comunitario. Sulla breccia aperta dall’art. 13 della l. 142/92 TIZZANO A., Diritto comunitario e tutela giurisdizionale nel diritto interno. La tutela risarcitoria degli interessi legittimi, in AA.VV., Attività amministrativa e tutela degli interessati, op. cit.. SATTA F., La lesione di interessi legittimi: variazioni giurisprudenziali sulla inammissibilità del risarcimento e principi comunitari, in Giur. it. 1993, 1795. 73 Prima di tale pronuncia l’amministrazione era considerata responsabile dei danni arrecati ai privati esclusivamente nelle ipotesi di comportamenti materiali o di atti iure privatorum. ! !231 Capitolo Sesto cioè preceduti da diritti soggettivi; ipotesi, nella quale, in realtà, ad essere risarcito era il diritto soggettivo presupposto o collegato. Nel corso dei decenni è maturata, tuttavia, la consapevolezza della inefficienza e ineffettività per gli amministrati di un sistema di tutela a carattere esclusivamente demolitorio soprattutto in relazione agli interessi legittimi pretensivi74. La caduta del dogma dell'irrisarcibilità ha, conseguentemente, generato molteplici ipotesi di responsabilità della P.A., nella direzione di una tutela maggiormente satisfattiva delle pretese del cittadino. Come autorevolmente sostenuto, nei rapporti tra l’amministrazione e i cives ad assumere rilevanza non è soltanto il provvedimento finale ma tutta l’attività amministrativa nel suo sviluppo procedimentale, per cui deve parlarsi più che di responsabilità al singolare di responsabilità al plurale75. Infatti è, oggi, ammissibile non solo una responsabilità da provvedimento amministrativo illegittimo, ma anche una responsabilità comportamentale da violazione di obblighi procedimentali76, sganciata dall’adozione del provvedimento finale. Trattasi di una forma di responsabilità da contatto amministrativo qualificato tra l'amministrazione e i destinatari dell'azione, cui è applicabile il regime previsto dall'art. 1218 c.c.77. 74 CAPONIGRO R., Una nuova stagione per la tutela giurisdizionale degli interessi legittimi, in www.giustamm.it, 2012. Secondo l'autore "le difficoltà ad assicurare l'effettività della tutela, insomma, nascono essenzialmente dal fatto che la giurisdizione amministrativa di legittimità è stata storicamente strutturata come un giudizio incentrato sulla legittimità di un atto, rispetto al quale la pretesa sostanziale del privato si rivelava recessiva, per cui se la posizione lesa è di interesse legittimo oppositivo, in quanto aspira ad un non facere dell'amminsitrazione, l'annullamento del provvedimento afflittivo si presenta solitamente attributivo del bene della vita sperato in quanto la sentenza è autoesecutiva, mentre, se la posizione lesa è di interesse legittimo pretensivo, che aspira ad un facere dell'amministrazione, l'annullamento del provvedimento quasi mai si presenta autonomamente satisfattivo, essendo necessaria la riedizione del potere amministrativo, solo in esito al quale il bene della vita potrà essere attribuito". 75 SCOCA F.G., Risarcibilità e interesse legittimo, op. cit.. 76 MARUOTTI L., La struttura dell’illecito amministrativo lesivo dell’interesse legittimo e la distinzione tra l’illecito commissivo e quello omissivo, in Dir. proc. amm. 2008, il quale distingue nettamente “l’illecito commissivo della pubblica amministrazione (riferibile ai casi in cui la lesione sia stata cagionata con un provvedimento o con un comportamento connesso a un provvedimento) da quello omissivo (riferibile al mancato o ritardato esercizio della funzione pubblica)”. 77 In ordine alla tematica generale del rapporto procedimentale tra cittadino e P.A. si rinvia ad ANTONELLI V., Contatto e rapporto nell'agire amministrativo, Cedam, Padova, 2007. ! !232 Capitolo Sesto La responsabilità, dunque, sorge in presenza della violazione del termine per provvedere imputabile all'amministrazione e foriera di pregiudizi per l'interessato. La figura del danno da ritardo procedimentale78 si decodifica in una pluralità di fattispecie contigue o affini: 1) l’amministrazione adotta un provvedimento illegittimo sfavorevole al privato (ad es. diniego di atto ampliativo) e successivamente, a seguito di annullamento giurisdizionale del primo atto, emana un nuovo provvedimento legittimo e favorevole; 2) l’amministrazione eroga un provvedimento legittimo (favorevole o sfavorevole) in ritardo, ossia in violazione del termine previsto per la conclusione del procedimento79; 3) l'amministrazione rimane inerte nonostante l'obbligo di provvedere (c.d. silenzioinadempimento). L'interprete si trova, pertanto, al cospetto di una varietà di fattispecie richiedenti ciascuna un particolare approfondimento. Il primo caso si inscrive nell’alveo della responsabilità da provvedimento, poiché il danno è provocato da un atto illegittimo della P.A. (il diniego) e dal successivo ritardo nel rilascio del provvedimento. Il secondo e il terzo caso sono, invece, inquadrabili fra i danni da ritardo procedimentale in cui il pregiudizio non è causato direttamente dal provvedimento 78 Senza pretese di esaustività, in dottrina, D'ARIENZO M., La tutela del tempo nel procedimento e nel processo. Silenzio patologico e danno da ritardo: profili sostanziali e processuali, Edizioni scientifiche italiane, 2012. PAVAN A., Il danno da ritardo, Giuffrè, 2012. MARI G., La responsabilità della p.a. per danno da ritardo, in M.A. Sandulli (a cura di), Codice dell'azione amministrativa, Giuffrè, 2011. LUCATTINI S., La responsabilità da ritardo dell’azione amministrativa: dalla spettanza alla satisfattività, in Foro amm.Tar, 2011, 1896. CLARICH M.-FONDERICO G., La risarcibilità del danno da mero ritardo dell’azione amministrativa, in Urb. e app., 2006, 67. NAPOLITANO G., Il danno da ritardo, in AA.VV., Verso un’amministrazione responsabile, Milano, 2005. 79 CLARICH M., Termine del procedimento e potere amministrativo, Torino, 1995. Il danno da mero ritardo va tenuto distinto dal danno derivante dalla adozione tardiva di un provvedimento favorevole il quale, invece, si ricollega al ritardo nel godimento dell’utilità finale oggetto dell’atto ampliativo. Sulla distinzione tra le due tipologie di pregiudizi si veda anche TRIMARCHI BANFI F., Tutela specifica e tutela risarcitoria degli interessi legittimi, Torino, 2000. In giurisprudenza recentemente Cons. Stato, sez. V., 28 febbraio 2011, n. 1271, in www.giustizia-amministrativa.it. ! !233 Capitolo Sesto (nella specie legittimo), bensì è riconducibile ad una condotta del soggetto pubblico scorretta, in quanto tardiva e pertanto lesiva del legittimo affidamento del privato80. In questa sede interessa analizzare con particolare attenzione il profilo della risarcibilità del danno da ritardo procedimentale81, in presenza di una colpevole violazione da parte della P.A. dei tempi previsti per l’erogazione del provvedimento. Come accennato, la particolarità del danno da ritardo consiste nella sua riferibilità ad un comportamento dell’amministrazione violativo dell’obbligo legale di provvedere nel termine prestabilito. Il nuovo modello di azione amministrativa, introdotto dalla l. 241/90, ha attribuito rilevanza autonoma, rispetto all’interesse legittimo al bene della vita, a situazioni soggettive di natura strumentale che l'amministrazione ha il dovere di rispettare nell'esercizio della funzione pubblica. Il rapporto procedimentale tra soggetto pubblico e amministrati, improntato ai canoni di buona fede e correttezza, fa nascere una molteplicità di obblighi e pretese in capo alle parti82. In particolare dalla prospettiva del cittadino si rinviene all’interno della categoria degli interessi pretensivi, e piuttosto accanto ad essi, un ambito di interessi c.d. procedimentali la cui violazione da parte della P.A. integra un titolo di responsabilità, 80 CARRAI F., La tutela risarcitoria a fronte dell’illegittimo esercizio del potere, in Invalidità amministrativa, a cura di V. Cerulli Irelli e L. de Lucia, Giappichelli, Torino, 2009. Secondo l’autore “il fattore tempo si colloca come valore centrale nell’ambito dei rapporti tra cittadino ed amministrazione e come tale è preso in considerazione dalla legge sul procedimento. Dalla violazione della disciplina sui tempi della azione amministrativa trae origine il danno da ritardo cd. procedimentale, patito in assenza di provvedimento o indipendentemente dalla legittimità dello stesso”. 81 CARANTA R.-VECCI G., Inerzia, Silenzio, ritardo: Quale responsabilità per la Pubblica Amministrazione?, in Resp. civ. e prev., Set. 2006, Juris Works, Giuffrè, 9. Per una panoramica sul tema si veda anche GALVAGNO E., Ancora un’occasione mancata per il danno da ritardo: l’errore scusabile esclude il risarcimento del tempo perduto, Commento a Cons. di Stato, sez. IV, n. 2564 del 2008, in Giur. it., 2009, fasc. 4, 1004. 82 Tutto ciò si inserisce nel più generale contesto europeo all'interno del quale dall'instaurazione di un rapporto amministrativo nascono in capo al cittadino pretese direttamente azionabili nei confronti del soggetto pubblico. Sul punto SANNA TICCA E., Cittadino e pubblica amministrazione nel processo di integrazione europea, op. cit: "Il contatto fra amministrazione e cittadino lega tali soggetti in un rapporto di responsabilità che rende, perciò, le dette pretese non meri canoni dell'agire amministrativo, ma situazioni di vantaggio dei cittadini alle quali corrispondono obblighi da parte della pubblica amministrazione. In sintesi, principi e pretese costituiscono lo statuto del cittadino e dell'attività amministrativa quando amministrazione e amministrati instaurano un rapporto giuridico". ! !234 Capitolo Sesto idoneo a radicare un danno risarcibile diverso e autonomo rispetto alla lesione del bene della vita83. Proprio “a tale categoria di interessi procedimentali è ascrivibile il danno da ritardo, sicchè il privato ha titolo ad agire per il risarcimento del danno subito in conseguenza della mancata emanazione del provvedimento richiesto nei termini previsti e indipendentemente dalla successiva emanazione e dal contenuto di tale provvedimento”84. Dal ritardo dell’azione amministrativa possono derivare, pertanto, specifici e autonomi pregiudizi, a prescindere dall’esito del procedimento85. La tematica del danno da ritardo intercetta, così, la problematica dell’affidamento del privato che risulterebbe vulnerato dall’inadempimento, da parte dell’amministrazione, dell’obbligo di concludere il procedimento nel termine stabilito. La violazione di siffatto obbligo lede l’interesse procedimentale (per taluni un vero e proprio diritto soggettivo) dell'individuo al rilascio di un provvedimento in tempi certi. L’aspettativa degli amministrati a veder definita la propria situazione procedimentale nei rapporti col potere pubblico è considerata dall'ordinamento ragionevole e dunque meritevole di tutela risarcitoria in caso di lesione. Il tempo, infatti, in quanto espressione 83 Con riferimento alla distinzione tra interessi meramente procedimentali ed interessi sostanziali si rinvia a GIANNINI M.S., Diritto amministrativo, op. cit.. Secondo l’autore l’interesse procedimentale è quella posizione che “ha per oggetto situazioni e vicende dei procedimenti” e che perciò “non si riferiscono direttamente a beni della vita, ma a fatti procedimentali che a loro volta investono beni della vita”. Tale classificazione è stata ripresa anche dalla giurisprudenza amministrativa (Adun. Plen. Cons. Stato 10 luglio 1986, n. 8, in Cons. Stato 1986) che identifica gli interessi procedimentali in quelle situazioni soggettive attive con cui “si aziona l’interesse strumentale all’eliminazione dell’atto o comportamento preclusivo del successivo sviluppo del procedimento o che attengono al subprocedimento”. 84 QUINTO P., Il risarcimento del danno da ritardo: un passo avanti ed uno indietro, in www.giustamm.it, 2011. 85 D’ANCONA S., Il termine di conclusione del procedimento amministrativo nell’ordinamento italiano. Riflessioni alla luce delle novità introdotte dalla legge 18 giugno 2009 n. 69, in www.giustamm.it, 2009. ! !235 Capitolo Sesto della progettualità del privato, è un bene della vita autonomo che deve ricevevere per ciò solo protezione giuridica86. Occorre a questo punto ricostruire il dibattito svoltosi nell’ultimo decennio sulla risarcibilità del danno da ritardo, facendo altresì cenno alla natura delle situazioni giuridiche soggettive coinvolte. Il problema di fondo consiste nel comprendere se la lesione di un interesse procedimentale (il rispetto dei tempi dell’azione amministrativa) sia idonea di per sè a produrre un danno risarcibile in via autonoma, indipendentemente dall’esito del procedimento; oppure se, al contrario, il ritardo acquisti rilevanza solo in seguito al riconoscimento dell’utilità finale. In altri termini è necessario domandarsi se il danno da ritardo sia ristorabile tout court per la violazione arrecata alla posizione soggettiva procedimentale a seguito dell’inosservanza del termine e dunque anche in caso di provvedimento sfavorevole, oppure se il danno vada risarcito, viceversa, all’esito di un favorevole giudizio di spettanza del bene della vita. La questione vede schierati in campo due opposti orientamenti. Secondo una prima tesi87 il danno da ritardo sarebbe risarcibile ove collegato al riconoscimento dell’utilità chiesta dal privato (attraverso un provvedimento della P.A. o mediante un giudizio prognostico del giudice). Così ragionando, da un lato, si negherebbe autonomia alla lesione degli interessi procedimentali e, dall’altro, si escluderebbe la risarcibilità dei danni conseguenti (compreso il danno da mero ritardo). Pertanto, ad accedere al risarcimento sarebbero solo i danni consequenziali alla lesione 86 CLARICH M.-FONDERICO G., La risarcibilità del danno da mero ritardo dell’azione amministrativa, op. cit.: La previsione di un termine è “volta a fornire una certezza temporale al richiedente in ordine ad ogni aspetto sulla sua partecipazione: l’impegno di risorse, la rinuncia ad altre opportunità, l’esigenza di avvalersi di circostanze favorevoli che non abbiano durata indefinita”. In giurisprudenza, di recente, Cons. Stato, sez. V., 28 febbraio 2011, n. 1271, cit.. Cons. Stato, sez. V, 21 marzo 2011, n. 1739, in www.giustizia-amministrativa.it: "Ogni cittadino e ogni impresa hanno diritto ad avere risposta dalle amministrazioni alle proprie istanze nel termine normativamente determinato e ciò proprio al fine di programmare le proprie attività e i propri investimenti; un inatteso ritardo da parte della p.a. nel fornire una risposta può condizionare la convenienza economica di determinati investimenti". 87 Ex plurimis Adun. Plen. Cons. Stato, 15 settembre 2005, n. 7, in in www.giustiziaamministrativa.it. Cons. Stato, sez. V, 2 marzo 2009, n. 1162, in www.giustizia-amministrativa.it. ! !236 Capitolo Sesto del bene della vita che dell’interesse legittimo pretensivo costituisce il sostrato materiale. In quest’ottica, di conseguenza, il danno da mero ritardo, carente di una propria fisionomia, non può ricevere alcun ristoro in caso di provvedimento sfavorevole, mentre nell'ipotesi di riconoscimento del bene della vita la risarcibilità del danno da ritardo risulterebbe assorbita nella lesione dell’interesse legittimo sostanziale88. Il danno da ritardo viene, così, ad essere concepito come un’amalgama che unisce in sé l’interesse alla conclusione per tempo del procedimento e l’interesse al rilascio del provvedimento, in un connubio inscindibile che apre la via risarcitoria solo ove sia lesa la pretesa sostanziale al bene della vita. Questo orientamento fa leva sul presupposto che, essendo sconosciuta al nostro ordinamento la figura dei punitive damages, di origine anglosassone, "il fatto illecito produce l’obbligazione risarcitoria se ed in quanto esista una lesione da riparare"89. Pertanto non sarebbe risarcibile il danno da ritardo puro ossia sganciato dalla fondatezza della pretesa sostanziale. Così opinando l’interesse procedimentale al rispetto dei tempi dell’azione amministrativa rivestirebbe un ruolo meramente ancillare nei confronti dell’interesse legittimo pretensivo, sottostando alle tecniche risarcitorie per esso previste90. In tal senso l'affidamento del civis all'erogazione del provvedimento nel termine previsto rimarrebbe sfornito di tutela. Tale assunto si richiama alla pronuncia delle SS.UU. n. 500 del 1999 che avrebbe posto un filtro alla risarcibilità degli interessi legittimi pretensivi, consentendo il ristoro della lesione dei soli interessi collegati ad un bene 88 Questo orientamento ritiene non risarcibile il danno da mero ritardo ossia il danno che non si ricolleghi alla spettanza di un bene della vita, sottolineando la natura strumentale degli interessi procedimentali rispetto all’interesse legittimo pretensivo ed all’utilità sostanziale ad esso correlata. 89 Tar Puglia, Bari, sez. II, 13 gennaio 2005, n. 56, in www.giustizia-amministrativa.it. 90 L’accertamento degli interessi legittimi pretensivi, ai fini risarcitori, avviene attraverso un giudizio prognostico dell'organo giurisdizionale sulla fondatezza dell’istanza, giudizio la cui ampiezza è condizionata dalla natura discrezionale o vincolata del potere amministrativo. ! !237 Capitolo Sesto della vita, con conseguente esclusione dall’area della risarcibilità degli interessi meramente procedimentali91. Secondo altro orientamento92, il danno da ritardo deve, viceversa, essere risarcito ex se, poichè il tempo rappresenta un bene di per sè meritevole di tutela, indipendentemente dal riconoscimento dell'utilitas finale. In questa prospettiva anche la lesione di interessi meramente procedimentali risulterebbe idonea a produrre un danno risarcibile per la distinta protezione riconosciuta dall'ordinamento a questa situazione giuridica soggettiva93. Infatti per una parte della giurisprudenza amministrativa nell’alveo degli interessi tutelati dall'ordinamento andrebbe annoverato pure l’interesse alla conclusione del procedimento nel termine previsto. Invero “l’affidamento del privato alla certezza dei tempi della azione amministrativa sembra–nell’attuale realtà economica e nella moderna concezione del c.d. rapporto amministrativo-essere interesse meritevole di tutela in sé considerato, non essendo sufficiente relegare tale tutela alla previsione e all’azionabilità di strumenti processuali a carattere propulsivo, che si giustificano solo nell’ottica dell’utilità finale, ma appaiono poco appaganti rispetto all’interesse del privato a vedere definita con certezza la propria posizione in relazione a un’istanza rivolta all’amministrazione”94. 91 Secondo le Sezioni Unite della Cassazione “la lesione dell’interesse legittimo è condizione necessaria ma non sufficiente, per accedere alla tutela risarcitoria ex art. 2043 c.c., attesa la necessità che risulti leso per effetto dell’attività illegittima e colpevole della p.a. l’interesse al bene della vita al quale l’interesse legittimo si correla, e che il detto interesse al bene risulti meritevole di tutela alla luce dell’ordinamento positivo”. 92 Ex plurimis Cons. Stato, sez. IV, ordinanza n. 875 del 2005; (si tratta dell’ordinanza di rimessione che ha condotto alla decisione della Adun. Plen. Cons. Stato, 15 settembre 2005, n. 7, cit.). Tar Campania, Napoli, sez. II, 6 settembre-19 ottobre 2007, n. 9739. Cons. Stato, sez. V, 28 febbraio 2011, n. 1271, cit.. Tar Sardegna, Cagliari, sez. I, 21 aprile 2011, n. 423, in www.giustizia-amministrativa.it. 93 D’ORO F., Il danno da ritardo alla luce delle nuove tendenze legislative e giurisprudenziali, in Riv. amm. repubbl. it., 2009, fasc. 6, 2. In giurisprudenza, ex plurimis, Cons. Stato, sez. IV, ordinanza n. 875 del 2005, in www.giustizia-amministrativa.it. Cons. Stato, sez. V., 28 febbraio 2011, n. 1271, cit.: Il ritardo nella conclusione del procedimento rappresenta in ogni caso "un costo dal momento che il fattore tempo costituisce un'essenziale variabile nella predisposizione e nell'attuazione di piani finanziari relativi a qualsiasi intervento, condizionandone la relativa convenienza economica". In senso conforme anche Cons. Stato, sez. V, 21 febbraio 2011, n. 1739, in www.giustizia-amministrativa.it. 94 Cons. Stato, sez. IV, ord. n. 875 del 2005, cit.. ! !238 Capitolo Sesto Nel corso del procedimento amministrativo nascono, dunque, situazioni soggettive in capo al cittadino, strumentali e autonome rispetto all’interesse pretensivo al bene della vita, cui corrispondono precisi doveri comportamentali della P.A., i quali radicano nell’istante un ragionevole affidamento circa la loro osservanza. Una diversità di situazioni giuridiche soggettive che necessariamente tende a tradursi in una differenziazione sia delle tecniche risarcitorie sia dell’entità del danno ristorabile. Lungo la scia di questo secondo orientamento giurisprudenziale la risarcibilità del danno da ritardo ha trovato consacrazione normativa prima nell'art. 2-bis introdotto dalla l. 69/2009 nel corpus della l. 241/90 e successivamente nell'art. 30 co. IV C.p.a.95. In conclusione va ribadito come il danno da ritardo, ossia il danno correlato alla violazione, da parte della amministrazione, del termine entro cui provvedere, si traduca per cittadino in un danno da incertezza, finalmente risarcibile ex se. L'evoluzione giurisprudenziale e normativa sul punto rappresenta la prova della definitiva apertura del diritto amministrativo italiano a quei valori della partecipazione di matrice europea, funzionali alla massima valorizzazione delle pretese del cittadino nello svolgimento del rapporto amministrativo. E ciò è possibile grazie al contributo determinante dei principi comunitari, in special modo dei principi del giusto procedimento e della tutela del legittimo affidamento, che hanno imposto alla P.A. l'obbligo di rispettare nell’esercizio della funzione pubblica gli interessi procedimentali del cittadino, in ossequio ai canoni di legalità e partecipazione normativamente previsti sia a livello comunitario che in ambito nazionale. ! 95 FUSCO R., Brevi note sul risarcimento del “danno da ritardo” alla luce del nuovo codice del processo amministrativo, in www.giustamm.it, 2010. ! !239 Capitolo Settimo CAPITOLO SETTIMO ! La tutela giurisdizionale del cittadino nei confronti della pubblica amministrazione: spunti ricostruttivi ! Sommario: 7.1. L’ampliamento delle azioni esperibili e l’evoluzione del giudizio amministrativo dall’atto al rapporto per una tutela giurisdizionale piena ed effettiva. 7.1.1. I nuovi caratteri dell'annullamento giurisdizionale nel tramonto dei miti della necessaria retroattività e dell'automatismo. 7.1.2. La vexata quaestio della ammissibilità dell'azione di accertamento autonomo: excursus storico dalla metà del XX sec. al Codice del Processo amministrativo. 7.1.3. L'azione risarcitoria e il nodo della "pregiudiziale mascherata". 7.1. L’ampliamento delle azioni esperibili e l’evoluzione del giudizio amministrativo dall’atto al rapporto per una tutela giurisdizionale piena ed effettiva Il principio di effettività della protezione giurisdizionale del cittadino si inserisce nel più ampio tema dell’effettività quale requisito di esistenza di un ordinamento giuridico1. L’effettività dei mezzi processuali postula, infatti, la concreta operatività delle norme su cui il sistema è fondato. Dunque l’effettività della tutela si qualifica in termini di corollario dell’effettività dell’intero ordinamento giuridico. Il principio di effettività della tutela giurisdizionale si identifica, tanto nel giudizio civile quanto in quello amministrativo, in una forma di efficacia dello ius dicere calibrata sulle situazioni giuridiche sostanziali del ricorrente2. Tale principio deve 1 PIOVANI P., Il significato del principio di effettività, Milano, 1953. IRTI N., Significato giuridico dell'effettività, Napoli, 2009. ROSELLI F., Il principio di effettività e la giurisprudenza come fonte del diritto, in Riv. dir. civ., 1998. Sui molteplici significati che il concetto di effettività assume nell'esperienza giuridica e nel diritto amministrativo D'ALBERTI M., L'effettività e il diritto amministrativo, Editoriale scientifica, 2011. L'autore attribuisce all'effettività tre significati: a) effettività-fatto; b) effettivitàrisultato; c) effettività-principio. 2 PROTO PISANI A., La tutela di mero accertamento, in Appunti sulla giustizia civile, Bari, 1982, 11. ! !240 Capitolo Settimo inverarsi, pertanto, in un’attività di tipo processuale che sia capace di assicurare all’attore il conseguimento del bene della vita agognato3. Il sistema italiano di giustizia amministrativa risulta fortemente condizionato dal diritto europeo e segnatamente dai principi di completezza e satisfattività della tutela4. Come efficacemente osservato i principi comunitari esplicano ormai “un’influenza determinante su tutta l’attività amministrativa, pre–processuale, processuale e postprocessuale” e cio avviene “tanto nella fase fisiologica della individuazione delle norme applicabili e della ponderazione degli interessi in relazione ai fini dell’attività amministrativa, quanto nella fase patologica della rilevazione dei vizi dell’atto, quanto ancora nella fase strettamente processuale, connotata dal rispetto di precise soglie minime o standards di tutela”5. In particolare il giudice è investito della funzione di garantire l’attuazione dei principi sopra citati, in modo che la pretesa fatta valere dal cittadino possa ottenere in sede giudiziale massima soddisfazione. Scopo del processo, infatti, è “il più alto che possa esservi nella vita: e si chiama giustizia”6. Quest’ultima, in quanto servizio erogato in favore della collettività, deve essere in grado di offrire agli amministrati risposte celeri e pienamente satisfattive. L’idea di giustizia postula imprescindibilmente i valori della pienezza e dell'effettività della tutela. 3 Sui caratteri del principio di effettività della tutela giurisdizionale nell'ambito del giudizio civile ORIANI R., Il principio di effettività della tutela giurisdizionale, op. cit.. ANDOLINA I.A., Processo ed effettività della tutela giurisdizionale, in Studi in memoria di A. Bonsignori, Milano, 2004. FAZZALARI E., Tutela giurisdizionale dei diritti, in Enc. dir., XX, Milano, 1970, 403. 4 DANIELE L., L’effettività della giustizia amministrativa nell’applicazione del diritto comunitario europeo, op. cit.. TRAVI A., L’effettività della giustizia amministrativa, in AA.VV., Il diritto amministrativo alle soglie del nuovo secolo. L’opera scientifica di Fabio Merusi, a cura di Benvenuti L.– Clarich M., ETS, Pisa, 2010. 5 TARULLO S., Il giusto processo amministrativo. Studio sull’effettività della tutela giurisdizionale nella prospettiva europea, op. cit.. 6 CALAMANDREI P., Processo e giustizia, in Riv. dir. proc. 1950, I, 282. ! !241 Capitolo Settimo In una tale prospettiva si inserisce anche il processo amministrativo, quale giudizio teleologicamente orientato al conseguimento di un risultato sostanziale che si identifica proprio nel riconoscimento della pretesa fatta valere dal ricorrente. La giustizia amministrativa è stata investita negli ultimi decenni da profonde trasformazioni sino a giungere ad un vero e proprio cambio di paradigma in molti Paesi d’Europa, tra cui il nostro. In particolare l'ordinamento italiano registra l’evoluzione del processo amministrativo da giudizio di natura obiettiva a giudizio di tipo soggettivo7. Si è così abbandonata la tradizionale prospettiva fondata sul potere e sull’interesse pubblico per una rinnovata idea della funzione giurisdizionale calibrata sulle pretese del ricorrente. Proprio la natura soggettiva del giudizio conferisce, oggi, al cittadino un diritto ad una tutela giurisdizionale realmente piena ed effettiva, poichè orientata al soddisfacimento di situazioni giuridiche soggettive di natura sostanziale8. Tale obiettivo è sicuramente agevolato dalla proliferazione del novero delle azioni ammissibili nel giudizio amministrativo. Infatti il processo è transitato "da una concezione meramente formale, propria del vecchio modello di impugnazione, a una forma di tutela che si contraddistingue per i risultati concreti che è in grado di garantire, e quindi si proietta al di là dell’annullamento dell’atto amministrativo"9. Si sviluppa, così, un nuovo sistema di tutele in cui il giudice amministrativo, attraverso rinnovati poteri e strumenti processuali, assume un ruolo decisivo nel 7 GARCIA DE ENTERRÌA E., Le trasformazioni della giustizia amministrativa, op. cit.: "Il ricorso giurisdizionale amministrativo ha cessato di essere uno strumento in difesa della mera legalità, difesa (…) che conduceva, nel migliore dei casi, ad una mera pronuncia di illegittimità e che dunque non consentiva al ricorrente di ottenere né una soddisfazione (immediata) della pretesa sostanziale soggettiva né un (successivo) intervento giudiziale utile a conseguirla". 8 L'evoluzione dei rapporti tra il soggetto pubblico e i c.d. amministrati in una direzione democratica e partecipativa ha contribuito al mutamento dei caratteri del giudizio ammministrativo, che ha spostato il proprio asse dalla roccaforte dell'interesse pubblico verso gli interessi sostanziali dei ricorrenti. Quanto accaduto è coevo anche ad un'evoluzione del significato dell'effettività. Sul punto D'ALBERTI M., L'effettività e il diritto amministrativo, op. cit.: "L'effettività come principio di diritto, ma anche come risultato utile ha sostenuto dapprima il potere pubblico, l'azione della pubblica amministrazione, per poi divenire fattore di compiutezza della tutela delle situazioni giuridiche soggettive degli amministrati: da balurdo dell'imperium, dell'autorità, è diventata supporto delle libertà e dei diritti". 9 ROMEO G., L’effettività della giustizia amministrativa:principio o mito?, in Dir. proc. amm., n. 3 del 2004, 653. ! !242 Capitolo Settimo riconoscimento delle prerogative e nell’estensione degli spazi di libertà del cittadino10. Conquiste valorizzate dalla l. 205/2000 che trovano oggi definitiva consacrazione nel Codice del processo amministrativo. Il principio di effettività della tutela giurisdizionale non è certamente un quid novi nell’ordinamento italiano, essendo scolpito nella Carta costituzionale del ’48, segnatamente agli art. 2411, 103 e 113. Con l’affermazione del diritto comunitario, tuttavia, esso riceve nuova linfa, rigenerandosi in una dimensione di più ampio respiro, proiettata verso l’estensione delle libertà e delle garanzie del cittadino12. The domestic remedies must be effective13 è lo slogan imposto dalla Corte di giustizia ai giudici dei Paesi membri. Il C.p.a. si colloca lungo tale direttrice, positivizzando, da un lato, le conquiste giurisprudenziali sino ad oggi compiute14 e, dall’altro, lasciando spazi a futuri sviluppi normativi nel segno dell’ampliamento delle tutele del cittadino. La nuova legge processuale, infatti, si conforma espressamente ai principi costituzionali ed europei e, tra questi, fa espresso richiamo al principio di effettività della tutela quale valore 10 SCHINAIA M.E., Evoluzione del processo amministrativo nell’esperienza giurisprudenziale tra garanzia ed effettività, in Cons. Stato, II, 1997, 317. 11 Corte cost., 2 febbraio 1982, n. 18, in www.giurcost.it. L’art. 24 Cost. rappresenta, secondo i giudici della Consulta, primario riferimento normativo per l’effettività della protezione giurisdizionale. Infatti tale principio “va ascritto tra i principi supremi del nostro ordinamento costituzionale, in cui è intimamente connesso con il principio di democrazia l’assicurare a tutti e sempre, per qualsiasi controversia, un giudice e un giudizio”. La disposizione accorda tutela non solo ai diritti soggettivi ma anche agli interessi legittimi, i quali vengono parificati ai diritti soggettivi quanto a possibilità di azione in giudizio. Sul ruolo dell'art. 24 Cost., quale fondamento del principio di effettività della tutela giurisdizionale, vedasi anche COMOGLIO L.P., Giurisdizione e processo nel quadro delle garanzie costituzionali, in Riv. trim. dir. proc. civ. 1994, 1063. 12 CARINGELLA F.-PROTTO M., Codice del nuovo processo amministrativo, Dike, 2010. L’influenza comunitaria ha plasmato, infatti, il sistema italiano di giustizia amministrativa dischiudendo scenari imprevedibili. Il principio comunitario dell’effettività della tutela giurisdizionale viene oggi ampliato e sviluppato dagli ordinamenti nazionali, sulla base di standards minimi di protezione imposti dal diritto sovranazionale, in un contesto integrato orientato alla massima protezione dei diritti e delle libertà del singolo. A riguardo si rinvia in giurisprudenza a Cgce, 15 aprile 2010, in causa C-542/08, Friedrich, cit.. Cgce, 6 ottobre 2009, in causa C-40/08, Asturcom, cit.. 13 Così Cons. Stato, sez. IV, 2 marzo 2010, n. 1220, in www.giustizia-amministrativa.it. 14 Nella relazione di accompagnamento al Codice del processo amministrativo il legislatore delegato definisce l’effettività come la “capacità del processo di conseguire risultati nella sfera sostanziale, e ciò per quanto più è possibile (quindi quando non vi ostino sicure preclusioni processuali)”. ! !243 Capitolo Settimo cardine dell’intero sistema giurisdizionale15. L’art. 1 del C.p.a., infatti, espressamente recita: “La giurisdizione amministrativa assicura una tutela piena ed effettiva secondo i principi della Costituzione e del diritto europeo”. Il principio di pienezza ed effettività della tutela è applicato nell'ordinamento italiano sia alle situazioni soggettive comunitarie sia alle situazioni soggettive di origine nazionale. A ben vedere questa espansione delle tutele discende dalla generale capacità dei principi comunitari di condizionare, in via diretta o riflessa, i sistemi giuridici statuali, innescando altresì meccanismi di imitazione o contagio cha rafforzano la protezione delle situazioni soggettive individuali indipendentemente dalla fonte di produzione16. Il C.p.a. si pone quale importante tappa di sviluppo del principio di pienezza ed effettività della tutela17, consacrando le conquiste giurisprudenziali sul giudizio amministrativo inteso oggi come giudizio, non più limitato all’atto impugnato, ma esteso al rapporto intersoggettivo controverso18. Il mutamento dell'oggetto del giudizio 15 Poiché l’art. 1 C.p.a. aggancia il principio di effettività della tutela ai principi del diritto europeo, il giudice amministrativo deve dare rilevanza a due “serbatoi di regole sostanziali”, affermate sia dalla Corte di Lussemburgo sia dalla Corte di Strasburgo. Il primo gruppo di regole–che in questa sede particolarmente interessa-è riassunto nella previsione dell’art. 340 del TFUE (rubricato “principi generali comuni ai diritti degli Stati membri”), il quale attribuisce rilevanza alla certezza del diritto, alla intangibilità degli effetti delle decisioni giurisdizionali, al rispetto del legittimo affidamento, al principio di proporzionalità. 16 Sull'argomento anche FRENI F.-DE LUCA F., Effettività della tutela e giusto processo amministrativo, op. cit.: "Con l'entrata in vigore dell'art. 1 del codice (...) lo standard di tutela sovranazionale non opera più con riguardo alla sola violazione del diritto comunitario, bensì trova concreta applicazione anche in presenza di un'inosservanza di disposizioni interne, incidenti su materie sottratte alla competenza europea. (...) Su tale profilo preme sottolineare come non assuma più alcuna rilevanza la distinzione tra fonte europea e nazionale della situazione giuridica azionata. In tutte le ipotesi in cui il privato lamenti una indebita compressione della propria situazione soggettiva (in esito ad atti, provvedimenti, accordi o comportamenti amministrativi) anche di sola origine nazionale, egli dovrà ricevere il più elevato livello di tutela tra quelli predisposti dal diritto nazionale e dal diritto europeo". 17 RAGANELLI B., Efficacia della giustizia amministrativa e pienezza della tutela, op. cit.. MARUOTTI L., La giurisdizione amministrativa: effettività e pienezza della tutela, in www.giustamm.it, 2010. 18 Questa tesi risale ad una felice intuizione di A. Piras risalente agli anni Sessanta del secolo scorso. Vedasi in proposito PIRAS A., Interesse legittimo e giudizio amministrativo, op. cit.. L'autore è stato il primo a sostenere la necessità di un'evoluzione del giudizio amministrativo dall'atto al rapporto intersoggettivo controverso. Sulla centralità del rapporto amministrativo nell'attuale contesto storico si segnala il contributo di PROTTO M., Il rapporto amministrativo, Giuffrè, Milano, 2008. In giurisprudenza, ex plurimis, Adun Plen. Cons. Stato, 23 marzo 2011, n. 3. Tar Lombardia, sez. III, 8 giugno 2011, n.1428. Cons. Stato, sez. VI, 9 febbraio 2009, n. 713, in www.giustamm.it. Cass. Sez. Un., 23 dicembre 2008, n. 30254, in www.cortedicassazione.it. ! !244 Capitolo Settimo amministrativo implica una rivisitazione degli istituti del processo. Si assiste, infatti, all'ampliamento del novero delle azioni esperibili con conseguente superamento di quel modello di tutela esclusivamente caducatorio19 che tradizionalmente offriva agli interessi pretensivi una protezione lacunosa e ineffettiva20. Invero il processo meramente demolitorio, che aveva nell'atto il proprio irrinunciabile fulcro, è un'immagine che ormai si "allontana e sbiadisce" (Ferrara L.). È attualmente condiviso l’assunto che il provvedimento non sia più l’oggetto esclusivo del giudizio amministrativo, bensì ne rappresenti una semplice “occasione”, in conformità ai principi costituzionali che affidano al giudice amministrativo il compito di tutelare l'interesse legittimo quale situazione giuridica sostanziale. La cognizione del giudice amministrativo è estesa al rapporto e agli interessi delle parti, onde verificare la spettanza del bene della vita21, vero obiettivo del ricorrente che 19 Sull'esigenza di abbandonare la concezione meramente impugnatoria del giudizio amministrativo, tra i tanti contributi, GRECO G., L’accertamento autonomo del rapporto nel giudizio amministrativo, Milano 1980. VAIANO D., Pretesa di provvedimento e processo amministrativo, Milano, 2002. 20 In ordine alla storica e atavica ineffettività del sistema di tutela degli interessi legittimi pretensivi FOÀ S., Giustizia amministrativa e pregiudizialità costituzionale comunitaria e internazionale, Jovene, Napoli, 2011: "La tipicità dell'azione di annullamento era coerente con la visione originaria del processo amministrativo come un processo impostato sulla tutela degli interessi legittimi oppositivi ai quali corrispondeva una pretesa ad un non facere in capo all'amministrazione, cioè un dovere di astensione dall'emanare il provvedimento restrittivo della sfera giuridica dell'interessato: siffatta visione non corrisponde più all'evoluzione legislativa e giurisprudenziale che ha attribuito rilevanza e pari dignità agli interessi legittimi pretensivi". In argomento anche BARBIERI E.M., La giustizia amministrativa sulla via dell’effettività, in Foro amm., n. 4 del 2001, 1551. Per decenni il sistema della giustizia amministrativa è stato tutto tranne che effettivo in quanto modellato su un giudizio oggettivo caducatorio, idoneo ad offrire tutela ai soli interessi legittimi oppositivi. Gli interessi pretensivi rimanevano sforniti di una protezione piena ed effettiva. ROEHRSSEN G., I problemi della giustizia amministrativa, in Cons. Stato 1980, II, 629. SANDULLI A.M., La giustizia nell’amministrazione, in Scritti giuridici, Napoli, vol V, 1990. MERUSI F.-SANVITI, L’ingiustizia amministrativa in Italia, Bologna, 1986. NIGRO M., È ancora attuale una giustizia amministrativa?, in Foro it. 1983. GIANNINI M.S.–PIRAS A., Giurisdizione amministrativa e giurisdizione ordinaria nei confronti della pubblica amministrazione, in Enc. dir., XIX, Milano, 1970, 294: "Il congegno da noi vigente è non un sistema, ma un parasistema. Crea ingiustizia e genera disordine sociale. Abbiamo cioè un parasistema i cui difetti sono irreversibili. (...) È un falso problema, dunque, quello che taluni prospettano di una riforma del sistema di giustizia amministrativa, in Italia. Qui non vi è nulla da modificare. vi è solo da cambiare in radice". 21 BARBIERI E.M., La giustizia amministrativa sulla via dell’effettività, op. cit.: “Di effettività della giustizia amministrativa si potrà parlare quando al termine del processo amministrativo, inteso in tutte le sue articolazioni, il ricorrente potrà dire di avere conservato o ottenuto il bene della vita in funzione del quale egli invoca un legittimo esercizio dell’attività amministrativa”. VOLPE C., Profili di effettività nella disciplina processuale del risarcimento del danno da lesione di interessi legittimi, in www.giustamm.it. Ad avviso dell’autore l’effettività, quale proiezione processuale del principio di efficacia, ha condotto l’ordinamento italiano ad identificare l’obiettivo finale del processo nell’attribuzione di una res e non nel mero annullamento del provvedimento impugnato. Il processo deve, invero, assicurare il conseguimento del bene della vita anelato da chi agisce in giudizio. ! !245 Capitolo Settimo aziona la macchina giudiziaria. In questa direzione la funzione giurisdizionale procede ad ampie falcate verso l'effettività della tutela. Passando ora all’esame dei contenuti del principio de quo, va sottolineato, in via preliminare, come l’effettività della tutela sia “un valore, per un verso, relativo e storicamente mutevole, nel senso che ne sono riconoscibili diverse interpretazioni nonché diverse gradazioni e sfaccettature”22. Il sistema amministrativo italiano, per erogare una tutela realmente piena ed effettiva, deve essere in grado di assicurare al ricorrente le seguenti condizioni: 1) la possibilità di agire in giudizio per la tutela delle situazioni giuridiche soggettive di cui si è titolari; 2) il diritto di di rivolgersi ad un giudice terzo e imparziale; 3) il diritto alla prova, da intendersi come possibilità di avvalersi, in condizioni di parità nel processo, di tutti gli strumenti probatori previsti dall’ordinamento; 4) il diritto di ottenere in un tempo ragionevole un provvedimento di merito sulla fondatezza della domanda e, in caso di accoglimento, un provvedimento che sia satisfattivo dell’interesse sostanziale del ricorrente23; 5) il diritto al rilascio di misure cautelari satisfattive; 6) il diritto di ottenere l’esecuzione concreta ed effettiva del dictum della sentenza. Certamente il principio comunitario di effettività della tutela giurisdizionale interferisce con la tematica delle azioni esperibili nei singoli ordinamenti statuali ed in particolare nell'ordinamento italiano24. Da un sistema processuale esclusivamente demolitorio la giustizia amministrativa nel nostro Paese è traghettata verso un modello 22 LAMORGESE A., L’effettività della tutela nell’esperienza giurisprudenziale, in www.giustamm.it, 2008. Per una ricostruzione storico–evolutiva del fenomeno PAJNO A., La funzione giurisdizionale del Consiglio di Stato ai tempi di Santi Romano Presidente: l’effettività della tutela giurisdizionale, in www.astrid.it. 23 CHIOVENDA G., Principi di diritto processuale civile, op. cit.: "Il processo deve dare per quanto è possibile praticamente a chi ha un diritto tutto quello e proprio quello ch’egli ha diritto di conseguire". 24 CHITI M.P., L’effettività della tutela giurisdizionale tra riforme nazionali e influenza del diritto comunitario, in Dir. proc. amm., n. 3 del 1998, 502. ! !246 Capitolo Settimo atipico di protezione giurisdizionale25, in cui a fianco dell’azione di annullamento convivono e sono esperibili, in forma alternativa o cumulativa, azioni risarcitorie, di accertamento e di condanna26. Una piena, completa ed effettiva protezione delle istanze del singolo postula imprescindibilmente un sistema giurisdizionale costruito sui principi di pluralità ed atipicità delle forme di tutela, quali indissolubili corollari del principio di effettività27. Il C.p.a., attraverso una disciplina organica del processo, si colloca nel solco dell’effettività della tutela, in primo luogo con l’estensione delle azioni esperibili (cautelari, risarcitorie e di condanna)28. Ad esse la giurisprudenza amministrativa 25 CARINGELLA F., Architettura e tutela dell'interesse legittimo dopo il codice del processo amministrativo: verso il futuro, op. cit.. Secondo l'autore attualmente "a fronte di un interesse legittimo che vede al centro della sua architettura il bene della vita, o meglio l’interesse materiale ad un bene della vita, devono essere esperibili tutte le azioni che siano necessarie per tutelare in concreto l’interesse sostanziale" del ricorrente anche alla luce dei principi comunitari ed europei. Di conseguenza "sono proponibili tutte le azioni atipiche che siano necessarie per soddisfare esigenze di protezione che le tutele regolate non sono in grado di soddisfare in modo adeguato (si pensi all’azione di accertamento atipica reputata ammissibile dalla decisione n. 15/2011 del Consiglio di Stato); dall’altro, che anche le azioni tipiche presentano un profilo di atipicità in quanto il legislatore, nel prevedere un’azione, non può predeterminare in astratto il contenuto delle domande proponibili a tutela di una determinata posizione, contenuto ricavabile solo in ragione della specificità della lesione che viene in rilievo nel caso concreto e del bisogno di tutela che deve essere correlativamente appagato. Il principio di atipicità non concerne quindi solo il novero delle azioni proponibili, con conseguente superamento del dogma del numerus clausus, ma anche e forse soprattutto il contenuto concreto delle azioni tipizzate in modo astratto, e quindi necessariamente incompleto, dal legislatore". 26 TARULLO S., Costituzione europea ed effettività della tutela giurisdizionale amministrativa, in www.giustamm.it. In virtù del principio dell’autonomia processuale degli Stati membri,“ai legislatori nazionali è lasciata facoltà di scegliere le concrete modalità tecnico-operative che andranno a caratterizzare i singoli processi all’interno degli Stati membri: il tipo di azione proponibile (dichiarativa, costituiva o di condanna), il plesso giurisdizionale (ordinario o speciale, individuale o collegiale), il lasso di tempo entro il quale l’azione va promossa (decadenza, prescrizione), gli strumenti per portarla ad esecuzione (esecuzione in via giurisdizionale, amministrativa, ecc.), il modello di pronuncia (sentenza, ordinanza, decreto), i mezzi di gravame”. Ma il principio della autonomia processuale degli Stati membri rinviene due temperamenti nei principi comunitari di equivalenza e di effettività della tutela, i quali erodono la discrezionalità dei pubblici poteri nazionali nella tutela delle situazioni di origine comunitaria. 27 In dottrina RAGANELLI B., Efficacia della giustizia amministrativa e pienezza della tutela, op. cit.. ORSI BATTAGLINI A., Alla ricerca dello stato di diritto, per una giustizia “non amministrativa”, op. cit.. CLARICH M., Tipicità delle azioni e azioni di adempimento nel processo amministrativo, in Dir. proc. amm., 2005. DOMENICHELLI V., Le azioni nel processo amministrativo, in Dir. proc. amm., 2006. TORCHIA L., Le nuove pronunce nel Codice del processo amministrativo, in www.giustiziaamministrativa.it, 2010. 28 CAPONIGRO R., Il principio di effettività della tutela nel codice del processo amministrativo, in www.giustizia-amministrativa.it, 2010. Sulla esperibilità in via generale dell'azione di condanna dinanzi al giudice amministrativo, di recente Adun. Plen. Cons. Stato, 23 marzo 2011, n. 3, in www.giustamm.it. ! !247 Capitolo Settimo aggiunge l'azione di accertamento atipica29 e l'azione di esatto adempimento30 che, sia pure non consacrate a livello normativo, vengono pacificamente ammesse31. Con riferimento alla tutela cautelare32, il C.p.a. sviluppa l’impianto sul contenuto atipico delle misure cautelari, introdotto dalla l. 205/2000. Nell'alveo di una giurisdizione ormai sempre più votata all'accertamento del rapporto intersoggettivo controverso33, la cautela da mero “incidente” a carattere eventuale diviene snodo 29 Sull’evoluzione delle forme di tutela attivabili nel giudizio amministrativo MORBIDELLI G., Le tecniche di tutela dell’interesse legittimo: verso l’azione atipica di accertamento?, Atti del convegno “Riparto, responsabilità, pregiudiziale e tecniche di tutela: la giurisprudenza amministrativa tra storia e attualità”, Consiglio di Stato, Roma, 27 maggio 2009. GRECO G., L’accertamento autonomo del rapporto nel giudizio amministrativo, op. cit.. Tra i primi a riconoscere l'esperibilità di un'azione di accertamento nel processo amministrativo CAMMEO, F. Corso di diritto amministrativo, op. cit.. Successivamente GUICCIARDI E., Sentenze dichiarative del giudice amministrativo?, in Giur. it., III, 1951, 121. 30 Tar Lombardia, sez. III, 8 giugno 2011, n. 1428, cit.. 31 Più in generale sugli strumenti di tutela esperibili oggi nel processo amministrativo, senza pretese di esaustività. CLARICH M., Le azioni nel processo amministrativo tra reticenze del Codice e apertura a nuove tutele, in www.giustizia-amministrativa.it, 2010. CARBONE A., L'azione di adempimento nel processo amministrativo, Giappichelli, 2012. FOLLIERI E., Le azioni di annullamento e di adempimento nel codice del processo amministrativo, in www.giustamm.it, 2010. RAIMONDI S., Le azioni, le domande proponibili e le relative pronunzie, in www.giustamm.it, 2010. VELTRI G., Le azioni di accertamento, adempimento, nullità ed annullamento nel codice del processo amministrativo, in www.giustizia-amministrativa.it, 2011. GISONDI F., Nuovi strumenti di tutela nel codice del processo amministrativo, in www.giustizia-amministrativa.it, 2011. 32 Tra i più recenti contributi si segnalano LUMETTI M.V., Processo amministrativo e tutela cautelare, Cedam, 2012. GIOVAGNOLI R., Il giudizio cautelare, Giuffrè, 2012. AA.VV., La tutela cautelare e sommaria nel nuovo processo amministrativo, a cura di F. Freni, Giuffrè, Milano, 2011. LEONARDI R., La tutela cautelare nel processo amministrativo, Giuffrè, 2010. Sull'influenza della giurisprudenza comunitaria sul sistema di tutela cautelare italiano MUSSELLI L., La giustizia amministrativa dell'ordinamento comunitario, op. cit.. 33 TARULLO S., Il giusto processo amministrativo. Studio sull’effettività della tutela giurisdizionale nella prospettiva europea, op. cit.: "La cautela esclusivamente sospensiva poteva apparire in linea con un processo amministrativo-quello delle origini-imperniato sull'esclusivo sindacato di legittimità dell'atto impugnato e condotto nell'ottica di una giurisdizione di diritto oggettivo, teso cioè a verificare l'operato dell'amministrazione più che a tutelare il singolo. Ma con la progressiva emersione di una giurisdizione di tipo soggettivo, indubbiamente più conforme al quadro costituzionale, si è approdati ad un processo di parti nel senso proprio del termine. Si è così iniziato a celebrare, nelle aule della giustizia amministrativa, un giudizio mirato alla tutela delle situazioni giuridiche soggettive private non meno che al sindacato sull'esercizio del potere". ! !248 Capitolo Settimo centrale del processo34. In tal senso di significativo impatto sul sistema è l’introduzione dell'istituto della tutela cautelare monocratica ante causam35. Da ultimo occorre verificare il grado di interferenza tra il principio di effettività della tutela, oggi positivizzato a livello europeo, e il principio costituzionale del giusto processo di cui all’art. 111 I co. Cost.36, stante la parziale sovrapposizione tra i medesimi. Se tradizionalmente si considerava il principio del giusto processo quale standard di tutela interno a protezione delle situazione giuridiche conferite da norme nazionali ed il principio di effettività quale baluardo per le sole situazioni soggettive di origine comunitaria, attualmente tale distinzione sembra superata con l’entrata in vigore del C.p.a., in quanto gli standards di tutela comunitari si applicano a qualsivoglia situazione giuridica soggettiva, indipendentemente dalla fonte e dunque anche in ambiti di esclusiva competenza statale. 7.1.1. I nuovi caratteri dell'annullamento giurisdizionale nel tramonto dei miti della necessaria retroattività e dell'automatismo È fuor di dubbio come, a seguito della capillare infiltrazione dei principi comunitari negli ordinamenti processuali nazionali, sia in atto una mutazione nello scenario italiano della giustizia amministrativa tanto dei tratti distintivi quanto delle modalità operative della sentenza costitutiva di annullamento. 34 Ciò sotto due profili: a) per la celerità, efficacia ed efficienza della misura che può intervenire a tutela del ricorrente, sia conservando inalterata la situazione in attesa della decisione di merito, sia anticipando quest’ultima con l'adozione da parte del giudice di ogni misura idonea ad assicurare interinalmente gli effetti della decisione di merito; b) poiche rappresenta l’unica possibilità d’investire il giudice della conoscenza del ricorso prima che sia fissata l’udienza di discussione. Queste disposizioni fanno diventare la Camera di consiglio per l’esame della misura cautelare uno snodo cruciale per l’integrazione del contraddittorio, l’acquisizione istruttoria e la fissazione ravvicinata dell’udienza di trattazione. 35 FOLLIERI E., Le novità del codice del processo amministrativo sulle misure cautelari, in www.giustamm.it, 2010. 36 TARULLO S., Costituzione europea ed effettività della tutela giurisdizionale amministrativa, op. cit.. Sull'accresciuta centralità del cittadino nel processo amministrativo STIPO M., La giurisdizione amministrativa nell'odierno ordinamento democratico, in La funzione amministrativa e il suo giudice alla luce delle recenti modifiche della Costituzione, a cura dell'ANMA, Giappichelli, 2003: "Il privato (il ricorrente) non è più il Titano che va all'assalto dell'Olimpo ma è parte in senso formale e in senso sostanziale, al pari della p.a., ed ove, alla luce dell'art. 111 Cost. novellato, deve sussistere una simmetrica parità delle posizioni e dei poteri processuali delle parti". ! !249 Capitolo Settimo Come già evidenziato, l'esigenza di fornire al ricorrente una tutela giurisdizionale concretamente satisfattiva ha determinato l'evoluzione del giudizio amministrativo da una concezione oggettiva, incentrata sull'interesse pubblico e sul principio di legalità formale, verso un giudizio soggettivo costruito intorno al soddisfacimento delle pretese individuali. In un tale scenario il paradigma della sentenza demolitoria, oltre a perdere centralità per il concorso di nuove azioni37, vede ridefinite le proprie caratteristiche, per mano di una giurisprudenza sempre più attenta, in sede processuale, ai bisogni e agli interessi del cittadino. Il dogma della necessaria caducazione in sede giurisdizionale dell'atto amministrativo illegittimo è oggi messo in discussione dal principio secondo il quale l'annullamento ope iudicis non sarebbe più, come in passato, effetto conseguente ed automatico dell'accertamento di un vizio di legittimità. In molte fattispecie il ricorrente potrebbe non avere alcun interesse all'annullamento dell'atto (ad es. perchè l'atto ha già esaurito i suoi effetti oppure perchè il ricorrente ha esclusivo interesse al risarcimento del danno38), sicchè ben può il giudice accertarne l'illegittimità (in via principale o incidentale) senza caducarlo. In base agli insegnamenti comunitari le modalità e le caratteristiche dei rimedi giurisdizionali devono essere commisurati agli interessi sostanziali dell'individuo, affinchè la tutela, lungi dal rivelarsi formale e asfittica, possa conseguire obiettivi concreti nella di lui sfera giuridica. La pronuncia costitutiva di annullamento del giudice amministrativo, oltre a liberarsi del dogma dell'automatismo, può dirsi attualmente svincolata anche dalla regola della necessaria retroattività. 37 Contra SCOCA S.S., L'effettività della tutela nell'azione di annullamento, in www.giustamm.it, 2012, secondo cui l'azione di annullamento sarebbe ancora centrale nel nuovo processo amministrativo inaugurato dal d.lgs. 104/2010. 38 Ai sensi dell'art. 34 co. III C.p.a. "quando, nel corso del giudizio, l'annullamento del provvedimento impugnato non risulta più utile per il ricorrente, il giudice accerta l'illegittimità dell'atto se sussiste l'interesse ai fini risarcitori". In giurisprudenza Cons. Stato, sez. V, 12 maggio 2011, n. 2817, in www.giustizia-amministrativa.it, secondo cui poichè il più (l'annullamento) contiene il meno (l'accertamento), il giudice può limitarsi ad un accertamento dell'illegittimità dell'atto ai soli fini risarcitori, senza esito di annullamento. ! !250 Capitolo Settimo Tradizionalmente l’annullamento ope iudicis di un provvedimento illegittimo ha sempre comportato l'eliminazione del medesimo ex tunc, con rimozione di ogni effetto medio tempore dispiegato dall’atto. Questo assunto, un tempo granitico, attualmente vacilla a seguito di un'interpretazione evolutiva dell'istituto offerta dalla giurisprudenza amministrativa. In particolare, come affermato dal Consiglio di Stato nel 201139, il giudice amministrativo può graduare gli effetti della sentenza di annullamento conferendo ad essa efficacia ex nunc40, oppure può limitarsi ad accertare l'illegittimità del provvedimento, ove il ricorrente abbia interesse alla sola conformazione pro futuro degli esiti dell'azione amministrativa41. Ciò è possibile in quanto il tradizionale annullamento retroattivo del provvedimento impugnato ha, da sempre, il proprio fondamento non già in un'espressa disposizione di 39 Cons. Stato, sez. VI, 10 maggio 2011, n. 2755, in www.giustamm.it, con Nota di GALLO C.E., I poteri del giudice amministrativo in ordine agli effetti delle proprie sentenze di annullamento, in Dir. proc. amm. n. 1 del 2012; con Nota di GIUSTI A., La nuova sentenza di annullamento nella recente giurisprudenza del Consiglio di Stato, in Dir. proc. amm. n. 1 del 2012; con Commento di MACCHIA M., L'efficacia temporale delle sentenze del giudice amministrativo: prove di imitazione, in Giorn. dir. amm. n. 2 del 2011. Le argomentazioni dei giudici di Palazzo Spada sono riprese e sviluppate da Tar Abruzzo, Pescara, sez. I, 13 dicembre 2011, sentenze nn. 693, 695, 696, 697, 698, 699, 700, in www.giustizia-amministrativa.it. Per un primo commento si rinvia a RAGAZZO M., L'effettività della tutela giurisdizionale tra pianificazione urbanistica e valutazione ambientale, in Dir. serv. pubbl., 2012. 40 MACCHIA M., L'efficacia temporale delle sentenze del giudice amministrativo: prove di imitazione, op. cit.. Il problema della graduazione degli effetti della sentenza di annullamento è noto anche in ambito comunitario, laddove la Corte di Giustizia tende a modulare gli effetti delle proprie pronunce caducatorie limitandone o escludendone la retroattività. 41 In giurisprudenza Cons. Stato, sez. VI, 10 maggio 2011, n. 2755, cit.. In senso conforme Cons. Stato, sez. V, 26 gennaio 2012, n. 340, in www.giustizia-amministrativa.it. In dottrina CARINGELLA F., Architettura e tutela dell'interesse legittimo dopo il codice del processo amministrativo: verso il futuro, op. cit.: Ad avviso dell'autore "uno dei caratteri peculiari dell’annullamento per illegittimità del provvedimento amministrativo risiede nella caducazione del provvedimento con efficacia ex tunc, ed il conseguente travolgimento di tutti gli effetti medio tempore prodotti dall’atto. Tale impostazione, data ormai per acquisita dalla giurisprudenza assolutamente pacifica e consolidata, è stata revocata in dubbio dalla recentissima pronuncia del Consiglio di Stato, sez. VI, 10 maggio 2011, n. 2755, la quale, in applicazione dei principi di giustizia sostanziale di effettività e proporzionalità della tutela giudiziaria, di derivazione comunitaria, ha sfatato il dogma della necessaria retroattività dell’annullamento dell'atto illegittimo". ! !251 Capitolo Settimo legge, bensì in una prassi, come tale derogabile nelle ipotesi in cui l’annullamento dell’atto risulti non satisfattivo o a fortiori lesivo degli interessi del ricorrente42. La tutela del cittadino, alla stregua dei principi comunitari, deve essere, infatti, piena ed effettiva e non meramente formale o apparente, sicchè a tale obiettivo devono orientarsi gli strumenti di tutela azionati. Inoltre è lo stesso C.p.a. ad attribuire in più disposizioni al giudice amministrativo il potere di definire la portata delle proprie decisioni. In primo luogo all'art. 1 ai sensi del quale "la giurisdizione amministrativa assicura una tutela piena ed effettiva secondo i principi della Costituzione e del diritto europeo". Poi all'art. 34 co. 1 lett. a) che in caso di accoglimento del ricorso, assegna all'organo giurisdizionale, nei limiti della domanda, "il compito di annullare in tutto o in parte il provvedimento impugnato, presupponendo una valutazione circa l'estensione del potere demolitorio"43. Successivamente agli artt. 121 e 122, in materia di appalti, ove il legislatore attribuisce al giudice amministrativo il potere di determinare in concreto gli effetti delle proprie pronunce. Disposizioni queste ultime di settore ma suscettibili di applicazione generalizzata. Occorre, infine, osservare come il crescente processo di ibridazione tra l'ordinamento comunitario e gli ordinamenti nazionali favorisca l'estensione delle tecniche processuali proprie della Corte di Lussemburgo al giudizio amministrativo italiano. 42 Cons. Stato, sez. VI, 10 maggio 2011, n. 2755, cit.. Inoltre secondo il Supremo Consesso "il giudice amministrativo, nel determinare gli effetti delle proprie statuizioni, deve ispirarsi al criterio per cui esse, anche le più innovative, devono produrre conseguenze coerenti con il sistema (e cioè armoniche con i principi generali dell'ordinamento, e in particolare con quello di effettività della tutela) e congruenti (in quanto basate sui medesimi principi generali, da cui possa desumersi in via interpretativa la regula iuris in concreto enunciata)". Contra TRAVI A., Accoglimento dell'impugnazione di un provvedimento e non annullamento dell'atto illegittimo, in Urb. e app. 2011, 938. Secondo l'autore nel C.p.a. non vi sono disposizioni che autorizzano il giudice amministrativo a determinare gli effetti della pronuncia di annullamento. Questo perchè "nel nostro ordinamento l'azione di annullamento ha un contenuto tipico, che si esprime proprio nella circostanza che gli effetti dell'accoglimento della domanda sono quelli previsti dalla legge". Anche in un sistema processuale, sempre più ispirato al principio di atipicità delle azioni, "la tipicità dell'azione di annullamento non è in discussione", poichè "il dibattito sulla atipicità riguarda l'ammissibilità di azioni ulteriori rispetto a quelle codificate negli artt. 29-31 C.p.a.". In definitiva "la sentenza non convince, perchè il giudice si è arrogato un potere (quello di escludere l'annullamento dell'atto amministrativo) che presuppone una disposizione di legge che non esiste". 43 FOÀ S., Il giudice amministrativo tra effettività della tutela e suggestioni della Corte di Giustizia: ipotesi di annullamento ex nunc del provvedimento illegittimo, in www.federalismi.it, 2012. ! !252 Capitolo Settimo Nel corso dei decenni il giudice europeo ha "in via pretoria (...) utilizzato ed accresciuto il potere di definire l'efficacia nel tempo delle proprie pronunce44. Inoltre nell'esercizio di tale potere la Corte di giustizia "ha da tempo affermato che il principio dell'efficacia ex tunc dell'annullamento, seppur costituente la regola, non ha portata assoluta", attribuendosi il potere di dichiarare l'annullamento, totale o parziale, di un atto anche con effetto ex nunc45, alla luce dei principi di effettività ed atipicità della tutela. In definitiva oggigiorno le regole dell'automatismo e della retroattività dell'annullamento possono essere derogate dal giudice amministrativo italiano laddove le stesse non siano utili al soddisfacimento della pretesa del ricorrente nel quadro dei principi europei di pienezza ed effettività che presiedono al corretto esercizio della funzione giurisdizionale46. ! ! ! 7.1.2. La vexata quaestio della ammissibilità dell'azione di accertamento autonomo: excursus storico dalla metà del XX sec. al nuovo Codice del processo amministrativo 44 In ordine all'efficacia delle sentenze della Corte di giustizia PARODI G., Gli effetti temporali delle sentenze di annullamento e di invalidità della Corte di giustizia delle Comunità europee, in Quaderni regionali 2007, 319. NOCERINO GRISOTTI A., Effetti ex nunc dell'annullamento di atti comunitari e principi dell'ordinamento italiano, in Dir. com. sc. int. 1988. FOÀ S., Il giudice amministrativo tra effettività della tutela e suggestioni della Corte di Giustizia: ipotesi di annullamento ex nunc del provvedimento illegittimo, op. cit.. 45 Cgce, 5 giugno 1973, in causa C-81/72, Commissione CE c. Consiglio CE, cit.. In senso conforme Cgce, 25 febbraio 1999, in causa C-164-165/97, Parlamento c. Consiglio, in Racc. 1999. Questo principio trova ulteriore conferma nell'art. 264 del TFUE che attribuisce espressamente alla Corte di giustizia il potere di precisare "gli effetti dell'atto annullato che devono essere considerati definitivi". 46 La tutela demolitoria non produce più necessariamente e contestualmente effetti eliminatori, ripristinatori e conformativi, ma il giudice può selezionare e modulare gli effetti in ragione dell'interesse del ricorrente. Ad es. il privato potrebbe aspirare, a seconda dei casi, ad un accertamento incidentale dell'illegittimità dell'atto ai soli fini risarcitori oppure ad una sentenza di annullamento con riferimento ai soli effetti conformativi. In quest'ottica la modulazione degli effetti dell'annullamento giurisdizionale, da parte del giudice amministrativo, viene posta a garanzia del principio di effettività della tutela delle situazioni soggettive individuali (Cons. Stato, sez. VI, 9 marzo 2011, n. 1488, in www.giustamm.it). ! !253 Capitolo Settimo Nell'ordinamento processuale amministrativo si discute da tempo della ammissibilità di un'azione di accertamento atipica47. Il processo amministrativo non ha vissuto, sfortunatamente, quella stagione di studi della scienza processual-civilista caratterizzata dall'elaborazione di una teorica dei rimedi giurisdizionali, articolata nelle azioni di accertamento, costitutive e di condanna. Ciò a causa della ricostruzione in chiave esclusivamente demolitoria del giudizio, con conseguente emarginazione di ogni tipologia di azione diversa ed ulteriore48. Questo granico orientamento ha da sempre fatto leva sugli artt. 26 e 34 del R.d. 1054/1924, alla stregua dei quali oggetto del processo amministrativo sarebbe solo il provvedimento impugnato49. Un simile assetto di tutela è sempre apparso fortemente deficitario nei confronti degli interessi legittimi pretensivi, per i limiti strutturali e funzionali della pronuncia caducatoria di annullamento. Il cammino verso l'apertura del sistema a nuove e più generali forme di tutela non è stato certamente facile. Quanto all'azione di accertamento, i giudici amministrativi, intorno agli anni ’40 del secolo scorso, hanno iniziato a svincolare dal rispetto delle regole dell'annullamento i giudizi sui rapporti paritetici, limitatamente ai diritti a contenuto patrimoniale50, esaltando l'effetto dichiarativo in luogo dell'effetto costitutivo. 47 Per una ricostruzione delle ragioni a sostegno dell'esperibilità di un'azione di accertamento autonoma nell'alveo della giurisdizione amministrativa PEPE G., La Dia: natura, regime giuridico e strumenti di tutela del terzo, in www.giustamm.it, 2010. In giurisprudenza Tar Puglia, 25 novembre 2011, n. 1807, in www.giustizia-amministrativa.it. 48 In un sistema così delineato, pertanto, azioni diverse dall'azione costitutiva di annullamento rivestivano un ruolo marginale, confinate in espresse e anguste previsioni di legge (principio di tipicità). 49 Per queste ragioni lo spettro cognitivo del giudice amministrativo non si è potuto estendere al rapporto sostanziale inciso dall’atto, rimanendo circoscritto alla verifica della legittimità del provvedimento nei limiti delle censure dedotte dal ricorrente. Inoltre il dogma della tutela esclusivamente demolitoria veniva altresì rafforzato dall'esigenza di riservare alla P.A. l’adozione di provvedimenti dichiarativi o di accertamento, in vista della conformazione della realtà amministrativa ai principi del giudicato. 50 Cons. Stato, sez. V, 1 dicembre 1939, n. 795, in Foro it. 1939. Adun. Plen. Cons. Stato, 18 dicembre 1940, n. 4, in Foro it. 1940. ! !254 Capitolo Settimo Tale apertura ha avuto scarso seguito nella giurisprudenza degli anni ’50, la quale, arroccata nell'autoreferenzialità della natura impugnatoria del giudizio, ha in più occasioni, sottolineato l’assoluta incompatibilità dell'azione di accertamento con le caratteristiche del potere amministrativo e con la natura dell'interesse legittimo51. Tuttavia, la dottrina più autorevole ha strenuamente cercato di giustificare l'ingresso di alcuni rimedi in qualche modo riconducibili alla figura dell'azione di accertamento52. Questo approccio muove dall’idea che un'ipotesi di azione dichiarativa sia già espressamente codificata nel sistema amministrativo (art. 33 R.d. 1054/1924) e che da questa puntuale disposizione possa, poi, ricavarsi una legittimazione generale dell’azione di accertamento. Tale impostazione ha ricevuto le critiche degli assertori della natura eccezionale della norma, come tale insuscettibile di applicazione analogica. Negli anni successivi le vischiosità del sistema non impediscono, in ogni caso, all’azione di accertamento di penetrare, come un fiume carsico, nel tessuto del giudizio amministrativo, innestando i semi per un suo futuro riconoscimento. 51 SAITTA F., Dell’azione di mero accertamento che ci sarebbe potuta essere… e che si auspica ci sarà comunque, a prescindere dalla scelta dei codificatori, Atti del Seminario “La sistematica delle azioni nel nuovo processo amministrativo”, organizzato dal Dipartimento di Studi Giuridici “Angelo Sraffa”dell’Università Bocconi di Milano e dalla Scuola di specializzazione per le professioni legali delle Università Bocconi e di Pavia, 6 maggio 2010, Università Bocconi, in www.giustamm.it, 2010. Ad avviso dell'autore il tradizionale atteggiamento di chiusura verso l'azione di accertamento muove dal convincimento che, "essendo l’interesse legittimo una situazione che si relaziona all’esercizio del potere, l’affermazione della sua esistenza, cioè la mera affermazione che il ricorrente è titolare dell’interesse legittimo, non soddisfi l’interesse al bene (come avviene per il diritto soggettivo), essendo all’uopo necessario eliminare gli effetti dell’azione amministrativa (interesse legittimo oppositivo) ovvero far sì che quest’ultima produca gli effetti stessi (interesse legittimo pretensivo)". 52 Tra i più noti GUICCIARDI E., Sentenze dichiarative del giudice amministrativo?, op. cit.. L'autore si ispira alle precedenti intuzioni di CAMMEO, F. Corso di diritto amministrativo, op. cit.. Egli argomenta principiando da un caso pratico: nell’ipotesi di annullamento di un precedente atto di rifiuto ci si trova al cospetto di due negazioni, di talchè il giudice amministrativo, intervenendo a posteriori, in realtà non caduca alcunché, bensì si limita ad accertare l’illegittimità dell’originario atto di diniego. Questa considerazione confuta l'assunto del giudizio amministrativo quale giudizio esclusivamente impugnatorio, dimostrando la compatibilità con il sistema anche di azioni diverse di tipo dichiarativo. ! !255 Capitolo Settimo Il Molok del processo impugnatorio inizia a mostrare talune crepe nel 1979, quando l'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato riconosce per la prima volta l’azione di mero accertamento nel giudizio amministrativo53. Successiva tappa verso la definitiva consacrazione dell’istituto si ha negli anni ‘80 con la normativa sul silenzio assenso54, allorchè appare evidente che la pronuncia richiesta al giudice sia non già di annullamento, bensì dichiarativa della sussistenza dei requisiti di legge. Di lì in avanti avranno un incremento esponenziale gli studi dottrinari sulla azione meramente dichiarativa55, che acquisisce sempre più un'autonoma fisionomia dommatica in una molteplicità di fattispecie. Conseguentemente emerge la necessità di un riconoscimento più ampio dell'azione di accertamento, quale rimedio processuale imprescindibile ai fini dell'erogazione una tutela satisfattiva in ossequio alle previsioni costituzionali56. La carica garantista delle disposizioni della Grundnorm è ulteriormente potenziata, a partire dagli Novanta del XX sec., dai principi dell'ordinamento comunitario che accelerano il percorso dell'individuo verso la pienezza e l'effettività della protezione giurisdizionale. In sempre maggiori casi si dà ingresso all’azione di accertamento nel giudizio amministrativo, quale logico corollario di un lento ma progressivo ampliamento dei 53 Adun. Plen. Cons. Stato, 26 ottobre 1979, n. 25, in www.google.it. La fattispecie processuale verte sulla richiesta, avanzata dai dipendenti di un conservatorio, di accertamento del proprio status. Il Supremo organo di giustizia amministrativa ammette l'esperibilità dell'azione dichiarativa per scongiurare una disparità di trattamento con i dipendenti privati lesiva dei principi di difesa e di effettività della tutela giurisdizionale. 54 La legge Nicolazzi (l. 94/1982), in un’ottica di liberalizzazione del settore edilizio, introduce, per la prima volta, un regime semplificato per alcune attività, prevedendo la formazione del silenzio–assenso sulle domande di concessione edilizia per vari interventi di recupero del patrimonio esistente. Come chiarito successivamente dalla giurisprudenza l'art. 8 l. 94/1982, non solo è di stretta interpretazione ed è insuscettibile di applicazioni analogiche, ma presuppone la vigenza di uno strumento urbanistico di dettaglio approvato dopo l'entrata in vigore della l. 765/1967 e quindi adeguato agli standards da quest'ultima previsti. 55 Tra i massimi sostenitori dell'azione di accertamento nel processo amministrativo NIGRO M., Giustizia amministrativa, op. cit.. 56 GRECO G., L’accertamento autonomo del rapporto nel giudizio amministrativo, op. cit.. L’autore osserva che l’ammissibilità di una azione di accertamento dinanzi al giudice amministrativo sia imposta dagli artt. 24 e 113 Cost., in nome dell'effettività e pienezza della tutela, qualora essa rappresenti il rimedio più idoneo per il soddisfacimento degli interessi legittimi. ! !256 Capitolo Settimo rimedi e dei poteri del giudice, in un contesto in cui il sindacato giurisdizionale tende inesorabilmente ad estendersi alla cognizione del rapporto, ossia alla spettanza del bene della vita (nei limiti della res in iudicium deducta)57. Le riforme legislative degli ultimi decenni in tema di accesso agli atti amministrativi, silenzio inadempimento e nullità del provvedimento sono la cartina di tornasole della rivoluzione copernicana che investe il giudizio amministrativo, con la proliferazione delle azioni di accertamento e di condanna ed il riconoscimento di nuovi poteri istruttori al giudice, in un clima di piena valorizzazione degli interessi legittimi. Agli albori del Terzo Millennio, in cui la giustizia amministrativa è definitivamente transitata dal giudizio sull’atto al giudizio sul rapporto, l'azione di accertamento atipica assurge a formidabile strumento di realizzazione delle situazioni soggettive del cittadino (in primis gli interessi legittimi pretensivi). Caduto ormai il dogma della tutela esclusivamente demolitoria, sono maturi oggi i tempi per il riconoscimento dell'azione di accertamento come figura generale, autonoma ed atipica, esperibile indipendentemente da espresse previsioni di legge (G. Greco, V. Caianiello, V. Cerulli Irelli, M. Balloriani, A. Romano Tassone, W. Giulietti; contra P. Stella Richter). Tale assunto è corroborato dall'immanenza di un potere dichiarativo nell'alveo della funzione giurisdizionale, (la giurisdizione postula lo ius dicere, implicando un indefettibile momento accertativo per il suo esercizio58). A ciò aggiungasi che la piena equiparazione tra diritti soggettivi e interessi legittimi, quali situazioni giuridiche sostanziali attive e di vantaggio, osta ad un'irragionevole diversificazione delle azioni esperibili, per il vulnus che ciò arrecherebbe ai principi di pienezza ed effettività della tutela. 57 Antesignano di questa impostazione è PIRAS A., Interesse legittimo e giudizio amministrativo, op. cit.. Di recente MORBIDELLI G., Le tecniche di tutela dell’interesse legittimo: verso l’azione atipica di accertamento?, Atti del Convegno "Riparto, responsabilità, pregiudiziale e tecniche di tutela: la giurisprudenza amministrativa tra storia e attualità", op. cit.. 58 Sulla questione già la dottrina processual-civilistica era giunta a conclusioni non dissimili attraverso un differente percorso argomentativo MONTESANO L., Accertamento giudiziale, in Enc. Giur. Treccani, Vol. I, 1988, secondo il quale, proprio in ragione dell'"esistenza di una tutela giurisdizionale, che ha come solo contenuto l’accertamento descritto nell’art. 2909 c.c., è innegabile l’esistenza di azioni di mero accertamento. Ma di queste mancano nei testi normativi espressa disciplina e disposizioni di carattere generale, che vanno dunque tratte dal significato della norma sull’interesse ad agire (art. 100 c. p. c.)". ! !257 Capitolo Settimo Pertanto il principio di atipicità delle azioni, conosciuto nell'alveo del processo civile59, deve estendersi anche al giudizio amministrativo, superando conseguentemente il dogma del numerus clausus delle azioni ammissibili, in conformità alle disposizioni costituzionali60 ed ai principi comunitari. In giurisprudenza sono cadute le ultime resistenze all'ammissibilità dell'azione di accertamento autonomo, prima nel 2009 con una pronuncia in tema di impugnazione della Dia da parte del terzo controinteressato61, poi nel 201162, ove il giudice amministrativo riconosce in via generale l'esperibilità dell'azione di accertamento in tutte le ipotesi in cui essa rappresenti la tecnica di tutela più idonea ad assicurare protezione all’interesse legittimo63. Anche a livello di diritto positivo numerosi dati militano nel senso della definitiva apertura del giudizio amministrativo all'azione di mero accertamento. Il C.p.a., pur non 59 DI MAJO A., La tutela civile dei diritti, Milano, 1993. 60 ANDRIOLI V., La tutela giurisdizionale dei diritti nella Costituzione della Repubblica italiana, in Nuova riv. dir. commer. 1954, secondo il quale dall’art. 24 della Costituzione emerge “il fondamentale principio che chi è titolare di un diritto soggettivo ovvero di un interesse legittimo è in pari tempo e automaticamente titolare dell’azione intesa come possibilità di far valere in giudizio quel diritto o quell’interesse legittimo”. Anche CLARICH M., Tipicità delle azioni e azione di adempimento nel processo amministrativo, op. cit.. 61 Cons Stato, sez. VI, 9 febbraio 2009 n. 717, in www.giustizia-amministrativa.it. 62 Adun. Plen. Cons. Stato, 29 luglio 2011, n. 15 e precedentemente Adun. Plen. Cons. Stato, 23 marzo 2011, n. 3, in www.giustizia-amministrativa.it. 63 CARINGELLA F., Architettura e tutela dell'interesse legittimo dopo il codice del processo amministrativo: verso il futuro, op. cit.. Nella decisione n. 15 del 2011 l'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato sottolinea come l’assenza di una espressa previsione legislativa non impedisca l’esperibilità di un’azione di accertamento atipico ove tale rimedio processuale sia l'unico in grado di assicurare una protezione effettiva, adeguata ed immediata all’interesse legittimo. Per Caringella "sviluppando il discorso già avviato dall’Adunanza Plenaria con la (...) decisione n. 3/2011, si deve, infatti, ritenere che, nell’ambito di un quadro normativo sensibile all’esigenza costituzionale di una piena protezione dell’interesse legittimo come posizione sostanziale correlata ad un bene della vita, la mancata previsione, nel testo finale del codice del processo, dell’azione generale di accertamento non precluda la praticabilità di una tecnica di tutela, ammessa dai principali ordinamenti europei, che, ove necessaria al fine di colmare esigenze di tutela non suscettibili di essere soddisfatte in modo adeguato dalle azioni tipizzate, ha un fondamento nelle norme immediatamente precettive dettate dalla Carta fondamentale al fine di garantire la piena e completa protezione dell’interesse legittimo (artt. 24, 103 e 113)". 64 Espressamenta prevista dall'originaria bozza del Codice del processo amministrativo, l'azione di accertamento autonoma è stata successivamente espunto dal legislatore delegato nella versione definitiva per scongiurare i pericoli di una eventuale lievitazione della spesa pubblica. ! !258 Capitolo Settimo riconoscendo expressis verbis la figura dell'azione di accertamento autonomo64, prevede una serie di casi in cui il giudizio può essere definito: a) con sentenza dichiarativa (art. 31 co. IV in tema di nullità); b) con pronuncia dichiarativa dell'illegittimità ai soli fini risarcitori e dunque con salvezza dell'atto (art. 34 co. III); c) con una sentenza dichiarativa della cessazione della materia del contendere (art. 34 co. V)65. Di primaria importanza è la disposizione di cui all'art. 34 co. II, in virtù della quale "in nessun caso il giudice può pronunciare con riferimento a poteri amministrativi non ancora esercitati". La ratio della previsione si rinviene nell'esigenza di preservare, in ossequio al principio della divisione dei poteri, la sfera riservata all'amministrazione da sconfinamenti del potere giudiziario, soprattutto con riferimento ai rapporti non ancora esaminati dalla P.A.. Come efficacemente evidenziato "detta disposizione non può che operare per l’azione di accertamento, per sua natura caratterizzata da tale rischio di indebita ingerenza, visto che le altre azioni tipizzate dal codice sono per definizione dirette a contestare l’intervenuto esercizio (od omesso esercizio) del potere amministrativo"66. 7.1.3. L'azione risarcitoria e il nodo della "pregiudiziale mascherata" Il riconoscimento della risarcibilità della lesione degli interessi legittimi, prima a livello giurisprudenziale (SS.UU. n. 500 del 1999), poi sul piano legislativo (l. n. 205 del 2000), ha sollevato sin dall'inizio il problema dei rapporti tra l'azione risarcitoria e l'azione di annullamento nell'ambito del giudizio amministrativo. In particolare ci si è domandati se ai fini della ammissibilità della domanda di risarcimento fosse necessario il previo e fruttuoso esperimento dell'azione caducatoria 65 A riguardo CALVERI M., La tutela di accertamento dell'interesse legittimo e il codice del processo amministrativo: occasione mancata?, in www.giustamm, 2012. 66 CARINGELLA F., Architettura e tutela dell'interesse legittimo dopo il codice del processo amministrativo: verso il futuro, op. cit.. ! !259 Capitolo Settimo avverso il provvedimento illegittimo o se dalla proponibilità di quest'ultima il ricorrente potesse prescindere. La vexata quaestio della pregiudizialità della domanda di annullamento rispetto all'azione di danno vede contrapposti e arroccati su posizioni antitetiche gli organi di vertici della giurisprudenza amministrativa e della giurisprudenza ordinaria. Da una parte l'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato che considera imprescindibile la previa impugnativa dell'atto lesivo, ai fini della ammissibilità della domanda risarcitoria67. Dall'altra le Sezioni Unite della Corte di Cassazione che sostengono, viceversa, la tesi dell'autonoma azionabilità del rimedio risarcitorio, indipendentemente dalla impugnazione dell'atto illegittimo68. Senza ripercorrere l'evoluzione del lungo dibattito tra i due plessi giurisdizionali, occorre in questa sede soffermarsi sugli esiti del medesimo da vagliarsi alla luce delle previsioni del C.p.a.. In omaggio ai principi di tempestività, pienezza ed effettività della tutela giurisdizionale, la tesi della Cassazione ha prevalso per tre ordini di ragioni: a) per la forza delle argomentazioni addotte; b) per il ruolo ricoperto di giudice della giurisdizione; c) per la forza conformativa dell'ordinamento europeo nella direzione dell'ampliamento degli spazi di tutela del civis dinanzi ai pubblici poteri. Al fine di risolvere i conflitti ed offrire certezza, il legislatore del 2010 è intervenuto per disciplinare sul piano del diritto positivo il nodo gordiano della pregiudizialità amministrativa. In tal senso l'art. 30 co. III C.p.a. espressamente recita: "La domanda di risarcimento per lesione di interessi legittimi è proposta entro il termine di decadenza di 67 Adun. Plen. Cons. Stato, 28 marzo 2003, n. 4. Adun. Plen. Cons. Stato, 22 ottobre 2007, n. 12, in www.giustizia-amministrativa.it. 68 Cass. Civ. Sez. Un., ordinanze n. 13659 e 13660 del 13 giugno 2006. Cass. Civ. Sez. Un., 23 dicembre 2008, n. 30254. Cass. Civ. Sez. Un., 6 settembre 2010, n. 19048. Cass. Civ. Sez. Un., 16 dicembre 2010, n. 23595. Cass. Civ. Sez. Un., 11 gennaio 2011, n. 405, in www.cortedicassazione.it. Le Sezioni Unite della Suprema Corte sostengono che l'azione di risarcimento danni sia esperibile dinanzi al giudice amministrativo indipendentemente dalla previa domanda di annullamento dell'atto lesivo, sicchè un'eventuale declaratoria di inammissibilità dell'istanza risarcitoria da parte del giudice amministrativo, fondata sulla mancata impugnazione dell'atto, integrerebbe gli estremi di un diniego di giurisdizione sindacabile in Cassazione ai sensi dell'art. 111 Cost.. ! !260 Capitolo Settimo centoventi giorni decorrente dal giorno in cui il fatto si è verificato ovvero dalla conoscenza del provvedimento se il danno deriva direttamente da questo. Nel determinare il risarcimento il giudice valuta tutte le circostanze di fatto e il comportamento complessivo delle parti e, comunque, esclude il risarcimento dei danni che si sarebbero potuti evitare usando l'ordinaria diligenza, anche attraverso l'esperimento degli strumenti di tutela previsti". In primo luogo la disposizione conferma la tesi delle Sezioni Unite della Cassazione circa l'autonomia dell'azione risarcitoria rispetto al rimedio impugnatorio. Ciò significa che il ricorrente, che non ha interesse alla caducazione dell'atto, può domandare al giudice amministrativo direttamente il risarcimento del danno subito69. Di grande interesse è la previsione legislativa contenuta nell'ultima parte della disposizione di cui all'art. 30 co. III, che attribuisce al giudice il potere di escludere o ridurre il risarcimento in presenza di danni che il comportamento diligente delle parti avrebbe potuto evitare. Fin qui nulla quaestio poichè la norma ricalca fedelmente la previsione di cui all'art. 1227 c.c. ("concorso del fatto colposo del creditore")70. Dalle potenzialità pericolosamente esplosive è, tuttavia, l'inciso successivo, il quale consente al giudice amministrativo di valutare negativamente, nel merito della domanda risarcitoria, la mancata proposizione, da parte del danneggiato, "degli strumenti di tutela previsti". Il legislatore si riferisce in particolare all'ipotesi in cui il provvedimento non impugnato e dunque efficace, pur se illegittimo, abbia cagionato danni viceversa evitabili con la proposizione della domanda di annullamento. In questa fattispecie il ricorrente che agisca per il ristoro del danno, anche a fronte dell'ammissibilità in rito dell'azione risarcitoria, (che il C.p.a. consente di presentare in via autonoma) potrebbe vedersi nel merito ridotto, e finanche escluso, il risarcimento del danno, stante 69 Il giudice amministrativo, a fronte di una domanda risarcitoria, accerta, in via incidentale, l'illegittimità dell'atto (ovviamente senza caducarlo). L'illegittimità dell'atto rappresenta, infatti, uno degli elementi costitutivi della fattispecie risarcitoria ex art. 2043 c.c.. 70 Art. 1227 cc.: "Se il fatto colposo del creditore ha concorso a cagionare il danno, il risarcimento è diminuito secondo la gravità della colpa e l'entità delle conseguenze che ne sono derivate. Il risarcimento non è dovuto per i danni che il creditore avrebbe potuto evitare usando l'ordinaria diligenza". ! !261 Capitolo Settimo l'evitabilità dei pregiudizi cagionati mediante la tempestiva impugnazione del provvedimento71. In particolare il ricorrente che non abbia esperito l'azione di annullamento corre il rischio di vedersi rigettata per infondatezza la domanda risarcitoria, in quanto l'omessa impugnazione da parte del danneggiato, spezzando il nesso di causalità tra la condotta del danneggiante e l'evento lesivo, esclude la risarcibilità dei danni evitabili con una tempestiva reazione processuale avverso il provvedimento. In questa prospettiva, dunque, il ricorrente che aspiri all'accoglimento nel merito della domanda risarcitoria sarà costretto ad attivarsi o mediante l'impugnazione dell'atto lesivo o attraverso l'esperimento di altri rimedi previsti dall'ordinamento (es. ricorso amministrativo, invito all'autotutela)72. La previsione del C.p.a. riceve, tuttavia, le critiche di quella parte della dottrina che denuncia il fattuale ripristino di una forma di pregiudizialità, lesiva della autonomia (sostanziale) dell'azione risarcitoria e del principio di effettività della tutela giurisdizionale73. Secondo tale orientamento l'onere di diligenza del danneggiato non dovrebbe estendersi sino alla proposizione di rimedi (giudiziali e non) che, a causa dell'aleatorietà e dei costi ad essi collegati, rendono eccessivamente ed irragionevolmente gravosa la tutela risarcitoria delle situazioni soggettive del ricorrente. 71 Adun. Plen. Cons. Stato, 25 marzo 2011, n. 3, in www.giustizia-amministrativa.it. Secondo i giudici amministrativi "si deve allora reputare la scelta di non avvalersi della forma di tutela specifica"-l'azione di annullamento-"che (...) avrebbe plausibilmente (ossia più probabilmente che non) evitato, in tutto o in parte il danno, integra violazione dell’obbligo di cooperazione, che spezza il nesso causale e, per l’effetto, impedisce il risarcimento del danno evitabile. Detta omissione, apprezzata congiuntamente alla successiva proposizione di una domanda tesa al risarcimento di un danno che la tempestiva azione di annullamento avrebbe scongiurato, rende configurabile un comportamento complessivo di tipo opportunistico che viola il canone della buona fede e, quindi, in forza del principio di auto-responsabilità cristallizzato dall’art. 1227, comma 2, c.c., implica la non risarcibilità del danno evitabile". 72 La giurisprudenza amministrativa, tuttavia, ai fini dell'accoglimento della domanda risarcitoria, in molti casi non considera sufficiente un mero invito all'autotutela (non accolto) o un ricorso gerarchico (respinto), ma richiede la previa impugnazione del provvedimento illegittimo produttivo di danno. (Cons. Stato, sez. VI, 31 marzo 2011, n. 1983, in www.giustizia-amministrativa.it). 73 Tra i vari PAJNO A., La giustizia amministrativa all'appuntamento con la codificazione, in Dir. proc. amm. 2010. ! !262 Capitolo Settimo Nondimeno l'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 3 del 2011 sembra aderire al quadro normativo tratteggiato dal C.p.a.. Il supremo Consesso amministrativo ritiene, infatti, che il creditore-danneggiato, in una prospettiva di cooperazione ispirata ai principi di buona fede e solidarietà, abbia l'onere di esperire l'azione di annullamento o altri rimedi di tutela, al precipuo fine di scongiurare il prodursi di ogni pregiudizio evitabile. E ciò a pena di rigetto nel merito della domanda risarcitoria74. Ad oggi la regola della pregiudizialità, uscita dalla porta appare, dunque, rientrata dalla finestra sia pure con caratteristiche ed argomentazioni rinnovate. Si registra, infatti, un collegamento non più tra le azioni, bensì fra le forme di tutela, sicchè il nodo della pregiudizialità sarebbe transitato dal versante processuale di rito al crinale sostanziale di merito75. In un disegno complessivo di compromesso tra opposti orientamenti giurisprudenziali, il C.p.a. ha voluto costruire un argine al risarcimento dei pregiudizi evitabili, prevedendo in capo al danneggiato l'onere di impugnare l'atto lesivo al fine di ottenere l'accoglimento della domanda di danno; ciò nel comprensibile intento di arginare indebiti esborsi per le casse pubbliche76. 74 Adun. Plen. Cons. Stato, 25 marzo 2011, n. 3, cit.. In senso conforme Cons. Stato, sez. IV, 26 marzo 2012, n. 1750, in www.giustizia-amministrativa.it: "La regola della non risarcibilità dei danni evitabili con l'impugnazione del provvedimento e con la diligente utilizzazione degli altri strumenti di tutela previsti dall'ordinamento, oggi sancita dall'art. 30, comma 3 c.p.a., deve ritenersi ricognitiva di principi già evincibili alla stregua di un'interpretazione evolutiva del comma 2, art. 1227 c.c. Pertanto l'omessa attivazione degli strumenti di tutela costituisce, nel quadro del comportamento complessivo delle parti, dato valutabile, alla stregua del canone di buona fede e del principio di solidarietà, ai fini dell'esclusione o della mitigazione del danno evitabile con l'ordinaria diligenza, non più come preclusione di rito, ma come fatto da considerare in sede di merito ai fini del giudizio sulla sussistenza e consistenza del pregiudizio risarcibile". 75 In proposito CAPONIGRO R., Una nuova stagione per la tutela giurisdizionale degli interessi legittimi, op. cit., secondo il quale la previsione di cui all'art. 30 co. III C.p.a. avrebbe trasposto la questione della pregiudizialità amministrativa dal piano processuale al piano sostanziale. 76 Sul punto Adun. Plen. Cons. Stato, 25 marzo 2011, n. 3, cit.: "Il codice ha suggellato un punto di equilibrio capace di superare i contrasti ermeneutici registratisi in subiecta materia tra le due giurisdizioni e, in parte, anche in seno ad ognuna di esse. Il legislatore, in definitiva, ha mostrato di non condividere la tesi della pregiudizialità pura di stampo processuale al pari di quella della totale autonomia dei due rimedi, approdando ad una soluzione che, non considerando l’omessa impugnazione quale sbarramento di rito, aprioristico ed astratto, valuta detta condotta come fatto concreto da apprezzare, nel quadro del comportamento complessivo delle parti, per escludere il risarcimento dei danni evitabili per effetto del ricorso per l’annullamento". ! !263 Capitolo Settimo Certamente le previsioni del C.p.a. continueranno a far discutere e ad accendere le proteste di quanti vedono nell'intenso dovere di cooperazione richiesto al danneggiato un ostacolo all'effettività della tutela giurisdizionale delle situazioni soggettive individuali. Infatti l'ordinamento comunitario, pur non essendo aprioristicamente contrario alla pregiudizialità, ritiene che gli Stati, nello stabilire presupposti e modalità di accesso alla giustizia, non possano fissare regole idonee ad ostacolare o a privare di effettività la protezione delle situazioni soggettive del ricorrente. L'introduzione da parte del Codice di una "pregiudizialità mascherata" (Chieppa R.) è potenzialmente in grado di arrecar danno ai principi di pienezza ed effettività della tutela giurisdizionale. Ciononostante le Sezioni Unite della Cassazione hanno in più occasioni affermato come nel sistema amministrativo italiano la pregiudizialità della domanda di annullamento rispetto all'azione di danno fosse lesiva del principio di pienezza ed effettività della tutela come delineato sia in sede comunitaria sia in ambito nazionale. In definitiva la tenuta del principio di effettività della protezione del cittadino dovrà essere vagliata più attentamente alla luce delle applicazioni che le disposizioni del C.p.a. riceveranno in sede giurisprudenziale. Se i giudici faranno un uso spregiudicato del potere riduttivo del quantum debeatur o respingeranno con frequenza le domande risarcitorie in spregio delle pretese individuali, allora sì che i timori in ordine alla vulnerazione del principio di effettività della tutela potranno dirsi fondati. ! ! ! !264 Capitolo Settimo Conclusioni ! Il Terzo millennio si apre con la consapevolezza del nuovo che avanza. Un rinnovato scenario, multiforme e globale, si dischiude agli occhi dell’osservatore che, disorientato dalla perdita degli idola fori e delle consuete certezze, vaga senza meta alla ricerca di affidabili coordinate di riferimento. Il mondo del diritto, non più arroccato nella propria autoreferenzialità, si apre inesorabilmente ai bisogni e ai dicta della società e dell’economia, in un processo di rivisitazione di schemi, metodi e tecniche di analisi. Il mito positivistico della centralità della legge e della primazia dell’istituzione statale crollano di schianto sotto le pressioni interne delle autonomie locali ed esterne dei nuovi attori della scena internazionale. Il diritto scritto, di matrice positivistica è, oggi, incalzato e ridimensionato sempre più dal diritto giurisprudenziale, un diritto nuovo, casistico e in perenne mutamento che sospinge il giurista alla ridefinizione delle tecniche interpretative del passato. Nel panorama europeo, infatti, il potere giudiziario, "dall’essere l’anello debole del sistema (…) è diventato l’anello più forte" (Dahrendorf), in quanto il diritto giudiziario è "un diritto più leggero di quello legislativo" (Ferrarese M.R.). In un tale scenario si collocano i principi dell'ordinamento comunitario forgiati in sede pretoria dalla Corte di giustizia. Tali principi nel corso dei decenni si sono infiltrati, con imprevedibile capillarità, nei sistemi giuridici nazionali, conformandone in via diretta o riflessa i principali istituti. Gli ordinamenti domestici, oltre a venir fertilizzati dall’alto, tendono ad aprirsi orizzontalmente irradiando in ciascuno gli elementi dell’altro. Attraverso questo osmotico circuito di integrazione si costruisce tra gli Stati e negli Stati d'Europa una ! !265 Capitolo Settimo cultura e un’identità comuni idonee ad assicurare l’unità nella pluralità, “un’unità che non annulla le differenze, ma le sintetizza, le compone e le difende”1. Tale fenomeno rappresenta l'esito del cammino di avvicinamento compiuto dai popoli europei, in un contesto giuridico, sociale ed economico sempre più unitario e multilivello alla cui costruzione i principi comunitari hanno offerto e tuttora offrono un contributo significativo. I principi dell'ordinamento comunitario determinano, in special modo, una rivoluzione copernicana nell'area del diritto pubblico degli Stati membri. In particolare il diritto amministrativo, una volta sganciato dalla produzione e dal controllo statale, si europeizza e globalizza oltre i confini, aprendosi a fenomeni di ibridazione e contaminazione. Nell'ordinamento italiano l'azione dei pubblici poteri riceve dall'influenza dei principi europei un’intensa e capillare democratizzazione, attraverso la valorizzazione dei diritti e delle libertà dell'individuo nell'ambito dei rapporti amministrativi. L’apertura del procedimento alle istanze partecipative dei destinatari comporta, in una prospettiva di open government, una dequotazione dei principi di autorità e dell'ormai tramontato mito della presunzione di legittimità dell’atto amministrativo, retaggi storici di un autoritarismo ormai consumato dalla storia. L’agere publicum viene plasmato in profondità dai principi comunitari di certezza del diritto, di proporzionalità, di tutela del legittimo affidamento, del giusto procedimento, di effettività della tutela giurisdizionale; principi che spostano il baricentro dell'azione amministrativa dall'autorità alla libertà, dall'unilateralità alla consensualità, dalla gerarchia alla paritarietà. Il procedimento è ormai il luogo della rinnovata centralità del cittadino, con le sue libertà, i suoi diritti, le sue pretese. L'amministrazione intesa come servizio è oggi definitivamente orientata al soddisfacimento delle istanze dei consociati. 1 LORELLO L., La tutela del legittimo affidamento tra diritto interno e diritto comunitario, op. cit: "Di questa cultura comune, primi elementi sono proprio i principi, che, come alberi, affondano le radici nel terreno degli ordinamenti nazionali e proiettano il fusto verso l’ordinamento comunitario; ma le chiome, crescendo ed estendendosi, ricadono e ricoprono sempre lo stesso terreno dal quale hanno tratto, e continuano a trarre, l’origine". ! !266 Capitolo Settimo Segnatamente nell’alveo della giustizia amministrativa, il principio di effettività della tutela giurisdizionale viene esaltato dal riconoscimento del pluralismo e della atipicità delle azioni in un contesto in cui il giudizio amministrativo da giudizio sull’atto si trasforma sempre più in giudizio sul rapporto intersoggettivo controverso. Il diritto comunitario e i suoi principi assumono, pertanto, le forme di un diritto magmatico che avvolge gli ordinamenti nazionali, insinuandosi nelle pieghe della sovranità statale e alterando i tratti sia del procedimento sia del processo amministrativo. Il giurista del XXI sec. non può più trincerarsi nelle certezze del passato ma, liberandosi di ogni forma di provincialismo giuridico, deve acquisire consapevolezza del ruolo centrale dei principi comunitari quale nuovo parametro di legittimità dell’azione di tutti i pubblici poteri, europei e nazionali, legislativi e amministrativi. Ed è merito dei principi dell'ordinamento comunitario se agli albori del nuovo Millennio il cittadino italiano è in grado di cogliere e assaporare "tutti i frutti dell'albero della libertà" (Benvenuti F.). ! Bibliografia AA.VV., Studi sui principi del diritto amministrativo, a cura di M. Renna e F. Saitta, Giuffrè, Milano, 2012 AA.VV., Codice dell'azione amministrativa, a cura di Sandulli M.A., Giuffrè, 2011 AA.VV, Atti del Convegno “Altiero Spinelli: Il pensiero e l’azione per la federazione europea”, Torino, 6-7 dicembre 2007, Giuffrè, 2010 AA.VV, Sovranazionalità europea: posizioni soggettive e normazione, a cura di G. Barbagallo Giappichelli, Torino, 2000 AA.VV., Convegno sul tema:“I principi generali del diritto”, Roma, 27-29 maggio, 1991, Accademia nazionale dei lincei, Roma, 1992 AA.VV., Diritto amministrativo comparato, a cura di Napolitano G., Giuffrè, Milano, 2007 AA.VV., Rapporti e concorrenza tra ordinamenti, a cura di Irace A.-Maviglia C., Giuffrè, Milano, 2007 AA.VV., Due iceberg a confronto: le derive del common law e del civil law, Atti del XX seminario, Giuffrè, 2009 AA.VV., Il governo dell'economia tra "crisi dello Stato" e "crisi del mercato", a cura di Gabriele F., Cacucci, Bari, 2005 AA.VV., Il ruolo del giudice. 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Commissione, in Racc. 1977 Cgce, 1 febbraio 1978, in causa C-78/77, Luhrs, in Racc. 1978 Cgce, 3 maggio, 1978, in causa C-112/77, Töpfer, in Racc. 1978 Cgce, 13 febbraio 1979, in causa C-85/76, Hoffmann-La Roche, in Racc. 1979 Cgce, 20 febbraio 1979, in causa C-122/78, Buitoni; in Racc. 1979 Cgce, 5 aprile 1979, in causa C-148/78, Tullio Ratti, in Racc. 1979 Cgce, 16 maggio, 1979, in causa C-84/78, Tomadini, in Racc. 1979 Cgce, 27 febbraio 1980, in causa C-68/79, Hans just, in Racc. 1980 Cgce, 18 marzo 1980, in cause riun. C-154, 205, 206, da 226 a 227/79, Valsabbia, in Racc. 1980 Cgce, 26 giugno 1980, in causa C-136/79, National Panasonic, in Racc. 1979 Cgce, 5 maggio 1981, in causa C-804/79, Commissione c. Regno unito, in Racc. 1981, 1045 Cgce, 6 ottobre 1982, in causa C-283/81, Cilfit, in Racc. 1982, 3415 Cgce, 23 febbraio 1983, in causa C-66/82, Fromançais, in Racc. 1983 Cgce, 19 maggio 1983, in causa C-289/81, Mavrides c. Parlamento, in Racc. 1983 Cgce, 14 luglio 1983, in causa C-224/82, Meiko-Konservenfabrik, in Racc. 1983 Cgce, 21 settembre 1983, in cause riun. C-205/82-215/82, Deutsche Milchkontor, in Racc. 1983 Cgce, 9 novembre 1983, in causa C-199/82, Amministrazione dello Stato c. San Giorgio, in Racc. 1983 Cgce, 24 settembre 1984, in causa C-181/84, Man Sugar, in Racc. 1985, 2889 Cgce, 11 luglio 1985, in cause riun. C-87/77, 130/77, 22/83, 9/84, 10/84, Vittorio Salerno, in Racc. 1985 Cgce, 1 ottobre 1985, in causa C-125/83, OBEA, in Racc. 1985 Cgce, 22 gennaio 1986, in causa C-266/84, Denkavit, in Racc. 1986 Cgce, 11 marzo 1986, in cause riun. C-293-294/84, Sorani, in Racc. 1986 Cgce, 23 aprile 1986, in causa C-294/83 Le Verts c. Parlamento europeo, in Racc. 1986 Cgce, 15 maggio 1986, in causa C-222/84, Johnston, in Racc. 1986 Cgce, 10 luglio 1986, in causa C-234/84, Belgio c. Commissione, in Racc. 1986 Cgce, 18 settembre 1986, in causa C-116/82 Commissione c. Germania, in Racc. 1986 Cgce, 14 gennaio 1987, in causa C-281/84, Zuckerfabrik, in Racc. 1987 Cgce, 26 febbraio 1987, in causa C-15/85, Consorzio Cooperative D'Abruzzo, in Racc. 1987 Cgce, 18 marzo 1987, in causa C-56/86, Società per l’esportazione dello zucchero, in Racc. 1987 Cgce, 30 giugno 1987, in causa C-47/86, Roquette Frères,in Racc. 1987 Cgce, 15 ottobre 1987, in causa C-222/86, Heylens, in Racc. 1987 Cgce, 24 novembre 1987, in causa C-223/1985, RSV, in Racc. 1987 Cgce, 2 febbraio 1988, in causa C-24/86, Blaizot, in Racc. 1988 Cgce, 28 aprile 1988, in causa C-120/86, Mulder, in Racc. 1988 Cgce, 21 giugno 1988, in causa C-257/86, Commission c. Italy, in Racc. 1988 Cgce, 22 giugno 1989, in causa C-103/1988, Fratelli Costanzo, in Racc. 1989 Cgce, 17 dicembre 1989 in cause riun. C-97-99/87, Dow Chemical Iberica, in Racc. 1989, 3165 Cgce, 19 giugno 1990, in causa C-213/89, Factortame, in Racc. 1990, 2433 Cgce, 21 febbraio 1991, in cause riun. C-43/88 e C-92/89, Zuckerfabrik, in Racc. 1991 Cgce, 18 giugno 1991, in causa C-260/89, ERT, in Racc. 1991 Cgce, 20 giugno 1991, in causa C- 248/89, Cargill, in Racc. 1991 Cgce, 19 novembre 1991, in cause riun. C-6/90 e C-9/90, Francovich, in Racc. 1991 Cgce, 10 gennaio 1992, in causa C-177/90, Kuehn, in Racc. 1992 Cgce, 30 giugno 1992, in causa C-47/91, Repubblica italiana c. Commissione CE, in Racc. 1992 Cgce, 3 dicembre 1992, in causa C-97/91, Oleificio Borelli c. Commissione, in Racc. 1992 Cgce, 1 aprile 1993, in causa C-31-44/91, Lageder, in Racc. 1993 Cgce, 27 gennaio 1994, in causa C-98/91, Herbrink, 1994, I-223 Cgce, 2 febbraio 1994, in causa C-315/92, Clinique, in Racc. 1994 Cgce, 1 giugno 1994, in causa C-317/92, Commissione CE, in Racc. 1994 Cgce, 5 ottobre 1994, in cause riun. 133/93, 300/93 e 362/93, Crispoltoni e al., in Racc. 1994 Cgce, 5 ottobre 1994, in causa C-55/93, Van Schaik, in Racc. 1994 Cgce, 17 ottobre 1995, in causa C-83/94, Leifer e al., in Racc. 1995, 3231 Cgce, 9 novembre 1995, in causa C-465/93, Atlanta, in Racc. 1995 Cgce, 14 dicembre 1995, in cause riun. C-430 e 431/93, Van Schijndel, in Racc. 1995 Cgce, 14 dicembre 1995, in causa C-312/93, Peterbroeck, in Racc. 1995 Cgce, 15 febbraio 1996, in causa C-63/93, Duff, in Racc. 1996, I-569 Cgce, 5 marzo 1996, in cause riun. C-46 e 48/93, Brasserie du Pêcheurs e Factortame III, in Racc. 1996 Cgce, 23 maggio 1996, in causa C-5/94, Hedley Lomas, in Racc. 1996 ! !299 Capitolo Settimo Cgce, 24 ottobre 1996, in causa C-72/1995, Kraaijeveld, in Racc. 1996 Cgce, 15 aprile 1997, in causa C-22/94, Irish Farmers, in Racc. 1997 Cgce, 17 aprile 1997, in causa C-90/95, De Compte c. Parlamento, in Racc. 1997 Cgce, 15 settembre 1998, in causa C-231/96, Edilizia Industriale Siderurgica, in Racc. 1998 Cgce, 17 novembre 1998, in causa C-228/96, Aprile, in Racc. 1998 Cgce, 25 febbraio 1999, in causa C-164-165/97, Parlamento c. Consiglio, in Racc. 1999 Cgce, 29 aprile 1999, in causa C-224/1997, Ciola, in Racc. 1999 Cgce, 14 ottobre 1999, in causa C-223/98, Adidas, in Racc. 1999 Cgce, 23 novembre 1999, in causa C-149/96, Rep. Portogallo c. Consiglio UE, in Racc. 1999 Cgce, 28 marzo 2000, in causa C-7/98, Dieter Krombach e André Bamberski, in Racc. 2000 Cgce, 19 settembre 2000, in causa C-177/99, Ampafrance and Sanofi, in Racc. 2000 Cgce, 26 settembre 2000, in causa C-443/1998, Unilever Italia S.p.a, in Racc. 2000 Cgce, 5 dicembre 2000, in causa C-477/98, Eurostock Meat Marketing ltd., in Racc., 2000 Cgce, 11 gennaio 2001, in causa C-226/99, Siples, in Racc. 2001 Cgce, 18 gennaio 2001, in causa C-83/99, Commission c. Spain, in Racc. 2001 Cgce, 6 marzo 2001, in causa C-274/99, Connoly c. Commissione, in Racc. 2001 Cgce, 28 giugno 2001, in causa C-118/00, Larsy, in Racc. 2001 Cgce, 12 luglio 2001, in causa C-399/98, Ordine degli architetti delle province di Milano e Lodi, in Corr. giur., 2002, 176 Cgce, 24 ottobre 2001, in causa C-186/01, Dory, in Racc. 2001 Cgce, 20 giugno 2002, in causa C-313/99, Mulligan, in Racc. 2002, I-5719. 2002 Cgce, 11 luglio 2002, in causa C-62/00, Marks and Spencer, in Racc. 2002, I-6325 Cgce, 25 luglio 2002, in causa C-50/00, Union des Pequeños agricultures, in Racc. 2002 Cgce, 25 luglio 2002, in causa C-459/99, MRAX, in Racc. 2001 Cgce, 24 settembre 2002, in cause riun. C-74-75/00, Falck acciaierie di Bolzano, in Racc. 2002 Cgce, 24 settembre 2002, in causa C-255/00, Grunding italiana, in Racc. 2002 Cgce, 16 gennaio 2003, in causa C-205/01, Paesi bassi, in www.curia.europa.eu Cgce, 28 gennaio 2003, in causa C-334/99, Repubblica federale di Germania, in Racc. 2003 Cgce, 27 febbraio 2003, in causa C-327/00, Santex, in Racc. 2003 Cgce, 11 settembre 2003, in causa C-13/01, Safalero, in Racc. 2003 Cgce, 18 settembre, 2003, in causa C-125/01, Pflücke, in Racc. 2003 Cgce, 7 gennaio 2004, in causa C-201/02, Delena Wells c. Secretary of State for transport, Local government and the Regions, in www.curia.europa.eu Cgce, 13 gennaio 2004, in causa C-453/2000, Kühne & Heitz, in Racc. 2004 Cgce, 25 marzo 2004, in causa C-231/00, C-303/00, C-451/00, Cooperativa lattepiù, in Racc. 2004 Cgce, 25 marzo 2004, in cause riun. C-480/00, C-498-499/00, Azienda agricola Ribaldi, in Racc. 2004 Cgce, 29 aprile 2004, in causa C-202/03, Dac spa, in Racc. 2004 Cgce, 29 aprile 2004, in causa C-470/00, Parlamento c. Ripa di Meana, in Racc. 2004 Cgce, 14 dicembre 2004, in causa C-434/02, Arnold, in www.eur-lex.europa.eu Cgce, 16 giugno 2005, in causa C-105/03, Pupino, in Racc. 2005 Cgce, 28 giugno 2005, in causa C-189/02-202/02, Dansfd Rorindustri, in Racc. 2005 Cgce, 8 novembre 2005, in causa C-443/03, Götz Leffler, in Racc. 2005 Cgce, 13 giugno 2006, in causa C-173/03, Traghetti del Mediterraneo, in Racc. 2006 Cgce, sez. III, 15 giugno 2006, in causa C-28/05, Dokter, in www.curia.europa.eu Cgce, 4 luglio 2006, in causa C-212/04, Adeneler, in Racc. 2006 Cgce, 7 settembre 2006, in causa C-81/2005, Cordero, in Racc. 2006 Cgce, 12 settembre 2006, in causa C-300/04, Eman e Sevinger, in Racc. 2006 Cgce, 14 dicembre 2006, in causa C-283/05, ASML Netherlands BV, in Racc. 2006 Cgce, 13 marzo 2007, in causa C-432/05, Unibet, in Racc. 2007 Cgce, 17 aprile 2007, in causa C–470/03, A.G.M.-COS.MET S.r.l., in Racc. 2007 Cgce, 7 giugno 2007, in cause riun. C-222/05 e C-225/05, Van der Weerd, in Racc. 2007 Cgce, 26 giugno 2007, in causa C-305/05, Ordine degli avvocati francofoni, in Racc. 2007 Cgce, 18 luglio 2007, in causa C-119/05, Ministero dell’industria, in Racc. 2007 Cgce, 12 febbraio 2008, in causa C-2/06, Kempter, in Racc. 2008 Cgce, 15 aprile 2008, in causa C-268/06, Impact, in Racc. 2008 Cgce, 24 marzo 2009, in causa C-445/06, Danske Slagterier, in Racc. 2009 Cgce, 14 maggio 2009, in causa C-34/08, Azienda agricola Disarò, in Racc. 2009 Cgce, 4 giugno 2009,in causa C-142/05, Aklagaren, in Racc. 2009 Cgce, 7 luglio 2009, in causa C-558/07, The Queen, in www.eur-lex.europa.eu Cgce, 16 luglio 2009, in causa C-12/08, Mono car styling SA, in Racc. 2009 ! !300 Capitolo Settimo Cgce, 3 settembre 2009, in causa C-2/08, Olimpiclub, in Racc. 2009 Cgce, 1 ottobre 2009, in causa C-103/08, Arthur Gottwald, in Racc. 2009 Cgce, 6 ottobre 2009, in causa C-40/08, Asturcom, in Racc. 2009 Cgce, 12 gennaio 2010, in causa C-229/08, Colin Wolf, in Racc. 2010 Cgce, 18 marzo 2010, in causa C-317/08, Alassini, in Racc. 2010 Cgce, 15 aprile 2010, in causa C-542/08, Friedrich, in Racc. 2010 Cgce, 6 maggio 2010, in cause riun. C-145/08 e 149/08, Club Hotel Loutraki AE, in Racc. 2010 Cgce, 20 maggio 2010, in causa C-210/09, Scott SA, in Racc. 2010 Cgce, 5 ottobre 2010, in causa C-173/09, Elchinov, in Racc. 2010 Cgce, 8 settembre 2011, in causa C-177/10, Santana, in Racc. 2011 Cgce, sez. III, 24 novembre 2011, in causa C-379/10, Commissione c. Repubblica italiana, in www.curia.europa.eu Cgce, 24 gennaio 2012, in causa C-282/10, Dominguez, in www.curia.europa.eu Cgce, 24 maggio 2012, in causa C-97/11, Amia Spa, in www.curia.europa.eu ! ! Tribunale di I grado Trib. I grado, 10 luglio 1990, in causa T-51/89, Tetra Pak c. Commissione, in Racc. 1990 Trib. I grado, 7 febbraio 1991, in cause riun. T-18/89-24/89, Tagaras, in Racc. 1991, II-53 Trib. I grado, 17 dicembre 1998, in causa T-203/96, Embassy Limousines, in Racc. 1998 Trib. I grado, 25 marzo 1999, in causa T-37/97, Forges de Clabecq, in Racc. 1999 Trib. I grado, 5 giugno 2001, in causa T-6/99, ESF, in Racc. 2001 Trib. I grado, 3 maggio 2002, in causa T-177/01, Jégo-Quéré, in Racc., 2002 Trib. I grado, 12 novembre 2002, in causa T-94/00, Rica foods, in Racc. 2002 Trib. I grado, 20 novembre 2002, in causa T-251/00, Lagardère, in Racc. 2002 Trib. I grado, 8 luglio 2004, in causa T-67-68/00, T-71 e 78/00, Jfe Engineering, in Racc. 2004 Trib. I grado, 6 ottobre 2005, in causa T-22/02 e T-23/02, Sumitomo Chemical, in Racc. 2005 Trib. I grado, 23 settembre 2009, in causa T-341/05, Regno di Spagna c. Commissione, in Racc. 2009 ! ! Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato Adun. Plen. Cons. Stato, 18 dicembre 1940, n. 4, in Foro it. 1940 Adun. Plen. Cons. Stato, 26 ottobre 1979, n. 25, in www.google.it Adun. Plen. Cons. Stato, 10 luglio 1986, n. 8, in Cons. Stato, 1986 Adun. Plen. Cons. Stato, 22 dicembre 1999, n. 24, in www.giustizia-amministrativa.it Adun. Plen. Cons. Stato, 28 marzo 2003, n. 4, in www.giustizia-amministrativa.it Adun. Plen. Cons. Stato, 15 settembre 2005, n. 7, in www.giustizia-amministrativa.it Adun. Plen. Cons. Stato, 22 ottobre 2007, n. 12, in www.giustizia-amministrativa.it Adun. Plen. Cons. Stato, 23 marzo 2011, n. 3, in www.giustamm.it Adun. Plen. Cons. Stato, 29 luglio 2011, n. 15, in www.giustizia-amministrativa.it ! ! Consiglio di Stato Cons. Stato, sez. V, 1 dicembre 1939, n. 795, in Foro it. 1939 Cons. Stato, sez. VI, 5 aprile 1968, n. 252, in Foro amm. 1968, 559 Cons. Stato, sez. IV, 18 gennaio 1996, n. 54, in Foro it., 1996, III, 442 Cons. Stato, sez. V, 18 aprile 1996, n. 447, in Foro it., 1996, 186 Cons. Stato, sez. VI, 14 gennaio 2002, n. 173, in www.giustizia-amministrativa.it Cons. Stato, sez. V, 10 gennaio 2003, n. 35, in www.giustizia-amministrativa.it Cons. Stato, sez V, 15 settembre 2003, n. 5152, in Cons. Stato, 2003, I, 1932 Cons. Stato, sez V, 6 ottobre 2003, n. 5870, in www.giustizia-amministrativa.it Cons. Stato, sez. VI, 17 settembre 2004, n. 6182, in Urb. e app., 2005, 454 Cons. Stato, sez. VI, 4 gennaio 2005, n. 2, in www.giustizia-amministrativa.it Cons. Stato, sez. IV, 21 febbraio 2005, n. 579, in www.giustizia-amministrativa.it Cons. Stato, sez. V, 22 marzo 2005, n. 1195, in www.giustizia-amministrativa.it Cons. Stato, sez. VI, 3 marzo 2006, n. 1023, in www.giustizia-amministrativa.it Cons. Stato, sez. V, 14 aprile 2006, n. 2087, in www.giustizia-amministrativa.it Cons. Stato, sez. VI, 17 ottobre 2006, n. 6194, in www.giustamm.it Cons. Stato, sez. VI, 22 novembre 2006, n. 6831, in www.giustizia-amministrativa.it Cons. Stato, sez. VI, 17 aprile 2007, n. 1736, in Foro amm. Cons. Stato, 2007, 1248 ! !301 Capitolo Settimo Cons. Stato, sez. IV, 8 giugno 2007, n. 3025, in www.giustizia-amministrativa.it Cons. Stato, sez. IV, 21 giugno 2007, n.3400, in www.giustizia-amministrativa.it Cons. Stato, sez. V, 21 giugno 2007, n. 3384, in www.giustamm.it Cons. Stato, sez. VI, 4 aprile 2008, n. 1414, in ww.giustizia-amministrativa.it Cons. Stato, sez. VI, 9 febbraio 2009, n. 713, in www.giustamm.it Cons Stato, sez. VI, 17 febbraio 2009, n. 717, in www.giustizia-amministrativa.it Cons. Stato, sez. V, 2 marzo 2009, n. 1162, in www.giustizia-amministrativa.it Cons. Stato, sez. IV, 12 marzo 2009, n. 1477, in www.giustizia-amministrativa.it Cons Stato, sez. VI, 7 maggio 2009, n. 2835, in www.giustizia-amministrativa.it Cons. Stato, sez. IV, 2 marzo 2010, n. 1220, in www.giustizia-amministrativa.it Cons. Stato, sez. IV, 5 marzo 2010, n. 1274, in www.giustizia-amministrativa.it Cons.Stato, sez. IV, 5 luglio 2010, n. 4246, in www.giustizia-amministrativa.it Cons. Stato, sez. IV, 9 ottobre 2010, n. 7383, in www.giustizia-amministrativa.it Cons. Stato, sez. V, 26 gennaio 2011, n. 550, in www.giustamm.it Cons. Stato, sez. V, 21 febbraio 2011, n. 1739, in www.giustizia-amministrativa.it Cons. Stato, sez. V, 28 febbraio 2011, n. 1271, in www.giustizia-amministrativa.it Cons. Stato, sez. VI, 9 marzo 2011, n. 1488, in www.giustamm.it Cons. Stato, sez. V, 21 marzo 2011, n. 1739, in www.giustizia-amministrativa.it Cons. Stato, sez. VI, 31 marzo 2011, n.1983, in www.giustizia-amministrativa.it Cons. Stato, sez. VI, 10 maggio 2011, n. 2755, in www.giustamm.it Cons. Stato, sez. V, 12 maggio 2011, n. 2817, in www.giustizia-amministrativa.it Cons. Stato, sez. V, 26 gennaio 2012, n. 340, in www.giustizia-amministrativa.it Cons. Stato, sez. IV, 26 marzo 2012, n. 1750, in www.giustizia-amministrativa.it ! ! Tribunale amministrativo regionale Tar Marche, 3 gennaio 1978, n. 3, in Foro amm., 1978 Tar Lazio, sez. I, 15 agosto 1988, n. 1185, in www.giustizia-amministrativa.it Tar Molise, 7 febbraio 1994, n. 28, in Foro amm. 1994, 1580 Tar Lombardia, sez. III, 31 maggio 2000, n. 3831, in www.giustizia-amministrativa.it Tar Molise, 18 ottobre 2000, n. 349, in Foro Tar 2000, I, 5242 Tar Abruzzo l’Aquila, 20 novembre 2001, n. 679, in Tar 2001, I, 244 Tar Campania sez. I, 11 marzo 2002, n. 209, in Foro Tar 2002 Tar Liguria, sez. 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III, 16 luglio 1998, n. 6966, in www.cortedicassazione.it Cass. Civ. sez. I, 16 ottobre 1999, n. 11687, in www.cortedicassazione.it Cass. Civ. sez. I, 29 settembre 2000, n. 12942, in www.cortedicassazione.it Cass. Civ. sez. V, 23 giugno 2001, n. 7016, in Giur. it., 2001 Cass. Civ. sez. I, 10 gennaio 2003, n. 157, in www.cortedicassazione.it Cass. Civ. sez. I, 5 dicembre 2003, n. 18620, in Giust. civ. Mass., 2003 ! !303 n