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INDICE
Giurisprudenza………………………………………………...………………….………
276 .....................................................................................................................................1
Introduzione ......................................................................................................................4
Metodo di indagine ...........................................................................................................6
Premessa ............................................................................................................................8
1.1. La fine del monopolio statale sul diritto: la rimodulazione del concetto di sovranità
e l’affievolimento del ruolo della legge in un sistema delle fonti ormai multilivello .....10
1.2. Un diritto sempre più europeo: cause storiche, fattori politici ed economici ..........17
1.3. La Comunità europea e il suo diritto. Le ricadute della normativa e dei principi
comunitari sugli ordinamenti amministrativi statuali .....................................................26
1.4. Il quadro delle fonti alla luce dei rapporti tra ordinamento comunitario e
ordinamento nazionale: tesi monista vs tesi dualista ......................................................38
1.5. L'incidenza delle regole e dei principi comunitari sul sistema italiano delle fonti. I
nuovi strumenti a disposizione del giudice e della pubblica amministrazione ...............43
Premessa ..........................................................................................................................48
2.1. L’interpretazione del diritto e la funzione del giudice. Cenni alle tecniche
ermeneutiche proprie del giudice nazionale e del giudice comunitario in tema di principi
.........................................................................................................................................51
2.2. I principi nella teoria generale del diritto: la distinzione tra principi e regole .........59
2.2.1. I conflitti tra principi. ............................................................................................68
2.3. I principi comunitari quale trait d'union tra ordinamenti e tra giurisdizioni ............72
2.4. Classificazione e funzioni dei principi comunitari...................................................76
2.5. L'attività della Corte di giustizia nella elaborazione ed applicazione dei principi
comunitari nel segno dell'allargamento degli spazi di libertà del cittadino ....................83
2.6. L'importanza delle sentenze della Corte di giustizia nel quadro di una progressiva
valorizzazione del diritto giurisprudenziale ....................................................................91
2.7. Il conflitto tra principi comunitari e norme nazionali ..............................................95
!
!1
2.8.L’illegittimità “comunitaria” dell’atto amministrativo: tipologie, caratteri e poteri
del giudice .......................................................................................................................99
2.8.1. La nullità dell’atto amministrativo per violazione della normativa e dei principi
comunitari......................................................................................................................110
Premessa ........................................................................................................................115
3.1. Il principio della certezza del diritto: la prevedibilità delle scelte pubbliche a tutela
delle situazioni soggettive individuali ...........................................................................119
3.2. Il principio della tutela del legittimo affidamento: le libertà del cittadino quale
fulcro del sistema comunitario ......................................................................................125
3.3. Il principio di proporzionalità quale misura e limite dell'esercizio dei pubblici poteri
in ambito comunitario e nazionale ................................................................................132
3.4. I principi del giusto procedimento: la valorizzazione delle pretese del cittadino
nell'esercizio del potere .................................................................................................139
3.5. I principi di pienezza ed effettività della tutela giurisdizionale: l'erosione
dell'autonomia processuale degli Stati e l'influenza sul giudizio amministrativo italiano ..
149
Introduzione ...............................................................................................................160
4.1. La visione “sostanzialista” e pragmatica dell’ordinamento comunitario: la centralità
dei diritti e delle libertà del cittadino nel sistema .........................................................166
4.2. Le situazioni giuridiche comunitarie e l’influenza del diritto europeo sulle posizioni
giuridiche nazionali .......................................................................................................170
4.3. Interesse legittimo e sua risarcibilità nella prospettiva comunitaria .....................173
4.4. La responsabilità dello Stato per violazione del diritto comunitario da parte dei suoi
organi: brevi cenni .........................................................................................................180
5.1. La democratizzazione dei pubblici poteri e l’estensione delle garanzie
procedimentali nella legge 241 del 1990: un nuovo modo di intendere i rapporti tra
potere pubblico e amministrati ......................................................................................185
5.2. L’evoluzione del principio di legalità da una concezione meramente formale ad una
nuova legalità di risultato ..............................................................................................192
5.2.1. Le illegittimità non invalidanti ex art. 21-octies .................................................196
!
!2
5.3.Il sindacato del giudice sulla violazione del principio di proporzionalità nell’azione
amministrativa ...............................................................................................................200
6.1. Gli accordi ex art. 11 l. 241/1990 ...........................................................................209
6.1.1. L’affidamento del privato alla stabilità delle convenzioni di lottizzazione a fronte
di una variante urbanistica al P.r.g. ................................................................................215
6.2. L’autotutela decisoria: l’affidamento del cittadino alla stabilità del provvedimento
quale limite alla funzione di riesame ............................................................................219
6.2.1. Una fattispecie spinosa: l’autotutela della pubblica amministrazione avverso un
atto confliggente con l’ordinamento comunitario .........................................................227
6.3. Il danno da ritardo e la nuova concezione del tempo come bene della vita risarcibile
in via autonoma ............................................................................................................231
7.1. L’ampliamento delle azioni esperibili e l’evoluzione del giudizio amministrativo
dall’atto al rapporto per una tutela giurisdizionale piena ed effettiva ...........................240
7.1.1. I nuovi caratteri dell'annullamento giurisdizionale nel tramonto dei miti della
necessaria retroattività e dell'automatismo....................................................................249
7.1.2. La vexata quaestio della ammissibilità dell'azione di accertamento autonomo:
excursus storico dalla metà del XX sec. al nuovo Codice del processo amministrativo ....
253
7.1.3. L'azione risarcitoria e il nodo della "pregiudiziale mascherata" .........................259
Conclusioni ...................................................................................................................265
Bibliografia ...................................................................................................................267
Giurisprudenza………………………………………………...………………….………
276
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Introduzione
!
La nascita dell’ordinamento comunitario riflette e amplifica i cambiamenti di una
nuova era, segnata dal declino dell’egemonia statale sulle dinamiche economiche e sulla
produzione normativa.
Il fenomeno della globalizzazione provoca importanti mutamenti nella sfera dei
rapporti tra politica, economia e diritto, dettando una rivisitazione dei dogmi
positivistici del nostro tempo.
L'emergere di uno spazio sovranazionale in cui diritti ed economie si connettono e si
contaminano costringe l’interprete ad una rilettura sia del ruolo sia delle funzioni dei
pubblici poteri nazionali.
In particolare, da un’angolazione giuridica, è possibile constatare l’evoluzione
dell’ordinamento italiano, tradizionalmente piramidale, verso una struttura policentrica
e multilivello, in cui convivono, intessendo reciproche relazioni, soggetti, norme e
poteri diversi, sicchè “l’imperativo funzionale del coordinamento prevale sull’esigenza
logica della gerarchizzazione”1.
La crisi della sovranità statale, iniziata con la Costituzione repubblicana del '48,
laddove al tradizionale dogma della sovranità del c.d. Stato-ente o Stato–persona2 si è
sostituita l’appartenenza della sovranità al popolo (art. 1 II co. Cost.), è accentuata
inesorabilmente dall’attribuzione di ampi poteri alle Comunità europee prima ed
all’Unione poi, ossia ad organizzazioni internazionali sui generis capaci di sostituire gli
Stati nella regolazione di taluni processi in ambito politico, giuridico ed economico.
La peculiarità dell’ordinamento comunitario consiste nell’avere come protagonisti
sia gli Stati sia le persone fisiche e giuridiche dei rispettivi ordinamenti, cui riconosce
1
OST F.-VAN DE KERCHOVE M., De la pyramide au réseau? Vers un nouveau mode de production
du droit?, in Revue interdisciplinaire d’études juridiques, vol. 44, 2000. Sull'evoluzione dei pubblici
poteri da una struttura gerarchica e verticale verso un modello a rete di tipo orizzontale anche ARNAUD
A.J., Critique de la raison juridique, Paris, L.G.D.J., 25, 1981. PREDIERI A., Le reti transeuropee nei
Trattati di Maastricht e di Amsterdam, in Dir. UE, 1997, p. 287.
2
Sulla figura soggettiva dello Stato-persona MASSERA A., Contributo allo studio delle figure
giuridiche soggettive nel diritto amministrativo. Stato-persona e organo amministrativo. Profili storicodogmatici, Giuffrè, Milano, 1986.
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direttamente, e senza intermediazione alcuna, posizioni giuridiche immediatamente
azionabili.
In un contesto di piena integrazione tra ordinamenti3, tanto i giudici nazionali quanto
i giudici comunitari hanno il compito di garantire la piena affermazione dell’acquis
communautaire, vale a dire della vasta galassia di fonti comunitarie (tipiche e atipiche).
Una funzione di primo piano è in special modo rivestita dalle pronunce della Corte di
giustizia che non si limitano ad interpretare il diritto comunitario ma concorrono a
formarlo. Mediante l’elaborazione di una gamma di principi non scritti, il giudice di
Lussemburgo promuove, infatti, lo sviluppo del sistema, attraverso una conformazione
progressiva e costante degli ordinamenti statali.
In particolare la materia del diritto amministrativo, da sempre appannaggio dei
pubblici poteri nazionali, viene ad essere plasmata in profondità dai principi comunitari,
acquisendo nuovi caratteri e sfumature, lungo il fil rouge della protezione delle libertà
del cittadino dagli abusi dell’autorità.
L'influenza esercitata dall'ordinamento europeo sui sistemi giuridici dei Paesi
membri determina, pertanto, una trasformazione dei rapporti tra autorità pubblica e
cives. Le relazioni amministrative, infatti, da uno stadio iniziale di netta e rigida
contrapposizione4 si evolvono progressivamente verso modelli dialogici e collaborativi.
Di conseguenza l’attività amministrativa tende a diluire progressivamente la
segretezza e l’unilateralità del proprio agire in un rinnovato scenario costruito sui valori
della trasparenza e della partecipazione.
3
ASTONE F., Integrazione giuridica europea e giustizia amministrativa, Edizioni scientifiche,
Napoli, 1999. L’autore evidenzia come il fenomeno dell’integrazione comunitaria sia tuttora circondato
da un’aurea di diffidenza e gelosia all'interno degli ordinamenti degli Stati membri: "Persiste infatti, sia
pur in forma attenuata, la convinzione-diffusa peraltro non solo nell’ambito della organizzazione
amministrativa italiana, ma anche in una certa giurisprudenza nazionale-che sia il diritto comunitario a
doversi adattare alle ragioni del nostro ordinamento e non viceversa; e ciò, malgrado una prassi ormai
risalente dimostri, con precisione quasi statistica, che il processo di integrazione si estende in misura e
con incisività crescenti, apparendo per molti versi come ineludibile".
4
CASSESE S., L'arena pubblica. Nuovi paradigmi per lo Stato, in Riv. trim. dir. pubbl. 2001.
Secondo l'autore il rapporto tra amministrazione e cittadini è storicamente impostato sul c.d. "paradigma
bipolare", ossia su una rigida contrapposizione fra il polo dell'autorità pubblica e il polo delle libertà
private. In proposito si rinvia al contributo di ARENA G., Cittadini attivi, Laterza, Roma-Bari, 2006.
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Il procedimento assurge, così, a luogo privilegiato di dialogo e di confronto, in cui
coloro i quali erano precedentemente considerati amministrati, o peggio sudditi,
divengono a vario titolo codecisori delle scelte pubbliche5.
Sono proprio le situazioni giuridiche soggettive individuali a rappresentare la nuova
stella cometa del panorama giuridico europeo, fungendo sia da finalità che da limite
all’esercizio dei pubblici poteri .
I principi comunitari, dunque, impongono lentamente ma inesorabilmente alle
amministrazioni nazionali l'obiettivo della valorizzazione delle pretese del cittadino. Un
vero e proprio cambio di paradigma che rende sempre più partecipata e condivisa la
funzione pubblica, ampliando conseguentemente gli spazi di libertà e di tutela degli
amministrati.
Lungo tale direttrice il diritto amministrativo viene così a proiettarsi, attraverso una
disciplina integrata e multilivello, in una dimensione giuridica europea che travalica e
assorbe, senza peraltro mortificare, le singole realtà statuali.
Metodo di indagine
!
Il presente scritto si pone l’obiettivo di evidenziare le caratteristiche fondamentali dei
principi generali del sistema comunitario, dedicando particolare attenzione a quei
principi che hanno maggior impatto sulla realtà amministrativa italiana.
L’esame è condotto principiando da un'analisi (storica, comparata e
multidisciplinare) dei rapporti tra ordinamento comunitario e ordinamento italiano, in
un contesto segnato da plurime connessioni tra processi giuridici ed economici, politici
e sociali6.
5
BENVENUTI F., Il nuovo cittadino. Tra libertà garantita e libertà attiva, Venezia, 1994.
6 CARAVALE M., Le discipline storico-giuridiche, Atti del convegno “La formazione del giurista”,
Roma, 2 luglio 2004, a cura di C. Angelici, Giuffrè, 2005. In via generale “il giurista non può limitarsi ad
essere un mero esegeta delle norme vigenti e ad adottare come ordinamento di riferimento quello statale
(…). Deve al contrario essere educato alla consapevolezza dell’inscindibile legame tra diritto e realtà
sociale, economica e politica sottostante”.
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!6
Nel prosieguo della trattazione si è ritenuto opportuno far precedere
l'approfondimento dei principi comunitari da alcune delucidazioni di teoria generale e
da taluni riferimenti a fenomeni giuridici variamente correlati.
Ciò al precipuo scopo di offrire una disamina dei principi diacronica e trasversale
che, lungi dall’essere isolata e circoscritta, viva in simbiosi con il contesto storico,
culturale e politico di riferimento. Come acutamente osservato, infatti, “il metodo nello
studio del diritto deve essere integrale, storico e razionale nello stesso tempo”7,
secondo un approccio teorico e pratico8, attuale e storico9.
Chiarito, poi, il ruolo della Corte di giustizia quale demiurgo dell’ordinamento
comunitario, vengono successivamente affrontate le ricadute applicative di taluni
principi comunitari sull'attività amministrativa italiana. Il tutto seguendo un percorso
multidisciplinare che vorrebbe essere snello e scorrevole sia nel numero dei paragrafi
sia nella disamina delle questioni in rilievo.
In definitiva il presente contributo mira ad un'analisi di vasto respiro dei principi
dell'ordinamento comunitario e delle influenze dagli stessi esercitati sul sistema
amministrativo italiano, che faccia emergere le complessità del nostro tempo,
coniugando elementi diversi di un grande ed articolato puzzle.
.
7
STIPO M., Osservazioni sul metodo giuridico con particolare riferimento al diritto amministrativo,
in www.giustamm.it, 2009.
8
STIPO M., L’interesse legittimo nella prospettiva storica, Atti dei convegni per le celebrazioni
dell’opera Giustizia amministrativa (1903) del Prof. Cino Vitta, 21 novembre 2003 e 16 luglio 2004,
Consiglio di Stato, in Studi per il centenario della Giustizia amministrativa (1903) di Cino Vitta, a cura di
M. Stipo, Tiellemedia, Roma, 2006. L’autore, muovendo dall’assunto della relatività e storicità dei
concetti giuridici, evidenzia come l’elaborazione teorica dei medesimi risulti sempre piegata a
contingenti, cangianti e mutevoli esigenze pratiche: "Ogni problema giuridico va storicizzato e
considerato quindi empiricamente nel tempo e nello spazio".
9
GROSSI P. Legge e diritto. Una tradizione dell’occidente. (Presentazione del convegno di Firenze
del 2 dicembre 2004), in Inchiesta sulla legge nell’occidente giuridico, Giappichelli, Torino, 2005. Nel
ribadire l’importanza di un approccio storico ai fenomeni giuridici l’autore fa notare che “la storia del
diritto non è una imbalsamazione di cadaveri, o con altra immagine, una raccolta decorativa di
chincaglieria erudita”, ma rappresenta la coscienza critica del giurista di diritto positivo. Sulla stessa
lunghezza d’onda anche ORESTANO R., Introduzione allo studio del diritto romano, III ed., Bologna,
1987, 428: "Se c’è realtà non isolata né isolabile e tanto meno autonoma è quella del diritto (...): una
realtà in cui si riflette intera la storia di ciascuna formazione e di ciascuna esperienza".
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Capitolo Primo
PARTE PRIMA
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I principi generali dell'ordinamento comunitario nel
contesto europeo.
CAPITOLO PRIMO
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L'europeizzazione del diritto amministrativo italiano nell'osmosi tra
diritto comunitario e ordinamenti nazionali
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Sommario: Premessa. 1.1. La fine del monopolio statale sul diritto: la rimodulazione del
concetto di sovranità e l'affievolimento del ruolo della legge in un sistema delle fonti ormai
multilivello. 1.2. Un diritto sempre più europeo: cause storiche, fattori politici ed economici.
1.3. La Comunità europea e il suo diritto. Le ricadute della normativa e dei principi comunitari
sugli ordinamenti amministrativi statuali. 1.4. Il quadro delle fonti alla luce dei rapporti tra
ordinamento comunitario e ordinamento nazionale: tesi monista vs tesi dualista. 1.5. L'incidenza
delle regole e dei principi comunitari sul sistema italiano delle fonti. I nuovi strumenti a
disposizione del giudice e della pubblica amministrazione.
Premessa
Il giurista del Terzo Millennio vive ormai in un'epoca priva di certezze, conducendo
una navigazione per terre sconosciute senza i capisaldi concettuali della tradizione.
Le continue trasformazioni dei processi sociali, economici e politici agitano le
placide acque del mondo del diritto, costringendo l'interprete ad uscire dal proprio
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!8
Capitolo Primo
consueto isolamento per adeguare tecniche e schemi giuridici ad una realtà in perenne
divenire1.
Non è più "tempo di solitudini per il giurista" (Grossi P.), il quale, viceversa, è
chiamato a convivere con la scienza politica, la sociologia, l'economia, disegnando
collegamenti tra le diverse branche del sapere.
In special modo in ambito giuridico la comparazione diviene non solo fonte di
ispirazione, ma paradigma imprescindibile per lo studio dei fenomeni domestici, in un
contesto nel quale gli ordinamenti presentano un grado sempre maggiore di porosità e di
apertura gli uni agli altri, con influenze tanto dirette quanto riflesse.
Ed è proprio quanto accade nel vecchio Continente con l'avvento delle Comunità
europee. La nascita e la diffusione di un diritto sempre più comune e condiviso
costringe ad una rivisitazione dei fondamenti del positivismo giuridico.
I concetti di fonte del diritto, legge, sovranità statale, potere normativo corrono il
rischio di rimanere anacronistici cimeli del passato se non riletti ed aggiornati secondo
le esigenze del presente.
L'Europa si caratterizza, infatti, come scenario di grandi cambiamenti. Una vera e
propria rivoluzione copernicana, innescata dai principi comunitari del primato e
dell'effetto diretto, investe il sistema delle fonti, rendendolo fluido, policentrico e
multilivello. Un nuovo modello "a rete" per linee orizzontali si afferma, infatti, in
sostituzione del vetusto impianto gerarchico-verticale.
1 A riguardo
SCALISI V., Fonti-Teoria-Metodo. Alla ricerca della "regola giuridica" nell'epoca della
postmodernità, Giuffrè, Milano, 2012. Nell'epoca della postmodernità, secondo l'autore, molteplici fattori
concorrono alla crisi del sistema ed al disorientamento del giurista: "La complessità sociale, ormai al
livello del disordine; lo sviluppo tecnologico da sempre refrattario ai controlli; il mercato divenuto
sempre più aggressivo e, per contro, sempre meno governabile; il tutto nel contesto di una
globalizzazione fattasi anch'essa sempre più pervasiva, avvolgente e quasi del tutto spersonalizzante (...).
Inquietudine, liquidità, rischio, incertezza, generale disincanto sembrano divenuti la nuova cifra dei
rapporti di vita, a contrassegnare un'età pervasa da irrimediabile perdita di senso oltre che di idealità
forti e motivate, con il sapere stesso senza più fondamenti stabili e costanti". In questo quadro anche le
tradizionali categorie ordinatrici del pensiero giuridico perdono quella funzione di guida sicura ricoperta
in passato, poichè "un filtrante movimento di destrutturazione ha cominciato ormai ad attraversare lo
stesso ordine giuridico sempre più esposto a una persistente spinta centrifuga di moltiplicazione,
frammentazione, differenziazione e vera e propria dispersione dei luoghi stessi della produzione
giuridica".
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!9
Capitolo Primo
La galassia dei pubblici poteri sovranazionali si amplia ed espande con conseguente
ridimensionamento della sovranità e dei poteri dello Stato sia a livello di produzione
normativa sia nella gestione dei fenomeni economici.
Con l'avvio di un processo di integrazione sempre più stretta tra gli Stati mutano
radicalmente gli scenari giuridici degli ordinamenti nazionali. Il diritto europeo
inesorabilmente ne scava le strutture portanti, ridisegnandone finalità e caratteri
attraverso l'imposizione di regole tese ad avvicinare tradizioni normative un tempo
distanti.
Ciò è favorito, in particolare, dai principi non scritti elaborati dalla Corte di giustizia,
i quali collocano al centro del sistema libertà e diritti dei singoli, orientando così gli
apparati statali (legislativi, amministrativi e giurisdizionali) verso l'obiettivo della
protezione delle situazioni giuridiche individuali2.
Il tutto attraverso un cambio di paradigma della mentalità e dello strumentario
giuridico dell'interprete nazionale. Infatti, per garantire prevalenza all'acquis
comunitario ed offrire protezione ai diritti di fonte sovranazionale, i giudici domestici,
nel ruolo di giudici decentrati della giurisdizione europea, si avvalgono dei nuovi rimedi
dell'interpretazione conforme, del rinvio pregiudiziale e della disapplicazione, in un
circuito di virtuosa e proficua collaborazione con la Corte di giustizia.
Come si vedrà nel prosieguo, i principi del diritto comunitario sono, oggi, penetrati
in ogni ramo del diritto statuale. In special modo l'azione dei pubblici poteri
amministrativi ne esce ridefinita attraverso la valorizzazione delle pretese del cittadino e
il ridimensionamento dei privilegi dell'autorità pubblica, attualmente sempre più
inquadrata in una logica di servizio nei confronti della collettività.
1.1. La fine del monopolio statale sul diritto: la rimodulazione del concetto di
sovranità e l’affievolimento del ruolo della legge in un sistema delle fonti ormai
multilivello
2
Con particolare riferimento all'influenza esercitata dall'ordinamento comunitario sui rapporti tra
cittadino e amministrazione pubblica TARULLO S., Il giusto processo amministrativo. Studio
sull’effettività della tutela giurisdizionale nella prospettiva europea, Milano, 2004: "È convincimento
diffuso (...) che le istituzioni comunitarie abbiano sino ad oggi veicolato un livello di tutela delle
posizioni giuridiche dei singoli nei riguardi della pubblica amministrazione ben superiore rispetto a
quello tradizionalmente riscontrabile nell'ordinamento italiano".
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Capitolo Primo
Il dogma giuspositivistico della statualità del diritto, espressione della visione
“statocentrica” degli ordinamenti liberali borghesi del XIX sec., nonché della
trasposizione nel diritto pubblico dei concetti cardine della tradizione giuspandettistica
civilistica dell'Ottocento, è da tempo in via di superamento3.
Come ben evidenziato, nell’odierna società “sono in crisi non solo le strutture
tradizionali dello Stato-soggetto, ma sono correlativamente in crisi o in via di
superamento ideologie politiche classiche e vecchi schemi politici”4.
È in atto un processo di destrutturazione delle “mitologie giuridiche” proprie
dell’esperienza liberale borghese5. Possono, infatti, dirsi infranti i miti della esclusiva
3
SCHMITT C., Die lage der europäischen Rechtswissenschaft (1943-1944), trad. it.. La condizione
della scienza giuridica europea, a cura di A. Carrino, Pellicani, Roma, 1996. Schmitt, con profetica
lungimiranza, preconizza il declino del positivismo e del formalismo giuridico, dominatori sin dal XIX
sec. della cultura giuridica europea, in un periodo in cui-gli anni Quaranta del XX sec.-la legge statuale
ancora monopolizza il mondo del diritto. Nel promuovere la formazione di un diritto comune europeo,
Schmitt contesta l’identificazione del diritto esclusivamente nella legge positivamente data ed auspica,
diversamente, un diritto che, non esaurendosi nella legislazione, si alimenti anche attraverso i contributi
della dottrina e dei giudici. Per un approfondimento delle questioni sottese al positivismo giuridico, senza
pretese di completezza, CATANIA A., Diritto positivo ed effettività, Editoriale scientifica, 2009.
GIORGIANNI V., Neopositivismo e scienza del diritto, Roma, 1956. BOBBIO N., Positivismo giuridico,
Lezioni di filosofia del diritto raccolte da N. Morra, a.a. 1960/61, Cooperativa libreria universitaria,
Torino 1961, 324. Rieditato nel 1979 per i tipi di Giappichelli, Torino, 288. CARRIÒ G.R., Principi di
diritto e positivismo giuridico (1970) ora in R. Guastini, Problemi di teoria del diritto, il Mulino,
Bologna, 1980. CRISAFULLI V., Lezioni di diritto costituzionale, II, Padova, 1984. FALZEA A.,
Introduzione alle scienze giuridiche. Parte prima. Il concetto del diritto, V, Giuffrè, Milano, 1996. HART
H.L.A., Postscript, in The concept of law, Clarendon, Oxford, 1994. COLEMAN J., La pratica dei
principi. In difesa di un approccio pragmatista alla teoria del diritto, il Mulino, Bologna, 2006.
MORESO J.J., In defense of inclusive legal positivism, in Chiassoni P. (ed.), The legal ought,
Giappichelli, Torino, 2001. MacCORMICK N., Law, Morality and Positivism, 1982, in MacCormick N.Weinberger O., An Institutional Theory of Law. New Approaches to Legal Positivism, Reidel, Dordrecht,
1986, 128. CATTANEO M.A., voce Positivismo giuridico, in Noviss. dig. it., vol. XIII, 1966. TROPER
M., Le positivisme juridique, 1986, in Id., Pour une théorie juridique de l’état, PUF, Paris, 1994. JORI
M., Il giuspositivismo analitico italiano prima e dopo la crisi, Giuffrè, Milano, 1987, 6.
4
STIPO M., Riflessioni sulla problematica della tutela dell’affidamento in diritto pubblico, quale
proiezione del principio di buona fede oggettiva con particolare riferimento all’ordinamento comunitario
europeo, in www.giustamm.it, 2010.
5
GROSSI P., Mitologie giuridiche della modernità, Giuffrè, Milano, 2007. Sulla crisi della categorie
giuridiche tradizionali anche VINCENTI U., Diritto senza identità. La crisi delle categorie giuridiche
tradizionali, Roma-Bari, 2007. VOGLIOTTI M., Tra fatto e diritto-Oltre la modernità giuridica,
Giappichelli, Torino, 2007.
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Capitolo Primo
statualità del diritto, dell’onnipotenza della legge, della separazione dei poteri e della
gerarchia delle fonti6.
Il lento ma inesorabile processo di “denazionalizzazione” degli Stati e dei loro
ordinamenti giuridici solleva il problema delle modalità di interazione delle nuove
forme di diritto ultrastatale con i sistemi giuridici nazionali.
L’analisi del tema si snoda necessariamente lungo il sentiero della rivisitazione dei
concetti e delle categorie tipici della dogmatica tradizionale così come ereditati dal
passato.
Nel XXI sec. si registra il depotenziamento ormai irreversibile della sovranità dello
Stato-ente7, sia a livello interno a vantaggio di formazioni sub-statuali, sia sul piano
6 GROSSI P., Mitologie giuridiche della modernità, op. cit.. In particolare per Grossi si assiste in
ambito giuridico ad una moltiplicazione delle fonti e dei relativi centri di produzione. Se in passato le
fonti potevano considerarsi “un patrimonio rigido e indisponibile, perché ciò serviva a garantire il
monopolio dello Stato e della legge, nel tempo della globalization, quando Stato e legge vedono assai
relativizzato il proprio ruolo, anche il problema delle fonti non può non essere sottoposto a una massiccia
relativizzazione, se non si vuol correre il rischio di mantenere intatto un sacrario dedicato a idoli ormai
infranti nella comune coscienza”. Inoltre il “principio di legalità formale deve cedere a un più
comprensivo principio di giuridicità dove la corrispondenza è con i valori di un intero ordine giuridico
(…) un ordine giuridico che si distende ben al di là e ben più in profondo dei confini della statualità”.
7 Con riferimento alla sovranità statuale in epoca moderna e alle cause della sua crisi, senza pretese di
completezza, AA.VV., Inchiesta sulla legge nell’Occidente giuridico, a cura di Vincenti U., Giappichelli,
Torino, 2005. VENTURA L.-NICOSIA P.-MORELLI A.-CARIDÀ R., Stato e sovranità. Profili
essenziali, Giappichelli, Torino, 2010. KRASNER S.D., Sovereignty organised hypocrisy, Princeton,
1999, 9. WERNER W. G.–DE WILDE J.H., The Endurance of Sovereignty, in Eur. Journ. Int. Rel., vol. 7,
n. 3, 2001, 285. VAN ROERMUND B., Sovereignty: Unpopular and Popular, in Walker N. (eds.)
Sovereignty in Transition, Oxford, 2003. AMENDOLA A., I confini del diritto: la crisi della sovranità e
l'autonomia del giuridico, Edizioni scientifiche, Napoli, 2003. CARRÉ DE MALBERG R., Della
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Giuffrè, Milano, 1959. VACCA M., Norme comunitarie e sovranità statale, Perugia, 1984. BERTI G.,
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J., The Empire of Civil Society, London, 1994. TESAURO G., Sovranità degli Stati e integrazione
europea, in Dir. UE, 2006, 235.
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Capitolo Primo
esterno in favore di organizzazioni sovranazionali8 (c.d. sandwich effect).
Il fenomeno ha avuto profonde ricadute sul sistema delle fonti, da sempre monopolio
esclusivo degli Stati, rendendone più complessa e sofisticata l'attività interpretativa9.
La produzione normativa è, infatti, esondata dai propri tradizionali confini per
redistribuirsi su più livelli (interni e ultrastatuali).
Il processo di globalizzazione10 ha, poi, contribuito alla vorticosa circolazione di
principi e regole in una struttura a rete11 in continua espansione in cui il diritto “si
dispone come un tessuto a maglie larghe, pieno di buchi che si lascia penetrare,
integrare, completare dalle opzioni e preferenze dei vari giocatori giuridici”12.
La caduta dell’esclusivismo statale sulle fonti ha certamente favorito il dialogo tra
attori istituzionali e sistemi giuridici diversi, creando in ambito europeo un’area
normativa comune di scambi e reciproche interazioni, favorita proprio dall’espansione
dell’ordinamento comunitario.
8 Può dirsi oggi superata la tesi, sostenuta dalle teorie giuridiche italo-tedesche del tardo Ottocento e
dagli Stati autoritari del Novecento, che la sovranità abbia carattere assoluto. La sovranità statuale viene
attualmente compressa e limitata tanto sul piano sovranazionale quanto in ambito interno. In particolare
in Italia la riforma del titolo V della Carta costituzionale (l. cost. n. 3 del 2001), nel riconoscere piena
autonomia agli enti territoriali, restringe i poteri normativi e amministrativi dello Stato, erodendone così
gli spazi di sovranità. Sul ruolo delle autonomie territoriali in un sistema policentrico e multilivello si
segnala, tra i vari contributi, BARBATI C.-ENDRICI G., Territorialità positiva. Mercato, ambiente e
poteri subnazionali, il Mulino, 2006.
9
CARAVALE M., Le discipline storico-giuridiche, Atti del convegno “La formazione del giurista”,
Roma, 2 luglio 2004, op. cit.: "In un momento, come quello che viviamo, nel quale il mito Ottocentesco
dello Stato sovrano unica fonte di diritto conosce un progressivo appannamento, in seguito sia alla
ricezione delle norme europee, sia alla espansione delle competenze legislative delle regioni, sia alla
accresciuta importanza riconosciuta all’interpretazione giurisprudenziale in tutti i paesi europei (...), il
giurista deve essere messo in grado di conoscere logiche interpretative sperimentate in realtà istituzionali
nelle quali lo Stato, come conosciuto nel mondo occidentale del secolo XIX, e in buona parte del
successivo, non esisteva".
10
Con la globalizzazione ogni istituzione rimodula le proprie caratteristiche e relativizza il proprio
ruolo in un universo giuridico che da una struttura piramidale di tipo verticale si evolve verso un modello
multipolare a carattere orizzontale. A riguardo si consideri l'opera di FRIEDMAN L.M., La società
orizzontale, il Mulino, Bologna, 2002.
11
DE SOUSA SANTOS B., Stato e diritto nella transizione post-moderna. Per un nuovo senso
comune giuridico, in Soc. dir., n. 31 del 1990. La globalizzazione dà vita ad un mondo giuridico
universale creando una serie di “reti di legalità, ora parallele ora sovrapposte, ora complementari ora
antagoniste”. In tema anche DONIGI M., Globalizzazione e fonti del diritto, 1, Cacucci, Bari, 2006.
FREDIANI E., La produzione normativa nella sovranità "orizzontale", ETS, Pisa, 2010.
12
FERRARESE M.R., Il diritto al presente. Globalizzazione e tempo delle istituzioni, il Mulino,
Bologna, 2002.
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Capitolo Primo
Gli storici steccati, peraltro spesso nel passato eccessivamente enfatizzati, tra
ordinamenti di civil law e di common law tendono oggi a cadere13 in nome di un diritto
sempre più universale14.
Dall’affievolimento della sovranità statuale discende, così, il tramonto della legge15,
quale atto principe della produzione normativa. È dunque il crepuscolo per il mito
ottocentesco dell’onnipotenza legislativa16.
Già nei primi decenni del XX sec., Capograssi, con profetica lucidità, definisce lo
Stato e la legge “due giganti scoronati”, preannunciando per entrambi un imminente
declino. L’inarrestabile svalutazione dell’atto legislativo viene, poi, accelerata dai
concomitanti fenomeni della globalizzazione17 e della crescita esponenziale della
13 In particolare BARBERIS M., Introduzione, in Europa del diritto, il Mulino, 2008. Secondo
l’autore “l’Unione europea e il diritto comunitario-(...) singolare contaminazione di diritto continentale e
di common law-non si pongono con gli Stati membri e con il diritto interno in una relazione di negazione
o di opposizione, come talvolta si pensa, ma al massimo di superamento (Aufhebung): un
oltrepassamento dello Stato e del suo diritto che quasi sempre preserva tutto ciò che oltrepassa”.
14
La tesi che i Paesi anglosassoni siano privi di un diritto amministrativo, sostenuta da vari studiosi
tra cui Giannini, è influenzata dall’opera di DICEY A.V., Lectures introductory to the study of the law and
Constitution, London, 1885, che nel valorizzare le libertà individuali critica la possibilità di una
regolamentazione ad hoc delle relazioni tra autorità e cives. Questo orientamento appare oggi
definitivamente superato dall’evoluzione storico-giuridica dei Paesi di common law.
Sulla progressiva attenuazione delle distanze tra ordinamenti di civil law e di common law si rinvia a
VARANO V.–BARSOTTI V., La tradizione giuridica occidentale. Testi e materiali per un confronto tra
civil law e common law, IV ed., Giappichelli, Torino, 2010. GORLA V.G., Il diritto comparato in Italia e
nel mondo occidentale: un’introduzione al dialogo civil law-common law, Giuffrè, Milano, 1983. CRAIG
P., EU administrative law, Oxford, Oxford University Press, 2012. WADE H., Administrative law, Oxford,
1977. AA.VV., Due iceberg a confronto: le derive del common law e del civil law-Atti del XX seminario,
Giuffrè, 2009. LUPOI M., Common law e Civil law (alle radici del diritto europeo), Relazione al
Congresso dell’Associazione Italiana di diritto comparato, Sassari, 10 giugno 1993. MONATERI P.G.SOMMA A., Il modello di civil law, III ed., Giappichelli, 2009. MATTEI U., Il modello di common law,
Giappichelli, Torino, 2004. PIZZORUSSO A., Sistemi giuridici comparati, Milano, 1998.
15
STIPO M., Riflessioni sulla problematica della tutela dell’affidamento in diritto pubblico, op. cit..
Secondo l’autore l’affievolimento del ruolo della legge deve collocarsi nell’alveo della “generale crisi
delle norme autoritativamente imposte alla società, cioè come crisi di quella parte delle norme di un
ordinamento giuridico che un’autorità a ciò specificamente deputata crea imponendole ad un certo
ambiente sociale”.
16 DE LOLME J.L., The Constitution of England; Or, an Account of the English Government, 1784.
L’autore per evidenziare gli innumerevoli poteri di cui sono titolari i Parlamenti fa ricorso
all’immaginifica espressione secondo la quale “le assemblee parlamentari possono tutto, eccetto che
trasformare l’uomo in donna”.
17
In ordine agli effetti prodotti dalla globalizzazione sul sistema delle fonti DIONIGI M.,
Globalizzazione e fonti del diritto, Cacucci, 2011.
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Capitolo Primo
normativa comunitaria che infliggono un colpo mortale al tradizionale modello
“legicentrico”18.
La legge nazionale, pertanto, non si colloca più "in alto e al centro" del sistema
ordinamentale (Costa P.) quale “expression de la volonté générale”19. Al contrario la
legge si appalesa inadeguata a governare le complessità della società contemporanea, in
quanto “strumento astratto, rigido, uniforme, in ultima analisi, rudimentale, che impone
un diritto ideologico, lontano dalla realtà, e quindi inaccettabile”20.
18
Il venir meno della visione “legicentrica” è il risultato della caduta del dogma positivistico della
coincidenza tra diritto e legge, espressione del dominio normativo dello Stato. Questa concezione è ben
espressa da IRTI N., La cultura del diritto civile, Torino, 1990: "Fummo educati alla venerazione della
legge. Le vicende politiche, il tramonto e l’ascesa dei governi, la stessa guerra civile: tutto sembrava
risolversi e tradursi nella legge (...) Questo era il nostro orizzonte: al di là né potevamo né volevamo
spingerci (...) E la legge era lo Stato, e lo Stato era la legge". La stessa Costituzione italiana del '48 tende
a ridimensionare il ruolo della legge, sottoponendola ad un controllo accentrato di validità da parte della
Consulta. Inoltre la Carta costituzionale amplia lo scenario delle fonti primarie, circoscrivendo l'ambito
applicativo della legge mediante l'introduzione del criterio della competenza a fianco del tradizionale
criterio gerarchico.
In tema di mutamenti del sistema delle fonti ALBINO L., Il sistema delle fonti tra ordinamento
interno e ordinamento comunitario, in Riv. it. dir. pubbl. com., n. 2 del 2001, 923, secondo cui “con il
passaggio dallo Stato monoclasse allo stato pluriclasse, il sistema delle fonti del diritto, per un verso, ha
registrato in forza del principio pluralista, un aumento del numero degli atti che lo compongono, per un
altro, ha subito significative trasformazioni nei suoi criteri ordinatori che, pur restando in linea di
massima quelli individuati dallo Stato liberale, devono oggi fare i conti con il principio di supremazia
della Costituzione e con la perdita di centralità della legge nella regolamentazione dei rapporti
intersoggettivi”.
Sulla crisi della legge in generale si rinvia a GENINATTI SATÈ L., I fatti critici del sistema delle
fonti e la crisi del principio di legalità, in Dir. pubbl., 2005, 885. MODUGNO F., A mò di introduzione.
Considerazioni sulla “crisi” della legge, in Trasformazioni della funzione legislativa, II, Crisi della legge
e sistema delle fonti, a cura di F. Modugno, Giuffrè, Milano, 2000. MATTARELLA B.G., La trappola
delle leggi. Molte, oscure, complicate, il Mulino, Bologna 2011. AINIS M., La legge oscura. Come e
perchè non funziona, Laterza, Roma-Bari, 2002.
Per uno studio ragionato della crisi della legge, attribuibile a fattori disgregativi interni allo Stato
(ancor prima, dunque, dell'affermazione degli ordinamenti sovranazionali) si vedano CARNELUTTI F.,
La crisi della legge, in Riv. dir. pubbl., 1930. STAIANO S. Crisi della legge e legislazione periodica,
Jovene, Napoli, 2003. Sulle ricadute del principio di legalità in ambito amministrativo TANDA P.,
Principio di legalità ed efficienza amministrativa, in www.giustamm.it. MARINO I.M., Responsabilità
dell’amministrazione e risultati, in Immordino M.–Police A. (a cura di), Principio di legalità ed
amministrazione di risultati, Torino, 2004.
19
CARRÉ DE MALBERG R., La loi expression de la volonté générale, Paris, 1931.
20
SANTORO E., Diritto e diritti: Lo Stato di diritto nell’era della globalizzazione, Giappichelli,
Torino, 2008.
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Capitolo Primo
Dunque lo Stato, da sempre egemone della funzione normativa, viene scalzato dal
ruolo di “padrone” del diritto21 e ridimensionato dalla concorrenza delle plurime fonti
europee.
Sono in special modo i principi comunitari ad intaccare il dogma del legislatore
factotum in un rinnovato contesto di osmosi tra sistemi giuridici che segna il declino
della struttura ordinamentale di stampo liberale fondata sul trinomio legge-regolamentoconsuetudine22.
In una galassia di fonti giuridiche sovranazionali23 che tendono ad imporsi in un
circuito normativo integrato e multilivello, il ruolo di law-maker, non più di esclusiva
pertinenza statale, è suddiviso tra una pluralità di attori istituzionali e non.
In questa nuova realtà proprio il depotenziamento dell'autorità dello Stato ha, come
suo corollario, l'apertura di ampi spazi di libertà e d'azione per altre istituzioni, gruppi
21
Così ZAGREBELSKY G., Il diritto mite. Legge, diritti, giustizia, Einaudi, Torino, 1992. In
argomento anche ROMANO TASSONE A., Sulla formula amministrazione per risultati, in Scritti in
onore di Elio Casetta, Napoli, 2001. CAMMELLI M., Amministrazione di risultato, in annuario AIPDA,
2001, Milano, 2002, 107. IMMORDINO M., Certezza del diritto e amministrazione di risultati, in
Immordino M.–Police A. (a cura di), Principio di legalità ed amministrazione di risultati, Torino, 2004.
Secondo l’autrice la crisi del principio di legalità nell’ordinamento italiano “trova le ragioni più prossime
nella crescente europeizzazione ed internazionalizzazione del diritto amministrativo, nell’ipertrofia
normativa, nella cattiva qualità delle leggi che degenera, sempre più spesso nella loro oscurità, con
effetti devastanti sul piano della conoscibilità e quindi dell’effettività del diritto stesso, nella crescente
provvedimentalizzazione della legge, nel ricorso sempre più frequente alle cd. leggi omnibus o alle leggi
manifesto, nella crescita vertiginosa della legislazione speciale, nella sistematica violazione del principio
di separazione dei poteri, per indicarne soltanto alcune”.
22
Oggigiorno il sistema delle fonti giuridiche deve essere ripensato alla luce delle esperienze della
modernità. Esso non costituisce più un sacrario da venerare nella propria inossidabile immutabilità, bensì
va considerato come una realtà dinamica, in continua evoluzione, articolata in una pluralità di attori e di
centri di produzione. Nell'età della globalizzazione anche il giurista è chiamato a ripensare il proprio
modus operandi e ad abbandonare i vecchi schemi del positivismo giuridico.
23
FERRARESE M.R., Il diritto al presente. Globalizzazione e tempo delle istituzioni, op. cit..
Secondo l’autrice “l’affollamento giuridico prodotto dalla globalizzazione significa la coesistenza di
vecchie e nuove fonti del diritto, di vecchi e nuovi soggetti giuridici, di vecchi e nuovi istituti (...). Nel
nostro orizzonte giuridico l’affollamento produce di fatto un continuo e ripetuto attentato al primato della
legge, un tempo incontrastata signora e prima attrice della scena giuridica”. Per un'interessante
ricognizione del sistema delle fonti SORRENTINO F., Ai limiti dell’integrazione europea: primato delle
fonti o delle istituzioni comunitarie?, in Pol. dir., n. 2 del 1994. DE PRETIS D., La tutela giurisdizionale
nei confronti della pubblica amministrazione, in www.dirittoamministrativo.jus.unitn.it: "La complessità
del sistema, la dinamicità del rapporto fra fonti comunitarie e fonti nazionali, tra jus commune e jura
particularia, la stessa origine giurisprudenziale di larga parte dei principi comunitari, accentua il ruolo
dell’interprete e, primo fra tutti, il ruolo del giudice. Il diritto non è più solo quello dello Stato; sempre di
più esso è meno legge, meno regole, e più principi, più diritto".
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Capitolo Primo
organizzati, persone fisiche e giuridiche, che tendono ad uscire dall'ombra per divenire
protagonisti della scena.
Nel quadro attuale sembra, inoltre, mutare all'interno delle singole esperienze
nazionali la struttura dei rapporti tra la sfera pubblica e l'area degli interessi privati. Gli
organi pubblici ridefiniscono lentamente caratteristiche ed intensità del proprio agire; in
particolare l'amministrazione da "potere che agisce" (Mohl) diviene sempre più
strumento al servizio delle libertà e dei diritti dei cittadini, stemperando quell'aurea di
supremazia, unilateralità e autoritarietà che tradizionalmente ne ha contraddistinto
l'azione24.
1.2. Un diritto sempre più europeo: cause storiche, fattori politici ed economici
Il secondo conflitto mondiale segna il definitivo tramonto della concezione
seicentesca degli Stati come “comunità perfette” (societates iuridicae perfectae), aventi
una dimensione territoriale adeguata alle esigenze della società e del mercato.
24
Sui tradizionali caratteri del provvedimento amministrativo GIANNINI M.S., voce Atto
amministrativo, in Enc. dir. vol. IV, Milano, 1959, 157. L'autore efficacemente descrive i rapporti
asimmetrici che tradizionalmente intercorrono tra l'autorità pubblica e i cives: "Se qualcosa cede dinanzi
all'azione amministrativa questi sono soprattutto i diritti di libertà dei singoli".
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Capitolo Primo
Il fenomeno della globalizzazione25, “in quanto processo di trasferimento di poteri
dagli Stati ai mercati”26, tende ad erodere il tradizionale monopolio statuale sui
fenomeni economici27, sicchè “i regolatori nazionali cedono il controllo ai mercati
globali” (Cassese S.), in uno scenario in cui la sovranità statale si opacizza e
frammenta, ripartendosi su più livelli e tra molteplici attori.
25
Uno dei maggiori effetti della globalizzazione può rinvenirsi proprio nel superamento della
concezione della sovranità statale quale espressione di un potere supremo e indipendente. La
globalizzazione, infatti, collocando taluni momenti decisionali al di fuori dei confini statuali, tende a
ridimensionare i poteri di governo e di legiferazione delle varie autorità nazionali.
Per una analisi dell'influenza esercitata dalla globalizzazione sui processi economici e sui fenomeni
normativi si rinvia a McGREW A., Globalization/anti-globalization (2002), trad. it. Globalismo e
antiglobalismo, II ed., Bologna, 2003. AMATO C.–PONZANELLI G., Global law v. local law.
Problemi della globalizzazione giuridica, Giappichelli, Torino, 2006. AMOROSO B., Della
globalizzazione, la Meridiana, Molfetta, 1996. AUBY J.B., La globalisation, le droit et l’État, Paris,
Montchrestien, 2003. BADIE B., La fine dei territori. Saggio sul disordine internazionale e sull’unità
sociale del rispetto, Trieste, 1996. BARCELLONA P., Dallo Stato sociale allo Stato immaginario. Critica
della ragione funzionalista, Bollati Boringhieri, Torino, 1994. BAUMAN Z., Dentro la globalizzazione,
Laterza, Roma-Bari, 1999. BECK U., Che cos’è la globalizzazione, Carocci, Roma, 1999. D’ALBERTI
M., Poteri pubblici, mercati e globalizzazione, il Mulino, Bologna, 2008. DE VERGOTTINI G.,
Garanzia dell’identità degli ordinamenti statali e limiti della globalizzazione, in Amato C.-Ponzanelli G.,
(eds.) Global law v. local law. Problemi della globalizzazione giuridica, Giappichelli, Torino, 2006.
ESTY D.C., Good governance at the Supranational Scale. Globalizing Administrative Law, in Yale Law
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Bologna, 2005. GALLI C., Spazi giuridici-l’età moderna e l’età globale, il Mulino, Bologna, 2001.
GALLINO, Globalizzazione e disuguaglianze, Laterza, Bari, 2000. GIDDENS A., Le conseguenze della
modernità, il Mulino, Bologna, 1994. GUARINO G., Il governo del mondo globale, le Monnier, Firenze,
2001. MASSERA A., Oltre lo Stato: Italia ed Europa tra locale e globale, in Riv. trim. dir. pubbl. 2001.
ROBERTSON R.–WHITE K.E., La glocalizzazione rivisitata ed elaborata, in Sedda F. (a cura di) Glocal
sul presente a venire, Sassella editore, Roma, 2004.
26 FERRARESE M.R., Le istituzioni della globalizzazione. Diritto e diritti nella società
transnazionale, il Mulino, Bologna, 2000. La globalizzazione produce importanti effetti nella sfera
istituzionale da sempre “organizzata intorno al baricentro statale e alle sue logiche centralizzatrici”. La
globalizzazione presuppone e impone la progressiva riduzione dell’intervento pubblico nell’economia,
ossia “meno Stato” e “più mercato”. Non vi può essere globalizzazione senza un maggiore impegno del
mondo economico privato. In ordine a tali profili si rinvia a STRANGE S., Chi governa l’economia
mondiale?, Il Mulino, Bologna, 1998. CAPRIGLIONE F., Etica della finanza, mercato, globalizzazione,
Cacucci, Bari, 2004.
27
AA.VV., Il governo dell’economia tra “crisi dello Stato” e “crisi del mercato”, a cura di Gabriele
F., Cacucci, Bari, 2005.
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Capitolo Primo
Secondo autorevole dottrina “il mercato non corrisponde più ad un solo Stato, ma ha
carattere tendenzialmente globale”28. Infatti i fenomeni di internazionalizzazione29,
uniti all’esaltazione delle libertà economiche, generano “la rottura dei meccanismi di
identificazione dei mercati con gli Stati, a loro volta identificati con le nazioni e la
scissione tra Stato, economia e territorio”30. Questi processi inevitabilmente dialogano
con le trasformazioni del diritto in genere ed in particolare del diritto pubblico31.
28
CHITI M.P., Diritto amministrativo europeo, IV ed., Giuffrè, Milano, 2011.
29
Sulle ricadute di tali fenomeni negli ordinamenti nazionali, a titolo esemplificativo, OLSEN J.P.,
The many faces of Europeanization, in Arena working papers,WP 01/2, 2001. LAZAR D., Regulatory
interdependence and international governance, Journal of European public policy, 8, 3, 2001.
BOTCHEVA L.–MARTIN L.L., Institutional effects on State behaviour: Convergence and divergence,
International Studies Quarterly, 45, 2001.
30 FERRARESE M.R., Le istituzioni della globalizzazione. Diritto e diritti nella società
transnazionale, op. cit.. Ad avviso dell’autrice “nel mutato rapporto tra politica ed economia,
tradizionalmente organizzato dagli Stati e negli Stati, si evidenzia una cesura significativa rispetto al
periodo contrassegnato dalla preminenza assoluta dello Stato. La globalizzazione rappresenta una sorta
di fuoriuscita dell’economia da questo contenitore statale e una tendenziale affermazione della sua
autonomia e autosufficienza rispetto al processo politico”. Inoltre se “nel passato i soggetti erano
incardinati in un ordine normativo definito da una propria territorialità che coincideva con quella degli
Stati”, attualmente è in atto un rimescolamento di figure, attività e poteri a più livelli.
Con riferimento ai rapporti tra territorio, Stato e sovranità si rinvia a AA.VV., Stato ed economia
all’inizio del XXI sec., a cura di Franchini C.–Paganetto L., il Mulino, Bologna, 2002. DI MARTINO A.,
Il territorio: dallo Stato–nazione alla globalizzazione. Sfide e prospettive dello Stato costituzionale
aperto, Giuffrè, 2010. SCHMITT C., Il nomos della terra del diritto internazionale dello "Jus
publicum europaeum", a cura di F. Volpi, Adelphi, Milano, 1991. Schmitt sostiene che si è ormai giunti
alla fine del nomos della terra ossia al disfacimento della sovranità rappresentata dal territorio. LEVI L.–
MOSCONI A., Globalizzazione e crisi dello Stato sovrano, Celid, Torino, 2005.
31
Secondo ROSSI G., Principi di diritto amministrativo, Giappichelli, Torino, 2010, “il diritto
pubblico, di per sé il più esposto alle trasformazioni del contesto economico, sociale e culturale, è quello
più investito dalle evoluzioni connesse allo sviluppo dell’informatica che ha conferito una diversa
dimensione allo spazio e al tempo, riducendoli o eliminandone la rilevanza. L’economia globale che ne è
derivata preclude agli Stati la possibilità di governare i flussi finanziari”.
Per quanto concerne l'impatto della globalizzazione sul diritto amministrativo nazionale BATTINI S.,
L’impatto della globalizzazione sulla pubblica amministrazione e sul diritto amministrativo: quattro
percorsi, in Giorn. dir. amm., 2006, 339. L’Autore sostiene, in ordine al processo di erosione della
sovranità statale, che “il diritto globale non sempre si accontenta di limitare, attraverso le tecniche e gli
istituti del diritto amministrativo, il potere delle autorità domestiche di regolare e amministrare entro il
proprio territorio. Spesso gli accordi internazionali, multilaterali o bilaterali, impongono agli Stati di
recepire e di applicare, entro il proprio ordinamento, regole e decisioni prodotte all’esterno di esso.
Talvolta, si tratta di regole approvate da autorità straniere, che penetrano nell’ordinamento statale in
base ad accordi ispirati ai principi di equivalenza e di mutuo riconoscimento. In altri casi, si tratta
invece di regole o standards approvati da autorità globali, impegnate nell’opera di armonizzazione dei
sistemi normativi e amministrativi degli Stati”.
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Capitolo Primo
La globalizzazione dei mercati scioglie così l’economia dal controllo della politica
nazionale32, favorendo un nuovo modello di economia senza Stati33, orientato verso la
possibile dittatura dei potentati economici34. Questo trend in campo economico
rappresenta un ciclone in grado di travolgere non solo gli Stati ma anche i rispettivi
ordinamenti, poichè “l’economia diventa veicolo di significativi mutamenti nell’area
della sovranità e disegna nuovi percorsi per le istituzioni giuridiche” (Scocozza A).
Le nuove esigenze dei mercati35 incidono anche sulla produzione giuridica36,
favorendo la proliferazione di centri di produzione ultrastatali (non governmental
32
GALGANO F., La globalizzazione nello specchio del diritto, op. cit.: Per l'autore la globalizzazione
dell'economia determina uno spostamento dei centri decisionali "al di fuori dei confini statali, frustrando
i poteri di governo e di legiferazione dei singoli Stati".
33
Sul ruolo marginale degli Stati nell’odierno scenario e sulla affermazione di nuovi protagonisti si
veda CLASTRES P., La società contro lo Stato, Feltrinelli, Milano, 1977. La crisi economico-finanziaria
del 2009 segna, però, un’inversione di tendenza (che solo il tempo dirà se di breve o lunga durata),
riproponendo un nuovo interventismo statale in ambito economico mediante politiche di sostegno a
favore di imprese e istituti bancari in difficoltà. A riguardo CAPUNZO R., Argomenti di diritto pubblico
dell’economia, Giuffrè, 2010.
34
Si registra, così, una funzionalità invertita tra Stati e mercati: se un tempo le regole venivano dettate
dagli ordinamenti statali al mercato, attualmente sono i mercati, o meglio le grandi società transnazionali,
a condizionare la politica finanziaria degli Stati. Contra DELLA CANANEA G., I pubblici poteri nello
spazio globale, in Riv. trim. dir. pubbl. n. 1 del 2003, 3, secondo cui “non è vero che gli Stati nazionali
hanno perso le leve del governo dell’economia. Perlomeno, non pochi Stati, anche nell’epoca della
globalizzazione, riescono benissimo a governare le rispettive economie”.
Per un approfondimento delle relazioni tra Stato e mercati si vedano in proposito CASSESE S.,
L’erosione dello Stato: una vicenda irreversibile, in La crisi dello Stato, Roma–Bari, 2001. PINELLI C.–
TREU T. (a cura di), La Costituzione economica. Italia, Europa, il Mulino, 2010. BUCHANAN J.M.,
Stato, mercato e libertà, il Mulino, 2006.
35
CARDI E., Mercati e istituzioni in Italia, II ed., Giappichelli, Torino, 2009.
36
PIZZORUSSO A., La produzione normativa in tempi di globalizzazione, Giappichelli, Torino,
2008.
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Capitolo Primo
organizations, corporate law firms37, non State actors38) e di nuovi strumenti normativi
(soft law39) attraverso una progressiva privatizzazione (o quantomeno consensualità)
delle modalità di produzione normativa40. La lex mercatoria è la più tangibile
espressione di un "droit sans l'État" (Cohen Tanugi L.), cioè di un diritto informale
elaborato dalla società civile e costituito da una pluralità di "regole che le parti possono
validamente scegliere in luogo di qualsiasi diritto statuale"41.
In un panorama così configurato iniziano ad affermarsi nella seconda metà del XX
sec. una serie di organizzazioni sovranazionali con l'obiettivo di risolvere problematiche
economiche che gli Stati individualmente non riescono più affrontare in modo
soddisfacente. Esse simboleggiano, infatti, l’estremo tentativo degli apparati statali di
recuperare influenza in uno dei settori, quale quello economico, strategici per la propria
37
FREDIANI E., La produzione normativa nella sovranità "orizzontale", op. cit.: Le corporate law
firms sono "organizzazioni di stampo privatistico che, nello svolgimento di attività di consulenza ed
assistenza legale alle diverse imprese operanti sul mercato, finiscono per configurarsi quali autentiche
"fabbriche" da cui scaturisce un nuovo statuto giuridico del mercato medesimo. In altri termini, le law
firms, organizzazioni di assistenza legale in materie altamente specialistiche quali ad esempio la
contrattualistica internazionale, nel prestare la propria attività di consulenza al mondo
dell'imprenditoria, hanno contribuito alla creazione di nuove (ed atipiche) figure contrattuali le quali,
traducendo in termini giuridici schemi e modalità comportamentali "emersi" in ambito economico, a
poco a poco si sono diffusi e "propagati per l'intero planisfero" divenendo, grazie a questa circolazione di
livello internazionale, dei veri e propri modelli contrattuali uniformi peraltro privi di una loro
nazionalità".
38
CLAPHAM A., Human rights obligations of non-State actors, Oup, Oxford, 2006.
39 Sul ruolo della soft law SOMMA A. (a cura di), Soft law e hard law nelle società post-moderne,
Giappichelli, Torino, 2009. MOSTACCI E., La soft law nel sistema delle fonti:uno studio comparato,
Padova, 2008. DE MINICO G., La soft law: nostalgie e anticipazioni, in AA.VV., Le nuove istituzioni
europee, a cura di Bassanini F.e Tiberi G., Commento al Trattato di Lisbona, Bologna, 2008. STIPO M.,
Riflessioni storico-critiche sulla scienza giuridica nel prisma delle trasformazioni politico-sociali e sulle
prospettive del diritto, op. cit.: Con la locuzione soft law “ci si riferisce a tutte quelle forme di
regolamentazione che non sono frutto di un processo formale di produzione legislativa ad opera di organi
rivestiti della relativa funzione e si caratterizzano per essere prive di un potere sanzionatorio da parte di
organi pubblici”.
40
AA.VV., Reti di imprese tra regolazione e norme sociali. Nuove sfide per diritto ed economia, a
cura di Cafaggi F., il Mulino, 2004. ARCURI A.–PARDOLESI R., voce Analisi economica del diritto, in
Enc. dir., Milano, 2002, 7. BIN R., Lo Stato di diritto, il Mulino, 2004, secondo cui “si è formato un
diritto transnazionale privo di appartenenze territoriali e di sovrani, fatto di accordi, prassi, usi,
commerciali e scelte operate nei grandi contratti internazionali, che poi si propongono come modelli
generali per gli altri operatori”.
41
GALGANO F., La globalizzazione nello specchio del diritto, op. cit..
!
!21
Capitolo Primo
sovranità42. Le nuove organizzazioni vengono, pertanto, investite di quelle funzioni non
più esercitabili adeguatamente a livello nazionale.
Il presunto antidoto ben presto si rivela un fatale veleno. Invero la crisi della
sovranità statale viene accentuata proprio dall'autonomia e indipendenza che
rapidamente gli organismi internazionali acquisiscono, rifiutando quel ruolo di
subalternità che gli Stati hanno cucito loro indosso. Si assiste, così, alla definitiva
mutazione dei caratteri della sovranità statuale che, da valore assoluto43 e
onnicomprensivo, si trasforma in un concetto relativo44 e circoscritto, in virtù di un
processo di erosione a livello sia interno sia sovranazionale45.
Difatti “con l’affermarsi di una comunità internazionale segnata da una fitta rete di
rapporti in cui gli Stati sono solo una parte dei soggetti rilevanti, la tradizionale
nozione di sovranità, come indipendenza dagli altri Stati, si pone in modo nuovo,
partecipando ogni Stato a molteplici organizzazioni che determinano la forma attuale
della sovranità come sovranità condivisa”46.
42
NUGENT N., Governo e politiche dell’Unione europea, (London, 1994), Bologna, 1995. L’autore
rileva come, a livello internazionale prima e comunitario poi, si assista ad un paradosso: gli Stati riducono
volontariamente il proprio potere in certi settori allo scopo di accrescerlo, di realizzare ugualmente i
propri obiettivi, anche se insieme ad altri Stati.
43
In argomento si rinvia al fondamentale contributo di BODIN J., Les six livres de la République
(1576), ried. dell’ed. Paris 1583, Darmstadt-Aalen, 1977. L'autore considera la sovranità perpetua,
assoluta e indivisibile.
44
In tempi moderni la dottrina maggioritaria propende per la natura relativa del concetto di sovranità.
Una voce fuori dal coro è quella di MORTATI C., Istituzioni di diritto pubblico, VI ed., Padova, 1976
secondo il quale “la sovranità è un concetto non relativo, ma assoluto: o c’è o non c’è”.
45
La statualità, tradizionalmente chiusa e autoreferenziale, si trasforma in un modello aperto
proiettato in una dimensione sovranazionale, caratterizzata da una pluralità di ordinamenti. A riguardo
GIANNINI M.S., Il pubblico potere. Stati e amministrazioni pubbliche, il Mulino, 1986, afferma che “lo
Stato-ente non è più il solo pubblico potere, dominante su una serie di enti minori diretti e controllati, ma
è uno dei pubblici poteri esistenti, condizionato da altri pubblici poteri, alcuni di livello superiore, altri
di livello interno”. Nonostante tali considerazioni, che sembrerebbero deporre in favore delle
organizzazioni sovranazionali fra cui la Comunità europea, Giannini è tendenzialmente euroscettico. Egli
non coglie in pieno le enormi potenzialità di sviluppo del sistema europeo, rimanendo influenzato da una
visione statocentrica dei pubblici poteri, sia pure rinnovata ed evoluta rispetto alle concezioni del passato.
Si pensi che nelle Istituzioni di diritto amministrativo del 1981 solo nove pagine sono dedicate dall'autore
all’ordinamento comunitario.
46
CHITI M.P., Diritto amministrativo europeo, op. cit..
!
!22
Capitolo Primo
Al diritto statale viene a giustapporsi progressivamente un diritto di matrice
sovranazionale, che concorre alla nascita di un ordinamento giuridico sempre più
comune e globale, capace di mettere in rete principi e valori condivisi47.
In un palcoscenico europeo caratterizzato dalla presenza di plurimi ordinamenti
giuridici48, aventi ciascuno tra i propri principi l’apertura all’altro, si collocano le
Comunità europee prima e l’Unione49 poi. In un rinnovato ambiente culturale le
tradizionali contrapposizioni tra ordinamenti vengono superate dal processo di
47
TEUBNER G. (a cura di), Global law without a State, Aldershot, Dartmouth, 1998. LIPPI A., Il
policy making europeo come “rete”, in Predieri A., Morisi M.(a cura di), L’Europa delle reti, Torino,
2001. BECK U.-GRANDE E., Das kosmopolitische Europa. Gesellschaft und politik in der Zweiten
moderne (2004), trad. it. L’Europa cosmopolita. Società e politica nella seconda modernità, Carocci,
Roma, 2006. CASSESE S., Paradossi del diritto amministrativo, in Il diritto amministrativo: Storie e
prospettive, Giuffrè, Milano, 2010: "Gli ordini nazionali, tradizionalmente chiusi l’uno all’altro, non solo
sono divenuti permeabili rispetto ad ordini più vasti (europeo, globale), ma sono anche divenuti
reciprocamente porosi, consentendo scambi, trapianti, importazioni ed esportazioni, imitazioni,
adattamenti reciproci, convergenze, interpenetrazioni, sviluppi paralleli, dialogo, apprendimento
comune".
48
CASSESE S., Gli Stati nella rete internazionale dei poteri pubblici, in Riv. trim. dir. pubbl. 1999,
321. L'autore, ritiene che “il mondo fino al XIX sec. affollato dagli Stati, è ormai pieno di ordinamenti
ultrastatali, e che gli Stati hanno perduto quella esclusività che era una volta loro propria". Pertanto gli
Stati "non presentano più barriere insormontabili".
Il primo studio approfondito e completo sulla pluralità degli ordinamenti giuridici (statuali,
infrastatuali e ultrastatuali) si deve a ROMANO S., L’ordinamento giuridico, (I ed. 1918, II ed. 1946)
Sansoni nuova biblioteca, Firenze, 1977. L'autore considera in via di superamento la visione tipica del
liberalismo ottocentesco secondo la quale l’ordinamento statuale sarebbe l’unico vero ordinamento al
quale tutti gli altri devono ricondursi, rimanendo alle dipendenze del primo, peraltro libero di riconoscerli
o meno. In tema si rinvia anche ai contributi di ORLANDO V.E., I presupposti giuridici di una
federazione di Stati: nota in studi di diritto pubblico in onore di Oreste Ranelletti, Cedam, Padova, 1930.
CAMMARATA A.E., Il concetto di diritto e la pluralità degli ordinamenti giuridici, Catania, 1926, ora in
Formalismo e sapere giuridico, Milano, 1963. CESARINI SFORZA W., voce Ordinamenti giuridici
(pluralità degli), in Noviss. dig. it., vol. XII, Torino, 1965, 1. PIZZORUSSO A., Pluralità degli
ordinamenti giuridici e sistema delle fonti del diritto, in Labriola S. (a cura di), Valori e principi del
regime repubblicano, 3, legalità e garanzie, Laterza, Roma–Bari, 2006. BARILLARI M., Considerazioni
sulla dottrina dell’ordinamento giuridico, in Scritti giuridici in onore di Santi Romano, I, Padova, 1940.
PIOVANI P., Normativismo e società, Napoli, 1949. GUELI, La pluralità degli ordinamenti giuridici e
condizioni della loro consistenza, Milano, 1949. CAPOGRASSI G., Note sulla molteplicità degli
ordinamenti giuridici, in Opere, IV, Milano, 1959, 181. LAMBERTI A., Gli ordinamenti giuridici: unità e
pluralità, Salerno, 1980, 148. BOBBIO N., Teoria dell’ordinamento giuridico, Torino, 1960.
MENEGHELLI R., Validità giuridica nel normativismo e nell’istituzionalismo, in Dir. e soc., 1991.
GIANNINI M.S., Sulla pluralità degli ordinamenti giuridici, ora in Id., Scritti, vol. III, Milano, 2003.
MANFREDI G., Pluralità degli ordinamenti e tutela giurisdizionale. I rapporti tra giustizia sportiva e
giustizia statale, Giappichelli, 2007. PASSERIN D’ENTREVES A., La dottrina dello Stato. Elementi di
analisi e di interpretazione, III ed., Giappichelli, 2009. AMBROSINI G., La pluralità negli ordinamenti
giuridici nella Costituzione italiana, in AA.VV., Studi in onore di G. Chiarelli, Milano, 1973, I, 5.
49
BIN R.–CARETTI P., Profili costituzionali dell’Unione europea, il Mulino, Bologna, 2008.
TOUSCOZ J., La constitution de l'Union Européenne, Bruylant, Bruxelles, 2002.
!
!23
Capitolo Primo
integrazione50, che genera, un nuovo “ordine giuridicamente policentrico,
plurisistemico e multistatuale”51. Infatti, “degli ordinamenti giuridici l’UE possiede tutti
gli elementi: normazione, plurisoggettività ed organizzazione”52.
Con i Trattati di Parigi (1951) e Roma (1957), alcuni Paesi europei, con l’auspicio di
risolvere le diatribe internazionali non più con metodi militari, bensì sul piano
giuridico-politico, rinunciano a cospicue porzioni della propria sovranità53 in favore
delle Comunità europee per il conseguimento di obiettivi inizialmente economici ed in
seguito sociali e politici54.
50 TORCHIA L., Concorrenza fra ordinamenti e diritto amministrativo nell’ordinamento europeo, in
La concorrenza tra ordinamenti giuridici a cura di Zoppini A., Laterza, 2004. Per l’autrice la dimensione
del processo di integrazione comunitaria non è riconducibile nelle “tradizionali costruzioni di stampo
statualistico e internazionalistico, ma richiede, invece, nuovi schemi e nuove chiavi di lettura. A questa
esigenza risponde anche la (ri)scoperta della teoria della pluralità degli ordinamenti, non più nella
versione impoverita dei rapporti tra ordinamenti statali separati, ma nella versione più ricca e complessa
della moltiplicazione delle forme di reciproca rilevanza, che consente di esplorare ed analizzare il nuovo
ordinamento europeo non solo per contrasto con il paradigma dell’ordinamento statale, ma piuttosto
come un’esperienza giuridica con caratteri propri, che richiede apposite categorie”. I rapporti tra
ordinamenti non sono più governati, come un tempo, dai principi di separatezza ed esclusività. Oggi i vari
ordinamenti si intrecciano e si influenzano continuamente, recependo l'uno gli elementi dell'altro.
Si segnalano, altresì, i contributi di CASSESE S., Crisi e trasformazioni del diritto amministrativo, in
Gior. dir. amm., 1996, 872. Per Cassese il diritto amministrativo sta smarrendo inesorabilmente i caratteri
tipici della statualità per catapultarsi in un’area di influenza più estesa sulla quale (e nella quale) insistono
plurimi diritti e ordinamenti giuridici concorrenti. REICH N., Competition between legal Orders: a new
Paradigm of EC law, in Common Market Law Review, 1992, 861.
51
MacCORMICK N., La sovranità in discussione. Diritto, Stato e nazione nel “Commonwealth”
europeo, op. cit..
52
PICOZZA E., Diritto amministrativo e diritto comunitario, II ed., Giappichelli, Torino, 2004.
53
Sulla base dell’art. 11 della Costituzione l’Italia “consente, in condizioni di parità con gli altri Stati,
alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le
Nazioni”. Per una riflessione di carattere generale PATRONO M., Cessioni di sovranità e unificazione
europea, in Labriola S. (a cura di), Valori e principi del regime repubblicano, I, Sovranità e democrazia,
Roma, 2006. TONIATTI R., Forma di Stato comunitario, sovranità e principio di sovranazionalità: Una
difficile sintesi, in Dir. pubbl. comp. eur., n. 3 del 2003.
54
Con il Trattato di Maastricht (1992) si delinea nettamente il passaggio da una Comunità economica
ad un’Unione politica, concretizzando così il sogno schumaniano di una “Comunità più ampia e piu
profonda”. Sulle finalità che le Comunità avrebbero dovuto perseguire nel corso degli anni secondo la
lucida previsione di Altiero Spinelli si veda AA.VV, “Altiero Spinelli: Il pensiero e l’azione per la
federazione europea”, Atti del Convegno, Torino, 6-7 dicembre 2007, Giuffrè, 2010. Oggigiorno la
condizione di sovranità limitata dei Paesi membri, per l’accresciuto numero di competenze dell’Unione
europea, prefigura l'avvento di quel sistema politico federale sognato da Spinelli. In tema anche DELLA
CANANEA G., Unione europea. Un ordinamento composito, Laterza, Bari, 2003.
Per una ricostruzione storica e diacronica dell’evoluzione del sistema europeo delle Comunità si legga
MAMMARELLA G.–CACACE P., Storia e politica dell’Unione europea, Laterza, Roma–Bari, 2005.
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!24
Capitolo Primo
Viene in questo modo a realizzarsi a livello europeo un'integrazione sempre più
stretta tra ordinamenti nazionali e ordinamento comunitario55.
Il fondamento normativo dell’appartenza dell’Italia alle organizzazioni internazionali
in genere, e in particolare alle Comunità europee, si rinviene nell’art. 11 Cost., definito
da Calamandrei “la più alta finestra dalla quale si riesce a intravedere, laggiù, quando
il cielo non è nuvoloso, qualcosa che potrebb’essere gli Stati uniti d’Europa e del
Mondo”56.
Le Comunità europee (oggi Unione europea) si delineano come un ordinamento sui
generis, inquadrato negli ordinamenti nazionali e costruito intorno ai Trattati, ai principi
generali, nonchè agli atti di diritto derivato.
Si è al cospetto di un ordinamento complesso ma al tempo stesso incompleto che
seguendo “la politica dei piccoli passi” si è evoluto in modo costante e graduale57,
compenetrandosi sempre più con i sistemi giuridici statali. L’Europa ha così lentamente
intrapreso la strada verso la costruzione di quell'ideale diritto comune europeo sognato
da Schmitt58.
55
Sul rapporto tra integrazione comunitaria e sovranità nazionale SILVESTRI G., Il problema della
sovranità nello Stato pluriclasse, in Silvestri G., Lo Stato senza principe, Torino, 2005: L’integrazione
comunitaria ha distribuito la “sovranità (...) su un’area più vasta, tra soggetti appartenenti ad
ordinamenti diversi, ma strettamente integrati”, sicchè essa in via esclusiva “non appartiene né agli Stati
né all’Unione, ma ad un continuum ordinamentale molto difficile da identificare con un centro politico ed
istituzionale”. Tra i vari contributi allo studio del processo di integrazione europea CHIEFFI L., Il
processo di integrazione europea tra crisi di identità e prospettive di ripresa, Atti del convegno di Santa
Maria Capua Vetere 17-18 maggio 2007, Giappichelli, 2009. PANELLA L.–ZANGHÌ C. (a cura di), 50
anni di integrazione europea. Riflessioni e prospettive. Messina 29-30 giugno 2007, Giappichelli, 2010.
LOUIS J.V., L’ordinamento giuridico comunitario, III ed., Bruxelles, 1989. WEILER J.–CARTABIA M.,
L’Italia in Europa. Profili istituzionali e costituzionali, il Mulino, Bologna, 2000. ROSAMOND B.,
Theories of European Integration, Macmillan Press, Basingstoke, 2000.
56 Si tratta di un’espressione pronunciata da Piero Calamandrei nel 1950 tesa a profetizzare, con
grande lungimiranza, i futuri scenari internazionali che di lì a qualche anno avrebbero coinvolto l’Italia e
l’Europa. Calamandrei è profeta della nascita della CEE e dei suoi sviluppi, nonché del graduale ma
inesorabile processo di integrazione economica, giuridica e politica degli Stati europei. L’art. 11 Cost. è
stato per decenni l’unica disposizione in grado di giustificare l’apertura dell’ordinamento italiano
all’ordinamento europeo. La disposizione in esame è attualmente valorizzata e completata dall’art. 117
Cost., come novellato dalla riforma del Titolo V del 2001.
57
VACCA M., La costruzione dell'ordinamento giuridico comunitario ed i Paesi membri, Giuffrè,
Milano, 1996.
58
SCHMITT C., Die lage der europäischen Rechtswissenschaft (1943-1944), trad. it. La condizione
della scienza giuridica europea, op. cit..
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!25
Capitolo Primo
1.3. La Comunità europea e il suo diritto. Le ricadute della normativa e dei
principi comunitari sugli ordinamenti amministrativi statuali
A differenza delle comuni organizzazioni internazionali, la Comunità europea (oggi
Unione) si rivolge non solo agli Stati ma anche ai singoli, persone fisiche e giuridiche,
quali diretti destinatari degli obblighi e dei diritti comunitari59. Ed in ciò risiede la
grande novità dell'ordinamento europeo: le situazione soggettive individuali emergono
dagli abissi degli ordinamenti nazionali per ricevere tutela direttamente dalle regole e
dai principi comunitari.
Da un punto di vista strutturale, il sistema giuridico dell'Unione si articola in una
pluralità di norme inserite e integrate negli apparati nazionali60 secondo i principi del
59
Tra i molteplici contributi TRABUCCHI A., L’Europa e l’unità del diritto, in Cian-Pescara (a cura
di), Cinquant’anni nell’esperienza giuridica, Scritti di A. Trabucchi, Padova, 1988.
60
Per una disamina dei rapporti tra Unione europea e sistemi nazionali KRITZINGER S., La
legittimità dell'Unione europea:L'influsso del contesto nazionale e le ripercussioni sullo Stato nazionale,
Cires, Firenze, 2002.
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!26
Capitolo Primo
primato61, della diretta applicabilità e dell’effetto diretto62. Principi che valorizzano i
singoli e le situazioni giuridiche soggettive di matrice comunitaria63, ma anche di fonte
nazionale.
61
Il principio del primato del diritto comunitario ha un fondamento diretto nei Trattati (art. 4 TUE e
art. 267 TFUE). In dottrina PIVA P., Giudice nazionale e diritto dell’Unione europea, Napoli, 2008.
PORCHIA O., Principi dell’ordinamento europeo. La cooperazione pluridirezionale, Zanichelli,
Bologna, 2008. Secondo l’autrice “il diritto comunitario gode del primato sulle norme interne, sia
precedenti che successive e quale sia il loro rango ancorchè costituzionale. La prevalenza comporta che
la norma interna contrastante non possa essere applicata, o come normalmente viene detto, debba essere
disapplicata in maniera tale da consentire alla disposizione comunitaria di regolare la fattispecie”. VON
BOGDANDY A., I principi fondamentali dell'Unione europea, trad. it. di Astrid Zei, Editoriale
scientifica, 2011: "Il primato del diritto comunitario attiene all'applicazione e non alla validità del
diritto. Nella decisione di non negare la validità di una norma statale che confligge con il diritto
comunitario e di limitare l'effetto del primato alla sola disapplicazione di tale norma, c'è già un
importante elemento di pluralismo che prende forma. Certo, l'effetto del primato dell'applicazione sarà
spesso simile a quello di un primato della validità, ma la differenza simbolica è enorme (...)".
Con riferimento al primato del diritto comunitario sulle norme nazionali in giurisprudenza, ex
plurimis, Cgce, 13 febbraio 1969, in causa C-14/68, Wilhelm, in Racc. 1969. Cgce, 17 dicembre 1970, in
causa C-11/70, Internationale Handelsgesellschaft, in Racc. 1970, 1125. Cgce, 17 dicembre 1989 in
cause riunite C-97-99/87, Dow Chemical Iberica, in Racc. 1989, 3165.
62
Tra i principali contributi si segnalano DUMON F., La notion de disposition directement applicable
en droit européen, in CDE 1968, 369. BEBR G., Les dispositions de droit européen directement
applicable, in CDE, 1970, 3. CONSTANTINESCO J., L’applicabilité direct dans le droit de la Cee,
Paris, 1970. PIVA P., Giudice nazionale e diritto dell’Unione europea, op. cit.. DE WITTE B., Direct
effect, Supremacy and the nature of the legal order, in Craig-De Burca, The evolution of EU law, Oxford,
1999. ELEFTHERIDIS The direct effect of Community law: Conceptual issues, in Year book of European
law, 1996. In giurisprudenza di storica importanza Cgce, 9 marzo 1978, in causa C-106/77, Simmenthal,
in Racc. 1978.
Sulla differenza tra la nozione di effetti diretti e applicabilità diretta TESAURO G., Diritto
dell’Unione europea, VI ed., Cedam, Padova, 2010. In argomento anche DASHWOOD, The relationship
between the members States and the European Union/European Community, Common Market Law
Review, 2004. OJANEN T., The changing concept of direct effect of European Community law, Revue
Européen Droit Public, 2000, 1253. WEILER J.-CARTABIA M., L’Italia in Europa, Profili istituzionali e
costituzionali, op. cit..
63
AMADEO S., Norme comunitarie, posizioni giuridiche soggettive e giudizi interni, Giuffrè,
Milano, 2002: "La valorizzazione delle posizioni giuridiche soggettive di cui i privati sono titolari, e la
progressiva estensione degli strumenti comunitari di tutela sostanziale e processuale a loro disposizione,
si traducono in altrettante possibilità di attuazione decentrata del risultato voluto dalle norme
comunitarie, ovvero, di altrettante sanzioni dei comportamenti difformi dei soggetti pubblici e privati in
foro interno". In particolare "dal punto di vista del singolo, il principio del primato implica che la
situazione giuridica, quale risulta disciplinata direttamente dal diritto comunitario, sia resa insensibile
agli effetti del diritto interno incompatibile: nel duplice senso che il diritto interno non può modificare o
negare una posizione giuridica soggettiva favorevole per il singolo e, inversamente, che questi non può
richiamarsi al modo di essere del diritto interno, o a fortiori ai vincoli previsti da atti di autonomia
privata, per sottrarsi ad un obbligo impostogli dal diritto comunitario direttamente efficace. Siffatta
immunità delle situazioni giuridiche comunitarie dai condizionamenti del diritto interno, che spetta al
giudice nazionale garantire, vale a prescindere dalla tipologia e dalla forza formale delle fonti interne
nelle quali la norma confliggente è contenuta".
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!27
Capitolo Primo
Agli albori la CEE agisce secondo un approccio funzionalista64, muovendo dalla
soluzione di problemi concreti e specifici per poi risalire alle questioni di ordine
generale. Lungo un percorso di crescita progressiva di poteri e competenze, oggi
“l’Unione europea sopravanza qualsiasi altro potere pubblico ultrastatuale”65, in
quanto l’ordinamento comunitario viene ad innestarsi negli ordinamenti dei Paesi
membri con un elevato grado di pervasività a tutti i livelli. L’ordinamento italiano,
complessivamente inteso, si è progressivamente adeguato, sia pure dopo pervicaci
resistenze, alla forza impositivo-conformativa del diritto comunitario, cui gli organi
nazionali hanno il dovere di assicurare effettività sul piano interno66.
64
HAAS E.B., The Uniting of Europe, political, social and economic forces, 1950–1957, Stanford
University Press, Stanford, 1958. ROSAMOND B., The Uniting of Europe and the Foundation of EU
studies: revisiting the Neofunctionalism of Ernest. B. Haas, in Journal of European Public Policy, 12,
2005.
65 DELLA CANANEA G. (a cura di), Diritto amministrativo europeo. Principi e istituti, III ed., in
Corso di diritto amministrativo, diretto da S. Cassese, Giuffrè, Milano, 2011.
66
CARBONE S.M., Principio di effettività e diritto comunitario, Editoriale scientifica, 2009.
L’effetto utile del diritto comunitario risulterebbe vanificato ove il giudice non potesse applicare
direttamente le norme dell'ordinamento comunitario, privando contestualmente di efficacia le disposizioni
interne con esso confliggenti.
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!28
Capitolo Primo
Il processo di integrazione europea ha, infatti, portata trasversale, in quanto idoneo a
scavare gli ordinamenti statali67 sia sul piano normativo che su quello amministrativo,
plasmandone la fisionomia ai valori e alle libertà comunitari, senza peraltro stravolgere
le singole identità nazionali. In particolare “l’integrazione europea determina una
diffusione di valori, principi ed istituti attraverso un meccanismo di diversità nella
comunanza e, cioè, mediante il ricorso a paradigmi comuni, che assumono fisionomia e
connotazioni più o meno diverse a seconda dell’ambiente giuridico nel quale si trovano
ad operare” (Sandulli A.). E sono proprio i principi comunitari, in special modo quelli
di proporzionalità, giusto procedimento, legittimo affidamento, effettività della tutela
giurisdizionale ad esaltare le libertà del cittadino nel rapporto con i pubblici poteri.
Il diritto amministrativo, sin dal XIX sec. espressione dell'autorità statuale68, è
investito da uno tsunami che ne modifica i tratti somatici. Il diritto nazionale è ormai
“solo una parte del diritto amministrativo vigente nei vari Paesi” (europei), ad esso
67 In relazione al fenomeno di erosione dei sistemi giuridici nazionali ad opera del diritto comunitario
si rinvia a GIACCHETTI S., Profili problematici della cosiddetta illegittimità comunitaria, in
www.giustamm.it, secondo cui “i Trattati di Roma hanno costituito delle gallerie in durissimo cemento
attraverso le quali le norme comunitarie, come un esercito di térmiti, sono penetrate nell’ordinamento
nazionale e lo stanno progressivamente svuotando. Per fortuna, a differenza di quello che accade in una
casa in legno, le norme comunitarie non si limitano a distruggere ma costruiscono dall’interno un loro
sistema che viene gradualmente a sostituire quello nazionale:non c’è il pericolo che tutto crolli
all’improvviso. Ma c’è sempre l’effetto della continua, inarrestabile e tendenzialmente irreversibile
erosione dell’ordinamento nazionale”.
68 CASSESE S., Il diritto amministrativo e i suoi principi, in Istituzioni di diritto amministrativo, a
cura di S. Cassese, Giuffré, Milano 2004. Secondo l’autore il diritto amministrativo nasce all’inizio
dell’Ottocento da una frattura del diritto comune e si afferma come diritto chiuso, disciplinato da atti
giuridici prettamente nazionali ed in particolar modo dalla legge. Esso viene a strutturarsi come corpus
normativo strettamente legato al concetto di sovranità e fortemente condizionato dagli sviluppi del diritto
statuale. Il diritto amministrativo si muove, quindi, per molto tempo in una visione prettamente
statocentrica, avallata dalla migliore dottrina del XIX e del XX sec. (Mayer O., Santi Romano, Forsthoff
E., Giannini M.S.). Id., Tendenze e problemi del diritto amministrativo, in Riv, trim. dir. pubbl., n. 4 del
2004, 901. Per Cassese oggigiorno si appalesa agli occhi del giurista una realtà completamente rinnovata
in cui “Stato e diritto amministrativo si presentano (in parte) dissociati. Il secondo ha perduto il suo
esclusivo ancoraggio statale. Si è sviluppato un diritto amministrativo oltre lo Stato”. Ciò a causa dei
profondi cambiamenti in atto. In primo luogo la “de-nazionalizzazione del diritto amministrativo: questo
si espande oltre lo Stato, si impadronisce del diritto internazionale, divenendone una componente
essenziale, influenza dall’esterno i diritti amministrativi domestici”. In secondo luogo si registra la
“convergenza dei diritti amministrativi nazionali, che si accompagna a nuove divergenze e fratture tra
questi”. SANDULLI A.M., Manuale di diritto amministrativo, XIV ed., Jovene, 1984. La pubblica
amministrazione e il suo diritto per molto tempo sono stati elementi qualificanti gli Stati e i rispettivi
ordinamenti. Infatti, secondo l’autore, per tradizione “la definizione del diritto amministrativo presuppone
quella di pubblica amministrazione. E per giungere a questo occorre partire dalla nozione di Stato”. Il
diritto amministrativo, appartenente alla tradizione giuridica di civil law, non ha mai avuto una vocazione
universalistica ed è sempre stato refrattario agli impulsi ed alle interferenze esterne.
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Capitolo Primo
affiancandosi “un vastissimo corpo di diritto comunitario scritto e giurisprudenziale”69.
Vero è che in passato anche la comparazione ha contribuito alle elaborazioni della
scienza amministrativa dei vari Stati70, ma l’irruzione sulla scena dei principi
comunitari ha segnato un decisivo cambio di paradigma, attivando un cammino di
convergenza e avvicinamento senza precedenti dei principali sistemi amministrativi
europei71. In questo modo “i modelli nazionali si indirizzano in modo centripeto verso
istituti e soluzioni giuridiche similari” (Chiti M.P.).
69 CHITI M.P., voce Diritto amministrativo comparato, in Diz. dir. pubbl., diretto da S. Cassese, vol.
III, Giuffré, Milano, 2006.
70 La comparazione è oggi considerata il motore principale delle riforme amministrative e la leva che
determina la convergenza e l'avvicinamento delle legislazioni nazionali. L’uso della comparazione non
era, comunque, sconosciuto in passato a vari autori delle scuole nazionali di diritto pubblico. Si pensi agli
studi di CAMMEO F., Corso di diritto amministrativo, 1914, Cedam, Padova, ristampa, 1960 sul diritto
amministrativo dei Paesi di common law oppure alle opere di diritto comparato di alcuni giuristi stranieri
come GOODNOW F.J., Comparative Administrative Law, New York and London, 1893, in J. Rivero,
Cour de Droit Administratif Comparé (1954-55), Paris, 1957. Ma in generale si è trattato di voci isolate
poiché a segnare gli sviluppi dei diritti amministrativi nazionali è stata in particolare la prospettiva
statocentrica impermeabile agli elementi di novità di matrice estera.
Sul ruolo della comparazione, oggi, nello studio del diritto amministrativo CHITI M.P., voce Diritto
amministrativo comparato, op. cit.. MOCCIA L., Comparazione giuridica e diritto europeo, Giuffrè,
2005. AA.VV., Diritto amministrativo comparato, a cura di Napolitano G., Giuffrè, Milano, 2007.
DELLA CANANEA G., La comparazione dei diritti amministrativi nazionali nell'Unione europea, in
Dir. amm. eu. comp., n. 6 del 2005. MARKESINIS B., Il metodo della comparazione, Giuffrè, Milano,
2004. D’ALBERTI M., Diritto amministrativo comparato, il Mulino, Bologna, 1992. FROMONT M.,
Droit Administratif des États européens, Paris, 2006.
In ordine all'influenza esercitata dal diritto comunitario sugli ordinamenti nazionali SCHWARZE J.,
European administrative law, II ed., Sweet and Maxwell, London, 2006. MARCOU G. (a cura di), Les
mutations du droit de l’administration en Europe, Paris, 1995. FRACCHIA F., Diritto comunitario e
sviluppo del diritto amministrativo, in Riv. it. dir. pubbl. com., 2007, 5, 1142. SCIULLO G., L’impatto del
diritto comunitario sul diritto amministrativo, in www.giustamm.it.
71 CASSESE S., Il problema della convergenza dei diritti amministrativi: verso un modello
amministrativo europeo?, in Riv. trim. dir. proc. civ., n. 2, 1992, 467. Secondo l’autore il diritto
amministrativo europeo “produce una convergenza dei diritti amministrativi nazionali dell’area europea
verso un diritto amministrativo comune, frutto di uno scambio reciproco tra i diversi Paesi”.
VALAGUZZA S., La frammentazione della fattispecie nel diritto amministrativo a conformazione
europea, Giuffrè, Milano, 2008: "Peraltro tale convergenza procura un effetto virtuoso sugli istituti degli
ordinamenti nazionali portando alla prevalenza le soluzioni giuridiche maggiormente efficienti dal punto
di vista della tutela del cittadino ed efficaci dal punto di vista dell'azione pubblica".In tema anche
MELLERAY F., L’imitation de modèles étrangers en droit administratif français, in Ajda, 2004, 21.
BELL J., Convergences and Divergences in European Administrative Law, in Riv. it. dir. pubbl. com.,
1993. DE QUADROS F., A nova dimensão do direito administrativo, Coimbra, 1999. SCHWARZE J.,
The convergence of administrative law of the EU member States, in EPL, 1998, 191. LEGRAND P.,
Uniformità, tradizioni giuridiche e limiti di diritto, in Pol. dir., 1997, 3. KLEIN E., L’influenza del diritto
comunitario sul diritto amministrativo degli Stati membri, op. cit.. D’ALBERTI M., Regole e rimedi:
Convergenze tra i diritti amministrativi d’Europa, in Riv. trim. dir. pubbl., 1992. AA.VV., La convergenza
dei diritti amministrativi in Europa: Atti incontro di studio, Roma, Palazzo Spada, 13 giugno 2000,
Giuffrè, Milano, 2002.
!
!30
Capitolo Primo
Il diritto amministrativo oltrepassa, così, gli angusti confini nazionali per
europeizzarsi72, globalizzarsi73 e mettersi in rete.
La globalizzazione del diritto e dell’economia inietta valori unificanti in ogni
ordinamento statale capaci di spostarne il baricentro da una dimensione domestica ad
una globale74, omogeneizzando impianti giuridici di civil law e di common law.
72
Sulla nascita di un diritto amministrativo europeo, senza pretese di completezza, NIETO
GARRIDO E.-MARTÍN DELGADO I., Derecho administrativo europeo en el Tratado de Lisboa,
Madrid, 2010. CRAIG P., EU administrative law, op. cit.. SCHWARZE J., European administrative law,
op. cit.. FALCON G., Tendenze del diritto amministrativo e dei diritti amministrativi nell'Unione
europea, in Dir. amm. eu. comp., n. 7 del 2005. GONZALES S.-VARAS IBÁÑEZ, El derecho
administrativo europeo, Sevilla, 2000.
73
GRECO R., Il diritto amministrativo europeo dopo il Trattato di Lisbona, in www.giustiziaamministrativa.it, 2011. Secondo l'autore l'espressione diritto amministrativo europeo fa riferimento a
"due realtà ontologicamente diverse: da un lato, al complesso delle norme che disciplinano l’esercizio
della funzione amministrativa all’interno dell’Unione europea; dall’altro, a un complesso di norme–
effettivamente esistente ovvero ipotizzato e/o auspicato–che, per effetto dell’incidenza del diritto europeo,
abbia “omogeneizzato” la disciplina del diritto amministrativo dei singoli Stati membri. Con riguardo a
quest’ultimo fenomeno, è forse preferibile usare la formula della “europeizzazione” del diritto
amministrativo, dal momento che si tratta di un processo tuttora in fieri e che è ben lungi dall’aver
portato a un assetto stabile".
Sulla nascita di un diritto amministrativo globale si rinvia a CHITI E.-MATTARELLA B.G., Global
administrative law and UE administrative law: relationships, legal issues and comparison, Heidelberg,
Springer, 2011. KINGSBURY B.–STEWART R.B.–KRISCH N., The emergence of global administrative
law, IILJ Working paper n. 1 del 2004, ora anche in Law and contemporary problems, 68, n. 3-4 del 2005,
15. AMAN A.C. Jr., The limits of Globalization and the future of administrative law: from government to
governance, in Indiana journal of global legal studies, 8, n. 2 del 2001. BATTINI S., Le due anime del
diritto amministrativo globale, in AA.VV., Il diritto amministrativo oltre i confini, Milano, 2008. CASINI
L., voce Diritto amministrativo globale, in Diz. dir. pubbl., diretto da S. Cassese, Giuffré, Milano, 2006.
FALCON G. (a cura di), Il diritto amministrativo dei paesi europei tra omogeneizzazioni e diversità
culturali, Cedam, Padova, 2005. CASSESE S., Il diritto amministrativo globale: una introduzione, in Riv.
trim. dir. pubbl., II, 2005. STEWART R.B., Il diritto amministrativo globale, in Riv. trim. dir. pubbl., III,
2005. D’ALBERTI M., Gli studi di diritto amministrativo: continuità e cesure tra primo e secondo
Novecento, in Riv. trim. dir. pubbl., 2001. Contra HARLOW C., Global administrative law: The quest for
principles and values, in European Journal of International Law, 17, 2006, 168, il quale non crede alla
possibilità di individuare principi amministrativi globali. Ritenendo le regole e i limiti dell’azione dei
pubblici poteri intimamente connessi con le culture nazionali, l’autore è scettico in ordine alla
configurabilità di principi generali di diritto amministrativo oltre gli Stati.
74
DOMINGO R., The new global law, Cambridge University Press, 2010. CASSESE S., Oltre lo
Stato, Laterza, Roma-Bari, 2006. LA PORTA U., Globalizzazione e diritto: regole giuridiche e norme di
legge nell'economia globale: un saggio sulla libertà di scambio e sui suoi limiti, Liguori, Napoli, 2005.
!
!31
Capitolo Primo
Le culture giuridiche dei diversi Paesi Ue si aprono ad innesti e trapianti di principi,
istituti e regole, in un continuo processo di “cross-fertilization”75 che arricchisce tanto i
sistemi giuridici nazionali quanto l’ordinamento comunitario76.
In particolare i principi si caratterizzano per una circolarità che li fa nascere negli
ordinamenti interni, mutare ed evolversi a livello comunitario per poi ridiscendere con
elementi nuovi nei singoli Stati (feedback effect)77. I vari sistemi giuridici divengono,
così, contemporaneamente punto d’origine e d’arrivo dei principi78, ma soprattutto si
qualificano come laboratorio di una normativa comune, nazionale e comunitaria, tesa a
ridimensionare l'autorità pubblica a vantaggio delle libertà private. Il diritto
amministrativo vive, pertanto, una dimensione sempre più europea79. Mentre in passato
costituiva il precipitato della statualità e delle tradizioni giuridiche nazionali, oggi, il
diritto amministrativo “si apre all’influenza di altri sistemi e soprattutto si omogeneizza
(...) quale parte di un sistema giuridico più vasto ed integrato”80.
75
L’espressione è utilizzata per indicare il processo-attualmente in atto-di europeizzazione dei diritti
nazionali e di osmosi reciproca tra ordinamenti interni e ordinamento comunitario. La nozione di crossfertilization è stata analizzata in un importante convegno al St. John college di Cambridge, nel 1997,
tenutosi sotto gli auspici del Cambridge center of European legal studies e in particolare del suo centre of
public law. I contributi dei partecipanti sono stati raccolti da Beatson J. e Tridimas T., nel volume
collettaneo New directions in European public law, Oxford, 1998. In particolare si segnalano le relazioni
di Bell J., Mechanisms for cross-fertilization of administrative law. Torchia L., Devolpments in italian
administrative law through cross-fertilization.
76
Con riferimento all'ordinamento amministrativo italiano TORCHIA L. Diritto amministrativo
nazionale e diritto comunitario: sviluppi recenti del processo di ibridazione, in Riv. it. dir. pubbl. com.,
1998. VACCA M., L’integrazione dell’ordinamento comunitario con il diritto degli Stati
membri e con i principi generali di diritto, op. cit..
77
È il c.d. effetto di ritorno nell'ordinamento nazionale di origine di un principio ricavato dalle
tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri che, una volta rielaborato dalla Corte di giustizia,
ridiscende nelle realtà statuali con requisiti nuovi.
78 GRECO G., Profili di diritto pubblico italo-comunitario, in Argomenti di diritto pubblico italocomunitario, Giuffrè, Milano, 1989.
79 CHITI M.P., I signori del diritto comunitario: la Corte di giustizia e lo sviluppo del diritto
amministrativo europeo, in Riv. it. dir. pubbl. com., 1991, 797: "L’aspirazione ad un diritto comune
europeo, anche nel campo del diritto amministrativo-solo pochi anni or sono aspirazione quasi chimerica
di un’élite di studiosi-comincia ad essere una tangibile realtà".
80
CHITI M.P., Diritto amministrativo europeo, op. cit.. In tema anche CRAIG P., EU administrative
law, op. cit..
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!32
Capitolo Primo
Si tratta, dunque, di un diritto dell’integrazione, in quanto essenziale momento del
processo di simbiosi tra Stati e popolazioni in atto a livello europeo. Un'integrazione
che non si traduce in una uniformazione tout court degli ordinamenti statuali, ma si
connota quale fenomeno di unità nella diversità (unity in diversity), consentendo alle
autorità nazionali margini di diversificazione delle politiche normative81, nell'alveo di
una cornice di principi comune e condivisa. L’Europa è, di conseguenza, una unitas
multiplex, ossia una realtà al contempo unitaria, molteplice e plurale, nella quale gli
Stati continuano a ritagliarsi un ruolo importante nella regolazione dei fenomeni
giuridici. Quanto al sistema amministrativo italiano, esso si struttura ad oggi come un
81 TORCHIA L., Concorrenza fra ordinamenti e diritto amministrativo nell’ordinamento europeo, in
La concorrenza tra ordinamenti giuridici, a cura di Zoppini A., Laterza, 2004: "L’ordinamento europeo si
caratterizza sin dall’origine come un ordinamento unitario, ma non unificante, all’interno del quale le
logiche di compatibilità prevalgono sulle logiche di conformità, in ragione dell’irriducibile pluralità di
popoli e Stati che compongono l’Unione". La convivenza tra diversi ordinamenti è assicurata dal
principio di equivalenza il quale “non impone la sostituzione di tante regole nazionali con un’unica
regola europea, ma consente la coesistenza delle diverse regole nazionali, a condizione, appunto, che tali
regole siano, in qualche misura, equivalenti” e dunque compatibili con il diritto europeo.
Sulle caratteristiche dell’integrazione amministrativa si vedano i contributi di SANDULLI A., La
scienza italiana del diritto pubblico e l'integrazione europea, in Riv. it. dir. pubbl. com., 2005: "I principi
e gli istituti, penetrando nell’ordinamento ospitante, lo modificano irrimediabilmente, ma ne subiscono
loro stessi effetti mutanti, determinati dall’humus, dall’ambiente, dal contesto giuridico-culturale di
quell’ordinamento". Infatti "l’integrazione europea determina la diffusione di valori, di principi e di
istituti attraverso un meccanismo di diversità nella comunanza" che tende comunque a rispettare
l’autonomia statuale nella regolazione di certi settori. FALCON G., Tendenze del diritto amministrativo e
dei diritti amministrativi dell’Unione europea, op. cit.. Il fenomeno dell’europeizzazione non deve far
credere ormai ad una omologazione tout court capace di privare i diritti amministrativi nazionali delle
proprie peculiarità e del proprio dinamismo. Ad avviso dell'autore “se è vero che i diversi sistemi sono
oggi in una certa misura paragonabili a diverse navicelle agganciate ad una comune stazione base,
rimane vero che le navicelle conservano in realtà pressoché interamente la propria originale fisionomia,
il proprio modo di essere e di funzionare, il proprio specifico ethos, così come la storia di ciascun Paese
lo ha determinato”. DELLA CANANEA G. (a cura di), Diritto amministrativo europeo. Principi e
istituti, op. cit., secondo cui “il diritto comunitario lascia ai poteri pubblici nazionali ampi margini di
selezione adattativa. Questi se ne servono ampiamente in sede applicativa, compiendo scelte differenti da
un Paese all’altro”.
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!33
Capitolo Primo
sistema multilivello82, disciplinato da una pluralità di fonti concorrenti83, alla cui
regolamentazione partecipano soggetti anche diversi dal legislatore statale84. In esso
convivono, infatti, principi e regole di produzione sia domestica sia europea85.
82
PERLINGIERI P., Leale collaborazione tra Corte costituzionale e Corti europee. Per un unitario
sistema ordinamentale, Edizioni scientifiche, 2008. Si è al cospetto di un ordinamento multilivello di
nuovo genere, “un sistema unitario a vocazione circolare, dove regole e principi di provenienza diversa,
si completano, si immedesimano e si integrano”. ROLLI R., I caratteri multilivello del diritto
amministrativo europeo, in www.giustamm.it.
Quanto ai riflessi della multilevel governance sull'attività normativa e giurisdizionale si rinvia, in
particolare, ai contributi di AMMANNATI L.-MUSSELLI L.(eds), Regulatory networks and European
Governance, Giappichelli, 2012. HOOGHE L., Cohesion policy and European integration: building
multilevel governance, Oxford, 1996. SCHOBBEN R., New governance in the European Union: A cross
disciplinary comparison, Regional and federal studies, 2000, 35. BERNARD N., Multilevel governance
in the European Union, Kluer Law International, 2002.
83
In ordine alla eterogeneità dell’odierno sistema delle fonti GABRIELE F.-CELOTTO A., Fonti
comunitarie e ordinamento nazionale: Temi e problemi sull'impatto del diritto comunitario nel sistema
italiano delle fonti, Cacucci, Bari, 2001. CELOTTO A., Fonti del diritto e antinomie, Giappichelli, 2011.
GAJA G., voce Fonti comunitarie, in Dig. disc. pubbl., VI, Utet, Torino, 1991. BARILE P., Rapporti fra
norme primarie comunitarie e norme costituzionali e primarie italiane, in Comun. intern., 1966.
BARONCELLI S., Le fonti del diritto dell’UE dal Trattato di Roma al Trattato di Lisbona: verso
un’accresciuta complessità del sistema, in www.osservatoriosullefonti.it, n. 3 del 2008. ALBINO L., Il
sistema delle fonti tra ordinamento interno e ordinamento comunitario, op. cit.. Secondo l’autore “il
rapporto fra ordinamento comunitario e ordinamenti interni non può essere spiegato ricorrendo
esclusivamente ai tradizionali criteri di organizzazione in sistema delle fonti del diritto e di risoluzione
delle antinomie, tipici del diritto europeo continentale, il sistema normativo comunitario in senso stretto
si presenta con caratteri decisamente originali difficilmente inquadrabili nei classici schemi di teoria
generale del diritto”. Un costruzione progressiva e settoriale, che unita al metodo funzionalista, genera
"un sistema delle fonti basato non su regole predeterminate e sempre applicabili, ma sulla risoluzione
caso per caso, di problemi contingenti”.
84
PERLINGIERI P., Leale collaborazione tra Corte costituzionale e Corti europee. Per un unitario
sistema ordinamentale, op. cit.: "Diritto nazionale, diritto comunitario, diritto internazionale si integrano
e compongono in un sistema ordinamentale aperto e flessibile al quale sono chiamati a contribuire, nelle
rispettive funzioni, il legislatore statale e regionale (artt. 11 e 117 Cost.), il potere lato sensu
giurisdizionale (art.10, 11, 101 Cost; art. 234 Tratt. CE), nonché i privati e la pubblica amministrazione".
85
Può considerarsi superata la concezione di Santi Romano e dei maggiori studiosi della prima metà
del XX sec., secondo la quale il diritto amministrativo sarebbe un ramo del diritto dello Stato. L’apertura
dell’ordinamento nazionale a fonti sovrastatuali, oltre a denotare il definitivo inabissamento di ogni
prospettiva statocentrica, conduce parallelamente ad una nuova configurazione della teoria delle fonti e
dell’interpretazione, quali momenti inscindibilmente connessi. L’esplosione delle fonti induce l’interprete
a rivedere metodi e prospettive esegetiche da calibrarsi ormai non più sulla sola legge statuale ma su una
galassia di fonti dall'origine e dai caratteri eterogenei.
!
!34
Capitolo Primo
In special modo i principi rappresentano il collante capace di amalgamare
armoniosamente le diverse anime del sistema86.
L’influenza dell'ordinamento comunitario e dei suoi principi sugli apparati
amministrativi nazionali si manifesta in due forme: essa "da un lato è un’influenza
diretta che si svolge lungo i rapporti verticali tra la Comunità europea e i singoli diritti
amministrativi nazionali". Dall’altro lato, l’influenza è orizzontale poichè "il diritto
comunitario crea una piattaforma che costituisce un veicolo per i trapianti di istituti da
un diritto nazionale ad un altro"87. Si hanno in tal senso fenomeni di “legal
transplants”88 tra famiglie e sistemi giuridici tradizionalmente eterogenei.
Con riferimento all’influenza verticale, essa opera sui versanti organizzativo,
procedimentale e processuale, condizionando in via diretta o riflessa gli ordinamenti
domestici.
86 FALZEA A., Relazione introduttiva, in Atti del Convegno "I principi generali del diritto", Roma,
27-29 maggio 1991, Accademia nazionale dei Lincei, 1992: "Lo spazio giuridico delle relazioni umane di
oggi non è più il recinto chiuso degli ordinamenti giuridici nazionali ma, almeno tendenzialmente, un
terreno che va aprendosi verso le altre comunità, con la progressiva intensificazione di piani di interessi
intercomunitari richiedenti forme di regolamentazione giuridica della medesima latitudine. A un tale
compito rispondono assai meglio i principi, a causa della loro più estesa generalità, piuttosto che le
norme ordinarie, la cui generalità è contenuta nell’ambito di situazioni di interesse in varia misura
circoscritte. È principalmente sui principi che si va costruendo l’unità giuridica europea". In argomento
anche CARINGELLA F., Corso di diritto amministrativo. Profili sostanziali e processuali, Tomo I,
Giuffrè, Milano, 2011: "La molteplicità delle fonti comunitarie rischierebbe di dar vita ad un
ordinamento giuridico frammentario, se non fosse cementata da alcuni principi generali in grado di
attribuire omogeneità ed unità al sistema. Trattasi segnatamente di principi diligentemente enucleati
dalla Corte di giustizia e dalla stessa ripartiti in due categorie: da un lato vi sono i principi desunti dai
singoli Stati e poi recepiti dall’ordinamento comunitario; dall’altro vi sono i principi originari del diritto
comunitario".
87
CASSESE S., Diritto amministrativo europeo e diritto nazionale: signoria o integrazione?, in Riv.
it. dir pubbl. com., 2004. Per approfondimenti e sviluppi anche Id., La signoria comunitaria sul diritto
amministrativo, in Riv. it. dir pubbl. com., 2002. Id., Il diritto amministrativo europeo presenta caratteri
originali?, in Riv. trim. dir. pubbl., 2003. Id., L’influenza del diritto amministrativo comunitario sui diritti
amministrativi nazionali, in Riv. it. dir. pubbl. com., 1993, 329.
Con riferimento alla tematica della progressiva comunitarizzazione del diritto amministrativo GRECO
G., Diritto europeo e diritto amministrativo nazionale, in AA.VV., Diritto amministrativo, Monduzzi,
Bologna, 2005. KLEIN E., L’influenza del diritto comunitario sul diritto amministrativo nazionale, in
Riv. it. dir. pubbl. com., 1993, 683. DELLA CANANEA G. (a cura di), Diritto amministrativo europeo.
Principi e istituti, op. cit.. SANNA TICCA E., Cittadino e pubblica amministrazione nel processo di
integrazione europea, Milano, 2004. SCIULLO G., L’impatto del diritto comunitario sul diritto
amministrativo, op. cit..
88 WATSON A.,
Legal transplants. An approach to comparative law, Edinburgh, 1974.
!
!35
Capitolo Primo
L’influenza orizzontale si propaga, invece, nei rapporti tra Stati, favorendo un
progressivo allineamento dei sistemi giuridici, con una “apertura laterale” degli uni
verso gli altri e con la creazione di un humus culturale sempre più omogeneo.
Accanto ad un condizionamento diretto è rilevabile, altresì, una influenza riflessa del
diritto comunitario sui Paesi membri ed in particolare sull’ordinamento italiano89.
Si tratta di quel fenomeno che vede aderire il legislatore e la giurisprudenza nazionali
a schemi o soluzioni propri del diritto europeo, senza che sussista alcun vincolo
conformativo in tal senso (c.d. spill-over effect)90. Un vincolo potrebbe, semmai,
desumersi sul piano interno dall’esigenza di garantire il rispetto del principio di
eguaglianza (art. 3 Cost). In virtù di questa influenza indiretta l’intera materia
amministrativa può dirsi attualmente europeizzata anche al di là dei settori di specifica
competenza comunitaria.
L’Unione europea diviene, dunque, uno spazio amministrativo comune nel quale i
principi comunitari si irradiano, mitigando e talvolta superando l'autoritarietà e
l'imperatività dell'azione pubblica nei confronti degli amministrati91. Tali principi
rappresentano il più importante parametro di legittimità degli atti nazionali sia
normativi sia amministrativi.
89
GRECO G., Argomenti di diritto amministrativo-parte generale-I lineamenti essenziali del sistema,
Giuffré, Milano, 2010.
90
AUBY J.B., I diritti amministrativi dell’Europa: una convergenza verso principi comuni?, in Dir.
amm. eu. comp., n. 6 del 2005. Quanto al processo di avvicinamento dei diritti amministrativi europei,
l’autore rimarca come tali meccanismi siano fondati talora su effetti di vincolo legale, talaltra su fenomeni
di influenza spontanea. Essi determinano effetti di vincolo legale nelle ipotesi in cui un determinato
sistema nazionale è giuridicamente obbligato ad adottare una soluzione di diritto amministrativo sorta nel
panorama europeo (ad es. in materia di aiuti di Stato). In altri casi, invece, le convergenze scaturiscono da
fenomeni di spontanea e reciproca imitazione.
91
Per una ricostruzione generale dei rapporti tra amministrazioni pubbliche e soggetti privati SINISI
M., Introduzione allo studio del potere autoritativo, Aracne, Roma, 2009.
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!36
Capitolo Primo
Il tradizionale monopolio statuale sul diritto amministrativo sembra, dunque, giunto
al tramonto. Oggigiorno il diritto comunitario, collocandosi al vertice del sistema delle
fonti92, possiede una vis tale da conformare i diritti amministrativi dei vari Stati membri.
Infatti il processo di integrazione europea ha assegnato alla normativa comunitaria
diretta vigenza, efficacia e prevalenza sul diritto nazionale anche a livello
costituzionale93 (con il solo rispetto dei cc.dd. controlimiti, peraltro di rilevanza più
teorica che concreta), sicchè dinanzi al diritto comunitario “l’ordinamento interno si
ritrae e non è più operante”94.
La tracimazione della normativa comunitaria sugli ordinamenti interni, in combinato
disposto con le spinte innovatrici della globalizzazione, ha definitivamente abbattuto il
muro dell’esclusiva statualità del diritto amministrativo95, retaggio di un passato che
non può più resuscitare, plasmando ed esaltando lo statuto del cittadino (che si articola
in diritti, pretese e libertà), in un contesto di rimodellamento e ridimensionamento
dell'autoritarietà dei pubblici poteri.
Se tradizionalmente il cittadino ha potuto esclusivamente pretendere che il potere
discrezionale della P.A. fosse esercitato con legittimità (Mortara L.), oggi l'amministrato
può vantare, nel dialogo con il public power, una pretesa qualificata al soddisfacimento
del bene della vita di cui è portatore.
92 Per citare un’acuta espressione di Tesauro G., il diritto amministrativo europeo non può più
considerarsi una “escrescenza esotica”, ossia un quid di estraneo e irrilevante ai fini del diritto
amministrativo interno. I principi comunitari ormai condizionano in ogni ambito i sistemi amministrativi
nazionali, influenzando in profondità le decisioni degli apparati nazionali (legislatori, giudici, pubbliche
amministrazioni).
93 La prevalenza del diritto comunitario sulle disposizioni costituzionali conferma l’intuizione del
1952 di Giuseppe Chiarelli sulla elasticità della Costituzione (CHIARELLI G., Elasticità della
Costituzione, in Studi di diritto costituzionale in memoria di Luigi Rossi, Giuffrè, Milano, 1952, p. 56 ,
ora in Id., Scritti di diritto pubblico, Giuffrè, 1977, pp. 327 ss). Secondo Chiarelli la Costituzione sarebbe
rigida nella fonte ma elastica nei contenuti, sicchè fonti sovranazionali, attraverso l’art. 11 Cost., ben
potrebbero derogarvi. Ad avviso dell'autore, infatti, "l'elasticità del sistema costituzionale si rivela (...)
nel rapporto tra ordinamento interno e ordinamento internazionale, per il rinvio a quest'ultimo contenuto
nell'art. 10 1° co., e sopra tutto nell'art. 11, in cui, lasciandosi aperto l'ordinamento interno alla
possibilità di limitazioni della sovranità, si prevede quella che forse può essere considerata la massima
elasticità possibile di un ordinamento statale".
94
Corte cost., 11 giugno 1990, n. 285, in Giur. cost., 1990, pp. 1780 ss..
95
CASSESE S., La signoria comunitaria sul diritto amministrativo, op. cit..
!
!37
Capitolo Primo
1.4. Il quadro delle fonti alla luce dei rapporti tra ordinamento comunitario e
ordinamento nazionale: tesi monista vs tesi dualista
La convivenza tra il diritto comunitario e il diritto italiano è stata “voluta ma
sofferta”96. Infatti la presenza sulla scena europea di un nuovo ordinamento, dotato di
attribuzioni limitanti la sovranità nazionale, ha prodotto inizialmente nel sistema
italiano molteplici resistenze al pieno sviluppo del diritto comunitario97. I maggiori
problemi si sono avuti nel progetto di far coesistere le diverse fonti, comunitarie e
nazionali, nell’organigramma giuridico europeo e di definirne altresì le rispettive e
comuni sfere di influenza.
L'approccio al tema dei rapporti tra fonti comunitarie e nazionali varia, però, a
seconda dell’assetto che si intende conferire alle relazioni tra i due ordinamenti98. In
giurisprudenza si sono contrapposti per molti anni due orientamenti:
1) la tesi monista (o della integrazione) sostenuta dalla Corte di giustizia europea;
2) la tesi dualista (o della separazione) cui ha inizialmente aderito, sia pure con
intensità diverse, e non senza ambiguità, la Corte costituzionale italiana.
96
COCCO G., Una convivenza “voluta ma sofferta”: il rapporto tra diritto comunitario e diritto
interno, in Riv. it. dir. pubbl. com., 1999, p. 641.
97
VALAGUZZA S., La frammentazione della fattispecie nel diritto amministrativo a conformazione
europea, op. cit..
98 In argomento, tra i più significativi contributi, ANDRONICO A., Un “nuovo genere” di
ordinamento. Riflessioni sul rapporto fra diritto comunitario e diritto interno, in Jus, 2001, p. 69.
GIAMETTTA C., Lo scontro fra le diverse concezioni dualista e monista dei rapporti tra ordinamento
interno e ordinamento comunitario e il superamento della concezione monista, in www.cahiers.org.
LAUDANTE F., Fonti comunitarie ed attività amministrativa statale tra separazione e integrazione degli
ordinamenti, in Rass. dir. pubbl. eur., n. 1/2005, p. 229. CINTIOLI F., Fonti interne e norme comunitarie
tra unità e pluralità di ordinamenti: recenti tensione e prospettive e prospettive di sviluppo, in Dir. e
form., 2001, p. 3. ZANCHIELLO L., Rapporti tra diritto nazionale e diritto comunitario alla luce delle
pronunce della Corte costituzionale, in Nuova rass. 2006, 1881. GRECO G., I rapporti tra ordinamento
comunitario e nazionale, in Trattato di diritto amministrativo europeo, diretto da M.P. Chiti e G. Greco,
II, Milano, 2007. CERULLI IRELLI V., I rapporti tra ordinamento dell’Unione europea e ordinamento
interno, in Le nuove istituzioni europee, Commento al Trattato di Lisbona, a cura di F. Bassanini e G.
Tiberi, il Mulino, 2010.
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!38
Capitolo Primo
Quanto al primo orientamento (monista o dell'integrazione), di esso ha fatto il
proprio vessillo il giudice comunitario nelle note pronunce Van Gend & Loos99 del 1963
e Costa c. Enel100 del 1964, nelle quali viene affermato il primato del diritto
comunitario e la sua diretta applicabilità, con conseguente obbligo di disapplicazione101
da parte degli organi nazionali delle norme interne con esso in conflitto.
Successivamente la Corte di giustizia si spinge ad asserire che il Trattato di Roma, quale
"Carta costituzionale di base"102, abbia fondato una “Comunità di diritto”103,
sottolineandone così il valore e l’importanza ai fini dell’integrazione tra l'ordinamento
comunitario e gli ordinamenti dei Paesi membri. In particolare il giudice di
Lussemburgo enfatizza il ruolo dei principi comunitari nella creazione di un ambiente
99
Cgce, 5 febbraio 1963, in causa C-26/62, Van Gend & Loos c. Amministrazione olandese delle
imposte, in Racc. 1963: "La Comunità economica europea costituisce un ordinamento giuridico di nuovo
genere nel campo del diritto internazionale a favore del quale gli Stati membri hanno rinunziato, se pure
in settori limitati, ai loro poteri sovrani ed al quale sono soggetti non soltanto gli Stati membri, ma pure i
loro cittadini. Il diritto comunitario, indipendentemente dalle norme emanate dagli Stati membri, nello
stesso modo in cui impone ai singoli degli obblighi, attribuisce loro dei diritti soggettivi. Tali diritti
sorgono non soltanto allorchè il Trattato espressamente li menziona, ma anche quale contropartita di
precisi obblighi che il Trattato impone ai singoli, agli Stati membri e alle istituzioni comunitarie". In
questa storica pronuncia la Corte di giustizia individua chiaramente, tra gli obiettivi della Comunità,
l'ampliamento delle garanzie di tutela dei singoli all'interno dello spazio giuridico europeo. In tema anche
TESAURO G. Sovranità degli Stati e integrazione europea, op. cit..
100
Cgce, 15 luglio 1964, in causa C-6/64, Costa c. Enel, in Racc. 1964: "A differenza dei comuni
Trattati internazionali, il Trattato CEE ha istituito un proprio ordinamento giuridico, integrato
nell’ordinamento giuridico degli Stati membri all’atto dell’entrata in vigore del Trattato e che i giudici
nazionali sono tenuti ad osservare. Istituendo una comunità senza limiti di durata, dotata di propri
organi, di personalità di capacità giuridica, di capacità di rappresentanza sul piano internazionale ed in
specie di poteri effettivi provenienti da una limitazione di competenza o da un trasferimento di
attribuzioni degli Stati alla comunità, questi hanno limitato sia pure in campi circoscritti, i loro poteri
sovrani e creato quindi un complesso di diritto vincolante per i loro cittadini e per loro stessi. Tale
integrazione nel diritto di ciascuno Stato membro di norme che promanano da fonti comunitarie e, più in
generale, lo spirito e i termini del Trattato, hanno per corollario l’impossibilità per gli Stati membri di
far prevalere, contro un ordinamento giuridico da essi accettato a condizioni di reciprocità, un
provvedimento unilaterale ulteriore, il quale peraltro non è opponibile all’ordinamento stesso".
101
ITALIA V., La disapplicazione delle leggi, Giuffrè, 2012. Secondo l'autore "la disapplicazione è
una operazione logica per cui una regola che dovrebbe essere applicata, è sospesa per un caso singolo,
ed al suo posto è applicata un'altra regola. Quando questa operazione logica si svolge nel campo del
diritto, essa consiste nella disapplicazione di una legge, cioè nella sua sospensione per un caso singolo, e
nell'applicazione, al suo posto, di un'altra legge o di un principio gerarchicamente superiore".
102
Cgce, 23 aprile 1986, in causa C-294/83 Le Verts c. Parlamento europeo, in Racc. 1986.
103 HARTLEY T., The Foundations of European Community law, V ed., Oxford, Oxford University
press, 2003. L’espressione “Comunità di diritto” è dall’autore mutuata dalla giurisprudenza della Corte di
giustizia, anche se a dire il vero, tale definizione è stata coniata da Walter Hallstein ed utilizzata per la
prima volta nel 1965 in un dibattito al Parlamento europeo.
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!39
Capitolo Primo
giuridico europeo sempre più comune ed integrato104. Tali sentenze troveranno, in
seguito, conferma nell’approvazione del Trattato di Maastricht (1992) che segnerà, con
la nascita dell’Unione, un'ulteriore e decisiva tappa dell'integrazione europea.
La seconda tesi, c.d. dualista (o della separazione tra ordinamenti giuridici), è stata
sostenuta dalla Corte costituzionale nell’arco di un percorso evolutivo a fasi alterne che
nei decenni ne attenua, fino a far scomparire, le originarie posizioni oltranziste.
In una prima fase105 la Consulta addiviene alla conclusione della equiordinazione tra
norme interne e norme comunitarie per cui in caso di conflitto la norma interna
successiva abroga la norma comunitaria anteriore in base al criterio cronologico. In
questo periodo la Corte non segue la strada dell’inquadramento costituzionale della
partecipazione dell’Italia al sistema comunitario con l'effetto di consentire per
violazione dell’art. 11 il sindacato costituzionale della norma interna in conflitto con il
diritto comunitario.
Una tale posizione riceve le critiche della Corte di giustizia. Esse muovono da due
postulati: in primo luogo l’adesione ai Trattati europei comporta l’osservanza dei
principi in essi contenuti da parte dello Stato (e dei suoi organi) nell’esercizio
dell’attività normativa. In secondo luogo il diritto comunitario, in virtù dei principi del
primato e dell'efficacia diretta, prevale sulle norme interne, ancorchè successive e di
rango costituzionale.
I rilievi del giudice comunitario sortiscono l'effetto di sospingere la Corte
costituzionale italiana negli anni '70 del secolo scorso ad una revisione delle proprie
104
COHEN TANUGI L., L’Europe en danger, Paris, Fayard, 1992. I principi generali hanno
consentito l’instaurazione di solidi collegamenti tra gli ordinamenti giuridici statali e l'ordinamento
comunitario, attraverso il fenomeno dell'integrazione giuridica. In proposito MARTINICO G.,
L’integrazione silente. La funzione interpretativa della Corte di giustizia e il diritto costituzionale
europeo, Jovene, 2009. Con riferimento al ruolo del giudice di Lussemburgo nell’elaborazione dei
principi comunitari l'autore asserisce che la Corte abbia estratto “con operazioni che alternavano
precisione chirurgica a fantasia vulcanica, da disposizioni più o meno predisposte, i principi
dell’ordinamento comunitario, inventando in definitiva una nuova tipologia di fonti con cui non solo gli
ordinamenti nazionali ma lo stesso ordinamento dei Trattati dovevano (e devono) confrontarsi. (...) I
principi di diritto comunitario sono principi autonomi nel senso che non sono pensati come strumentali
agli ordinamenti nazionali, poiché si impongono a questi e perché si propongono, in chiave di ipotesi,
anche come potenzialmente ostili ai principi degli ordinamenti, tutt’altro che servili ed accomodanti
dunque. Nella sua missione la Corte ha conquistato posizioni su posizioni ed alla fine ha vinto le
resistenze che si contrapponevano alla affermazione del diritto comunitario”.
105
Corte cost., 24 febbraio1964, n. 14, in www.giurcost.it.
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!40
Capitolo Primo
posizioni (c.d. seconda fase)106: la violazione del diritto comunitario è idonea a far
scattare una verifica di costituzionalità delle norme interne per contrasto con il principio
di cui all’art. 11 Cost., pur considerando le norme comunitarie esterne all’ordinamento
italiano. Anche in questa occasione il giudice comunitario manifesta talune riserve alla
tesi della Consulta: la Corte italiana fa un uso improprio dell’art. 11, essendo
quest’ultima una norma ideata per regolare i diversi rapporti tra l’Italia e le Nazioni
unite, come tale inadatta ad ergersi a parametro di legittimità costituzionale.
Segue poi una terza fase, inaugurata con la sentenza Granital del 1984107, che
registra una decisiva apertura della Consulta italiana alle posizioni della Corte di
giustizia: l’ordinamento comunitario e quello nazionale, pur strutturalmente autonomi,
sono coordinati tra loro, sicchè le norme comunitarie prevalgono sulle norme statali
incompatibili sia anteriori che successive; e ciò in modo automatico, attraverso il
rimedio della disapplicazione delle disposizioni interne confliggenti, senza doverne
attendere la rimozione mediante pronuncia di illegittimità della Corte costituzionale108 o
per un atto abrogativo del legislatore. In questa storica sentenza la Corte costituzionale
evidenzia i principi della:
a) separazione e coordinazione tra ordinamenti;
b) efficacia diretta del diritto comunitario derivato;
c) disapplicazione (rectius non applicazione nel linguaggio capzioso della Corte109)
della norma interna in contrasto con il diritto comunitario.
106
Ex plurimis Corte cost., 18 dicembre 1973, n. 183, Frontini, in Giur. cost. 1973 con commento di
BARILE P., Il cammino comunitario della Corte, in Giur. cost., 1973, 2406. Corte cost., 22 ottobre 1975,
n. 232, ICIC, in Giur. cost. 1975.
107 Corte cost., 8 giugno 1984 n. 170, Granital, in Giur. cost., 1984. La Corte asserisce che “vi é un
punto fermo nella costruzione giurisprudenziale dei rapporti fra diritto comunitario e diritto interno:i
due sistemi sono configurati come autonomi e distinti, ancorché coordinati, secondo la ripartizione di
competenza stabilita e garantita dal Trattato le norme (derivanti dall’ordinamento comunitario) vengono,
in forza dell'art. 11 Cost., a ricevere diretta applicazione nel territorio italiano”. In scia anche Corte
cost., 19 aprile 1985, n. 113, Beca, in www.giurcost.org.
108 La norma comunitaria provvista di effetto diretto deve essere applicata immediatamente dai giudici
interni con conseguente disapplicazione della norma nazionale confliggente, senza ricorrere al giudizio di
legittimità costituzionale. In termini processuali, l'effetto diretto della norma comunitaria rende
inammissibile la questione di legittimità costituzionale della norma interna lesiva del diritto comunitario.
109 A titolo
esemplificativo Corte cost., 18 aprile 1991, n. 191, in www.giurcost.org.
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Capitolo Primo
La quarta fase dei rapporti tra ordinamento comunitario e ordinamento italiano si
apre con la riforma costituzionale del titolo V (l. cost. n. 3 del 2001), in base alla quale
l’attività legislativa dello Stato e delle regioni deve esercitarsi nel rispetto dei vincoli
derivanti dall’ordinamento comunitario. In questo nuovo scenario delle fonti, le norme
comunitarie si presentano come norme interposte tra legge e Costituzione, integrando il
parametro di legittimità di cui all’art. 117 I co. Cost.110. Pertanto la novella del 2001
consacra, senza riserve, il principio dell’integrazione tra ordinamenti, valorizzando un
pluralismo normativo fondato sulla coesistenza di molteplici fonti concorrenti111.
La stessa Corte costituzionale sembra essersi definitivamente convinta della bontà
della tesi monista, allorchè in modo univoco, agli albori del Terzo Millennio, definisce
l’ordinamento comunitario un “ordinamento giuridico integrato e coordinato con quello
110 La dichiarazione di illegittimità costituzionale della norma legislativa interna per contrasto con la
norma comunitaria rappresenta un meccanismo indiretto che si affianca, ma non si sostituisce, al rimedio
della disapplicazione della norma interna incompatibile, essendo quest’ultimo il principale strumento
idoneo a garantire la primazia e l’effettività del diritto comunitario. A ben vedere la declaratoria di
illegittimità, secondo lo schema dell’art. 117 I co. Cost., si staglia come l’unico rimedio esperibile nelle
ipotesi in cui la disapplicazione della norma interna non sia praticabile, stante la carenza nella norma
comunitaria dei requisiti della diretta applicabilità e dell’efficacia diretta; requisiti che caratterizzano la
maggior parte ma non tutte le norme comunitarie. Un classico esempio è dato dalle direttive non selfexecuting. Supponiamo che lo Stato italiano non trasponga la direttiva nel termine previsto. La direttiva, a
differenza del regolamento, non è direttamente applicabile all’interno degli Stati membri, necessitando di
una attività di attuazione-completamento. Ciononostante, in presenza di disposizioni chiare, precise e
incondizionate, può avere una efficacia diretta in capo ai singoli che potranno far valere i diritti in essa
contemplati dinanzi alle competenti autorità nazionali. Nell’ipotesi in cui nel corso di un giudizio dinanzi
ad un giudice italiano emerga il fumus di un conflitto tra una legge nazionale e una direttiva non selfexecuting (priva di efficacia diretta), potrà sollevarsi questione di legittimità costituzionale avverso la
norma nazionale per violazione della direttiva e dunque per contrasto con il parametro dell’art. 117 I co.
Cost..
111
SANTORO E., Diritto e diritti: Lo Stato di diritto nell’era della globalizzazione, op. cit.: "Lo
spostamento del baricentro del governo delle società liberal-democratiche dall’asse potere esecutivopotere legislativo verso un diritto delle fonti plurali, in larga parte non sistematizzabili in modo organico,
e una giustizia anch’essa plurale e non gerarchicamente ordinata corrisponde alla fine del sogno
illuminista di una società razionalmente ordinabile e riconducibile ad unità (…). Il tramonto del sogno
illuminista lascia il campo al riconoscimento dell’insopprimibile e radicalmente non ordinabile
pluralismo che caratterizza le società contemporanee". PERLINGIERI P., Prefazione, in L’ordinamento
vigente e i suoi valori, Edizioni scientifiche, 2006: "In una epoca caratterizzata dalle forti innovazioni
socio-economiche e dal pluralismo delle fonti del diritto-che inducono sempre più a considerare principi
e regole un insieme complesso, un sistema aperto che di volta in volta si concretizza nell’ordinamento del
caso concreto, la problematicità dell’individuazione dell’ordinamento vigente assume un ruolo centrale".
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Capitolo Primo
interno”112. Ed è proprio l'adesione alla tesi dell'integrazione che giuridicamente spiega
e conferma la penetrazione dei principi comunitari nelle realtà statuali e l'influenza
conformativa sui rispettivi ordinamenti. In una prospettiva monistica le situazioni
giuridiche soggettive ricevono un'attenzione crescente a livello europeo, siano esse di
provenienza nazionale o comunitaria.
L'integrazione europea, che ha il suo formante soprattutto nei principi di
elaborazione pretoria, amplia pertanto le libertà dei singoli, anche in settori di esclusiva
pertinenza statale, non limitandosi alle libertà di natura strettamente economica113.
1.5. L'incidenza delle regole e dei principi comunitari sul sistema italiano delle
fonti. I nuovi strumenti a disposizione del giudice e della pubblica amministrazione
Con il consolidarsi dell’integrazione europea, la spinta delle regole, ma soprattutto
dei principi comunitari, produce un terremoto senza precedenti nel sistema delle fonti
italiane114, tradizionalmente basato sul principio di rigidità della Costituzione115, sul
criterio gerarchico e sul principio del gradualismo.
112
Corte cost., 22 ottobre 2007, n. 348 e 349. Corte cost., 15 aprile 2008, n. 102. Corte cost., 28
gennaio 2010, n. 28, in www.giurcost.it, con commento di LISENA F., La Corte costituzionale diventa
"monista" (nota a margine della sent. n. 28 del 2010 della Corte costituzionale), in www.giustamm.it,
2010. Per una ricostruzione del percorso compiuto della Corte costituzionale in relazione ai rapporti tra
ordinamento comunitario e ordinamento italiano CALIFANO L., Separazione e integrazione fra
ordinamento interno e ordinamento comunitario nella recente giurisprudenza costituzionale, in Studi
parl. e pol. cost., 1996. ONIDA V., Armonia tra diversi e problemi aperti. La giurisprudenza
costituzionale sui rapporti tra ordinamento interno e ordinamento comunitario, in Quad. cost. 2002, 549.
RUGGERI A., Continuo e discontinuo nella giurisprudenza costituzionale, a partire dalla sent. n. 170 del
1984, in tema di rapporti tra ordinamento comunitario e ordinamento interno: Dalla teoria della
separazione alla prassi dell’integrazione intersistemica?, in Giur. cost., 1991, 1589.
113
Paradigmatico è il caso Rutili (Cgce, 28 ottobre 1975, in causa C-36/75, Rutili, in Racc. 1975).
114
Per un'analisi dell’incidenza dell'ordinamento comunitario sul sistema italiano delle fonti, senza
pretese di completezza,. PERLINGIERI P., Diritto comunitario e legalità costituzionale: Per un sistema
italo-comunitario delle fonti, Edizioni scientifiche, Napoli, 1992. MODUGNO F., Appunti dalle lezioni
sulle fonti del diritto, Torino, 2005. PEDRAZZA GORLERO M., Le fonti dell’ordinamento repubblicano,
Giuffrè, Milano, 2010. RUGGERI A., Fonti, norme, criteri ordinatori, V ed., Giappichelli, Torino, 2009.
GROSSI P., Crisi delle fonti e nuovi orizzonti del diritto, Satura, Napoli, 2009. CARLASSARE L., voce
Fonti del diritto (dir. cost.), in Enc. dir., Annali, II, 2, Milano, 2008. CARROZZA P., Sistema delle fonti e
forma di governo europea, in Bianchi P.-Catelani E.-Rossi E. (a cura di), Le “nuove” fonti comunitarie,
(Quaderni della scuola superiore S. Anna), Cedam, Padova, 2005. CELOTTO A., L’efficacia delle fonti
comunitarie nell’ordinamento italiano, Torino, 2003.
115 CHIARELLI G., Elasticità della Costituzione, in Studi di diritto costituzionale in memoria di Luigi
Rossi, op. cit.. Con l’avvento dell’ordinamento comunitario, secondo Chiarelli, il principio di rigidità
della Costituzione risulta eroso dalla circostanza che la Carta costituzionale, pur rimanendo formalmente
una fonte rigida, diviene flessibile e cedevole nei contenuti, in quanto plasmabile e derogabile, grazie al
meccanismo di cui all'art. 11 Cost., dalle superiori norme sovranazionali.
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Capitolo Primo
I principi comunitari della primauté e della diretta applicabilità scardinano un siffatto
assetto, imponendo la prevalenza delle norme comunitarie sulle norme di diritto interno
le quali, ove incompatibili, devono essere disapplicate sia dai giudici che dalle
amministrazioni nazionali116. Tale impostazione mette in crisi il valore del gradualismo,
impedendo l’applicazione di disposizioni normative e amministrative in contrasto con
norme comunitarie, anche se conformi alla fonte nazionale, legislativa o regolamentare,
immediatamente superiore.
Inoltre l’ordinamento comunitario demolisce il divieto, vigente nel sistema italiano,
di disapplicazione della fonte o dell’atto superiore illegittimo117. La giurisprudenza
italiana, per risolvere le antinomie normative, ha tradizionalmente applicato il criterio
della conformità alla fonte o all’atto superiore: in caso di insanabile contrasto, si
dovrebbe dare applicazione immediata alla fonte o all’atto superiori, pur se illegittimi,
in attesa delle procedure all’uopo previste per la loro rimozione118 (giudizio di
legittimità costituzionale per la legge, annullamento, ope iudicis o ex officio per l’atto
amministrativo).
Il diritto comunitario, invece, prevede la disapplicazione immediata da parte di tutti i
soggetti pubblici (ivi comprese le autorità amministrative) di ogni atto normativo (la
legge in primis) e amministrativo (il provvedimento) con esso in conflitto,
indipendentemente dal sistema interno di relazioni tra le fonti119.
116
ITALIA V., La disapplicazione delle leggi, op. cit..
117 PICOZZA E., Alcune riflessioni circa la rilevanza del diritto comunitario sui principi del
diritto amministrativo italiano, in Riv. it. dir. pubbl. com., 1992, 1209.
118
Sul punto Adun. Plen. Cons. Stato, n. 2 del 1973, in Cons. Stato, 1973.
119 In tema CERULLI IRELLI V., I rapporti tra ordinamento dell’Unione europea e ordinamento
interno, in Le nuove istituzioni europee, Commento al Trattato di Lisbona op. cit.: In special modo “la
legge nazionale perde la sua rigidità (affermata nell’ordinamento nazionale dal principio che solo il
giudice costituzionale può sindacare la legittimità della legge e rimuoverne l’efficacia) e la sua
necessaria applicabilità in concreto da parte di tutti gli operatori (ma segnatamente, degli organi
pubblici, i giudici e l’amministrazione). L’applicazione della legge nazionale diviene sempre incerta, chè
essa dipende dalla sua conformità o meno al diritto comunitario operante nelle medesime materie,
conformità da valutarsi caso per caso dall’interprete e, nel dubbio dalla Corte di giustizia”. Anche
SICILIANO F., La legalità amministrativa (comunitaria e interna) e certezza del diritto: riflessi sui
rapporti amministrativi e istituzionali, Giuffrè, Milano, 2010: "L’amministrazione viene legittimata a
superare la legge nazionale, formatasi su base democratica, in ragione della ritenuta contrarietà della
medesima ad un indirizzo della Corte di giustizia".
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Capitolo Primo
In particolare con riferimento alle situazioni regolate dal diritto comunitario, il
principio del primato azzera ogni regola nazionale, imponendo sia al giudice sia
all’amministrazione l’obbligo di dare prevalenza alle norme comunitarie, disapplicando
le norme statali in contrasto e applicando immediatamente la fonte in sintonia con
l’ordinamento comunitario anche se difforme rispetto ad una norma superiore
dell’ordinamento interno120.
Il discorso sin qui condotto vale per tutto il diritto comunitario e segnatamente per i
principi non scritti coniati dalla Corte di giustizia. Pertanto qualora un atto nazionale
(legislativo o amministrativo) restringa gli spazi di libertà del cittadino ad es. violando il
principio di proporzionalità o di affidamento, il giudice domestico dovrà provvedere
alla sua disapplicazione. In questo modo si dilata il concetto di legittimità fino a
ricomprendere tutto l'acquis communautaire.
La c.d. legalità comunitaria121 prevale sulla legalità nazionale fino ad imporre tanto
al giudice quanto alla P.A. anche la disapplicazione della norma di legge attributiva del
120 In questa fattispecie si configura un “ménage à trois” fra norma comunitaria, legge nazionale e atto
amministrativo. Se ad es. un bando di gara, conforme alla disciplina comunitaria, fosse difforme dalla
disciplina legislativa, l’atto amministrativo non potrebbe essere rimosso e parimenti si dovrebbe
disapplicare la legge in contrasto con l’ordinamento comunitario.
121
La soggezione del giudice soltanto alla legge deve oggi esser letta come soggezione del giudice
non più solamente alla normativa nazionale ma anche al diritto comunitario e in special modo alla
giurisprudenza della Corte di giustizia. Sul tema della legalità comunitaria, tra i molteplici contributi,
MERUSI F., Sentieri interrotti della legalità, il Mulino, Bologna, 2007. VALAGUZZA S., La
frammentazione della fattispecie nel diritto amministrativo a conformazione europea, op. cit.. ALÌ A., Il
principio di legalità nell’ordinamento comunitario, Torino, 2005. PECH L., The Rule of Law as a
Constitutional Principle of the European Union, Jean Monet working paper n. 4 del 2009, in
www.papers.ssrn.com. COGNETTI S., Profili sostanziali della legalità amministrativa, Giuffrè, Milano,
1993. CHIOLA G., Considerazioni sulla legalità comunitaria dell’atto amministrativo, Aracne, Roma,
2003. SICILIANO S., La legalità amministrativa (comunitaria e interna) e certezza del diritto: riflessi
sui rapporti amministrativi ed istituzionali, op. cit.. Ad avviso dell'autore si starebbe affermando in
ambito comunitario “una legalità formalmente giurisprudenziale e sostanzialmente normativa del tutto
aliena al nostro ordinamento, refrattario perfino al principio dello stare decisis”. SORRENTINO F.,
Lezioni sul principio di legalità, Torino, 2001: "Il principio di legalità, inteso nella sua accezione
sostanziale, è pacificamente incluso tra i principi fondamentali del diritto comunitario di cui la Corte
assicura l’osservanza e comporta la necessità che l’azione amministrativa sia delimitata da previe norme
e che essa si sviluppi, per quanto possibile, attraverso fasi procedimentali, idonee a consentire ai soggetti
che ne sono coinvolti determinate forme di partecipazione".
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Capitolo Primo
potere amministrativo122. Tutto ciò è coerente con una concezione più estesa della
legalità, che abbraccia ogni fonte comunitaria (scritta e non). Di conseguenza il sistema
amministrativo italiano risulta sottoposto ad una legalità di livello superiore quale è la
legalità (o meglio legittimità) comunitaria.
Allora ben si spiega come principi e regole del diritto amministrativo interno
(gradualismo e divieto di disapplicazione) vengano scalzati da principi comunitari
superiori (primauté, diretta applicabilità).
A ben vedere, però, il primo strumento cui il giudice deve ricorrere in vista di una
composizione dei rapporti (e dei conflitti) tra fonti nazionali e fonti comunitarie è il
rimedio dell’interpretazione conforme.
Si tratta di un'attività cui l’interprete è tenuto ad adempiere, ancor prima della
disapplicazione123, ove vi sia un margine di discrezionalità che consenta di scegliere tra
una varietà di interpretazioni della norma interna. E tra queste occorre optare per la
soluzione che assicuri la conformità della norma nazionale al sistema comunitario124.
Solo allorquando il contrasto risulti insanabile, e non componibile a livello
interpretativo125, si provvederà:
122 Ad analizzare la vicenda nella prospettiva dei Padri del diritto amministrativo italiano, il principio
di legalità amministrativa ne esce completamente mutilato. Nella visione tradizionale sarebbe stato
inimmaginabile per l’amministrazione disapplicare la norma attributiva del potere amministrativo,
essendo la legge fondamento e limite della funzione amministrativa. Oggi la pubblica amministrazione
non è soggetta più solo alla legge, bensì ad una pluralità di fonti concorrenti, nazionali e comunitarie. Si
assiste, di conseguenza, al superamento della tradizionale concezione meccanicistica del principio di
legalità secondo la quale l’amministrazione si limiterebbe ad eseguire la volontà della legge. Viceversa
l’amministrazione assume, attualmente, un ruolo sempre più attivo nei confronti della legge. Essa, infatti,
dispone del potere di valutare la conformità di una legge nazionale attributiva o regolativa del potere alle
norme e ai principi comunitari, esprimendo così un giudizio di valore. Ove rilevi un conflitto,
l’amministrazione è tenuta, inoltre, a disapplicare la norma interna, dando attuazione alla norma
comunitaria. Il principio di legalità espande, dunque, i suoi confini sino a ricomprendere le norme e i
principi comunitari che vanno considerati a tutti gli effetti parametri (diretti) di legittimità dell’azione
amministrativa.
123
Cgce, 18 settembre, 2003, in causa C-125/01, Pflücke, in Racc. 2003. Cgce, 8 novembre 2005, in
causa C-443/03, Götz Leffler, in Racc. 2005.
124
Nella famosa sentenza Granital viene imposto ai giudici statali di svolgere un'attività ermeneutica
delle disposizioni interne scegliendo “fra le possibili interpretazioni del testo normativo prodotto dagli
organi nazionali quella conforme alla prescrizione della Comunità”. Trattasi di un principio ribadito
anche successivamente dalla Corte di giustizia nella pronuncia Pfeiffer (5 ottobre 2004, in causa
C-397-403/01, in Racc. 2004), secondo la quale il diritto nazionale deve essere interpretato secondo le
finalità comunitarie, pochè siffatta interpretazione conforme del diritto nazionale “permette al giudice
nazionale di assicurare, nel contesto delle sue competenze, la piena efficacia delle norme comunitarie”.
125
Cgce, 4 luglio 2006, in causa C-212/04, Adeneler, in Racc. 2006.
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Capitolo Primo
1) a disapplicare la norma interna in conflitto con la norma comunitaria provvista di
efficacia diretta;
2) a sollevare questione di legittimità costituzionale avverso la legge nazionale ove la
norma comunitaria non goda del requisito dell'efficacia diretta.
La definitiva consacrazione della tesi monista rende oggi il sistema ordinamentale
europeo "complesso e, soprattutto, articolato. Composto da disposizioni a rilevanza
normativa, espressioni di sovranità diffusa-non più esclusiva dello Stato-, ma di organi
statali, sovranazionali e internazionali-e non necessariamente titolari del potere
legislativo". Ed in questa pluralità di fonti di grado diverso l'ordinamento, lato sensu
inteso, realizza la sua unitarietà in sede applicativa "cioè nel momento nel quale se ne
riscontra l’esistenza-dove l’interprete, nel risolvere la quaestio, individua nell’ambito
del pluralismo delle fonti uno, e uno solo, ordinamento del caso concreto"126.
In un rinnovato contesto di integrazione, pluralismo delle fonti e nuovi poteri del
giudice e della P.A., si assiste ad una rivalutazione dello status complessivo del
cittadino nei rapporti con l'amministrazione. Attraverso l'incessante spinta dei principi
comunitari il privato, coinvolto dalle dinamiche del potere, riceve sempre più
dall'ordinamento italiano una protezione ex se, in quanto portatore di interessi e pretese
qualificati127 e non più quale strumento di realizzazione dell'interesse pubblico; un
public interest che, diversamente dal passato, si realizza non già in contrapposizione,
bensì con e attraverso gli interessi privati128.
.
126
PERLINGIERI P., Prefazione, in L’ordinamento vigente e i suoi valori, op. cit..
127 OCCHIENA M., Situazioni giuridiche soggettive e procedimento amministrativo, Giuffrè, Milano,
2002: "La legge n. 241 del 1990 si pone all'ultimo stadio di questa parabola evolutiva di progressiva
"soggettivizzazione" del procedimento, o meglio di riconoscimento al cittadino di un ruolo
giuridicamente rilevante durante la fase procedurale: ormai è pacifico che in virtù di questa legge il
cittadino goda di protezione giuridica già durante l'esercizio dell'azione amministrativa (e non solo al
termine di questa) e quindi durante il procedimento amministrativo".
128 Un antesignano ante litteram di siffatta visione dei rapporti tra interesse pubblico e interessi privati
è stato NIGRO M., Giustizia amministrativa, Bologna, 1983, 122-123: Ad avviso dell'autore l'interesse
pubblico "non è un interesse che incorpora o nega gli interessi privati, ma che convive con essi, di volta
in volta sacrificandoli o soddisfacendoli". Ed è proprio "con il procedimento amministrativo che
l'interesse pubblico viene determinato puntualmente e in concreta relazione con tutti gli altri interessi",
sicchè "il privato entra nel procedimento non già per sentirsi dettare le condizioni della sua soggezione e
nemmeno soltanto per porre limiti al potere, ma per contribuire alla stessa determinazione dell'interesse
pubblico".
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Capitolo Secondo
CAPITOLO SECONDO
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Principi generali dell’ordinamento comunitario: aspetti teorici e
profili applicativi
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Sommario: Premessa. 2.1. L'interpretazione del diritto e la funzione del giudice. Cenni alle
tecniche ermeneutiche proprie del giudice nazionale e del giudice comunitario in tema di
principi. 2.2. I principi nella teoria generale del diritto: la distinzione tra principi e regole. 2.2.1.
I conflitti tra principi. 2.3. I principi comunitari quale trait d'union tra ordinamenti e tra
giurisdizioni. 2.4. Classificazione e funzioni dei principi comunitari. 2.5. L'attività della Corte di
giustizia nella elaborazione ed applicazione del principi comunitari nel segno dell'allargamento
degli spazi di libertà del cittadino. 2.6. L'importanza delle sentenze della Corte di giustizia nel
quadro di una progressiva valorizzazione del diritto giurisprudenziale. 2.7. Il conflitto tra
principi comunitari e norme nazionali. 2.8. L'illegittimità "comunitaria" dell'atto
amministrativo: tipologie, caratteri e poteri del giudice. 2.8.1. La nullità dell'atto amministrativo
per violazione della normativa e dei principi comunitari.
Premessa
Nell’età della globalizzazione l’operatore giuridico assiste “alla crescita esorbitante,
alla frantumazione, alla contraddittorietà delle regole”1. In un contesto sempre più
globale e complesso si fa urgente il bisogno di individuare nuovi strumenti (i principi
generali) capaci di raccordare e armonizzare una pluralità di fonti eterogenee (locali,
nazionali, ultrastatuali) che insistono sui medesimi territori e regolamentano i medesimi
fenomeni2.
I principi di elaborazione pretoria rappresentano la fonte ideale per l'immediatà
precettività3 e l'estrema duttilità che li caratterizza. In questa prospettiva “l’attuazione
giudiziale del diritto diviene momento portante della costruzione giuridica e alla
1 D’ALBERTI M., Diritto amministrativo e principi generali, in Le nuove mete del diritto
amministrativo, a cura di M. D’Alberti, il Mulino, 2010.
2 D’ALBERTI M., Diritto amministrativo e principi generali, in Le nuove mete del diritto
amministrativo, op. cit.: "Di qui la rilevanza centrale dei principi per ricondurre a maggiore uniformità
ed omogeneità disposizioni frammentate e talora discordanti le une rispetto alle altre, per garantire
maggiore certezza giuridica e per assicurare tutele più solide ai destinatari delle normative".
3
È stata ormai definitivamente accolta la tesi crisafulliana che considera i principi “regole di condotta
imperative, bilaterali e coercibili” alla stregua delle norme di diritto positivo.
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Capitolo Secondo
giurisprudenza necessariamente si riconosce uno spazio ben maggiore di quello che il
modello tradizionale positivista le attribuiva”4. Ecco perché la figura del giudice (sia
nazionale che comunitario) diviene essenziale per la crescita di un sistema giuridico,
quale quello europeo, in continua e rapida espansione5.
La tematica dei principi generali ha da sempre affascinato, nell'ambito degli
ordinamenti statuali, schiere di giuristi sia nella enucleazione dei profili di teoria
generale che nella disamina delle conseguenti ricadute applicative.
Ai fini del presente lavoro un'analisi dei principi in chiave dogmatica, condotta
secondo studi di teoria generale, non costituisce un fuor d'opera ma si giustifica in
ragione della derivazione dei principi comunitari dalle tradizioni giuridiche degli Stati
membri. La stessa composizione della Corte di giustizia (formata da giuristi di chiara
fama provenienti dai vari Paesi europei) è la cartina di tornasole del retaggio culturalegiuridico, di matrice nazionale, che certamente influenza il giudice di Lussemburgo
nell'elaborazione dei principi comunitari.
4 SALA G., Potere amministrativo e principi dell’ordinamento, Giuffrè, Milano, 1993: Infatti “caduta
da tempo la pregiudiziale del giuspositivismo legalista, che collegava necessariamente la positività del
principio ad una sua incorporazione in un testo scritto, è ormai acquisito che sono norme al pari di
quelle desunte da disposizioni allo scopo codificate anche i principi sans texte formel, affermati dalle
decisioni giurisprudenziali, interpretative e anche integrative in una sorta di judicial legislation
dell’ordinamento”. Per una ricostruzione del fenomeno vedasi anche GIULIANI A., Disposizioni sulla
legge in generale, in Trattato di diritto privato, diretto da P. Rescigno, Torino, 1982. ESSER J.,
Precomprensione e scelta del metodo nel processo di individuazione del diritto, Camerino, 1983.
CASTRONOVO C., L’appassimento dello Stato moderno e un libro sulla obsolescenza delle leggi, in
Jus, 1983, 238.
5
ROMBOLI R., Il ruolo del giudice nella società che cambia. Modelli di giudice e complessità
sociale: bocca della legge, interprete, mediatore dei conflitti o difensore dei diritti?, Atti del convegno
“L’interpretazione giudiziale fra certezza del diritto ed effettività delle tutele”, Agrigento 17-18 settembre
2010, in www.google.it. Per una analisi delle contaminazioni giurisprudenziali tra i vari Paesi in un’ottica
comparata MARKESINIS B.-FEDTKE J., Giudici e diritto straniero. La pratica del diritto comparato, il
Mulino, 2009. Con riferimento al ruolo dell'organo giurisdizionale nell'odierno contesto europeo AA.VV.,
Il ruolo del giudice. Le magistrature supreme, a cura di Sandulli M.A., in Foro amm. Tar, suppl. al n.
7-8/2007.
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Capitolo Secondo
In virtù di tali considerazioni, un'analisi dei tratti distintivi dei principi e delle
relative tecniche interpretative nell'ambito degli ordinamenti statali non può che giovare
all'esatta comprensione del ruolo, dei caratteri e della funzione dei principi comunitari6.
Una volta chiarite le origini dei principi comunitari, sarà possibile comprenderne al
meglio l'operatività, vale a dire l'influenza dagli stessi esercitata sui sistemi giuridici
degli Stati membri; una influenza penetrante e capillare che si è sviluppata tanto in via
diretta quanto in modo riflesso, attraverso la conformazione di principi, regole e istituti
del diritto nazionale italiano.
Oggi i principi comunitari assurgono a veri e propri canoni distintivi e caratterizzanti
dell'azione normativa e amministrativa dei pubblici poteri statali. A riguardo nel
prosieguo si approfondiranno le ipotesi patologiche di conflitto con le norme e gli atti
amministrativi italiani.
Per quanto concerne il diritto amministrativo, i principi comunitari hanno valorizzato
taluni principi dell'ordinamento domestico (in primis i principi costituzionali) destinati
alla protezione delle libertà del cittadino, i quali, al di là di mere petizioni di principio,
non hanno ricevuto, nel corso dei decenni, la giusta implementazione nel sistema
giuridico italiano. Pertanto la tutela del civis è stata per molto tempo ineffettiva, come
tale, dunque, inidonea ad emancipare l'individuo da uno status di subalternità nei
confronti dei pubblici poteri.
Il diritto comunitario ha avuto, invece, l'indiscutibile merito di estendere gli spazi di
libertà del cittadino, conferendo piena effettività alla tutela delle situazioni giuridiche
individuali. In questo modo l'azione pubblica si è potuta evolvere lentamente ma
progressivamente dal polo dell'autorità verso il polo della libertà7.
6
Lo studio dei principi comunitari si lega a doppio filo alla disamina dei sistemi giuridici nazionali,
poichè i principi si nutrono di elementi estratti dalle tradizioni giuridiche statuali che vengono poi
rielaborati in sede comunitaria. Per tali ragioni una trattazione dei principi comunitari postula
imprescindibilmente l'esame delle questioni dogmatiche emerse negli ordinamenti interni e, in special
modo, nell'ordinamento italiano (funzione interpretativa del giudice, distinzione tra principi e regole,
conflitti tra principi ecc..). Cosi facendo sarà possibile comprendere sia l'iter formativo che le ricadute
applicative dei principi comunitari nelle realtà ordinamentali nazionali.
7
In un contesto così rinnovato anche il ruolo del giudice e segnatamente del giudice amministrativo è
destinato a mutare. Sulla spinta dei principi comunitari il giudice amministrativo tende sempre più a
dismettere i panni del garante ad ogni costo dell'interesse e del potere pubblico per cucirsi il diverso abito
di tutore delle situazioni soggettive individuali.
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Capitolo Secondo
2.1. L’interpretazione del diritto e la funzione del giudice. Cenni alle tecniche
ermeneutiche proprie del giudice nazionale e del giudice comunitario in tema di
principi
I principi comunitari costituiscono una species del più ampio genus dei principi
generali del diritto (o dell'ordinamento), ispirandosi per larga parte il sistema UE alle
tradizioni giuridiche degli Stati membri.
L’indagine sui principi, in una prospettiva di teoria generale si riallaccia, a sua volta,
al ruolo ed alla funzione del giudice, investito di compiti di analisi ed interpretazione
dell'assetto normativo. Nella consapevolezza della diversità delle tecniche ermeneutiche
nei vari Paesi membri8, si intende focalizzare l’attenzione sul sistema italiano per poi
tracciare ponti comparativi con l’esperienza comunitaria e con l’attività della Corte di
giustizia.
8 ALPA G., I principi generali, II ed., in Trattato di diritto privato a cura di G. Iudica e P. Zatti,
Giuffrè, 2006, secondo il quale “in un sistema non codificato-come ad es. quello inglese-i principi hanno
rilevanza maggiore di quella dispiegata in un sistema codificato: ciò perché non sono confinati al rango
di fonte sussidiaria o di tecnica meramente interpretativa, come di solito accade nei sistemi codificati”.
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Capitolo Secondo
L’interpretazione9 può definirsi come un “vero e proprio fenomeno di creazione
concreta dell’ordine giuridico”10. Quest’opera di ingegneria ha come artefice principale
9
La bibliografia in tema di interpretazione giuridica è sterminata. Si segnalano, senza pretese di
esaustività, VILLA V., Una teoria pragmaticamente orientata dell'interpretazione giuridica, Giappichelli,
Torino, 2012. PETRILLO F., Interpretazione degli atti giuridici e correzione ermeneutica, Giappichelli,
2011. RUSSO E., L'interpretazione dei testi normativi comunitari, Giuffrè, Milano, 2008. ZIINO D.,
Profili dell'interpretazione giuridica, Università degli studi di Messina, 2011. PINO G., Diritti e
interpretazione: il ragionamento giuridico nello Stato costituzionale, il Mulino, Bologna, 2010.
OMAGGIO V.–CARLIZZI G., Ermeneutica e interpretazione giuridica, Giappichelli, Torino, 2010.
SACCO R., Il concetto di interpretazione del diritto, Torino, 1947. ASCARELLI T., Studi di diritto
comparato e in tema di interpretazione, Milano, 1952. BETTI E., Teoria generale della interpretazione
(1955), Edizione corretta ed ampliata, a cura di G. Crifò, Giuffrè, Milano, 1990. BENVENUTI L.,
Interpretazione e dogmatica nel diritto amministrativo, Giuffrè, Milano, 2002. PALAZZO A. (a cura di),
L'interpretazione della legge alle soglie del XXI sec., Edizioni scientifiche, Napoli, 2001. TARELLO G.,
L’interpretazione della legge, in Cicu A.-Messineo F. (cura di), Trattato di diritto civile e commerciale,
Milano, 1980. BESSONE M. (a cura di), Interpretazione e diritto giudiziale. I. Regole, metodi, modelli,
Giappichelli, Torino, 1999. BULYGIN E., Sentenza giudiziaria e creazione di diritto, ora in Bulygin E.,
Norme, validità, sistemi normativi, Giappichelli, Torino, 1995. CARNELUTTI F., Teoria generale del
diritto, III ed., Roma, 1959. CARRIÒ G.R., Principi di diritto e positivismo giuridico (1970), ora in R.
Guastini, Problemi di teoria del diritto, il Mulino, Bologna, 1980. CAVINO M., Interpretazione
discorsiva del diritto. Saggio di diritto costituzionale, Giuffrè, Milano, 2004. CHIASSONI P., Tecnica
dell’interpretazione giuridica, il Mulino, Bologna, 2007. GIANNINI M.S., L’interpretazione dell’atto
amministrativo e la teoria giuridica generale dell’interpretazione, Giuffrè, Milano, 1939. GUASTINI R.,
Teoria e dogmatica delle fonti, I, 1, in Trattato di diritto civile e commerciale, diretto da Cicu A.Messineo F., Giuffrè, Milano, 1998. VIOLA F.–ZACCARIA G., Diritto e interpretazione, Laterza, RomaBari, 2011. OST F., Ancora sull’interpretazione, in Ars interpretandi, Annuario di ermeneutica giuridica,
2002. DAVIDSON D., Pericoli e piaceri dell’interpretazione, in Ars interpretandi, Annuario di
ermeneutica giuridica, 2007. WRÒBLEWSKY J., Il problema della traduzione giuridica, in Ars
interpretandi, Annuario di ermeneutica giuridica, 2007. MATHIEU V., Interpretazione, in Ars
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Inferentialism. Toward a Pragmatics of Semantic Content in Legal Interpretation?, in Ratio Juris, 20, (1),
2007. SKINNER Q., Storia, retorica, interpretazione. Un percorso di studi, in Intersezioni, 2,
2007. FRACANZANI M.M., Analogia e interpretazione estensiva nell’ordinamento giuridico, Giuffrè,
2003.
10 KELSEN H., Teoria generale del diritto e dello Stato, (trad. it. Treves), Milano, 1952. L’autore
considera ogni atto di applicazione del diritto una creazione dell’ordinamento giuridico: "La creazione di
una norma giuridica è, normalmente, un’applicazione di una norma superiore”. Inoltre “ogni atto
creativo del diritto deve essere un atto applicativo del diritto”. In tema anche BIGIAVI W., Appunti sul
diritto giudiziario, Padova, 1988, secondo il quale solo una finzione può condurre all’affermazione che
l’attività del giudice sia meramente dichiarativa e non già creativa dell’ordine giuridico. Ciò è evidente
soprattutto in diritto amministrativo dove è unanime il riconoscimento della funzione pretoria del
Consiglio di Stato nella costruzione dei principi che presiedono all'esercizio della funzione
amministrativa.
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Capitolo Secondo
il giudice11, chiamato a ricostruire la norma applicabile dalla dimensione concreta del
fatto12. Il magistrato è, dunque, “l’anello di congiunzione tra l’astrattezza della
fattispecie e la muta espressività del fatto”13 ed ogni sua decisione è atto di
concretizzazione dell’ordinamento (Bulow).
L’ermeneutica del diritto affonda le proprie radici nella distinzione di teoria generale
tra disposizione e norma14. La prima si configura come “determinazione volontaria”
ascrivibile ad un soggetto, mentre la seconda si pone come “conseguenza” della prima,
esito della sua interpretazione. La disposizione, dunque, è il testo da interpretare, mentre
la norma è il prodotto dell’interpretazione. “In entrambi i casi può cogliersi il carattere
di novità della norma che non è qualcosa che il testo già possiede, ma qualcosa che
nasce dall’elaborazione dell’interprete”15. Così la norma si emancipa dalla disposizione
andando a formare un nuovo tassello dell’ordinamento giuridico.
11
GUASTINI R., Il giudice e la legge, Giappichelli, Torino, 1995. SAAVEDRA M., Il giudice tra
dogmatica giuridica e critica del diritto, in Ars interpretandi, Annuario di ermeneutica giuridica, 2002.
ALBERT H., Scienza giuridica ed ermeneutica. Il diritto come fatto sociale e il compito della
giurisprudenza, in Ars interpretandi, Annuario di ermeneutica giuridica, 2007. HASSEMER W.,
Metodologia giuridica e pragmatica giudiziaria, in Ars interpretandi, in Annuario di ermeneutica
giuridica, 2006. CAMPANALE A.M., Razionalità scientifica e razionalità giuridica, Giappichelli,
Torino, 2005. LIFANTE VIDAL I., Interpretation and judicial discretion, in Jordi Ferrer Beltrán
(ed.), Law, politics and morality, Bd. II, Duncker & Humblot, Berlin 2006. MARINELLI V.,
Ermeneutica giudiziaria, Giuffrè, Milano, 1996. LOMBARDI VALLAURI L., Saggio sul diritto
giurisprudenziale, Giuffrè, Milano, 1975. LUPOI M., L’interesse per la giurisprudenza: è tutto oro?, in
Contratto e impresa, 1999, 243. HIRSCH G., Verso uno Stato dei giudici? A proposito del rapporto tra
giudice e legislatore nell’attuale momento storico. Metodologia giuridica e pragmatica giudiziaria, in
Criminalia 2007. RUTHERS B., Vincolo della legge o libera scelta del metodo? Metodologia giuridica e
pragmatica giudiziaria, in Criminalia 2007.
ENGISH K., Logische studien zur Gesetzesanwendung, Heidelberg, 1960, secondo il quale
l’interpretazione, in quanto processo di realizzazione e concretizzazione del diritto nel caso concreto, è un
“andirivieni dello sguardo”12 tra norma e fatto.
13
PAGOTTO C., La disapplicazione della legge, op. cit..
14
CRISAFULLI V.,voce Disposizione (e norma), in Enc. dir., XIII, Milano, 1964. Id., Lezioni di
diritto costituzionale. II. L’ordinamento costituzionale italiano. Le fonti normative, Padova, 1993.
Crisafulli individua nella disposizione qualunque fonte-atto dell’ordinamento giuridico capace di
esprimere una “volontà di disporre”. La disposizione, pertanto, contiene una “determinazione volontaria”
riferibile ad un soggetto determinato. La disposizione, inoltre, deve sempre essere “inclusa nella parte
imperativa o precettiva dell’atto”, oltre a promanare da soggetti competenti alla sua deliberazione. La
norma è, invece, il frutto, la “conseguenza” della interpretazione della disposizione. La norma viene
“rivelata” dalla disposizione, la quale rappresenta una “dichiarazione vincolante e insostituibile” della
stessa.
15
LORELLO L., La tutela del legittimo affidamento tra diritto interno e diritto comunitario,
Giappichelli, Torino, 1998.
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Capitolo Secondo
L’interpretazione ha pertanto funzione concreativa dell’ordine giuridico ed il giudice
ne è protagonista indiscusso16. Di conseguenza "il diritto non è ma si fa
concretamente" (Betti E.) attraverso l'opera giurisprudenziale.
Può, dunque, dirsi superata l’idea che la funzione giudiziaria sia prevalentemente
conservativa dell’ordine giuridico17. Il giudice non è più considerato (quant'anche lo sia
mai stato) “bouche de la loi” con funzioni meramente esecutive18, bensì è visto come un
innovatore dell’ordine giuridico19. Egli, infatti, principiando dal dettato normativo,
giunge “ad una decisione alla quale concorrono anche le sue autonome valutazioni e le
sue scelte”20. Infatti, nell’esercizio della discrezionalità il giudice compie talvolta scelte
politiche (nell’accezione scientifica del termine) alla ricerca di una mediazione tra i
molteplici interessi in conflitto21.
16
MILLARD E., Teoria generale del diritto, Giappichelli, 2009.
17
Si tratta di una concezione cara alla dottrina montesquiviana della separazione dei poteri che ha
avuto grande seguito con l'entrata in vigore del Code Napoleon (1804). In tema si legga TARELLO G.,
Organizzazione giuridica e società moderna, in Amato G.-Barbera A. (a cura di), Manuale di diritto
pubblico, il Mulino, Bologna, 2008.
18 ROMBOLI R., Il ruolo del giudice nella società che cambia. Modelli di giudice e complessità
sociale, op. cit.. Il rapporto tra legislatore e giudici non è configurabile in termini di gerarchia “ponendosi
i due soggetti in una posizione di assoluta parità, ognuno certamente secondo il proprio ruolo, nello
svolgimento e nella determinazione dell’ordinamento giuridico”. CAVINO M., Esperienze di diritto
vivente. La giurisprudenza negli ordinamenti di diritto legislativo, vol. I, Giuffrè, Milano, 2009: "Le
teorie formaliste dell’interpretazione, fondate sulla cosiddetta ideologia del codice, prevalenti fino alla
prima metà del secolo scorso (...), decisamente influenzate da una concezione forte della separazione dei
poteri (...) riducono l’attività interpretativa ad una facile ricognizione della intenzione del legislatore
intesa come sua volontà politica soggettiva". Tradizionalmente la volontà del legislatore veniva
considerata immanente al testo di legge e l’interprete (giudice o semplice operatore del diritto), dopo
averla ricostruita fedelmente, vi doveva prestare ossequio assicurando alla norma pronta attuazione. Un
sistema nel quale, dunque, residuava poco spazio per apporti creativi dell’organo giudicante. A ciò
aggiungasi che l’osservanza della voluntas legis era favorita dalla omogeneità culturale, sociale e politica
tra potere legislativo e potere giurisdizionale.
19 Il diritto giudiziario come complesso di regole e principi prodotti dai tribunali e nei tribunali si
colloca nella più ampia teoria “del doppio volto del diritto” (Merkl A.) secondo la quale l’applicazione del
diritto è sempre, al contempo, anche atto di creazione del diritto. La tesi della natura creativa della
funzione giurisdizionale è sostenuta, tra gli altri, da CAPPELLETTI M., Giudici legislatori?, Milano,
1984. GUASTINI R., Il giudice e la legge, op. cit.. ZAGREBELSKY G., Il diritto mite, op. cit..
TARUFFO M., Precedente e giurisprudenza, Editoriale scientifica, Napoli, 2007. PICARDI N., La
giurisdizione all’alba del terzo millennio, Milano, 2007. ZACCARIA G., La giurisprudenza come fonte
di diritto-Un’evoluzione storica e teorica, Editoriale Scientifica, Napoli, 2007.
LORELLO L., La tutela del legittimo affidamento op. cit.. CANALE D., La precomprensione
dell’interprete è arbitraria?, in Ars Interpretandi, Annuario di ermeneutica giuridica, 11, 2006.
20
21
Sulle problematiche connesse all'interpretazione giudiziale TARUFFO M., Precedente e
giurisprudenza, op. cit.. ASCARELLI T., Giurisprudenza costituzionale e teoria dell’interpretazione, in
Riv. dir. proc., 1957.
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Capitolo Secondo
L’organo giurisdizionale è, in definitiva, chiamato a chiarire disposizioni oscure o ad
integrare lacune del sistema22. Come magistralmente affermato da Andrioli "quello che
non fa il legislatore lo fa il giudice se ne è capace". Ed in questo ruolo il giudice è
sempre più solo nell’età della globalizzazione segnata dal crepuscolo dell'autorità
statale23.
La funzione creativa (o concreativa) dell'organo giurisdizionale viene valorizzata, in
special modo, nell’ambito della ermeneutica costituzionale24. La Costituzione, momento
di sintesi di valori e principi di un sistema giuridico25, racchiude in sé concetti spesso
vaghi e indeterminati26, clausole generali27 che necessitano di una continua attività
interpretativa28. Particolarmente accurata è l’attività di scelta, composizione e
22
BARTOLE S., Il potere giudiziario, il Mulino, Bologna, 2008.
23 NITRATO IZZO V., La solitudine del giudice globale, in Ars Interpretandi, Annuario di
ermeneutica giuridica, XI, 2006.
24 PALADIN L., Le fonti del diritto italiano, il Mulino, Bologna, 2000, secondo cui con l’entrata in
vigore della Costituzione “svanisce l’idea del sistema normativo bello e fatto, ontologicamente dato e
quindi preesistente rispetto al momento interpretativo”e“subentra, in suo luogo, la realistica visione di
un sistema in movimento soggetto a continue evoluzioni: dipendenti non solo dal sopravvenire di nuove
discipline, atte a spostare il senso e la portata delle stesse discipline relative ad altre materie o branche
dell’ordinamento, ma dall’intrinseco mutare degli indirizzi interpretativi e applicativi, pur fermi restando
gli iniziali disposti della Costituzione e della leggi”. Vedasi anche TREVES R., Giustizia e giudici nella
società italiana, Bari, 1972. REBUFFA G., La funzione giudiziaria, III ed., Giappichelli, Torino, 1993.
CAPPELLETTI M., Giudici legislatori?, op. cit..
25
CARTABIA M., Principi inviolabili e integrazione europea, Giuffrè, Milano, 1995.
26 LORELLO L., La tutela del legittimo affidamento, op. cit.. Per l’autore “la presenza di concetti
indeterminati all’interno del testo costituzionale consente un’ampia discrezionalità nel potere giudiziario,
che può anche produrre uno spostamento di potere”.
27 ELIA L., Il potere creativo delle Corti costituzionali, in AA.VV., La sentenza in Europa. modello,
tecnica, stile, Padova, 1988. ZAGREBELSKY G., Il diritto mite, op. cit.. DOGLIANI M., Interpretazioni
della Costituzione, Milano, 1982, il quale vede nella Costituzione “uno schema da riempire e da definire”
e “un insieme di limiti da non travalicare”.
28
LIPARI N., Valori costituzionali e procedimento interpretativo, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2003.
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Capitolo Secondo
ponderazione di principi e valori, funzionale ad una progressiva costruzione dei
significati del testo costituzionale29.
La funzione creativa del giudice si esprime, pertanto, al massimo grado nell’attività
di elaborazione dei principi fondamentali30 e generali, la quale al di là dell’esegesi
costituzionale, è estensibile ad ogni testo e a qualsivoglia plesso giurisdizionale.
L’uso di una tecnica normativo-interpretativa per principi è tipica del
costituzionalismo novecentesco: l’affermazione di una higher law, che pone fine al mito
dell’onnipotenza del legislatore, si coniuga, soprattutto in ambito pubblicistico, con la
valorizzazione dei diritti e delle libertà del cittadino quali valori fondanti l’ordinamento
nel suo complesso31. Secondo autorevole dottrina “i principi appaiono come un fattore
ineliminabile nell’arte e nel processo della normazione e dell’interpretazione o, che è la
stessa cosa, sono strumenti indispensabili all’evoluzione del diritto”32.
I principi generali rivestono, così, un ruolo di primo piano assolvendo a plurime
funzioni:
29 Sulla funzione e sulle modalità dell’interpretazione costituzionale ASCARELLI T., Giurisprudenza
costituzionale e teoria dell’interpretazione, op. cit.: "Oggetto dell’interpretazione non è una norma, ma
un testo (o un comportamento); è in forza dell’interpretazione del testo (o del comportamento) e perciò
sempre in forza di un dato che a rigore può dirsi passato, storico, che si formula la norma (come presente
ed anzi proiettata nel futuro). Questa una volta espressa torna necessariamente ad essere applicata e
perciò appunto ogni applicazione di una norma richiede l’interpretazione di un testo (o di un
comportamento) e cioè in realtà la formulazione (ai fini dell’applicazione) della norma. Questo lavoro…è
il lavoro della stessa applicazione del diritto". In argomento anche PIERANDREI F., L’interpretazione
della Costituzione, in Studi di diritto costituzionale in memoria di L. Rossi, Milano, 1952, 512.
GUASTINI R., Teoria e ideologia dell’interpretazione costituzionale, in Giur. cost. n. 1 del 2006, 743.
MORTATI C., Costituzione, dottrine generali e Costituzione della Repubblica italiana, in Enc. dir., 1962,
178; PIZZORUSSO A., L’interpretazione della Costituzione e l’attuazione di essa attraverso la prassi, in
Riv. trim. dir. pubbl., 1989, 11. BALDASSARRE A., Costituzione e teoria dei valori, in Pol. dir., 1991,
639. RIMOLI F., Costituzione rigida, potere di revisione e interpretazione per valori, in Giur. cost., 1992,
3768. DWORKIN R., L’impero del diritto (1986) trad. it. Caracciolo L., Milano, 1989. BERTI G,
Interpretazione costituzionale, Cedam, Padova, 2001. BISOGNI G., I Costituenti e la giustizia
costituzionale ovvero della teoria dell’interpretazione giuridica fra linguaggio e potere, in A. Catania-G.
Preterossi (a cura di), Forme della violenza, violenza della forma, Edizioni scientifiche, Napoli, 2007.
AZZARITI G. (a cura di), Interpretazione costituzionale, Giappichelli, Torino, 2007.
30 GIANFORMAGGIO L., L’interpretazione della Costituzione tra applicazione di regole ed
argomentazione basata su principi, in Riv. it. fil. dir., 1985, 65. DOGLIANI M., Interpretazioni della
Costituzione, Milano, 1982. MODUGNO F., Scritti sulla interpretazione costituzionale, Editoriale
scientifica, Napoli, 2008. AMORTH A., La Costituzione italiana:Commento sistematico, Giuffrè, Milano,
1948.
31
ZAGREBELSKY G., Il diritto mite, op. cit..
32
ALPA G., I principi generali, II ed., in Trattato di diritto privato, a cura di G. Iudica e P. Zatti, op.
cit..
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Capitolo Secondo
a) mezzi di auto-integrazione dell’ordinamento;
b) parametri di legittimità delle disposizioni normative e amministrative;
c) strumenti per l'interpretazione di regole criptiche ed oscure.
I principi si presentano come prescrizioni immediatamente precettive33.
Normalmente si ricavano da norme positive "attraverso un procedimento di astrazione e
generalizzazione crescente"34. I principi rappresentano il “trasformatore permanente”
di ogni ordinamento35, quale valvola di aggiornamento e rinnovamento continuo. Per
tali ragioni non possono assumere la forma di enunciati precisi, assoluti e rigidi, bensì
devono ispirarsi ai caratteri della elasticità36 e relatività37. I principi, infatti, sono
“scatole vuote” che il giudice riempie di significato, dopo un’accurata opera di weighing
and balancing38. In tal modo i principi consentono al giudice splendidi salti in avanti
rispetto al legislatore soprattutto nell'assicurare tutela, sia pure case by case, alle
situazione giuridiche soggettive individuali.
Nel quadro così prospettato, che assegna al giudice una funzione creativa dell'ordine
giuridico (judge-made law), si colloca l’attività interpretativa della Corte di giustizia,
per molti aspetti assimilabile a quella di un giudice costituzionale.
33
Sul ruolo precettivo dei principi concorda anche la giurisprudenza amministrativa Adun. Plen.
Cons. Stato n. 3 del 1961, in Cons. Stato 1961, secondo la quale “non vi è settore alcuno di pubblica
amministrazione che sia sottratto all’impero del diritto” perché “il diritto amministrativo risulta appunto
non soltanto da norme giuridiche ma anche da principi che dottrina e giurisprudenza hanno elaborato e
ridotto a unità e dignità di sistema”. In tal modo il sistema può dirsi completo e senza lacune incolmabili.
34
CRISAFULLI V., Per la determinazione del concetto dei principi generali del diritto, in Riv. int.
fil. dir., 1941.
35
BARAK A., La discrezionalità del giudice (1989), Milano, 1995.
36 SALA G., Potere amministrativo e principi dell’ordinamento, op. cit.. Secondo Sala “in realtà
proprio la potenzialità espansiva che li connota attribuisce ai principi una elasticità tale per cui anche i
conflitti si debbono risolvere non per affermazione-negazione, validità-invalidità, ma per espansione o
compressione, in relazione al peso reciproco di principi in, sempre necessario dunque, bilanciamento”.
37
DOGLIANI M., Il “posto” del diritto costituzionale, in Giur. cost., 1993. BOBBIO N., voce
Principi generali del diritto, in Noviss. dig. it., Torino, 1966, XIII. CRISAFULLI V., Per la
determinazione del concetto dei principi generali del diritto, op. cit..
38 Infatti la ricerca giudiziale del giusto equilibrio tra principi in conflitto può svolgersi solo case by
case, poichè la ponderazione è opera concreta che richiede elementi concreti. La natura relazionale dei
principi rende inammissibili astratte gerarchie tra gli stessi, di talchè è rinviata, di volta in volta,
all’interprete l’opera di valutazione e composizione dei medesimi.
!
!57
Capitolo Secondo
Muovendo dagli aspetti comuni, si può notare che sia la Consulta italiana che il
giudice comunitario utilizzino come base un testo di rango primario (Costituzione e
Trattati) fondativo dei rispettivi sistemi; inoltre entrambi i plessi giurisdizionali sono
chiamati ad un’attenta ermeneutica improntata alla decodificazione di principi e regole
nelle fattispecie ad essi sottoposte39.
Quanto agli elementi differenziali, è evidente come il testo dei Trattati comunitari, a
differenza della Costituzione italiana, risulti frammentario e incompleto, sicchè il
giudice di Lussemburgo ha seguito un percorso ermeneutico per principi assai più
creativo rispetto alla Corte costituzionale, favorendo lo sviluppo del sistema europeo
mediante un’opera di vera e propria supplenza legislativa40. In un periodo di “benevola
noncuranza” delle istituzioni comunitarie41, la Corte di giustizia, nel ruolo di lawmaker, ha coniato nuovi principi, completando l’intelaiatura dei Trattati e sviluppando
l'integrazione europea nel segno delle libertà individuali.
Tali principi, inoltre, hanno delineato i tratti distintivi del giovane sistema
comunitario, rimarcandone l’originalità e l’autonomia rispetto all’ordinamento
internazionale e agli ordinamenti statuali. Questo percorso è stato reso possibile
inizialmente attraverso l’affermazione dei valori della primauté e della diretta efficacia
39
Per una disamina approfondita dei principi costituzionali si rinvia a AA.VV., Principi costituzionali,
a cura di L. Mezzetti, Giappichelli, Torino, 2011.
40
BALAGUER CALLEJÒN F., Le Corti costituzionali e il processo di integrazione europea, Atti del
convegno La circolazione dei modelli e delle tecniche del giudizio di costituzionalità in Europa, ottobre
2006, Roma, Jovene, Napoli, 2010. Il sistema comunitario, infatti, è articolato in una serie di “principi
che insistono su di un ordine frammentario e che, come tali, possono essere definiti norme senza
disposizione in senso crisafulliano. Siamo in presenza, pertanto, di una Costituzione senza parole, priva
cioè di quel referente testuale su cui riposa l’opera delle Corti costituzionali degli ordinamenti
nazionali”. Mentre la Consulta italiana si è trovata ad agire in un sistema giuridico-istituzionale ben
formato ed operativo, la Corte di giustizia ha iniziato ad operare in un ordinamento giovane e incompleto,
connotato da taluni elementi schizofrenici: si trattava, infatti, di un ordinamento work in progress dalle
poche attribuzioni ma dagli obiettivi ambiziosi. Grandi finalità ma scarsi poteri, in un quadro
caratterizzato dalle gelosie e resistenze degli Stati. La Corte di Lussemburgo è riuscita a trovare una
difficile quadratura del cerchio, coniugando il più possibile lo sviluppo delle finalità comunitarie con
l'osservanza delle prerogative nazionali.
41
STEIN E., Lawyers, judges, and making of transnational Constitution, in American journal of
international law, 1981, 1: "Tucked away in the fairyland Duchy of Luxembourg and blessed, until
recently, with benign neglect by powers that be and the mass media, the Court of Justice of the European
Communities has fashioned a constitutional framework for a federal-type structure in Europe".
Traduzione italiana: "Rintanata nel regno delle fate del ducato di Lussemburgo e benedetta, fino a poco
fa, da una benigna noncuranza da parte dei poteri costituiti e dai mass media, la Corte di giustizia delle
Comunità europee ha forgiato una cornice costituzionale di un’Europa di tipo federale".
!
!58
Capitolo Secondo
delle norme comunitarie, per poi proseguire con la valorizzazione delle libertà
economiche e dei principi amministrativi sino alla proclamazione dei diritti umani.
Dalla progressiva ed incessante costruzione ermeneutica del giudice comunitario è
scaturita una “costituzionalizzazione” dei Trattati42, trasformati di fatto in documenti di
rango primario. Anche le tecniche interpretative del giudice comunitario tendono oggi a
divergere da quelle proprie del diritto internazionale per avvicinarsi ai metodi
tipicamente nazionali dei giudici domestici. Come si approfondirà nei paragrafi
successivi, l’esegesi della Corte di Lussemburgo ha generato numerosi principi non
scritti, ricavandoli dai Trattati, degli atti di diritto derivato, dalle tradizioni costituzionali
degli Stati membri e dal diritto internazionale. Il giudice comunitario ha, così, agito in
una prospettiva teleologicamente orientata al perseguimento delle finalità comunitarie,
attingendo anche al materiale giuridico degli ordinamenti nazionali.
La Corte di giustizia, in particolare, ha saputo ritrovare le radici dei propri principi
nei sistemi giuridici statuali, che hanno, dunque fornito i mattoni per la costruzione di
un ordinamento nuovo, del quale essi risultano, a pieno titolo, partecipi e verso il quale
hanno l'obbligo di non assumere atteggiamenti di estraneità o contrapposizione. In
questo modo il giudice comunitario ha saputo coniare e definire progressivamente i
caratteri e l'ambito applicativo di una vasta serie di principi dal forte impatto
amministrativo, principi che, attraverso la conformazione degli ordinamenti statuali,
hanno impresso un'accelerazione al processo di conquista da parte dei cittadini europei
di nuovi spazi di libertà dinanzi ai pubblici poteri.
2.2. I principi nella teoria generale del diritto: la distinzione tra principi e regole
42 Anche
se formalmente si è al cospetto di normali accordi internazionali, con il Trattato di Lisbona la
tendenza è ormai nel segno di una loro costituzionalizzazione, mediante la codificazione di valori e
principi cogenti tipici di una Carta costituzionale. Peraltro già con il Trattato di Roma (2004), taluni
consideravano avviato il processo di costituzionalizzazione dell’Unione europea. A ben vedere le
premesse della trasformazione del Trattato da atto internazionale in Costituzione sono insite nella stessa
struttura del sistema comunitario che ha tra i suoi più diretti destinatari anche i cittadini degli Stati
membri.
!
!59
Capitolo Secondo
Prima di esaminare nel merito rango, natura e caratteristiche dei principi comunitari,
occorre in via preliminare decriptare il più generale concetto di principio, collocarlo nel
sistema e tracciarne le differenze con figure affini43.
Il dibattito sul ruolo e sui tratti distintivi dei principi generali è sempre stato vivo in
dottrina. D'altro canto secondo la lezione del Savigny non sarebbe un buon giurista colui
il quale non abbia la giusta padronanza dei principi.
I principi generali costringono l’operatore ad interrogarsi sulla loro natura giuridica,
se siano norme o meno, e in caso di risposta affermativa, da dove essi vengano ricavati,
in quali tipologie si articolino e con quali caratteristiche. Da ultimo sulla base di quali
criteri essi possano distinguersi da figure similari.
Con l’espressione principi generali si indicano “cose molto diverse”, sicchè l’istituto
non si appalesa “né semplice né unitario” (Bobbio N.).
43
BONGIOVANNI G., Principi come valori o come norme: interpretazione, bilanciamento e
giurisdizione costituzionale in Alexy e Habermas, in Ars interpretandi, Annuario di ermeneutica giuridica,
2005.
!
!60
Capitolo Secondo
Nella dogmatica tradizionale per principi generali del diritto o dell’ordinamento44 si
intendono gli orientamenti e le direttive di carattere generale e fondamentale o meglio le
travi maestre su cui è costruito un sistema giuridico45.
I principi vengono altresì definiti come “poli giuridici da cui l’ordinamento viene
attratto; però questa forza attrattiva cambia da luogo a luogo e da epoca a epoca; sotto
la medesima formula si celano significati diversi; ciò comporta che i principi non
possono considerarsi immutabili e debbono essere storicizzati”46.
44
BOBBIO N., voce Principi generali di diritto, in Noviss. dig. it., XIII, cit.. Il dibattito in Italia sui
principi generali del diritto muove i primi passi dallo scontro tra la concezione legalistica sostenuta da V.
Scialoja nel saggio del 1880 “Del diritto positivo e dell’equità” e la concezione giusnaturalistica di G. Del
Vecchio nella sua opera del 1921 “Sui principi generali del diritto”.
Per uno studio approfondito dei principi generali del diritto o dell’ordinamento si rinvia, a titolo
esemplificativo, ai seguenti contributi: AA.VV., Principi costituzionali, a cura di L. Mezzetti, op. cit..
LEVI G., L’interpretazione della legge: i principi generali dell’ordinamento giuridico, Giuffrè, Milano,
2006. GIANNINI M.S., Genesi e sostanza dei principi generali del diritto, ora in Scritti 1991-1996, IX,
Milano, 2006. AA.VV., Convegno sul tema "I principi generali del diritto", Roma, 27-29 maggio, 1991,
Accademia nazionale dei lincei, Roma, 1992. MODUGNO F., Principi generali dell’ordinamento, in Enc.
giur. XXIV, Treccani, Roma, 1990. BETTI E., Sui principi generali del nuovo ordine giuridico, in Riv.
dir. comm., 1940. CRISAFULLI V., Per la determinazione del concetto dei principi generali del diritto,
op. cit.. GUASTINI R., Sui principi di diritto, in Dir. soc., 1986. ITALIA V., Principi generali e principi
determinati dalla legge, Milano, 2000. PACCHIONI G., I principi generali del diritto, in Arch. giur.,
1924, 133. ATIENZA M., El derecho como argomentaciòn. Concepciones de la argumentaciòn, Ariel,
Barcellona, 2006. DALLARI G., Principi generali del diritto, Milano, 1935. VIARO M., I principi
generali del diritto, Cedam, Padova, 1969. FALZEA A., Relazione introduttiva, in Atti del Convegno "I
principi generali del diritto", Roma, 27-29 maggio 1991, op. cit.. SORRENTINO F., I principi generali
dell’ordinamento giuridico nell’interpretazione e applicazione del diritto, in Dir. soc., 1987, 181. TOZZI,
I principi generali del diritto e il positivismo giuridico, in RIFD, 1957,749. BOULANGER J., Principes
généraux du droit et droit positif, in Le droit privé au milieu du XXe siécle, Études offertes à Georges
Ripert, I, LGDJ, Paris, 1950. RESCIGNO P., Sui principi generali del diritto, in Riv. trim dir. proc. civ.,
1992, 379. MAILLOT J.M., La théorie administrativiste des principes généraux du droit. Continuité et
modernité, Paris, 2003. BRUGI B., I principi generali del diritto e il diritto naturale, in Arch. giur., 1923,
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Zatti, op. cit.. ORESTANO F., Nuovi principi, Bocca, Milano, 1939. ALEXY R., Teorìa de los derechos
fundamentales, in CEPC, Madrid, 2001. CARRIÒ G.R., Principi di diritto e positivismo giuridico (1970)
ora in R. Guastini, Problemi di teoria del diritto, il Mulino, Bologna, 1980. PINO G., Principi e
argomentazione giuridica, in Ars interpretandi, Annuario di ermeneutica giuridica, 2009, 131.
ZAGREBELSKY G., Diritto per: valori, principi o regole?, in Quad. fior. st. pens. giur. mod., 31, 2002,
865. DE CARVALHO DANTAS M.E., Un approccio alla dinamica dell’applicazione di regole e
principi, in Ars interpretandi, Annuario di ermeneutica giuridica, 2005. COLEMAN J.L., La pratica dei
principi. In difesa di un approccio pragmatista della teoria del diritto, il Mulino, 2006. KRAMER E.A,
Le funzioni dei principi generali del diritto: tentativo di strutturazione, in Eur. dir. priv., 2002, 977.
45 Corte cost., 26 giugno 1956, n. 6, in www.cortecostituzionale.it. Secondo la Consulta i principi
generali dell'ordinamento sono "quegli orientamenti e quelle direttive di carattere generale e
fondamentale che si possono desumere dalla connessione sistematica, dal coordinamento e dalla intima
razionalità delle norme che concorrono a formare, in un dato momento storico, il tessuto
dell'ordinamento giuridico vigente".
46
SCHLESINGER R., The nature of general principles of law, Bruxelles, 1964.
!
!61
Capitolo Secondo
Per la natura relativa e cangiante, i principi generali sono stati oggetto di molteplici
studi dagli esiti più disparati. Li si può suddividere in varie categorie:
a) principi dell'ordinamento comunitario;
b) principi di rango costituzionale;
c) principi generali dell’ordinamento giuridico dello Stato47;
d) principi settoriali concernenti determinate materie48.
Qualsivoglia catalogazione, ad ogni modo, rischia di scontare un certo grado di
approssimazione. Inoltre, ad oggi, distinzioni nette non sembrano auspicabili in quanto
un medesimo principio può appartenere simultaneamente a più di una categoria.
Sui principi generali si è detto tutto ed il contrario di tutto. Senza voler ripercorrere il
dibattito dottrinario che per decenni ha attraversato il panorama giuridico italiano ed
europeo, è d'obbligo principiare dall'idea della normatività dei principi49: i principi sono
norme che appartengono all'ordinamento giuridico. Ma anche le regole sono norme.
Dunque vi sono differenze? E se si, quali elementi segnano il confine tra le due
figure50?
47
L'art. 12 delle Disposizioni sulla legge in generale testualmente recita: "Se una controversia non
può essere decisa con una precisa disposizione, si ha riguardo alle disposizioni che regolano casi simili o
materie analoghe; se il caso rimane ancora dubbio, si decide secondo i principi generali
dell'ordinamento giuridico dello Stato". Nel contesto storico in cui fu elaborata la disposizione vigeva un
modello positivista e statalista nel quale i principi ricoprivano un ruolo sussidiario e secondario,
subordinato alla legge dello Stato. Oggi, alla luce della riforma del Titolo V Cost. (l. cost. n. 3 del 2001)
sarebbe più appropriato utilizzare l'espressione "principi generali dell'ordinamento giuridico della
Repubblica".
48
PICOZZA E., La nuova legge sull’azione e sul procedimento amministrativo. Considerazioni
generali: i principi di diritto comunitario e nazionale, in Cons. Stato, 2005, II, 1419.
49
Tra i molteplici seguaci di questo orientamento BOULANGER J., Principes généraux du droit et
droit positif, op. cit.. CRISAFULLI V., Per la determinazione del concetto dei principi generali del diritto
op. cit.. SCIALOJA V., Del diritto positivo e dell’equità, Camerino, 1880, poi in Studi giuridici,
Anonima, Roma, 1932-34, vol. III. Ad essi si contrappone DEL VECCHIO G., Sui principi generali del
diritto, in Arch. giur., 1921, I, 331, secondo cui i principi generali del diritto sarebbero principi di diritto
naturale idonei ad integrare ed arricchire dall’esterno l’ordinamento.
50
Per una panoramica generale MEZZETTI L., Valori, principi, regole, in Principi costituzionali a
cura di L. Mezzetti, op. cit..
!
!62
Capitolo Secondo
Tralasciando l’orientamento estremo, in auge soprattutto in passato, che esclude la
giuridicità dei principi accostandoli a forme di argomentazione morale51, in ordine alla
distinzione tra regole e principi esistono tre scuole di pensiero: la prima che propone
una distinzione forte (qualitativa, ontologica, logica); la seconda sostenitrice di una
distinzione debole (quantitativa e di grado); la terza intermedia che attinge alle prime
due rimodulandone taluni elementi52.
La teoria della distinzione forte53 muove dall’assunto che i principi abbiano nel
proprio pedigree elementi propri e inconfondibili diversi da quelli delle regole. Ai
principi, quali norme essenziali dell’ordinamento, “si aderisce”, mentre alle regole “si
ubbidisce”. I principi presentano un elevato tasso di generalità, vaghezza e
indeterminatezza (si definiscono pertanto norme aperte o “norme senza fattispecie”),
mentre le regole sono norme che ricollegano conseguenze giuridiche a fattispecie
precise e determinate.
Questa scuola di pensiero evidenzia, poi, come di solito i principi esprimano valori
direttamente percepibili, mentre le regole in tal senso risulterebbero maggiormente
opache54. L'importanza dei principi, inoltre, va calibrata caso per caso attraverso un
giudizio di bilanciamento che può sfociare anche nell’applicazione temperata di una
pluralità di principi confliggenti. Le regole, viceversa, “non si pesano”, si applicano o
non si applicano e, in caso di antinomie, l’applicazione di una regola esclude la
51
Questa tesi è stata recentemente riproposta da CELANO B., Principi, regole, autorità, in Europa e
dir. priv., 2006, 3, 1061. Secondo l’autore sia i principi che le regole non appartengono al campo della
giuridicità, bensì a quello della morale, non potendo considerarsi norme in senso proprio. Tra principi e
regole, inoltre, non sussisterebbero differenze significative ed apprezzabili.
52
PINO G., Principi e argomentazione giuridica, op. cit..
53
BETTI E., Interpretazione della legge e degli atti giuridici, Milano, 1949. DWORKIN, R., Taking
right seriously, II ed., Duckworth, London, 1978, trad. it., I diritti presi sul serio, il Mulino, Bologna,
1994. ALEXY R., Teorìa de los derechos fundamentales, op. cit.. ZAGREBELSKY G., Il diritto mite, op.
cit.. ATIENZA M.–RUIZ MANERO J., Tre approcci ai principi del diritto, in Analisi e diritto, 1993, 9.
MENGONI L., Ermeneutica e dogmatica giuridica, op. cit.. MARTÌNEZ ZORRILLA D., Conflictos
constitucionales, ponderaciòn e indeterminaciòn normativa, Marcial pons, Madrid, 2007, 81.
54 PERRY S., Two models of legal principles, in Iowa Law Review, 82, 1997, 787: "I principi hanno
un contenuto esplicitamente valutativo, mentre il contenuto delle regole riguarda la descrizione di una
azione". Certamente anche le regole sono finalisticamente orientate al perseguimento di un valore che
può essere politico, morale, ecc., ma ciò avviene in forme criptiche, senza che se ne abbia un’immediata
percezione.
!
!63
Capitolo Secondo
contemporanea applicazione dell’altra, senza possibilità di coesistenza. Da ultimo i
principi sono norme prescrittivo-categoriche mentre le regole seguono una struttura
ipotetica. In definitiva questo orientamento conferisce normatività ai principi, ma una
normatività diversa rispetto a quella propria delle regole giuridiche, riconducibile a
differenze strutturali e funzionali. Questa teoria è stata nel tempo applicata in modo
eterogeneo (e talvolta anche travisata). Alcuni55 hanno svalutato il ruolo dei principi
considerandoli meri auspici di politica legislativa o norme c.d. programmatiche. Altri56
ne hanno, invece, esaltato la portata, sottolineando la funzione-guida dei principi nella
applicazione ed eventualmente nella disapplicazione delle regole con essi in contrasto.
Ed è ciò che accade nell'ambito dell'ordinamento comunitario ove operano i principi
elaborati dalla Corte di giustizia quale species del più ampio genus dei principi generali.
Dalla loro precettività discende l'obbligo gravante sulle autorità giurisdizionali e
amministrative domestiche di disapplicazione delle norme nazionali con essi in
conflitto. Questa attività tende a decostruire progressivamente l'ordinamento italiano e a
conformarlo ai dettami comunitari.
Quanto al secondo orientamento, i fautori della distinzione debole57 ritengono che i
principi e le regole, in quanto appartenenti alla più ampia famiglia delle norme, abbiano
gli stessi elementi e pertanto il relativo discrimen andrebbe rinvenuto nel grado dei
rispettivi caratteri strutturali, rintracciando così differenze di tipo quantitativo (e non
qualitativo).
55
ALEXANDER L., Kress, against legal principles, in Marmor A., Law and interpretation, Oxford
U.P., Oxford, 1995. ALEXANDER L.–SHERWIN E., The rule of rules. Morality, rules and the dilemmas
of law, Duke U.P., Durham, 2001.
56
DWORKIN R., Taking right seriously, op. cit.. ATIENZA M.–RUIZ MANERO J., Ilìcitos atipico.
Sobre el abuso del derecho, el fraude de ley y la desviaciòn de poder, Trotta , Madrid, 2000.
57 RAZ J., Legal principles and the limits of law, in Yale law journal, 81, 1972, 823. MacCORMICK
N., Ragionamento giuridico e teoria del diritto, Giappichelli, Torino, 2001, cap. IX. GIANFORMAGGIO
L., Filosofia del diritto e ragionamento giuridico (a cura di), Diciotti E. e Velluzzi V., Giappichelli,
Torino, 2008. TWINING V.–MIERS D., Come far cose con regole, Giuffrè, Milano, 1990. HART,
Postscript op. cit.. COMANDUCCI P., Assaggi di metaetica due, Giappichelli, Torino, 1998. PRIETO
SANCÌS L., Ley, principios, derechos, Dykinson, Madrid, 1998. SULLIVAN K., Forward: the justices of
rules and standards, in Harward Law Review, 106, 1992. GUASTINI R. Teoria e dogmatica delle fonti,
op. cit.. DICIOTTI E., Interpretazione della legge e discorso razionale, Giappichelli, Torino, 1999.
BARBERIS M., Filosofia del diritto. Un’introduzione teorica, Giappichelli, Torino, 2008.
!
!64
Capitolo Secondo
La tesi più convincente appare, comunque, la tesi mediana la quale, rifuggendo da
classificazioni nette e aprioristiche, attinge elementi sia dalla teoria forte che dalla teoria
debole. Secondo tale orientamento la differenza tra principi e regole sarebbe non già
ontologica, bensì di tipo graduale e relazionale. In primo luogo una norma assume la
veste di principio quando normalmente possiede talune caratteristiche (maggior
genericità e indeterminatezza58 della fattispecie, apertura alle eccezioni, maggior peso in
sede applicativa) in misura superiore rispetto ad altre norme (le regole). In secondo
luogo “una norma può avere valore di principio rispetto ad alcune norme, e non averlo
rispetto ad altre”59. Dunque a livello teorico risulta alquanto ardua una distinzione
universale tra regole e principi, dovendo la stessa ricercarsi in concreto in base alle
variabili peculiarità della fattispecie. Con riferimento alla genericità e
all’indeterminatezza, esse sono caratteristiche ricorrenti nei principi. La genericità del
principio si palesa soprattutto nelle conseguenze normative60 che risultano generiche e
indeterminate61. Genericità e indeterminatezza sono, comunque, proprietà graduali: non
sempre una regola è specifica e determinata ed un principio, viceversa, assolutamente
58
Sulla genericità e indeterminatezza dei principi RAZ J., Legal Principles and the limits of law, op.
cit.: “I principi sono spesso formulati in modi che lasciano il loro contenuto indeterminato. I principi
prescrivono azioni estremamente indeterminate (…). Un atto è estremamente indeterminato se può essere
compiuto in circostanze differenti per mezzo di molti atti generici eterogenei in ciascuna circostanza”.
Pertanto una norma generica è una norma suscettibile di essere applicata in modi eterogenei. Si veda
anche il contributo di LUZZATI C., Prìncipi e princìpi. La genericità nel diritto, Giappichelli, Torino,
2012. La generalità di una norma non va confusa con la sua vaghezza: la generalità concerne, infatti, i
destinatari del precetto che non sono individuabili a priori, mentre la vaghezza riguarda l’esistenza di
fattispecie nelle quali è dubbia l’applicazione della norma in virtù di elementi quantitativi o combinatori
difficilmente determinabili.
59
PINO G., Principi e argomentazione giuridica, op. cit..
60
ZAGREBELSKY G., La legge e la sua giustizia, il Mulino, Bologna, 2008. I principi sono norme
“a prescrizione generica”.
61
BOBBIO N., Contributi ad un dizionario giuridico, Giappichelli, Torino, 1994. L’autore osserva
che i principi “sono norme indefinite, che comportano una serie indefinita di applicazioni”. In effetti i
principi fissano un valore, un fine senza stabilire con esattezza le modalità attraverso le quali dovrà essere
realizzato. Inoltre le stesse conseguenze che dall’applicazione del principio scaturiscono non sono
definibili a priori, essendo influenzate da una molteplicità di circostanze. ZACCARIA G.,
Precomprensione, principi e diritti nel pensiero di Josef Esser. Un confronto con Ronald Dworkin, in
Ragion pratica, 6, 1998. L’autore definisce i principi norme “a virtualità indefinita”.
!
!65
Capitolo Secondo
generico e indeterminato62. Anche il peso è un elemento graduale e relazionale. Il peso
di una norma si identifica con il ruolo di quella norma nell’argomentazione giuridica, in
termini di elemento di decisione del caso o per il condizionamento che essa riverbera
sull’interpretazione o sull’applicazione di altre norme.
Con riferimento alla distinzione tra principi e regole, può dirsi che i principi hanno,
di solito, un peso maggiore delle regole, in quanto rilevano ai fini della decisione in un
numero maggiore di casi. Inoltre, per la loro tendenziale genericità e indeterminatezza, i
principi possiedono un ambito applicativo normalmente più esteso delle regole63, in
virtù di una connaturale vis expansiva. Talvolta, però, i principi possono avere, a
seconda dei casi, un peso inferiore alle regole per la variabilità del contributo che essi
forniscono alla argomentazione giuridica. Da questo punto di vista, invece, le regole
offrono apporti normalmente più stabili poichè, essendo soggette, a differenza dei
principi ad un numero inferiore di eccezioni implicite, garantiscono con maggior
frequenza il risultato indicato dalla norma64. In relazione al peso assunto dalle norme
norma, va sottolineato come esso sia determinato essenzialmente da tre fattori:
1) la posizione nella gerarchia delle fonti;
2) la valenza normativa ad essa riconosciuta in un dato contesto giuridico;
3) le circostanze rilevanti nell’ambito applicativo della norma.
62
PINO G., Principi e argomentazione giuridica, op. cit.: "Una regola, ad esempio, può presentare
profili di genericità e indeterminatezza se contiene clausole elastiche come “ragionevole”, “congruo”
ecc.. e d’altro canto anche i principi non possono essere indefinitamente generici e indeterminati, pena la
loro inapplicabilità, ma sono destinati ad essere concretizzati (cioè essere resi più specifici) in sede di
applicazione”.
63
Si ritiene ad esempio che il principio di uguaglianza rilevi in molti più casi rispetto alla regola di
divieto dei licenziamenti sine iusta causa. Anche il principio di buona fede trova spazio in molteplici
situazioni a differenza ad es. della regola che, in tema di obbligazioni pecuniarie, impone l’adempimento
della prestazione al domicilio del creditore.
64
Questa funzione del peso nell’applicazione delle regole richiama per certi aspetti il concetto di
“trinceramento” espresso dalla teoria delle regole di SCHAUER F., Le regole del gioco. Una analisi
filosofica delle decisioni prese secondo regole nel diritto e nella vita quotidiana, il Mulino, Bologna,
2000.
!
!66
Capitolo Secondo
Quanto al primo elemento, la collocazione di una norma nel sistema delle fonti ne
misura il “peso astratto”65. In base a tale criterio, ad esempio, un principio
costituzionale ha un peso astratto maggiore rispetto ad un principio legislativo, mentre
un principio legislativo ha un peso astratto superiore a quello di un principio
consuetudinario66.
Per quanto concerne il secondo fattore, va osservato che esso consiste nel grado di
adesione della norma ai valori politico-giuridici dominanti in un particolare sistema o
sottosistema. I principi manifestano valori67 di vario genere. Infine il peso di una norma
va soppesato alla luce delle circostanze applicative presenti. Tali circostanze possono
essere fattuali (ad es. la concreta possibilità di applicazione della norma secondo le
risorse disponibili) o normative (ad es. la presenza di altre norme concorrenti o
configgenti)68. In particolare alle circostanze normative sono riconducibili i c.d.“meta-
65 ALEXY R.,
La formula per la quantificazione del peso nel bilanciamento, in Ars interpretandi, 10,
2005.
66
Contrario alla tesi del “peso astratto” BIN R., Diritti e argomenti. Il bilanciamento degli interessi
nella giurisprudenza costituzionale, Giuffrè, Milano, 1992. Secondo l’autore ciò che rileva è il peso
concreto dei principi da valutarsi all’esito di una ponderazione tra i medesimi. Il giudizio comparativo
può effettuarsi anche tra principi di rango diverso, ad esempio tra principi costituzionali e principi non
costituzionali.
67
Per la distinzione tra “principio” e “valore” MODUGNO F., Principi e norme. La funzione
limitatrice dei principi e i principi supremi o fondamentali, in ID. (cur.), Esperienze giuridiche del ’900,
Milano, 2000, 111. Modugno attribuisce natura normativa ai principi, i quali hanno una capacità
normogenetica, di cui, invece i valori, risultano privi. Tuttavia, il valore può essere presupposto od
incorporato nel principio determinandone la fattispecie: qualora si tratti di valori supremi, tali perché
posti a fondamento dell’ordinamento costituzionale dello Stato, i principi che ad essi fanno riferimento
assurgono a principi fondamentali, beneficiando di una più alta qualificazione giuridica (principio
democratico, principio di uguaglianza, principio dell’inviolabilità dei diritti di libertà, ecc.). È evidente
come la funzione normogenetica del principio sia garanzia di attuazione del valore in esso incorporato,
attraverso i precetti normativi, dei quali il principio è fonte potenzialmente inesauribile. Secondo l'autore,
in definitiva, il principio non sarebbe altro che un “valore in azione”. In argomento anche
MacCORMICK N., Ragionamento giuridico e teoria del diritto, op. cit.. JORI M., Saggi di
metagiurisprudenza, Giuffrè, Milano, 1985 secondo il quale “i principi evidenziano il valore o i valori
che possono giustificare l’accettazione dei principi stessi”. DICIOTTI E., Interpretazione della legge e
discorso razionale, op. cit..
68
RAZ J., Legal principles and the limits of law, op. cit.. ALEXY R., Teorìa de los derechos
fundamentales, op. cit.. BIN R., Diritti e argomenti, op. cit..
!
!67
Capitolo Secondo
principi”, ossia principi che non hanno un contenuto sostanziale ma che si riferiscono al
funzionamento della “macchina del diritto”69.
In conclusione dalla distinzione tra principi e regole possono trarsi una serie di
corollari: in primis non tutti i principi hanno la stessa importanza concreta, offrendo
contributi di diversa intensità alla decisione del caso. In secondo luogo un principio può
essere considerato meno importante anche di una regola, ove nell’ipotesi di conflitto sia
preferibile applicare la regola70. In talune situazioni un principio può soccombere
dinanzi ad altro principio, mentre in presenza di diverse circostanze lo stesso principio
può avere la meglio sul principio in precedenza prevalente.
Tutto ciò denota lo scarso rilievo di una gerarchia astratta tra principi e tra principi e
regole, e la mutevolezza e variabilità di un giudizio da calibrarsi in concreto alla luce
delle circostanze del caso. Last but not least non sempre tra principi e regole si rinviene
una contrapposizione netta, potendo le regole rinvenire il proprio fondamento in altre
norme che assumono il nome di principi, instaurandosi così una relazione gerarchica di
tipo assiologico71, in virtù della quale le prime devono interpretarsi in conformità ai
secondi72. In sede applicativa i principi (in special modo quelli non scritti) conferiscono
al giudice un potere interpretativo ed applicativo ad ampio spettro; un potere che
soprattutto la Corte di giustizia utilizza per estendere l'area dei diritti e delle libertà del
cittadino coinvolto dal public power. Tuttavia i principi, essendo non già monadi
distinte e indipendenti, bensì entità comunicanti in continuo dialogo e conflitto,
sollevano non pochi problemi ai giudici, tanto domestici quanto comunitari, chiamati in
sede applicativa alla loro comprensione e composizione.
2.2.1. I conflitti tra principi.
69
CASTIGLIONE V.S., Diritto, linguaggio, realtà. Saggi sul realismo giuridico, Giappichelli,
Torino, 1995. Appartengono alla categoria dei “meta-principi” ad es. i principi di legalità, della certezza
del diritto, della distinzione dei poteri.
70
SCHAUER F., Le regole del gioco, op. cit..
71
PINO G., Norme e gerarchie normative, in Analisi e diritto, 2008.
72
PINO G., Coerenza e verità nell’argomentazione giuridica. Alcune riflessioni, in Riv. int. fil. dir., 1,
1998, 84.
!
!68
Capitolo Secondo
Chiarite le differenze tra principi e regole, è d'obbligo esaminare il tema delle
relazioni applicative tra principi. In particolare occorre domandarsi quali siano i criteri e
le tecniche utilizzati dal giudice allorchè una stessa fattispecie venga regolata da due o
più principi in conflitto.
È necessario muovere da un'osservazione: la genericità e l'indeterminatezza dei
principi, di solito, non consente una previsione ex ante delle possibili antinomie, le quali
potranno essere apprezzate solo con riferimento a fattispecie concrete73. Proprio in
questi casi l’interprete è chiamato a raffinate operazioni di concretizzazione e
bilanciamento dei principi in gioco74.
In termini generali l’attività ponderativa è rimessa al giudice, anche se non mancano
casi in cui la stessa è compiuta ex ante dal legislatore75. Le interazioni tra principi non
hanno, però, solo un carattere patologico-conflittuale. Infatti possono sussistere plurime
interferenze tali da rafforzare l'applicazione degli uni per mezzo degli altri76. Questo
carattere emerge con forza nelle ipotesi di codificazione (in presenza ad es. di una
Costituzione o di un Trattato), dato che normalmente un assetto di tipo sistematico è in
grado di orientare in modo più ordinato i principi al perseguimento di talune finalità. Ad
ogni modo non si è mai al riparo da possibili frizioni sempre verificabili in relazione
alla mutevolezza dei casi concreti. Questo dato rafforza ulteriormente la tesi che nega
una conflittualità in astratto tra principi. Anche perché, poi, non tutti i principi vigenti in
un dato sistema risultano codificati, giacchè taluni di essi (c.d. impliciti) emergono dalla
casistica giurisprudenziale.
73
ZAGREBELSKY G, Il diritto mite, op. cit.. GUASTINI R., Teoria e dogmatica delle fonti, op. cit..
BIN R., Diritti e argomenti, op. cit..
74
Di parere contrario FERRAJOLI L., Principia iuris. Teoria del diritto e della democrazia, vol. I:
Teoria del diritto, Laterza, Roma–Bari, 2007, secondo il quale “nella maggior parte dei casi i principi si
applicano alle loro violazioni senza che intervengano bilanciamenti e neppure, più che in altri giudizi,
opzioni soggettive di valore”.
75
MODUGNO F., Principi generali dell’ordinamento, op. cit.. BARTOLE S., Principi generali del
diritto, (dir. cost.) cit..
76
VILLA V., Costruttivismo e teorie del diritto, Giappichelli, Torino, 1999. CELANO B., Come deve
essere la disciplina costituzionale dei diritti?, in Pozzolo S., (a cura di), La legge e i diritti, Giappichelli,
Torino, 2002.
!
!69
Capitolo Secondo
In tema di ponderazione è utile soffermarsi, in special modo, sulla natura e sui
caratteri dei principi impliciti. Si tratta di principi non direttamente riconducibili a
specifiche disposizioni, ma ricavati in via argomentativa da altri principi o regole. Essi
possono essere formulati secondo due direzioni: dal basso verso l’alto o dall’alto verso
il basso.
Nel primo caso l'interprete ricerca per induzione il principio partendo da norme
specifiche e puntuali. Nel secondo egli ricava deduttivamente da principi generali
principi più specifici77. Nel sistema delle fonti la collocazione di un principio implicito
dipende alla posizione ricoperta dalla norma o principio da cui deriva, con conseguente
applicazione del relativo regime giuridico.
Con riferimento alla tematica della risoluzione dei conflitti, è necessario occuparsi
dell’attività giudiziale di bilanciamento tra principi generali78. Il modello di riferimento
è rappresentato dagli ambienti antiformalisti americani in cui i giuristi ragionano non
già alla stregua di norme e concetti giuridici astratti, bensì sulla base di principi ed
interessi concreti da valutare caso per caso79. I principi generali, quali norme sui generis
per natura e caratteristiche, impongono per lo più al giudice operazioni di balancing in
sede applicativa.
La ponderazione consiste nello stabilire una gerarchia assiologica tra principi in
contrasto mediante un giudizio concreto di valore. Dunque una “gerarchia mobile”
variabile case by case80. Il bilanciamento è, pertanto, il risultato di un’attività altamente
77
IACONA A., L’argomentazione, Einaudi, Torino, 2005.
78 In dottrina il tema del bilanciamento è stato approfondito, con particolare riguardo ai principi
costituzionali, da ZAGREBELSKY G., Il diritto mite, op. cit.. BIN R., Diritti e argomenti. Il
bilanciamento degli interessi nella giurisprudenza costituzionale, Giuffrè, Milano, 1992.
GIANFORMAGGIO L., L’interpretazione della Costituzione tra applicazione di regole e
argomentazione basata su principi, op. cit.. MORESO J.J., Conflitti tra principi costituzionali, in
www.dirittoequestionipubbliche.org. GUASTINI R., Principi di diritto e discrezionalità giudiziale, in
Dir. pubbl., 1998, 651.
79
LARENZ K., Storia del metodo nella scienza giuridica, 1960, Giuffrè, Milano, 1966.
80
GUASTINI R., Distinguendo. Studi di teoria e metateoria del diritto, Giappichelli, Torino, 1996,
secondo il quale “il conflitto non è risolto stabilmente, una volta per tutte, facendo senz’altro prevalere
uno dei due principi confliggenti sull’altro (…); ogni soluzione del conflitto vale solo per il caso concreto
e resta pertanto imprevedibile la soluzione dello stesso in casi futuri”.
!
!70
Capitolo Secondo
soggettiva, rimessa al giudizio discrezionale (ma non arbitrario) dell’operatore
giuridico. Ciò non significa, però, assenza di regole, dovendo l’interprete muoversi in
uno spazio legalmente dato e delimitato. Secondo parte della dottrina81 il giudice
ricorrerebbe alla ponderazione, in primo luogo, ove sussista una antinomia tra principi,
in parte sovrapponibili, di carattere parziale 82.
In quest'ipotesi non sarebbe possibile utilizzare alcuno dei criteri generali previsti per
la risoluzione delle antinomie normative: non il criterio gerarchico, avendo i principi lo
stesso rango83; non il criterio cronologico, considerandosi i principi coevi o non
riconducibili ad un preciso momento temporale. Infine non è utilizzabile nemmeno il
criterio lex specialis derogat legi generali, poichè l’antinomia è parziale-parziale e non
vi è alcuna relazione di specialità tra principi.
In conclusione, mentre le antinomie tra regole si risolvono agevolmente con
l’applicazione di una sola delle regole in contrasto, i conflitti tra principi possono
risolversi anche con l’applicazione congiunta e calibrata di più principi, all'esito di una
complessa operazione ponderativa84.
Ciò denota un più ampio potere discrezionale del giudice, che nell’opera di ritaglio,
selezione e composizione dei principi, è talvolta autore di scelte ideologiche non
81
GUASTINI R., Principi di diritto e discrezionalità giudiziale, op. cit..
82
L’espressione è di ROSS A., On law and justice, Stevens and Sons, London, 1958.
83
Anche allorchè si incontrino principi di peso diverso non è ipotizzabile alcuna gerarchia assoluta,
astratta e incontrovertibile tra i medesimi. Ogni principio, anche il più importante, ha natura relazionale e
si confronta con gli altri nelle singole fattispecie concrete. E solo all’esito del bilanciamento giudiziale,
conformato sul caso specifico, potrà dirsi quale o quali principi trovino applicazione e con quale
estensione. Per tali ragioni può affermarsi che la gerarchia normativa, tipica delle norme, viene sostituita,
in relazione ai principi, da una gerarchia di tipo assiologico.
84
DWORKIN R., Taking rights seriously, op. cit.. Per l'autore la duttilità dei principi rappresenta il
corollario della loro particolare natura ed è dovuta ad una dimensione che li differenzia dalle regole:
quella del peso e dell’importanza. Infatti se due o più principi entrano in collisione, la risoluzione del
conflitto non muove dall’applicazione dell’uno e dalla disapplicazione dell’altro, come avviene nel caso
delle regole, bensì da un esame comparativo-relazionale e da un'attività di bilanciamento dei medesimi.
Le regole sono sì norme e come tali vincolanti ma, a differenza dei principi, sono rigide e specifiche; il
loro precetto o si applica o si disapplica: tertium non datur. L’antinomia tra regole, infatti, non ammette
forme di coesistenza, a differenza di quanto accade nel conflitto tra principi. In tema anche
SCHIAVELLO A., Riflessioni sulla distinzione rules/principles nell’opera di R. Dworkin, in Riv. int. fil.
dir. 1995; ZAGREBELSKY G., Il diritto mite, op. cit..
!
!71
Capitolo Secondo
propriamente giuridiche (stricto sensu), scelte che nella maggior parte dei casi ampliano
l'area delle libertà dei cives, circoscrivendo gli abusi delle pubbliche autorità.
!
!
2.3. I principi comunitari quale trait d'union tra ordinamenti e tra giurisdizioni
L'elaborazione da parte della Corte di giustizia di una vasta gamma di principi non
scritti ha avuto l'indubbio merito di favorire nel corso dei decenni l'instaurazione di
appositi canali di comunicazione tra l'ordinamento comunitario e gli ordinamenti
nazionali, nonchè di promuovere plurimi contatti tra i rispettivi plessi giurisdizionali.
Ciò è stato reso possibile, in primo luogo, dall'origine statale dei principi comunitari, i
cui elementi costitutivi, come noto, provengono dalle tradizioni giuridiche dei Paesi
membri; in secundis dall'estrema duttilità dei medesimi.
I principi comunitari hanno corroborato il disegno integrazionista tra ordinamenti
attraverso l'edificazione di solidi ponti tra la giurisdizione comunitaria e le giurisdizioni
nazionali. Progressivamente l'Europa ha assistito all'emersione di un unico e integrato
apparato giurisdizionale fondato su due livelli, l'uno nazionale85 e l'altro comunitario86 e
85
BALAGUER CALLEJON F., Le Corti costituzionali e il processo di integrazione europea, in La
circolazione dei modelli e delle tecniche del giudizio di costituzionalità in Europa, op. cit.. BARBIERI
E.M., Poteri del giudice amministrativo e diritto comunitario, in Riv. it. dir. pubbl. com., 1996, 692.
KOVAR R., Rapporti fra diritto comunitario e diritti nazionali, in AA.VV., Trent’anni di diritto
comunitario, Bruxelles-Lussemburgo, 1981. L’autore definisce i giudici nazionali giudici comunitari di
diritto comune. L’espressione è anche utilizzata da Trib. I grado, 10 luglio 1990, in causa T-51/89, Tetra
Pak c. Commissione, in Racc. 1990.
86 Per una descrizione generale ed approfondita circa la natura e il ruolo del giudice comunitario
TIZZANO A., Il ruolo della Corte di giustizia nella prospettiva dell’Unione europea, in Scritti in onore
di A. Predieri, II, Milano, 1996, 1470. BROWN N.–KENNEDY T., The Court of Justice of the European
Communities, London, 2000. MIGLIAZZA M., Il doppio grado di giurisdizione nel diritto delle
Comunità europee, Milano, 1993. LAGRANGE M., Cour de Justice et Tribunaux nationaux, in Gazette
du palais, 1971, 1. LASOK A., The European Court of justice, practise and procedure, Buttherworths,
1994. CONDINANZI M., Il Tribunale di primo grado e la giurisdizione comunitaria, Milano, 1996.
AZOULAY, The Court of Justice and the administrative governance, in European Law Journal, 2001.
!
!72
Capitolo Secondo
su un continuo dialogo tra le Corti87, in un rinnovato scenario di judicial law making,
idoneo ad instaurare forme di co-giurisdizione88. Al pluralismo normativo, dunque, si
coniuga il pluralismo delle Corti, ordinato secondo un principio di sussidiarietà
giurisdizionale.
Il giudice italiano è oggi vincolato, ai sensi dell’art. 101 Cost., “non solo alla legge,
al diritto e alla giurisprudenza interna, ma anche ai principi posti-più o meno
esplicitamente-dalla giurisprudenza comunitaria”89. In ambito europeo "i principi
generali, nati nei sistemi giuridici degli Stati membri, riesaminati, perfezionati e
conformati dall'ordinamento comunitario sono riproposti in ambito nazionale corretti,
ritoccati, trasformati molto spesso potenziati e con possibilità di applicazione che
superano quelle originarie"90. Anche la giurisdizione interna, poi, garantisce
87 In una dimensione comunitaria i giudici nazionali sono i destinatari del dovere di leale
cooperazione di cui all’art. 10 TCE (ora art. 4 TFUE), il quale costituisce la colonna portante del sistema
giuridico comunitario. Sulla “realizzazione di un circuito integrato” tra giudici nazionali e giudice di
Lussemburgo MARTINICO G., L’integrazione silente. La funzione interpretativa della Corte di giustizia
e il diritto costituzionale europeo, Jovene, 2009. Sulla collaborazione tra sistemi giurisdizionali
PERLINGIERI P., Leale collaborazione tra Corte costituzionale e Corti europee. Per un unitario sistema
ordinamentale, op. cit.. ROVAGNATI A., Giudice italiano e giudice comunitario nel processo di
integrazione europea, Editoriale scientifica, Pavia, 2010. FERRARI G.F., Corti nazionali e corti europee,
Edizioni scientifiche, Napoli, 2007. LECOURT R., L’Europe des juges, Bruxelles, 2008. ARNULL A.,
The European Union and its Court of Justice, Oxford University press, Oxford, 2006. COPPEL J.–
O’NEILL A., The European Court of Justice: Taking rights seriously?, in CMLR, 1992. ALONSO
GARCÌA R., Il giudice nazionale come giudice europeo, in Quad. cost. n. 1 del 2005, 111. CONTI R., Il
“dialogo” tra giudice nazionale e Corte UE, in Corr. giur., 2009, 1053. In giurisprudenza Cgce, 9 marzo
1978, in causa C-106/77, Simmenthal, in Racc. 1978. In senso conforme recentemente Cgce, 24 maggio
2012, in causa C-97/11, Amia Spa, in www.curia.europa.eu.
88
L’espressione co-giurisdizione è utilizzata da PICOZZA E., Il processo amministrativo, II ed.,
Giuffrè, Milano, 2009. In argomento anche BARONE A., Giustizia comunitaria e funzioni interne,
Cacucci, Bari, 2008, secondo il quale “la co-giurisdizione, anzitutto, permette di superare i principali
limiti operativi della co-legislazione. L’azione congiunta della Corte del Lussemburgo e dei giudici
nazionali, infatti, ha in buona parte consentito di ovviare alle resistenze dei legislatori nazionali rispetto
all’affermazione dello spazio giuridico europeo”.
89
BIFULCO D., Il giudice è soggetto soltanto al “diritto”, Jovene, Napoli, 2008.
90
SANNA TICCA E., Cittadino e pubblica amministrazione nel processo di integrazione europea, op.
cit..
!
!73
Capitolo Secondo
l’applicazione di un diritto, qual è il diritto comunitario, formatosi in uno scenario di
“globalizzazione attraverso i giudici”91.
Gli obiettivi del “cammino comunitario” si riassumono nell’idea di garantire la
primazia, nonchè l’immediata e diretta applicazione del diritto europeo su quello
nazionale, superando eventuali ostruzionismi da parte degli Stati. Queste finalità
vengono assicurate, appunto, sia dai giudici domestici che dai giudici comunitari in una
cornice di progressiva europeizzazione della scienza giuridica. I primi agiscono come
“organi decentrati” della giurisdizione comunitaria92, avvalendosi di tre strumenti:
1) l’interpretazione conforme93;
91
BIN R., Lo Stato di diritto, il Mulino, 2004: "I giudici rappresentano i capillari del sistema
giuridico e del potere pubblico: tramite loro si compie il passaggio osmotico dalla società civile,
dominata dalle esperienze particolari (i casi cui i giudici devono applicarsi) ai principi generalissimi
attraverso i quali i diritti vengono dichiarati". BARONE A., Giustizia comunitaria e funzioni interne, op.
cit.. Secondo l'autore “la rottura del trinomio sovranità–territorio-giurisdizione, con la progressiva
affermazione della extrastatualità della giurisdizione, conferma la prospettiva di un giudice che si stacca
dallo Stato-apparato per riferirsi alla comunità. È proprio il riferimento della giurisdizione alla
comunità che rende il giudice fattore di coesione di un ordinamento generale complesso, aperto alle
contaminazioni al contempo sovranazionali e locali ed ormai slegato dalla centralità della legge statale”.
92
L’espressione è utilizzata da TIZZANO A., La tutela dei privati nei confronti degli Stati membri
dell’Unione europea, in Foro it., 1995, IV, 17. Sulle relazioni tra giudici comuni e giudice comunitario
BARONE A., Giustizia comunitaria e funzioni interne, op. cit., ad avviso del quale “spetta
esclusivamente ai giudici nazionali assicurare la compatibilità del diritto interno con quello comunitario.
Il raccordo vitale tra queste funzioni è stato individuato nell’art. 234 del Trattato CE”. Per una disamina
dell’espressione “vital link” HIMSWORTH C., Convergence and divergence in administrative law, in
Beaumont P., Convergence and divergence in European public law, Oxford, 2002.
93 La Corte di Cassazione ha riconosciuto expressis verbis l’obbligo per i giudici nazionali di
interpretare il diritto interno in conformità alle fonti normative comunitarie, anche se sprovviste di effetti
diretti. Ove non residuino margini per una interpretazione comunitariamente orientata, la norma interna è
considerata in conflitto con la normativa comunitaria con conseguente applicazione dei rimedi all’uopo
previsti. In giurisprudenza, con riferimento alla tematica dell’interpretazione conforme del diritto interno
al diritto comunitario, si vedano, ex plurimis, Cass. civ., sez. I, 5 dicembre 2003, n. 18620, in Giust. civ.
Mass., 2003. Cass. civ., sez. V, 23 giugno 2001, n. 7016, in Giur. it., 2001. Cgce, 10 aprile 1984, in causa
C-14/83, Von Colson, in Racc. 1984. Cgce, 13 novembre 1990, in causa C-106/89, Marleasing, in Racc.
1990. Cgce, 16 giugno 2005, in causa C-105/03, Pupino, in Racc. 2005. Cgce, 24 gennaio 2012, in causa
C-282/10, Dominguez, in www.curia.europa.eu. In dottrina GAJA G., L’esigenza di interpretare le norme
nazionali in conformità con il diritto comunitario, in Panunzio S.P.–Sciso E., Le riforme istituzionali e la
partecipazione dell’Italia all’Unione europea, Giuffrè, Milano, 2002. BENEDETTI G., Quale
ermeneutica per il diritto europeo, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2006, 1.
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!74
Capitolo Secondo
2) il rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia94;
94 L’art. 234 TCE (ora art. 267 TFUE) attribuisce al meccanismo del rinvio pregiudiziale la finalità di
assicurare l’uniformità interpretativa ed applicativa delle norme comunitarie nell’ambito degli
ordinamenti interni in vista di un riconoscimento e una tutela effettivi delle situazioni giuridiche
soggettive di origine comunitaria. Nel genus del rinvio pregiudiziale è possibile distinguere un rinvio
pregiudiziale di validità da un rinvio pregiudiziale di interpretazione. Sulla natura e sulle caratteristiche
del rinvio pregiudiziale si rinvia a CHITI M.P., Il rinvio pregiudiziale e l'intreccio tra diritto processuale
nazionale ed europeo: come custodire i custodi dagli abusi del diritto di difesa, in www.giustiziaamministrativa.it, 2012. VON BOGDANDY A., I principi fondamentali dell'Unione europea, op. cit..
SCHEPISI C., Rinvio pregiudiziale obbligatorio ed effettività della tutela giurisdizionale, Edizioni
università di Trieste, 2003. TRIDIMAS T., Knocking on heaven’s door: fragmentation, efficiency and
defiance in the preliminary reference procedure, in Com. market law rev., 2003, 9. ANDERSON D.W.K.–
DEMETRIOU M., References to the European Courts, London, 2002, 186. GIOVANNETTI T., L’Europa
dei giudici. La funzione giurisdizionale nell’integrazione comunitaria, Giappichelli, Torino, 2009.
MARTINICO G., L’ultima fase del processo di integrazione comunitaria: Fonti culturali versus fonti
politiche?, in www.federalismi.it, 2006. PESCATORE P., Il rinvio pregiudiziale di cui all’art. 177 del
Trattato CEE e la cooperazione tra la Corte e i giudici nazionali, in Foro it., 1986, V, 31. Secondo
Pescatore oggetto del rinvio pregiudiziale (sia di interpretazione che di validità) possono essere tanto le
disposizioni scritte quanto i principi generali del diritto comunitario. D’ALESSANDRO E., Il
procedimento pregiudiziale interpretativo dinanzi alla Corte di Giustizia. Oggetto ed efficacia della
pronuncia, Giappichelli, Torino, 2012. Tale fenomeno si ripercuote sugli ordinamenti nazionali
comportandone un progressivo riavvicinamento. Sui rapporti tra Corti nell’ambito del rinvio pregiudiziale
RAITI G., La collaborazione giudiziaria nell’esperienza del rinvio pregiudiziale comunitario, Giuffrè,
Milano, 2003. AZZENA L., Prospettive evolutive in tema di applicazione del diritto europeo e ruolo dei
giudici nazionali, in www.federalismi.it, 2005. Azzena evidenzia come il ruolo della Corte di giustizia sia
quello di “fornire al giudice nazionale tutti gli elementi d’interpretazione, che rientrano nel diritto
comunitario, atti a consentirgli di pronunciarsi sulla compatibilità delle norme nazionali con la norma
comunitaria” (Cgce, 29 giugno 1978, in causa C-154/77, Dechmann, in Racc. 1978). “Spetta invece al
giudice nazionale l’applicazione del diritto comunitario nel caso concreto e la valutazione comparativa
con il diritto”. Prosegue l’autrice affermando che “si va così delineando un sistema il cui fulcro è
costituito dal giudice (comune) nazionale, che, in ordine al diritto nazionale, assume la Corte di
Cassazione come riferimento per la sua interpretazione; in ordine al diritto comunitario, in ragione del
meccanismo di cui all’art. 234 TCE, assume come riferimento la Corte di giustizia, le cui sentenze, pur
avendo carattere meramente dichiarativo, e limitato al caso a quo, nella pratica finiscono per avere
anch’esse un’ efficacia di precedente”. CHITI M.P., Diritto amministrativo europeo, op. cit.. Con
riferimento al rinvio pregiudiziale interpretativo, l’autore precisa che “la decisione dul rinvio, facoltativa
od obbligatoria, è assunta dal giudice che tratta la questione controversia in cui è emersa la questione di
interpretazione della norma comunitaria. Spetta esclusivamente al giudice nazionale valutare, alla luce
delle particolari circostanze della causa, sia la necessità di una pronuncia pregiudiziale, sia la rilevanza
delle questioni che propone alla Corte. I poteri del giudice vanno considerati nella luce dell’obbligo di
cooperazione di cui all’art. 10 TCE. La Corte è, di regola, tenuta a statuire sulle questioni sottoposte, che
vertono sull’interpretazione del diritto comunitario (sentenza 15 dicembre 1995 causa C-415/93,
Bosman). Tuttavia in circostanze eccezionali, la Corte può esaminare le condizioni in cui è adita dal
giudice nazionale, al fine di verificare la propria competenza (sentenza 4 dicembre 2003, causa
C-448/2001)”.
!
!75
Capitolo Secondo
3) l’obbligo di disapplicazione della norma (e dell'atto amministrativo) in conflitto
con il diritto comunitario95.
Siffatti meccanismi processuali assolvono una rilevante funzione di garanzia nei
confronti dei cives, assicurando protezione alle situazioni soggettive individuali96. Tra i
rimedi a disposizione del giudice, la disapplicazione rende particolarmente efficace la
tutela dei diritti e delle libertà comunitari, in quanto strumento capace di sterilizzare, sia
pure limitatamente al caso di specie, gli atti nazionali in contrasto con il sistema
comunitario.
2.4. Classificazione e funzioni dei principi comunitari
Seguendo un approccio casistico ed antinominalista, la Corte di Lussemburgo ha
utilizzato le terminologie più varie, in assenza di una nomenclatura univoca ed
omogenea97: principi generali di diritto (o del diritto), principi generali del diritto
95
Sui caratteri della disapplicazione Corte cost., 11 luglio 1989, n. 389, in www.giurcost.it: "Tutti i
soggetti competenti nel nostro ordinamento a dare esecuzione alle leggi (…) tanto se dotati di poteri di
dichiarazione del diritto, come gli organi giurisdizionali, quanto se privi di tali poteri-come gli organi
amministrativi-sono giuridicamente tenuti a disapplicare le norme interne incompatibili con le norme
comunitarie”. A tali conclusioni la Corte è giunta dopo aver notato che “poiché la disapplicazione è un
modo di risoluzione delle antinomie normative, che oltre a presupporre la contemporanea vigenza delle
norme reciprocamente contrastanti, non produce alcun effetto sull’esistenza delle stesse, e pertanto non
può esere causa di qualsivoglia forma di estinzione o modificazione delle disposizioni che ne siano
oggetto, resta ferma l’esigenza che gli Stati membri apportino le necessarie modificazioni o abrogazioni
del proprio diritto interno al fine di depurarlo da eventuali incompatibilità o disarmonie con le prevalenti
norme comunitarie”. Va detto che attraverso la disapplicazione della fonte nazionale in conflitto con il
diritto comunitario, il giudice interno esercita un controllo diffuso di compatibilità comunitaria della
legge nazionale.
96 A riguardo si rinvia al saggio di MENGOZZI P., La tutela davanti ai giudici nazionali dei diritti
riconosciuti ai singoli ed i principi generali del diritto dell'Unione, Giuffrè, Milano, 2011. Secondo
Mengozzi "i giudici nazionali hanno visto progressivamente crescere il loro ruolo di garanti del rispetto
dei diritti riconosciuti ai singoli dal diritto comunitario. Questi giudici, a cui il Trattato istitutivo della
CEE permetteva ai singoli di domandare di promuovere davanti alla Corte procedimenti pregiudiziali di
invalidità di atti comunitari, sono venuti ad acquisire il diritto di chiedere ad essa l'accertamento della
contrarietà di norme nazionali al diritto UE e la non applicabilità di norme nazionali con questo
incompatibili, di pronunciare misure provvisorie in connessione con rinvii pregiudiziali alla Corte".
97
CAPELLI F., I principi generali come fonte del diritto, in Dir. com. sc. int., 1986.
!
!76
Capitolo Secondo
comunitario98, principi fondamentali del diritto comunitario, denotando così più
attenzione ai contenuti che alla forma. Di conseguenza non sussiste dei principi
comunitari alcuna classificazione rigorosa in sede pretoria99. Tali principi non
costituiscono un numerus clausus, bensì rappresentano un catalogo aperto suscettibile di
continui ritocchi. Una caratteristica in linea con la filosofia antiformalista del giudice
comunitario il quale, rifiutando le costrittive qualificazioni di teoria generale, procede
secondo un pragmatismo per obiettivi.
Ciononostante volendo, comunque, tentare una classificazione di massima dei
principi comunitari, è possibile ricorrere in primo luogo al criterio dell’origine,
distinguendo tra:
1) principi generali derivanti dal diritto internazionale;
98
Per un esame approfondito della tematica dei principi generali dell'ordinamento comunitario si
rinvia, senza alcuna pretesa di esaustività, a GROUSSOT X., General principles of community law,
Europa law publishing, 2006.VALVO A.L., Contributo allo studio della governance nella Unione
europea, Giuffrè, Milano, 2005. BERNITZ U.-NERGELIUS J.(eds.), General principles of European
community law, 2000. TORIELLO F., I principi generali del diritto comunitario. Il ruolo della
comparazione, Giuffrè, Milano, 2000. SIMON D., Y-a-t-il des principes généraux du droit
communautaire, in Droits, 14, 1991. ADINOLFI A., I principi generali nella giurisprudenza comunitaria
e la loro influenza sugli ordinamenti degli Stati membri, in Riv. it. dir. pubbl. comp., 1994. MARINELLI
C., I principi generali del diritto comunitario, in Riv. it. dir. pubbl. com., II, 1994. MALERBE J.,
L’égalité en matière fiscale dans la jurisprudence de la Cour de Justice des communautés européennes,
in Riv. it. dir. pubbl. com., 1994, II, 883. USHER J., General principles of European Community law,
Longman publishing, Edinburgh,1998. TRIDIMAS T., The general principles of EC law, Oxford, 1999.
DE BURCA G. The institutional developments of the EU: a constitutional analysis, in P. Craig-G. Burca
(a cura di) The evolution of EU law, New York, 2003. DE WITTE B., Direct effect, supremacy and the
nature of the legal order, op. cit.. SNYDER F., General course on constitutional law of the European
Union, in Academy of European law, collected courses of the Academy of European law, VI, the Hague,
1998, 41. TEMPLE LANG J., Community constitutional law, art. 5 EEC Treaty, in CMLR, 1990, 645.
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the individual, London, 1990. MARKESINIS B., The gradual convergence (foreign ideas, foreign
influences, and English law on the Eve of the 21 st. Century), Oxford, Clarendon press, 1994. CHITI
M.P., La meta dell’integrazione europea: Stato, unione internazionale o "monstro simile", in Riv. it. dir.
pubbl. comp. 1996. CARTABIA M., La tutela dei diritti nel procedimento amministrativo: la legge n. 241
del 1990 alla luce dei principi comunitari, Giuffrè, Milano, 1991.
99
CANANEA G.-FRANCHINI C., I principi dell’amministrazione europea, Giappichelli, Torino,
2010: In tema di principi qualsiasi “distinzione non rispecchia completamente la realtà, rispondendo più
che altro a una esigenza di sistemazione giuridica: quindi, essa ha valore tendenzialmente indicativo. Tra
i vari principi, invero, non vi è una separazione così netta, perché spesso si collegano e si intrecciano tra
loro, dando vita a diversificazioni non sempre chiarissime, in quanto connesse ad applicazioni che
variano a seconda dei casi (si pensi, in proposito, allo stretto legame che esiste tra i principi di legalità,
di certezza del diritto e di tutela del legittimo affidamento, tra quello di uguaglianza e quello di
imparzialità, tra quello di buon andamento e quello di efficiente ed efficace impiego delle risorse
finanziarie e così via). Inoltre, si riscontra una qualche difficoltà nell’opera di individuazione dei principi
stessi, perché, in mancanza di previsioni normative di carattere generale, diviene necessario seguire il
metodo empirico e, di conseguenza, risulta più difficile ricondurli a unità”.
!
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Capitolo Secondo
2) principi provenienti dai diritti nazionali;
3) principi propri delle Comunità Europee100.
Summa divisio di grande importanza è anche quella tra principi di primo grado
(primato, diretta applicabilità, efficacia diretta), esclusivi dell'ordinamento comunitario,
e principi di secondo grado, positivizzati nei Trattati o coniati dalla giurisprudenza, in
parte rinvenibili nelle tradizioni comuni degli Stati membri. Questi ultimi, a loro volta,
si articolano in tre sottocategorie:
a) principi generali del diritto comunitario;
b) principi propri del diritto amministrativo comunitario;
c) principi relativi ai procedimenti amministrativi comunitari.
Ogni forma di catalogazione è valida pur sempre nei limiti della relatività, anche in virtù
dell'approccio antiformalista della Corte di Lussemburgo, “estremamente proficuo
quando si tratta di applicare tali principi a controversie reali”101, al di là di mere
distinzioni nominalistiche.
Ai fini della presente trattazione la distinzione di maggior pregio può esser quella tra
principi scritti, ossia consacrati nei Trattati e principi non scritti elaborati dalla Corte di
giustizia102. I principi generali non scritti si collocano al livello dei Trattati in posizione
ad essi equiordinata. Certamente, tra questi, al vertice della gerarchia vengono situati i
principi fondativi dell'ordinamento comunitario (primato, diretta applicabilità, efficacia
diretta). A loro volta i principi non scritti si articolano in due ulteriori sub-categorie: un
primo gruppo comprende i principi desunti direttamente da disposizioni dei Trattati,
attraverso un'interpretazione teleologico-sistematica, secondo un metodo misto prima
100 TORIELLO F., I principi generali del diritto comunitario. Il ruolo della comparazione, op. cit..
Anche PICOD F., voce Principes généraux de droit, in A. Barav-C. Philip, Dictionnaire juridique des
communautées européennes, Paris, 1993, 858.
101
PICOZZA E., Diritto amministrativo e diritto comunitario, op. cit..
102 Sul punto si vedano PAPADOPOULOU R.E., Principes généraux du droit et droit communautaire,
Bruxelles, 1996. AKEHURST M., The application of general principles of law by the Court of Justice of
the european Communities, in British yearbook of international law, 1981. DE LA QUADRASALCEDO T., Manual de derecho administrativo comunitario, Madrid, 2000.
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Capitolo Secondo
induttivo e poi deduttivo103. Si tratta di un meccanismo di autointegrazione del sistema
con materiale esclusivamente comunitario (i Trattati).
Un secondo gruppo ricomprende i principi non scritti che la Corte ricostruisce in
base ad elementi esterni desunti dall’ordinamento internazionale o dalle tradizioni
costituzionali dei Paesi membri attraverso tecniche di interpretazione dinamica. Si è qui
al cospetto di un’attività eterointegrativa sia pure modellata sulle esigenze comunitarie.
La Corte di giustizia, pur attingendo al bacino giuridico degli Stati membri104,
sviluppa i principi in funzione degli obiettivi del sistema europeo. Il giudice
comunitario ha così modellato in via graduale il contenuto dei principi, adattandone
tanto il significato quanto l’ambito applicativo alle specifiche esigenze del caso
concreto105.
Tanto premesso a livello classificatorio, è ineludibile ora l'esame dei caratteri e delle
funzioni dei principi comunitari, in particolare dei principi di matrice giurisprudenziale.
I principi comunitari sono “quei principi che ordinando e sistematizzando una
molteplicità di regole particolari collegate tra loro in base alla natura, all’oggetto e
103 MONACO R., Les principes d’interprétation suivis par la Cour de justice des Communautés
européennes, Mélanges offerts à Henri Rolin (problémes de droit des gens), Paris, 1964. CICIRIELLO
M.C., Il principio di proporzionalità nel diritto comunitario, Editoriale scientifica, 1999, secondo la quale
la costruzione dei principi non scritti consta di due fasi: "La prima rappresentata da un processo
induttivo, che consiste nell’estrarre dall’insieme delle disposizioni del Trattato una regola fondamentale
mediante l’analisi della ratio legis delle norme concordanti, mettendo in evidenza l’essenza stessa
dell’istituto; la seconda in un processo deduttivo, che consiste nell’individuazione degli effetti che
conseguono all’applicazione del principio, in modo da pervenire a conseguenze giuridiche conformi,
applicando la regola al caso concreto".
104 Al di là del dato testuale dell’art. 288 TCE (ora art. 340 TFUE)-peraltro dall’ambito applicativo
limitato-la possibilità di attingere ai principi comuni degli Stati membri non sembra avere alcun
fondamento positivo. Tuttavia ciò è costantemente avvenuto. In proposito USHER J., The influence of
national concepts on decisions of the european Court, in Eur. law rev., 1976.
105
A rigore i principi del diritto comunitario andrebbero distinti da quelli desumibili dalle tradizioni
giuridiche degli Stati membri. Infatti i primi discendono da una lettura sistematica delle norme positive
europee, mentre i secondi sono ricavati da regole non scritte degli ordinamenti nazionali, adattati e
funzionalizzati alle esigenze comunitarie. In realtà i principi comunitari vengono costruiti dalla Corte di
giustizia attingendo proprio al patrimonio giuridico degli Stati membri sia pure con talune manipolazioni
funzionali agli obiettivi europei. In dottrina NEVILLE BROWN L.–JACOBS F.G., The Court of Justice
of the European Communities, London, 1977. CARTABIA M., La tutela dei diritti nel procedimento
amministrativo: la legge n. 241 del 1990 alla luce dei principi comunitari, op. cit.: "Senza dubbio
l'elaborazione operata dalla Corte di giustizia non consiste semplicemente in un'indagine sui principi in
vigore negli Stati seguita da una meccanica assunzione nell'ordinamento comunitario delle norme
maggiormente condivise. Al contrario, la Corte agisce in vista delle esigenze e delle peculiarità
dell'ordinamento comunitario, introduce elementi propri e originali e talvolta privilegia l'interpretazione
che di un determinato principio è stata data in un particolare ordinamento. I principi generali CEE non
corrispondono, perciò, al minimo comun denominatore delle norme fondamentali degli Stati membri".
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Capitolo Secondo
alla finalità perseguita adempiono ad una duplice funzione: interpretativa e normativa
nel contempo”106. Dunque essi ricevono plurime applicazioni fungendo da:
1) criteri interpretativi di altre fonti107;
2) strumenti di integrazione delle lacune del sistema108;
3) parametri di legittimità degli atti legislativi e amministrativi109.
Anche in ambito europeo, pertanto, l’impiego dei principi comunitari avviene per
finalità speculari alle esperienze giurisprudenziali nazionali, “ad uso integrativo,
correttivo, esplicativo delle disposizioni vigenti che risultano oscure, lacunose,
generiche”110.
I principi generali hanno la capacità di adeguare il sistema ai mutamenti del contesto
sociale, preservandone la vitalità e scongiurandone una rapida obsolescenza. Infatti ogni
principio, alla stregua di una clausola generale, ha la capacità di “far respirare il
diritto”111.
I principi, invero, “esprimono una forza normativa a cogente contenuto valoriale,
capace di riorientare l’applicazione della regola, quando questa secondo i criteri
106
CICIRIELLO M.C., L'Unione europea e i suoi principi giuridici, IV ed., Editoriale scientifica
Napoli, 2010.
107
CAPOTORTI F., Il diritto comunitario non scritto, in Tavole rotonde di diritto comunitario
promosse da G. Biscottini, II, Milano, 1983.
108
In tema di lacune si rinvia agli studi di CANARIS C.W., De la manière de constater et de combler
les lacunes de la loi en droit allemand, in Perelman (par le soin de), le problème des lacunes en droit,
Travaux du centre national de recherches de logique, Bruxelles, 1968. MENGOZZI P., Il diritto
comunitario e dell’Unione europea, Trattato di diritto commerciale e di diritto dell’economia, diretto da
Galgano F., vol. XI, Padova, 1997. Dalla prassi giurisprudenziale emerge che la Corte di giustizia per
colmare le lacune dell’ordinamento comunitario non fa sempre ed esclusivamente ricorso ai principi
generali, bensì utilizzi anche il diritto interno di uno Stato membro.
109 TOTH A. G., voce General principles of law. The Oxford encyclopaedia of European Community
law, I, Institutional law, Oxford, 1990.
110 ALPA G., I principi generali, II ed., in Trattato di diritto privato a cura di G. Iudica e P. Zatti op.
cit.. In tema anche PAGOTTO C., La disapplicazione della legge, op.cit.: "La categoria dei principi
generali occupa una posizione di primo piano all’interno delle stesse dinamiche evolutive del diritto
comunitario, considerato che, per giurisprudenza costante, sono indicati dalla Corte di giustizia come
primo parametro di riferimento per l’interpretazione delle norme settoriali che si presentino oscure". In
relazione a siffatta funzione assolta dai principi comunitari, in giurisprudenza, Trib. I grado, 6 ottobre
2005, in cause riun. T-22/02 e T-23/02, Sumitomo Chemical c. Commissione, in Racc. 2005, II-4065.
Cgce, 27 gennaio 1994, in causa C-98/91, Herbrink, 1994, I-223.
111
Sulle clausole generali come “organi respiratori del diritto” si veda POLACCO V., Le cabale del
mondo legale (1908), ora in Id., Opere minori, Modena, 1928.
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Capitolo Secondo
interpretativi applicabili, non appare più adeguata al mutato contesto economicosociale e comunque di sospingerla programmaticamente verso finalità rinnovate”112. In
questo modo si riconosce al sistema una chance di evoluzione in conformità alle
esigenze di volta in volta in rilievo113.
I principi comunitari vengono utilizzati dalla Corte di giustizia individualmente ma
anche congiuntamente114. La loro forza risiede proprio nella versatilità e capacità di
adattamento mediante le quali lo stesso principio può "essere rinvenuto (e pertanto
utilizzato) in situazioni e in contesti diversi, in quanto chiamato a giocare
contemporaneamente più ruoli e funzioni"115.
Come acutamente osservato, tali principi sono il simbolo di una rivoluzione storica
nella concezione del diritto in genere e del diritto pubblico in particolare. I principi
comunitari “denotano ampiamente il passaggio da una concezione statalista e
positivistica del diritto contrassegnato dal formalismo, rigorismo e tassatività
nell’applicazione e interpretazione del diritto, ad una concezione più aperta e
pluralistica nella quale assumono fondamentale importanza i diritti umani, anche a
contenuto economico, sociale, collettivo e diffuso”116.
I principi comunitari hanno avuto, e tuttora hanno, una carica “propellente” e
“delimitante” (Bobbio N.), sia come molla di sviluppo dell’integrazione sia come limite
all’azione dei pubblici poteri. In special modo quelli di matrice giurisprudenziale, grazie
alla forza espansiva e all’immediata precettività che li connota, operano come elementi
112
MASSERA A., I principi generali dell’azione amministrativa tra ordinamento nazionale e
ordinamento comunitario, in Dir. amm. n. 4 del 2005. Sull’argomento si veda anche FABIANI E., Norme
elastiche, concetti giuridici indeterminati, clausole generali, “standards” valutativi e principi generali
dell’ordinamento, in Foro it., 1999.
113 TESAURO G., Diritto dell’Unione europea, VI ed., op. cit.. Secondo l’autore i principi comunitari
riceverebbero molteplici applicazioni, venendo utilizzati talvolta come criteri di interpretazione, talaltra
per individuare limiti all’esercizio del potere da parte dell’amministrazione e più in generale per acclarare
la legittimità di un atto o di un comportamento dei pubblici poteri (Stati membri e istituzioni
dell’Unione).
114
Cgce, 17 luglio 1997, in causa C-183/95, Affish, in Racc. 1997.
115
MASSERA A., I principi generali dell’azione amministrativa tra ordinamento nazionale e
ordinamento comunitario, op. cit..
116
PICOZZA E., Diritto amministrativo e diritto comunitario, op. cit..
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!81
Capitolo Secondo
di integrazione e di conformazione, tali da costituire un’area giuridica comune,
attraverso un circuito simbiotico tra regole comunitarie e regole nazionali.
Siffatti principi promuovono e favoriscono, inoltre, l'apertura di nuovi e più estesi
spazi di libertà per il cittadino e per la tutela delle situazioni soggettive individuali, in
conformità agli scopi dei Trattati. Invero i principi comunitari della certezza del diritto,
di proporzionalità, del legittimo affidamento, del giusto procedimento e dell'effettività
della tutela giurisdizionale scardinano il tradizionale assetto dei rapporti amministrativi
fondato sull'impari dialettica tra autorità e libertà117, assicurando all'individuo una
maggior protezione a fronte dell’esercizio del potere118, attraverso l'imposizione di una
serie di prescrizioni agli organi pubblici nazionali. A mutare è la stessa concezione del
potere e dell’autorità: per il diritto comunitario l’esercizio del potere non si identifica
nella “volontà di un Sovrano unitario” bensì è “comune esercizio da parte di una
pluralità di attori”119. In questa prospettiva i poteri amministrativi tendono a
117
In ordine alla concezione del diritto amministrativo quale disciplina deputata a regolare il conflitto
tra l'autorità pubblica e la libertà privata GIANNINI M.S., Lezioni di diritto amministrativo, vol. I,
Giuffrè, Milano, 1950: "Vi sono nelle comunità statali due forze, l’autorità e la libertà, le quali hanno dei
centri di appoggio e di espansione. (...) Ciascuna delle due forze, in quanto opera, comprime l’altra e la
riduce:esse possono così considerarsi come momenti di un procedimento dialettico. (...) L’autorità, in
quanto agisce, incide, e non può in alcun modo evitarlo, nell’ambito delle libertà guarentigiate; così
come, per converso, non meno continua è la riaffermazione della libertà ovunque l’autorità ceda o non
possa intervenire”. Tale ricostruzione viene successivamente abbandonata dall’autore a seguito del
riconoscimento della acquisita coralità del diritto amministrativo che tende progressivamente ad evolversi
in una direzione multipolare, non più antagonistica. Sulla dialettica autorità-libertà anche DE FINA G.,
La teleologia degli atti nel rapporto autorità-libertà, Cedam, Padova, 1974. MATTARELLA B.G., Il
rapporto autorità-libertà e il diritto amministrativo europeo, in Riv. it. dir. pubbl. com., 2006. STIPO M.,
L’interesse legittimo nella prospettiva storica, Atti dei convegni per le celebrazioni dell’opera Giustizia
amministrativa (1903) del Prof. Cino Vitta, op. cit.. L’autore ritiene che “la contrapposizione classica
autorità–libertà, figlia dell’esaltazione della sovranità quale attributo indefettibile dello Stato-ente o
Stato-soggetto o Stato-persona che dir si voglia va oggi storicamente rivisitata. Nell’ordinamento
democratico e pluralista la società entra in vario modo negli apparati amministrativi ed i due termini del
rapporto, pubblica amministrazione-apparato e società civile, pur restando inequivocabilmente distinti,
tendono, per quanto e nella misura in cui può essere possibile, a compenetrarsi”. MASSERA A.,
L’amministrazione e i cittadini nel diritto comunitario, in Riv. trim. dir. pubbl. n. 1 del 1993: "La
contrapposizione dicotomica autorità-libertà quale sintesi emblematica ma soprattutto tendenzialmente
esaustiva dell’essenza del rapporto amministrativo, non riesce a soddisfare le pretese che il cittadino
porta con sé e nel rapporto con l’amministrazione”.
118 SANNA TICCA E., Cittadino e pubblica amministrazione nel processo di integrazione europea,
op. cit., secondo la quale “l’ordinamento comunitario e in particolare il sistema amministrativo riserva in
progressione un ruolo centrale, costruendo i rapporti giuridici tra cittadino e amministrazione, partendo
dalle sue pretese in quanto cittadino e quindi in una prospettiva antropocentrica”. AZZENA L.,
L’integrazione attraverso i diritti. Dal cittadino italiano al cittadino europeo,Torino, 1998.
119
VON BOGDANDY A., I principi costituzionali dell’Unione europea, op. cit..
!
!82
Capitolo Secondo
democratizzarsi, stemperando gli aspetti unilaterali e imperativi, a fronte del
riconoscimento di garanzie partecipative ai destinatari dell’attività amministrativa120.
2.5. L'attività della Corte di giustizia nella elaborazione ed applicazione dei
principi comunitari nel segno dell'allargamento degli spazi di libertà del cittadino
Nell'alveo del sistema giurisdizionale propriamente comunitario operano la Corte di
Giustizia121 e, dal 1988, il Tribunale di primo grado. In particolare la Corte di Giustizia
è il custode dell’interpretazione e applicazione del diritto comunitario122 quale giudice
della nomofilachia123 che, intervenendo sui rinvii pregiudiziali o sui ricorsi presentati da
Stati, istituzioni, persone fisiche e giuridiche, ha fatto largo uso della categoria dei
principi non scritti.
In questo modo, la Corte di Lussemburgo, influenzando l'attività dei giudici
nazionali, ha contribuito ad ampliare, di intensità ed estensione, il raggio di tutela delle
situazioni soggettive individuali conferite dall'ordinamento comunitario. E lo ha fatto
attraverso i principi generali a cui è ricorsa in modo frequente, incisivo e creativo.
120
BASSI F., Lezioni di diritto amministrativo, VIII ed., Giuffrè, Milano, 2008. Per l'autore
l’influenza dell'ordinamento comunitario sul sistema italiano genera, da un lato, l’espansione di quei
principi amministrativi posti a presidio delle libertà individuali, dall’altro la regressione di tutti gli istituti
fondati sulla autoritarietà del potere e sulla prevalenza tout court dell’azione pubblica sulle situazioni
giuridiche soggettive dei c.d. amministrati.
121
Sul ruolo della Corte LIAKOPOULOS D.–ROMANI M., Il ruolo della Corte di giustizia delle
Comunità europee, Cedam, 2009. MIGLIAZZA M., La Corte di giustizia delle comunità europee,
Milano, 1961. GREMENTIERI V., Il processo comunitario-principi e garanzie fondamentali, Milano,
1973.
122 Sui criteri seguiti dalla Corte di Giustizia in sede di interpretazione del diritto comunitario si rinvia,
a titolo esemplificativo, a MARTIN DE WILMARS J., Réflexion sur les méthodes d’interprétation de la
Cour de Justice des Communautés européennes, in Ch. Dr. Europ., 1986, 5.
123
In ordine alla funzione nomofilattica della Corte di giustizia si veda il recente lavoro di BARONE
A., Giustizia comunitaria e funzioni interne, op. cit.. In base all’art. 220 TCE (ora art. 19 TUE) “la Corte
di giustizia e il Tribunale di primo grado assicurano, nell’ambito delle rispettive competenze, il rispetto
del diritto nell’interpretazione e nell’applicazione del presente Trattato”. Secondo l'autore “gli effetti
della sentenza resa ex art. 234 non sono limitati alla sola vicenda specifica, ma operano in ogni altra
ipotesi in cui entri in gioco la medesima questione interpretativa affrontata dal giudice comunitario. Tali
effetti inoltre sono retroattivi, salvo che la stessa Corte li circoscriva temporalmente. La sentenza
interpretativa, infatti, ha valore dichiarativo, piuttosto che costitutivo; essa chiarisce e precisa il
significato della norma comunitaria come deve o avrebbe dovuto essere intesa e applicata dal momento
della sua entrata in vigore”. La stessa Corte costituzionale italiana ha riconosciuto forza vincolante alle
pronunce interpretative della Corte di giustizia nei riguardi di tutti i soggetti giuridici della Comunità. Per
l'autore il valore delle sentenze del giudice lussemburghese si spiega in ragione dell’art. 117 I co. Cost. il
quale, nel subordinare la funzione legislativa nazionale al rispetto dei vincoli derivanti dall’ordinamento
comunitario, include, sia pure per implicito in quest’ultimo parametro, anche il diritto giurisprudenziale e
di conseguenza l’opera di interpretazione uniforme posta in essere dal giudice europeo.
!
!83
Capitolo Secondo
Proprio l’espansione dei compiti della Comunità ha costretto la Corte di giustizia ad
utilizzare norme di più ampio respiro (i principi generali), tali da favorire i futuri
sviluppi del sistema; principi non scritti, disegnati dalle pronunce giurisprudenziali che
assurgono al rango di norme primarie tanto in ambito comunitario quanto nei singoli
ordinamenti statali. Inoltre “le scelte di metodo della Corte di giustizia, che sono
peraltro conseguenti alla concezione del sistema giuridico comunitario in chiave
funzionale all’allargamento dei diritti dei cittadini, hanno influito in modo rilevante
anche sui canoni interpretativi della normativa comunitaria”124. I principi non scritti,
decodificati dalla giustizia comunitaria, infatti, sono progressivamente penetrati negli
ordinamenti nazionali influenzando e sensibilizzando i pubblici poteri (corti
domestiche, amministrazioni) in ordine alla difesa delle libertà e delle situazioni
soggettive individuali.
E in special modo nel diritto amministrativo statuale le dinamiche di esercizio del
potere sono state riscritte alla luce dei principi di tendenziale paritarietà125 e di piena
collaborazione tra amministrazione e cives126. Infatti il giudice europeo, rinvenendo nei
Trattati principi a garanzia dei singoli, ha interpretato estensivamente siffatte norme,
orientandole finalisticamente alla protezione delle libertà individuali.
124 ASTONE
F., Integrazione giuridica europea e giustizia amministrativa, Napoli, 1999.
125
Un antesignano in tal senso è stato BENVENUTI F., Per un diritto amministrativo paritario, in
Studi in memoria di E. Guicciardi, Padova, 1975. Secondo l'autore il diritto amministrativo deve poter
eliminare "tutto ciò che comunque restringa per il cittadino la difesa della propria sfera giuridica".
126 SANNA TICCA E., Cittadino e pubblica amministrazione nel processo di integrazione europea,
op. cit.: "Tali principi creano un nuovo e significativo rapporto fra amministrazioni e cittadini improntato
ad una parità sostanziale. Tale parità emerge nei confronti delle p.a. dalla tendenziale assenza di
privilegi, ammessi solo in presenza di una causa di giustificazione, e dalla previsione di pari opportunità
fra singoli e p.a. nell'utilizzare poteri e facoltà ad essi pertinenti in ragione della loro collocazione e delle
attribuzioni all'interno dell'ordinamento giuridico. Tale sistema di garanzie comunitarie influenza
incisivamente il diritto amministrativo nazionale sotto il profilo del rispetto delle garanzie del privato,
soprattutto di quelle procedimentali, ad esso riconosciute (...). Esse conformano il procedimento in un
rapporto nuovo e diverso fra p.a. e soggetti coinvolti nell'azione amministrativa. I privati, infatti,
attraverso il procedimento che si svolge in contraddittorio, intervengono in maniera collaborativa già in
sede di definizione degli interessi e assumono il ruolo di coprotagonisti delle decisioni
dell'amministrazione".
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Capitolo Secondo
La Corte di giustizia, nel duplice ruolo di giudice costituzionale e amministrativo127,
da sempre contribuisce con profitto alla crescita dell’ordinamento comunitario
attraverso pronunce finalizzate alla creazione di nuovi principi128 o alla interpretazione
di principi esistenti, attingendo sia nei diritti interni dei vari Paesi sia nel diritto
pubblico internazionale129, in conformità agli scopi dei Trattati.
Secondo parte della dottrina130 i principi del diritto comunitario non scritto, elaborati
dalla Corte “appaiono il frutto di un’interpretazione che tiene conto al tempo stesso dei
metodi ermeneutici tradizionali e dei caratteri propri della Comunità”131;
un’interpretazione, pertanto, di tipo teleologico-sistematico132.
127
CHITI M.P., I signori del diritto comunitario: la Corte di giustizia e lo sviluppo del diritto
amministrativo europeo, op. cit.. L’autore evidenzia il doppio ruolo della Corte di giustizia, cioè di Corte
costituzionale in relazione ai Trattati e di supremo giudice amministrativo degli atti dei pubblici poteri, in
virtù dell'indistinzione a livello comunitario tra normazione e amministrazione.
128
CAPOTORTI F., Il diritto comunitario non scritto, op. cit..
129
GAJA G., Principi del diritto (diritto internazionale), in Enc. dir., XXXV, Giuffrè, Milano, 1986.
130
CICIRIELLO M.C., Il principio di proporzionalità nel diritto comunitario, op. cit..
131
BALLARINO T., Diritto dell'Unione europea, Cedam, Padova, 2010.
132
La Corte di giustizia ritiene che “ai fini dell’interpretazione di una norma di diritto comunitario si
deve tener conto non soltanto della lettera della stessa, ma anche del suo contesto e degli scopi perseguiti
dalla normativa di cui essa fa parte” (Cgce, 17 ottobre 1995, in causa C-83/94, Leifer e al., in Racc.
1995, 3231). Inoltre, secondo il giudice di Lussemburgo, “ogni disposizione di diritto comunitario va
ricollocata nel proprio contesto e interpretata alla luce dell’insieme delle disposizioni del suddetto
diritto, delle sue finalità, nonché del suo stadio di evoluzione al momento in cui va data applicazione alla
disposizione di cui trattasi” (Cgce, 6 ottobre 1982, in causa C-283/81, Cilfit, in Racc. 1982, 3415).
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Capitolo Secondo
Nella creazione dei principi133 il giudice comunitario ha, in primo luogo, cercato di
ricavarli in via interpretativa dalle stesse norme di diritto scritto (i Trattati). Nei casi di
impossibilità, seguendo logiche comparatistiche134, ha attinto alle tradizioni giuridiche
dei Paesi membri135, ispirandosi, altresì, al metodo esegetico dei giudici nazionali.
Normalmente, infatti, la Corte procede secondo il metodo induttivo attraverso il
quale seleziona i principi estraendoli da specifiche norme di diritto internazionale e dai
vari ordinamenti statali, rielaborando poi il materiale raccolto secondo le esigenze
comunitarie136. In relazione alle tecniche applicative, il giudice di Lussemburgo nelle
proprie pronunce fa uso dei principi generali secondo un metodo di origine kelseniana
volto più alla salvaguardia del sistema comunitario unitariamente inteso che non alle
133
Sulla funzione creativa della Corte di Giustizia RIVERO J.-WALINE J., Droit administratif, Paris,
2000. RIVERO J., Le problème de l’influence des droits internes sur la Cour de justice de la communautè
européenne du charbon et de l’acier, in Annuaire francais de droit international, 1958. Egli, muovendo
dall’idea che il giudice non possa esimersi dal render giustizia, ribadisce il ruolo creativo della Corte di
giustizia che si pone al crocevia dell’intreccio di relazioni tra gli ordinamenti nazionali e l’ordinamento
comunitario. MIGLIAZZA A., La Corte di giustizia delle Comunità europee, op. cit.. TIZZANO A., La
Corte di Giustizia delle Comunità europee, Jovene, Napoli, 1967. NOURISSAT C., La jurisprudence de
la Cour de Justice des Communautés européennes: Un regard privatiste à partir de l’actualité, in
AA.VV., La création du droit par le Juge, Paris, 2006. CAPOTORTI F., Le sentenze della Corte di
giustizia delle comunità europee, in AA.VV., La sentenza in Europa. Metodo, tecnica e stile, Padova,
1988. HARTLEY T.C., The foundations of European Community law, op. cit.. POCAR F., Diritto
dell’Unione europea, XI, Giuffrè, Milano, 2010. Secondo l'autore deve riconoscersi alla Corte “la
funzione di creare, sulla base di una utilizzazione delle norme interne come elementi di fatto, norme
giuridiche nuove destinate ad assicurare lo svolgimento della sua attività giurisdizionale”. Infatti nei casi
in cui la Corte “si è trovata a non poter utilizzare principi comuni, per risolvere situazioni sottoposte alla
sua cognizione e ha dovuto prescinderne totalmente, ha finito per svolgere una funzione di creazione
autonoma delle norme giuridiche da applicare e di integrazione pertanto della normativa contenuta nei
Trattati e negli atti delle istituzioni comunitarie”.
134
Contra GAJA G., Introduzione al diritto dell’Unione europea, op. cit.. Secondo l'autore in poche
pronunce è possibile ritrovare una vera analisi comparativa. Infatti la Corte di Lussemburgo muove
spesso da principi comuni solo ad alcuni degli Stati membri ispirandosi alle soluzioni praticate in alcuni,
e alle volte in uno soltanto, degli ordinamenti nazionali.
135 ZWEIGERT K., Les principes généraux du droit des Etats membres, in W.J. Ganshof Van der
Meersch (sus la direction de) Les nouvelles. Droit des communautès européennes, Bruxelles, 1969. In
giurisprudenza Cgce, 18 maggio 1982, in causa C-155/79, AM&S Europe limited c. Commissione, in
Racc. 1982, secondo la quale il diritto comunitario “deve tener conto dei principi e delle concezioni
comuni ai diritti” degli Stati membri in quanto esso deriva da “una compenetrazione non soltanto
economica, ma anche giuridica fra gli Stati membri”.
136
CERRI A., L’integrazione europea nella giurisprudenza delle Corti, in Riv. trim. dir. pubbl. com.,
1999, 1489: In ambito amministrativo, ad avviso dell’autore, “la Corte di giustizia ha assolto ad un
compito che va oltre la mera interpretazione per assumere un rilievo integrativo/creativo. Punto di
partenza, come per i principi di diritto costituzionale, sono stati gli ordinamenti degli Stati membri e le
loro tradizioni giurusprudenziali (...): i principi amministrativi del diritto comunitario non sono peraltro
un massimo comun divisore dei principi dei diritti degli Stati membri, ma vengono desunti da questi al
meglio, attraverso cioè un momento di selezione”.
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Capitolo Secondo
singole norme137. L’approccio del giudice di tipo casistico è teleologicamente orientato
alla ricerca di una regola superiore utile alla risoluzione della controversia.
La Corte, quando applica i principi comuni degli Stati membri, si avvale della
tecnica dell'“integrazione selettiva”138, scegliendo e adattando alle finalità comunitarie
la disciplina nazionale in tal senso più idonea. A ciò può accompagnarsi, alle volte, il
ricorso a forme di diritto comparato.
In genere il giudice di Lussemburgo “tende a non precisare i contenuti specifici dei
diversi principi che applica, al fine di garantirsi uno spazio di discrezionalità per la
creazione di regole materiali”139. In quest’ottica, con esclusione di ogni automatismo,
egli “opera una selezione qualitativa che lo conduce a valutare liberamente il grado di
generalità dei principi reputati comuni”140, facendo così assurgere a principi generali
dell'ordinamento comunitario anche soluzioni nazionali minoritarie. Il materiale
giuridico delle varie tradizioni nazionali, ove recepito, viene, infatti, rimodellato dalla
Corte sulle specifiche finalità comunitarie141, attraverso un'attività discrezionale
manipolativo-integrativa, che ben si adatta alla duttilità dei principi. Nelle fattispecie
sottoposte al proprio vaglio, il collegio lussemburghese può esser chiamato a dirimere
conflitti tra due o più principi142, compiendo attente valutazioni ponderative di
prevalenza o coesistenza tra i medesimi.
Il grande merito dei principi generali si rinviene nella loro capacità di fungere da
formidabile veicolo di circolazione di regole e istituti giuridici da (e verso) gli
137
Cgce, 5 marzo 1996, in causa C-46 e 48/93, Brasserie du Pêcheur e Factortame III, in Racc. 1996.
138
Sulle tecniche di integrazione selettiva MENGOZZI P., Diritto privato e diritto comunitario, in
Trattato di diritto privato, diretto da P. Rescigno, 1, Torino, 1999. BREDIMAS A., Methods of
interpretation and communities law, Amsterdam, 1978. BOULOUIS J., A propos de la fonction normative
de la jurisprudence, Mélanges offerts à Marcel Waline, Paris, 1974.
139 CICIRIELLO M.C., Il principio di proporzionalità nel diritto comunitario, op. cit.. Dello stesso
avviso anche ADINOLFI A., I principi generali nella giurisprudenza comunitaria e la loro influenza
sugli ordinamenti degli Stati membri, op. cit..
140
SIMON D., Y-a-t-il des principes généraux du droit communautaire, op. cit..
141
BADIALI G., Il diritto degli Stati nelle Comunità europee, Milano, 1971.
142
PICOZZA E., Diritto amministrativo e diritto comunitario, op. cit.. L'autore adduce come esempio
l’ipotesi di contrasto tra il principio dello sviluppo sostenibile in materia ambientale e quello di
precauzione.
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!87
Capitolo Secondo
ordinamenti nazionali. La maggior parte dei principi generali, pur avendo origine
nazionale, viene plasmata a livello comunitario per poi ridiscendere nelle realtà statuali
con sembianze nuove. L’attività promozionale e propulsiva del giudice europeo ha
inciso profondamente sull’azione dei giudici comuni, sempre più dediti alla mission
dell'applicazione immediata, diretta ed effettiva della normativa comunitaria143. È
quindi evidente come le convergenze progressive e multidirezionali tra sistemi
giuridici144 si siano realizzate più nelle aule di giustizia che non nelle sedi legislative,
mediante la tracimazione dei principi di origine pretoria nell’ordinamento italiano.
Come accennato nel primo capitolo, la generalità dei principi comunitari si coniuga,
inoltre, con l’effetto espansivo di cui essi sono dotati, sicchè gli stessi trovano
applicazione non solo nei confronti delle situazioni giuridiche comunitarie ma anche nei
riguardi di quelle nazionali non ancora coperte o interessate dal diritto europeo145.
Sarebbe, infatti, contrario al principi di uguaglianza diversificare il trattamento di
identiche situazioni in base alla natura della fonte (comunitaria o nazionale). La forza
espansiva dei principi tende così ad omogeneizzare i diritti nazionali attraverso
un’osmosi delle rispettive discipline.
Pur non disconoscendo gli importanti meriti della Corte di Lussemburgo nella
crescita del sistema comunitario, da più parti si paventa il pericolo che il giudice
europeo, esercitando poteri eccessivamente discrezionali, possa travalicare i limiti del
decisum giudiziale, sconfinando in una attività ultronea di policy-making146. La dottrina
maggioritaria è, però, di diverso avviso. In primo luogo perchè la Corte avrebbe una
capacità di self-restraint della propria discrezionalità. Inoltre poichè la maggior parte
143
MONTEDORO G., Ruolo del giudice e diritto europeo, in www.giustamm.it.
144 ADINOLFI A., I principi generali nella giurisprudenza comunitaria e la loro influenza sugli
ordinamenti degli Stati membri, op. cit.. VON BOGDANDY A., I principi costituzionali dell’Unione
europea, in Riv. dir. pubbl. comp. eur., n. 2 del 2005.
145
Lo spill over effect è di immediata percezione, ad esempio, in materia di appalti sotto soglia
comunitaria cui a livello nazionale sono stati progressivamente estesi i principi e le regole comunitari
applicabili teoricamente ai soli appalti sopra soglia. Sulla forza contagiosa dei principi comunitari.
ABRAHAM R., Les Principes généraux de la protection juridictionnelle administrative en Europe:
l’influence des jurisprudences européennes, in Rev. eur. dr. publ., 9, 1997, 577.
146
Tra i vari RASMUSSEN H., On law and policy in the European Court of Justice: a comparative
study in judicial policymaking, Dordrecht, 1986. Così facendo la Corte verrebbe a perdere “authority and
legitimacy”, trasformandosi in un’istituzione politica priva di base democratica.
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Capitolo Secondo
degli orientamenti dei giudici comunitari, per l’elevato tasso di prevedibilità, è solita a
conformarsi alle premesse date e agli obiettivi perseguiti, riducendo così i margini di
arbitrio.
Il ruolo fondamentale dei principi generali, oltre ad essere ribadito nelle pronunce
della Corte di giustizia, viene altresì sancito expressis verbis sul piano del diritto
positivo all'art. 6 del Trattato di Maastricht147 e all’art. 117 co. I Cost.148. Quest'ultima
disposizione sottopone la legislazione statale e regionale al rispetto dei vincoli derivanti
dall’ordinamento comunitario ossia all’osservanza dell’intero acquis communautaire
(Trattati, atti di diritto derivato e giurisprudenza comunitaria149).
Delineate le funzioni e le caratteristiche dei principi comunitari è d'obbligo
analizzare la questione del fondamento giuridico della potestà di elaborazione dei
principi ad opera della Corte di giustizia. La stessa Corte, nella sentenza Stauder del
1969150, si è auto-riconosciuta il potere di formulare principi generali. In tale pronuncia
il giudice di Lussemburgo, muovendo dall’art. 288 TCE (ora art. 340 TFUE), si è,
invero, autoattribuito la potestà di forgiare principi generali nonchè di vigilare sulla
osservanza dei medesimi. La situazione è stata poi favorita dal clima collaborativo nel
quale i giudici nazionali, attraverso frequenti rinvii pregiudiziali, hanno
147
PIZZORUSSO A., Il patrimonio costituzionale comune, il Mulino, Bologna, 2000.
148
Dispone in tal senso l’art. 117 co. I Cost.: "La potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle
Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli
obblighi internazionali”. La previsione comprende anche i principi comunitari di elaborazione pretoria, i
quali vengono a qualificarsi come norme interposte tra la legge e la Costituzione, idonee, pertanto, ad
integrare il parametro di legittimità costituzionale. Un ulteriore conferma della forza e dell’importanza
assunta dalla normazione comunitaria nel sistema italiano.
149
Sul ruolo e sulle funzioni complessive dei principi comunitari MASSERA A., I principi generali,
in Trattato di diritto amministrativo europeo, diretto da Chiti M.P. e Greco G., Parte generale, tomo I,
Giuffrè, 2007: “In primo luogo i principi generali assicurano la tenuta complessiva del sistema
comunitario, presidiando e garantendo le compatibilità ordinamentali tra il livello sovranazionale e
quelli nazionali. In secondo luogo, integrano e arricchiscono il parametro di legalità cui è assoggettata
la amministrazione nel suo modo di essere e di agire nei confronti degli individui e delle collettività di
riferimento. In terzo luogo, consentono e favoriscono la circolazione dei modelli e degli istituti giuridici
tra i vari ordinamenti, non solo con una direzione che va dal basso verso l’alto o viceversa, ma anche
secondo linee orizzontali”.
150
Cgce, sentenza 12 novembre 1969, in causa C-29/69, Stauder. in Racc. 1969. La Corte altresì
afferma che “i diritti fondamentali della persona fanno parte dei principi generali del diritto e, in quanto
tali, della propria competenza a garantirne l’osservanza”.
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Capitolo Secondo
progressivamente conferito alla Corte di giustizia piena legittimazione a produrre diritto
vivente (Lebendes Recht), “esportando dubbi” ed “importando principi”151.
Secondo parte della dottrina152, il potere creativo della Corte di Lussemburgo
rinverrebbe il proprio referente normativo nell’art. 220 TCE (ora art. 19 TUE) che
attribuisce al giudice europeo il compito di assicurare nell’interpretazione e
applicazione del diritto comunitario il rispetto del diritto. Secondo altro orientamento la
legittimazione della Corte di giustizia si ricaverebbe, invece, dall’art. 173 TCE (ora art.
263 TFUE), disposizione che abilita il giudice a pronunciarsi sui ricorsi per violazione
del Trattato o di “qualsiasi regola di diritto relativa alla sua applicazione”153, con la
possibilità anche in questo caso di avvalersi ogni fonte giuridica disponibile.I principi
generali hanno per lo più natura non scritta, poichè una loro indiscriminata
positivizzazione ne ingesserebbe oltremodo l’operatività. Tuttavia tra i principi
giurisprudenziali, che hanno ricevuto in seguito codificazione, si segnalano il principio
di proporzionalità154, il principio di non discriminazione in base alla nazionalità155, il
principio di libera circolazione delle merci156 e delle persone157 e nell’ambito della
151
COCCO G., Incompatibilità comunitaria degli atti amministrativi, coordinate teoriche ed
applicazioni pratiche, in Riv. it. dir. pubbl. com., 2001, 447. In tema anche TARULLO S., Il giusto
processo amministrativo. Studio sull’effettività della tutela giurisdizionale nella prospettiva europea, op.
cit.: Attraverso la legittimazione dei giudici degli Stati membri “la Corte di giustizia si è potuta
accreditare come organo di produzione del diritto comunitario al più alto livello nel sistema delle fonti
sovranazionali (vale a dire al livello dei principi), e con caratteri del tutto peculiari: rimanendo estranea
ai mutevoli orientamenti delle burocrazie nazionali (...) essa si è dimostrata capace-nei fatti-di produrre
in tempi relativamente celeri regole certe, stabili e (accettate come) cogenti; regole la cui effettiva
applicazione, grazie alla diffusa ricettività dei giudici nazionali, si è imposta a dispetto degli
atteggiamenti non sempre collaborativi dei legislatori interni e delle posizioni talora eccessivamente
caute dello stesso legislatore comunitario”.
152 PESCATORE P., Diritto comunitario e diritto nazionale secondo la giurisprudenza della Corte di
giustizia delle comunità europee, in Foro it., IV, 1970.
153
SCHERMERS H.G., Judicial protection in the European Communities, Antwerp, 1983.
154 In tal senso l’art. 5 TCE recita: "L’azione della comunità non va al di là di quanto necessario per il
raggiungimento degli obiettivi del presente Trattato".
155 Art.
12 TCE, ora art. 30 TFUE.
156 Art.
23 TCE ora art. 28 TFUE.
157 Art.
39 TCE, ora art. 39 TFUE.
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Capitolo Secondo
Carta di Nizza (oggi “comunitarizzata”158), il diritto di accesso (art. 42)159 e il diritto ad
una buona amministrazione (art. 41)160.
I principi procedurali, come la partecipazione degli interessati, l’obbligo di
motivazione e trasparenza, nonchè quelli posti a tutela delle libertà fondamentali e delle
situazioni giuridiche individuali, costituiscono parti essenziali non soltanto di un diritto
amministrativo ormai comune a più sistemi giuridici, ma anche di una “international
rule of law”161 o di una “rule of law globale”162.
Tali principi, dalla portata traversale, investono con la propria vis expansiva le realtà
nazionali, esaltando, da un lato, i diritti e le pretese del cittadino e ridimensionando,
dall'altro, il privilegiato autoritarismo dei pubblici poteri.
2.6. L'importanza delle sentenze della Corte di giustizia nel quadro di una
progressiva valorizzazione del diritto giurisprudenziale
La capillare infiltrazione dei principi comunitari nell'ordinamento italiano si deve
innanzitutto al ruolo di fonte del diritto attribuito alle pronunce della Corte di giustizia
che hanno forgiato e sviluppato tali principi. Le sentenze del giudice comunitario,
infatti, a differenza delle comuni statuizioni giurisdizionali, esplicano una efficacia non
già inter partes ma erga omnes, ponendosi al vertice del sistema comunitario delle
fonti163. Le pronunce del giudice di Lussemburgo hanno contribuito in maniera decisiva
158
POLLICINO O.–SCIARABBA V., La Carta di Nizza oggi, tra “sdoganamento giurisprudenziale”
e Trattato di Lisbona, in Dir. pubbl. comp. eur., n. 1 del 2008.
159
Peraltro già previsto all'art. 255 TCE (ora art.15 TFUE).
160
In tema WAKEFIELD J., The right to good administration, Kluwer, 2007. BIFULCO R., Art. 41.
Diritto ad una buona amministrazione, in L'Europa dei diritti (a cura di) Bifulco R., Cartabia M., Celotto
A., Bologna, 2001. KÁNSKA K, Towards Administrative Human Rights in the EU. Impact of the Charter
of Fundamental Rights, in Eur. Law Journ., 2004, 296. SANNA TICCA E., Cittadino e pubblica
amministrazione nel processo di integrazione europea. op. cit..
161 PETERSMANN E.U., How to promote the international rule of law?, in Journal of International
Economic Law, 1, 1998, 25.
162
CASSESE S., Oltre lo Stato, op. cit..
163 AMALFITANO C., L’acquis comunitario: da esperienza giuridica a fattore di integrazione, in Dir.
UE, n. 4, 2009. CURTI GIALDINO C., Acquis communautaire, in Dir. UE, 1996. GUARINO G., Verso
l'Europa. Ovvero la fine della politica, Milano, 1997. PREDIERI A., Il diritto europeo come formante di
coesione e come strumento di integrazione, in Dir. UE, 1996.
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Capitolo Secondo
alla europeizzazione del diritto nazionale e segnatamente del diritto amministrativo, in
un contesto intriso della cultura positivista del primato della legalità formale164.
L’esaltazione della figura del giudice si inscrive nella crisi dello Stato “come
contenitore, misura e marchio d’origine dell’istituzione giudiziaria” (Ferrarese M.R),
oltre che nell’appannamento della sovranità statale e nell’eclissi dello strumento
legislativo. Tali fenomeni hanno prodotto un rimescolamento degli assetti politici ed
istituzionali, valorizzando l’attivismo creativo dei giudici165, “capace di ricollocare nel
presente le previsioni legislative e di ridefinirle, trovando le dizioni adatte al singolo
caso: la giurisprudenza riafferma le ragioni del presente in un contesto giuridico,
fluido, mutevole e multipolare”166. Ed i principi ne sono il più importante strumento.
Si parla oggi di “signoria giurisprudenziale” sul diritto proprio per sottolineare
l’influenza decisiva dell’azione dei giudici sugli assetti normativi, in uno scenario
segnato sempre più dalla crisi dello strumento legislativo167.
164
Sul protagonismo dei giudici nell’odierno scenario europeo e mondiale TATE G.N.-VALLINDER
T. (a cura di), The global expansion of judicial power, New York, New York University Press, 1995.
DAHRENDORF R., Dopo la democrazia, intervista a cura di A. Polito, Laterza, Roma-Bari, 2001.
165 Nell’odierna società, caratterizzata dall'attenuazione del principio di separazione dei poteri, anche
la funzione del giudice si arricchisce di contenuti nuovi: alla tradizionale funzione di applicazione della
legge si giustappongono compiti creativi a contenuto normativo; il giudice non si limita a dare attuazione
a principi esistenti ma si spinge sino alla elaborazione di principi nuovi. Quest’opera innovativa del
giudice consente di inquadrare, a pieno titolo, la giurisprudenza tra le fonti del diritto. In ambito europeo
la prassi della Corte di giustizia è nel senso della formulazione di principi generali non scritti attraverso
forme di interpretazione teleologico-sistematica della normativa comunitaria. Le pronunce della Corte,
aventi un’efficacia lato sensu erga omnes, sono direttamente applicabili negli Stati membri e prevalgono
sul diritto nazionale. Con riferimento all'attivismo creativo dei giudici si veda CHIARLONI S., Ruolo
della giurisprudenza e attività creative di nuovo diritto, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2002, 1.
166
FERRARESE M.R., Il diritto al presente. Globalizzazione e tempo delle istituzioni, op. cit..
167 LUPOI M., La legge nel divenire delle fonti del diritto, in Riv. crit. dir. priv., 2000, 247. Le legge,
ingessata nei tradizionali riferimenti spaziali e temporali, non riesce a calarsi nella nuova realtà. Lo
strumento legislativo si rivela, dunque, inadatto alle nuove sfide della globalizzazione. Viceversa i giudici
sono in grado di offrire ai cittadini risposte duttili, adeguate e compatibili ad una realtà in continuo
divenire. Il tramonto della legge è stato accelerato dalla concorrenza di moduli normativi più elastici e
meno rigidi, quali appunto le sentenze, che trovano maggior spazio in un’area giuridica europea
alimentata sempre più dal diritto pretorio. In relazione all'attivismo giudiziario della Corte di giustizia si
veda il contributo di TRIDIMAS T., The European Court of Justice and judicial activism, in Eur. Law
Rev., 1996, 199. Secondo l'autore la creatività della Corte è riconducibile essenzialmente a tre fattori:
a) l’assenza di disposizioni sull’interpretazione del diritto comunitario nei Trattati;
b) l’inerzia delle istituzioni comunitarie nella fase iniziale dell'integrazione europea;
c) la natura frammentaria delle disposizioni dei Trattati.
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Capitolo Secondo
La “vocazione del nostro tempo per la giurisdizione”168 si sviluppa proprio attraverso
la cooperazione tra Corti sovranazionali e giudici interni. “Del resto, in un contesto in
cui la categoria della fonte-legge è tuttora sconosciuta all’ordinamento comunitario, il
processo di integrazione europea si è sviluppato soprattutto sul fronte della
giurisdizione e su quello dell’amministrazione”169. L’emergere dell’idea della
giurisdizione come “istituzione vincente”, tipica dei Paesi di common law, viene, quindi,
ad interessare anche l’Europa continentale e il giudice comunitario170.
Quanto al peso giuridico delle sentenze interpretative della Corte di giustizia, esse
hanno valore generale e vincolante nei confronti di tutti i soggetti degli Stati membri,
anche oltre il caso deciso. In virtù di una efficacia erga omnes, tali statuizioni sono fonti
168
PICARDI N., La vocazione del nostro tempo per la giurisdizione, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2004,
41. Il maggiore peso acquisito dalla giurisprudenza-secondo Picardi-si condensa in ciò che, sia pure con
varia intensità qualitativa, il precedente assurge a punto di riferimento destinato a proiettarsi sulle
decisioni degli altri giudici, nonchè sull’esercizio della funzione amministrativa, assicurando in tal modo
una certa uniformità giuridica. Sulle ragioni di una rinnovata centralità della funzione giurisdizionale
BARONE A., Giustizia comunitaria e funzioni interne, op. cit.. LIPARI N., Il ruolo del giudice nella crisi
delle fonti del diritto, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2009.
169
BARONE A., Giustizia comunitaria e funzioni interne, op. cit.. In argomento si rinvia anche al
contributo di MANFRELLOTTI R., Sistema delle fonti e indirizzo politico nelle dinamiche
dell’integrazione europea, Torino, 2004.
170 MACKENZIE STUART A.J., The European communities and the rule of law, London 1977. In
base al Trattato CECA (1951) la Corte di giustizia avrebbe dovuto rivestire il diverso ruolo di organo di
vigilanza preposto alla difesa delle istituzioni comunitarie e dell’Alta autorità dai tentativi degli Stati
membri di recuperare la sovranità perduta. Al contempo la Corte avrebbe dovuto verificare il rispetto, da
parte delle istituzioni comunitarie, dei limiti ad esse imposti dai Trattati alla luce del principio delle
competenze di attribuzione. Tuttavia nel corso dei decenni il giudice comunitario ha acquisito un
protagonismo senza precedenti, ritagliandosi maggiori spazi e poteri di intervento, con il risultato di
contribuire in maniera determinante alla crescita dell’ordinamento europeo e alla diffusione dei suoi
principi all’interno degli ordinamenti nazionali. Si vedano anche MANCINI F., Attivismo e autocontrollo
nella giurisprudenza della Corte di giustizia, in Riv. dir. eur., 1990, 229. FERRARESE M.R., Il diritto al
presente. Globalizzazione e tempo delle istituzioni, op. cit.: "Di fronte alla molteplicità ed alla
eterogeneità delle fonti, le istituzioni giudiziarie diventano una sorta di metafonte, nella misura in cui
sono in posizione privilegiata per stabilire in maniera autoritativa nessi, rapporti gerarchici,
connessioni, mediazioni tra pezzi di materiale giuridico eterogenei e provenienti da svariate fonti.
Persino problemi di rapporto tra fonti nazionali e fonti sovranazionali, internazionali e transnazionali
possono ricevere sistemazione ed assetti preferibilmente in questa sede".
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Capitolo Secondo
del “diritto vivente”171, costituendo frammenti di norme giuridiche assimilabili alla
normativa scritta. Come efficacemente sostenuto “il diritto giudiziale è, nei fatti, fonte,
autorità”172 per tutti i pubblici poteri. Pur essendo pacifico “stranamente di tale ruolo
non vi è traccia nella ricostruzione positiva del sistema delle fonti. Nemmeno nel
recentissimo Trattato di Lisbona”173.
Le pronunce del giudice comunitario hanno portata dichiarativa, determinando
l'ampiezza e il contenuto delle norme comunitarie con la stessa immediata efficacia
delle disposizioni interpretate174. La rilevanza del precedente nella giurisprudenza della
Corte di giustizia presenta caratteri peculiari, non identificandosi integralmente nei
modelli nè di civil law né di common law, ma attingendo sia dagli uni che dagli altri175.
171 Sulle caratteristiche del diritto giurisprudenziale, quale diritto vivente, MARTINICO G., Le
sentenze interpretative della Corte di giustizia come forme di produzione normativa, in Riv. dir. cost.,
2004, 249. CAVINO M., Il precedente tra certezza del diritto e libertà del giudice: la sintesi nel diritto
vivente, in Dir. soc. 2001, 159. ZAGREBELSKY G., La dottrina del diritto vivente, in Giur. cost. 1968,
1148. LOMBARDI L., Saggio sul diritto giurisprudenziale, Milano, 1975. TARUFFO M., Precedente e
giurisprudenza, op. cit.. FEBBRAIO E., E. Ehrlich dal diritto libero al diritto vivente, in Soc. dir., 1982,
n. 3, 137. FAZZALARI E., Introduzione alla giurisprudenza, Cedam, Padova, 1984. MENGONI, Il
diritto vivente come categoria ermenutica, in Id., Ermeneutica e dogmatica giuridica, Milano, 1996.
RESTA E., Diritto vivente, Laterza, 2008.
172
BIFULCO D., Il giudice è soggetto soltanto al “diritto”, op. cit..
173
SICILIANO F., La legalità amministrativa (comunitaria e interna) e certezza del diritto: riflessi
sui rapporti amministrativi e istituzionali, op. cit.. Secondo l’autore le pronunce della Corte di
Lussemburgo dovrebbe trovare una collocazione sistematica ufficiale tra le fonti del diritto.
174
Corte cost., 19 aprile 1985, n. 113. Corte cost., 3 luglio 1989, n. 389, in www.cortecostituzionale.it.
175 LORELLO L., La tutela del legittimo affidamento tra diritto interno e diritto comunitario, op. cit..
A differenza dei sistemi di common law, il precedente non rappresenta un vero e proprio vincolo per il
giudice comunitario “e ciò sia per la carenza di una struttura gerarchica nel sistema-essendo la Corte di
giustizia per lo più giudice di unica istanza-, sia per la pratica stessa della Corte, che nelle sue sentenze
non ha mai esplicitamente e semplicemente espresso una volontà di seguire le sue decisioni anteriori; sia,
soprattutto, perché il principio dello stare decisis non è compatibile, né è desiderabile, in un ordinamento
dinamico come quello comunitario, perché ne impedirebbe la trasformazione e l’adattamento ad opera
della Corte”. Ma al contempo, a differenza dei Paesi di civil law, il giudice comunitario non decide solo
riferendosi ai testi di legge. Nel sistema comunitario il precedente viene spesso richiamato nelle pronunce
della Corte di giustizia, mediante riproduzione di intere parti di precedenti sentenze. Ciò avviene nei soli
casi in cui il giudice comunitario “intende seguire il precedente, non quando vuole discostarsene,
limitandosi, in tal caso, ad occuparsi semplicemente della questione controversa. Allo stesso modo la
Corte non ha esitato ad allontanarsi totalmente dalle proprie posizioni, laddove il cambiamento sia
necessario e funzionale agli scopi del diritto comunitario, così come è stata sollecitata nel limitare
l’incidenza applicativa dei precedenti, in relazione alle differenze del caso concreto”. Per una trattazione
di più ampio respiro della tematica del precedente giurisprudenziale CALZOLAIO E., Il valore di
precedente delle sentenze della Corte di giustizia, in www.jus.unitn.it TARUFFO M., Precedente e
giurisprudenza, op. cit.. THOMAS LEE R., Stare decisis in historical perspective: from the founding Era
to the renquist Court, 52, in Vanderbilt Law Review, 1999. DUXBURY N., The Nature and authority of
precedent, Oxford, 2008. SERIO M., Il valore del precedente tra tradizione continentale e common law:
due sistemi ancora distanti?, in Riv. dir. civ., 2008, 109.
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!94
Capitolo Secondo
Le sentenze della Corte, quale organo di vertice, hanno portata vincolante per il
Tribunale di primo grado, per i giudici nazionali176, nonchè per gli altri pubblici poteri
nazionali e per i soggetti giuridici della Comunità.
In una nota pronuncia la Corte di Lussemburgo177 giunge ad affermare apertamente
la prevalenza delle proprie statuizioni anche sulle decisioni delle Corti costituzionali
nazionali. Inoltre si statuisce l’obbligo a carico dei giudici domestici di disapplicare
qualsivoglia normativa interna in conflitto con i principi generali di fonte pretoria.
Dunque la violazione delle sentenze della Corte di Giustizia (e dei principi in esse
proclamati) costituisce la più grave violazione del diritto comunitario per il ruolo di
fonte primaria del diritto europeo ad esse riconosciuto.
2.7. Il conflitto tra principi comunitari e norme nazionali
La questione del conflitto tra principi comunitari e norme nazionali si inquadra nella
più ampia tematica della giurisdizionalizzazione del diritto, vista nella prospettiva della
prevalenza del diritto pretorio di matrice europea sul diritto nazionale legalmente dato.
In ossequio alla primazia dell’ordinamento comunitario sull’ordinamento interno, il
conflitto tra una norma comunitaria ed una norma nazionale deve essere risolto nel
senso della prevalenza della prima con conseguente disapplicazione della seconda.
Occorre domandarsi se il primato del diritto comunitario riguardi qualsiasi norma
dotata di effetto diretto oppure le sole norme scritte con esclusione, quindi, dei principi
non codificati di elaborazione pretoria. Conseguentemente è lecito chiedersi se il
rimedio della disapplicazione sia esperibile solo in caso di antinomia tra regole
codificate (l’una nazionale l’altra comunitaria) o anche tra una regola legalmente data
(ad es. una legge statale) e un principio non scritto (definito in una sentenza della Corte
di giustizia). Contestualmente va chiarito se i principi comunitari non scritti godano o
meno della diretta applicabilità ai fini dell’operatività della disapplicazione della norma
nazionale con essi confliggente.
176
BROWN N.–KENNEDY T., The Court of Justice of the European Communities, op. cit..
LORELLO L. La tutela del legittimo affidamento tra diritto interno e diritto comunitario, op. cit..
177
Cgce, 7 settembre 2006, in causa C-81/2005, Cordero c. Fondo de garantia salarial, in
www.curia.europa.eu.
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!95
Capitolo Secondo
Per un’esauriente risposta ai quesiti sopra indicati, occorre partire dalla collocazione
che i principi comunitari hanno nel sistema delle fonti. Come detto in precedenza,
secondo l’orientamento maggioritario tali principi assumerebbero rango primario,
disponendosi al vertice del sistema normativo europeo e nazionale in posizione
equiordinata ai Trattati178.
Per quanto concerne il problema dell’efficacia diretta dei principi, se, da un lato, la
stessa è pacificamente asserita dal giudice comunitario, dall’altro, in ambito nazionale si
registrano taluni dubbi e dissensi in giurisprudenza e segnatamente tra i giudici
amministrativi. Il Consiglio di Stato, ad esempio, in una pronuncia del 2005, ha escluso
la diretta efficacia dei principi generali del Trattato in caso di conflitto tra questi ed una
norma nazionale. In assenza di una normativa di settore emessa dagli organi comunitari,
il giudice comune non può ricorrere alla disapplicazione per mancanza di una disciplina
comunitaria direttamente applicabile. Infatti “il giudice nazionale è tenuto ad applicare
direttamente la normativa comunitaria che regoli la materia in maniera difforme dalla
legge nazionale, ma a tal fine non può utilizzarsi il principio” perché “in questo caso si
richiede una attività di interpretazione del principio generale enunciato dal Trattato e
di verifica della compatibilità della norma interna con il principio medesimo, che
dovrebbe essere devoluta alla Corte di Giustizia”179. In caso contrario il giudice
nazionale, anziché risolvere il caso secondo la disciplina comunitaria adottata dagli
organi competenti, finirebbe per creare egli stesso la norma mancante. Secondo tale
orientamento non potrebbe addursi ad argomento contrario la maggior vaghezza dei
principi rispetto alle norme scritte. Generalità e genericità sono sfere concettuali distinte
e separate che non vanno confuse, di talchè i principi, essendo generali ma non generici,
178
CICIRIELLO M.C., Il principio di proporzionalità nel diritto comunitario, op. cit.. PAGOTTO C.,
La disapplicazione della legge, op. cit.: I principi generali sono parte integrante del diritto comunitario e
vincolano “in pari misura dei Trattati, tutti gli Stati che danno ingresso al diritto comunitario nel loro
ordinamento”. Del medesimo avviso Cgce, 18 giugno 1991, in causa C-260/89, Ert c. Dep, in Racc. 1991,
I-2925. Trib. I grado, 8 luglio 2004 in cause riun. T-67/00, T-68/00, T-71/00, T-78/00, Jfe Engineering
corp., in Racc. 2004, II-2501.
179
Cons. Stato, sez. V, 8 agosto 2005, n. 4207, in www.giustizia-amministrativa.it.
!
!96
Capitolo Secondo
godono della stessa precettività delle regole e quindi della stessa idoneità a produrre
effetti diretti180.
Questa sentenza si pone, però, in contraddizione rispetto ad una precedente
pronuncia con cui i giudici di palazzo Spada hanno ammesso la disapplicabilità di una
norma di legge interna in contrasto con i principi comunitari (di libera prestazione dei
servizi e di libera concorrenza) riconoscendo, altresì, la diretta applicabilità dei
medesimi181.
In generale la tesi che disconosce la diretta efficacia dei principi comunitari appare
sempre più minoritaria nella giurisprudenza italiana per la diffusa consapevolezza del
ruolo di fonte del diritto assunto dalle pronunce del giudice europeo. I principi
dell'ordinamento comunitario, infatti, hanno cogenza diretta ed efficacia generale, in
quanto le sentenze della Corte di giustizia, che li plasmano e li sviluppano, sono
considerate fonti del diritto, con efficacia erga omnes. Un altro argomento che milita
nella direzione del riconoscimento della diretta efficacia è individuabile nella frequente
derivazione dei principi comunitari da disposizioni del Trattato direttamente applicabili.
L’orientamento più accreditato e diffuso, dunque, riconosce a tali principi, ed in
particolare a quelli non scritti di origine pretoria, efficacia diretta all’interno degli Stati
membri nei confronti sia dei pubblici apparati che delle persone fisiche e giuridiche. Da
tale impostazione discende, come corollario, l’obbligo per i giudici e le amministrazioni
nazionali di disapplicare anche le norme nazionali in contrasto con principi
comunitari182. Diversamente opinando, il primato dell’ordinamento europeo verrebbe
depotenziato sino ad azzerarsi. Per tali ragioni l'ambito operativo della disapplicazione
180 Per quanto concerne la capacità dei principi generali di produrre effetti diretti in sede di
applicazione del diritto si rinvia agli studi di teoria generale di BETTI E., Interpretazione della legge e
degli atti giuridici, op. cit.. CRISAFULLI V., Per la determinazione del concetto dei principi generali del
diritto, op. cit.. BARTOLE S., Principi generali del diritto, (dir. cost.) cit..
181
Cons. Stato, sez. V, 30 gennaio 2002, n. 505, in www.giustizia-amministrativa.it. Nel caso di
specie viene poi censurata la violazione della libertà di stabilimento, principio cui la Corte di giustizia ha
in più occasioni riconosciuto efficacia diretta. Ex multis Cgce, 11 marzo 2004, in causa C-9/02, De
Lasteyrie du Saillant, in Racc. 2004, I-2409. Cgce, 13 aprile 2000, in causa C-251/98, Baars, in Racc.
2000, I-2787. Cgce, 29 aprile 1999, in causa C-311/97, Royal bank of Scotland, in Racc. 1999, I-2651.
182
Le amministrazioni pubbliche nazionali sono il "braccio secolare" delle autorità sovranazionali nel
dare esecuzione all'acquis comunitario e nell'assicurarne l'osservanza.
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!97
Capitolo Secondo
si è progressivamente esteso fino a ricomprendere gli atti nazionali sia normativi che
atti amministrativi, a testimonianza dunque della capacità espansiva dei principi
comunitari e della supremazia della nuova legalità comunitaria.
Certamente un simile scenario, fondato sulla diretta efficacia dei principi e sulla
disapplicazione della norma interna con essi in conflitto, ha un impatto rivoluzionario
sul modus agendi dei pubblici poteri nazionali, oggi costretti a disapplicare ogni norma
nazionale in contrasto sia con le disposizioni del Trattato e gli atti di diritto derivato, sia
con i principi non scritti formulati dalla Corte di giustizia. E poichè i principi, di regola,
militano nella direzione dell'ampliamento delle libertà degli amministrati, è evidente la
rivoluzione copernicana che investe (e investirà sempre più in futuro) l'agere delle
pubbliche autorità nazionali e comunitarie, attraverso una progressiva estensione degli
spazi di libertà del cittadino.
A ben vedere sia i giudici che le amministrazioni nazionali devono convincersi ad
abbandonare i tradizionali parametri positivistici di un diritto statico e legislativamente
dato, per ricalibrare la propria mens ed il proprio metodo di indagine su fonti giuridiche
(le sentenze ed i principi in esse enunciati) in continuo divenire ed in perenne
mutamento. Una prospettiva che richiede all’operatore giuridico nazionale un approccio
maggiormente casistico che dalla fattispecie concreta consenta di ricavare la vis
espansiva del principio, estendendone gli effetti a fattispecie analoghe o similari.
A tutto ciò deve essere abbinata, agli albori del terzo Millennio, la conoscenza dei
processi di interazione tra plurime fonti, scritte e non, nonchè delle tecniche di
risoluzione dei conflitti tra due o più principi comunitari e tra questi e le norme
nazionali. A fronte del carattere relativo dei principi, al giudice, sia comunitario che
nazionale, è richiesta un’attività di bilanciamento capace di individuare la regula iuris
del caso concreto. E propria in quest’opera si realizzano circuiti integrati di
collaborazione tra giudice europeo e giudici comuni. Infatti "il corpo giuridico
dell'Unione europea cammina con le gambe dei singoli Stati membri, di cui sono
elementi fondamentali e portanti i giudici (...) nazionali" (Carbone V.). Se è vero che le
pronunce della Corte di giustizia rappresentano il modello di riferimento per l’uniforme
applicazione del diritto comunitario, è altrettanto vero che spetta ai giudici nazionali il
!
!98
Capitolo Secondo
compito di verificare all’interno della cornice comunitaria l’adeguatezza e la rilevanza
dei principi, dandovi attuazione nelle fattispecie concrete.
Utilizzando come coordinate di riferimento i valori del primato, della diretta efficacia
e della leale cooperazione, il giudice domestico è tenuto ad acclarare la sussistenza di
eventuali contrasti tra le norme nazionali e le norme comunitarie (in primis i principi
generali) e a risolvere i conflitti prima a livello ermeneutico (interpretazione conforme)
e, ove ciò non sia possibile, ricorrendo, alla disapplicazione della norma interna.
L'uso del rimedio disapplicatorio, lungi dall'essere automatico, deve costituire l'extrema
ratio cui avvalersi nell'ipotesi in cui l'interpretazione conforme non fornisca gli esiti
sperati.
Il giudice comune è, in definitiva, chiamato a maneggiare con cura tali strumenti in
vista dell'uniforme applicazione del diritto europeo negli ordinamenti statali. Egli, lungi
dall’essere un mera appendice esecutiva della Corte di giustizia, è il primo giudice
comunitario, investito della funzione di far vivere ed operare i principi generali
dell'Unione all'interno dei sistemi giuridici nazionali.
2.8.L’illegittimità “comunitaria” dell’atto amministrativo: tipologie, caratteri e
poteri del giudice
Nell’alveo della nuova legalità comunitaria il giudizio di conformità dell’atto
amministrativo ha come parametri di riferimento tanto la normativa nazionale quanto il
diritto comunitario. Quest’ultimo si articola in regole codificate di rango primario
(Trattati) o secondario (direttive, regolamenti, decisioni) ed in principi non scritti di
fonte pretoria, collocabili a livello dei Trattati. Come è noto, le violazioni dell’acquis
comunitario possono essere perpetrate da atti nazionali sia legislativi che
amministrativi, essendo irrilevante a livello europeo la distinzione tra attività normativa
e amministrativa183.
183
CONTALDI G., Atti amministrativi contrastanti con il diritto comunitario, in Dir. UE, n. 4 del
2007, 747: "Nella ricostruzione teorica della Corte di giustizia, la forma che rivestono gli atti emanati
dal legislatore ovvero dalle autorità comunque appartenenti all'apparato statale risulta del tutto
indifferente: i caratteri tipici del diritto comunitario ed in particolare la prevalenza e l’effetto diretto
delle proprie fonti non possono subire pregiudizio indipendentemente dalla natura degli atti nazionali
aventi carattere precettivo".
!
!99
Capitolo Secondo
I principi del primato e dell’effetto diretto assicurano, di regola, la prevalenza
dell’ordinamento comunitario sugli atti nazionali, a prescindere dal nomen iuris e dalla
forma giuridica assegnati dall’ordinamento interno184. Qualora il conflitto investa una
disposizione normativa (ad es. una legge statale) è pacifico che il giudice possa, all'esito
infruttoso dell'attività di interpretazione conforme, disapplicare l’atto interno. Viceversa
la questione si fa più intricata ove la violazione comunitaria sia cagionata da un atto
amministrativo185. Quest’ultimo può porsi in contrasto diretto o indiretto con
l’ordinamento comunitario.
Nella prima ipotesi il contrasto è diretto, in quanto l’atto amministrativo dà
esecuzione immediata alla disposizione comunitaria senza il diaframma di alcuna norma
nazionale186.
Nel secondo caso, viceversa, il conflitto è indiretto, in quanto mediato
dall’interposizione di una norma interna, cui l’atto amministrativo offre applicazione
mutuandone l’anticomunitarietà.
La tematica del conflitto diretto o indiretto degli atti amministrativi nazionali con la
normativa comunitaria si intreccia al problema della natura dei rapporti che intercorrono
tra l'ordinamento italiano e l'ordinamento dell'Unione europea. L’adesione alla tesi
monista o dualista ha, infatti, pesanti ricadute sul regime degli atti amministrativi
anticomunitari e sulla relativa disciplina processuale. In base all’opzione prescelta si
parla in dottrina e in giurisprudenza, a seconda dei casi, di annullabilità, nullità e
disapplicabilità dell’atto amministrativo. Occorre pertanto procedere ordinatamente alla
risoluzione delle plurime questioni sul tappeto.
184
Il principio della disapplicazione della norma interna in conflitto con il diritto comunitario
concerne non solo “norme generali ed astratte ma anche provvedimenti amministrativi individuali e
concreti” (Cgce, 29 aprile 1999, in causa C-224/97, Ciola, in Racc. 1999, I-2517).
185
Con riferimento alla controversa tematica della disapplicazione dell'atto amministrativo
anticomunitario DIPACE R., La disapplicazione nel processo amministrativo, Giappichelli, Torino, 2011.
CHIOLA G., L'ordinamento comunitario e l'attività della pubblica amministrazione in Italia, Aracne,
Roma, 2007. VILLATA R., L'incidenza dell'ordinamento comunitario nelle trasformazioni della giustizia
amministrativa, in La giustizia amministrativa in trasformazione, Giornata in ricordo di Sebastiano
Cassarino, Verona 21-22 ottobre 2005, a cura di Corletto D., Sala G., Sciullo G., Cedam, 2006.
186
Una forma di contrasto diretto si ha, ad esempio, in presenza di una direttiva attuata attraverso atti
amministrativi generali in materie non disciplinate da legge o regolamento né coperte da riserva di legge.
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!100
Capitolo Secondo
In primo luogo pare opportuno principiare dalla disamina delle varie ipotesi di
violazione del diritto comunitario ad opera di un atto amministrativo. Secondo una parte
della dottrina sarebbero configurabili tre casi di invalidità dell’atto amministrativo
nazionale per contrasto con norme e principi comunitari187:
1) la prima ipotesi è quella in cui la P.A. emani un atto amministrativo in diretta
applicazione (e violazione) della norma comunitaria, senza il diaframma di una norma
nazionale. Da ciò discende illegittimità dell’atto amministrativo e la sua annullabilità.
La giurisprudenza amministrativa, in adesione alla tesi monista, ritiene, infatti, che
"una volta che la norma comunitaria sia entrata a far parte integrante
dell’ordinamento interno", essa benefici "del medesimo regime accordato alle altre
disposizioni dell’ordinamento nazionale quanto all’eventuale giudizio di legittimità di
un provvedimento amministrativo"188. Proprio in virtù dell’integrazione tra ordinamento
comunitario e ordinamento nazionale, la normativa comunitaria vigente in Italia
costituisce parametro di legittimità dell’atto amministrativo nazionale e la sua lesione è
riconducibile al più ampio concetto di violazione di legge, quale vizio di annullabilità
del provvedimento.
Da questa tesi promanano alcuni corollari in ordine alla forma di tutela attivabile ed
ai poteri esperibili dal giudice. In primis, essendo il provvedimento illegittimo,
l’interessato ha l’onere di impugnarlo, a pena di decadenza, entro 60 gg.189, nell’ambito
di un giudizio di annullamento dalle finalità caducatorie. La stessa regola, del resto,
viene applicata dalla Corte di Lussemburgo con riferimento agli atti comunitari
annullabili. Di conseguenza, al fine di scongiurare un'elusione del termine decadenziale,
187
CERULLI IRELLI V.-LUCIANI F., Diritto comunitario e diritto interno, tra Stato e regioni, in
Riv. it. dir. pubbl. com., 2007. Più in generale sulla invalidità comunitaria dell’atto amministrativo si
vedano, tra gli altri, MUSONE R., Il regime di invalidità dell’atto amministrativo anticomunitario,
Napoli, 2007. CLARIZIA P., L’invalidità degli atti amministrativi nell’ordinamento europeo, in
L’invalidità amministrativa, a cura di Cerulli Irelli V.-De Lucia L., Giappichelli, Torino, 2009.
GIOVAGNOLI R., L’atto amministrativo in contrasto con il diritto comunitario: il regime giuridico e il
problema dell’autotutela decisoria, in www.giustamm.it. CRESTI M., L'invalidità degli atti
amministrativi nazionali in contrasto con il diritto comunitario, in AA.VV., Rapporti e concorrenza tra
ordinamenti, a cura di Irace A.-Maviglia C., Giuffrè, Milano, 2007.
188
Cons. Stato, sez. IV, 21 febbraio 2005, n. 579, in www.giustizia-amministrativa.it.
189
Cons. Stato, sez. VI, 22 novembre 2006, n. 6831, in www.giustizia-amministrativa.it.
!
!101
Capitolo Secondo
il giudice amministrativo, non può, di regola e salvo casi eccezionali190, disapplicare
l’atto amministrativo per violazione di una disposizione comunitaria191. A riguardo si
segnala il contrario orientamento del giudice comunitario favorevole, invece,
all’estensione del rimedio disapplicatorio tanto agli atti normativi quanto agli atti
amministrativi.
2) La seconda fattispecie di invalidità degli atti amministrativi per violazione della
normativa comunitaria è configurabile allorquando la P.A. emani un provvedimento
sulla base di una norma nazionale incompatibile con una norma o principio comunitario
direttamente applicabile. Si tratta della c.d. invalidità indiretta.
L’atto amministrativo riceve, dunque, l’anticomunitarietà dalla norma di legge alla
quale, in base al principio di legalità che governa l’azione amministrativa, è tenuto a
dare attuazione. Tuttavia, dai principi del primato e dell’efficacia diretta, che
determinano la prevalenza del diritto europeo sul diritto nazionale, scaturisce in capo al
giudice e alle pubbliche amministrazioni l'obbligo di disapplicare le norme interne in
conflitto con la normativa comunitaria192. Nella fattispecie de qua si assiste proprio alla
disapplicazione, da parte della P.A., della norma nazionale con successiva applicazione
della norma comunitaria, quale nuovo parametro di legittimità dell’atto amministrativo.
L'obbligo di disapplicazione normativa, imposto dalla Corte di giustizia a tutti i
pubblici poteri nazionali (ivi comprese le pubbliche amministrazioni)193, è stato
gradualmente recepito sia dalla Corte costituzionale194 che dalla giurisprudenza
amministrativa195. Attraverso il rimedio disapplicatorio il giudice accerta, in relazione al
190
Ad esempio nelle ipotesi di giurisdizione esclusiva nelle quali, allo scopo di evitare ingiustificate
differenziazioni tra identiche situazioni soggettive, si riconoscono al giudice amministrativo, con
riferimento ai diritti soggettivi, gli stessi poteri del giudice ordinario.
191
Cgce, 24 ottobre 1996, in causa C-72/1995, Kraaijeveld, in Racc. 1996.
192
NOCERINO GRISOTTI A., Disapplicazione della normativa interna, in contrasto con quella
comunitaria, da parte del giudice e della pubblica amministrazione statale e regionale, in AA.VV.,
Regioni, Costituzione e rapporti internazionali, Milano, 1995.
193
Cgce, 22 giugno 1989, in causa C-103/1988, Fratelli Costanzo, in Racc. 1989.
194
Corte cost., 4 luglio 1989, n. 389, in www.giurcost.it.
195
Ex multis Cons. Stato, sez. VI, 4 gennaio 2005, n. 2, in www.giustizia-amministrativa.it.
!
!102
Capitolo Secondo
caso di specie, l’inefficacia della norma nazionale confliggente con il diritto
comunitario, con il conseguente divieto per la P.A. di darvi applicazione. Se,
ciononostante, la P.A. emanasse un provvedimento sulla base della norma nazionale
anticomunitaria, ne discenderebbe un’invalidità comunitaria indiretta dell'atto
amministrativo.
Occorre a questo punto domandarsi se, in una tale ipotesi, l’atto invalido sia da
qualificare come nullo o come annullabile. La dottrina e la giurisprudenza
maggioritarie196 sostengono la tesi dell’annullabilità, ricavandola a contrario dalla
lettera dell’art. 21-septies l. 241/90, che non contempla tra i casi di nullità dell’atto
amministrativo l’ipotesi di contrasto con la normativa comunitaria197.
Essendo la nullità un regime di invalidità eccezionale, e quindi tassativo,
l’inosservanza della norma comunitaria renderebbe l’atto amministrativo illegittimo e,
dunque, annullabile ai sensi dell’art. 21-octies I co. l. 241/90 per vizio di violazione di
legge. Secondo questo orientamento la nullità del provvedimento sarebbe configurabile
qualora il provvedimento nazionale venisse "adottato sulla base di una norma interna
(attributiva del potere) incompatibile (e quindi disapplicabile) con il diritto
comunitario"198. In questa fattispecie si assisterebbe, così, alla nullità dell’atto per
difetto assoluto di attribuzione (vizio rientrante nella previsione dell’art. 21-septies),
poichè la norma da disapplicare sarebbe la norma fondante il potere amministrativo. Si
tratta comunque di un'ipotesi assai rara199, in quanto nel sistema amministrativo italiano
196
In dottrina GRECO G., Incidenza del diritto comunitario sugli atti amministrativi italiani, in
Trattato di diritto amministrativo europeo, diretto da M.P. Chiti-G. Greco, Milano, 2007, 936. CASETTA
E., Manuale di diritto amministrativo, XIII ed., Giuffrè, Milano, 2011. CARINGELLA F., Manuale di
diritto amministrativo, Dike, Roma, 2010. In giurisprudenza Cgce, 13 gennaio 2004, in causa
C-453/2000, Kühne & Heitz, in Racc. 2004. Cons. Stato, sez. IV, 21 febbraio 2005, n. 579. Cons. Stato,
sez. V, 10 gennaio 2003, n. 35. Tar Lazio, sez. I, 15 agosto 1988, n. 1185, in www.giustiziaamministrativa.it.
197
Cons. Stato, sez. V, 10 gennaio 2003, n. 35, cit..
198
Cons. Stato, sez. IV, 21 febbraio, n. 579, in www.giustizia-ammministrativa.it.
199
Ad esempio nell’ipotesi in cui l’incompatibilità con le norme ed i principi comunitari si riferisca
ad una norma legislativa nazionale che autorizzi provvedimenti restrittivi di quote di importazione.
!
!103
Capitolo Secondo
“le norme attributive del potere sono norme di diritto nazionale e (...) il diritto
comunitario difficilmente vi interferisce”200.
La summenzionata tesi della nullità assoluta dell’atto amministrativo anticomunitario
è stata aspramente criticata201. In particolare secondo autorevole dottrina non è
sostenibile "la tesi della nullità, in quanto nel caso di provvedimenti amministrativi in
contrasto con disposizioni comunitarie non è configurabile una carenza di potere, né
alcuna altra delle ipotesi tipizzate di nullità. Inoltre, (...) pure gli atti emanati da organi
comunitari in contrasto col Trattato o con norme di diritto derivato sono ricondotti dal
giudice comunitario, salvo ipotesi estreme, al regime dell’annullabilità. Non sarebbe
quindi chiara la ragione per delineare un diverso regime degli atti amministrativi
emanati da uno Stato membro, sovvertendone oltretutto le regole interne"202.
Da queste premesse è possibile dedurre come la tesi della nullità dell'atto
amministrativo appaia in stridente contrasto con l’omogenea categoria dell’invalidità
comunitaria, a causa dell'ingiustificata differenziazione di trattamento tra ipotesi
giuridiche similari. Lo stesso richiamo al difetto di attribuzione sembra inappropriato.
L‘ordinamento italiano, infatti, considera nullo per carenza di potere l’atto
amministrativo adottato sulla base di un potere non previsto da alcuna norma o che la
legge attribuisce ad un organo diverso rispetto al plesso amministrativo che ha agito.
Nelle ipotesi di contrasto–indiretto-tra l’atto amministrativo e la normativa comunitaria,
a ben vedere, rileverebbe non già una carenza, bensì un cattivo esercizio di potere. Il
potere dunque sussiste, ma è stato esercitato in modo scorretto, sicchè il provvedimento
amministrativo, adottato all'esito del suo esercizio, risulterà illegittimo e quindi
annullabile.
200
GRECO G., Incidenza del diritto comunitario sugli atti amministrativi italiani, op. cit..
201 Tra
i tanti GRECO G., Incidenza del diritto comunitario sugli atti amministrativi nazionali, op. cit.
MATTARELLA B.G., Il provvedimento, in Dir. amm. appl., a cura di Sandulli M.A., Milano, 2005.
TORCHIA L., Il giudice disapplica e il legislatore reitera: variazioni in tema di rapporti tra diritto
comunitario e diritto interno, in Foro it., 1990, III, 203. VILLATA R.-RAMAJOLI M., Il provvedimento
amministrativo, Giappichelli, Torino, 2011. VALAGUZZA S., La frammentazione della fattispecie nel
diritto amministrativo a conformazione europea, op. cit.. CARANTA R., Inesistenza (o nullità) del
provvedimento amministrativo adottato in forza di norma nazionale contrastante con il diritto
comunitario, in Giur. it., 1989, III, 1, 149.
202 VILLATA R.-RAMAJOLI
M., Il provvedimento amministrativo, op. cit..
!
!104
Capitolo Secondo
In quest'ipotesi non si giustifica, pertanto, l'applicazione del regime della nullità
poichè “l’incompatibilità comunitaria non deriva da violazione di regole comunitarie di
competenza, ma da questioni relative all’esercizio concreto del potere attribuito alle
singole amministrazioni nazionali, quindi in senso stretto, non verte sul tema delle
attribuzioni degli organi amministrativi”203. Di conseguenza il regime applicabile, nelle
ipotesi di anticomunitarietà, risulterebbe il regime previsto per la annullabilità dell’atto.
3) La terza fattispecie di invalidità comunitaria riguarda il caso in cui
l’amministrazione adotti un atto amministrativo in base ad una norma nazionale in
contrasto con una norma comunitaria non direttamente applicabile204. In tale ipotesi,
secondo parte della dottrina, "stante la mancata integrazione dell’ordinamento interno
con la norma comunitaria, l’amministrazione" non potrebbe "disapplicare la norma
nazionale (ancorchè costituzionalmente illegittima per violazione degli artt. 11 e 117,
co. I Cost. e soggetta al sindacato del giudice delle leggi)"205. Pertanto l’atto
amministrativo, conforme alla norma di legge nazionale, continuerebbe ad essere valido
ed efficace, in attesa di un eventuale giudizio di legittimità costituzionale.
Tuttavia, ciò che non può essere ottenuto con la disapplicazione può essere realizzato
attraverso l’esegesi. Infatti la P.A. è tenuta, per quanto possibile, ad interpretare la
norma interna in conformità ai valori della norma comunitaria sia pure non direttamente
203
VALAGUZZA S., La frammentazione della fattispecie nel diritto amministrativo a conformazione
europea, op. cit.: “Il concetto di attribuzioni e la determinazione dei limiti di competenza concerne il
diritto istituzionale comunitario ed è rivolto agli organi attivi all’interno dell’Unione, ma il diritto
comunitario non contiene regole di competenza che possano incidere sul livello organizzativo degli Stati
nazionali”. La stessa giurisprudenza comunitaria sostiene “l’insensibilità dell’ordinamento
sovranazionale al riparto di competenze effettuato tra le strutture operative all’interno
dell’organizzazione amministrativa nazionale”.
204 È il caso ad esempio di una direttiva non self-executing e non ancora recepita nell'ordinamento
italiano, senza che sia decorso il termine di recepimento.
205
CERULLI IRELLI V.-LUCIANI F., Diritto comunitario e diritto interno, tra Stato e regioni, op.
cit..
206
Cgce, 26 settembre 2000, in causa C-443/1998, Unilever Italia S.p.a., in Racc. 2000. Cgce, 13
novembre 1990, in causa C-106/1989, in Racc. 1990. In dottrina sul punto SORRENTINO F., La
Costituzione europea, in Trattato di diritto amministrativo europeo, a cura di Chiti M.P.-Greco G.,
Giuffrè, 2008.
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Capitolo Secondo
applicabile (ad es. una direttiva non self-executing)206, rendendo così conforme al diritto
comunitario anche il successivo atto amministrativo.
In definitiva la giurisprudenza ha talmente valorizzato la forza espansiva del diritto
comunitario, sì da riconoscergli vigenza all’interno degli Stati anche nelle ipotesi di
carenza di efficacia diretta, attraverso il meccanismo dell’interpretazione conforme del
diritto interno.
Delineate, sia pur sommariamente, le complesse dinamiche del conflitto tra l'atto
amministrativo e la normativa comunitaria in genere, occorre ora soffermarsi sulla
particolare tipologia di contrasto che ha come protagonisti, da un lato, l’atto
amministrativo nazionale e, dall’altro, i principi comunitari non scritti elaborati dalla
Corte di giustizia. Si è osservato in proposito come l’incidenza di tali principi non si
arresti alla soglia della rilevanza giuridica, ma si traduca "in vera e propria efficacia
giuridica di guisa che la mancata osservanza da parte di qualsiasi operatore vincolato
dal diritto comunitario costituisce inosservanza del diritto comunitario stesso"207.
È convincimento sempre più diffuso che i principi comunitari (scritti e non) siano
muniti di efficacia diretta, imponendosi all’osservanza dei poteri nazionali, obbligati a
disapplicare gli atti interni (normativi o amministrativi) con essi in conflitto. Nella nota
sentenza Ciola208 la Corte di Giustizia ha affermato in tal senso l’obbligo del giudice
nazionale di disapplicare un provvedimento amministrativo in contrasto con un
principio generale del diritto comunitario.
La violazione dell'acquis comunitario ricomprende al proprio interno anche
l’inosservanza dei principi, quale vizio di legittimità degli atti amministrativi ascrivibile
207
PICOZZA E., Alcune riflessioni circa la rilevanza del diritto comunitario sui principi del
diritto amministrativo italiano, op. cit..
208
Cgce, 29 aprile 1999, in causa C-224/97, Ciola, cit..
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Capitolo Secondo
alla violazione di legge209. Vi sono tuttavia ipotesi in cui la palese infrazione degli
obiettivi dei Trattati può inficiare l'atto amministrativo per sviamento della funzione
integrando, così il diverso vizio dell'eccesso di potere210. In generale va riconosciuta,
quindi, efficacia diretta sia ai principi codificati in disposizioni direttamente applicabili,
sia ai principi non scritti di origine giurisprudenziale.
A questo punto è d'obbligo sciogliere il nodo circa i rimedi esperibili avverso un
provvedimento amministrativo lesivo del diritto comunitario e dei suoi principi. In altri
termine va chiarito quale sia il bagaglio di tutele offerte dall’ordinamento nazionale per
garantire, anche in ambito amministrativo, il primato del diritto europeo. Come
accennato in precedenza, sono percorribili due grandi vie:
a) la strada dell’annullabilità (e per taluni della nullità) che presuppone l’invalidità
dell’atto;
b) la via della disapplicazione che opera, viceversa, sul crinale dell’inefficacia,
lasciando a latere le questioni di validità.
Mentre la giurisprudenza amministrativa maggioritaria aderisce alla tesi
dell’annullabilità, riconducendo l’infrazione al diritto comunitario nell’ampia accezione
della violazione di legge, la Corte di giustizia propende sempre più per un uso
generalizzato del rimedio disapplicatorio211. Ed è proprio quest'ultimo orientamento che
forzosamente è destinato a prevalere per l'autorità e l'efficacia erga omnes delle
pronunce della Corte.
In particolare in una nota sentenza il giudice europeo212, nella prospettiva
dell’integrazione degli ordinamenti, afferma che l’unico strumento in grado di
209
VALAGUZZA S., La teoria dei controlimiti nella giurisprudenza del Consiglio di stato: la
primauté del diritto nazionale, in Dir. proc. amm., 2006, 816.
210 VALAGUZZA S., Sulla impossibilità di disapplicare provvedimenti amministrativi per contrasto
col diritto europeo: l’incompatibilità comunitaria tra violazione di legge ed eccesso di potere, in Dir.
proc. amm. 2005, 1112.
211
Con riferimento alla disapplicazione quale rimedio generale di risoluzione dei conflitti GRECO
G., Inoppugnabilità e disapplicazione dell’atto amministrativo nel quadro comunitario e nazionale (note
a difesa della c.d. pregiudizialità amministrativa), in Riv. it. dir. pubbl. com. n. 3-4, 2006, 518.
212
Ex multis Cgce, 29 aprile 1999, in causa C-224/97, Ciola, cit.. Dello stesso avviso anche Tar
Lombardia, sez. III, 31 maggio 2000, n. 3831, in www.giustizia-amministrativa.it.
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Capitolo Secondo
assicurare il primato e l’effettività del diritto comunitario213 sia proprio la
disapplicazione dell’atto amministrativo che, in via diretta o riflessa, risulti con esso
configgente. L'ambito operativo della disapplicazione, pertanto, si dilaterebbe fino a
ricomprendere tanto gli atti normativi quanto gli atti amministrativi affetti da
anticomunitarietà.
È dunque evidente come la nuova filosofia comunitaria abbia stravolto l’assetto
normativo interno nonchè le tecniche giudiziarie, trasformando la disapplicazione, da
rimedio tassativo ed eccezionale, in strumento generale ed ordinario, teso a garantire
l’uniforme e immediata applicazione dell’acquis communautaire. Alla Corte di giustizia
non interessa la qualificazione e il regime (di inefficacia o invalidità) che Stati
conferiscono all’atto amministrativo. Ciò che conta è che le norme ed i principi
comunitari prevalgano, in caso di conflitto, sulle disposizioni interne (normative o
amministrative) dei Paesi membri senza subire ostruzionismi.
Per tali ragioni l’ordinamento dell'Unione europea mostra il proprio sfavore verso un
regime di annullabilità dell’atto amministrativo anticomunitario che, in caso di mancata
impugnazione entro un termine decadenziale, cristallizzi il provvedimento perpetrando
ad libitum un intollerabile vulnus al diritto comunitario214.
Inoltre limitare la disapplicazione ai soli atti normativi, con esclusione degli atti
amministrativi, significherebbe conferire a questi ultimi una capacità di resistenza
maggiore rispetto agli atti normativi (cedevoli in quanto disapplicabili), con palese
sovvertimento del principio della gerarchia delle fonti. Infine in ambito comunitario una
213
Sul principio di effettività del diritto comunitario costruito dalla Corte di giustizia attraverso la
valorizzazione del principio di leale cooperazione KESSEDIJAN C., L'autoritè de la chose jugée et
l'effectivité du droit européen, in ERA, Forum, 2010.
214 Secondo la Corte di giustizia la rimozione delle violazioni del diritto comunitario, perpetrate da
atti amministrativi nazionali, non può dipendere dalla scelta del ricorrente di esperire l'azione di
annullamento entro il perentorio termine di 60 gg.; occorre, viceversa, conferire al giudice domestico,
attraverso la disapplicazione, il potere di accertare e rimuovere d'ufficio ed in qualunque momento le
violazioni cagionate al diritto comunitario.
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Capitolo Secondo
distinzione tra atti normativi e amministrativi non è contemplata, sicchè non si vede la
ragione per cui ai secondi non sia possibile estendere i rimedi previsti per i primi215.
La valenza generale del rimedio disapplicatorio, sostenuta dalla Corte di giustizia, è
posta in discussione da quella parte della dottrina che paventa il rischio di uno
stravolgimento del sistema amministrativo italiano, avendo il principio della
disapplicazione un’efficacia ed un'estensione maggiori per gli atti amministrativi
rispetto a quanto accade, normalmente, per gli atti normativi216. In altri termini la
disapplicazione risulterebbe un annullamento mascherato, producendone i medesimi
effetti, pur con un regime giuridico differente (officiosità del potere, assenza di un
termine perentorio di esercizio).
La dottrina e la giurisprudenza italiane sono consapevoli, dunque, del pericolo che
una generalizzazione del rimedio disapplicatorio possa stravolgere il sistema italiano di
giustizia amministrativa fondato sulla regola della impugnabilità degli atti lesivi (non
regolamentari), con pregiudizio alle esigenze di certezza, stabilità e continuità dei
rapporti di diritto pubblico.
È vero comunque che, a livello comunitario, non sono mancate pronunce della Corte
di giustizia, rispettose dell'autonomia processuale degli Stati membri, che hanno
riconosciuto ammissibile la previsione di un termine di impugnazione per gli atti
anticomunitari, purchè ragionevole e non lesivo dei principi di effettività e pienezza
della tutela giurisdizionale.
Ma è altrettanto vero che, soprattutto nelle ipotesi di atti amministrativi presupposti e
inoppugnabili, l’ordinamento comunitario spinga nella direzione dell’attribuzione al
215 La Corte di giustizia ha in più occasioni evidenziato che “tra le disposizioni di diritto interno in
contrasto con la disposizione comunitaria possono figurare disposizioni vuoi legislative, vuoi
amministrative”. Aggiunge poi la Corte che “è nella logica di tale giurisprudenza che le disposizioni
amministrative di diritto interno non includano unicamente norme generali ed astratte, ma anche
provvedimenti amministrativi individuali e concreti”.
216
Si vedano in proposito le considerazioni di GIOVAGNOLI R., L’atto amministrativo in contrasto
con il diritto comunitario, op. cit.. Secondo l'autore gli atti amministrativi sono "normalmente destinati
alla disciplina di situazioni particolari" e in relazione ad essi "la disapplicazione produce effetti più
rilevanti, in quanto consente di risolvere la questione nella sua integrità, rendendo così l’annullamento
dell’atto solo un incombente formale".
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Capitolo Secondo
giudice amministrativo di un potere di disapplicazione sempre più esteso e
generalizzato.
Emerge allora come il provvedimento, e più in generale l'intera attività
procedimentale amministrativa, soggiaccia oggi ai superiori parametri della legalità
comunitaria, la quale certamente ricomprende i principi non scritti di elaborazione
pretoria. Una legalità che implementa le tutele del civis, restringendo al contempo i
poteri dell'autorità.
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2.8.1. La nullità dell’atto amministrativo per violazione della normativa e dei
principi comunitari
Come visto nel paragrafo precedente, la giurisprudenza maggioritaria propende per
il riconoscimento dell'annullabilità dell'atto amministrativo anticomunitario, con
conseguente applicabilità del relativo regime giuridico.
Si registra, tuttavia, un orientamento minoritario, di ispirazione dualista, che
considera nullo l’atto amministrativo applicativo di una legge attributiva del potere
anticomunitaria. In quest’ipotesi la disapplicazione della norma interna priverebbe di
ogni fondamento l’attività amministrativa ed i relativi atti risulterebbero nulli per
carenza assoluta di potere. Secondo questa impostazione non potrebbe, dunque,
invocarsi l’operatività della norma comunitaria, quale parametro di legittimità dell’atto
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Capitolo Secondo
amministrativo, a causa dell’appartenenza di tale norma ad un ordinamento separato e
distinto rispetto all'ordinamento nazionale217.
Nella famosa, ma anche isolata, pronuncia del 1989218, il Tar Piemonte dichiara la
nullità di un atto amministrativo applicativo di una norma di legge in contrasto con una
direttiva non self-executing, previa disapplicazione della norma interna. Il giudice
amministrativo oblitera del tutto la questione se la norma interna sia norma attributiva o
meramente regolativa del potere. Poichè la norma di legge disapplicata è improduttiva
di effetti "il giudice non può che accertare l’inesistenza del necessario parametro per
la valutazione della legalità dell’azione amministrativa e, siccome non esiste attività
amministrativa legibus soluta", egli non può che acclarare la radicale nullità dell’atto
amministrativo219. In adesione alla tesi dualista dei rapporti tra ordinamenti, il giudice
ritiene che, da un lato, la disapplicazione della norma di legge interna e, dall’altro,
l’appartenenza della norma comunitaria ad un ordinamento separato e distinto,
conducano alla qualificazione della patologia dell'atto amministrativo in termini di
nullità per difetto assoluto di attribuzione220.
217
In dottrina FORLATI PICCHIO L., La neutralizzazione degli effetti di atti amministrativi contrari
al diritto comunitario, in Dir. com. sc. int., 1978, 199. MANFRELLOTTI R., Sistema delle fonti e
indirizzo politico nelle dinamiche dell’integrazione europea, Torino, 2004. GRECO G., L’incidenza del
diritto comunitario sugli atti amministrativi nazionali, op. cit.. Secondo l’autore l’ipotesi della nullità
dell’atto amministrativo è statisticamente ridotta ai casi in cui la norma attributiva del potere sia
rinvenibile integralmente nel diritto comunitario “perché capita di rado che la normativa comunitaria si
sovrapponga del tutto a quella nazionale sulla attribuzione del potere amministrativo. Mentre è assai più
frequente l’ipotesi che la legge italiana (nella parte incompatibile) si limiti a prevedere segmenti della
fattispecie normativa di disciplina del potere amministrativo, ma non l’intera fattispecie che radica il
potere medesimo. E in tali casi, trattandosi di norme sul modo di esercizio di detto potere, la loro
disapplicazione non può ripercuotersi in termini di carenza di potere-nullità sull’atto amministrativo,
sibbene solo in termini di illegittimità-annullabilità”. In giurisprudenza Tar Piemonte, sez. II, 8 febbraio
1989, n. 34, in www.giustizia-amministrativa.it.
218 Tar Piemonte, sez. II, 8 febbraio 1989, n. 34, cit., con commenti di TORCHIA L., Il giudice
disapplica ed il legislatore reitera: variazioni in tema di rapporti tra diritto comunitario e diritto interno,
op. cit. e MURRA R., Contrasto tra norma nazionale e norma comunitaria: nullità assoluta degli atti
amministrativi di applicazione della norma nazionale?, in Dir. proc. amm., 1990, 284.
219 Tar
Piemonte, sez. II, 8 febbraio 1989, n. 34, cit..
220
MUSONE R., Il regime di invalidità dell’atto amministrativo anticomunitario, op. cit.. In altri
termini attraverso la disapplicazione la norma interna, affetta da anticomunitarietà, viene privata dal
giudice del potere di esplicare i propri effetti, tra i quali vi è per le norme di legge quello di autorizzare
l’esercizio dei poteri amministrativi necessari per dare ad esse attuazione, secondo il principio di legalità.
In questo modo la norma interna-disapplicata-non è più idonea a fondare il potere della P.A. di adottare
l’atto amministrativo, il quale, ove venga comunque emanato, risulterà nullo per carenza assoluta di
potere ai sensi dell’art. 21-septies l. 241/90.
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Capitolo Secondo
La pronuncia in esame è criticabile sotto molteplici aspetti: in primo luogo
l’integrazione tra ordinamenti deve considerarsi un dato irrinunciabile in un contesto di
primazia del diritto comunitario, sicchè la norma comunitaria incarnerebbe il parametro
di legittimità dell’azione amministrativa nell’alveo di una legalità di livello superiore e
più ampio. Inoltre, anche aderendo alla tesi dualista, si ravvisa da parte del Tar
Piemonte un uso improprio del rimedio disapplicatorio, di regola, ammissibile nei soli
rapporti tra norme contemporaneamente vigenti e applicabili.
Nella fattispecie de qua, viceversa, venendo in rilievo una direttiva non self-executing,
il giudice non potrebbe disapplicare la norma interna, bensì avrebbe l'onere di sollevare
questione di legittimità costituzionale dinanzi alla Consulta. E a nulla valga la
giustificazione del Tar che individua nella assoluta incompatibilità dei fini perseguiti
dalle due norme la fonte della inapplicabilità di quella interna.
A partire dal 2005, la tesi della nullità dell'atto amministrativo anticomunitario, che
appariva recessiva, in quanto collegata ad una visione dualistica dei rapporti tra
ordinamenti ormai in via di superamento, tende a riemergere in una declinazione
rinnovata. Da una lettura congiunta dei novellati artt. 1 co. I e 21-septies della l.
241/90221, autorevole dottrina individua, infatti, un'ulteriore ipotesi di nullità del
provvedimento amministrativo per mancanza di un elemento essenziale, ove la norma
221
L'art. 1 co. 1 è stato modificato dall'art. 1, l. 11 febbraio 2005, n. 15 e poi dalla lettera a) del
comma 1 dell'art. 7, l. 18 giugno 2009, n. 69. L'art. 21-septies è stato aggiunto dall'art. 14, l. 11 febbraio
2005, n. 15.
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Capitolo Secondo
violata sia espressione di un principio comunitario222. Inoltre “la configurabilità di una
sorta di diritti intangibili di fonte comunitaria, la cui violazione comporta la radicale
nullità degli atti amministrativi lesivi, non solo garantirebbe l’effettività di tali
posizioni giuridiche, ma, soprattutto costituirebbe un importante contributo allo
sviluppo dell’acquis communautaire, vero e proprio crocevia per un’effettiva
integrazione europea”223. In tal senso la declaratoria di nullità si delineerebbe quale
strumento "per la neutralizzazione integrale degli effetti lesivi delle situazioni
giuridiche soggettive di derivazione comunitaria che gli atti amministrativi possono
aver prodotto"224.
In conclusione la violazione dei principi comunitari, ad opera di un atto
amministrativo nazionale, attraverso il combinato disposto degli artt. 1 co. I e 21septies, schiude nuovi scenari capaci di estendere l'ambito applicativo della nullità alle
infrazioni del diritto europeo. In tal modo la forza avvolgente dei principi
222
CERULLI IRELLI V., Diritto europeo e diritto interno nel sistema di tutela giurisdizionale delle
controversie di diritto pubblico (intorno al principio di effettività), in www.centrodirittoeuropeo.it: "Non
può essere trascurato, invero, il rilievo che la violazione delle norme comunitarie potrebbe dare luogo in
certi casi, più incisivamente di quanto attiene alle violazioni di norme nazionali, a violazioni previste
dall’art. 21-septies, e perciò produrre la nullità dei relativi atti amministrativi. Al di là dell’ipotesi,
abbastanza improbabile, del difetto assoluto di attribuzione (dato che la norma comunitaria non è in
genere attributiva del potere), potrebbe emergere il caso di violazione di norme comunitarie così gravi,
caratterizzanti un determinato modello procedimentale, da incidere sugli elementi essenziali della
fattispecie, la cui mancanza è causa di nullità. Ciò potrebbe verificarsi ad esempio, nelle gare pubbliche
per l’aggiudicazione di contratti d’appalto (materia quasi interamente coperta da normativa comunitaria
laddove si verifichi la violazione di regole essenziali poste a tutela della concorrenza dal diritto
comunitario, che potrebbero appunto rappresentarsi come elementi essenziali della fattispecie di gara (v.
ad esempio, in diritto francese, la norma sul cd. referé précontractuel: art. L551-1, cod. just. adm.,
laddove si prevede una forma più incisiva di tutela cautelare in caso di violazione aux obligations de
publicité e de mise en concurence).". In argomento anche ARLOTTA A., Ius superveniens di fonte
comunitaria e patologia del provvedimento amministrativo. Rapporti tra ius superveniens e
provvedimento amministrativo, in www.altalex.com, 2007. In generale, con riferimento alla tematica della
nullità del provvedimento amministrativo adottato in violazione del diritto comunitario, in
giurisprudenza, Tar Basilicata, 17 ottobre 2006, n. 723, in www.giustizia-amministrativa.it, in cui si
afferma che “il vizio di nullità (alla luce della sentenza della Corte di Giustizia, 9 settembre 2003 n. 198)
risulta configurabile soltanto se l’atto e/o provvedimento amministrativo sia stato adottato sulla base di
una norma interna incompatibile (e perciò disapplicabile secondo la Corte di Giustizia) con il diritto
comunitario”. Al contrario per Cons. Stato, sez. V, 10 gennaio 2003, n. 35 cit. “la forma patologica della
nullità (o dell’inesistenza) risulta configurabile nella sola ipotesi in cui il provvedimento nazionale è
stato adottato sulla base di una norma interna (attributiva del potere nel cui esercizio è stato adottato
l’atto) incompatibile (e, quindi, disapplicabile) con il diritto comunitario”.
223
ARLOTTA A., Ius superveniens di fonte comunitaria e patologia del provvedimento
amministrativo, op. cit..
224
MUSONE R., Il regime di invalidità dell’atto amministrativo anticomunitario, op. cit..
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Capitolo Secondo
dell'ordinamento comunitario consente di andare oltre l’ipotesi di nullità per difetto
assoluto di attribuzione per ricomprendere casi di violazione di norme comunitarie così
gravi da incidere sugli elementi essenziali della fattispecie dell'atto amministrativo225.
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225
Per quanto concerne l'ampliamento delle ipotesi di nullità dell'atto amministrativo anticomunitario
vedasi anche VALAGUZZA S., La frammentazione della fattispecie nel diritto amministrativo a
conformazione europea, op. cit.. Secondo l'autrice "si potrebbe essere portati a concludere per la nullità
del provvedimento, in caso sia della mancanza di elementi essenziali dell’atto, nelle ipotesi in cui taluno
di questi elementi sia previsto nel diritto di fonte sovranazionale, sia di violazione del giudicato", che
potrebbe abbracciare quegli "atti nazionali che contrastino con il decisum della Corte di giustizia".
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Capitolo Terzo
CAPITOLO TERZO
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I principi comunitari di maggior rilievo per l’azione amministrativa
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Sommario: Premessa. 3.1. Il principio della certezza del diritto: la prevedibilità delle scelte
pubbliche a tutela delle situazioni soggettive individuali. 3.2. Il principio della tutela del
legittimo affidamento: le libertà del cittadino quale fulcro del sistema comunitario. 3.3. Il
principio di proporzionalità quale misura e limite dell'esercizio dei pubblici poteri in ambito
comunitario e nazionale. 3.4. I principi del giusto procedimento: la valorizzazione delle pretese
del cittadino nell'esercizio del potere. 3.5. I principi di pienezza ed effettività della tutela
giurisdizionale: l'erosione dell'autonomia processuale degli Stati e l'influenza sul giudizio
amministrativo italiano.
Premessa
Come è noto, tra la normativa comunitaria e la normativa nazionale è in atto un
fenomeno osmotico dalle ampie ricadute sul sistema pubblico italiano, sicchè “la prima,
in posizione sovraordinata, concorre, infiltrandosi nel diritto obiettivo interno, a
conformare contenuto e limiti del potere amministrativo”1.
Nell’attuale sistema, policentrico e multilivello sono i principi comunitari a
primeggiare in danno della legge e più in generale del diritto scritto, influenzando a
cascata, in via diretta o riflessa, tutte le altre fonti, in special modo le fonti nazionali. In
particolare, i principi non scritti, elaborati dalla Corte di giustizia, costituiscono il
tessuto connettivo che armonizza e tiene insieme parti tra loro eterogenee e
tendenzialmente confliggenti, in una quadratura normativa complessa ed articolata.
I principi comunitari si inseriscono nell'ordinamento italiano attraverso molteplici
strade:
1) gli artt. 11 e 117 Cost.;
2) l'art. 1 co. I l. 241/90;
3) la giurisprudenza comunitaria ed italiana.
1
SICILIANO F., La legalità amministrativa (comunitaria e interna) e certezza del diritto: riflessi sui
rapporti amministrativi e istituzionali, op. cit..
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Capitolo Terzo
Un diritto per principi, a dire il vero, non risulta del tutto sconosciuto al sistema
amministrativo nazionale, avendo i giudici amministrativi fatto uso più volte dei
principi generali dell'ordinamento (italiano) nella creazione e nello sviluppo di
molteplici istituti2. Infatti "nessuno può negare che le fondamenta e anche molte
strutture portanti della costruzione del diritto amministrativo sono state poste dalla
giurisprudenza" che ha delineato "un sistema di principi sviluppando le poche,
frammentarie, incerte e in sé aperte alle più diverse letture, disposizioni legislative"
presenti3. Anche la migliore dottrina italiana si è, tradizionalmente, avvalsa dei principi
generali sia come strumento di crescita del sistema sia come collante in grado di
conferire ordine e sistematicità all'ordinamento4.
I principi, soprattutto agli albori del diritto amministrativo italiano, hanno rafforzato
il ruolo dell'autorità e del potere pubblico, erogando una protezione ineffettiva delle
situazioni soggettive individuali. Solamente a partire dalla seconda metà del Novecento
l’impiego dei principi inizia ad assumere un reale valore garantistico, mediante un
progressivo ampliamento della tutela dei diritti e degli interessi degli amministrati5.
Tale fase coincide con l'entrata in vigore della Costituzione repubblicana prima e con
l’avvento del diritto comunitario poi. A ben vedere, anche se la Grundnorm italiana
enuncia una gamma di principi, volti certamente ad estendere il perimetro delle libertà e
dei diritti individuali, molte disposizioni costituzionali sono rimaste per decenni
2
GUARINO G., Qualche riflessione sul diritto amministrativo e sui compiti dei giuristi, in Riv. trim.
dir. pubbl., 1970, 954.
3
SALA G., Potere amministrativo e principi dell’ordinamento, op. cit.. Sul carattere eminentemente
giudiziale del diritto amministrativo, tra i tanti, GIANNINI M.S., Lezioni di diritto amministrativo, op.
cit.. SALANDRA A., Lezioni di diritto amministrativo, Roma, 1905.
4
Sul ruolo e sulla funzione dei principi di diritto amministrativo, tra i tanti contributi, ROMANO S.,
Principi di diritto amministrativo, Milano, 1901. RANELLETTI O., Principi di diritto amministrativo,
vol. I, Napoli, 1912. ZANOBINI G., Corso di diritto amministrativo, II, Milano, 1958. VITTA C., Diritto
amministrativo, II ed., Torino, 1937, ult. ed. a cura di E. Casetta, Torino, 1955. ALESSI R., Principi di
diritto amministrativo, III ed., Giuffrè, Milano, 1974. Di recente AA.VV., Studi sui principi del diritto
amministrativo, a cura di M. Renna e F. Saitta, Giuffrè, Milano, 2012.
5
D’ALBERTI M., Diritto amministrativo e principi generali, in Le nuove mete del diritto
amministrativo, op. cit..
!
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Capitolo Terzo
inattuate a causa delle resistenze del legislatore e dell'amministrazione, preoccupati di
conservare spazi di privilegio all'azione pubblica.
Nonostante le timide aperture della dottrina e della giurispudenza più illuminate, la
situazione non sarebbe radicalmente mutata, se non avessero fatto irruzione sulla scena
il diritto comunitario e i suoi principi. Infatti l'ordinamento sovranazionale "ha
rafforzato l’uso dei principi fondamentali in diritto amministrativo al servizio della
tutela dei diritti"6 e delle situazioni soggettive dei privati, imponendo una rivisitazione
dei tradizionali canoni dell'agere publicum.
In particolare la Corte di giustizia, mediante un'attività creativo-manipolativa, ha, da
un lato, forgiato principi nuovi e, dall'altro, offerto una lettura rigenerata di principi già
presenti nel tessuto giuridico domestico, in una declinazione funzionale alla tutela delle
libertà del cittadino. Attraverso l'ermeneutica giurisprudenziale, i principi comunitari si
sono infiltrati come un fiume carsico negli ordinamenti nazionali, dettando ad essi
nuove regole di conformazione (c.d.“legislazione giurisprudenziale”). In special modo
ad essere trasfigurati dalla marea comunitaria sono stati gli omologhi principi
amministrativi di diritto interno i quali, mutando pelle, hanno assunto differenti caratteri
in conformità agli obiettivi dell’ordinamento europeo. Lungo tale direttrice si è assistito
al superamento del dogma dell'intangibilità dei principi del diritto amministrativo
nazionale ed alla proliferazione di un corpus di regole comuni idonee a configurare un
diritto sempre più sovranazionale7.
6
D’ALBERTI M., Diritto amministrativo e principi generali, in Le nuove mete del diritto
amministrativo, op. cit.: Inoltre “il potenziamento dei diritti grazie ai principi non è affidato alle
proclamazioni normative-costituzionali o legislative-ma riposa su di una solida revisione dei rapporti fra
amministrazioni pubbliche e amministrati che muove dalla soluzione data dal giudice a problemi
concreti. Ciò sempre in un contesto in cui il giudice, l’interprete, l’applicatore, ricava i principi
dall’ordinamento vigente, nazionale e ultranazionale, e non al di là di esso. In tal modo, l’uso dei
principi contribuisce a superare sia i pericoli del diritto libero, sia le strettoie del positivismo legalista e
statalista a favore di un diritto positivo di ben più ampia portata e basato su intersezioni giuridiche fra
dimensioni nazionali e ultrastatali”.
7
Vedasi ASTONE F., Integrazione giuridica europea e giustizia amministrativa, op. cit.. ROVERSI
MONACO F., Prefazione a diritto amministrativo comunitario, in Diritto amministrativo comunitario, a
cura di Vandelli C., Bottaro C., Donato, op. cit., secondo cui “il diritto comunitario è, essenzialmente,
diritto pubblico, normativa cioè che si rivolge alle istituzioni pubbliche per la propria applicazione, o che
trova nelle amministrazioni pubbliche i propri destinatari o, ancora, che trova nei diversi soggetti
pubblici gli interlocutori privilegiati e maggiormente idonei a soddisfare le esigenze dei cittadini
d’Europa”.
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Capitolo Terzo
I principi non scritti, coniati dalla Corte di giustizia, hanno contribuito, e tuttora
contribuiscono, in modo determinante alla costruzione di un ordinamento sui generis,
elastico ed in perenne evoluzione, distante anni luce dai classici schemi del positivismo
giuridico. Un sistema che viene edificandosi sui valori di una Comunità europea sempre
più integrata con gli Stati membri8.
L’invasione della materia amministrativa da parte del diritto comunitario ha reso i
principi europei regole cardine dell’azione dei pubblici poteri tanto europei quanto
nazionali. Segnatamente i principi non scritti di origine pretoria assurgono, con forza
crescente, a parametro di legittimità degli atti normativi e amministrativi, denotando
come ormai la giurisprudenza sia il principale attore della produzione giuridica.
In virtù di una piena integrazione tra ordinamento comunitario e ordinamenti statali,
le pronunce della Corte di giustizia (con i principi in esse enunciati) si inquadrano
oggigiorno tra le fonti primarie del diritto amministrativo italiano9. Può dirsi, dunque,
definitivamente infranto l’assioma pandettistico del Windscheid, recepito dalla nostra
dottrina10, secondo cui la giurisprudenza non sarebbe fonte del diritto, avendo le
pronunce dei giudici un'efficacia esclusivamente inter partes.
Quanto alla forza dei principi europei, essa è tale da plasmare ogni fonte ed atto
normativo del sistema giuridico nazionale, ivi compresi i principi costituzionali, che
oggi trovano “una nuova e più ampia dimensione proprio nel diritto comunitario”11. In
8
CASSESE S., Il sistema amministrativo europeo e la sua evoluzione, op. cit..
9
SALA G., Potere amministrativo e principi dell’ordinamento, op. cit.. Secondo l’autore può dirsi
ormai al tramonto “la concezione per così dire assoluta, dominante in Italia, del principio della
separazione dei poteri che vuol riservata al legislativo non solo la legislazione ma anche
l’interpretazione della legge in via generale, essendo demandato al potere giudiziario solo di interpretare
la legge con effetti limitati al singolo caso, ha consentito sovente di rimuovere in radice il problema
stesso della creazione del diritto da parte del giudice, soggetto, come la Costituzione ha voluto chiarire,
alla legge, non signore di essa”. Una concezione tradizionale che ha subito innumerevoli crepe a causa
dell’attivismo creativo dei giudici amministrativi e che oggi riceve un colpo ferale dal primato del diritto
comunitario e dall'opera demiurgica della Corte di giustizia.
10
In Italia la dottrina amministrativistica tradizionale (su tutti Orlando, Cammeo, Zanobini) nega alla
giurisprudenza il rango di fonte del diritto, pur riconoscendo l’importanza del diritto pretorio. Contra
SALANDRA A., Lezioni di diritto amministrativo, op. cit. che, invece, annovera la giurisprudenza tra le
fonti del diritto amministrativo, quale fattore di “diritto vivente”.
11
CHITI M.P., Diritto amministrativo europeo, op. cit..
!
!118
Capitolo Terzo
particolare i principi non scritti, costitutivi di uno ius commune administrativum a
livello europeo, rappresentano l’architrave su cui poggia l’intero fenomeno
dell’integrazione tra l'Unione e gli Stati membri.
Il diritto comunitario incide, così, con forza sui principi e sulle regole dell’azione
amministrativa italiana, tanto in via diretta quanto in forma riflessa12. Tra i principi
europei dal maggiore impatto amministrativo si annoverano il principio della certezza
del diritto, il principio della tutela del legittimo affidamento, il principio di
proporzionalità, il principio del giusto procedimento, il principio di effettività della
tutela giurisdizionale.
Tali principi, sia in ambito comunitario che nazionale, rappresentano altrettante
pretese del cittadino nei confronti dell'amministrazione, cui corrispondono obblighi e
doveri in capo al soggetto pubblico. Queste pretese animano le dinamiche dell'attività
procedimentale, condizionando l'esercizio del potere ed i suoi esiti. I principi comunitari
sono, pertanto, fonte di diritti e obblighi che gli amministrati possono far valere sia in
sede procedimentale che in ambito giurisdizionale.
3.1. Il principio della certezza del diritto: la prevedibilità delle scelte pubbliche a
tutela delle situazioni soggettive individuali
12
FORTE P., I principi dell’azione amministrativa dopo le recenti riforme, in I principi generali
dell’azione amministrativa, Atti del convegno, 3 febbraio 2006, Napoli, a cura di Chiti M.P. e Palma G.,
Jovene, 2006.
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Capitolo Terzo
La certezza del diritto rappresenta uno dei principi più importanti sia
dell’ordinamento comunitario che degli ordinamenti nazionali13. Infatti tale principio "è
condizione a priori del riconoscimento dell'essere e dell'esserci del diritto"14 e di ogni
sistema normativo. Elaborato sin dal XIX sec., a presidio delle situazioni giuridiche
individuali15, il principio della certezza del diritto nasce, dunque, in funzione della
13 Sul principio della certezza del diritto in ambito europeo SCHWARZE J., European administrative
law, op. cit.. BROWN N.–KENNEDY T., The Court of Justice, op. cit.. NAOMè C., La nation de securitè
juridique dans la jurisprudence de la Cour de Justice et du Tribunal de premiére istance des
Communautés européennes, in Riv. it. dir. eu., 1993, 2, 223. HARTLEY T.C., The foundations of
European Community law, op. cit.. SALERNO F., Giurisdizione comunitaria e certezza del diritto dopo il
Trattato di Nizza, in Riv. dir. int., 2002, 5. CASTORINA E., Certezza del diritto e ordinamento europeo:
riflessioni intorno ad un principio comune, (1994) in Id., Riflessioni sul processo costituente europeo,
Giappichelli, 2010. In giurisprudenza, tra le tante, Cgce, 22 marzo 1964, in cause riun. C-42 e 49/59,
Snupat c. Alta autorità CECA, in Racc. 1964. Cgce, 4 luglio 1973, in causa C-1/73, Westzucker, in Racc.
1973. Cgce, 19 settembre 2000, in causa C-177/99, Ampafrance and Sanofi, in Racc. 2000. Cgce, 18
gennaio 2001, in causa C-83/99, Commission c. Spain, in Racc. 2001. Cgce, 21 settembre 1983, in cause
riun. C-205/82-215/82, Deutsche Milchkontor, in Racc. 1983. Cgce, 21 giugno 1988, in causa C-257/86,
Commission c. Italy, in Racc. 1988. Trib. CE I grado, 25 marzo 1999, in causa T-37/97, Forges de
Clabecq, in Racc. 1999. Cgce, 16 gennaio 2003, in causa C-205/01, Paesi Bassi, in www.curia.europa.eu.
Cgce, 24 settembre 2002, in cause riun. C-74/00 e C-75/00, Falck Acciaierie di Bolzano, in Racc. 2002.
Trib. I grado, 7 febbraio 1991, in cause riun. T-18/89-24/89, Tagaras, in Racc. 1991, II-53. Cgce, 29
aprile 2004, in causa C-470/00, Parlamento c. Ripa di Meana, in Racc. 2004. Cgce, 25 marzo 2004, in
cause riun. C-480/00, C-498/00 e C-499/00, Azienda agricola Ribaldi e al., in Racc. 2004.
Tra i contributi della dottrina italiana all’elaborazione del principio della certezza del diritto
CALAMANDREI P., La certezza del diritto e le responsabilità della dottrina, in Riv. dir. comm., I, 1942,
343. Id., Appunti sul concetto di legalità, in Opere giuridiche, vol. III, Napoli, 1968, 52-126, spec. 61 e
76-79. GUASTINI R., La certezza del diritto come principio di diritto positivo?, in le Regioni, 1986.
COTTA S., La certezza del diritto. Una questione da chiarire, in Riv. dir. civ. 1993, 1, 317.
GIANFORMAGGIO L., voce Certezza del diritto, in Dig. it. disc. priv., sez. civ., II, Torino, 1988.
PIZZORUSSO A., voce Certezza del diritto, II, in Enc. Giur., VI, Roma, 1988. LOPEZ DE OÑATE F.,
La certezza del diritto, I ed., Roma, 1942, II ed. Roma, 1950. ALPA G., La certezza del diritto nell’età
dell’incertezza, Editoriale scientifica, 2006. BERTEA S., Certezza del diritto e argomentazione giuridica,
Catanzaro, 2002. CORSALE M., Certezza del diritto (profili teorici), in Enc. giur. VI, Roma, 1988, 6.
GOMETZ G., La certezza giuridica come prevedibilità, Torino, 2005. CARNELUTTI F., Nuove
riflessioni intorno alla certezza del diritto, in Riv. dir. proc., 1950, 116. BOBBIO N., La certezza del
diritto è un mito?, in Riv. int. fil. dir., 1951, 146.
14
COTTA S., La certezza del diritto. Una questione da chiarire, op. cit.. Di centrale importante è
sempre lo studio classico di LOPEZ DE OÑATE F., La certezza del diritto, op. cit. (e l'interessante
dibattito che ne seguì e vide coinvolti numerosi autori tra i quali Capograssi, Calamandrei, Carnelutti
ecc..).
15
Sulla tradizionale funzione del principio della certezza del diritto, quale strumento di garanzia del
singolo, LOPEZ DE OÑATE F., La certezza del diritto, op. cit.: "La certezza della norma come
preordinamento normativo (...) deve concretarsi in una certezza conferita all'individuo, che
è il vero destinatario finale (...) della norma. (...) L'esigenza della certezza appare come
l'esigenza più viva di difesa del soggetto nella sua individualità precisa, singola ed
irriducibile".
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!120
Capitolo Terzo
garanzia del singolo: "Das Recht ist das Maß der menschilichen Freiheit im
Gemeinleben" (Pachmann)16.
Nel panorama europeo la certezza del diritto si inquadra nel novero di quei principi
non scritti di elaborazione giurisprudenziale, idonei ad aprire l'ordinamento italiano al
sistema giuridico sovranazionale17. La Corte di giustizia, quale interprete autentica del
principio in esame, ne ha più volte ribadito la centralità nel panorama europeo, quale
elemento di coesione ed integrazione tra l'ordinamento comunitario ed i sistemi
giuridici nazionali18. Alla stregua degli altri principi non scritti, il principio della
certezza del diritto viene forgiato dal giudice di Lussemburgo, attingendo alle tradizioni
giuridiche degli Stati membri, sia pure rivisitate alla luce delle finalità dei Trattati. Per
la propria vocazione trasversale, il principio de quo tende ad avere un raggio applicativo
assai ampio, coniugandosi e bilanciandosi con numerosi altri principi (primato,
proporzionalità, affidamento e così via).
Nell’ordinamento italiano il principio della certezza del diritto risulta a livello
dogmatico tra i più scandagliati per il ruolo centrale assunto dal principio nella tutela
delle situazioni soggettive individuali19. Nelle molteplici ricostruzioni dottrinarie e
giurisprudenziali, il principio della certezza del diritto non sempre emerge con nitida
16 Trad.
17
it.: "Il diritto è la misura della libertà umana nella vita pubblica".
Sul punto Corte cost., 10 novembre 1994, n. 384, in Giur. cost., 1994.
18 VACCA M., L’integrazione dell’ordinamento comunitario con il diritto degli Stati membri e con i
principi generali di diritto, in Riv. dir. eur. 1991, 347. MASSERA A., I principi generali, in Trattato di
diritto amministrativo europeo, op. cit..
19
RUGGERI A., La certezza del diritto allo specchio, il “gioco” dei valori e le “logiche” della
giustizia costituzionale (a proposito dei conflitti di attribuzione originati da sentenze passate in
giudicato), in Dir. e soc. 1993, 149. In tema anche BILANCIA P., Emergenza, interpretazione per valori e
certezza del diritto, in Giur. cost., 1993, 3031. PASTORE B., Certezza, linguaggio legislativo e
atteggiamenti interpretativi (a proposito di un saggio di Lucio Pegoraro), in Riv. dir. civ., 1989, 513. Di
viva attualità il contributo di LOPEZ DE OÑATE F., La certezza del diritto, op. cit.. L'autore
sottolinea l'importante ruolo ricoperto dalla legge nell'assicurare la prevedibilità dei comportamenti umani
e dunque la certezza del diritto: "Il diritto con la sua norma introduce la certezza della vita
sociale, garantendo la qualifica dei comportamenti possibili. L'astrattezza, la rigidità e la
fissità della norma (...) mirano soltanto semplicemente a questo, a garantire in modo certo
ed inequivocabile l'azione in modo che gli uomini possano contare su ciò che verrà". Da ciò
discende come corollario che "ciascuno sia portato alla fiducia in sè e negli altri", sicchè la fiducia
è "attivata attraverso la norma" ed è questo "il dato singolare e specifico dell'esperienza
giuridica".
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Capitolo Terzo
fisionomia, confondendosi spesso con altri principi generali20. Per tali ragioni si tende a
qualificarlo come “principio inespresso, risultante dalla combinazione di una serie di
principi espliciti”21.
Da un punto di vista funzionale il principio della certezza del diritto può considerarsi
alla stregua di una bussola teleologicamente orientata al soddisfacimento di esigenze di
chiarezza e stabilità dei rapporti giuridici. Esso postula, infatti, una “precisione o
determinatezza della fattispecie”22 sia in fase di produzione normativa (chiarezza nel
drafting delle disposizioni) sia nel momento applicativo (prevedibilità delle scelte e
tutela dell’affidamento dei destinatari). Applicazioni, spesso ondivaghe e altalenanti,
non hanno, però, contribuito a delinearne con chiarezza struttura e ambito operativo.
Nemmeno l’approccio casistico e pragmatico del giudice comunitario risulta sempre
idoneo a dissipare le incertezze legate all'ampia generalità del principio.
Quanto ai rapporti tra il sistema giuridico nazionale ed il sistema giuridico
comunitario, il principio della certezza del diritto funge abilmente da fattore di raccordo
e di integrazione. Infatti la Corte di giustizia ricorre frequentemente "ad una nozione di
20
In special modo la Corte costituzionale italiana da sempre considera la certezza del diritto un
principio inautonomo, ossia un principio che si abbina e declina con altri principi (tra i tanti la buona fede
ed il legittimo affidamento). Ex plurimis Corte cost., 14 febbraio 1982, n. 15, in Giur. cost. 1982. Corte
cost., 15 maggio 1987, n. 171, in Giur. cost. 1987. Corte cost., 3 febbraio 1994, n. 13, in Giur. cost. 1994.
Sulle interferenze tra il principio di certezza del diritto ed il principio di tutela del legittimo affidamento
DELLA CANANEA G.–FRANCHINI C., I principi dell’amministrazione europea, op. cit.. Gli
autori sottolineano come in molte ipotesi vi sia una “sovrapposizione tra la certezza del diritto e la
protezione del legittimo affidamento. (...) Alla base di entrambi i concetti, vi è un’esigenza
comune a tutti gli ordinamenti giuridici e che si manifesta nel modo più intenso nella
regolazione di un’economia di mercato capitalistica: si tratta dell’esigenza di impedire che
siano rimesse in discussione all’infinito situazioni consolidate dal decorso del tempo. Insieme
alla nota comune vi è una nota distintiva, nel senso che mentre il concetto della certezza del
diritto mira a garantire la prevedibilità delle situazioni e dei rapporti giuridici e quindi la
chiarezza e la comprensibilità delle regole del gioco, la protezione del legittimo affidamento
s’impone soprattutto quando le autorità pubbliche modificano la regola o la linea di
condotta seguita fino a quel momento, con effetti pregiudizievoli per gli interessi dei
privati, oppure emanano un provvedimento di secondo grado produttivo di effetti sfavorevoli
nei confronti di quegli interessi molto tempo dopo l’emanazione del provvedimento iniziale”.
21
GUASTINI R., La certezza del diritto come principio di diritto positivo?, op. cit..
22
SORRENTINO F., Incertezza del diritto o mera oscurità della legge?, in Giur. cost. 1986.
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!122
Capitolo Terzo
certezza del diritto nel senso proprio di strumento per garantire il perseguimento della
conformazione degli ordinamenti nazionali agli obiettivi comunitari"23.
Il principio in esame implica, invero, che i cittadini non siano collocati "in una
situazione di incertezza in ordine al contenuto ed all’estensione dei propri diritti e
doveri"24; ciò al fine di garantire la stabilità delle relazioni giuridiche intesa come
“prevedibilità delle situazioni e dei rapporti (...) rientranti nella sfera del diritto
comunitario”25.
Il principio della certezza del diritto è normalmente utilizzato dal giudice di
Lussemburgo congiuntamente ad altri principi ad esso contigui o collegati, in chiave
rafforzativa o integrativa.
Nel corso degli anni il principio in esame è stato oggetto in ambito comunitario di
variegate applicazioni, venendo utilizzato:
a) per dichiarare l’illegittimità di una decisione del Consiglio26;
b) come parametro per l'annullamento di un regolamento illegittimo27;
c) come fattore ostativo dell’efficacia diretta di una disposizione del Trattato28 o di
una sentenza interpretativa del giudice comunitario pronunziata ex art. 267 TFUE29;
23 CASTORINA E., Certezza del diritto e ordinamento europeo: riflessioni intorno ad un principio
comune, op. cit..
24 TORIELLO F., I principi generali del diritto comunitario. Il ruolo della comparazione, op. cit.: "In
una prima accezione il principio in parola sembra riguardare il modo con cui gli organi cui è affidata la
funzione legislativa e regolamentare nonché quella interpretativa debbono svolgere tali compiti, ed in
questo caso solo indirettamente il principio sembrerebbe prendere in considerazione gli individui quali
soggetti dell’ordinamento. Ma in una seconda accezione il principio della certezza del diritto si collega
funzionalmente al suo principale corollario il principio dell’affidamento per legittimare direttamente il
comportamento, ed evitare che vengano frustrate le aspettative, di coloro i quali agiscono in buona fede
sulla base della normativa vigente applicabile così come da essi conosciuta, vuoi che tale conoscenza sia
corretta, vuoi che invece corrisponda soltanto ad una mera ma pur oggettiva apparenza".
25 Cgce, 15 febbraio 1996, in causa C-63/93, Duff e al., in Racc.1996. Sul principio della certezza del
diritto, da intendersi come chiarezza e stabilità dei rapporti giuridici e delle situazioni soggettive
individuali, vedasi Corte cost., 24 ottobre 1996, n. 360, in Giur. cost. 1996.
26
Cgce, 5 giugno 1973, in causa C-81/72, Commissione CE c. Consiglio CE, in Racc. 1973.
27
Cgce, 14 maggio 1975, in causa C-74/74, CNTA c. Commissione, in Racc. 1975.
28
Cgce, 8 aprile 1976, in causa C-43/75, Defrenne II, in Racc. 1976.
29
Cgce, 2 febbraio 1988, in causa C-24/86, Blaizot, in Racc. 1988.
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!123
Capitolo Terzo
d) come argine all’efficacia retroattiva di norme comunitarie e sentenze
interpretative30.
Al fine di delineare un quadro delle proiezioni applicative del principio, occorre
esaminare, sia pur brevemente, alcune pronunce della Corte di giustizia.
Nel caso Snupat31 il giudice comunitario sottolinea la necessità di un’applicazione
del principio di certezza del diritto non assoluta, ma bilanciata con altri principi di pari
rango (ad es. il principio di legalità), da commisurarsi, poi, al parametro dell’interesse
pubblico comunitario.
In una fattispecie successiva, avente ad oggetto una disciplina impositiva di oneri per
il contribuente32, la Corte di Lussemburgo esige che la legge sia redatta in modo chiaro
e preciso e ciò a garanzia della sicurezza e stabilità delle situazioni giuridiche dei
contribuenti33.
La certezza e la prevedibilità della norma comunitaria devono assicurare che:
1) le norme sostanziali non incidano sui rapporti giuridici definiti anteriormente alla
loro entrata in vigore;
2) sia conoscibile il termine di decadenza per rendere gli Stati edotti in ordine alla
sua violazione;
3) ogni situazione giuridica sia valutata, in mancanza di disposizioni contrarie,
esclusivamente alla stregua della disciplina in vigore al tempo della sua formazione.
Inoltre, secondo autorevole dottrina, la Corte di Giustizia avrebbe esteso "l’operatività
del principio anche alla condotta degli Stati membri: questi, nei settori disciplinati dal
diritto comunitario" sono tenuti ad "adottare norme chiare, precise ed inequivoche, sì
30 TORIELLO
F., I principi generali del diritto comunitario. Il ruolo della comparazione, op. cit..
31
Cgce, 22 marzo 1961, in cause riun. C-42/59 e 49/59, Snupat c. Alta autorità, in Racc. 1961.
32
Cgce, 9 luglio 1981, in causa C-169/80, Amministrazione delle dogane, in Racc. 1981.
33
LORELLO L., La tutela del legittimo affidamento tra diritto interno e diritto comunitario, op. cit..
Secondo l'autrice “tale necessità è ancor più stringente, specie riguardo alla possibilità di prevedere
l’applicazione della normativa comunitaria, laddove questa possa avere delle conseguenze finanziarie
sulle posizioni giuridiche degli amministrati”. In giurisprudenza si vedano in proposito Cgce, 15
dicembre 1987, in causa C-346/85, Regno unito e Irlanda del nord c. Commissione, in Racc. 1987, 5197.
Cgce, 22 febbraio 1989, in cause riun. C-92 e 93/87, Commissione c. Repubblica francese e Regno Unito
e Irlanda del nord, in Racc. 1989.
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!124
Capitolo Terzo
da consentire agli interessati l’esatta conoscenza dei loro diritti ed obblighi e ai giudici
nazionali di garantire la loro osservanza"34.
Nell'ordinamento italiano il principio di certezza del diritto, applicato ai rapporti tra
cittadino e P.A., concerne, in primo luogo, il rispetto dei tempi previsti per la
conclusione del procedimento. La l. 241/90 prevede, infatti, che l'iter procedimentale si
concluda nel termine stabilito (e ove ciò non accada l'amministrato potrà ottenere ai
sensi dell'art. 2-bis il risarcimento del danno da ritardo). In questa prospettiva il
principio della certezza del diritto, in combinato disposto con il principio di tutela del
legittimo affidamento, conferisce protezione all'interesse del privato (per taluni
assimilabile a un vero e proprio diritto soggettivo di credito) all'osservanza del termine
di conclusione del procedimento, in base dell'idea che il tempo sia un bene di per sè
meritevole di tutela.
3.2. Il principio della tutela del legittimo affidamento: le libertà del cittadino
quale fulcro del sistema comunitario
Il principio della tutela del legittimo affidamento, (tratto soprattutto dalla cultura
giuridica tedesca ed olandese), è un principio generale che afferisce alle dinamiche tra
34
LORELLO L., La tutela del legittimo affidamento tra diritto interno e diritto comunitario, op. cit..
In giurisprudenza Cgce, 30 gennaio 1985, Commissione c. Regno di Danimarca, in causa C-143/83, in
Racc. 1985.
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!125
Capitolo Terzo
potere pubblico e libertà individuali tanto nell’ordinamento italiano quanto
nell’ordinamento comunitario35.
Sul piano nazionale il suddetto principio ha una vis expansiva che lo rende
trasversalmente presente in ogni ambito giuridico, sia nel settore privatistico che in
quello pubblicistico. Già da tempo previsto nelle pieghe dell'ordinamento italiano, con
l’influenza del diritto europeo il principio del legittimo affidamento viene ad assumere,
nell’alveo delle discipline giuspubblicistiche, contenuti e sfumature nuovi, contribuendo
ad accrescere la protezione dei destinatari dell’azione amministrativa. Oggigiorno se ne
attesta l'inserzione, sia pure in forma implicita, nell'art. 1 co. I della l. 241/90.
Per tali ragioni è opportuno, in via preliminare, decodificare gli elementi essenziali
del principio nella configurazione comunitaria, per poi analizzarne nel capitolo sesto le
ricadute teoriche ed applicative nel sistema giuridico italiano.
Il principio della tutela del legittimo affidamento non ha origine nell'ordinamento
comunitario, ma vede la luce in talune realtà nazionali (in particolare Germania e Paesi
Bassi). Un principio dunque che "non può dirsi propriamente appartenente al
patrimonio dei principi comuni agli ordinamenti degli Stati membri"36.
35 In ordine al principio di tutela del legittimo affidamento in ambito amministrativo si rimanda, senza
pretese di completezza, ai contributi di MUSONE R., Annullamento d'ufficio degli atti amministrativi e
tutela dell'affidamento, Aracne, Roma, 2012. GIGANTE M., Mutamenti nella regolazione dei rapporti
giuridici e legittimo affidamento: tra diritto comunitario e diritto interno, Giuffrè, Milano, 2008.
GRASSO G., Sul rilievo del principio del legittimo affidamento nei rapporti con la pubblica
amministrazione, in www.sspa.it. LORELLO L., La tutela del legittimo affidamento tra diritto interno e
diritto comunitario, op. cit.. ANTONIAZZI S., La tutela del legittimo affidamento del privato nei
confronti della pubblica amministrazione, Torino, 2005. GAFFURI F., L'acquiescenza al provvedimento
amministrativo e la tutela dell'affidamento, Giuffrè, Milano, 2006. MAFFEI P., Il principio della tutela
del legittimo affidamento nell'ordinamento comunitario, in Dir. pubbl. comp. eu., 2003, 498. MERUSI F.,
Buona fede e affidamento nel diritto pubblico: dagli anni trenta all’alternanza, Giuffrè, Milano, 2001.
MANTERO A., Le situazioni favorevoli del privato nel rapporto amministrativo, Padova, 1979.
UBERTAZZI G.M., La tutela dei diritti quesiti e del legittimo affidamento nel diritto comunitario, in Dir.
com. sc. int., 1978. CAPELLI F., La tutela del legittimo affidamento nel diritto comunitario e nel diritto
italiano, in Dir. com. sc. int., 1988. CARANTA R., La “comunitarizzazione” del diritto amministrativo: il
caso della tutela dell’affidamento, in Riv. it. dir. pubbl. com., 1996, 439. FRAENKEL-HAEBERLE C.,
Poteri di autotutela e legittimo affidamento, Il caso tedesco, Trento, Dipartimento di Scienze giuridiche
dell'Università di Trento, 2008. SCHONBERG, Legitimate expectations, in Administrative law, Oxford
university press, Oxford, 2000. AUBY J.B.–DERO-BUGNY D., Les principes de sécurité juridique et de
confiance légitime, in AA.VV., Droit admnistratif européen, a cura di J.-B. Auby–J. Dutheil De La
Rochère, Bruxelles, 2007, 473.
36
GIGANTE M. Il principio di tutela del legittimo affidamento, op. cit..
!
!126
Capitolo Terzo
Nel panorama europeo il legittimo affidamento assume oggi le vesti di principio non
scritto di elaborazione giurisprudenziale37 che si inquadra fra "i principi fondamentali
della Comunità"38. Quanto al rango del principio, esso ha natura primaria con piena
equiparazione alle disposizioni dei Trattati. Inoltre, in quanto fonte del diritto, ha
efficacia vincolante, diretta e immediata negli ordinamenti nazionali.
La tutela delle legittime aspettative, spesso coniugata dalla Corte di giustizia al
principio di certezza del diritto39, ha una latitudine molto estesa, venendo in rilievo sia
come strumento interpretativo sia come parametro di legittimità degli atti normativi e
amministrativi della Comunità europea (oggi Unione).
Dal punto di vista teleologico, il principio di tutela dell’affidamento persegue
l'obiettivo di proteggere le posizioni soggettive degli amministrati da indebite restrizioni
dei pubblici poteri.
Attraverso progressive costruzioni del giudice comunitario, il principio in esame ha
gradualmente ampliato il proprio raggio applicativo, assumendo le vesti di:
a) principio ammesso in tema di modifiche della normativa vigente40;
b) principio-parametro di valutazione degli atti delle istituzioni41;
37 In giurisprudenza, ex plurimis, Cgce, 13 giugno 1965, in causa C-111/63, Lemmerz-Werke GmbH,
in Racc. 1965. Cgce, 21 settembre 1983, in cause riun. C-205/82-215/82, Deutsche Milchkontor, cit..
Cgce, 19 maggio 1983, in causa C-289/81, Mavrides c. Parlamento, in Racc. 1983. Cgce, 17 aprile 1997,
in causa C-90/95, De Compte c. Parlamento, in Racc. 1997. Cgce, 26 febbraio 1987, in causa C-15/85,
Consorzio Cooperative D'Abruzzo, in Racc. 1987. Cgce, 20 giugno 1991, in causa C-248/89, Cargill, in
Racc. 1991. Trib. I grado, 17 dicembre 1998, in causa T-203/96, Embassy Limousines, in Racc. 1998.
Cgce, 3 maggio 1978, in causa C-112/77, Töpfer, in Racc. 1978, 1019. Cgce, 10 gennaio 1992, in causa
C-177/90, Kuehn, in Racc. 1992. Cgce, 11 luglio 2002, in causa C-62/00, Marks and Spencer, in Racc.
2002, I-6325. Cgce, 28 giugno 2005, in cause riun. C-189/02-C-202/02, Dansfd Rorindustri, in Racc.
2005, I-5425. In dottrina BLANKE H.J, Vertrauensschutz im deutschen und europäischen
Verwaltungsrecht, 2000. GIRAUD A., A study of the notion of legitimate expectations in State aid
recovery proceedings: "Abandon all hope, ye who enter here?", in Common Market Law Review, 2008.
38
Ex multis Cgce, 5 ottobre 1994, in cause riun. 133/93, 300/93 e 362/93, Crispoltoni e al., in Racc.
1994. Cgce, 29 febbraio 1996, in cause riun. 296 e 307/93, Repubblica francese e Irlanda c.
Commissione, in Racc. 1996.
39 Si veda in particolare Cgce, 21 settembre 1983, in cause riun. C-205/82-215/82, Deutsche
Milchkontor, cit.. In molte pronunce il principio della certezza del diritto viene trattato congiuntamente ai
principi di proporzionalità e di tutela del legittimo affidamento. Si rinvia in proposito a Cgce, 25 marzo
2004, in cause riun. C-231/00, C-303/00, C-451/00, Cooperativa Lattepiù, in Racc. 2004, I-2869. Cgce,
20 giugno 2002, in causa C-313/99, Mulligan, in Racc. 2002, I-5719. Cgce, 15 febbraio 1996, in causa
C-63/93, Duff, in Racc. 1996, I-569.
40
Cgce, 4 luglio 1973, in causa C-1/73, Westzucker, cit..
41
Cgce, 14 luglio 1983, in causa C-224/82, Meiko-Konservenfabrik, in Racc. 1983.
!
!127
Capitolo Terzo
c) principio fondamentale delle Comunità42.
In molti casi la Corte è giunta a configurare la tutela delle aspettative legittime in
termini di regola di interpretazione del diritto43, volta a scongiurare scelte arbitrarie,
improvvise ed irragionevoli delle istituzioni comunitarie.
La protezione delle legitimate expectations, in ambito europeo, concerne sia gli atti
amministrativi sia gli atti legislativi. Inoltre siffatto principio opera tanto nei rapporti tra
privati e istituzioni44, quanto nelle relazioni tra Stati UE ed in quelle tra cittadini e
amministrazioni nazionali, tenute anch’esse all’applicazione del diritto comunitario.
Dalla portata generale del principio discende l’indeterminatezza del suo ambito
applicativo.
Il principio di tutela del legittimo affidamento viene in rilievo ad esempio in caso di
adozione da parte delle istituzioni comunitarie o di uno Stato membro di un atto o di un
comportamento, attivo od omissivo, idoneo a suscitare una situazione di fiducia nei
destinatari45.
Quanto ai contenuti del principio, è evidente come tra gli elementi costitutivi della
situazione di confiance légitime rientri, in primo luogo, il lasso di tempo tra la
formazione di una aspettativa legittima e la susseguente condotta lesiva46. Inoltre
occorre che il destinatario dell’atto abbia agito in buona fede ed in modo leale e
prudente47.
42
Cgce, 16 maggio, 1979, in causa C-84/78, Tomadini, in Racc. 1979.
43
CAPOTORTI F., Il diritto comunitario non scritto, op. cit., BREDIMAS A., Methods of
interpretation, op. cit..
44
Cgce, 19 maggio 1983, in causa C-289/81, Mavridis c.Parlamento, cit.. Trib. I grado, 17 dicembre
1998, in causa T-203/96, Embassy Limousines, cit..
45 Cgce, 15 aprile 1997, in causa C-22/94, Irish Farmers, in Racc. 1997. Cgce, 1 ottobre 1987, in
causa C-84/85, Regno unito c. Commissione CE, in Racc. 1987. In altre pronunce, però, la Corte ha
negato rilevanza al comportamento omissivo, Cgce, 1 giugno 1994, in causa C-317/92, Commissione CE
c. Repubblica federale di Germania, in Racc. 1994.
46
Cgce, 26 febbraio 1987, in causa C-15/85, Consorzio cooperative d’Abruzzo, cit..
47
La protezione dell’ordinamento non viene concessa ove il beneficiario abbia conseguito l’atto con
dolo mediante indicazioni false o volutamente incomplete oppure con colpa o errore inescusabili per gravi
negligenze o imprudenze. Sul punto Cgce, 15 aprile 1997, in causa C-22/94, Irish Farmers, cit..
!
!128
Capitolo Terzo
Per quanto riguarda, in particolare, gli atti delle istituzioni comunitarie, è richiesto
quale ulteriore presupposto, l’esistenza di un atto produttivo di effetti giuridici e
suscettibile di impugnazione48. In special modo per le direttive, che a rigore hanno
come destinatari gli Stati, è configurabile un legittimo affidamento del cittadino solo
nell'ipotesi in cui la direttiva venga trasposta dallo Stato oppure ne siano scaduti
infruttuosamente i termini per il recepimento49.
L’affidamento dell'amministrato è giuridicamente tutelato, di regola, nei casi di
modifica improvvisa di una disciplina normativa, di talchè la sua violazione è idonea a
incidere sulla validità della norma posteriore50.
Il principio assume rilevanza anche nelle fattispecie in cui l’amministrazione susciti
nell’interessato, con propri atti o comportamenti, una fondata aspettativa che poi
disattende (in violazione del divieto di condotte auto-contraddittorie dei pubblici poteri,
magistralmente scolpito dai latini con la locuzione “venire contra factum proprium”)51.
L’affidamento riceve, inoltre, protezione in caso di revoca di atti individuali illegittimi,
revoca ammissibile entro un termine ragionevole e previa ponderazione dell’aspettativa
del destinatario con l’interesse pubblico52. Naturalmente l’affidamento non è meritevole
di tutela ove si radichi in comportamenti illegittimi53.
Dagli approdi giurisprudenziali brevemente esaminati, emerge come il principio di
tutela del legittimo affidamento rappresenti un valore essenziale per la Comunità, in
48 Tra le tante Cgce, 5 giugno 1973, in causa C-81/72, Commissione CE c. Consiglio CE, cit.. Cgce,
30 giugno 1992, in causa C-47/91, Repubblica italiana c. Commissione CE, in Racc. 1992. Cgce, 11
luglio 1985, in causa C-87/77, 130/77, 22/83, 9/84, 10/84, Vittorio Salerno c. Commissione CE, in Racc.
1985.
49
Cgce, 5 aprile 1979, in causa C-148/78, Tullio Ratti, in Racc. 1979.
50
Cgce, 28 aprile 1988, in causa C-120/86, Mulder, in Racc. 1988.
51 Tra le tante Cgce, 24 novembre 1987, in causa C-223/1985, RSV, in Racc. 1987. Cgce, 6 marzo
2003, in causa C-14/01, Molkerei Wagenfeld, in Racc. 2003.
52 Ex multis Cgce, 12 luglio 1957, in causa C-7/56, Algera c. Assemblea, in Racc. 1957. Cgce, 3
marzo 1982, in causa C-14/81, Alpha Steel, in Racc. 1982. Cgce, 1 febbraio 1978, in causa C-78/77,
Luhrs, in Racc.1978. Trib. I grado, 12 novembre 2002, in causa T-94/00, Rica foods, in Racc. 2002. Cgce,
28 gennaio 2003, in causa C-334/99, Repubblica federale di Germania, in Racc. 2003.
53
Cgce, 1 aprile 1993, in causa C-31-44/91, Lageder, in Racc. 1993.
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!129
Capitolo Terzo
quanto deputato a presidiare le libertà dei cittadini dagli abusi dei pubblici poteri54. Da
ciò discende, come corollario, che ogni violazione del principio da parte delle
istituzioni, obblighi la Comunità al risarcimento dei danni arrecati alle situazioni
soggettive individuali.
Va aggiunto, tuttavia, come la tutela delle legittime aspettative, pur assumendo
importanza fondamentale in ambito europeo, abbia pur sempre carattere relativo,
dovendosi bilanciare con altri interessi potenzialmente confliggenti. In special modo in
alcuni settori ad ampia discrezionalità, quali politica agricola55, aiuti di Stato56, mercato
comune57, gli atti delle istituzioni comunitarie possono non radicare nei destinatari una
posizione di confiance légitime58. L'esclusione di un affidamento giuridicamente
tutelato ben si giustifica all’esito di un giudizio ponderato (e motivato) tra principi in
conflitto, ove il perseguimento delle finalità dei Trattati sia considerato prevalente sulla
fiducia ingenerata negli amministrati.
54
In dottrina BALLARINO T., Diritto dell'Unione europea, op. cit.. In giurisprudenza Cgce, 14
maggio 1975, in causa C-74/74, CNTA c. Commissione, in Racc. 1975. Il caso concerne la responsabilità
della Commissione per i danni arrecati da un regolamento adottato improvvisamente, senza alcuna misura
transitoria. Nella pronuncia in questione la Corte di giustizia afferma la responsabilità extracontrattuale
della Comunità per violazione dell’art. 215 II co. TCE (ora art. 340 TFUE) per lesione dell’affidamento
ingenerato nei singoli al mantenimento dello status quo, trattandosi di modifica normativa imprevedibile
anche per un operatore prudente e accorto, non giustificata da alcun inderogabile interesse pubblico. Sulla
stessa lunghezza d’onda Cgce, 8 giugno 1977, in causa C-97/76, Merkur c. Commissione, in Racc. 1977.
55
Cgce, 14 febbraio 1990, in causa C-350/88, Societè francaise des biscuits delacre c. Commissione
CE, in Racc. 1990.
56 Cgce, 5 ottobre 1994, in causa C-400/92, Repubblica federale di Germania c. Commissione CE, in
Racc. 1994.
57 Cgce, 5 ottobre 1994, in causa C-280/93, Repubblica federale di Germania c. Consiglio CE, in
Racc. 1994. Anche se il principio del legittimo affidamento va annoverato, a pieno titolo, tra i principi
fondamentali del sistema comunitario, gli operatori economici non possono fare affidamento sulla
immodificabilità di una normativa o di un provvedimento che riconosca loro una situazione di vantaggio.
La realtà e in particolare i fenomeni economici sono, per loro natura, soggetti a progressive mutazioni che
implicano, di tanto in tanto, interventi di adeguamento. Ove le misure risultino prevedibili e ragionevoli,
le istituzioni comunitarie potranno sempre intervenire legittimamente, e non potranno di certo i
destinatari invocare alcuna legittima aspettativa alla immutabilità della situazione data. Purchè,
ovviamente, le modifiche operino pro futuro senza pregiudizio per le posizioni consolidatesi. Ciò è vero
specialmente in un settore, quale quello delle organizzazioni comuni di mercato, in continua evoluzione a
causa dei continui mutamenti economici. Pertanto gli operatori economici non possono lamentare la
lesione di diritti quesiti in ordine alla conservazione di vantaggi conseguiti in un dato momento in caso di
adozione di atti di segno opposto.
58
Cgce, 23 novembre 1999, in causa C-149/96, Rep. Portogallo c. Consiglio UE, in Racc. 1999.
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!130
Capitolo Terzo
Nel sistema italiano, il principio di tutela dell’affidamento, anch’esso di origine
pretoria59, è stato nei suoi sviluppi evolutivi tributario delle spinte innovatrici della
giurisprudenza comunitaria, che ne hanno arricchito caratteri e contenuti in una
prospettiva di maggior tutela delle pretese del cittadino dinanzi alle pubbliche autorità.
Nel nostro ordinamento siffatto principio non rappresenta una novità assoluta, essendo
nel corso degli anni progressivamente affiorato nelle pronunce dei giudici
amministrativi. A mutare, però, in virtù della spinta comunitaria, è l'intensità di tutela
del principio.
In passato, infatti, la giurisprudenza concepiva l'affidamento come regola del potere
e dell'interesse pubblico, tesa ad evitare esclusivamente comportamenti contraddittori
dell'autorità amministrativa. In un tale contesto le situazioni soggettive degli
amministrati venivano considerate solo in via sussidiaria e riflessa.
Oggigiorno la situazione è radicalmente mutata. L'ordinamento comunitario,
attraverso l'opera propulsiva della Corte di giustizia, ha posto il cittadino al centro
dell'azione dei pubblici poteri nazionali e comunitari, in una prospettiva funzionalizzata
alla tutela delle situazioni soggettive di cui è portatore.
La protezione dell'affidamento del civis trova attualmente il proprio habitat naturale
nell'ambito del procedimento amministrativo ove è assicurata da una serie di previsioni
di garanzia, poste a presidio delle libertà e delle pretese degli amministrati. Tale tutela si
estrinseca in una molteplicità di rimedi sostanziali e risarcitori. In questo modo il
principio dell'affidamento sviluppa sempre più un'anima relazionale sì da sospinger la
P.A. a ponderare in concreto interesse pubblico ed interessi privati.
Pertanto nella prassi italiana, fortemente influenzata dal diritto europeo, il principio
in esame nei "rapporti con il soggetto pubblico ha assunto la veste tanto di un
59 LORELLO L., La tutela del legittimo affidamento tra diritto interno e diritto comunitario, op. cit.,
secondo cui nella giurisprudenza amministrativa italiana le espressioni buona fede, legittimo affidamento,
legittima aspettativa sarebbero utilizzate in modo indifferenziato. Quanto all’origine pretoria del
principio, sia in ambito nazionale che nel contesto comunitario, essa va ricondotta all’esigenza di fondo di
non cristallizzare in una normativa scritta le ipotesi di legittimo affidamento tutelabile. Ciò per evitare, da
un lato, generalizzazioni omnicomprensive, dall’altro specificazioni eccessivamente particolareggiate.
Poiché la tutela del legittimo affidamento si configura come strettamente legata alla conoscenza ed alla
definizione degli interessi, l’individuazione dei suoi contenuti non può che essere rimessa alla pubblica
amministrazione, sia pure nella cornice generale tracciata dal legislatore.
!
!131
Capitolo Terzo
parametro di giudizio della condotta, quanto di un criterio di comportamento, quanto
ancora di una regola che l’amministrazione deve porre alla base delle sue decisioni"60,
modulandosi di volta in volta sulle peculiarità del caso concreto. Come si approfondirà
nei successivi capitoli, il principio di tutela del legittimo affidamento, nella nuova
declinazione comunitaria, innerva di sé una vasta gamma di istituti amministrativi tra i
quali l'annullamento d’ufficio, la revoca, il danno da ritardo, gli accordi ex art. 11 l.
241/90.
3.3. Il principio di proporzionalità quale misura e limite dell'esercizio dei
pubblici poteri in ambito comunitario e nazionale
Il principio di proporzionalità nasce nell'ordinamento tedesco, nel c.d. Stato di polizia
del XIX sec.61, e si diffonde successivamente negli altri ordinamenti europei. Quale
principio trasversale, esso afferisce a tutti gli ambiti caratterizzati dall’esercizio di un
pubblico potere, assurgendo a parametro di misurazione dei rapporti tra l'autorità e i
cives.
60 LORELLO L., La tutela del legittimo affidamento tra diritto interno e diritto comunitario, op. cit.,
la quale richiama MANGANARO F., Principio di buona fede e attività delle amministrazioni pubbliche,
Napoli, 1995.
61
Tutto ha inizio con il noto caso Kreuzberg del 1882. La sentenza Kreuzberg, pronunciata dal
Tribunale amministrativo superiore prussiano (Oberwaltungsgerichts) il 14 giugno 1882, evidenzia la
necessità che la misura repressiva si coniughi con le libertà individuali, sottolineando, altresì, l'esigenza
che il mezzo in concreto adottato dall’autorità risulti il meno invasivo possibile per il cittadino inciso e al
contempo il più idoneo al conseguimento delle finalità pubbliche. Per un approfondimento generale del
principio di proporzionalità, quale criterio-guida dell’azione dei pubblici poteri, si rinvia, senza pretese di
esaustività, ai seguenti contributi: GALETTA D.U., Il principio di proporzionalità, in M.A. Sandulli (a
cura di), Codice dell’azione amministrativa, Giuffrè, Milano, 2011. Id., Principio di proporzionalità e
sindacato giurisdizionale nel diritto amministrativo, Milano, 1998. COGNETTI S., Principio di
proporzionalità. Profili di teoria generale e di analisi sistematica, Torino, 2011. LIGUGNANA G.,
Principio di proporzionalità e integrazione tra ordinamenti. Il caso inglese e italiano, in Riv. it. dir.
pubbl. com n. 2 del 2011. VILLAMENA S., Contributo in tema di proporzionalità amministrativa:
ordinamento comunitario, italiano e inglese, Giuffrè, Milano, 2008. MELONCELLI A., Imposizione e
proporzionalità dell’azione. I limiti alle interferenze unilaterali sulle posizioni giuridicamente protette,
Atena, Roma, 2005. BUOSO E., Proporzionalità, efficienza e consensualità nell'azione amministrativa,
Cedam, 2009. FANTIGROSSI U., Sviluppi recenti del principio di proporzionalità nel diritto
amministrativo italiano, in www.biblio.liuc.it. SANDULLI A., voce Proporzionalità, in Diz. dir pubbl.,
diretto da S. Cassese, Giuffrè, Milano, 2006, vol. V, 4643. Id., La proporzionalità dell'azione
amministrativa, Padova, 1998. STONE SWEET A.–MATTHEWS J., Proportionality, judicial review and
global constitutionalism, in G. Bongiovanni–G. Sartor-C. Valentini (eds.), Reasonableness and law,
Springer (Netherlands ), 2009. COGLIANI S. (a cura di), Il principio di proporzionalità in Italia ed in
Europa: la tutela dinanzi al giudice amministrativo, Cedam, 2008.
!
!132
Capitolo Terzo
Il principio di proporzionalità appartiene, oggi, al novero dei principi generali del
diritto europeo62, coniati dalla Corte di giustizia per la cura delle finalità dell’Unione.
Quanto al rango del principio, esso ha natura primaria con piena equiparazione alle
disposizioni dei Trattati. Inoltre, per la sua appartenenza alle fonti del diritto, il principio
di proporzionalità gode di un’efficacia diretta all’interno degli ordinamenti statuali,
ponendosi come argine all’esercizio arbitrario dei pubblici poteri.
Codificato per la prima volta nel Trattato di Maastricht, con riferimento alla sola
attività degli organi comunitari63, il principio di proporzionalità viene attualmente
consacrato dal Trattato di Lisbona che ne ribadisce, unitamente al principio di
sussidiarietà, il ruolo centrale nello scenario europeo.
Agli albori delle Comunità Europee il principio di proporzionalità viene configurato,
in una accezione economico-mercantile, quale strumento idoneo a controbilanciare gli
effetti di una "regolazione del mercato eccessivamente restrittiva della libertà
d'impresa"64.
Con il trascorrere degli anni, tuttavia, il principio in esame amplia progressivamente
il proprio ambito applicativo, configurandosi, in via generale, come canone di
62 In ordine all’esistenza di un principio di proporzionalità in ambito comunitario si vedano, tra i tanti,
CANIVET G., La proportionnalité comme modale d’intégration européenne par la méthode du jugement,
in Libe amicorum en l’honneur de/ in honour of Bo Vesterdorf, Bruxelles, 2007, 169. SCHWARZE J.,
Zukunftsaussichten für Europäische Öffentliche Recht, Baden-Baden, 2010. CICIRIELLO M.C., Il
principio di proporzionalità nel diritto comunitario, op. cit.. SAVY D., Il principio di proporzionalità
nell’ordinamento comunitario…questo sconosciuto, in Dir. pubbl. comp. eu., 2001. VAN GERVEN W.,
The effects of proportionality on the actions of member States of the European community: National
viewpoints from continental Europe, in Ellis E. (a cura di) The principle of proportionality in the laws of
Europe, Oxford, 1999, 37. CANNIZZARO E., Il principio della proporzionalità nell’ordinamento
internazionale, Giuffrè, Milano, 2000. PICOZZA E., Diritto amministrativo e diritto comunitario, op. cit..
CATTABRIGA C., La Corte di giustizia e il processo decisionale politico comunitario, Milano, 1998.
JOWELL J., Is proportionality an alien concept?, in European public law, II, 1996. ZILLER J., Le
principe de proportionnalité, Ajda, 1996. GRECO G., Incidenza del diritto comunitario sugli atti
amministrativi italiani, op. cit.. In giurisprudenza Cgce, 16 luglio 1956, in causa C-8/55, Fédération
Charbonnière, in Racc. 1955-56. Cgce, 14 dicembre 1962, in causa C-5-11/62 e 13-15/62, Acciaierie
San Michele, in Racc. 1962. Cgce, 19 marzo 1964, in causa C-18/63, Schmitz, in Racc. 1964. Cgce, 24
settembre 1984, in causa C-181/84, Man Sugar, in Racc. 1985, 2889.
63
Ai sensi dell’art. 5 TCE “l’azione della Comunità non va al di là di quanto necessario per il
raggiungimento degli obiettivi del presente Trattato”.
64
ANSALDI G.A., Principio di proporzionalità e sistema a diritto amministrativo, op. cit., che
richiama l'opera di TRIDIMAS T., The general principles of EC law, Oxford, 1999, 93. In giurisprudenza
di grande importanza Cgce, 29 novembre 1956, in causa C-8/55, Fédération Charbonière, cit..
!
!133
Capitolo Terzo
legittimità dell’azione normativa e amministrativa dei pubblici poteri65. Il principio di
proporzionalità diviene, così, sempre più strumento di garanzia delle situazioni
soggettive dei cittadini europei.
Il principio de quo ha ricevuto molteplici applicazioni ad opera della Corte di
giustizia, ad es., come strumento di verifica della legittimità di talune restrizioni alla
libera circolazione di beni e servizi. Emblematiche a riguardo le sentenze Clinique66 e
Van Schaik67 dei primi anni Novanta del secolo scorso.
In tali pronunce viene scolpita la regola secondo cui l’azione pubblica non deve
imporre agli amministrati sacrifici indebiti, sproporzionati e non strettamente necessari
al conseguimento dello scopo fissato dalla norma attributiva del potere. Ove vi sia una
possibilità di scelta, è preferibile optare per la soluzione, egualmente satisfattiva
dell’interesse pubblico, ma meno afflittiva per il privato. Ciò è stato già espresso nel
sec. XIX da Romagnosi nella massima da cui deve lasciarsi guidare la P.A.:“far
prevalere la cosa pubblica alla privata col minimo possibile sacrificio della privata
proprietà e libertà”.
Come è noto, le libertà e i diritti dei cittadini sono al centro della prospettiva
comunitaria, trovando un riscontro ed una tutela pregnanti nelle pieghe del principio di
proporzionalità. Siffatto principio ha una efficacia tanto verticale, essendo invocabile
dinanzi ai pubblici apparati nazionali68 (giudici, amministrazioni), quanto orizzontale
65 LUGATO M., Ancora sul principio di proporzionalità come parametro della validità di atti
comunitari, in Giust. civ., 1990, I, 2765. COGNETTI S., Principio di proporzionalità. Profili di teoria
generale e di analisi sistematica, op. cit.: "In sede europea la Corte di giustizia (...) applica il principio di
proporzionalità previsto dal Trattato alle leggi dei singoli Stati membri. Infatti il Trattato stesso, non
diversamente dalle Costituzioni, sovrasta tali leggi, di guisa che in entrambe le ipotesi applicative (di
diritto costituzionale e/o di diritto europeo) l’effetto è il medesimo: trasmettere e diffondere verso il basso
il principio di proporzionalità, iniettandolo, veicolandolo e ramificandolo nei vasi sanguigni di ogni
disciplina giuridica governata da leggi di diritto interno ed esposta all’obbligo imposto dall’alto di
applicare quel principio".
66
Cgce, 2 febbraio 1994, in causa C-315/92, Clinique, in Racc. 1994.
67
Cgce, 5 ottobre 1994, in causa C-55/93, Van Schaik, in Racc. 1994.
68
CAPELLI F., I principi generali come fonte del diritto, in Dir. com. sc. int., 1986, 541. CARANTA
R., Giustizia amministrativa e diritto comunitario, Napoli, 1992.
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!134
Capitolo Terzo
nei rapporti intersoggettivi, costituendo le pronunce della Corte di giustizia ius receptum
valido ed efficace erga omnes.
Come accennato, il principio di proporzionalità esercita la funzione di misura e
limite dell’azione dei pubblici poteri, implicando, quale strumento di salvaguardia dei
diritti e delle libertà dei cives, continui bilanciamenti tra l’interesse pubblico e gli
interessi privati. Infine la proporzionalità opera da criterio interpretativo per l’esatta
comprensione delle norme comunitarie69.
L’attività degli organi comunitari e degli Stati membri tende, dunque, ad uniformarsi
al principio di proporzionalità, sia pure, come si vedrà, in misura e con intensità
differenti, in ossequio a quella sorta di “bifrontismo” che spesso caratterizza
l’interpretazione e l’applicazione dei principi comunitari70. Infatti, con riferimento agli
organi comunitari, l’incisività del principio, quale parametro di validità dell’azione
pubblica, è stata ridimensionata da un’applicazione restrittiva del giudice di
Lussemburgo71.
Viceversa, per quanto riguarda il controllo sull’attività degli Stati membri, la Corte
ha mostrato un atteggiamento più rigoroso, sanzionando ogni misura incidente su
posizioni soggettive comunitarie che risultasse inadeguata o sproporzionata. Ciò si
spiega considerando l'esigenza di garantire la primazia e l’uniforme applicazione del
diritto comunitario sugli ordinamenti statali.
In tal modo tutti i poteri nazionali, ed in particolare i poteri amministrativi, hanno
obtorto collo dovuto uniformare la propria azione al canone della proporzionalità, a
69
L’art. 164 TCE statuisce che “la Corte di giustizia assicura il rispetto del diritto
nell’interpretazione e applicazione del presente Trattato”. Poi vi sono le disposizioni di cui agli artt. 178
e 215 del Trattato che riconoscono alla Corte il potere di fare ricorso ai principi generali comuni ai diritti
degli Stati membri. Dalla lettura congiunta di tali disposizioni si ricava il compito del giudice comunitario
di interpretare ed applicare i Trattati secondo diritto anche avvalendosi dei principi generali. Per un
esempio del ruolo rivestito dal principio di proporzionalità quale generale parametro di interpretazione
delle norme comunitarie si veda Cgce, 12 novembre 1969, in causa C-29/69, Stauder, cit..
70
SICILIANO F., La legalità amministrativa (comunitaria e interna) e certezza del diritto: riflessi sui
rapporti amministrativi e istituzionali, op. cit.. Il bifrontismo dei principi comunitari, osserva l’autore,
“compendia un rigore formale ineccepibile nel momento in cui si tratta di interpretare gli atti delle
istituzioni comunitarie e, viceversa, un’esaltazione della sostanza rispetto alla forma nelle svariate
ipotesi di proiezione del diritto comunitario verso l’esterno degli ordinamenti membri”.
71
Su tutte Cgce, 4 febbraio 1970, in causa C-13/69, Van Erick, in Racc. 1970. In dottrina
PAPADOPOLOU R. E., Principes généraux du droit et droit communautaire, op. cit..
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!135
Capitolo Terzo
riprova del forte impatto e della grande pervasività del principio all’interno degli
ordinamenti statuali.
Come tutti i principi comunitari, anche il principio di proporzionalità, è certamente
idoneo a generare un effetto di spill–over, applicandosi alle situazioni soggettive sia
comunitarie che nazionali e scongiurando, così, nei vari ordinamenti disparità di
trattamento tra situazioni analoghe ma di fonte eterogenea72.
Una volta chiarite, sia pur sommariamente, natura e funzioni del principio di
proporzionalità, è d’obbligo ora analizzarne gli elementi costitutivi alla luce delle
pronunce della Corte di giustizia73.
È noto come, in ambito comunitario, il principio di proporzionalità venga mutuato
dall’omologo principio tedesco. Questa idea è confermata dal sindacato del giudice
europeo costruito sul modello germanico dei “gradini di esame”:
1) idoneità (Geeignetheit);
2) necessarietà (Erforderlichkeit);
3) proporzionalità in senso stretto (Verhältnismäßigkeit).
Va precisato, tuttavia, come la Corte di giustizia funzionalizzi alle esigenze
comunitarie siffatti elementi ad es. alterandone i contenuti o la sequenza applicativa,
sicchè non può parlarsi di un recepimento tout court del paradigma germanico. Inoltre,
pur a fronte di una formale adesione ai test di proporzionalità sopracitati, nella prassi il
giudice di Lussemburgo ha limitato la propria indagine alla necessarietà della misura,
72
Sul punto GRECO G., Il diritto comunitario propulsore del diritto amministrativo europeo, in Riv.
it. dir. pubbl. com. 1993, che evidenzia a tal proposito un “effetto giuridico indotto” della normativa
comunitaria in ambito nazionale.
73
Le pronunce della Corte di giustizia al riguardo sono circa 600. Ex multis Cgce, 20 febbraio 1979,
in causa C-122/78, Buitoni; in Racc. 1979. Cgce, 23 febbraio 1983, in causa C-66/82 Fromançais, in
Racc. 1983. Cgce, 1 ottobre 1985, in causa C-125/83, OBEA, in Racc. 198. Cgce, 22 gennaio 1986, in
causa C-266/84, Denkavit, in Racc. 1986. Cgce, 15 maggio 1986, in causa C-222/84, Johnston, in Racc.
1986. Cgce, 18 settembre 1986, in causa C-116/82, Commissione c. Germania, in Racc. 1986. Cgce,14
gennaio 1987, in causa C-281/84, Zuckerfabrik, in Racc. 1987. Cgce, 18 marzo 1987, in causa C-56/86,
Società per l’esportazione dello zucchero, in Racc. 1987. Cgce; 30 giugno 1987, in causa C-47/86,
Roquette Frères, in Racc. 1987. Cgce, 21 gennaio 1993, in causa C-188/91, Deutsche Shell, in Racc.
1993. Cgce, 30 marzo 1993, in causa C-328/91, Thomas, in Racc. 1993. Cgce, 27 aprile 1993, in causa
C-375/90, Commissione c. Grecia, in Racc., 1993. Tra le più recenti si segnalanoTrib. I grado, 23
settembre 2009, in causa T-341/05, Regno di Spagna c. Commissione, in Racc. 2009. Cgce, 14 maggio
2009, in causa C-34/08, Azienda agricola Disarò, in Racc. 2009. Cgce, 4 giugno 2009, in causa
C-142/05, Aklagaren, in Racc. 2009. Cgce, 1 ottobre 2009, in causa C-103/08, Arthur Gottwald, in Racc.
2009. Cgce, 12 gennaio 2010, in causa C-229/08, Colin Wolf, in Racc. 2010.
!
!136
Capitolo Terzo
spingendosi in rari casi sino alla idoneità ed alla proporzionalità in senso stretto. Ciò
perchè un sindacato completo sui tre gradini rischierebbe di sconfinare in una indagine
di merito sulla misura legislativa o amministrativa vagliata, in stridente contrasto con il
principio della divisione dei poteri.
Come accennato precedentemente, l'impostazione del giudice comunitario varia a
seconda che oggetto del sindacato siano misure poste in essere da organi comunitari o
da organi degli Stati membri. Nel primo caso si assiste ad un sindacato soft, soprattutto
in relazione ad atti compiuti in settori ad elevata complessità tecnica (es. politica
agricola), con censura delle sole infrazioni gravi; nella seconda ipotesi, invece, si
registra casisticamente un controllo più incisivo, capillare e rigoroso, residuando in
capo agli Stati ridotti margini di discrezionalità nella scelta della misura. La ratio di una
tale differenziazione viene ravvisata nella superiore importanza degli interessi
comunitari rispetto agli interessi nazionali, con conseguente maggior favor della
giurisprudenza verso i primi.
In ambito comunitario, come detto, il sindacato di proporzionalità può articolarsi in
una verifica di idoneità, necessarietà, proporzionalità in senso stretto dell'atto scrutinato.
Quanto all'elemento della idoneità, la Corte di Lussemburgo statuisce che una misura
può definirsi idonea qualora il mezzo utilizzato si riveli capace di raggiungere
l’obiettivo perseguito74. Con riferimento, invece, al parametro della necessarietà, il
giudice europeo afferma che "qualora si presenti una scelta tra più misure
appropriate", si debba "ricorrere alla meno restrittiva"75. In ordine all’attività degli
organi comunitari, la Corte di giustizia, inoltre, impone alle misure comunitarie il limite
della non eccessiva ed inutile gravosità nei confronti degli Stati e dei cittadini, al di là
degli scopi dell’atto. Last but not least il requisito di proporzionalità in senso stretto.
74 Ex plurimis Cgce, 17 dicembre 1970, in causa C-25/70, Koster, in Racc. 1970, 1161. Cgce, 26
giugno 1980, in causa C-808/79, Pardini, in Racc. 1980, 2103. Cgce, 11 marzo 1987, in cause riun.
C-279-280-285-286/84, Rau, in Racc. 1987, 3961.
75
Ex multis Cgce, 16 ottobre 1991, in causa C-24/90, Hauptzollamt Hamburg-Jonas, in Racc. 1991,
I-4905. Cgce, 18 marzo 1980, in cause riun. C-154, 205, 206, da 226 a 227/79, Valsabbia c.
Commissione, in Racc. 1980.
!
!137
Capitolo Terzo
Esso implica una penetrante valutazione comparativa tra interesse pubblico e situazioni
soggettive protette.
Da una rassegna della giurisprudenza comunitaria emerge come siano oggetto di
sindacato della Corte sia misure normative (nei casi di ricorso pregiudiziale ex art. 177
TCE (ora art. 267 TFUE) e ricorso per inadempimento ex art. 169 TCE, (ora art. 258
TFUE), sia atti amministrativi76. Viceversa per gli atti amministrativi emanati da organi
statuali, il sindacato di proporzionalità è rimesso prevalentemente alla competenza dei
giudici comuni.
Nel corso degli anni il controllo del giudice comunitario sul rispetto del principio in
esame da parte dei pubblici poteri è stato ondivago, in quanto ancorato a regole
mutevoli e cangianti.
Il sindacato della Corte di giustizia ha avuto ampia latitudine, estrinsecandosi talvolta
in un sindacato di legittimità, inerente cioè il corretto uso della discrezionalità
amministrativa, talaltra in un controllo di merito, sostitutivo delle determinazioni della
P.A.. La labile distinzione tra discrezionalità e merito appare in linea con lo spirito e con
l’approccio casistico ed informale della giurisprudenza comunitaria. La posizione
altalenante della Corte, inoltre, risente delle influenze degli ordinamenti nazionali,
oscillando tra il sindacato ad ampio raggio di derivazione tedesca ed il sindacato di
matrice francese circoscritto alle palesi violazioni del principio77.
Il principio comunitario di proporzionalità ha, dunque, pervaso e condizionato di
gran lunga il sistema italiano, in special modo l’azione amministrativa ed il relativo
sindacato giurisdizionale, sicchè oggi la tutela del cittadino può considerarsi rafforzata
anche in ragione di un più stringente controllo di proporzionalità sulla funzione
pubblica.
76 GALETTA D.U., Principio di proporzionalità e sindacato giurisdizionale nel diritto
amministrativo, op. cit.. Per l’autrice l’incisività del sindacato giurisdizionale non sembra mutare in
ragione della natura normativa o amministrativa degli atti in esame. Contra Emiliou N., The principle of
proportionality in European law, op. cit..
77
GALETTA D.U., Principio di proporzionalità e sindacato giurisdizionale nel diritto
amministrativo, op. cit..
!
!138
Capitolo Terzo
3.4. I principi del giusto procedimento: la valorizzazione delle pretese del
cittadino nell'esercizio del potere
La nozione di giusto procedimento viene storicamente elaborata nell'ordinamento
giuridico anglosassone78. Nell’Europa continentale i principi del giusto procedimento
iniziano a diffondersi in seguito all’affermazione dello Stato di diritto79.
In Italia la prima enunciazione, sia pure in forma embrionale, dei principi del giusto
procedimento amministrativo risale all’art. 3 della Legge abolitrice del contenzioso (20
marzo 1865, n. 2248, all. E) che prevede forme di contraddittorio tra P.A. e cives per i
c.d. "affari" devoluti alla cognizione dell'amministrazione attiva prima dell'esperibilità
dei ricorsi amministrativi80.
Nonostante i promettenti inizi, il giusto procedimento ha avuto di lì a venire scarsa
fortuna sia nello Stato liberale che, a fortiori, in quello fascista, poichè compresso dalla
pervasiva presenza del potere pubblico.
Con l’avvento della Costituzione repubblicana si assiste, tuttavia, alla rottura del
tradizionale modello di Stato, prima elitario poi autoritario, fondato sull’onnipotenza
dell'interesse pubblico e ad una decisiva apertura dell'ordinamento verso un
riconoscimento effettivo delle libertà individuali. Emblematiche sono in tal senso le
78 D'ALBERTI M., L'effettività e il diritto amministrativo, Editoriale scientifica 2011. Secondo
l'autore "già nel XVII secolo i giudici delle Corti inglesi sottolineavano che il potere pubblico si può
esercitare solo dopo che il destinatario abbia avuto modo di far sentire le proprie ragioni".
79
SCHMITT C., Teologia politica: quattro capitoli sulla dottrina della sovranità (1922), in C.
Schmitt, Le categorie del politico, trad. it. di P. Schiera, il Mulino, Bologna, 1972. MANGIAMELI S.,
“Giusto procedimento” e “giusto processo”. Considerazioni sulla giurisprudenza amministrativa tra il
modello dello Stato di polizia e quello dello Stato di diritto, in
www.associazionedeicostituzionalisti.it.
80
Con una previsione di carattere generale l'art. 3 della l. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E statuisce che:
"Gli affari non compresi nell’articolo precedente (quelli devoluti alla giurisdizione del giudice ordinario)
saranno attribuiti alle autorità amministrative, le quali, ammesse le deduzioni e le osservazioni in iscritto
delle parti interessate, provvederanno con decreti motivati, previo parere dei consigli amministrativi che
pei diversi casi siano dalla legge stabiliti. Contro tali decreti, che saranno scritti in calce del parere
egualmente motivato, è ammesso il ricorso in via gerarchica in conformità delle leggi amministrative".
In dottrina MANGIAMELI S., “Giusto procedimento” e “giusto processo”. Considerazioni sulla
giurisprudenza amministrativa tra il modello dello Stato di polizia e quello dello Stato di diritto, op. cit..
VIRGA P., La tutela giurisdizionale nei confronti della Pubblica amministrazione, Milano, 1982.
CARTABIA M., La tutela dei diritti nel procedimento amministrativo: la legge n. 241 del 1990 alla luce
dei principi comunitari, op. cit..
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Capitolo Terzo
previsioni degli artt. 24 co. I81, 103 co. I82 e 113 co. I83 Cost., ideate quali norme di
salvaguardia del cittadino dagli abusi dell’amministrazione e più in generale dei
pubblici poteri. Di contrario avviso autorevole (ma ormai superata) dottrina, secondo la
quale non si rinverrebbe nella Carta costituzionale alcuna enunciazione dei principi del
giusto procedimento84.
Negli anni successivi anche la migliore dottrina amministrativistica trascura la
questione del giusto procedimento85, in un contesto culturale in cui, di fatto, la forza del
potere e dell’interesse pubblico continuano a caratterizzare la scena.
Nonostante la Corte costituzionale faccia uso dell’espressione giusto procedimento
sin dagli anni Sessanta del secolo scorso86, per molto tempo i giudici della Consulta
81 Art. 24 co. I Cost.: "Tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi
legittimi".
82 Art. 103 co. I Cost.: "Il Consiglio di Stato e gli altri organi di giustizia amministrativa hanno
giurisdizione per la tutela nei confronti della pubblica amministrazione degli interessi legittimi e, in
particolari materie indicate dalla legge, anche dei diritti soggettivi".
83
Art. 113 co. I Cost.: "Contro gli atti della pubblica amministrazione è sempre ammessa la tutela
giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi dinanzi agli organi di giurisdizione ordinaria o
amministrativa".
84 GUICCIARDI E., La giustizia amministrativa, Padova, 1956. Così l’autore descrive il sistema di
giustizia amministrativa italiana: "Sempre dal punto di vista strettamente giuridico è il cittadino che serve
al giudizio amministrativo, che senza la sua iniziativa non potrebbe instaurarsi e svolgersi, mentre il
giudizio amministrativo non serve al cittadino. (...) L’ordinamento giuridico riconosce l’utilità per
l’interesse pubblico di questo strumento rivelatore dell’invalidità degli atti amministrativi e se ne giova
consentendogli la proposizione del ricorso, e compensandolo con il vantaggio di fatto che potrà
derivargli dalla decisione, senza per questo intaccare minimamente il principio, che il giudice
amministrativo dovrà soltanto accertare se realmente l’atto impugnato è contrario all’interesse pubblico,
senza prendere affatto in considerazione l’interesse individuale del ricorrente".
85
SANDULLI A.M. Il procedimento amministrativo, I ed. 1940, ristampa, Milano, 1959.
BENVENUTI F., Funzione amministrativa, procedimento, processo, in Riv. trim. dir. pubbl. 1952, 118.
86
Corte cost., 23 febbraio 1962, n. 13, in www.giurcost.it.
!
!140
Capitolo Terzo
negheranno pervicacemente al principio in esame dignità costituzionale, pur
riconoscendogli lo status di principio generale dell'ordinamento87.
La stessa giurisprudenza amministrativa, a cavallo tra gli anni Settanta e Ottanta del
secolo scorso, tende a restringere l'ambito di applicazione dei principi del giusto
procedimento, circoscrivendo la tutela del contraddittorio ai soli casi espressamente
previsti dalla legge88.
Solo a partire dagli anni Novanta del XX sec., con l'approvazione di una legge
generale sul procedimento amministrativo (1990) e con la modifica costituzionale
dell’art. 111 (1999), i principi del giusto procedimento, unitamente ai principi del giusto
processo, ricevono pieno riconoscimento nell’ordinamento italiano.
87
Ex plurimis Corte cost., 23 febbraio 1962, n. 13, cit.. Corte cost., 30 dicembre 1972, n. 212, in Giur.
cost. 1972. Corte cost., 13 febbraio 1974 n. 32, in Giur. cost. 1974, Corte cost., 20 marzo 1978 n. 23, in
Giur. cost. 1978. Secondo la Consulta la regola del giusto procedimento, pur rappresentando un principio
generale del nostro ordinamento, non è desumibile dall'art. 97 nè da altre norme costituzionali, sicchè tale
principio non può essere imposto all'attività amministrativa se non quando questa sia riconducibile ad
un'attività di tipo giurisdizionale. Questo indirizzo ha trovato adesioni anche nell'alveo della
giurisprudenza amministrativa. Ex plurimis Cons. Stato, sez. VI, 5 aprile 1968, n. 252, in Foro amm.
1968, 559 secondo cui "la garanzia costituzionale dei diritti della difesa, prevista dall'art. 24 Cost., ha
valore soltanto nei riguardi del procedimento giurisdizionale, ma non si estende al momento anteriore del
procedimento di formazione dell'atto amministrativo, sicchè in esso non sussiste una garanzia
costituzionale del contraddittorio, ancorchè gli atti relativi incidano nella sfera giuridica dei soggetti".
Sul dibattito dottrinario in ordine alla natura e al rango dei principi del giusto procedimento si rinvia a
CRISAFULLI V., Principio di legalità e giusto procedimento, in Giur. cost. 1962, che attribuisce al
principio del giusto procedimento un carattere costituzionale. SCIULLO G., Il principio del giusto
procedimento fra giudice costituzionale e giudice amministrativo, in Jus 1986. ROEHERSSEN G., Il
giusto procedimento nel quadro dei principi costituzionali, in Dir. amm. n. 1 del 1987, 47. Di recente
BUFFONI L., Il rango costituzionale del “giusto procedimento” e l’archetipo del “processo”, in Quad.
cost., 2009, 277. CAVALLARO M.C., Il giusto procedimento come principio costituzionale, in Foro
amm., 2001, 1837.
88 Ex multis Tar Marche, 3 gennaio 1978, n. 3, in Foro amm., 1978. Cons. Stato, sez. V, 14 luglio
1981, n. 422, in Foro amm. 1981. Adun. Plen. Cons. Stato, 18 giugno 1986, n. 6, in Foro amm., 1986.
Cons. Stato, sez. VI, 10 agosto 1988, n. 976, in Foro amm., 1988. Secondo la giurisprudenza
amministrativa un'eccessiva dilatazione dei diritti partecipativi, cagionando rallentamenti nell'esercizio
della funzione procedimentale, pregiudicherebbe l’efficienza dell'azione amministrativa. Pertanto i
giudici escludono che il contraddittorio con gli interessati vada sempre assicurato nella fase antecedente
l’emanazione del provvedimento finale. Nel corso degli anni Ottanta la giurisprudenza amministrativa,
pur consapevole della tendenza legislativa all’espansione dei diritti di partecipazione, considera conformi
all’art. 97 Cost. anche quelle leggi ostative al riconoscimento in sede procedimentale dei diritti
partecipativi dell'amministrato. In definitiva i principi del giusto procedimento vengono considerati
elementi sì importanti ma non imprescindibili e pertanto meritevoli di una protezione intermittente,
limitata a talune fattispecie. Contra in dottrina GHETTI G., Il contraddittorio amministrativo, Padova,
1971. PUBUSA A., Procedimento amministrativo e interessi sociali, Torino, 1988..
!
!141
Capitolo Terzo
In particolare la l. 241/90, estendendo i principi partecipativi alla generalità dei
procedimenti89, introduce, in via generale, l’obbligatorietà del contradditorio90
nell'alveo di una più ampia tendenza alla “processualizzazione” del procedimento91.
La partecipazione degli interessati all'esercizio della funzione pubblica è elemento
qualificante degli odierni sistemi democratici92. Nell'ordinamento italiano i principi del
giusto procedimento rinvengono il proprio fondamento in una pluralità di disposizioni
costituzionali (artt. 3, 21, 24, 97, 117 Cost.93).
89
CARTABIA M., La tutela dei diritti nel procedimento amministrativo: la legge n. 241 del 1990 alla
luce dei principi comunitari, op. cit.. Secondo l'autrice "la recente legge sul procedimento amministrativo
ha introdotto nel nostro ordinamento il principio della partecipazione dei soggetti interessati alla
formazione dei provvedimenti amministrativi. Si tratta di un principio assai diffuso in altri ordinamenti e
non del tutto sconosciuto nel nostro: leggi settoriali dello Stato, leggi regionali e pronunce
giurisprudenziali hanno da tempo cominciato a conformarsi spontaneamente a questo principio, sia pure
in modo sporadico ed occasionale". Quanto al dibattito in ordine alla natura giuridica delle pretese
partecipative quali facoltà ricomprese nell'interesse legittimo oppure veri e propri diritti soggettivi vantati
dal privato nei confronti dell'amministrazione si rinvia a ZITO A., Le pretese partecipative del privato nel
procedimento amministrativo, Giuffrè, 1996.
90
SANNA TICCA E., Cittadino e pubblica amministrazione nel processo di integrazione europea, op.
cit.: "Il principio del contraddittorio trovava applicazione già prima della legge n. 241/90 ma attraverso
una disciplina giuridica frammentaria. Infatti il legislatore circoscriveva la sua applicazione caso per
caso ampliandolo, in via progressiva e per gradi, ogni volta che intendeva rafforzare le garanzie di un
interesse del privato a fronte dell'intervento del potere amministrativo".
91
Per una disamina del fenomeno osmotico che intercorre tra procedimento e processo in ambito
generale FAZZALARI E., Procedimento e processo (teoria generale), in Enc. giur. Trecc. (ad vocem)
Istituto Poligrafico, Roma, 2005. Con particolare riferimento al diritto amministrativo AA.VV.,
Procedura, procedimento, processo, Atti Convegno, Urbino 14-15 giugno 2007, Cedam 2010.
CAIANIELLO V., Rapporti tra procedimento amministrativo e processo, in Dir. proc. amm.,1993. DE
LISE P., Giusto procedimento e processualprocedimento, Atti convegno Consiglio di Stato, Roma, 6
aprile 2009, in www.giustizia-amministrativa.it. MANGIAMELI S., “Giusto procedimento” e “giusto
processo”. Considerazioni sulla giurisprudenza amministrativa tra il modello dello Stato di polizia e
quello dello Stato di diritto, op. cit.. MARENGHI E.M., Procedimenti e processualprocedimento, Cedam,
2009.
92
BENVENUTI F., Il nuovo cittadino. Tra libertà garantita e libertà attiva, op. cit.: "La rivoluzione,
se così si può chiamare, consiste nel capovolgimento della concezione del posto e della funzione che
spetta ai cittadini nell'ambito di uno Stato che voglia essere ispirato non più a principii di monocrazia ma
a principii di demo-crazia, i quali non possono ridursi al riconoscimento di posizioni giuridiche passive
dei cittadini nei confronti dello Stato e quindi alla loro tutela, ma deve evolversi nel senso del
riconoscimento di posizioni giuridiche attive nell'ambito delle funzioni, ciò che va sotto il nome di
partecipazione. È questo il grande principio, dunque, di una vera demo-crazia o, se si voglia coniare una
nuova espressione, di una demarchia".
93 ROEHERSSEN G., Il giusto procedimento nel quadro dei principi costituzionali, op. cit.. In ordine
ai rapporti tra partecipazione e principio di imparzialità ASPRONE M., Il principio di imparzialità nel
diritto comparato, Aracne, Roma, 2011.
Si segnala poi come, a seguito della riforma del titolo V della Costituzione del 2001, sia possibile
rinvenire nell'art. 117 co. II lett. m) un ulteriore fondamento costituzionale dei principi del giusto
procedimento. Infatti, a seguito della novella, la partecipazione del cittadino nel procedimento
amministrativo rientra nella materia dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e
sociali che lo Stato è tenuto a garantire su tutto il territorio nazionale.
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!142
Capitolo Terzo
La stessa Corte costituzionale, tradizionalmente tiepida nei confronti dei principi del
giusto procedimento, nel 1995 prende atto di come, a seguito della l. 241/90, la
partecipazione dei cittadini in sede procedimentale costituisca momento indefettibile
della funzione amministrativa94. Da quel momento in avanti si assisterà alla massima
valorizzazione nell'esercizio del potere dell’intera gamma dei principi del giusto
procedimento, cui corrispondono pretese partecipative dell'amministrato nei confronti
dell'autorità.
Nell'ordinamento italiano la consacrazione dei principi del giusto procedimento è
merito dell’incessante influenza delle regole e dei principi comunitari, i quali hanno
progressivamente sgretolato il muro di incomunicabilità e indifferenza che separava
l’esercizio della funzione dalle istanze dei consociati. Specialmente i principi non scritti,
di costruzione giurisprudenziale, acquisendo rilievo crescente nell’arena europea, sono
esondati nel sistema italiano, con ampie ricadute sull’azione delle pubbliche
amministrazioni95.
Quanto al fondamento normativo dei principi del giusto procedimento in ambito
comunitario, esso viene rintracciato principalmente nella disposizione di cui all’art. 230
94 Corte cost., 31 maggio 1995, n. 210, in www.giurcost.it: "Il principio del giusto procedimento, pur
non potendo definirsi un principio assistito da garanzia giurisdizionale e costituzionale, costituisce
tuttavia un criterio di orientamento per il legislatore e per l’interprete, con la conseguenza che il
coinvolgimento dei soggetti interessati, attraverso l’attivazione di una fase preliminare di informazione e
partecipazione, ai sensi dell’art. 7 L. 7 agosto 1990, n. 241, rappresenta un momento indefettibile dei
procedimenti". Per ripercorrere l'evoluzione della giurisprudenza costituzionale CASTIELLO F., Il
principio del giusto procedimento dalla sentenza n. 13 del 1962 alla sentenza n. 104 del 2007 della Corte
costituzionale, in Foro amm., 2008, 269.
95
FRANCHINI C., I principi applicabili ai procedimenti amministrativi europei, in Bignami F.Cassese S. (a cura di), Il procedimento amministrativo nel diritto europeo, Giuffrè, 2004: "A livello
sopranazionale la disciplina del procedimento amministrativo ha una duplice derivazione: essa infatti è
espressione dell’opera sia del legislatore, sia dei giudici. L’uno e gli altri, però, vi hanno concorso in
misura diversa. Sul piano normativo, non vi è una disciplina generale del procedimento; ci sono solo
alcune disposizioni di natura costituzionale, che, spesso indirettamente, assumono rilevanza in materia,
nonché normative settoriali, che contengono specifiche prescrizioni". I principi generali sono codificati
solo parzialmente. "Si spiega in questo modo il rilievo fondamentale che ha assunto l’azione della
giurisprudenza. Essendo (...) la disciplina dei procedimenti ispirata al principio di atipicità, i giudici
tendono a formulare alcuni principi che risultano comuni se non a tutti i procedimenti, almeno a
categorie di essi". I giudici esercitano, così, un vero e proprio potere normativo attraverso l'elaborazione
di principi che le amministrazioni sono tenute ad osservare. A riguardo anche WEBER A., Il diritto
amministrativo procedimentale nell’ordinamento della Comunità europea, in Riv. it. dir pubbl. com.
1992, 393. IBÁÑEZ, The administrative supervision and enforcement of EC law powers. Procedures and
limits. Oxford, 1999. BARUFFI M.C., La tutela dei singoli nei procedimenti amministrativi comunitari,
Giuffrè, Milano, 2001. DELLA CANANEA G., I procedimenti amministrativi della Comunità europea, in
Chiti M.P.–Greco G., Trattato di diritto amministrativo europeo, Giuffrè, Milano, 2007. TORCHIA L. (a
cura di), Il procedimento amministrativo: profili comparati, Cedam, Padova, 1993.
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!143
Capitolo Terzo
TCE (ora art. 220 TFUE) che include tra i parametri di legittimità che il giudice
comunitario è tenuto ad osservare, “la violazione delle forme sostanziali”.
L’interpretazione dominante fa rientrare in tale locuzione ogni infrazione di regole
procedurali idonea a configurare, a seconda dei casi, mere irregolarità oppure vizi del
procedimento e/o del provvedimento96.
La Corte di giustizia si interessa dei principi del giusto procedimento97 non con
enunciazioni generali e astratte, bensì attraverso approcci casistici e concreti.
I principi del due process of law98 vengono, infatti, decodificati dal giudice europeo
di volta in volta nei principi di certezza del diritto99, di tutela dell’affidamento, nel
diritto ad un procedimento leale100, nel diritto alla previa contestazione degli addebiti101,
96 La giurisprudenza comunitaria focalizza la propria attenzione, soprattutto, sul provvedimento finale
quale atto conclusivo del procedimento, poiché su di esso, in omaggio al principio di propagazione delle
anomalie, si riverberano le patologie della sequenza procedimentale.
97 Per una disamina approfondita dei principi del giusto procedimento nell'ordinamento europeo si
rinvia a COCCONI M., Il giusto procedimento come banco di prova di un'integrazione delle garanzie
procedurali a livello europeo, in Riv. it. dir. pubbl. com., n. 5 del 2010. KORAH V., The rights of the
defence in administrative proceedings under Community law, in Current Legal Problems, 1980, 73.
WEBER A., Il diritto amministrativo procedimentale nell’ordinamento della Comunità europea, op. cit..
PLIAKOS A., Les droit del la défence et le droit communautaire de la concurrence, Bruylant, 1987.
USHER J.A., The CE good administration of European Community law, in Current Legal Problems,
1985, 269. LENAERTS K.-VANHAMME J., Procedural rights of private parties in the Community
administrative process, in Common Market Law Review, 1997, 531. NEHEL H.P., Principles of
administrative procedure in EC Law, Oxford, Hart, 1999. GIL IBÁÑEZ A., The administrative
supervision and enforcement of EC law powers. Procedures and limits. Oxford, 1999. ORTIZ BLANCO
L. European Community competition procedure, Oxford, Clarendon press, 1996. FRANCHINI C.,
Amministrazione italiana e amministrazione comunitaria, II ed., Padova, Cedam, 1993. SCHWARZE J.,
European administrative law, op. cit.. PICOZZA E., Il regime giuridico del procedimento amministrativo
comunitario, in Riv. it. dir. pubbl. com., 1994, 321. DELLA CANANEA G., I procedimenti
amministrativi della Comunità europea, op. cit..
98
CASSESE S., Universalità del diritto, Editoriale scientifica, 2005: "Tale espressione risale a uno
statute di Enrico III (1354) ed è stata inserita anche nella Costituzione americana. Essa indica garanzie
di legalità e di un giusto processo. Negli ordinamenti statali ha avuto molte applicazioni, tutte relative ai
rapporti tra Stato e cittadino". In proposito DELLA CANANEA G., Al di là dei confini statuali. Principi
generali di diritto pubblico globale, il Mulino, Bologna, 2009. STEPHEN W. SCHILL, International
Investment law and comparative public law, Oxford, 2012.
99 Trib. I grado, 25 marzo 1999, in causa T-37/97, Forges de Clabecq, cit.. Cgce, 16 gennaio 2003, in
causa C-205/01, Paesi Bassi, cit..
100
Cgce, 11 marzo 1986, in cause riun. C-293-294/84, Sorani, in Racc. 1986.
101
Cgce, 13 febbraio 1979, in causa C-85/76, Hoffmann-La Roche, in Racc. 1979.
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Capitolo Terzo
nel diritto alla difesa nel procedimento102, nel diritto ad un contraddittorio paritario103,
nel diritto di accesso. Ciascuno di tali principi assolve alla funzione di avvicinare
l'autorità al cittadino, smussando i privilegi del pubblico potere, in nome di una
funzione amministrativa tendenzialmente paritaria e condivisa.
Il catalogo dei principi del giusto procedimento è ampio ed articolato; tali principi
tendono, inoltre, ad amalgamarsi e a confondersi con quelli del giusto processo, in un
contesto europeo in cui la distinzione tra il potere esecutivo e il potere giurisdizionale
appare assai sfumata.
Quanto all'ambito operativo, i principi del due process of law ricevono dalla Corte di
giustizia un'applicazione diffusa e generalizzata, non limitata ai procedimenti
dell’amministrazione europea, bensì estesa alle attività delle amministrazioni nazionali
coinvolte nella cura di interessi europei104.
Non va dimenticata, poi, la piena efficacia esplicata dai principi comunitari (ivi
compresi i principi del due process of law) negli ordinamenti statuali “per effetto sia
della loro natura di fonte del diritto, sia del potere-dovere delle amministrazioni e dei
giudici degli Stati membri di applicare le regole del diritto comunitario”105.
102
Cgce, 10 luglio 1986, in causa C-234/84, Belgio c. Commissione, in Racc. 1986.
SCOGNAMIGLIO A., Il diritto di difesa nel procedimento amministrativo, Milano, 2004.
103 Tra le prime pronunce Cgce, 4 luglio 1963, in causa C-32/62, Alvis, in Racc. 1963. Cgce, 23
ottobre 1974, in causa C-17/74, Transocean Marine Paint Association, in Racc. 1974. Cgce, 13 febbraio
1979, in causa C-85/76, Hoffmann-La Roche, cit.. Cgce, 26 giugno 1980, in causa C-136/79, National
Panasonic, in Racc. 1979. Cgce, 10 luglio 1986, in causa C-234/84, Belgio c. Commissione, cit.. In
dottrina CARTABIA M., La tutela dei diritti nel procedimento amministrativo: la legge n. 241 del 1990
alla luce dei principi comunitari, op. cit..: "L'intervento dei privati nei procedimenti amministrativi è
nato, sia nell'ordinamento italiano che in quello comunitario, come risposta all'esigenza di rafforzare la
tutela del privato in tutti quei casi in cui l'autorità pubblica era messa in grado di limitare o annientare
alcuni interessi dei privati di particolare importanza economica o sociale". FIGORILLI F., Il
contraddittorio nel procedimento amministrativo (dal processo al procedimento con pluralità di parti),
Napoli, 1996.
104 DELLA CANANEA G.–FRANCHINI C., I principi dell’amministrazione europea, op. cit.. In
ordine al due process of law i giudice europei “coerentemente con l’orientamento volto a estendere i
principi generali del diritto comunitario alle attività di cura degli interessi dell’Unione, anche se svolte
dai poteri pubblici nazionali, hanno attribuito rilievo alla posizione di quanti si rivolgono alle
amministrazioni nazionali, per esempio al fine di ottenere sgravi fiscali per le esportazioni, e hanno
stabilito che, anche nella fase nazionale dei procedimenti composti, debba essere consentita loro una
ragionevole opportunità di essere sentiti”.
105
FRANCHINI C., I principi applicabili ai procedimenti amministrativi europei, in Bignami F.Cassese S. (a cura di), Il procedimento amministrativo nel diritto europeo, op. cit..
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Capitolo Terzo
Come visto in precedenza, nell'ordinamento italiano i principi del giusto
procedimento sono previsti e celebrati sia dalla Costituzione che dalla legislazione
ordinaria.
In particolare la l. 241/90 ha avuto l'indiscutibile merito trasformare gli istituti
partecipativi da eccezione a regola generale delle dinamiche tra amministrazione e
governati nell’esercizio della funzione pubblica106.
E grazie alla partecipazione dei destinatari, il procedimento amministrativo può
definirsi, a pieno titolo, come il “naturale campo di mediazione tra burocrazia e
partecipazione, tra autorità e libertà”107.
Nell’azione amministrativa partecipata convivono due anime: da un lato la tutela
preventiva del cittadino in un’ottica di garanzia; dall'altro la cura dell’interesse pubblico
mediante l’acquisizione, in sede istruttoria, dei fatti e degli interessi rilevanti per
l’adozione del provvedimento finale.
106 Per una analisi del ruolo partecipativo del cittadino nell'ambito del procedimento prima
dell'adozione della l. 241/90 si rinvia a SANDULLI A.M., Il procedimento amministrativo, op. cit..
BENVENUTI F., Appunti di diritto amministrativo, V ed., Cedam, Padova, 1987. GIANNINI M.S.,
L’attività amministrativa, Roma, 1966. NIGRO M., Il nodo della partecipazione, in Riv. trim. dir. e proc.
civ., 1980. PASTORI G., La burocrazia, Cedam, Padova, 1967. BETTINI R., La partecipazione
amministrativa, Giuffrè, Milano, 1973. BERGONZINI B., L’attività del privato nel procedimento
amministrativo, Cedam, Padova, 1975.
Per una disamina degli istituti partecipativi dopo l’entrata in vigore della l. 241/90. LAZZARA,
L’azione amministrativa e il procedimento in cinquant’anni di giurisprudenza costituzionale, a cura di
Della Cananea G.-Dugato M., in Diritto amministrativo e Corte costituzionale, Napoli-Roma, 2006, 396.
DURET P., Partecipazione procedimentale e legittimazione processuale, Torino, 1996. ZITO A., Le
pretese partecipative del privato nel procedimento amministrativo, op. cit.. LEDDA F., Problema
amministrativo e partecipazione al procedimento, in Dir. amm., 1993. STELLA RICHTER P., Un “nuovo
modo di amministrare: dall’autorità alla partecipazione”, in Riv. amm. rep. it., 1998. FERA V., Il
principio del giusto procedimento alla luce della l. 15 del 2005, in www.giustamm.it. GAROFOLI R. (a
cura di), La nuova disciplina del procedimento e del processo amministrativo. Commento organico alla l.
18 giugno 2009 n. 69, Roma, 2009. LAURICELLA G., Appunti sul nuovo procedimento amministrativo e
la partecipazione dei soggetti privati, Giuffrè, Milano, 2008. LACOPPOLA V., Aspetti della
partecipazione del cittadino al procedimento amministrativo: dottrina e giurisprudenza aggiornate al
2000, Cacucci, Bari, 2000. OCCHIENA M., Situazioni giuridiche soggettive e procedimento
amministrativo, op. cit.. PICOZZA E., La nuova legge sull’azione e sul procedimento amministrativo.
Considerazioni generali. I principi di diritto comunitario e nazionale, op. cit.. CARTABIA M., La tutela
dei diritti nel procedimento amministrativo: la legge n. 241 del 1990 alla luce dei principi comunitari, op.
cit..
107
La citazione è di Mario Nigro ed è contenuta nell’opera di PUGLIESE F., Il procedimento
amministrativo tra autorità e “contrattazione”, op. cit..
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Capitolo Terzo
La partecipazione, dunque, assolve a due obiettivi: l’uno difensivo, l’altro
collaborativo108. Infatti, come ben sottolineato, “il principio del giusto procedimento
esprime una più generale esigenza di difesa nei confronti dell’autorità, non ristretta
alla sola contestazione ex post, in sede giurisdizionale, dei relativi atti, ma in questa più
lata accezione il principio rimanda direttamente alla partecipazione, ovverosia alla
necessità che-per i fini di una reale difesa sostanziale e attiva delle proprie posizioni
giuridiche-il cittadino partecipi allo svolgimento della funzione amministrativa,
contribuendo alla formazione della decisione conclusiva, ovvero al farsi dell’atto”109.
Da un attento esame della legge generale sul procedimento amministrativo si evince
come le finalità partecipative siano perseguite dal legislatore attraverso la previsione di
istituti quali l’accesso (artt. 22 e ss.)110, la comunicazione di avvio del procedimento
(art. 7), il preavviso di rigetto (art. 10-bis), gli accordi integrativi o sostitutivi del
provvedimento (art. 11).
108
BENVENUTI F., Il nuovo cittadino. Tra libertà garantita e libertà attiva, op. cit.: "Al cittadino
deve dunque essere riconosciuta non più soltanto una posizione passiva di difesa ma una posizione attiva
di partecipazione alla produzione dell'atto destinato a incidere sui suoi interessi e, quindi, sulla sua
posizione giuridica oltre che su quelli della collettività. (...) L'individuo non è soddisfatto se è soltanto
passivamente garantito: vuole godere della soddisfazione degli antichi e cioè di quella che dà la
partecipazione diretta al potere, e qui non tanto come partecipazione della e nella collettività o come un
numero di essa e in essa, ma come partecipazione personale in tutte quelle manifestazioni della sovranità
che direttamente e individualmente possono interessarlo o coinvolgerlo".
109 CARLOTTI G., La partecipazione procedimentale: Feliciano Benvenuti e la riforma della legge n.
241 del 1990, in www.giustizia-amministrativa.it. Sulla rivoluzione copernicana promossa dalla l. 241/90
Tar Molise, 7 febbraio 1994, n. 28, in Foro amm. 1994, 1580: "Nella nuova impostazione dei rapporti tra
cittadini e amministrazione, introdotta dalla l. 7 agosto 1990 n. 241, la partecipazione dei privati al
procedimento amministrativo è teoricamente e funzionalmente essenziale in quanto la previsione
generalizzata di un contraddittorio anticipato, rispetto al provvedimento, è destinata ad assicurare non
solo la garanzia del privato ma, altresì, l'interesse pubblico alla completezza dell'istruttoria nonchè a
prevenire possibili motivi di contenzioso, assicurando alle parti un confronto in sede procedimentale
(...)".
110 SANNA TICCA E., Cittadino e pubblica amministrazione nel processo di integrazione europea.
op. cit.: "In un approccio più generale, trasparenza e accesso costituiscono un ulteriore passo nei
confronti di quel graduale processo che, sia in ambito comunitario sia in quello nazionale, pone al centro
non gli Stati (nella dimensione comunitaria) nè un'amministrazione autoreferente (in quella interna) ma
il cittadino. Quest'ultimo, infatti, sull'indefettibile presupposto della trasparenza e dell'accesso, può
esercitare gli istituti della partecipazione in maniera consapevole così da trarne giovamento in termini di
effettività e di garanzie sostanziali". In argomento anche PALICI DI SUNI PRAT E., I diritti al
procedimento. Profili di diritto comparato, Torino, 1994.
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Capitolo Terzo
L'amministrazione, concepita come "casa di vetro", è tenuta ad agire con
pubblicità111 e trasparenza112, favorendo la massima partecipazione dei soggetti
interessati. A corroborare nel segno dell’effettività le regole del giusto procedimento vi
è soprattutto l’art. 1 co. I della l. 241/90 che inietta in via generale i principi
dell’ordinamento comunitario nell’alveo dell’intera attività amministrativa113. I principi
comunitari vengono, così, ad integrare la disciplina del procedimento amministrativo,
divenendone parametro di legittimità ed imponendo una interpretazione
comunitariamente orientata della normativa nazionale114. Il procedimento
amministrativo italiano, di conseguenza, si europeizza aprendosi all’influenza di
principi e regole sovranazionali che ne conformano caratteristiche e obiettivi. Nell'alveo
dei principi generali dell’ordinamento comunitario rientrano, da ultimo, i diritti
111
PUBUSA A., Diritti dei cittadini e pubblica amministrazione, Giappichelli, Torino, 1996: "La
pubblicità è coerente (...) ad una concezione dell'amministrazione fondata sul principio democratico,
secondo il quale la legittimazione per l'esercizio delle pubbliche funzioni promana non più dall'alto, ma
dal popolo, titolare della sovranità (art. 1cpv Cost.)".
112
SANNA TICCA E., Cittadino e pubblica amministrazione nel processo di integrazione europea,
op. cit.: "Negli ultimi decenni, in molteplici ordinamenti nazionali, è emersa con prepotenza la domanda
di trasparenza nei rapporti fra amministrazione e amministrati in quanto la conoscenza è un elemento
costitutivo della partecipazione in ogni ambito della vita sociale e politica dei cittadini. Questa
considerazione evidenzia la vocazione trasversale della trasparenza che assume un significativo peso nei
confronti della partecipazione degli amministrati all'attività dell'amministrazione. Essa inoltre
rappresenta anche un modello di controllo del singolo sull'agire dell'amministrazione e una forma di
legittimazione dell'esercizio del potere amministrativo". Vedasi anche ARENA G., Cittadini attivi, op.
cit.: "La trasparenza, innanzitutto, intesa non tanto e non solo come diritto di accesso ai documenti
amministrativi, ma più in generale come modo di essere di un'amministrazione che non si nasconde più
dietro la barriera del segreto (termine che non a caso viene dal latino secretus, che vuol dire separato) e
che condivide con i cittadini il proprio patrimonio di informazioni, comunicando per amministrare
insieme".
113 Il richiamo al diritto europeo rappresenta la cartina di tornasole della primazia del diritto
comunitario sul diritto amministrativo nazionale. In particolare, in ambito procedimentale, i principi
comunitari divengono il principale parametro imposto all’azione dei pubblici poteri. A riguardo il rinvio
effettuato dalla l. 241/90 ai principi comunitari se, da un lato, suggella il primato della normativa di fonte
sovranazionale, dall'altro, ha il merito di estenderne l'applicazione alle attività amministrative di rilevanza
meramente interna. Il grande pregio della disposizione di cui all’art. 1 co. I l. 241/90 risiede nella capacità
di agire come “trasformatore automatico” dei principi comunitari, di elaborazione pretoria, in altrettante
regole di diritto domestico, idonee a vincolare con immediatezza l’azione delle pubbliche
amministrazioni.
114 Tra le tante Cgce, sez. III, 15 giugno 2006, in causa C-28/05, Dokter, in www.curia.europa.eu:
"Risulta da giurisprudenza anch’essa costante che il rispetto dei diritti della difesa in qualsiasi
procedimento promosso nei confronti di una persona e idoneo a sfociare in un atto per essa lesivo
costituisce un principio fondamentale del diritto comunitario, che dev’essere garantito anche in
mancanza di qualsiasi norma disciplinante la procedura. Tale principio impone che i destinatari di
decisioni che pregiudichino in maniera sensibile i loro interessi siano messi in condizione di far
conoscere utilmente il proprio punto di vista sugli elementi addebitati a loro carico per fondare la
decisione impugnata".
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Capitolo Terzo
fondamentali dell’uomo115, consacrati nella CEDU e nella Carta di Nizza. Questo
processo di recepimento ha trovato il proprio sbocco nel Trattato di Lisbona che, da una
parte, riconosce espressamente rilevanza giuridica alla Carta di Nizza e, dall’altra,
dischiude le porte ad un imminente ingresso delle disposizioni della CEDU nel sistema
delle norme comunitarie.
3.5. I principi di pienezza ed effettività della tutela giurisdizionale: l'erosione
dell'autonomia processuale degli Stati e l'influenza sul giudizio amministrativo
italiano
I principi di pienezza ed effettività della tutela giurisdizionale sono da annoverarsi tra
i principi cardine dell’ordinamento europeo, in quanto comuni alle tradizioni
costituzionali degli Stati membri.
Elaborati originariamente in via pretoria, i principi di pienezza ed effettività della
tutela giurisdizionale hanno ricevuto successivamente riconoscimento normativo nella
Carta di Nizza (art. 47)116 e, da ultimo, nel Trattato di Lisbona (art. 48). Un contributo
alla costruzione di questi principi è stato fornito, inoltre, dagli artt. 6 e 13 della CEDU
che hanno rappresentato una qualificata fonte di ispirazione per il giudice
comunitario117.
115 Numerose pronunce della Corte di giustizia qualificano i diritti fondamentali previsti dalla CEDU
in termini di principi generali del diritto comunitario. Ex multis, Cgce, 12 novembre 1969, in causa
C-29/69, Stauder, cit.. Cgce, 17 dicembre 1970, in causa C-11/70, Internationale Handelsgesellschaft, in
Racc. 1970. Cgce, 14 maggio 1974, in causa C-4/73, Nold, in Racc. 1974. Cgce, 15 maggio 1986, in
causa C-222/84, Johnston, cit.. Cgce, 18 giugno 1991, in causa C-260/89, ERT, in Racc. 1991. Cgce, 28
marzo 2000, in causa C-7/98, Dieter Krombach e André Bamberski, in Racc. 2000. Cgce, 6 marzo 2001,
in causa C-274/99, Connoly c. Commissione, in Racc. 1991. Cgce, 14 dicembre 2006, in causa C-283/05,
ASML Netherlands BV c. Semiconductors Industry Services GmbH (SEMIS), in Racc. 2006. Cgce, 26
giugno 2007, in causa C-305/05, Ordine degli avvocati francofoni e germanofoni e altri, in Racc. 2007.
Cgce, 27 giugno 2006, in causa C-540/03, in Riv. dir. internaz., 2006, 4, 1167.
116
ACCETTO M.-ZLEPTNIG S., The Principle of Effectiveness: Rethinking its role in Community
law, in European Public Law, fasc. 11, 2005.
117 Le norme CEDU venivano tradizionalmente considerate in passato norme esterne idonee ad
esplicare un'efficacia indiretta nel sistema comunitario, quali criteri di ispirazione talvolta richiamati nelle
pronunce della Corte di giustizia. Oggi lo scenario appare mutato a seguito della comunitarizzazione della
CEDU disposta dal Trattato di Lisbona, in virtù della quale attualmente le norme della Convenzione
possono considerarsi direttamente rilevanti ed efficaci nell'ambito dell'ordinamento comunitario.
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Capitolo Terzo
I principi in esame rispondono alla funzione di assicurare massima attuazione
all’interno degli Stati membri, tanto sul piano sostanziale quanto sul versante
processuale, alle situazioni giuridiche soggettive, fondate su norme comunitarie118.
La Corte di giustizia ha delineato un sistema giurisdizionale che, pur indirizzandosi
agli atti comunitari, e dunque appartenendo al sistema europeo, interagisce con gli
ordinamenti processuali nazionali, “penetrando così in quella sorta di santuario
riservato agli Stati”119.
La pienezza e l’effettività della tutela rappresentano un corollario processuale dei
principi del primato e dell’effetto utile delle norme comunitarie (e segnatamente dei
diritti dalle stesse riconosciuti). Infatti le situazioni giuridiche soggettive di matrice
comunitaria, ove lese, devono ricevere in sede giudiziale una tutela non illusoria o
118
CARANTA R., Giustizia amministrativa e diritto comunitario, op. cit.: "Il principio di effettività
viene inteso nel senso della necessaria eliminazione di regole, di ordine sostanziale o processuale, che
rendano impossibile o eccessivamente difficile l'esercizio dei diritti previsti dalla normativa
comunitaria".
119
FALCON G., Giustizia comunitaria e giustizia amministrativa, in Diritto amministrativo
comunitario, a cura di Vandelli L.-Bottari C.-Donati D., Maggioli, Rimini, 1994. Sull'influenza esercitata
dal diritto europeo sugli istituti di giustizia amministrativa degli Stati membri ELIANTONIO M.,
Europeanisation of administrative justice?, in Europa Law Publishing, 2009. MUSSELLI L., La giustizia
amministrativa dell'ordinamento comunitario, Giappichelli, Torino, 2000. L'autrice constata come, anno
dopo anno, l’infiltrazione del diritto comunitario nei sistemi processuali nazionali sia sempre più
invasiva, di talchè appare ormai recessiva l’idea che l’amministrazione della giustizia sia appannaggio
esclusivo delle istituzioni statali.
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Capitolo Terzo
apparente, bensì piena ed effettiva120, per non vanificare la portata e l’operatività delle
norme che le contemplano. E ciò sia nell'ordinamento comunitario sia nei sistemi
giuridici nazionali.
I principi di pienezza ed effettività della tutela sono in origine costruiti dalla Corte di
Lussemburgo in termini di strumento di sindacato soft della potestà degli Stati in
materia giurisdizionale. L'ordinamento comunitario, inizialmente, si limita ad esigere
dalle autorità nazionali, nel pieno rispetto della autonomia procedurale dei Paesi
membri, l'osservanza di due regole processuali:
1) che le forme di tutela adottate negli ordinamenti domestici non rendano
praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti
dall’ordinamento comunitario (principio di effettività in senso stretto)121.
120 Con riferimento ai principi di completezza ed effettività della tutela come elaborati dal diritto
comunitario si vedano, tra i tanti, FRANCHINI C., Giustizia e pienezza della tutela nei confronti della
pubblica amministrazione, in AA.VV., Il diritto amministrativo oltre i confini. Omaggio degli allievi a
Sabino Cassese, Giuffrè, Milano, 2008. FIGORILLI F., Giurisdizione piena del giudice ordinario e
attività della pubblica amministrazione, Torino, 2002. POLICE A., Il ricorso di piena giurisdizione
davanti al giudice amministrativo, I. Profili teorici ed evoluzione storica della giurisdizione esclusiva nel
contesto del diritto europeo, Padova, 2000. FRENI F.-DE LUCA F., Effettività della tutela e giusto
processo amministrativo, Dike, 2011. SAITTA F., Il principio di giustiziabilità dell'azione
amministrativa, in www.giustizia-amministrativa.it, 2011. ASTONE F., Integrazione giuridica europea e
giustizia amministrativa, op. cit.. SCHEPISI C., Rinvio pregiudiziale obbligatorio ed effettività della
tutela giurisdizionale, op. cit.. PROTTO M., L’effettività della tutela giurisdizionale nelle procedure di
aggiudicazione dei pubblici appalti. Studio dell’influsso dell’integrazione europea sulla tutela
giurisdizionale degli operatori economici nei confronti delle amministrazioni nazionali, Giuffrè, Milano,
1997. TARULLO S., Il giusto processo amministrativo. Studio sull’effettività della tutela giurisdizionale
nella prospettiva europea, op. cit.. In giurisprudenza, ex plurimis, Cgce, 8 settembre 2011, in causa
C-177/10, Santana, in Racc. 2011. Cgce, 15 aprile 2010, in causa C-542/08, Friedrich, in Racc. 2010.
Cgce, 5 ottobre 2010, in causa C-173/09, Elchinov, in Racc. 2010. Cgce, 24 marzo 2009, in causa
C-445/06, Danske Slagterier, in Racc. 2009. Cgce, 29 ottobre 2009, in causa C-63/08, Pontin, in Racc.
2009. Cgce, 3 settembre 2009, in causa C-2/08, Olimpiclub, in Racc. 2009. Cgce, 15 aprile 2008, in causa
C-268/06, Impact, in Racc. 2008. Cgce, 27 febbraio 2003, in causa C-327/00, Santex, in Racc. 2000.
Cgce, 7 giugno 2007, in cause riun. C-222/05 e C-225/05, Van der Weerd, in Racc. 2007. Cgce, 13 marzo
2007, in causa C-432/05, Unibet, in Racc. 2007. Cgce, 11 settembre 2003, in causa C-13/01, Safalero, in
Racc. 2003. Cgce, 11 gennaio 2001, in causa C-226/99, Siples, in Racc. 2001. Cgce, 25 luglio 2002, in
causa C-459/99, MRAX, in Racc. 2001. Cgce, 17 novembre 1998, in causa C-228/96, Aprile, in Racc.
1998. Cgce, 15 settembre 1998, in causa C-231/96, Edilizia Industriale Siderurgica, in Racc. 1998. Cgce,
14 dicembre 1995, in causa C-312/93, Peterbroeck, in Racc. 1995. Cgce, 14 dicembre 1995, in cause
riun. C-430 e 431/93, Van Schijndel, in Racc. 1995. Cgce, 16 dicembre 1976, in causa C-33/76, Rewe
Zentralfinanz, in Racc. 1976.
121
Cgce, 6 ottobre 2009, in causa C-40/08, Asturcom, in Racc. 2009. Ove si ponga il problema se una
norma processuale nazionale renda impossibile o eccessivamente difficile tale esercizio dei diritti, la
questione deve essere analizzata, secondo la Corte di giustizia, considerando il “ruolo della norma
nell’insieme del procedimento (…) dello svolgimento e delle peculiarità di quest’ultimo davanti ai giudici
nazionali” ed esaminando i principi basilari del sistema giurisdizionale nazionale, “quali la tutela del
diritto alla difesa, il principio della certezza del diritto ed il regolare svolgimento del procedimento”.
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Capitolo Terzo
2) che le modalità procedurali predisposte dagli Stati per la tutela delle situazioni
giuridiche spettanti ai singoli in forza del diritto europeo non siano meno favorevoli di
quelle concernenti analoghe posizioni soggettive di natura interna (principio di
equivalenza)122.
I principi di effettività e di equivalenza, nascono, dunque, come principi
complementari, utilizzati dalla Corte per sorvegliare gli Stati in ordine alla realizzazione
di un efficace apparato di tutela dei diritti di matrice comunitaria123.
In questa prima fase, pertanto, il giudice europeo ha premura di preservare
l’autonomia processuale dei Paesi membri, i quali, nell’esercizio della propria
discrezionalità, possono ricorrere alle soluzioni ad essi più congeniali, nel rispetto dei
principi tracciati dalla Corte di Lussemburgo. Tuttavia l'adesione a siffatti principi si è
rivelata molte volte apparente, in quanto gli obiettivi della pienezza e dell’effettività
della tutela sono stati spesso disattesi sul piano interno, riducendosi a grida manzoniane.
Successivamente però, lo scenario muta. Infatti “l’esigenza dell’equivalenza tra
rimedi a tutela dei diritti interni" e rimedi a tutela dei diritti comunitari nonchè "la
necessità di una garanzia minima che tali rimedi dovevano rispettare per non rendere
la tutela impossibile o eccessivamente difficile, non sono stati più ritenuti dalla Corte
sufficienti"124.
122
Cgce, 13 marzo 2007, in causa C-432/05, Unibet, cit.. Cgce, 6 ottobre 2009, in causa C-40/08,
Asturcom, cit.. Cgce, 24 marzo 2009, in causa C-445/06, Danske Slagterier, cit.. Cgce, 20 maggio 2010,
in causa C-210/09, Scott SA, in Racc. 2010. Cgce, 6 maggio 2010, in cause riun. C-145/08 e 149/08, Club
Hotel Loutraki Ae, in Racc. 2010.
123
Il giudizio di effettività presenta caratteri propri che lo distinguono dal giudizio di equivalenza. Sul
punto FRENI F., Commento all’art. 1 C.p.a., Codice del nuovo processo amministrativo. Commento
articolo per articolo al D.Lgs. 2 luglio 2010, n. 104 e a tutte le altre leggi della giustizia amministrativa,
a cura di Caringella F.–Protto M., Dike, 2010. Mentre “l’equivalenza presuppone un accertamento
interno che abbia ad oggetto la sola normativa nazionale dovendosi verificare l’assenza di qualunque
discriminazione tra i mezzi di ricorso predisposti per l’inosservanza, rispettivamente, della normativa
europea e di quella interna), al contrario l’effettività si basa sul confronto effettuato direttamente dalla
Corte di giustizia tra lo standard di tutela offerto dall’ordinamento nazionale e lo standard minimo di
tutela che deve essere garantito in maniera uniforme a livello europeo”.
124
DANIELE L., L’effettività della giustizia amministrativa nell’applicazione del diritto comunitario
europeo, in Riv. it. dir. pubbl. com., 1997, 1385. Di tale tematica si è occupato anche CARANTA R.,
Judicial protection against member States: a judge-made set of rules and some occasional legislative
interventions, in Com. Market Law Rev., 1995, 703.
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Capitolo Terzo
Attraverso progressive ingerenze nella sfera di autonomia procedurale degli Stati, il
giudice comunitario, con l’obiettivo di rendere realmente piena, completa ed effettiva la
tutela delle situazioni soggettive comunitarie125, impone alle autorità nazionali un
cambio di paradigma processuale, delineando a livello europeo regole standards di
protezione giurisdizionale per tutti i Paesi membri126.
Inoltre l’influenza del diritto comunitario sospinge gli ordinamenti nazionali, da un lato,
a sperimentare rimedi nuovi non previsti in ambito interno127, dall’altro, a disapplicare
norme processuali ostative ad una tutela completa ed effettiva delle posizioni soggettive
di fonte sovranazionale.
L’evoluzione della giurisprudenza comunitaria verso un approccio impositivo di
puntuali regole agli Stati, si evidenzia, soprattutto nella sentenza Johnston128 nella quale
il giudice europeo precisa con lucida chiarezza taluni contenuti dei principi di pienezza
125
Sul principio di effettività dei rimedi processuali interni ADINOLFI A., La tutela giurisdizionale
nazionale delle situazioni soggettive individuali conferite dal diritto comunitario, in Dir. UE, 2001, 41.
RUFFERT M., Rights and remedies in European Community law; a comparative view, in Com. Market
Law. Rev., 1997, 307.
126
TASH A., Remedies for European Community law claims in member States Courts: toward a
European standard, in Columbia Journal of Transnational Law, 1993, 377. MANCINI F., Il contributo
della Corte di giustizia allo sviluppo della democrazia nella Comunità, in Riv. dir. eur., 1992, 713. PIVA
P., Giudice nazionale e diritto dell’Unione europea, op. cit.: "Ed invero, dalle prime pronunce in cui la
Corte tendeva a tracciare una sorta di linea di demarcazione fra jus commune e jura propria nel senso
che a questi ultimi pertiene tendenzialmente tutto ciò che rileva ai fini della qualificazione processuale
della situazione giuridica soggettiva creata dalla norma comunitaria (Salgoil-Luck-Rheinmuhlen), si è
passati, seppur lento pede, a pronunce che consentono alla Corte un assai più chiaro e netto droit de
regard in termini di effettività (Rewe-Comet-Johnston-Heylens), fino a giungere all'affermazione di un
vero e proprio obbligo di creare nuovi rimedi (Factortame-Francovich-Köbler) a carico dei sistemi
processuali nazionali. Questi ultimi ed innovativi esiti giurisprudenziali sono stati finanche rafforzati ed
enfatizzati dai giudici lussemburghesi nella direzione di una vera e propria erosione dell'autonomia
procedurale, a tal punto grave e pervasiva da indurre la dottrina a chiedersi-non del tutto
infondatamente-se abbia ancora senso parlare di autonomia procedurale in senso stretto".
127
Cgce, 19 novembre 1991, in cause riun. C-6/90 e C-9/90, Francovich, in Racc. 1991. Cgce, 21
febbraio 1991, in cause riun. C-43/88 e C-92/89, Zuckerfabrik, in Racc. 1991. Cgce, 5 marzo 1996, in
cause riun. C-46/93 e C-48/93, Brasserie du Pêcheur e Factortame III, cit.. Cgce, 27 febbraio 2003, in
causa C-327/00, Santex, cit..
128
Cgce, 15 maggio 1986, in causa C-224/84, Johnston, cit.. L’esatta portata del principio di
effettività della tutela giurisdizionale viene progressivamente definito e completato nelle successive
sentenze Heylens (Cgce, 15 ottobre 1987, in causa C-222/86, in Racc. 1987) e Oleificio Borelli (Cgce, 3
dicembre 1992, in causa C-97/91, in Racc. 1992). In particolare nella sentenza Oleificio Borelli il giudice
comunitario riconosce il diritto di accesso al giudice affermando che "l'esigenza di sottoporre a sindacato
giurisdizionale qualsiasi atto di un'autorità nazionale costituisce un principio generale di diritto
comunitario che deriva dalle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri e che è stato sancito dagli
artt. 6 e 13 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo".
!
!153
Capitolo Terzo
ed effettività della tutela, sottolineando come essi si riassumano principalmente nel
"diritto di ogni singolo di accedere ad un rimedio giurisdizionale per tutelare i propri
diritti" e nel conseguente "obbligo assoluto per gli Stati membri di rispettarlo"129.
La Corte di Lussemburgo, facendo applicazione di siffatti principi, ha, inoltre,
devitalizzato l’operatività di numerose norme processuali ostative della possibilità di far
valere l'illegittimità di atti nazionali anticomunitari.
Il diritto ad una tutela giurisdizionale piena, concreta e satisfattiva si inscrive, così,
nel più ampio tentativo di proteggere i privati dall’azione illegittima delle pubbliche
potestà sia europee che nazionali. Di esso si rinviene traccia in molteplici pronunce del
giudice comunitario (Factortame, Francovich, Zuckerfabrik, Atlanta, Oleificio Borelli,
Textilwerke, Jégo-Quéré130 e Union des Pequeños agricultures131).
Nelle ultime due, in particolare, viene fatto espresso richiamo alla CEDU,
inquadrando il principio di effettività tra i diritti fondamentali dell’uomo. Non si
dimentichi, poi, che i contenuti del principio in esame sono stati arricchiti proprio dalla
giurisprudenza della Corte di Strasburgo, la quale, attraverso gli artt. 6 e 13 della
Convenzione, ha valorizzato i principi del contraddittorio e della parità delle armi nel
processo, quali elementi imprescindibili per l'erogazione di una tutela completa ed
effettiva.
Al fine di rendere l'esercizio della funzione giurisdizionale pienamente satisfattivo
delle situazioni giuridiche di fonte comunitaria, la Corte di giustizia "ha imposto agli
ordinamenti nazionali di allargare i propri mezzi di tutela, di modo che il giudice
interno", ed in particolare il giudice amministrativo, "possa accordare una pluralità di
129 SCHEPISI C., Rinvio pregiudiziale obbligatorio ed effettività della tutela giurisdizionale, op. cit..
Più in generale sull'effettività della tutela delle situazioni giuridiche soggettive ORIANI R., Il principio di
effettività della tutela giurisdizionale, Editoriale scientifica, Napoli, 2008: "Il principio di assolutezza,
inviolabilità e universalità della tutela giurisdizionale dei diritti esclude che possano esservi posizioni
giuridiche di diritto sostanziale senza che vi sia una giurisdizione innanzi alla quale esse possano essere
fatte valere".
130 Trib.
131
I grado, 3 maggio 2002, in causa T-177/01, Jégo-Quéré, in Racc., 2002.
Cgce, 25 luglio 2002, in causa C-50/00, Union des Pequeños agricultures, in Racc. 2002.
!
!154
Capitolo Terzo
rimedi, quali quello cautelare, quello risarcitorio, nonché la potestà di
annullamento"132.
Il giudice è, infatti, assegnatario dell'importante compito di assicurare una protezione
tempestiva, piena ed effettiva alle posizioni giuridiche soggettive che vanno a comporre
quello espacio de libertad conquistato dal cittadino nei secoli ed oggi pienamente
consacrato nel panorama europeo133.
Nella prospettiva di offrire ai diritti comunitari, in ambito nazionale, un apparato di
tutele realmente satisfattivo, deve considerarsi imprescindibile una proficua
collaborazione del giudice europeo con i giudici dei Paesi membri, essendo tenuti questi
ultimi, quali organi decentrati della giustizia comunitaria, ad offrire concreta
implementazione ai principi dell'ordinamento sovranazionale. “Infatti, posto che il
sistema comunitario non dispone direttamente degli strumenti necessari a garantire che
la tutela dei privati sia, come vuole la Corte, piena ed effettiva, è necessario per essa
affidarsi prevalentemente all’azione dei giudici nazionali per conseguire quel
risultato”134.
L’attivismo giudiziario della Corte di giustizia ha evidenziato numerose difformità
dell'ordinamento processuale amministrativo rispetto ai principi del sistema
comunitario, con riferimento ad es. alle discipline della decadenza135, dell’efficacia del
132
BARTOLINI A., Il risarcimento del danno tra giudice comunitario e giudice amministrativo. La
nuova tutela del c.d. interesse legittimo, Giappichelli, Torino, 2005.
133 GARCIA DE ENTERRÌA E., Le trasformazioni della giustizia amministrativa, Giuffrè, 2010.
Dello stesso avviso PAJNO A., Il codice del processo amministrativo tra “cambio di paradigma” e paura
della tutela, in Gior. dir. amm., n. 9 del 2010, 885.
134
ASTONE F., Integrazione giuridica europea e giustizia amministrativa, op. cit.: "La Corte ha,
peraltro, cercato di costruire uno schema di tutela giurisdizionale che abbia i caratteri della organicità e,
per quanto possibile, della globalità. Di tale schema essa fissa i principi base: i giudici nazionali
dovrebbero, sotto il controllo e l’indirizzo della stessa Corte, renderlo effettivo ed operante. La
cooperazione funzionale ed–in misura crescente-l’integrazione tra i due livelli di protezione giudiziaria
viene così esaltata, e via via, sempre più efficacemente organizzata in funzione dell’indicato obiettivo
della tutela dei privati e, più in generale, del rafforzamento complessivo del sistema".
135
Cgce, 27 febbraio 2003, in causa C-327/00, Santex, cit.. Cgce, 24 settembre 2002, in causa
C-255/00, Grunding italiana, in Racc. 2002.
!
!155
Capitolo Terzo
giudicato136, della tutela cautelare, della responsabilità civile, innescando profondi
mutamenti tanto in via diretta quanto in forma riflessa nel sistema giuridico italiano.
Nel nuovo scenario dell'integrazione europea, i principi di pienezza ed effettività
della tutela delle posizioni soggettive individuali acquisiscono rinnovata centralità
nell'alveo della giustizia amministrativa la quale, grazie all'influenza dell'acquis
communautaire, è oggigiorno sempre più proiettata sulla difesa delle prerogative del
cittadino137.
Di grande interesse sono in particolare le novità che hanno investito in Italia la tutela
cautelare e risarcitoria.
In primo luogo è d'obbligo evidenziare come le conquiste raggiunte in ambito
cautelare rappresentino prova tangibile dell'espansione dei principi comunitari in sede
processuale, con conseguente compressione dell'autonomia procedurali degli Stati
membri. La Corte di Lussemburgo è, infatti, intervenuta a più riprese intimando ai
giudici domestici la disapplicazione delle norme nazionali preclusive dell'uso di
strumenti cautelari, oppure imponendo agli ordinamenti l'adozione di misure oltre che
negative e predeterminate, anche positive e atipiche138.
136
Cgce, 12 febbraio 2008, in causa C-2/06, Kempter, in Racc. 2008. Cgce, 18 luglio 2007, in causa
C-119/05, Ministero dell’industria, in Racc. 2007.
137
ROZO ACUÑA E., Introduzione. Cittadino e amministrazione nel nuovo millennio, in AA.VV.,
Procedura, procedimento, processo, op. cit.: Ad avviso dell'autore si è assistito negli ultimi decenni al
"fondamentale cambiamento della centralità dello Stato per la centralità della Società". Secondo una
nuova prospettiva "l'importanza e la preminenza dello Stato e quindi dell'amministrazione, come
struttura di azione del governo, sono giustificati in modo preferenziale dal raggiungimento del bene dei
singoli e della società e quindi dalla protezione e difesa dei diritti e degli interessi delle persone e della
colllettività grazie alla pubblica amministrazione. In questo senso la difesa dei privilegi statali e
dell'amministrazione, uno dei cardini della giustizia amministrativa nello Stato di diritto classico o
tradizionale, negli ultimi anni cede il passo alla prevalenza dei diritti e alla difesa e protezione dei
cittadini-non degli amministrati-".
138 Ex multis, Cgce, 19 giugno 1990, in causa C-213/89, Factortame, in Racc. 1990, 2433. Cgce, 21
febbraio 1991, in cause riun. C-43/88 e C-92/89, Zuckerfabrik, cit.. Cgce, 9 novembre 1995, in causa
C-465/93, Atlanta, in Racc. 1995. La giurisprudenza comunitaria prescrive, dunque, ai giudici degli Stati
membri l'adozione di misure cautelari positive allo scopo di erogare una tutela piena ed effettiva delle
situazioni giuridiche soggettive di rango europeo. In dottrina CONTESSA V., Tutela cautelare e diritto
comunitario: spunti ricostruttivi di un rapporto difficoltoso, Atti del Convegno "Tematiche d'attualità nel
processo amministrativo", 25 ottobre 2008, Senato della Repubblica, in www.giustizia-amministrativa.it.
MENGOZZI P., La tutela davanti ai giudici nazionali dei diritti riconosciuti ai singoli ed i principi
generali del diritto dell'Unione, op. cit..
!
!156
Capitolo Terzo
Tutto ciò in vista della costruzione di un apparato rimediale capace di somministrare
al cittadino una tutela in tempi sufficienti a non compromettere la pretesa vantata in
giudizio. Per queste ragioni il momento cautelare deve potersi articolare in una pluralità
di misure tra cui scegliere la più congrua e idonea al caso di specie (principio di
atipicità).
A riguardo la Corte di giustizia ha, in più occasioni, definito poteri e obblighi del
giudice interno139, ad es. nel caso Factortame esigendo la disapplicazione di una norma
interna ostativa alla tutela cautelare di diritti comunitari140; ciò con l'obiettivo di
garantire al cittadino una provvisoria ma satisfattiva protezione in attesa della pronuncia
di merito.
L’ordinamento italiano si è definitivamente adeguato ai dicta del giudice comunitario
recependo con la novella del 2000141 il principio di atipicità della tutela cautelare (oggi
canonizzato anche nel Codice del processo amministrativo142), con ampia estensione dei
poteri cognitivi ed istruttori del giudice. Quanto alla tutela cautelare ante causam143,
inizialmente introdotta in materia di aggiudicazione di appalti pubblici144, il C.p.a. ne ha
reso generale l'ambito applicativo.
139
Cgce, 9 novembre 1995, in causa C-465/93, Atlanta, cit.. Cgce, 21 febbraio 1991, in cause riun.
C-43/88 e C-92/89, Zuckerfabrik, cit.. Cgce, 24 ottobre 2001, in causa C-186/01, Dory, in Racc. 2001.
Cgce, 5 dicembre 2000, in causa C-477/98, Eurostock Meat Marketing ltd., in Racc., 2000.
140
Cgce, 19 giugno 1990, in causa C-213/89, Factortame, cit.. Nel caso di specie (procedimento di
judicial review dinanzi al giudice inglese in cui si contesta la legittimità di una legge nazionale per
contrasto con la normativa comunitaria in materia di libertà di stabilimento e prestazione dei servizi), la
Corte di giustizia statuisce che se una disposizione nazionale è l’unico ostacolo alla tutela cautelare di
situazioni giuridiche soggettive di derivazione comunitaria, il giudice interno è tenuto a disapplicarla.
141
L. 21 luglio 2000, n. 205 di modifica della l. 6 dicembre 1971, n. 1034.
142
D.lgs. 2 luglio 2010, n. 104. Da qui in avanti per comodità espositiva indicato con l'acronimo
C.p.a..
143
Sulla effettività e adeguatezza della tutela cautelare ante causam RAGANELLI B., Efficacia della
giustizia amministrativa e pienezza della tutela, Giappichelli, 2012.
144
Cgce, 29 aprile 2004, in causa C-202/03, Dac spa, in Racc. 2004. La direttiva comunitaria sulle
procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici “deve essere interpretata nel
senso che gli Stati membri sono tenuti a conferire ai loro organi competenti a conoscere di ricorsi la
facoltà di adottare, indipendentemente alla previa proposizione di un ricorso di merito, qualsiasi
provvedimento provvisorio, compresi i provvedimenti intesi a sospendere o a far sospendere la procedura
di aggiudicazione pubblica dell’appalto in esame”.
!
!157
Capitolo Terzo
Per quanto concerne i profili della tutela risarcitoria, va sottolineato, in primo luogo,
come le violazioni perpetrate dagli organi dei Paesi membri alle situazioni soggettive di
fonte comunitaria diano vita a forme di responsabilità dello Stato e siano suscettibili, a
certe condizioni, di riparazione attraverso il rimedio risarcitorio (Cgce, sentenza
Francovich, 1991).
Nella prospettiva risarcitoria, l’impatto del diritto comunitario sul sistema
amministrativo italiano ha portato alla caduta del dogma della irrisarcibilità della
lesione dell'interesse legittimo pretensivo (SS.UU. n. 500 del 1999), conferendo, così,
maggiore effettività alla domanda di giustizia del civis.
La l. 205/00, prevedendo che il giudice amministrativo possa condannare la P.A.
anche al risarcimento del danno (in forma specifica o per equivalente), ha qualificato il
risarcimento come strumento di tutela ulteriore, che va ad aggiungersi alle tradizionali
tecniche impugnatorie. Anche la nota querelle sulla pregiudizialità della domanda di
annullamento rispetto all'azione di danno, tuttora dibattuta e controversa, sembra
superata dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione nonchè dal C.p.a. che, in
omaggio al principio di effettività della tutela, affermano l'autonoma esperibilità del
rimedio risarcitorio145.
Il sistema italiano di giustizia amministrativa può dirsi, così, radicalmente
trasformato dall'onda d'urto del diritto comunitario. Dapprima con la risarcibilità degli
interessi legittimi, poi con l’ampliamento degli strumenti processuali, il giudizio
amministrativo ha visto estendere sia i poteri del giudice sia le forme di tutela del
cittadino.
Tuttavia il C.p.a., pur teleologicamente orientato all'ampliamento degli spazi di
libertà del privato, è su talune questioni (autonomia dell’azione risarcitoria rispetto
all'azione di annullamento, estensione della tutela cautelare) alquanto ambiguo.
Le continue e ripetute incursioni dei principi dell'ordinamento comunitario sui
sistemi giuridici nazionali hanno minato sin dalle fondamenta la tradizionale autonomia
145
Per approfondimenti sul tema della pregiudiziale amministrativa si rinvia al capitolo settimo,
paragrafo 7.1.3.
!
!158
Capitolo Terzo
della giustizia amministrativa italiana, plasmandone regole e istituti processuali146. Di
conseguenza, attraverso una sempre più intensa integrazione tra ordinamento europeo
ed ordinamenti nazionali, si viene delineando, sia pure allo stato embrionale, una sorta
di jus commune in campo processuale tra i vari Paesi membri.
All’interno dei rispettivi sistemi giuridici, invero, i giudici statali danno applicazione
diretta e immediata a regole comuni europee, sicchè la tutela processuale concretamente
erogata è nazionale mentre le regole sono comunitarie147. Infatti i principi comunitari di
pienezza ed effettività della tutela sviluppano una forza espansiva tale da concretarsi in
puntuali normative che progressivamente riducono gli spazi del legislatore e dei giudici,
avvicinando tra loro sistemi giuridici un tempo distanti.
!
146
ASTONE F., Integrazione giuridica europea e giustizia amministrativa, op. cit.: Secondo l'autore
esistono oggigiorno talune "norme comunitarie rivolte a disciplinare i comportamenti processuali dei
giudici nazionali; altre che valgono ai fini dell’applicazione del diritto comunitario all’interno dei
sistemi di giustizia amministrativa nazionali; ed ancora una serie di principi elaborati dalla Corte di
giustizia e valevoli per i processi nazionali".
147
FALCON G., La tutela giurisdizionale, in Trattato di diritto amministrativo europeo, a cura di
Chiti M.P.–Greco G., Giuffrè, Milano, 2007.
!
!159
Capitolo Terzo
PARTE SECONDA
!
L'infiltrazione dei principi comunitari nella realtà
amministrativa italiana
!
Introduzione
!
Il sistema amministrativo italiano si presenta, agli albori del XXI sec., più esteso e
articolato di quanto non fosse in passato. Come asserito dalla migliore dottrina "il
principale fattore di allungamento è dovuto al processo di integrazione europea, che
aggiunge un ulteriore livello di regolazione, di decisione, di amministrazione, di
giurisdizione"1.
Il diritto amministrativo comunitario, soprattutto a livello di principi, è considerato
una marea che sale lungo tutti i fiumi dei diritti amministrativi nazionali, ricoprendo
ogni istituto giuridico con le proprie onde2. In un numero sempre crescente di settori
l’Unione europea è, infatti, l’“autorità decisionale primaria”3.
L’europeizzazione del diritto ha, così, prodotto rilevanti effetti sul sistema giuridico
italiano, configurando una “signoria comunitaria sul diritto amministrativo”4.
1
TORCHIA L. (a cura di), Il sistema amministrativo italiano, il Mulino, Bologna, 2009.
2
L’espressione utilizzata da Lord Denning nel 1974 per descrivere l'impatto del diritto comunitario sui
diritti amministrativi nazionali è: "The Treaty is like an incoming tide. It flows into the estuaries and up
the rivers. It cannot be held back".
3
GIANNINI M.S., Il pubblico potere. Stati e amministrazioni pubbliche, op. cit.. Sulla stessa
lunghezza d’onda HOFMANN H., Administrative law and policy of the European Union, Oxford, Oxford
University Press, 2012. ASTONE F., Le amministrazioni nazionali nel processo di formazione ed
attuazione del diritto comunitario, Torino, 2004: "La crescente incidenza della normativa comunitaria
sull’ordinamento nazionale (...) ha ormai raggiunto livelli impensabili per i fondatori della Comunità:
basti pensare al fatto che circa il novanta per cento della produzione di diritto interno è direttamente
collegata o indirettamente necessitata da decisioni adottate dalle Istituzioni europee".
CASSESE, S., La signoria comunitaria sul diritto amministrativo, op. cit.. Vedasi anche
BIRKINSHAW P., European public law, London, 2003.
4
!
!160
Capitolo Terzo
I principi comunitari, invero, per il loro carattere “interstiziale”, sono in grado di
incunearsi e permeare i più importanti settori dell'ordinamento degli Stati membri5. In
particolare essi influenzano l’area del diritto amministrativo nazionale, sì da imporre
vincoli di conformazione alla attività delle autorità pubbliche6.
L’invasione della materia amministrativa, da parte del diritto comunitario, ha reso i
principi europei regole cardine dell’azione dei pubblici poteri domestici. Segnatamente i
principi non scritti, coniati e sviluppati dalla Corte di giustizia, si pongono come
parametro di legittimità dell'azione amministrativa all'interno degli ordinamenti
giuridici nazionali.
Il diritto pretorio, da fonte informale e sussidiaria, diviene il principale serbatoio
giuridico del diritto amministrativo, assumendo nuovi e peculiari caratteri. Invero le
pronunce del giudice comunitario si distaccano dal tradizionale modello di sentenza del
giudice statale, non avendo efficacia inter partes, bensì erga omnes alla stregua di vere
norme giuridiche. Norme, tuttavia, che lungi dall’essere cristallizzate in rigidi testi
normativi, sono continuamente oggetto di ritocchi, modifiche, aggiustamenti, in
relazione alla specificità e poliedricità dei casi concreti. Tale demiurgica attività
coinvolge sia il giudice comunitario sia i giudici domestici in un circuito di piena
collaborazione tra le Corti. È come se i due mondi di civil law e di common law si
fossero fusi dando vita ad un sistema nuovo, capace di coniugare testi scritti e pronunce
5
PIVA P., Giudice nazionale e diritto dell’Unione europea, op. cit..
6
FALCON G., Dal diritto amministrativo nazionale al diritto amministrativo comunitario, in Riv. it.
dir. pubbl. com., 1991, 351.
7
Si tratta di una tecnica che permette al giudice del caso successivo di non seguire una precedente
decisione, evidenziando differenze fattuali della nuova fattispecie rispetto alla precedente, tali da
legittimare l’applicazione di una nuova regola e dunque l'emissione di una decisione innovativa. Per
un’analitica trattazione del fenomeno si rinvia a MATTEI U., Il modello di common law, op. cit..
8 BIFULCO D., Il giudice è soggetto soltanto al “diritto”, op. cit.: "Se è vero, infatti, che la tradizione
angloamericana insegna al giudice il vincolo di stare decisis, è vero anche che numerosissime sono le
tecniche-sorte nel diritto giurisprudenziale di common law-cui egli può ricorrere per rendere più sfumato
quel vincolo". Ciò avviene ricorrendo ai meccanismi del distinguishing e dell'overruling. In particolare
l'espressione overruling identifica “il potere del giudice di discostarsi da un precedente interno alla
stessa giurisdizione, pur in presenza di un (nuovo) caso non ragionevolmente distinguibile dal
precedente. In definitiva distinguishing e overruling conferiscono al sistema l'elasticità e la capacità di
adeguarsi alle peculiarità delle fattispecie via via in rilievo. In questo modo un precedente sbagliato, o
anacronistico e non più conforme alle diversità fattuali emergenti, può essere superato in tutto o in parte.
!
!161
Capitolo Terzo
giurisprudenziali, stare decisis con distinguishing7 e overrulling8, conservazione ed
evoluzione del diritto.
Il diritto pretorio ha il proprio alfiere nei principi non scritti, sapientemente costruiti
dalla Corte di giustizia, i quali ben si calano nella magmatica realtà giuridica europea,
atteggiandosi a norme risolutive del caso concreto.
A ben guardare, “lo Stato di diritto si è risolto (...) nella sottoposizione dell’intera
azione amministrativa a principi di diritto, consistenti o in norme legislative o, dove
queste mancavano, in principi generali non scritti”9. Ciò spiega l’impatto dirompente e
dagli effetti imprevedibili dei principi dell'ordinamento comunitario10.
Nell'era del "colonialismo giurisdizionale" (Cartabia M.) la valenza dinamica ed
espansiva dei principi di fonte pretoria risulta decisiva nel consolidamento di una
Comunità che ha fra i suoi obiettivi la promozione della tutela delle situazioni
soggettive dei singoli.
L’ordinamento comunitario, infatti, emancipa il cittadino dal ruolo di subalternità,
cui veniva spesso confinato nei rapporti con i pubblici poteri nazionali, attraverso una
serie di principi che condizionano l’attività amministrativa, rimodulando e
ridimensionando la discrezionalità e lo spazio di intervento delle autorità pubbliche. In
9 MERUSI F., Buona fede e affidamento nel diritto pubblico: dagli anni Trenta all’alternanza, op. cit..
I principi “non traggono origine da alcuna legge od altra norma edittale, ma si sono formati attraverso
una lunga, ed ormai più che secolare, elaborazione giurisprudenziale e dottrinaria” portata avanti da
giudici e studiosi in “perfetta sintonia”. In ordine a tali considerazioni vedasi anche GUARINO G.,
Qualche riflessione sul diritto amministrativo e sui compiti dei giuristi (1970), ora in Id., Dalla
Costituzione all’Unione europea, Napoli, 1994.
10
FALCON G., Dal diritto amministrativo nazionale al diritto amministrativo comunitario, op. cit..
Per gli operatori italiani di diritto amministrativo si è trattato dell’ingresso dell’ordinamento italiano in
una “foresta inesplorata e sconosciuta”.
!
!162
Capitolo Terzo
questo modo “l’Unione europea influisce profondamente sui diritti amministrativi
nazionali, modificando le norme di organizzazione, le norme che reggono i rapporti tra
i poteri pubblici e i cittadini, i rimedi esperibili da questi ultimi nei confronti delle
azioni od omissioni lesive dei loro diritti”11.
Il potere amministrativo viene, dunque, imbrigliato dai principi comunitari sia
direttamente nelle materie di competenza dell'Unione sia in via riflessa negli ambiti di
pertinenza esclusiva degli Stati (c.d. spill-over effect).
Nel nostro sistema di civil law le incertezze e le complessità di una produzione
legislativa alluvionale e incoerente hanno tradizionalmente conferito ai giudici
amministrativi il compito di assicurare l’ordine e la continuità del sistema. In special
modo il diritto amministrativo, cresciuto “sulle ginocchia della giurisprudenza”12, è
stato costantemente alimentato da regole e principi che i giudici hanno elevato a dignità
di sistema13.
Quanto ai principi comunitari dal maggior impatto amministrativo, va rimarcato un
dato essenziale: tali principi non rappresentano un quid novi nel panorama giuridico
europeo. Essi, a vario titolo, erano già conosciuti dalle tradizioni giuridiche domestiche,
sia pure con tratti ed estensioni minori.
L’originalità di siffatti principi risiede sia nelle originali caratteristiche tratteggiate
dal giudice comunitario, sia nell’impatto dirompente avuto sugli ordinamenti statuali.
Infatti essi hanno contribuito a “rimuovere ostacoli e incrostazioni che pregiudicavano
11
DELLA CANANEA G. (a cura di), Diritto amministrativo europeo. Principi e istituti, op. cit..
12 RIVERO J., Jurisprudence et doctrine dans l’élaboration du droit administratif, in Etudes et
documents, Paris, 1955, 30. L'idea del diritto amministrativo quale diritto di elaborazione
giurisprudenziale è diffusa in Francia (LOSCHAK D., Le role politique du juge administratif français,
Paris, 1972, 79), in Italia (CASSESE S., Problemi delle ideologie dei giudici, in Riv. trim. dir. pubbl.
1969, 428), in Inghilterra (CHITI M.P., L’affermazione della giustizia amministrativa in Inghilterra.
Dalla common law al droit administratif ?, in Dir. proc. amm. 1990, 546).
13 Adun. Plen. Cons. Stato, 28 gennaio 1961, n. 3, in Foro amm. 1961, I, 561: Ad avviso del Supremo
Consesso il diritto amministrativo sarebbe composto "non soltanto da norme, ma anche da principi che
dottrina e giurisprudenza hanno elaborato e ridotto a unità e dignità di sistema". In dottrina sul
fondamentale ruolo ermeneutico della giurisprudenza D’AMELIO P., La formazione giudiziale del diritto
amministrativo, in Foro amm., 1969, III, 118.
14
FERRARI E., Per l’armonizzazione dei diritti amministrativi europei, op. cit..
!
!163
Capitolo Terzo
l’applicazione di regole e principi, in particolare costituzionali”14, già esistenti a livello
interno.
Un elemento di novità è, semmai, ravvisabile nelle tecniche di interpretazione
praticate in ambito sovranazionale, scenario all'interno del quale le libertà e le tutele del
cittadino sono amplificate in un spazio giuridico sempre più integrato ed omogeneo15. È
come se l’ordinamento europeo riconoscesse una sorta di diritto alla parità del cittadino
verso la pubblica amministrazione16, “da intendersi non tanto come uguaglianza di
poteri, quanto piuttosto, per un verso, come assenza di privilegi ingiustificati e, per
altro verso, come uguale opportunità di avvalersi del complesso dei poteri e delle
facoltà che sono ascrivibili alle rispettive sfere di autonomia”17.
I principi del diritto europeo, pertanto, innervano con sfaccettature diverse un
numero crescente di aree del diritto pubblico, dal settore degli appalti alle attività
economiche di impresa, fino alle ipotesi di aiuti di Stato e così via.
Più in generale la forza espansiva dei principi comunitari sta progressivamente
alterando istituti e regole della scienza amministrativa italiana, sì da innescare un vero e
proprio cambio di paradigma nella filosofia e nelle modalità di azione della P.A.. Per
decenni l'amministrazione è stata più "un apparato in guerra con la maggioranza dei
cittadini che (...) una struttura al loro servizio"18.
A mutare, oggigiorno, sono non solo la mentalità ma anche l'approccio a numerose
tematiche tradizionali del diritto amministrativo (situazioni giuridiche soggettive,
disciplina dei vizi dell’atto, regole dell’attività procedimentale ecc..). Nello scenario
europeo si assiste così alla valorizzazione delle libertà dei cives cui corrisponde la
15 ALMEIDA CERREDA M., La construction de derecho administrativo europeo, in Scientia
iuridica, 2008. HUBER P.M., Le istituzioni nazionali nell’architettura europea: il caso della Germania,
in AA.VV., Questioni costituzionali del governo europeo, Maitland, 2003. TORCHIA L., Il governo delle
differenze. Il principio di equivalenza nell’ordinamento europeo, Bologna, 2006. PICOZZA E., Diritto
amministrativo e diritto comunitario, op. cit..
16 ALOISE M., Effetti del diritto comunitario sulle situazioni giuridiche soggettive tutelate dal diritto
amministrativo italiano, in www.opinioiuris.it.
17
MASSERA A., L’amministrazione e i cittadini nel diritto comunitario, op. cit..
18
PUBUSA A., Diritti dei cittadini e pubblica amministrazione, op. cit..
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Capitolo Terzo
lievitazione di diritti di matrice comunitaria direttamente azionabili dai singoli nei
confronti delle amministrazioni e dei giudici nazionali. Un bel passo in avanti anche se
ancora lunga è la strada da percorrere.
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Capitolo Quarto
CAPITOLO QUARTO
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Le situazioni giuridiche soggettive tra ordinamento comunitario e
ordinamento nazionale
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Sommario: 4.1. La visione “sostanzialista” e pragmatica dell’ordinamento comunitario: la
centralità dei diritti e delle libertà del cittadino nel sistema. 4.2. Le situazioni giuridiche
comunitarie e l'influenza del diritto europeo sulle posizioni giuridiche nazionali. 4.3. Interesse
legittimo e sua risarcibilità nella prospettiva comunitaria. 4.4. La responsabilità dello Stato per
violazione del diritto comunitario da parte dei suoi organi: brevi cenni.
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4.1. La visione “sostanzialista” e pragmatica dell’ordinamento comunitario: la
centralità dei diritti e delle libertà del cittadino nel sistema
Uno dei tratti qualificanti l’ordinamento comunitario è ravvisabile nella visione
pragmatica e antiformalista delle sue istituzioni. A differenza dei sistemi positivistici
statuali, tendenzialmente ispirati ad un rigido formalismo, l’Unione europea agisce nel
perseguimento degli scopi dei Trattati in una cornice normativa flessibile ed in perenne
divenire.
Il sistema comunitario si è, infatti, sviluppato procedendo per obiettivi sostanziali
lungo la direttrice di un diritto di natura giudiziale (Richterrecht). In particolare la Corte
di giustizia, attraverso un approccio case by case, ha gradualmente elaborato un
catalogo di principi generali che si è rapidamente imposto all’osservanza degli Stati e
dei rispettivi cittadini, in un sistema sempre più ispirato al judge made ruling (Chayes
A.).
Tali principi hanno avvicinato i plurimi ed eterogenei ordinamenti nazionali verso un
nucleo di finalità comuni, garantendo al sistema europeo unità nella diversità. In
quest’ottica, dunque, i principi comunitari (in special modo quelli di fonte pretoria)
hanno operato da collante, assicurando una progressiva convergenza dei sistemi
giuridici statuali verso gli obiettivi dell'integrazione, preservando (sia pure inizialmente)
l’autonomia procedurale dei Paesi membri.
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Capitolo Quarto
Invero la normazione per principi ha il pregio di riconoscere ai vari ordinamenti
margini di discrezionalità nell'adozione della normativa attuativa, in una costante e
sinergica collaborazione tra livello comunitario e livello nazionale. Tutto ciò ha
irreversibilmente acuito la crisi del positivismo giuridico, già profondamente scosso
dalle varie teorie realistiche e sociologiche del diritto, attraverso l’ascesa di nuove
tendenze antiformalistiche tese a privilegiare la sostanza a discapito della forma.
Il sostanzialismo e il pragmatismo comunitari permeano, in particolare, il diritto
amministrativo coniugando il soddisfacimento dell'interesse pubblico con le pretese
soggettive dell'individuo. In questo modo si assiste ad uno spostamento dell'agere
publicum dall'asse dell’autorità verso il polo delle libertà degli amministrati. Una
visione nuova che ridisegna istituti e regole (dalla partecipazione alla legalità di
risultato, dalla risarcibilità degli interessi legittimi al processo come giudizio sul
rapporto controverso e così via).
L’evoluzione senza precedenti del sistema amministrativo italiano amplia, pertanto,
l'area dei diritti e delle libertà del cittadino dinanzi ai pubblici poteri. Una decisiva
accelerazione in tal senso viene impressa proprio dalla giurisprudenza della Corte di
giustizia che, scolpendo un diritto per principi1, accorda rilevanza primaria alla persona,
in origine in una prospettiva economica, oggi anche in una dimensione sociale
imperniata sulla tutela dei diritti fondamentali2.
Proprio la valorizzazione delle libertà personali costituisce il fulcro del sistema
comunitario il quale, rispetto agli ordinamenti nazionali, ha una diversa concezione
dell’interesse pubblico e dei rapporti tra autorità e libertà3, ispirandosi, di regola, ad un
principio di tendenziale paritarietà che, lungi dal conculcare le situazioni soggettive
individuali, vieppiù le esalti mirando al loro soddisfacimento.
1
Sul ruolo dei principi nell'ordinamento amministrativo italiano AA.VV., La forza normativa dei
principi, a cura di Amirante D., Cedam, 2006.
2
GIUBBONI S., Diritti sociali e mercato. La dimensione sociale dell'integrazione europea, Il
Mulino, Bologna, 2003. Nei decenni-ad avviso dell’autore-l’integrazione comunitaria si è sviluppata
verso orizzonti politico-sociali, valorizzando i diritti della persona in uno scenario di libertà e democrazia.
3
SACCHI MORSIANI G., Il potere amministrativo delle Comunità europee e le posizioni giuridiche
dei privati, II ed., Milano, 1970.
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Capitolo Quarto
La visione comunitaria delle dinamiche giuridiche tra autorità e cives ha, dunque,
orientato al cambiamento l’ordinamento italiano, ricalibrando l’influenza del potere
pubblico sugli amministrati in una direzione più democratica e partecipativa.
Il privato, da suddito e mero destinatario dell’esercizio della funzione4, diviene
compartecipe e coautore, insieme all’amministrazione, delle decisioni pubbliche5. Può
dirsi pertanto superata la tradizionale "regola dell' A.A." (atto amministrativo)6, che "al
cittadino non consente critica o chiede consenso, ma solo impone obbedienza"7.
Contestualmente le situazioni giuridiche soggettive, da ostacolo alla realizzazione
dell’interesse pubblico ne divengono l’elemento costitutivo primario, sia pure non
esclusivo.
Il potere pubblico vede, pertanto, stemperata la tradizionale aurea di privilegio o
plusvalenza per collocarsi su un piano di equiordinazione e apertura alle istanze dei
4
Sul ruolo di soggezione tradizionalmente ricoperto dagli amministrati nei rapporti con il pubblico
potere vedasi, tra i tanti, ALLEGRETTI U., L'amministrazione dall'attuazione costituzionale alla
democrazia partecipativa, Giuffrè, Milano, 2009.
5
La tematica viene ben esaminata da CARTABIA M., La tutela dei diritti nel procedimento
amministrativo: la legge n. 241 del 1990 alla luce dei principi comunitari, op. cit.. Secondo l'autrice
grazie all'influenza dell'ordinamento comunitario la legge italiana sul procedimento amministrativo "dà
voce ad una concezione dei rapporti tra amministrazione e società, da tempo auspicata dalla dottrina e
più rispondente alla Costituzione. La nuova norma rompe decisamente con una tradizione, che
sinteticamente si potrebbe definire liberale, che vede la società contrapposta alla pubblica
amministrazione, l'interesse pubblico contrapposto all'interesse privato, il cittadino in posizione di difesa
nei confronti dei pubblici poteri che agiscono autoritativamente e unilateralmente. A questa logica si
sostituisce la logica della reciproca compenetrazione tra autorità pubbliche e cittadini, in cui il cittadino
da sudddito diviene sovrano, e diviene anche maggiormente responsabile dell'azione degli organi
pubblici".
6 FAGIOLARI G., L'atto amministrativo nella giustizia amministrativa, in Scritti giuridici in onore di
Santi Romano, II, Padova, 1940.
7
Relazione sulla R. Avvocatura erariale per gli anni 1912-1925, I, Roma, 1926, XXXVI.
8 Con riferimento all'evoluzione dei rapporti tra P.A. e cives inuna prospettiva di maggior
collaborazione CODINI E., Scelte amministrative e sindacato giurisdizionale. Per una ridefinizione della
discrezionalità, Jovene, Napoli, 2008. TARULLO S., Il principio di collaborazione procedimentale:
solidarietà e correttezza nella dinamica del potere amministrativo, Giappichelli, Torino, 2008.
MANTERO A., Le situazioni favorevoli del privato nel rapporto amministrativo, op. cit.. GIANNINI
M.S., Profili storici della scienza del diritto amministrativo, in Quad. fior. n. 2 del 1973, il quale auspica
un'evoluzione in senso democratico dell'azione amministrativa "da un atteggiamento che contempli
prevalentemente l'amministrazione a un atteggiamento che contempli prevalentemente l'amministrato".
ALLEGRETTI U., L'imparzialità amministrativa, Padova, 1965.
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Capitolo Quarto
consociati8. Si realizza così l'evoluzione del "diritto amministrativo da diritto del
privilegio a diritto sostanzialmente paritario" (Dipace R.).
In particolare, sulla scia della giurisprudenza comunitaria, le autorità nazionali
ridimensionano il raggio e l’intensità del proprio agire con riferimento alle posizioni
protette dal Trattato. Infatti la Corte di giustizia esalta le situazioni soggettive private,
coniugandole con il principio di effettività e rendendole azionabili (ergo tutelabili)
dinanzi alle giurisdizioni nazionali.
Più in generale le pronunce del giudice di Lussemburgo condizionano anche in via
riflessa gli ordinamenti statuali, innescando mutamenti radicali nelle vicende
amministrative domestiche anche in relazione a posizioni soggettive meramente interne.
La protezione dei c.d. amministrati si arricchisce, via via, di contenuti e strumenti nuovi
in ambito tanto procedimentale quanto giurisdizionale.
In ordine all’incidenza (diretta) che le situazioni giuridiche comunitarie hanno negli
ordinamenti interni, è opportuno distinguere il piano sostanziale dal piano processuale.
Con riferimento al versante sostanziale, in base ai principi del primato e dell’effettività
del diritto comunitario, le situazioni comunitariamente protette devono mantenere la
stessa consistenza una volta inserite nell’ordinamento statuale, senza alcun mutamento.
In relazione al settore processuale, invece, il giudice comunitario tende a riconoscere
agli Stati forme di autonomia procedurale nella regolamentazione del diritto d’azione e
delle garanzie processuali9. Ciò comporta una differenziazione dei regimi nazionali, sia
pure nell’osservanza del comune valore dell’effettività della tutela giurisdizionale.
9 Sul punto DELICOSTOPOULOS J.S., Towards European procedural primacy in national legal
systems, in Eur. law journal, 2003, 599. Rimane affidata agli ordinamenti dei Paesi membri, in virtù del
principio di autonomia procedurale, l’individuazione del giudice competente, della sua composizione, dei
sistemi e motivi di impugnazione della sentenza ecc..
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Capitolo Quarto
Va anche registrata, tuttavia, la tendenza dell’ordinamento comunitario ad occuparsi
sempre più di questioni processuali, con inevitabile erosione degli spazi di sovranità
statuali. Si rileva, in particolare, nello scenario europeo, la presenza di una molteplicità
di principi, elaborati dalla Corte di giustizia e direttamente applicabili agli ordinamenti
domestici, tali da "delineare, sia pure allo stato embrionale, una sorta di jus commune
nel campo processuale"10.
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4.2. Le situazioni giuridiche comunitarie e l’influenza del diritto europeo sulle
posizioni giuridiche nazionali
In un sistema giuridico integrato e multilivello ampio è il ventaglio delle situazioni
giuridiche soggettive riconosciute ai cittadini europei.
Emergono in primo piano le situazioni giuridiche comunitarie. Con tale espressione
si definiscono, normalmente, le situazioni soggettive private che ricevono una tutela
procedimentale o processuale nell’ordinamento comunitario11. Inserite in ambito
nazionale, ad esse va garantita una tutela che sia conforme ai principi di effettività e di
equivalenza delineati dalla Corte di giustizia.
Alle situazioni soggettive protette dal diritto europeo, inoltre, si giustappongono
situazioni soggettive a conformazione mista, ossia disciplinate tanto da fonti
comunitarie quanto da fonti nazionali. Infine si registra la presenza di situazioni
soggettive regolate principalmente dal diritto nazionale ma influenzate in via riflessa dai
principi del sistema comunitario (c.d. spill over effect)12.
10 ASTONE F., Integrazione giuridica europea e giustizia amministrativa, op. cit.. Secondo l’autore
“viene così a realizzarsi un fenomeno che rientra a pieno titolo nella prospettiva della integrazione tra
sistemi processuali: tale integrazione tuttavia non viene perseguita attraverso la conformazione dei
sistemi nazionali da parte dell’ordinamento comunitario, ma piuttosto attraverso la diretta applicazione
da parte dei giudici nazionali di regole processuali comuni che rimangono di natura comunitaria, e che
vengono applicate come tali nei processi nazionali. La tutela concreta sarà dunque nazionale, ma le
regole di tutela sono in questo caso comunitarie”. Sull’argomento anche FALCON G., La tutela
giurisdizionale, in Trattato di diritto amministrativo europeo, a cura di Chiti M.P.–Greco G., op. cit..
11
PICOZZA E., Le situazioni giuridiche soggettive, in Trattato di diritto amministrativo europeo,
diretto da Chiti M.P. e Greco G., Milano, 1997.
12
CLEMENTE DI SAN LUCA G. (a cura di), La tutela delle situazioni soggettive nel diritto italiano,
europeo e comparato, Editoriale scientifica, Napoli, 2011.
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Capitolo Quarto
Di maggior interesse in questa sede è, certamente, l’esame delle situazioni soggettive
complesse o miste, figura trascurata per decenni da quell’approccio che concepiva in
modo separato e distinto le posizioni soggettive nazionali rispetto a quelle europee.
Nell'attuale quadro di intersezione tra gli ordinamenti, invece, nascono con frequenza
fattispecie composte da elementi sia nazionali sia comunitari, ossia caratterizzate dalla
concorrenza nonchè dalla simultanea vigenza di più livelli regolatori13. Pertanto è
possibile parlare di “situazioni soggettive europeizzate, cioè contemporaneamente
rilevanti per i due sistemi, nazionale ed europeo/comunitario, insieme”.
La tutela di queste posizioni giuridiche soggettive ha ampie ricadute sull’azione delle
amministrazioni nazionali, traducendosi in una pluralità di vincoli al concreto esercizio
della funzione discrezionale14.
La forza uniformante dei principi comunitari, dunque, conduce al superamento della
distinzione, tradizionalmente presente nell'ordinamento amministrativo italiano, tra
situazioni interne e situazioni comunitarie, coinvolte nell'ambito della attività
13 VALAGUZZA S., La frammentazione della fattispecie nel diritto amministrativo a conformazione
europea, op. cit.: Il termine frammentazione normativa descrive “il fenomeno per cui determinate
situazioni soggettive nascono ora nell’ordinamento interno ora nell’ordinamento comunitario (...) e
vengono poi disciplinate, totalmente o parzialmente, in un ordinamento diverso da quello della loro
creazione, risultando appunto frammentate nella regolazione. La frammentazione descrive gli intrecci tra
diversi sistemi giuridici e può ritrovarsi in qualsiasi tipo di intersezione normativa”.
14
VALAGUZZA S., La frammentazione della fattispecie nel diritto amministrativo a conformazione
europea, op. cit.: "La particolarità di queste situazioni soggettive consiste nel fatto che esse incorporano
interessi comunitari o europei, cui gli Stati membri hanno attribuito rilievo. Perciò nello specifico campo
del diritto amministrativo, la frammentazione di queste situazioni soggettive europeizzate (...) richiede
che l’azione amministrativa ad esse rivolta dia rilievo anche agli elementi comunitari o europei,
immanenti alla sovranazionalità della situazione soggettiva considerata. Quindi la discrezionalità
amministrativa dovrà svolgersi anche nell’ambito dei vincoli posti dal diritto amministrativo europeo.
(…) Non tener conto della dimensione sovranazionale significherebbe snaturare del tutto la situazione
soggettiva europeizzata,e quindi commettere una illegittimità rilevabile secondo gli schemi propri della
violazione di legge o dell’eccesso di potere, a seconda che la violazione riguardi una disposizione
normativa o principi generali. Ne segue, più specificamente, che la frammentazione europea delle
situazioni giuridiche impone al procedimento amministrativo nazionale di rispettare tutti i vincoli imposti
dal diritto amministrativo europeo, in legge o principi". Sull’emersione della categoria dei superinteressi
comunitari MENY Y.–MULLER P.–QUERMONNE J.L., Adjusting to Europe. The impact of the
European Union on national institutions and policies, London, 1996, 51.
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Capitolo Quarto
amministrativa15. I continui e progressivi contatti tra ordinamenti fanno sì che i principi
generali di elaborazione pretoria si applichino nei sistemi giuridici nazionali "anche al
di là della più ristretta sfera di attuazione del diritto comunitario"16.
Le ragioni di una simile opera di armonizzazione si individuano nell’esigenza di
assicurare il rispetto del principio di uguaglianza, evitando disparità di trattamento tra
identiche situazioni in ragione della fonte (nazionale o comunitaria) o in virtù del
superamento di determinate soglie.
Nell'ordinamento italiano il rinvio operato dalla legge generale sul procedimento
amministrativo ai principi comunitari conferma la caduta di ogni distinzione tra
situazioni soggettive interne e comunitarie.
Infatti l’art. 1 co. I l. 241/90 prevede espressamente che l’intera azione
amministrativa si uniformi ai principi comunitari in ordine, quindi, a qualsivoglia
fattispecie sia essa nazionale od europea. Dunque i principi dell'ordinamento
comunitario divengono il parametro di legittimità di tutta l’attività amministrativa
all’interno degli Stati membri. Per questi motivi il loro richiamo non può dirsi né
superfluo né ridondante.
La formulazione dell’art. 1, avendo portata generale, richiede un’applicazione
altrettanto generale dei principi cui fa rinvio, i quali devono considerarsi
immediatamente cogenti nel sistema italiano. Infatti l'esigenza di osservare i principi di
15 VALAGUZZA S., La frammentazione della fattispecie nel diritto amministrativo a conformazione
europea, op. cit.. In particolare, secondo l’autrice, “la più recente giurisprudenza comunitaria afferma
l’impossibilità di individuare la presenza di situazioni meramente interne nell’ambito, cruciale al diritto
comunitario, della libera circolazione delle merci”. Tale prospettiva è estensibile a tutte le libertà
comunitarie ed in special modo agli ambiti della concorrenza e degli appalti. Segnatamente nel settore
degli appalti “è chiaro che i principi di trasparenza e pubblicità (o anche i principi di par condicio o
proporzionalità) devono essere rispettati dall’amministrazione sotto qualsiasi soglia per l’applicazione
del diritto comunitario: sotto soglia l’amministrazione nazionale non è tenuta ad applicare i meccanismi
complessi indicati nelle direttive appalti, ma-per rispettare il diritto comunitario-deve attuare sempre e
comunque modalità di pubblicità e forme di competizione”. Sull’influenza esercitata dal diritto
comunitario sul diritto nazionale anche FRANCO I., Diritto comunitario e diritto nazionale: una
convivenza problematica. Riflessi sulla materia degli appalti pubblici, in Urb. e app., n. 6 del 2007, 675.
16
MASSERA A., I principi generali, in Trattato di diritto amministrativo europeo, op. cit..
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Capitolo Quarto
matrice sovranazionale rappresenta "un preciso precetto di diritto positivo e non
soltanto un’esigenza logica di sistema"17.
Inoltre il rinvio ai principi europei fa sì che “essi diventino parte integrante del
sistema nazionale nella percezione e con i contenuti propri dell’ordinamento
comunitario, assumendo il medesimo significato in ambito nazionale”18. In tal senso
anche il sindacato del giudice nazionale sulla legittimità dei provvedimenti
amministrativi si corrobora di nuovi paradigmi nel rinnovato orizzonte della legalità
comunitaria.
Le numerose e formalistiche distinzioni di teoria generale proprie dell’ordinamento
italiano, vengono ridotte, nel contesto europeo, alle due situazioni base del diritto e
dell’obbligo giuridico, quali formule-contenitore di qualsivoglia situazione giuridica
soggettiva attiva o passiva.
Dall'applicazione estesa e generalizzata dei principi comunitari discende, in
definitiva, un potenziamento della tutela delle situazioni giuridiche soggettive del
cittadino sia a livello giurisdizionale, sia, ancor prima, sul piano procedimentale.
4.3. Interesse legittimo e sua risarcibilità nella prospettiva comunitaria
Il problema della risarcibilità del danno da lesione di interesse legittimo si inscrive
nella più ampia tematica dell’influenza esercitata dall’ordinamento europeo sulle
situazioni giuridiche soggettive di diritto amministrativo. Queste ultime, come visto in
precedenza, si articolano in tre categorie (comunitarie, miste e nazionali).
L'applicazione di principi e regole europei a posizioni soggettive di matrice ora
comunitaria ora nazionale dimostra come l’ordinamento italiano sia divenuto ormai un
17
GRECO G., L’incidenza del diritto comunitario sugli atti amministrativi nazionali, op. cit.. Sulla
stessa lunghezza d’onda si colloca la giurisprudenza amministrativa. Ex plurimis Cons. Stato, sez. VI, 17
aprile 2007, n. 1736, in Foro amm. Cons. Stato, 2007, 1248, secondo cui “il principio di proporzionalità
assume nell’ordinamento interno lo stesso significato che ha nell’ordinamento comunitario. Come è oggi
confermato dalla clausola di formale ricezione ex art. 1 comma 1, l. 241/1990 come novellato dalla l.
15/2005”.
18
VALAGUZZA S., La frammentazione della fattispecie nel diritto amministrativo a conformazione
europea, op. cit..
19
DE LISE P., Relazione di inaugurazione dell’anno giudiziario 2007, in Gior. dir. amm., 2007, 345.
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Capitolo Quarto
sistema “aperto e pluralista”19, all’interno del quale i giudici divengono responsabili
dell’attuazione di “più livelli di regole”20, concorrenti e talora confliggenti.
L’analisi circa l’impatto della normativa comunitaria sulla categoria italiana
dell'interesse legittimo e specialmente sul nodo della risarcibilità muove dal percorso
evolutivo compiuto da tale situazione soggettiva nell'alveo dei principi costituzionali e
comunitari.
La concezione dell’interesse legittimo, quale “situazione giuridica soggettiva che
dialoga con il potere amministrativo”21, ha subito, infatti, profonde metamorfosi nel
corso dei decenni22. Inizialmente qualificato come situazione meramente processuale23 e
come interesse indirettamente od occasionalmente protetto24, la figura dell’interesse
legittimo è stata per decenni relegata in una posizione di subalternità rispetto al potere e
20
PIZZORUSSO A., La problematica delle fonti del diritto all’inizio del XXI sec., in
www.associazionedeicostituzionalisti.it.
21
SCOCA F.G., Le situazioni giuridiche soggettive. Nozioni generali, in Id. (a cura di), Diritto
amministrativo, Torino, 2008.
22 Per una ricostruzione della figura dell’interesse legittimo, senza pretese di completezza,. PIRAS A,
Interesse legittimo e giudizio amministrativo, Milano, 1962. CASSARINO S., Le situazioni giuridiche
soggettive e l'oggetto della giurisdizione amministrativa, Milano, 1956. NIGRO M., Giustizia
amministrativa, op. cit.. ROMANO TASSONE A., Situazioni giuridiche soggettive (dir. amm.), in Enc.
dir., Agg. II, Milano, 1998. SCOCA F.G., Contributo sulla figura dell’interesse legittimo, Milano, 1990.
PALMA G., Le posizioni giuridiche soggettive nell'ordinamento italiano, in E. Picozza, G. Palma, E.
Follieri, Le situazioni giuridiche soggettive del diritto amministrativo, in Trattato di diritto
amministrativo, diretto da G. Santaniello, II, Padova, 1999. GIACCHETTI S., L’interesse legittimo alle
soglie del 2000, in www.giustamm.it. OCCHIENA M., Situazioni giuridiche soggettive e procedimento
amministrativo, op. cit.. STIPO M., L’interesse legittimo nella prospettiva storica, op. cit.. TRAVI A.,
Lezioni di giustizia amministrativa, Giappichelli, Torino, 2010.
23
RANELLETTI O., Le guarentigie della giustizia nella pubblica amministrazione, V ed., Milano,
1937. GUICCIARDI E., La giustizia amministrativa, op. cit.. CHIOVENDA G., Principi di diritto
processuale civile, 1934-37.
24
RANELLETTI O., Le guarentigie della giustizia nella pubblica amministrazione, op. cit..
ZANOBINI G., Corso di diritto amministrativo, II, Milano, 1958.
!
!174
Capitolo Quarto
all’interesse pubblico, con conseguente vulnus alla tutela del privato che viveva un
rapporto squilibrato ed impari con la P.A.25.
Tradizionalmente, infatti, era diffusa la convinzione che l’interesse legittimo
costituisse una situazione soggettiva menomata o comunque riflessa, in definitiva un
quid minus rispetto al diritto soggettivo26.
La progressiva diffusione ed applicazione dei principi della Costituzione
repubblicana del '48 ha iniziato ad erodere, sia pure lentamente e a fasi alterne, la
visione dell’interesse legittimo quale figura di serie “B” rispetto al diritto soggettivo.
Ciò è avvenuto attraverso il riconoscimento della natura sostanziale degli interessi
legittimi, cui la Costituzione assicura dignità e tutela pari a quella dei diritti soggettivi
(artt. 24, 103 e 11327).
25 CARINGELLA F., Architettura e tutela dell'interesse legittimo dopo il codice del processo
amministrativo: verso il futuro, in www.giustizia-amministrativa.it, 2011: "Il bisogno di tutela
dell’amministrato nei confronti della Pubblica Amministrazione non è sempre stato un principio
immanente nel nostro ordinamento. La maggiore preoccupazione del Legislatore post-unitario, lungi
dall’essere quella di assicurare la tutela del cittadino nei confronti dell’autorità amministrativa, era,
infatti, quella di dettare le guarentigie dell’amministrazione nei confronti del potere giudiziario".
La marginalità dell'interesse legittimo, con conseguente deficit di protezione del civis nei confronti
dell'autorità, si evidenzia sin dalle origini dello Stato unitario in un intervento di Stanislao Mancini sul
disegno di legge l. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E: "(...) Sia pure che l’autorità amministrativa abbia
fallito la sua missione, che non abbia provveduto con opportunità e saggezza, (...) sia pure che essa
abbia, e forse anche senza motivi, rifiutato ad un cittadino una permissione, un vantaggio, un favore, che
ogni ragione di prudenza e di buona economia consigliasse di accordargli (…) sia pure che questo
cittadino è stato di conseguenza ferito, e forse anche gravemente, nei propri interessi:che perciò? (...) che
cosa ha sofferto il cittadino in tutte le ipotesi testé discorse? Semplicemente una lesione degli interessi?
Ebbene, ch'ei si rassegni". Quest'idea primigenia condizionerà per molto tempo sia lo sviluppo della
categoria dell'interesse legittimo sia le dinamiche dei rapporti tra pubblico potere ed amministrati.
26
Contra NIGRO M., Ma cos'è questo interesse legittimo? Vecchi e nuovi spunti di riflessione, in
Foro it. 1987, V, 469. L'autore, convinto assertore della pari dignità giuridica tra interesse legittimo e
diritto soggettivo, così afferma: "Le situazioni di interesse legittimo possono, a mio giudizio, assicurare la
tutela cui giustamente aspira. Esse non hanno nulla che le condanni a garantire una protezione di serie
B. Strutturalmente e funzionalmente l'interesse legittimo non determina inidoneità od incapacità
istituzionali. A patto però che il giudice amministrativo si liberi totalmente dal complesso della
necessaria considerazione delle ragioni dell'interesse pubblico considerato in astratto e in generale (il
che significa delle ragioni della potestà amministrativa); acquisti consapevolezza del nuovo modo di
essere, dialettico e partecipato, delle potestà amministrative; e riesca a creare nel processo
quell'equilibrio fra pretese del ricorrente (o in genere delle parti private) e pretese dell'amministrazione
che costituisce la rappresentazione o la proiezione processuale del rapporto amministrativo esistente sul
terreno sostanziale".
27
In particolare l’art. 24 Cost. nell’affermare che “tutti possono agire in giudizio per la tutela dei
propri diritti e interessi legittimi” dà risalto alla natura sostanziale degli interessi legittimi, attraverso
l’uso dell’aggettivo possessivo “propri”, che riferito tanto ai diritti quanto agli interessi legittimi è la
cartina di tornasole della natura sostanziale di entrambe le figure soggettive.
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Capitolo Quarto
In tal senso le disposizioni costituzionali hanno offerto un decisivo contribuito alla
protezione piena, diretta ed efficace dell’interesse legittimo28. Infatti è di tutta evidenza
come le aperture della Costituzione siano state in seguito amplificate dai principi del
diritto comunitario (in particolare dai principi di non discriminazione, effettività ed
equivalenza della tutela).
Il sistema europeo, pur non conoscendo la figura dell’interesse legittimo, ha
contribuito in modo decisivo alla sua valorizzazione nell’ordinamento italiano,
determinando un révirement prima della giurisprudenza e poi del legislatore sul dogma
della irrisarcibilità, che gravemente penalizzava la categoria degli interessi pretensivi.
Tutto ciò si inserisce nel più generale trend di influenza che il diritto europeo ha avuto,
ed ha tuttora, sulla democratizzazione dei pubblici poteri, con apertura alle istanze dei
c.d. amministrati, in un processo di esaltazione delle libertà e delle situazioni soggettive
individuali29. Un percorso che ha avuto il suo sbocco naturale nel riconoscimento della
28
BACHELET V., La giustizia amministrativa nella Costituzione italiana, Giuffrè, Milano, 1962.
Secondo l’autore il giudice amministrativo “tutela le situazioni giuridiche soggettive proprie dei
ricorrenti nei confronti della p.a.” in quanto tali e non più soltanto indirettamente “per la realizzazione
dell’interesse della p.a. alla legalità della sua azione”.
29
Nell'ordinamento italiano, fondato sul principio di democraticità e di sovranità popolare (art. 1
Cost.), la P.A. dovrebbe sempre operare al servizio del cittadino, rendendone effettivi diritti e libertà. A
riguardo PUBUSA A., Diritti dei cittadini e pubblica amministrazione, op. cit..
!
!176
Capitolo Quarto
risarcibilità degli interessi legittimi prima limitatamente al settore degli appalti
pubblici30 e successivamente a livello generale31.
In tal senso la nota sentenza delle SS.UU. n. 500 del 1999 rappresenta l’apice degli
influssi comunitari sulla figura dell’interesse legittimo32 e, conseguentemente, sul ruolo
dell'amministrazione che da struttura privilegiata di potere diviene "un soggetto come
un altro" (Berti G.), chiamato a rispondere dei danni cagionati nell'esercizio della
funzione pubblica.
In ambito comunitario, tuttavia, è sconosciuta la distinzione tra diritti soggettivi ed
interessi legittimi, in quanto ad essere utilizzata è la generica espressione “diritti”, quale
contenitore di qualsivoglia situazione giuridica soggettiva attiva e di vantaggio. Proprio
30 Art.
13 l. 19 febbraio 1992, n. 142 (poi soppresso dall’art. 35 d.lgs. 80 del 1998).
31 Dapprima in ambito giurisprudenziale con la nota pronuncia delle SS.UU. n. 500 del 1999 e poi a
livello normativo con la l. 205/2000. In tema di risarcimento del danno da lesione di interessi legittimi la
letteratura è sterminata. Tra i molteplici contributi, a titolo esemplificativo, TRAMONTANO L., La tutela
risarcitoria dell'interesse legittimo, Cedam, Padova, 2008. PUDDU S., La risarcibilità dell'interesse
legittimo, Giappichelli, Torino, 2002. CARANTA R., Attività amministrativa ed illecito aquiliano. La
responsabilità della p.a. dopo la l. 21 luglio 2000 n. 205, Milano, 2001. CIRILLO G.P., Il danno da
illegittimità dell’azione amministrativa e il giudizio risarcitorio. Profili sostanziali e processuali, Padova,
2003. DI GIANDOMENICO G., Il danno risarcibile per lesione di interessi legittimi, Edizioni
scientifiche, Napoli, 2004. D’ANTONIO S., Teoria e prassi nella tutela risarcitoria dell’interesse
legittimo, Editoriale scientifica, Napoli, 2003. FANTI V., Tutela demolitoria e risarcitoria dell’interesse
legittimo innanzi al giudice ordinario e amministrativo, Giuffrè, Milano, 2006. LUMETTI M.V.,
Violazione dell’interesse legittimo e danno risarcibile, Giuffrè, Milano, 2008. ALPA G., Sulla sentenza n.
500 del 1999 delle Sezioni Unite della Cassazione relativa alla risarcibilità della lesione degli interessi
legittimi, in Giust. civ., 1999, II, 427. GIOVAGNOLI R., Il risarcimento del danno da provvedimento
illegittimo, Giuffrè, Milano, 2010. SPAMPINATO B., Tipologia degli interessi legittimi e forme di tutela,
Giappichelli, Torino, 2010. TUCCARI F., Annullamento dell’atto e processo amministrativo risarcitorio,
Jovene, Napoli, 2004. SCOCA F.G., Risarcibilità e interesse legittimo, in Dir. pubbl. 2000, 13. ZITO A.,
Il danno da illegittimo esercizio della funzione amministrativa. Riflessioni sulla tutela dell’interesse
legittimo, Napoli, 2003. BARTOLINI R., Il risarcimento del danno tra giudice comunitario e giudice
amministrativo. La nuova tutela del c.d. interesse legittimo, op. cit.. ORREI C., La tutela risarcitoria
dell’interesse legittimo: sviluppi giurisprudenziali e profili dogmatici, Editoriale scientifica, Napoli, 2002.
Contra ROMANO A., Sulla pretesa risarcibilità degli interessi legittimi: se sono risarcibili, sono
diritti soggettivi, in Dir. proc. amm., n. 1 del 1998, 22: "Quello della risarcibilità degli interessi legittimi
è un falso problema perché con la sua soluzione positiva si pretende di raggiungere un risultato,
l’ampliamento dell’area delle situazioni individuali la cui lesione sia risarcibile, che può benissimo
essere ottenuto per altre vie. Che deve essere ottenuto per altre vie: perché è tratto essenziale della
nozione di interesse legittimo, la sua irrisarcibilità".
32
TARULLO S., Il giusto processo amministrativo. Studio sull’effettività della tutela giurisdizionale
nella prospettiva europea, op. cit.: Secondo l'autore "malgrado il tentativo della Suprema Corte di
radicare nella legislazione interna il proprio révirement giurisprudenziale, il riconoscimento della
generalizzata tutela risarcitoria in favore dell'interesse legittimo appare come la risultante di un chiaro
effetto spill-over del diritto comunitario, reso possibile soprattutto da una elaborazione dottrinale
fortemente incline al recepimento degli insegnamenti della Corte di giustizia, sotto lo specifico profilo
della effettività/completezza della tutela".
!
!177
Capitolo Quarto
in ragione di tale presunta equiparazione linguistica, è inevitabile domandarsi se, alla
luce dell’ordinamento europeo, abbia ancora senso parlare di interessi legittimi o se,
viceversa, sia preferibile cantare il de profundis per questa situazione giuridica
soggettiva tipicamente italiana.
A riguardo va precisato come non rientri nelle competenze comunitarie la risoluzione
di problemi definitori delle posizioni soggettive cui l’ordinamento europeo assicura
protezione. Conseguentemente spetta agli Stati membri la qualificazione di tali
situazioni giuridiche, nel rispetto dei principi di effettività ed equivalenza della tutela33.
Invero la protezione erogata deve essere completa nonchè pienamente satisfattiva per il
ricorrente34. Inoltre la tutela accordata dall’ordinamento interno non può essere inferiore
a quella fruibile in ambito comunitario.
La legittimità di un sistema binario, quale il sistema italiano, fondato sulla
coesistenza di diritti soggettivi e interessi legittimi è comprovata dalla stessa
giurisprudenza comunitaria. Infatti, come argutamente sostenuto, “quando la Corte
afferma (...) che una certa disposizione del diritto comunitario ha efficacia diretta ed
attribuisce al singolo dei diritti che il giudice nazionale è tenuto a salvaguardare, essa
non intende dare al termine diritti una specifica e formale valenza che non sia
genericamente quella di situazioni giuridiche soggettive. E dunque non intende né
limitarsi ai diritti soggettivi, né trasformare in diritti soggettivi tutte le situazioni
giuridiche soggettive dei privati”35.
33
Questa tesi viene espressa dalla Corte di giustizia a partire dagli anni Sessanta del secolo scorso
nella pronuncia del 19 dicembre 1968, in C-13/68, Salgoil, in Racc. 1968. Salva l'esigenza di "una tutela
diretta e immediata" delle situazioni soggettive conferite ai singoli dal diritto comunitario, "spetta
all'ordinamento giuridico nazionale lo stabilire quale sia il giudice competente a garantire detta tutela e,
a tale effetto, il decidere come debba qualificarsi la posizione individuale in tal modo tutelata". In senso
conforme Cgce, 17 settembre 1997, in causa C-54/96, Dorsch Consult, in Racc. 1997.
34
PICOZZA E., Il processo amministrativo, op. cit.. FUMAGALLI L., La responsabilità degli Stati
membri per la violazione del diritto comunitario,Giuffrè, Milano, 2000. CINTIOLI F., Orientamenti della
Corte di giustizia in tema di accesso al fatto del giudice amministrativo nazionale, in AA.VV.,
Sovranazionalità europea, posizioni soggettive e normazione, in Quad. Cons. Stato, Torino, 2000, 61.
35
TIZZANO A., Diritto comunitario e tutela giurisdizionale nel diritti interno, la tutela risarcitoria
degli interessi legittimi, in AA.VV., Attività amministrativa e tutela degli interessati, l’influenza del
diritto comunitario, in Quad. Cons. Stato, Torino, 1997.
!
!178
Capitolo Quarto
Pertanto l’ordinamento comunitario non impone agli Stati membri un
rimodellamento delle situazioni soggettive, avendo come unica premura il
raggiungimento o la conservazione di determinati standards di tutela.
Da tali argomentazioni può evincersi che “la distinzione tra diritto soggettivo ed
interesse legittimo può tranquillamente continuare a sopravvivere negli ordinamenti
nazionali che espressamente la contemplano, per quanto l’ordinamento comunitario
non la conosca”36. Il sistema europeo non può desiderare “la scomparsa di un quid la
cui esistenza esso giudica, a certe condizioni, neutrale”37.
Inoltre la dicotomia diritti soggettivi-interessi legittimi assume rilievo sul piano
costituzionale ove assolve funzione dirimente per l’assetto della giustizia e per il riparto
tra plessi giurisdizionali.
Alla tesi che vorrebbe omologare diritti soggettivi e interessi legittimi38, può
obiettarsi come l’art. 24 Cost. accomuni le due figure giuridiche solo quanto a pienezza
ed effettività della tutela, sottintendendo per gli interessi legittimi diversità strutturali e
legittimando una diversificazione delle tecniche di protezione (sia pur nel corso del
tempo sempre meno accentuate). Per tali motivi la distinzione, tutta italiana, tra diritti
soggettivi e interessi legittimi può considerarsi tuttora valida nonchè perfettamente
conforme ai principi comunitari.
In definitiva ad essere in via di superamento non è la figura dell’interesse legittimo,
arricchitasi di nuovi significati, bensì ad estinguersi sono le vecchie concezioni del
36 STIPO M., L’interesse legittimo nella prospettiva storica, op. cit.. In giurisprudenza la stessa Corte
di Cassazione ha più volte ribadito che la qualificazione di ogni situazione giuridica soggettiva protetta
dall’ordinamento deve essere effettuata alla stregua dei criteri propri dell’ordinamento nazionale. Ex
multis Cass. Sez. Un., 14 marzo 1977, n. 1009, in Giur. it., 1977, I, 802. Cass. Sez. Un., 18 giugno 1981,
n. 3967, in Foro it., 1981, I, 2157.
37
TARULLO S., Il giusto processo amministrativo. Studio sull’effettività della tutela giurisdizionale
nella prospettiva europea, op. cit.: "Non si vede in che modo possa imputarsi all’interesse legittimo la
pecca di costituire in sé un ostacolo alla effettività della tutela. L’ostacolo si manifesta solo se e nella
misura in cui l’interesse legittimo viene dotato di un livello di protezione processuale non appagante, in
termini di rimedi esperibili e di pronunce conseguibili dal giudice, di qualunque giudice si tratti".
38
Tra coloro che propongono un superamento della dicotomia diritti soggettivi-interessi legittimi
MAZZAMUTO M., A cosa serve l'interesse legittimo?, in Dir. proc. amm. n. 1 del 2012. CAVALLO B.,
Grandezza e miseria degli interessi legittimi; un’altra “storia italiana”, in AA.VV., Nuove forme di
tutela delle situazioni soggettive, Torino, 2003. LEDDA F., Polemichetta breve intorno all’interesse
legittimo, in Giur. it., 1999, 2212. BENVENUTI F., Il nuovo cittadino. Tra libertà garantita e libertà
attiva, op. cit.. ROMANO A., Sono risarcibili: ma perché devono essere interessi legittimi?, op. cit..
!
!179
Capitolo Quarto
medesimo (quelle di interesse meramente processuale e occasionalmente protetto). Oggi
l’interesse legittimo è da ritenersi, a tutti gli effetti, una posizione giuridica soggettiva
avente natura sostanziale, distinta dal diritto soggettivo, ma ad esso equiordinata, quanto
a possibilità di tutela giurisdizionale, in ossequio ai principi costituzionali e al diritto
europeo.
4.4. La responsabilità dello Stato per violazione del diritto comunitario da parte
dei suoi organi: brevi cenni
Il principio della responsabilità dello Stato per violazione del diritto comunitario
rappresenta un importante baluardo della tutela delle situazioni giuridiche soggettive di
fonte comunitaria. L'effettività e il primato dell'ordinamento dell'Unione europea si
misurano, infatti, attraverso gli strumenti processuali di reazione previsti nei singoli
Paesi membri per far fronte alla lesione dei diritti di matrice comunitaria39. In assenza di
rimedi il riconoscimento degli stessi equivarrebbe, viceversa, ad una mera petizione di
principio.
Nel discorso de quo ben si inserisce la tematica della responsabilità dello Stato per
violazione del diritto comunitario da parte dei propri organi. Infatti i diritti riconosciuti
a livello europeo necessitano alle volte di un'implementazione nei singoli Stati in virtù
dell'incompletezza delle norme sovranazionali che li prevedono (tipico è il caso delle
direttive).
Quanto alle modalità attuative, è fatto generale divieto agli organi pubblici di porre
in essere azioni, attive od omissive, idonee a ledere quelle situazioni giuridiche
riconosciute ai singoli dall'ordinamento comunitario. Tradizionalmente gli Stati hanno
frapposto ingiustificati ostacoli al pieno esercizio dei diritti di fonte europea,
trincerandosi in caso di lesione dietro il privilegio dell'irresponsabilità.
La situazione è oggi radicalmente mutata con il riconoscimento al singolo del potere
di convenire di fronte al giudice domestico lo Stato italiano per l'attività dei propri
39
L'espressione diritti viene utilizzata come sinonimo di situazioni giuridiche soggettive.
!
!180
Capitolo Quarto
organi, chiedendo il risarcimento del danno patito40. In questo modo si è giunti
all'affermazione di un paradigma di responsabilità dello Stato in caso di violazione del
diritto comunitario da parte dei pubblici poteri. Si tratta, chiaramente, di una
fondamentale conquista giuridica per il civis, ottenuta all'esito di un percorso tortuoso,
non scevro di difficoltà.
In origine, infatti, il sistema europeo sanzionava solamente ab externo le violazioni
del diritto comunitario da parte degli Stati, attraverso la procedura di infrazione
promossa dalla Commissione europea. Meccanismo questo farraginoso ed ineffettivo
che, anche a seguito di condanna dello Stato dinanzi alla Corte di giustizia, poneva il
problema dell'effettiva esecuzione della pronuncia. Il cittadino, pertanto, rivestiva un
ruolo meramente passivo, in quanto ad esso non era riconosciuto alcuno strumento di
reazione avverso le lesioni cagionate dagli organi statuali ai diritti europei.
Nondimeno è stata la Corte di giustizia a dedicarsi nel corso degli anni alla graduale
costruzione di un principio di responsabilità degli Stati direttamente azionabile, sul
piano interno, da parte dei soggetti danneggiati. A fronte di pregiudizi causati ai cives
dalla violazione del diritto comunitario, lo Stato, infatti, "a prescindere dalle
conseguenze del proprio comportamento nei confronti degli altri Stati membri e della
Comunità sul piano del diritto internazionale, è tenuto a risponderne patrimonialmente
nei confronti del soggetto leso"41.
L'individuo, quale fulcro dell'ordinamento comunitario, assiste, così, alla progressiva
estensione dei propri spazi di tutela. Invero, a partire dagli anni Settanta del secolo
scorso, il giudice di Lussemburgo, in alcune pionieristiche pronunce42, inizia a
40 Sulla responsabilità dello Stato per violazioni del diritto comunitario perpetrate dai propri organi,
tra i vari contributi, SCIARRINO V., La responsabilità civile dello Stato per violazione del diritto
dell'Unione, Ipsoa, 2012. FERRARO F., La responsabilità risarcitoria degli Stati membri per violazione
del diritto comunitario, Giuffrè, Milano, 2008. LAZARI A., Modelli e paradigmi della responsabilità
dello Stato, Giappichelli, Torino, 2005. CALZOLAIO E., L'illecito dello Stato tra diritto comunitario e
diritto interno, Giuffrè, Milano, 2004. FUMAGALLI L., La responsabilità degli Stati membri per la
violazione del diritto comunitario, op. cit..
41
FERRARO F., La responsabilità risarcitoria degli Stati membri per violazione del diritto
comunitario, op. cit..
42
Cgce, 22 gennaio 1976, in causa C-60/75, Russo c. Aima, in Racc. 1976. Cgce, 27 febbraio 1980, in
causa C-68/79, Hans just, in Racc. 1980. Cgce, 9 novembre 1983, in causa C-199/82, Amministrazione
dello Stato c. San Giorgio, in Racc. 1983.
!
!181
Capitolo Quarto
riconoscere la responsabilità delle istituzioni comunitarie e degli Stati membri per i
danni arrecati ai singoli dalle violazioni del diritto comunitario, con conseguente
obbligo per il danneggiante di rimuovere le conseguenze pregiudizievoli arrecate in
base alle previsioni di diritto interno. In questo modo la protezione delle situazioni
giuridiche di derivazione europea acquisisce, anno dopo anno, maggiore effettività43.
Una forma di responsabilità unitaria dello Stato viene ad essere compiutamente
delineata con la successiva sentenza Francovich44, secondo la quale ciascuno dei Paesi
dell'Unione risponde per l'azione o l'omissione dei propri organi interni, che siano
espressione di un pubblico potere (legislativo, esecutivo, giudiziario).
Ciò accade in una pluralità di casi tra cui:
a) mancata applicazione di norme comunitarie non self-executing;
b) condotte di organi nazionali idonee a disconoscere o comprimere diritti conferiti
dall'ordinamento comunitario.
L'orientamento giurisprudenziale, volto ad incrementare la tutela delle situazioni
soggettive europee grazie all'applicazione dei rimedi interni di ciascun ordinamento,
43
SANNA TICCA E., Cittadino e pubblica amministrazione nel processo di integrazione europea,
op. cit.: "L'ordinamento comunitario si preoccupa esclusivamente che la tutela delle situazioni giuridiche
soggettive sia sempre piena ed effettiva. Tale finalità si raggiunge applicando i principi di effettività e di
pienezza della tutela che comprende perciò anche il profilo risarcitorio. In tal modo la Corte esalta
l'aspetto della responsabilità in termini di garanzia della tutela di tutte le situazioni giuridiche soggettive
fungendo, in questa circostanza, da stimolo nei confronti degli Stati membri per una tutela effettiva di
tutte le posizioni giuridiche".
44 Cgce, 19 novembre 1991, in cause riunite C-6/90 e C-9/90, Francovich, cit.. SANDULLI I., La
responsabilità dello Stato-amministrazione per violazione del diritto comunitario, fra istanze di certezza
giuridica e tutela del principio dell'affidamento, Tesi di dottorato a.a. 2008/2009, facoltà di
giurisprudenza, università di Tor Vergata, in www.google.it: "La vera portata innovativa del caso
Francovich sta nel fatto che per la prima volta la responsabilità degli Stati, pur scaturendo da una
lesione del diritto comunitario, viene radicata nelle giurisdizioni interne, in modo da non lasciare
incompiuto il sistema di tutela dei singoli. L’aspetto più intrigante di tale risposta sanzionatoria sta nel
suo carattere “misto”, considerando che le sue vicende nascono da presupposti “sovranazionali”, ma i
suoi profili risarcitori si attuano a livello interno".
!
!182
Capitolo Quarto
riceve ulteriore impulso nelle sentenze Hedley Lomas45 e Köbler46 che definiscono un
sistema di responsabilità extracontrattuale dello Stato per fatto rispettivamente del
potere legislativo47, esecutivo e giudiziario.
Le condizioni per l'esperibilità, da parte dei soggetti lesi, di un'azione risarcitoria
avverso lo Stato nelle ipotesi di violazione del diritto comunitario sono elaborate dalla
Corte di giustizia48 e si identificano nella:
1) idoneità della norma comunitaria violata a conferire diritti ai singoli;
2) violazione grave e manifesta del diritto comunitario;
45
Cgce, 23 maggio 1996, in causa C-5/94, Hedley Lomas, in Racc. 1996. Con riferimento al caso de
quo vedasi FERRARO F., La responsabilità risarcitoria degli Stati membri per violazione del diritto
comunitario, op. cit.: "Dalla risposta della Corte si evince che il principio dell'indifferenza dell'organo
che abbia causato il danno si estende all'attività della pubblica amministrazione, senza che lo Stato
possa opporsi all'obbligo risarcitorio che su esso grava per violazione del diritto comunitario". Sulla
responsabilità dello Stato per violazione del diritto comunitario ad opera di un'autorità amministrativa
anche Cgce, 28 giugno 2001, in causa C-118/00, Larsy, in Racc. 2001.
46
Cgce, 30 settembre 2003, in causa C-224/01, Köbler, in Racc. 2003. Secondo i giudici di
Lussemburgo, la protezione delle situazioni giuridiche comunitarie "sarebbe affievolita se fosse escluso
che i singoli possano, a talune condizioni, ottenere un risarcimento allorchè i loro diritti sono lesi da una
violazione del diritto comunitario imputabile a una decisione di un organo giurisdizionale di ultimo
grado di uno Stato membro". Dopo la pronuncia Köbler di grande importanza anche la sentenza Traghetti
del Mediterraneo (Cgce, 13 giugno 2006, in causa C-173/03, Traghetti del Mediterraneo, in Racc. 2006).
In senso conforme Cgce, sez. III, 24 novembre 2011, in causa C-379/10, Commissione europea c.
Repubblica italiana, in www.curia.europa.eu.
47
Dopo la sentenza Francovich, Cgce, 5 marzo 1996, in causa C-46/93 e 48/93, Brasserie du Pêcheur
e Factortame III, cit.. Il principio della responsabilità dello Stato membro per fatto del legislatore sembra
far cadere in Italia l'antico dogma della insindacabilità del potere legislativo quale potere politico libero
nei fini. In realtà l'aggiunta di un superiore livello di regolazione sposta in ambito comunitario il
problema della sindacabilità del potere, sicchè le scelte del legislatore nazionale risultano nei fatti
vincolate assumendo contenuto meramente attuativo. Sul punto CARINGELLA F., Manuale di diritto
amministrativo, op. cit..
48
Ex plurimis, Cgce, 12 settembre 2006, in causa C-300/04, Eman e Sevinger, in Racc. 2006: “Il
principio della responsabilità di uno Stato membro per danni causati ai singoli da violazioni del diritto
comunitario ad esso imputabili è inerente al sistema del Trattato e uno Stato membro è tenuto a risarcire
i danni causati allorché la norma giuridica violata abbia lo scopo di conferire diritti agli individui, la
violazione sia sufficientemente qualificata ed esista un nesso causale diretto tra la violazione dell’obbligo
posto a carico dello Stato e il danno subito dai soggetti lesi; non si può tuttavia escludere che la
responsabilità dello Stato possa essere accertata a condizioni meno restrittive sulla base del diritto
nazionale; con riserva del diritto al risarcimento che trova direttamente il suo fondamento nel diritto
comunitario, nel caso in cui le condizioni indicate siano soddisfatte, è nell’ambito delle norme del diritto
nazionale relative alla responsabilità che lo Stato è tenuto a riparare le conseguenze del danno
provocato, fermo restando che le condizioni stabilite dalle legislazioni nazionali in materia di
risarcimento dei danni non possono essere meno favorevoli di quelle che riguardano reclami analoghi di
natura interna, e non possono essere congegnate in modo da rendere praticamente impossibile o
eccessivamente difficile ottenere il risarcimento”.
!
!183
Capitolo Quarto
3) sussistenza di un nesso di causalità tra la violazione dell'obbligo posto a carico
dello Stato e il danno patito dal singolo.
Il concorso di tali condizioni attribuisce al danneggiato il diritto al risarcimento dei
danni, un diritto che nasce nell'ordinamento comunitario ma è azionabile davanti al
giudice nazionale, sempre che le regole processuali di diritto domestico non prevedano
un trattamento peggiorativo rispetto a quanto statuito per analoghe situazioni interne. Si
tratta di condizioni minime, intangibili in peius, ma derogabili in melius dagli Stati
attraverso la previsione di standards di tutela più elevati. In questo modo il diritto
comunitario stabilisce le condizioni dell'azione risarcitoria anche se al diritto interno è
affidata la concreta disciplina degli aspetti procedurali (giudice competente, termini di
decadenza e prescrizione, entità del risarcimento) nell'osservanza dei principi di
equivalenza ed effettività della tutela.
Quanto all'effettività del rimedio risarcitorio, la Grande Sezione della Corte di
Giustizia, in una nota pronuncia del 2007, ha richiesto che il ristoro della lesione dei
diritti individuali sia effettivo, adeguato al danno subito e non eccessivamente
oneroso49.
In definitiva il primato nonchè l'efficacia diretta delle norme comunitarie hanno
accresciuto la protezione delle situazioni giuridiche europee, rendendo queste ultime
azionabili dai singoli dinanzi alle giurisdizioni domestiche a fronte di lesioni perpetrate
da organi dello Stato. 49
Cgce, 17 aprile 2007, in causa C–470/03, A.G.M.-COS.MET S.r.l., in Racc. 2007.
!
!184
Capitolo Quinto
CAPITOLO QUINTO
!
L’azione amministrativa nella nuova era dei rapporti tra autorità e
libertà
!
Sommario: 5.1. La democratizzazione dei pubblici poteri e l'estensione delle garanzie
procedimentali nella legge 241 del 1990: un nuovo modo di intendere i rapporti tra potere
pubblico e amministrati. 5.2. L'evoluzione del principio di legalità da una concezione
meramente formale ad una nuova legalità di risultato. 5.2.1. Le illegittimità non invalidanti ex
art. 21-octies. 5.3. Il sindacato del giudice sulla violazione del principio di proporzionalità
nell'azione amministrativa.
5.1. La democratizzazione dei pubblici poteri e l’estensione delle garanzie
procedimentali nella legge 241 del 1990: un nuovo modo di intendere i rapporti tra
potere pubblico e amministrati
Negli anni Novanta del XX sec. l’ordinamento amministrativo viene investito da una
impetuosa trasformazione1, che destrutturando il mito dell’“immortalità” e della
supremazia dell’amministrazione2, ridimensiona i profili autoritativi ed imperativi
dell’esercizio del potere, ampliando la partecipazione dei destinatari anche attraverso
l’uso di moduli consensuali3. Infatti il “temperamento degli aspetti più autoritativi
dell’azione amministrativa” segna l’avvento di un nuovo modo di amministrare che
affianca, sempre più, agli strumenti provvedimentali negozi di diritto privato.
Può dirsi, così, definitivamente compiuta la transizione dallo Stato liberale
monoclasse allo Stato sociale democratico e pluriclasse, che identifica nel procedimento
1 CASSESE S., Le amministrazioni pubbliche tra XX e XXI sec., in www.irpa.it: "I mutamenti piu
importanti sono tre. Il primo è costituito dal cambiamento del contesto in cui le amministrazioni
pubbliche operano: una volta questo era esclusivamente nazionale; ora esso è piu ampio. Il secondo
riguarda la torsione alla quale le amministrazioni pubbliche sono sottoposte: una volta esse erano al
servizio del corpo politico, ora debbono ascoltare direttamente la società. Il terzo attiene alla relazione
pubblico-privato, in passato retta dal principio di dominazione-subordinazione, ora sottoposta al
principio di collaborazione".
2
MAYER O., Deutsches Verwaltungsrecht, vol. I, (1894) Berlin, III ed., 1923 (rist. 1961).
3 CANGELLI F., Potere discrezionale e fattispecie consensuali, Giuffrè, Milano, 2004: "Il
contrattualismo è stato considerato come l’ideale prosecuzione delle logiche partecipative del
procedimento amministrativo, al quale va riconosciuto il ruolo storico di passaggio fra il principio
dell’atto unilaterale e autoritativo e quello dell’atto contrattuale tendenzialmente paritario".
!
!185
Capitolo Quinto
amministrativo la sede privilegiata di acquisizione, confronto e ponderazione della
varietà degli interessi sociali.
Infatti “le categorie dogmatiche imperniate sulla prevalenza degli atti autoritativi,
elaborate nel corso dell’esperienza liberale, sono andate gradualmente rivelandosi
inadeguate in rapporto ai mutamenti in atto nella società e che, via via, si sono riflessi
anche nell’evoluzione delle istituzioni”4 e nel modo di agire delle amministrazioni5. Si è
assistito, pertanto, all’ampliamento della categoria degli interessi giuridicamente
rilevanti nel procedimento e più in generale nell’attività amministrativa6.
Con il crollo del muro che separava società civile e autorità amministrative, cresce il
numero degli interessi privati valutati e bilanciati nel concreto dispiegarsi del potere7.
L’azione amministrativa, da sempre luogo di confronto tra interessi eterogenei e
diseguali, non vede più la prevalenza automatica e a priori dell’interesse pubblico. Esso
infatti, non è più astrattamente configurato quale interesse necessariamente superiore,
ma deve essere ponderato dall'autorità, di volta in volta ed in concreto, con gli altri
interessi pubblici e privati in rilievo8.
4
D’ANGIOLILLO P., Accordi amministrativi e programmazione negoziata nella prospettiva del
potere discrezionale, Edizioni scientifiche, Napoli, 2009.
5
Con riferimento ai lavori preparatori della l. 241/90 PASTORI G., Interesse pubblico e interessi
privati fra procedimento, accordo e autoamministrazione, in Scritti in onore di P. Virga, tomo II, Giuffrè,
Milano, 1994: "È noto che la Commissione Nigro, che ebbe a redigere il primo schema (o i primi schemi)
della legge, aveva ricevuto il mandato di elaborare una normativa in grado, prima di tutto, di realizzare
un miglioramento dei rapporti fra cittadini e amministrazione in grado in particolare di contribuire ad
eliminare (...) autoritarismi, imperscrutabilità e immotivate lentezze dell'amministrazione nei confronti
dei cittadini, democratizzando e insieme semplificando a tal fine i procedimenti".
6 COMPORTI G., Il coordinamento infrastrutturale. Tecniche e garanzie, Milano, 1996, secondo il
quale con il tramonto dello Stato monoclasse si assisterebbe, altresì, alla eclissi dello "Stato-Cittadella",
in cui l’amministrazione è separata dalla società ed arroccata nella protezione di taluni interessi, con
conseguente esclusione di tutti gli altri.
7
In giurisprudenza, ex plurimis, Tar Lazio Roma, sez. I, 28 dicembre 2007, n. 14141, in
www.giustizia-amministrativa.it.
8
D’ANGIOLILLO P., Accordi amministrativi e programmazione negoziata nella prospettiva del
potere discrezionale, op. cit.. PORTALURI P., Potere amministrativo e procedimenti consensuali, Studi
sui rapporti a collaborazione necessaria, Milano, 1998. Per l’autore “l’acquisita consapevolezza della
inesistenza di un interesse pubblico normativo comporta l’impossibilità di ascrivere alla p.a. la titolarità
di posizioni sostanziali necessariamente preminenti: di qui l’inevitabile crisi del modello classico in cui
l’amministrazione si trovava a effettuare un confronto fra interessi omogenei nel contenuto, ma diseguali
nel rango”. STICCHI DAMIANI E., Attività amministrativa consensuale e accordi di programma,
Milano, 1992: L’amministrazione non è più “olimpicamente deputata alla cura di un interesse pubblico
sofisticato e astratto, che pare spesso ignorare la stessa esistenza degli interessi privati che pure
pressantemente lo accerchiano”.
!
!186
Capitolo Quinto
In questo contesto ben si spiega la valorizzazione della figura dell'interesse legittimo,
quale situazione soggettiva sostanziale, parificata, quanto a possibilità di tutela, al
diritto soggettivo.
Il tradizionale modus agendi dell’amministrazione, imperniato sull’unilateralità e
tendenziale segretezza (o, quantomeno, riservatezza) delle manifestazioni del potere,
vede nella nascita del diritto comunitario un fattore di crisi profonda o quantomeno una
causa della propria metamorfosi. L’ordinamento europeo condiziona fortemente la
funzione amministrativa ed in particolare il procedimento quale sua estrinsecazione9.
Sono proprio gli elementi essenziali dell’iter procedimentale ad essere completamente
trasfigurati dall’influenza, diretta e riflessa, dei principi comunitari che ne ridisegnano
struttura e finalità.
L’ordinamento italiano si è lentamente adeguato alla nuova prospettiva comunitaria
dei rapporti tra potere pubblico e situazioni soggettive individuali, nella quale il
momento della libertà dialoga ormai alla pari con il momento dell’autorità. Il diritto
amministrativo “da diritto dell’amministrazione diviene diritto sull’amministrazione,
nel senso che si impone ad essa in funzione dei diritti dei cittadini”(Cassese S.).
La tradizionale concezione statocentrica è sostituita dalla visione democratica e
pluralista della Costituzione del ’48, che viene successivamente a ricevere, grazie alle
spinte comunitarie, piena attuazione nella legge generale sul procedimento degli anni
Novanta. Invero la l. 241/90, fortemente pervasa dai principi della giurisprudenza
9
BENVENUTI F., Appunti di diritto amministrativo, op. cit., secondo cui il procedimento è “la forma
della funzione amministrativa”, ossia il meccanismo attraverso il quale “il potere si fa atto”.
!
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Capitolo Quinto
europea, accoglie, infatti, un nuovo modello “antropocentrico di rapporto giuridico fra
cittadino e amministrazione”10.
L’emersione degli interessi privati nel procedimento si attua mediante la
valorizzazione degli istituti partecipativi che rendono i c.d. amministrati coautori,
insieme all’amministrazione, delle scelte pubbliche11. Può dirsi pertanto quasi realizzato
l'auspicio di Benvenuti in ordine alla nascita di "un ordinamento amministrativo
paritario". Ma le innovatrici influenze comunitarie non si arrestano certo all’obiettivo
della partecipazione.
L’ordinamento europeo vuole innovare l’azione pubblica rendendola non solo più
democratica e partecipata, ma anche più celere ed efficace. Tali auspici vengono tradotti
dal legislatore italiano verso la fine del XX sec. in una serie di riforme amministrative
(legge generale sul procedimento, privatizzazioni degli enti pubblici, separazione tra
politica e amministrazione).
Ma è soprattutto la l. 241/90 ad esprimere quel cambio di paradigma del ruolo e della
funzione della P.A., fermamente voluto dall'ordinamento sovranazionale. Tale
metamorfosi è provocata dalla tracimazione dei principi comunitari nell'ordinamento
italiano. In particolare i principi della certezza del diritto, del giusto procedimento, di
proporzionalità, di tutela del legittimo affidamento hanno colmato le distanze siderali
10 SANNA TICCA E., Cittadino e pubblica amministrazione nel processo di integrazione europea. op.
cit.. Secondo l'autrice "il rapporto giuridico tra amministrazione pubblica e cittadino merita di essere
sottoposto a nuove riflessioni come conseguenza, da un lato, dell'evoluzione dell'ordinamento
comunitario che accoglie la tutela dei diritti del cittadino come principi e valori fondamentali e,
dall'altro, come effetto della più stretta integrazione tra il diritto amministrativo comunitario e i diritti
amministrativi nazionali". Sul ruolo della l. 241/90 vedasi CARTABIA M., La tutela dei diritti nel
procedimento amministrativo: la legge n. 241 del 1990 alla luce dei principi comunitari, op. cit.: "La
legge italiana sul procedimento amministrativo, presa nel suo complesso, rivela un disegno globale dei
rapporti tra società e pubbliche autorità, che indubbiamente tende a realizzare una maggiore
compenetrazione tra queste due entità. Basti pensare a titolo di esempio alle norme sull'accesso ai
documenti amministrativi, alla trasparenza che si vuole garantire attraverso le norme sui responsabili,
alla possibilità di stipulare accordi sostitutivi di provvedimenti ecc...(...) La legge sembra mirare
innanzitutto ad una maggiore democraticità-intesa in senso ampio-della pubblica amministrazione,
attraverso il riavvicinamento della autorità alla società".
11 Sulla valorizzazione dei principi del giusto procedimento, a seguito delle modifiche introdotte dalla
l. 15/2005 alla l. 241/90 CINTIOLI F., Nuovo procedimento amministrativo e principi costituzionali, in
Quad. cost. n. 3 del 2005, 648. GIARDINO E., Partecipazione al procedimento, in La nuova disciplina
dell'azione amministrativa, a cura di R. Tomei, Cedam, 2005.
!
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Capitolo Quinto
tra soggetto pubblico e soggetti privati in una nuova dialettica ispirata alla
compartecipazione e alla tendenziale paritarietà delle decisioni12.
Prova tangibile della rinnovata filosofia amministrativa si rinviene nella novella del
Titolo V (l. cost. 3 del 2001) che imprime un’accelerazione alle riforme in atto,
consacrando a livello costituzionale il principio di sussidiarietà orizzontale (art. 118 ult.
co. Cost.)13, specchio di una nuova visione delle relazioni tra il potere ed i destinatari
dell'azione amministrativa.
Tutto ciò ha consentito la transizione da “un rapporto fra istituzioni e cittadini di tipo
verticale, bipolare, gerarchico e unidirezionale ad una relazione orizzontale,
multipolare, paritaria e circolare; da un rapporto fondato sulla separazione ad una
relazione fondata sulla leale collaborazione tra pubblica amministrazione e privati”14.
La democratizzazione dell’azione amministrativa valorizza, così, il momento
dell’istruttoria procedimentale, quale luogo di confronto, acquisizione e ponderazione
dei fatti e degli interessi, pubblici e privati, primari e secondari in rilievo15. In questo
modo “al riconoscimento della cittadinanza politica inizia a seguire il riconoscimento
12
GRASSO O., I principi generali dell'attività amministrativa, in Il procedimento amministrativo, a
cura di M. Corradino, Giappichelli, Torino, 2010.
13
Sulla capacità del principio di sussidiarietà orizzontale di far transitare i cittadini "dal ruolo di utenti
a quello di cittadini attivi, responsabili e solidali" si rinvia a AA.VV., Il valore aggiunto. Come la
sussidiarietà può salvare l'Italia, a cura di Arena G.-Cotturri G., Carocci, 2010: "È il principio di
sussidiarietà orizzontale, che considera i cittadini come potenziali alleati delle istituzioni, disposti ad
introdurre nella sfera pubblica il valore aggiunto rappresentato dalle loro competenze, idee ed
esperienze".
14
D’ANGIOLILLO F., Accordi amministrativi e programmazione negoziata nella prospettiva del
potere discrezionale, op. cit.. In tema di collaborazione procedimentale anche TARULLO S., Il principio
di collaborazione procedimentale: solidarietà e correttezza nella dinamica del potere amministrativo, op.
cit.: "L'amministrazione nasce per collaborare con il cittadino, verso il quale deve istituzionalmente
assumere un atteggiamento di servizio che si traduce in prima istanza proprio nella valorizzazione del
suo ruolo partecipativo". In giurisprudenza, a titolo esemplificativo, Tar Liguria, sez. I, 18 marzo 2004, n.
267, in www.giustizia-amministrativa.it.
15
COTZA P., Potere autoritativo e modelli consensuali nel diritto dell'amministrazione pubblica,
Jovene, Napoli, 2007. Secondo l'autore "l'amministrazione riposte le vesti di sovrana (cui è connaturato
l'imporre) assume il ruolo più dimesso (ma consono alla sovranità popolare) di (attività di) servizio, cui è
connaturato lo scegliere. Ciò che si realizza, in più alto grado, nella sede procedimentale; con un
spostamento del baricentro dell'attività amministrativa dall'atto all'iter di elaborazione della decisione
(istruttoria intesa in senso lato)".
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Capitolo Quinto
(...) della cittadinanza amministrativa”16. Una cittadinanza che si compone di una
pluralità di situazioni giuridiche soggettive, tese a rafforzare il ruolo dell'individuo nei
confronti del potere.
L'integrazione europea esalta, dunque, l'amministrato quale titolare di situazioni
giuridiche soggettive nei confronti dell'autorità pubblica.
Tale assetto riceve un’ulteriore potenziamento nel 2005 con l'espresso rinvio da parte
della l. 241/90 ai principi comunitari quale parametro di legittimità dell’intera azione
amministrativa. L’art. 1, comma 1, infatti, testualmente recita: “l’attività
amministrativa…è retta…dai principi dell’ordinamento comunitario”. Il rinvio ai
principi dell’ordinamento europeo va inteso come un rinvio di tipo formale (o non
recettizio), quindi riferibile non solo a principi attuali (scritti e non), ma anche a principi
futuri17. La previsione non costituisce, però, una novità in senso assoluto, poichè un
richiamo ai principi comunitari, quale canone generale dell’azione amministrativa, era
già contenuto in precedenti disposizioni a carattere settoriale18.
L’importanza della nuova disposizione risiede, soprattutto, nell’estensione
dell’ambito applicativo dei principi europei, in virtù della loro inserzione nella legge
generale sul procedimento. Il legislatore italiano ha compiuto, infatti, una scelta
ordinamentale ben precisa: applicare i principi comunitari sempre e comunque anche in
16 L’espressione è di Cassese S. ed è ripresa da LONGOBARDI N., La legge n. 15/2005 di riforma
della l. n. 241 del 90: una prima valutazione, in www.giustamm.it. Più in generale sul tema della
cittadinanza e sui diritti ad essa connessi BELLAMY R.-PALUMBO A. (eds), Citizenship, Farnham,
Ashgate, 2010. LA TORRE M., Cittadinanza e ordine politico. Diritti, crisi della sovranità e sfera
pubblica: una prospettiva europea, Giappichelli, Torino, 2004.
17 Si tratta di un rinvio aperto, dinamico e flessibile che ricomprende tutti i principi comunitari sia
generali che settoriali. Dal rinvio, a rigore, rimarrebbero escluse le regole comunitarie le quali,
ciononostante trovano comunque applicazione in ambito amministrativo, imponendosi sulla normativa
nazionale eventualmente confliggente, in virtù dei principi del primato e dell'efficacia diretta
dell'ordinamento comunitario. In tema MASSERA A., I principi generali dell’azione amministrativa tra
ordinamento nazionale e ordinamento comunitario, op. cit..
18 Art. 1, comma 4, l. 10 ottobre 1990, n. 287, l’art. 56, comma 2, l. 142/1990–ora art. 192, comma 2,
d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267, l’art. 1, comma 1, l. 23 agosto 2004, n. 239, e l’art. 20, comma 8, l. 15
marzo 1997, n. 59, rispettivamente in tema di tutela della concorrenza, di contratti delle autonomie locali,
di sistema elettrico nazionale e di semplificazione dei procedimenti amministrativi.
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Capitolo Quinto
ambiti di rilievo esclusivamente nazionale19. Tali principi ricevono in questo modo
un’applicazione generalizzata che si estende all’intera azione della P.A. (e dei soggetti
ad essa equiparati), abbracciando tanto l’attività iure imperii quanto l'attività iure
privatorum.
La soggezione alla nuova legalità comunitaria sottopone le pubbliche potestà
nazionali ad un obbligo di attuazione dei principi dell’Unione europea. In primo luogo
l’amministrazione è chiamata ad implementare la disciplina comunitaria, cercando di
render compatibile il diritto interno ai dettami europei (interpretazione conforme) e, in
caso di insanabile contrasto, disapplicando la norma interna, e per taluni, anche l’atto
amministrativo, in conflitto. Si assiste, così, ad una attività interpretativa rivoluzionaria
e senza precedenti, inimmaginabile alla stregua dei tradizionali principi di stretta
legalità formale e di divisione dei poteri.
Avendo la maggior parte dei principi comunitari natura pretoria, la P.A. "è tenuta a
dare attuazione amministrativa anche alle sentenze interpretative della Corte di
giustizia, in relazione all’efficacia vincolante che deve essere ad esse attribuita; e ciò
non solo attraverso l’istituto della non applicazione della norma interna in contrasto
con il diritto comunitario come interpretato dalla Corte, ma anche attraverso
l’adozione di atti amministrativi che consentano di eliminare le situazioni di accertato"
conflitto con la normativa sovranazionale20.
In definitiva all'interno del sistema giuridico italiano la P.A. è vincolata nell'esercizio
della funzione all'osservanza dei principi generali dell'ordinamento comunitario scritti e
non. Principi che gradualmente ma inesorabilmente trasformano l'amministrazione da
"macchina dell'obbedienza" che impone dall'alto i propri comandi a corpo integrato
19
CERULLI IRELLI V., La nuova legge sul procedimento amministrativo, in Le nuove regole
dell’azione amministrativa, a cura di G. Sciullo, Bononia University Press, Bologna, 2006. Anche
BONOMO A., I principi dell'ordinamento comunitario relativi all'attività amministrativa, in AA.VV.,
Aspetti dell'attività amministrativa dopo la riforma della legge sul procedimento, a cura di D.
Mastrangelo, Aracne, Roma, 2006. Secondo l'autrice "l'inserimento dei principi dell'ordinamento
comunitario è un ulteriore sintomo della crisi del modello statuale, da tempo non più esclusivo
depositario della qualificazione giuridica, che vede incrinarsi un altro dei suoi baluardi: la regolazione
dell'esercizio del potere. L'esercizio del potere amministrativo nazionale, fino ad oggi tenuto, nelle
attività estranee alla competenza comunitaria, soltanto al rispetto della normativa interna, diventa
sindacabile anche per l'eventuale violazione dei principi del diritto comunitario".
20 ASTONE
F., Integrazione giuridica europea e giustizia amministrativa, op. cit..
!
!191
Capitolo Quinto
nella società civile, che agisce attraverso meccanismi di compliance su un piano di
tendenziale parità con gli amministrati.
5.2. L’evoluzione del principio di legalità da una concezione meramente formale
ad una nuova legalità di risultato
Agli inizi del XXI sec. può considerarsi ormai superato il vecchio modello
weberiano di amministrazione fondato sui dogmi della legalità formale, dell’autorità e
della gerarchia21. L’approccio antiformalistico e pragmatico, di matrice comunitaria, che
pervade in profondità il diritto amministrativo italiano, segna il tramonto degli idola fori
del positivismo giuridico22 e, segnatamente, del principio di legalità formale. Difatti è
oggi in via di affermazione una nuova forma di legalità, (o, meglio, legittimità), votata
al risultato, che assurge al ruolo di stella polare dell’azione amministrativa23.
Il tema si inquadra nel profondo processo di riforma che, a partire dagli anni Novanta
del XX sec., ha ridisegnato, secondo una filosofia manageriale-aziendalistica, l’azione
della P.A., disancorandola dai metodi burocratico-formali del passato.
In special modo la l. 241/90 assoggetta il procedimento amministrativo al rispetto, tra
gli altri, dei principi di economicità, efficacia, buon andamento, manifestando, così,
un’accentuata propensione al perseguimento del risultato piuttosto che all’osservanza
delle forme. Invero “all’interno di un panorama legislativo composito in cui si parla in
21
WEBER M., Economia e società, Vol. II, Edizioni di Comunità, Milano, 1961 (anno ed. orig.
1922).
22
Sulle tendenze antipositiviste in atto nel diritto amministrativo CIVITARESE MATTEUCCI S.,
Miseria del positivismo giuridico? Giuspositivismo e scienza del diritto pubblico, in Dir. pubbl. 2006,
685.
23
SPASIANO M.R., Funzione amministrativa e legalità di risultato, Giappichelli, Torino, 2003. BIN
R., Lo Stato di diritto, il Mulino, 2004. Secondo l’autore “molti ritengono che la legalità
dell’amministrazione sia un principio superato. In uno Stato prestazionale (è uno dei tanti appellativi
elargiti allo Stato sociale contemporaneo) non si possono imporre all’amministrazione i lacci e laccioli
del rispetto di regole sparse qua e là in un ordinamento legislativo complesso, ridondante e confuso, che
ne ritarderebbe e complicherebbe l’attività. L’amministrazione deve agire per progetti, per programmi,
per accordi, piuttosto che per atti formali; deve preoccuparsi dei risultati della propria azione, della sua
efficacia ed economicità, non del rispetto di schemi formali e di ritualità procedurali”.
!
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Capitolo Quinto
modo promiscuo di efficienza, efficacia, economicità e risultato”, quest'ultimo diviene
un “concetto in un certo senso riassuntivo degli altri”24.
Se, da un lato, una declinazione efficientistica del principio di buon andamento
consente di migliorare la funzione amministrativa intesa come servizio alla collettività,
dall’altro, si corre il rischio di sacrificare sull’altare del risultato il principio di legalità
formale, ossia l’osservanza del procedimento e delle sue regole25.
Il fascino della semplificazione reca in sé il pericolo di un potenziale pregiudizio per
quelle situazioni giuridiche soggettive che proprio le regole procedimentali hanno cura
di proteggere26. Infatti “non è condivisibile l’azione di quell’amministrazione che abbia
deciso pretermettendo i canoni della legittimità e le sue regole fondanti”27. Inoltre un
modus agendi che bypassi l'osservanza delle prescrizioni formali in funzione del
risultato, condurrebbe ad un decisionismo esasperato, lesivo dei valori partecipativi, e
dunque in conflitto con le stesse finalità che la legge sul procedimento mira a
conseguire.
La sede procedimentale deve essere, viceversa, luogo di sintesi e conciliazione delle
opposte esigenze della legalità formale e del risultato. Solo in questo modo l'esercizio
della funzione amministrativa può essere in grado di assicurare al meglio il
soddisfacimento degli interessi pubblici in rilievo.
24
ZITO A., Il risultato nella teoria dell’azione amministrativa, in Principio di legalità e
amministrazione di risultati, Giappichelli, Torino, 2004. Il risultato “impone dunque che l’azione
amministrativa si svolga secondo i canoni dell’efficienza e dell’efficiacia ossia con il migliore uso
possibile dei mezzi e delle risorse disponibili (l’efficienza) e con il grado maggiore di soddisfazione degli
obiettivi perseguiti ed in ultima analisi alle domande sociali (l’efficacia)”. Su questa definizione
concordano CAMMELLI M., Amministrazione di risultato, in Annuario AIPDA 2002, Milano, 2003.
IANNOTTA L., Previsione e realizzazione del risultato nella pubblica amministrazione: dagli interessi ai
beni, in Dir. amm., 1999. LANE J.E., L’evoluzione della pubblica amministrazione: dall’approccio
“amministrativo” all’approccio manageriale, in Probl. amm. pubbl., 1995, 537.
25
ROMANO TASSONE A., Sulla formula “amministrazione per risultati”, in Scritti in onore di Elio
Casetta, op. cit..
26
Sui pericoli di un’accentuata semplificazione procedimentale CASSESE S., La semplificazione
amministrativa e l’orologio di Taylor, in Riv. trim. dir. pubbl., 1998: "Le procedure amministrative hanno
implicazioni non esclusivamente produttive, perché servono a garantire diritti, o aspettative che non
possono essere misurati solo con l’orologio di Taylor".
27
MARENGHI E.M., Procedimenti e processualprocedimento, op. cit..
!
!193
Capitolo Quinto
Il concetto di amministrazione di risultato si afferma, in Italia, come detto, a partire
dagli anni Novanta del secolo scorso28, in un quadro di ristrutturazione dell’azione
pubblica all’insegna dell’efficienza, dell’efficacia e della economicità29.
La formula amministrazione di risultato “esprime ormai un vero e proprio nucleo
normativo, di valore propriamente costituzionale, alla cui stregua ci si propone di
inquadrare e risolvere la disciplina positiva dell’intero diritto amministrativo
italiano”30. La logica del risultato permea oramai l’intera azione pubblica31, donde la
profonda rivisitazione di tecniche e modalità dell’agire amministrativo32.
28
ROMANO TASSONE A., Sulla formula “amministrazione per risultati”, in Scritti in onore di Elio
Casetta, op. cit.. In realtà, come fa notare l’autore, l’espressione amministrazione per risultati viene
introdotta negli anni Sessanta del secolo scorso da Giannini in contrapposizione alla c.d. amministrazione
per atti, con un significato descrittivo, dunque, ben diverso da quello assunto a partire dagli anni Novanta.
29
SICILIANO F., La legalità amministrativa (comunitaria e interna) e certezza del diritto: riflessi sui
rapporti amministrativi e istituzionali, op. cit.. SALVATORE P., I nuovi orizzonti del principio di legalità,
in Cons. Stato, 2006, III, 1621. Secondo l’autore il concetto di legalità, dilatatosi a dismisura nel corso dei
decenni, non va inteso più solo "come primato della legge e come legittimazione necessaria all’esercizio
della funzione amministrativa (legalità formale)", bensì deve essere concepito "come garanzia di rispetto
dei valori sostanziali derivanti dalla previa conformazione, nei contenuti e negli effetti, dello svolgimento
della funzione amministrativa (legalità sostanziale)".
30
ROMANO TASSONE A., Sulla formula “amministrazione per risultati”, in Scritti in onore di Elio
Casetta, op. cit., secondo cui il raggiungimento del risultato sarebbe la più tangibile concretizzazione del
principio del buon andamento (art. 97 Cost.).
31
IANNOTTA L., Previsione e realizzazione del risultato nella pubblica amministrazione: dagli
interessi ai beni, op. cit.. D’ORSOGNA M., Teoria dell’invalidità e risultato, in Principio di legalità e
amministrazione di risultati, op. cit.: "Il risultato opera non solo come il principale elemento di
conformazione e funzionalizzazione dell’operato della pubblica amministrazione verso il soddisfacimento
delle istanze sociali; ma anche, e soprattutto, come criterio direttivo nella interpretazione delle regole (di
tutte le regole che compongono il sistema normativo), al fine di individuare quella da applicare nella
fattispecie concreta. In altri termini: il risultato opera come criterio per sciogliere in una visione
teleologica la tensione tra prescrizioni, che, nel (solo) tenore letterale, legittimerebbero (la vigenza di) un
assetto di interessi inaccettabile dal punto di vista della giustizia sostanziale".
32
ZITO A., Il risultato nella teoria dell’azione amministrativa, in Principio di legalità e
amministrazione di risultati, op. cit.: Secondo l’autore l’amministrazione di risultato detta “una profonda
rivisitazione delle tradizionali tecniche interpretative: si attenua in primo luogo la gerarchia dei criteri
interpretativi contenuti nelle preleggi; si complica il processo decisionale perché esso deve avvenire
miscelando con prudenza norme e fatti concreti; infine (...) il risultato può essere controllato sulla base di
criteri diversi rispetto al controllo di legittimità, non già in un’ottica di esclusione dell’un controllo
rispetto all’altro, ma in un’ottica di complementarietà”.
!
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Capitolo Quinto
Se in passato veniva considerato elemento esterno all’atto e ai suoi effetti giuridici33,
oggi il risultato è inglobato nel principio di legalità come parametro di valutazione
dell’esercizio del potere34. Il risultato diviene criterio orientativo della funzione
discrezionale e bussola per l’interprete in vista della scelta maggiormente satisfattiva
tanto dell'interesse pubblico quanto degli interessi privati35. L’amministrazione deve
essere, dunque, performance-oriented, anche perchè gli amministrati pretendono da essa
risultati concreti. Si registra, infatti, una vera e propria "pretesa del cittadino ad una
amministrazione di risultato" (Sanna Ticca E.)
È evidente, allora la svolta epocale che sta trasformando la legalità "da presidio
giuridico dell’azione amministrativa in parametro di valutazione (...)sostanziale dai
connotati economico-aziendali"36.
La nuova legalità amministrativa incentrata sul risultato risente profondamente
dell'influenza dei principi comunitari, che hanno ribadito la centralità delle prerogative
del civis coinvolto nell'esercizio del potere. La tradizionale legalità formale viene
scalzata da una diversa legalità teleologicamente deputata ad assicurare agli
amministrati la realizzazione dei beni della vita cui essi aspirano37.
33 CERULLI IRELLI V., Invalidità e risultato amministrativo, in Principio di legalità e
amministrazione di risultati, Giappichelli, Torino, 2004. Nonostante il risultato tenda tradizionalmente a
coincidere con una trasformazione del mondo materiale conseguente all’effetto giuridico, identificandosi
in un quid di esterno all’atto, “vi sono tuttavia dei casi, emersi nell’esperienza recente e correttamente
evidenziati in dottrina, in cui la considerazione del risultato si può tradurre anche in un requisito di
legittimità dell’azione amministrativa”.
34
SPASIANO M.R., Funzione amministrativa e legalità di risultato, op. cit.: "Il mancato
perseguimento di un risultato costituisce di per sé esercizio illegittimo dell’azione. Il risultato, infatti, non
si colloca fuori né in posizione posticipata rispetto all’esercizio della funzione amministrativa. Al
contrario esso la permea e la connota".
35
In proposito osserva SANNA TICCA E., Cittadino e pubblica amministrazione nel processo di
integrazione europea, op. cit., che "la lettura dell'art. 1 della legge 241/90 permette di configurare
l'azione amministrativa come attività volta all'ottimizzazione dei risultati quasi in un'ottica di gestione
aziendale e nella prospettiva di un'amministrazione di spettanza".
36
SORICELLI G., Considerazioni sulla class-action amministrativa nella amministrazione di
risultato, in www.giustamm.it, 2011.
37
PASTORI G., La disciplina generale dell'azione amministrativa, in www.astrid-online.it, 2002:
"Gli scopi a cui l'amministrazione è ordinata corrispondono ad altrettanti interessi, utilità, beni della vita
del cittadino".
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Capitolo Quinto
La legalità si orienta, così, al soddisfacimento delle pretese individuali in un sistema
nel quale viene assicurata la "supremazia del risultato rispetto alla pura conformità
procedurale dell'agire amministrativo" (Allegretti U.). Sia il potere sia l'interesse
pubblico, oggi, vivono un incessante dialogo con le libertà individuali, in una rinnovata
visione antropocentrica dell'agere publicum, in cui l'amministrazione svolge sempre più
un'attività strumentale e di servizio, divenendo responsabile verso i cives dei risultati
della propria azione.
5.2.1. Le illegittimità non invalidanti ex art. 21-octies
Nel quadro di una concezione della legalità votata al risultato, ben si inserisce
l'istituto delle illegittimità non invalidanti. La figura, introdotta con l’inserimento
dell’art. 21-octies, ad opera della novella del 2005, nel corpus della l. 241/9038, si
colloca nell’alveo di una nuova filosofia performance-oriented che investe tanto il
procedimento quanto il processo amministrativo.
38
Sulla distinzione tra vizi formali e vizi sostanziali e sulla nuova figura delle illegittimità non
invalidanti si rinvia, senza pretesa di esaustività, a ROMANO TASSONE A., Vizi formali e vizi
procedurali, in www.giustamm.it. FRACCHIA F.–OCCHIENA M., Teoria dell’invalidità dell’atto
amministrativo e art. 21–octies, l. 241/1990: quando il legislatore non può e non deve, in
www.giustamm.it. MORBIDELLI G., Invalidità e irregolarità, in AIPDA, Annuario 2002, Milano, Giuffrè,
2003. TRIMARCHI BANFI F., Illegittimità e annullabilità del provvedimento amministrativo, in Dir. proc.
amm., n. 2 del 2003. LUCIANI F., Il vizio formale nella teoria dell'invalidità amministrativa, Giappichelli,
Torino, 2003. FERRARA L., La partecipazione tra illegittimità e illegalità. Considerazioni sulla disciplina
dell’annullamento non pronunciabile, in Dir. amm. 2008, 103. POLICE A., L'illegittimità dei
provvedimenti amministrativi alla luce della distinzione tra vizi c.d. formali e vizi sostanziali, in Dir.
amm., n. 4 del 2003. CERULLI IRELLI V.-DE LUCIA L. (a cura di), L’invalidità amministrativa, op. cit..
NAZZARO D., Illegittimità non invalidante dell’atto amministrativo e motivazione postuma: la positiva
metamorfosi del g.a., in www.giustizia-amministrativa.it. AA.VV., Vizi formali, procedimento e processo
amministrativo, a cura di Parisio V., Giuffrè, Milano, 2004. CHINÈ G., L'art. 21 octies, comma 2, l. n.
241/1990 nel diritto vivente, in www.giustizia-amministrativa.it. SORRENTINO G., Spunti di riflessione
per una applicazione vincolata del comma 2 dell’art. 21-octies della legge n. 241/90, Scritti in onore di
Spagnuolo Vigorita, in www.giustamm.it. BERGONZINI G., Art. 21-octies della legge n. 241 del 90 e
annullamento d’ufficio dei provvedimenti amministrativi, in Dir. amm. 2007, 231.
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Capitolo Quinto
Invero la logica del perseguimento del risultato, attraverso la dequotazione dei vizi
meramente formali, pervade con intensità crescente il metodo amministrativo,
favorendo un’osmosi tra momento procedimentale e momento processuale39.
Con la codificazione delle forme di invalidità dell'atto amministrativo, il legislatore
del 2005, ispirandosi all’ordinamento tedesco40, ha inteso preservare il provvedimento
dall’annullamento giurisdizionale in presenza di vizi esclusivamente formali,
precludendo, così, l’effetto invalidante di quelle violazioni di legge ininfluenti sul
contenuto dell’atto.
L’art. 21-octies accoglie, pertanto, una concezione sostanzialistica dell’invalidità del
provvedimento rispetto alle violazioni meramente procedimentali. La dequotazione dei
c.d. vizi formali, foriera in passato di annullamenti, inutili e costosi, testimonia
l’abbandono del formalismo di matrice positivista e l’ingresso del diritto
amministrativo, sia sul versante procedimentale che su quello processuale, nella
rinnovata logica efficientistica del risultato. La legge ha voluto, dunque, porre un freno
a taluni fenomeni degenerativi di iperformalismo e iperpartecipazione41, attraverso
l'elaborazione di una disposizione normativa complessa (l’art. 21-octies) che si articola
in due distinti precetti:
a) l'uno dedicato ai c.d. vizi formali e procedimentali negli atti vincolati;
39
Contra MARENGHI E.M., Procedimenti e processualprocedimento, op. cit.. L'autore critica
l'impropria commistione tra procedimento e processo, trattandosi di istituti diversi per struttura e finalità.
Il procedimento è espressione, infatti, di una funzione di amministrazione attiva che si svolge attraverso
l'acquisizione e la valutazione discrezionale degli interessi pubblici e privati coinvolti dall'esercizio del
potere. Il processo costituisce, al contrario, una attività di giudizio. “Giudicare significa, prevalentemente,
tutela vincolata degli interessi, in base a parametri normativi prefissati, esercitata secondo una terzietà
impermeabile, poco connotata in senso discrezionale”. Inoltre “al procedimento appartiene la funzione
primaria di assicurare una decisione, assunta nella legittimità. Al processo è rimesso il controllo, affidato
ad un soggetto terzo, sulla legittimità della decisione, per garantire l’interesse pieno alla legittimità”.
Proprio a causa di tale diversità ontologica, procedimento e processo dovrebbero rimanere distinti e
separati, con esclusione di qualsivoglia improvvida commistione.
40
CHINÈ G., L'art. 21 octies, comma 2, l. n. 241/1990 nel diritto vivente, op. cit.. Secondo l'autore
l’art. 21-octies l. 241/90 trarrebbe ispirazione dall’art. 46 della legge tedesca sul procedimento
amministrativo (Verwaltungsverfahrengesetz) del 25 maggio 1976, secondo la quale l’annullamento del
provvedimento non può essere preteso per la mera violazione di prescrizioni procedimentali, formali e
sulla competenza territoriale, laddove non sia possibile assumere un'altra decisione.
41
MARENGHI E.M., Procedimenti e processualprocedimento, op. cit.: "Ci si è accorti che si è
partecipato troppo e in troppi modi".
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Capitolo Quinto
b) l'altro rivolto a quel particolare vizio costituito dall'omessa comunicazione di
avvio del procedimento nell’alveo dei provvedimenti discrezionali e non.
Con riferimento agli atti vincolati in caso di vizi formali o procedimentali, si prevede
che il provvedimento non sia annullabile quando ricorrano contemporaneamente i
seguenti elementi:
1) violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti;
2) natura vincolata del provvedimento;
3) palese manifestazione che il contenuto dispositivo dell'atto non avrebbe potuto
essere diverso da quello in concreto adottato.
In particolare si introduce un vincolo legale al potere di annullamento ope iudicis, in
quanto ove il giudice amministrativo ritenga che i suddetti vizi non incidano sul
contenuto dell’atto e che l’amministrazione avrebbe potuto adottare solo quel
provvedimento (c.d. alternativa di diritto), non potrà disporne l’annullamento.
In relazione al secondo inciso del comma II dell’art. 21-octies, esso concerne un
tipico vizio procedimentale (violazione dell'obbligo di avvio del procedimento) e
prevede che l'atto non sia annullabile “qualora l'amministrazione dimostri in giudizio
che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in
concreto adottato”. Quest'ultima ipotesi non risulta circoscritta all’attività vincolata,
estendendosi anche all’attività discrezionale42. Pertanto in tale fattispecie, al fine di
scongiurare la caducazione giurisdizionale dell’atto, la P.A. ha l'onere di provare in
giudizio che l’eventuale apporto collaborativo del privato sarebbe stato irrilevante e
ininfluente ai fini del contenuto dispositivo del provvedimento (c.d. alternativa di fatto).
L’art. 21-octies mira a scongiurare che ogni violazione di legge si traduca sempre
nell’annullamento dell’atto impugnato, che in questi casi rappresenterebbe per il
ricorrente una "vittoria di Pirro" inutile e costosa, in quanto l'amministrazione, in sede
di riesercizio della funzione, potrebbe emanare un atto del medesimo contenuto, sia
pure emendato dei vizi formali. In questa ipotesi, pertanto, la caducazione del
42
Cons. Stato, sez. V, 19 giugno 2009, n. 4031, in www.giustizia-amministrativa.it.
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Capitolo Quinto
provvedimento non assicurerebbe nè il buon andamento dell’azione pubblica né una
protezione adeguata al cittadino, in spregio agli artt. 97 e 111 Cost.43.
Il legislatore della novella ha, dunque, voluto superare gli eccessivi formalismi del
principio di legalità a beneficio di un sindacato sostanziale sulla legittimità degli atti,
funzionale ad una tutela piena ed effettiva dell'amministrato, che salvaguardi al
contempo l’economicità e l’efficienza dell'azione amministrativa.
La disciplina dell’art. 21-octies dimostra come l’idea del risultato permei oramai
tanto il procedimento quanto il processo44. Il II co. della disposizione contempla alcune
ipotesi nelle quali, nonostante l'illegittimità dell’atto45, è preclusa al giudice l'emissione
di una pronuncia di annullamento, qualora all’esito di una verifica ex post ed in
concreto, egli accerti che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere
diverso, anche a fronte della partecipazione dell’interessato o dell’osservanza delle
prescrizioni formali46. Trattasi, dunque, di un giudizio diverso da quello in tema di
irregolarità47, in quanto successivo, di natura processuale e ad esito incerto (in quanto
43
Cons. Stato, sez. VI, 9 febbraio 2007, n. 528, in www.giustizia-amministrativa.it. È preferibile,
secondo i giudici amministrativi, un’interpretazione che depuri dalle formalità il rapporto cittadino-P.A. e
che, pur non disconoscendo la natura impugnatoria del giudizio amministrativo, sposti l’attenzione anche
sul rapporto sostanziale sottostante, vale a dire sullo scontro autorità-libertà e sui suoi contenuti che
presiedono alla decisione in ordine alla pretesa del cittadino nei confronti della amministrazione.
44
Ex plurimis Tar Catanzaro, sez. II, 13 marzo 2006, n. 283. Tar Lombardia, sez. II, 18 luglio 2007, n.
3351. Tar Campania, sez. VII, 20 novembre 2007, n. 8943. Tar Lazio, sez. I Ter, 23 febbraio 2007, n.
1625, in www.giustizia-amministrativa.it.
45
La disciplina dei vizi non invalidanti postula l'illegittimità dell'atto e ciò sarebbe confermato dal
potere della P.A. di rimuovere il provvedimento nell’esercizio dei suoi poteri di autotutela. La limitazione
legislativa concerne esclusivamente il potere di annullamento giurisdizionale, determinando una sanatoria
processuale dell’atto amministrativo allorchè il giudice accerti la ricorrenza delle condizioni previste
dall’art. 21-octies II co. l. 241/90. In giurisprudenza Cons. Stato, sez. VI, 17 ottobre 2006, n. 6194, in
www.giustamm.it.
46
Si tratta della prova di resistenza dell'id quod non est, che l'amministrazione ha l'onere di fornire in
giudizio per evitare la caducazione giurisdizionale del provvedimento. In altri termini la P.A. è tenuta a
dimostrare che anche l'osservanza delle regole o la partecipazione dell'interessato non avrebbe modificato
il contenuto del provvedimento.
47
Sulle differenze tra la figura dell’irregolarità e la figura delle illegittimità non invalidanti si rinvia a
CARINGELLA F., Manuale di diritto amministrativo, op. cit.. Si veda anche PEPE G., Il principio di
conservazione degli atti giuridici con particolare riguardo alla attività amministrativa, in
www.giustamm.it, 2009.
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Capitolo Quinto
può condurre tanto all’annullamento giurisdizionale dell’atto quanto alla sua
conservazione).
Si determina in questo modo una rivisitazione delle tecniche tradizionali del processo
e dei poteri del giudice amministrativo, nella rinnovata prospettiva di un giudizio non
più circoscritto all'atto, ma sempre più esteso alla cognizione del rapporto
intersoggettivo controverso48 nonchè dell'intera gamma degli interessi ad esso sottesi.
5.3.Il sindacato del giudice sulla violazione del principio di proporzionalità
nell’azione amministrativa
Il principio di proporzionalità, quale misura dell'esercizio del potere discrezionale, è
divenuto in questi ultimi anni un leit motiv delle pronunce del giudice amministrativo
che ad esso si richiamano con sempre maggior frequenza nell'attività di sindacato
dell'azione pubblica.
Pur aleggiando da sempre in ambito amministrativo49, il principio di proporzionalità
ha raggiunto gli attuali sviluppi per merito della giurisprudenza comunitaria che ne ha
definito i principali caratteri, funzionalizzandolo alla tutela delle situazioni soggettive
individuali. Alla stregua degli altri principi non scritti, coniati dalla Corte di giustizia, il
48 Tar Campania, sez. VII, 11 luglio 2007, n. 8943, in www.giustizia-amministrativa.it. Secondo il Tar
"in caso di attività vincolata, per effetto della generale dequotazione dei vizi procedimentali e formali
prodotta dalla regola del raggiungimento dello scopo il giudice amministrativo è oggi chiamato a
conoscere della legittimità complessiva dell’azione amministrativa, ossia–volendo utilizzare una formula
più esplicita–che l’oggetto del processo amministrativo non è più costituito dalla legittimità del
provvedimento impugnato (nei limiti delle censure dedotte dal ricorrente), ma dal rapporto pubblicistico
tout court". In senso conforme Tar Campania, sez. IV, 20 novembre 2006, n. 9984. Tar Salerno, sez. I, 4
maggio 2005, n. 760. Tar Pescara, 13 giugno 2005, n. 394, in www.giustizia-amministrativa.it.
49
Il principio di proporzionalità è da sempre presente nel sistema amministrativo italiano, pur se in
forme talora larvate o abbinato ad altri principi. In proposito ROMAGNOSI G.D., Principi fondamentali
di diritto amministrativo onde tesserne le instituzioni, III ed., Prato, 1835 (I ed., Parma, 1814).
SPAVENTA S., Discorso per l’inaugurazione della IV sez. del Consiglio di Stato, a cura di R. Ricci, in
Riv. dir. pubbl. e della p.a. in Italia, 1909, 308. CAMMEO F., Commentario delle leggi della giustizia
amministrativa, Milano, 1911. VITTA C., Diritto amministrativo, Torino, 1933. SPAGNUOLO
VIGORITA V., Eccesso di potere per sproporzionata gravosità dei vincoli imposti alla proprietà privata,
in Riv. giur. ed., 1958, I, 626.
Il principio di proporzionalità è vissuto per decenni nell'oblio, attirando le attenzioni della dottrina
italiana solo a partire dagli anni Novanta del secolo scorso. Tra i principali studi in materia VIPIANA
P.M., Introduzione allo studio del principio di ragionevolezza nel diritto pubblico, Padova, 1993.
GALETTA D.U., Principio di proporzionalità e sindacato giurisdizionale nel diritto amministrativo, op.
cit.. SANDULLI A., La proporzionalità dell’azione amministrativa, op. cit.. COGNETTI S., Principio di
proporzionalità. Profili di teoria generale e di analisi sistematica, op. cit..
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Capitolo Quinto
principio di proporzionalità è norma immediatamente precettiva nei confronti sia delle
istituzioni comunitarie sia delle autorità nazionali (amministrative e giurisdizionali)50.
Per quanto concerne l'ordinamento italiano, non è esistito "sino agli anni Novanta,
un vero e proprio test di proporzionalità" (Galetta D.U.) ed il sindacato sul principio in
esame, confondendosi con il generico e indeterminato giudizio di ragionevolezza,
apriva voragini nella tutela del cittadino vessato dagli atti autoritativi del pubblico
potere. Il civis, infatti, leso da misure sproporzionate dell'autorità, in rare ipotesi
otteneva la caducazione del provvedimento, a causa di un sindacato giurisdizionale
poco incisivo.
Gradualmente, sotto la spinta del diritto comunitario, il principio di proporzionalità è
venuto ad acquisire struttura e contenuti autonomi rispetto ad altri principi, in primis la
ragionevolezza, divenendo uno dei più importanti canoni di legittimità dell’azione
pubblica51.
Il criterio de quo costituisce, infatti, uno degli strumenti più incisivi, e talvolta
invasivi, cui il giudice amministrativo ricorre nel vagliare l’attività dei pubblici poteri.
Si è osservato, in proposito, come il sindacato di proporzionalità sia "potenzialmente
suscettibile di comprimere pesantemente la discrezionalità amministrativa; il principio
potrebbe consegnare al giudice le chiavi dell’azione amministrativa, rendendo l’organo
giudiziario un vero e proprio protagonista del gioco, anziché un custode del rispetto
delle regole"52.
Alle declinazioni interpretative del principio, effettuate della Corte di giustizia, sono
di regola tenuti ad ispirarsi i giudici nazionali, anche se frequentemente si assiste ad
applicazioni domestiche in parte difformi o di intensità ridotta. Non sempre, infatti, il
50
BUOSO E., Alcuni recenti sviluppi sul principio di proporzionalità nella giurisprudenza
amministrativa in materia di patrimonio culturale, in www.giustamm.it, 2011. CASALINI D., Il
sindacato di proporzionalità sulle deroghe nazionali alla libera circolazione delle merci disposte per
ragioni di tutela ambientale, in Foro amm. Cons. Stato, 2006, 25. MARTINICO G., Il principio
costituzionale di proporzionalità nella “complessa” dialettica comunitaria, in Dir. pubbl. comp. eu.,
2005, 1474. RUBINO V., La giurisprudenza della Corte di giustizia CE fra “precauzione” e
“proporzionalità”: note a margine della sentenza F.lli Bellio, in Dir. com. sc. int., 2004, 507.
51
Cons. Stato, sez. V, 14 aprile 2006, n. 2087, in www.giustizia-amministrativa.it.
52
BUOSO E., Alcuni recenti sviluppi sul principio di proporzionalità nella giurisprudenza
amministrativa in materia di patrimonio culturale, op. cit..
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Capitolo Quinto
rigoroso metodo “trifasico” di matrice tedesca53, impostato sui canoni della idoneità,
necessarietà ed adeguatezza viene seguito in modo univoco e rigoroso54.
Nell’ordinamento italiano l’art. 1 l. 241/90, nell’affermare esplicitamente che
l’attività amministrativa è retta dai principi del diritto comunitario, non annovera
espressamente la proporzionalità tra i canoni di legittimità dell’agere publicum.
Ciononostante è pacifica la sua appartenenza alla categoria dei principi
dell’ordinamento comunitario55 e dunque anche dell’ordinamento italiano.
Inoltre l’espresso rinvio dell'art. 1 rende applicabile il principio di proporzionalità,
nella sua accezione sovranazionale, ad ogni forma di azione amministrativa, sia nelle
materie di competenza comunitaria sia in quelle di esclusiva pertinenza nazionale, tanto
nell’attività iure imperii quanto in quella iure privatorum.
Il legislatore ha, dunque, accolto il principio di proporzionalità senza averne, però,
definito contenuti, finalità ed ambito operativo. È rimesso, pertanto, all’interprete il
compito di scandagliarne struttura e modalità applicative.
Come accennato, il principio de quo non ha ricevuto in passato un'autonoma
sistemazione dogmatica, venendo spesso confuso con altri principi quali ad esempio il
principio di ragionevolezza, in un clima di ambiguità e incertezze56. La giurisprudenza
maggioritaria considera oggi in modo autonomo e differente i due principi. Mentre “la
53
L’espressione “triplice gradazione” (in tedesco Dreistufigkeit) è utilizzata da STERN K., Das
Staatsrecht der Bundesrepublik Deutschland–Grundbegriffe und Grundlagen des Staatsrechts,
Strukturprinzipien der Verfassung, I vol., Munchen, 1984, 866.
54
Il principio di proporzionalità comunitaria a volte sembra composto dalla sola idoneità e
necessarietà, in quanto la Corte di giustizia spesso tende ad omettere il canone dell’adeguatezza. Si
vedano in proposito Cgce, 7 luglio 2009, in causa C-558/07, The Queen, in www.eur-lex.europa.eu. Cgce,
14 dicembre 2004, in causa C-434/02, Arnold, in www.eur-lex.europa.eu.
55
In giurisprudenza si segnalano Cons. Stato, sez. V, 19 giugno 2009, n. 4035. Tar Abruzzo, Pescara,
sez. I, 30 marzo 2010, n. 215, in www.giustizia-amministrativa.it. In dottrina CASETTA E., Manuale di
diritto amministrativo, op. cit.. DE ROBERTO A., L’attività pubblicistica dell’amministrazione. La
disciplina della legge generale sull’azione amministrativa 7 agosto 1990, n. 241 fino alle ultime
innovazioni introdotte dalla legge 18 giugno 2009, n. 69, Giappichelli, Torino, 2010. MASSERA A., I
principi generali dell’azione amministrativa tra ordinamento nazionale e ordinamento comunitario, op.
cit.. BASSANI M.–ITALIA V., Commento all’art. 1 comma 1, l. n. 241 del 90, in M.A. Sandulli e al.,
L’azione amministrativa: commento alla L. 7 agosto 1990, n. 241, modificata dalla L. 11 febbraio 2005,
n. 15 e dal D.L. 14 marzo 2005, n. 35, Milano, 2005.
56
PARISIO V., Principio di proporzionalità e giudice amministrativo italiano, in Nuove autonomie,
2006, 726.
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Capitolo Quinto
ragionevolezza attiene al bilanciamento qualitativo degli interessi (plausibilità e
giustificabilità di esso), la proporzionalità riguarda il bilanciamento quantitativo ossia
la misura concreta del potere esercitato”57.
In particolare, grazie all’influenza del diritto comunitario, il sindacato
giurisdizionale sulla proporzionalità delle scelte amministrative si è potenziato,
divenendo uno dei più incisivi strumenti di controllo della legittimità dell'agere
publicum58. L'organo giurisdizionale è, infatti, deputato ad accertare la conformità del
provvedimento ai canoni comunitari della idoneità, necessarietà e proporzionalità in
senso stretto59. Dunque il sindacato di legittimità del giudice amministrativo dovrebbe
estrinsecarsi, normalmente, nella verifica dei tre test conformemente alla declinazione
tedesca e comunitaria del principio.
Tuttavia, a fronte dell'orientamento giurisprudenziale che si avvale del controllo
trifasico dei tre gradini, si rinvengono molteplici pronunce nelle quali i giudici
amministrativi circoscrivono la verifica di proporzionalità al solo requisito della
necessarietà, intesa quale scelta del mezzo più mite (che realizzi l’interesse pubblico
con il minor sacrificio possibile per l'interesse privato)60.
Nell'alveo dei tre parametri ad esser maggiormente incisivo è, soprattutto, il
requisito della adeguatezza o proporzionalità in senso stretto, sulla scorta del quale il
57
Tar Campania, Salerno, sez. II, 16 aprile 2010, n. 3933, in www.giustizia-amministrativa.it.
Secondo i giudici amministrativi la proporzionalità “presupponendo già una scelta qualitativamente
ragionevole, ne è parametro di legittimità sotto il profilo quantitativo, riferendosi alla necessità che la
scelta sia concretamente posta in essere con l’esercizio di una quantità di potere che sia idonea al
perseguimento dell’interesse pubblico con il minor sacrificio per il contrapposto interesse privato che ne
è inciso”.
58
Ex plurimis Cons. Stato, sez. V, 22 marzo 2005, n. 1195. Tar Lazio, sez. I, 27 febbraio 2007, n.
1748. Tar Lazio, sez. I, 4 gennaio 2008, n. 43, in www.giustizia-amministrativa.it.
59
Tale controllo ha interessato in special modo l’azione amministrativa con riferimento ai vincoli
imposti al patrimonio culturale. Sul punto Tar Lazio, sez. II quater, 17 giugno 2010, n. 18488. Tar
Lombardia, sez. III, 3 marzo 2010, n. 531, in www.giustizia-amministrativa.it. Per un’analisi di siffatte
pronunce, alla luce del principio di proporzionalità, si rinvia a BUOSO E., Alcuni recenti sviluppi sul
principio di proporzionalità nella giurisprudenza amministrativa in materia di patrimonio culturale, op.
cit.. LIGUGNANA G., Principio di proporzionalità e integrazione tra ordinamenti. Il caso inglese e
italiano, op. cit..
60 A titolo
esemplificativo Tar Puglia, 7 luglio 2010, n. 1698. Tar Trento, sez. I, 8 luglio 2010, n. 169.
Tar Lombardia, sez. I, 26 febbraio 2010, n. 985, in www.giustizia-amministrativa.it.
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!203
Capitolo Quinto
giudice è chiamato ad accertare, una volta acclarata la sussistenza dei requisiti di
idoneità e necessarietà, la proporzionalità della misura, previa ponderazione degli
effetti sfavorevoli per il destinatario con gli effetti favorevoli per l’interesse pubblico.
In tale aspetto del controllo giudiziale si annida il rischio che la verifica di legittimità
tracimi in un controllo di merito sostitutivo della scelta amministrativa, in spregio del
principio di divisione dei poteri61. Ecco perchè, tradizionalmente il giudice
amministrativo, al fine di scongiurare indebite sostituzioni nella sfera riservata alla
P.A., ha verificato la legittimità dell'esercizio del potere sulla falsariga del sindacato
sulle figure sintomatiche dell'eccesso di potere62.
Lo scrutinio di proporzionalità è divenuto nel corso dei decenni sempre più intenso e
penetrante, anche per merito dell'autonomia concettuale assunta dal principio. In questo
modo il canone di proporzionalità viene a configurarsi oggi quale distinto indice
sintomatico dell'eccesso di potere. Infatti nell'esercizio della funzione pubblica il
principio si colloca al centro del sindacato sulla discrezionalità amministrativa63, dato
che ogni sua violazione è sintomo di cattivo esercizio del potere.
Nell’alveo di una progressiva democratizzazione delle attività pubbliche, il principio
di proporzionalità è destinato ad assicurare una tutela maggiormente satisfattiva al
cittadino: a monte, imbrigliando lo svolgimento della funzione amministrativa.
mediante apposite regole di conformazione; a valle ampliando l'area del sindacato
giurisdizionale sulle violazioni perpetrate dalla pubblica autorità. In tal modo le
61 A riguardo
il supremo Consesso di giustizia amministrativa (Cons. Stato, sez. IV, 9 ottobre 2010, n.
7383, in www.giustizia-amministrativa.it), in tema di sanzioni disciplinari afferma: "Il principio di
proporzionalità consiste in un canone legale di raffronto che (...) non consente di controllare il merito
dell’azione amministrativa". Inoltre "il sindacato giurisdizionale non può spingersi ad un punto tale da
sostituire l’apprezzamento dell’organo competente con quello del giudice, valutando l’opportunità del
provvedimento adottato, ovvero individuando direttamente le misure ritenute idonee".
62 Sulla riconducibilità del principio di proporzionalità alla sintomatologia dell'eccesso di potere
COGNETTI S., Principio di proporzionalità. Profili di teoria generale e di analisi sistematica, op. cit..
BUONFINO A., Il "servitore infedele". Notazioni sistematiche sulla proporzionalità delle sanzioni
disciplinari tra canone di ragionevolezza e prestigio istituzionale, Nota a Cons. Stato, sez. IV, 15
settembre 2010, n. 6877, in Dir. proc. amm., n. 2 del 2012.
63 Sul principio di proporzionalità quale strumento di sindacato dell'esercizio della funzione
discrezionale, ex multis, Tar Lazio, Roma, sez. III, 18 ottobre 2006, n. 10485, in Foro amm., 2006. Cons.
Stato, sez. IV, 5 luglio 2010, n. 4246. Tar Abruzzo, Pescara, sez. I, 25 giugno 2010, n. 730. Cons. Stato,
sez. IV, 5 marzo 2010, n. 1274. Tar Puglia, Lecce, sez.I, 10 febbraio 2010, n. 531. Tar Veneto, Venezia,
sez. III, 2 gennaio 2009, n. 6, in www.giustizia-amministrativa.it.
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!204
Capitolo Quinto
situazioni soggettive individuali ne escono rafforzate tanto in sede procedimentale
quanto in ambito processuale.
In ordine all'ampiezza e ai caratteri del potere di controllo del giudice, va detto in
primo luogo come l’eccesso di potere, quale vizio della funzione amministrativa64,
rappresenti il terreno privilegiato per misurare, attraverso il parametro della
proporzionalità, l'incidenza del sindacato giurisdizionale sui provvedimenti
amministrativi. Infatti il cattivo uso della discrezionalità è spesso evidenziato
dall'adozione di misure inadeguate o sproporzionate rispetto alle finalità della norma
attributiva del potere. La verifica del giudice è tesa, quindi, a ripercorrere la scelta
comparativa degli interessi compiuta dalla P.A.. E proprio il criterio della
proporzionalità si inquadra fra i più idonei parametri di misurazione della logicità e
ragionevolezza del bilanciamento e dunque della legittimità della misura
discrezionale65.
Così configurato il sindacato sull'eccesso di potere, mediante il grimaldello della
proporzionalità, si fa più intenso rispetto alle verifiche giudiziali fondate sul principio
di ragionevolezza o sulle tradizionali figure sintomatiche. In questo modo si garantisce,
pertanto, una tutela maggiormente satisfattiva alle situazioni soggettive del cittadino.
Prima di approfondire le tecniche di verifica giurisdizionale alla stregua del
principio di proporzionalità, occorre ribadire come ciò che oggi può apparire scontato
in termini di tutela del civis rappresenti l'esito di un percorso evolutivo dettato dai
principi comunitari.
Senza ripercorrere la genesi del principio di proporzionalità nell'ordinamento
italiano66, sia sufficiente in questa sede una considerazione. Per decenni il sindacato
sulla proporzionalità dei provvedimenti amministrativi si è estrinsecato in forme
64
Tra i più significativi contributi BENVENUTI F., Eccesso di potere amministrativo per vizio della
funzione, in Rass. dir. pubbl., 1950.
65
Interessanti a riguardo gli studi di GIANNINI M.S., Diritto amministrativo, vol. I, Milano, 1993, in
ordine alle relazioni tra discrezionalità amministrativa, principio di proporzionalità ed eccesso di potere.
66
A tal proposito si rinvia a ROMAGNOSI G.D., Principi fondamentali di diritto amministrativo
onde tesserne le instituzioni, op. cit.: "Nel caso del conflitto degli interessi del privato con quelli del
pubblico…si è far prevalere la cosa pubblica alla privata entro i limiti della vera necessità".
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Capitolo Quinto
indirette, attraverso un controllo di logicità e ragionevolezza scarsamente incisivo67. Un
sindacato giurisdizionale, dunque, debole e ineffettivo e come tale inidoneo ad offrire
adeguata protezione alla sfera giuridica degli amministrati.
Un controllo del giudice, così congegnato in sede processuale, rifletteva a ben
vedere l'auctoritas dispiegata dal provvedimento unilaterale e imperativo in ambito
procedimentale. Infatti sin dalla attività di comparazione degli interessi coinvolti
nell'esercizio del potere, si assisteva alla prevalenza quasi automatica dell’interesse
pubblico sugli interessi privati, con l'adozione di provvedimenti chiaramente sbilanciati
in favore delle esigenze collettive e fortemente afflittivi nei riguardi degli amministrati
uti singuli. Una sorta di presunzione fattuale di proporzionalità, vinta solo nelle rare
ipotesi di provvedimenti palesemente irragionevoli e sproporzionati alla stregua delle
finalità di pubblico interesse. E, in omaggio al principio della divisione dei poteri, lo
stesso giudice amministrativo, al fine di non sostituire proprie valutazioni a quelle della
P.A., ha circoscritto per molto tempo sia l'ambito che l'intensità del proprio sindacato
sulla proporzionalità del provvedimento.
Oggi la situazione è radicalmente mutata, poichè la capillare infiltrazione dei
principi comunitari nell'ordinamento italiano ha arricchito di nuovi parametri il
sindacato del giudice sulla proporzionalità dell'atto amministrativo. Invero il controllo
giurisdizionale, attualmente, si esplica in una valutazione di conformità dell’azione
pubblica ai parametri di idoneità, necessarietà ed adeguatezza. In ordine cronologico il
giudice provvede alle seguenti verifiche:
1) accerta la situazione di fatto nonchè l'osservanza dei requisiti formali e sostanziali
connessi al giusto procedimento;
2) valuta la logicità e congruità dell’azione;
67
BOZZI A., Il principio di proporzionalità nelle sentenze emesse dai Tribunali amministrativi
italiani, Relazione al convegno dell’associazione italiana dei magistrati amministrativi italo-francotedesca, Koln, 20-21 giugno 1997. Mentre il sindacato di ragionevolezza si manifesta in un controllo
superficiale ed estrinseco dell'attività amministrativa, viceversa, lo scrutinio di proporzionalità conduce
ad un sindacato penetrante di tipo intrinseco. Soprattutto in relazione ai provvedimenti restrittivi ciò
comporta un avanzamento della tutela del cittadino coinvolto dall'esercizio del potere.
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!206
Capitolo Quinto
3) esamina l'idoneità, l'afflittività nonchè l'adeguatezza del provvedimento
amministrativo68.
In tal modo il controllo dell'organo giurisdizionale si appalesa tra i più incisivi ed
efficaci69. Infatti una completa verifica circa la proporzionalità di un atto ipotizza un
sindacato pieno e diretto anche sull’attività amministrativa a monte, con particolare
riferimento alla fase istruttoria di ponderazione degli interessi.
All'ampliamento dei poteri e delle tecniche di sindacato del giudice, corrisponde in
ambito procedimentale un riequilibrio dei rapporti tra l'autorità e i destinatari
dell'azione pubblica, attraverso l'introduzione, a partire dalla l. 241/90, di una serie di
principi e regole volti ad estendere le tutele dell'amministrato al cospetto del pubblico
potere.
Invero, la P.A. non accorda più, come in passato, prevalenza tout court all'interesse
pubblico, ma pondera quest'ultimo in modo ragionevole e proporzionato con gli
ulteriori interessi coinvolti nel procedimento70. E nell'esercizio di questa attività
l'amministrazione rinviene, segnatamente nel principio di proporzionalità, uno dei
canoni conformativi del proprio agire.
La l. 241/90, pertanto, trasforma in profondità il modo di atteggiarsi della
discrezionalità amministrativa dinanzi all’accresciuto numero degli interessi in
competizione71. In una nuova dimensione del potere maggiormente democratica, la P.A.
è costretta a rinunciare ad una buona dose di autoritarietà in nome di un esercizio della
funzione più attento alle pretese degli amministrati.
68
SANDULLI A., La proporzionalità dell’azione amministrativa, op. cit..
69
In proposito si rinvia allo studio monografico di POLICE A., La predeterminazione delle decisioni
amministrative. Gradualità e trasparenza nell’esercizio del potere discrezionale, Esi, Napoli, 1997.
70
GALETTA D.U., Principio di proporzionalità e sindacato giurisdizionale nel diritto
amministrativo, op. cit.: Secondo l'autrice oggi “non appare più sostenibile la tesi della necessaria
superiorità gerarchica dell’interesse pubblico rispetto a tutti gli altri interessi coinvolti dalla emanazione
del provvedimento finale ”.
71
Ogni provvedimento presuppone una previa attività di valutazione comparativa degli interessi
privati con l’interesse pubblico primario. La determinazione finale della P.A. non assicura, oggi, sempre e
comunque la prevalenza dell’interesse pubblico primario. E, ove all’esito del giudizio appaia inevitabile il
sacrificio degli interessi privati, tale sacrificio andrà circoscritto a quanto strettamente necessario.
!
!207
Capitolo Quinto
La scelta amministrativa, dismessi gli abiti della assoluta unilateralità e segretezza,
si trasforma, così, in decisione condivisa, partecipata e calibrata sulle esigenze del
cittadino. In tale contesto il principio di proporzionalità diviene, da un lato, la stella
cometa delle nuove dinamiche tra momento dell’autorità e momento della libertà,
dall’altro, la misura della legittimità della scelta pubblica, acquisendo un decisivo
rilievo sia in ambito procedimentale sia in sede processuale.
In definitiva sotto la pressante influenza del diritto comunitario, il sistema
amministrativo italiano, da un lato, esalta nel corso del procedimento il momento
istruttorio, ispirato ad un proporzionato bilanciamento degli interessi, dall'altro,
valorizza nell'ambito del processo un sindacato giurisdizionale sulla proporzionalità del
provvedimento pieno, intenso ed effettivo. Tutto ciò nella finalità di preservare la
libertà del cittadino da interventi pubblici non idonei, necessari o adeguati.
!
!
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!208
Capitolo Sesto
CAPITOLO SESTO
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La tutela delle legittime aspettative dei privati in alcuni istituti del
diritto amministrativo italiano
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Sommario: 6.1. Gli accordi ex art. 11 l. 241/1990. 6.1.1. L'affidamento del privato alla
stabilità delle convenzioni di lottizzazione a fronte di una variante urbanistica al P.r.g.. 6.2.
L'autotutela decisoria: l'affidamento del cittadino alla stabilità del provvedimento quale limite
alla funzione di riesame. 6.2.1. Una fattispecie spinosa: l'autotutela della pubblica
amministrazione avverso un atto confliggente con l'ordinamento comunitario. 6.3. Il danno da
ritardo e la nuova concezione del tempo come bene della vita risarcibile in via autonoma.
6.1. Gli accordi ex art. 11 l. 241/1990
La tematica delle oscillazioni dell’attività amministrativa dal polo dell'autorità al
polo del consenso suscita da sempre vivo interesse in dottrina1.
Tra la fine del XIX e gli inizi del XX sec. il sistema amministrativo italiano2, sotto
l’influenza della giuspubblicistica francese e tedesca di fine Ottocento3, è caratterizzato
da un "pregiudizio anti-contrattuale" che muove dai seguenti postulati:
a) la non negoziabilità del potere;
b) l’imperium come attributo essenziale dell’azione amministrativa;
c) la supremazia, fattuale e giuridica, della P.A. nei confronti degli amministrati4.
1
Tra i molteplici contributi, a titolo esemplificativo, CERULLI IRELLI V., Autorità e consenso
nell’attività amministrativa, Relazione al XLVII Convegno di studi di scienza dell’amministrazione di
Varenna, in AA.VV., Autorità e consenso nell’attività amministrativa, op. cit.. BASSI F., Autorità e
consenso, in Riv. trim. dir. pubbl., 1992.
2
Sintomatiche del pensiero della dottrina dell’epoca le parole di F. Cammeo: "Ripugna al tradizionale
senso del comune giuridico concepire come contrattuali quasi tutti gli atti che sopra ho enumerato (fra
gli altri: ordini autorizzazioni, concessioni, ammissioni in istituti pubblici, nomina di impiegati pubblici)
né devesi mai nella scienza giuridica affermare leggermente ciò che al senso della comune degli uomini
troppo profondamente ripugna”, citate in MANFREDI G., Accordi e azione amministrativa, Giappichelli,
Torino, 2001.
3
Tra i vari MAYER O., Deutsches Verwaltungsrecht, op. cit., il quale, ispirandosi alla filosofia
hegeliana dello Stato forte, concepisce le relazioni tra amministrazione e cives in forma diseguale e
sbilanciata a favore del potere, costruendole intorno alla unilateralità e imperatività del provvedimento.
4
CAMMEO F., Corso di diritto amministrativo, op. cit.: I rapporti tra Stato e individuo devono
“presumersi regolati dal diritto pubblico se non v’è espressa e chiara ragione in contrario”.
!
!209
Capitolo Sesto
L’agere publicum è tradizionalmente contraddistinto dalla figura del provvedimento
(sia pure inizialmente concepito come negozio giuridico unilaterale sui generis, in virtù
della interposizione dei concetti di matrice pandettistica di diritto pubblico).
Ad ogni modo, in passato, si è talvolta consentito alla P.A. l'esercizio di un'attività di
gestione, attraverso l'uso di strumenti negoziali5, in base ad una speciale capacità di
diritto privato riconosciuta ai soggetti pubblici. Tuttavia si trattava di casi
numericamenti circoscritti rispetto all'ordinaria attività provvedimentale6.
Pertanto l’immagine del sistema amministrativo, offerta dalla giuspubblicistica
dell’epoca, è stata quella "di un modello caratterizzato da un manifesto sfavore nei
confronti della negozialità, cui consegue una sempre più marcata separazione tra i due
mondi giuridici del diritto pubblico e del diritto privato"7.
Con il trascorrere dei decenni l'emersione di una pluralità di interessi sociali, tipica
dello Stato pluriclasse del Novecento8, accompagnata da un incremento dei compiti
amministrativi, conduce ad una valorizzazione crescente dei moduli negoziali
nell'esercizio della funzione pubblica sino alla consacrazione raggiunta con la l. 241/90.
La codificazione di nuovi istituti, abbinata all'unanime riconoscimento della generale
capacità di diritto privato dei soggetti pubblici, consente alla P.A. di stipulare in via
5
RANELLETTI O., Per la distinzione degli atti d’impero e di gestione, 1905, in Scritti giuridici
scelti, vol. III, Gli atti amministrativi, a cura di E. Ferrari e B. Sordi, Napoli, 1992, 686. LEDDA F., Per
una nuova normativa sulla contrattazione pubblica, in Scritti in onore di A. Amorth, vol. I, 317, ora in
Scritti giuridici, I, Milano, 1999, 271. L’autore rileva che “dal piedistallo l’amministrazione scende con
un piede solo” e che “lo scettro dell’autorità non è certo indispensabile per la realizzazione di quel
pubblico interesse, che l’amministrazione deve saper curare come contraente”.
6
CANGELLI F., Potere discrezionale e fattispecie consensuali, op. cit.: "Tale attività di gestione,
tuttavia, non costituiva il proprium dell’attività amministrativa, né si è mai ritenuto che essa potesse
contribuire a fissare i veri lineamenti dell’amministrazione, pertanto rimaneva ai margini delle
ricostruzioni sistematiche, incentrate, invece, su elementi del tutto antinomici rispetto a quelli del diritto
privato: la strutturale disparità del rapporto, indotta dalla supremazia della pubblica amministrazione,
attraverso il peso dell’interesse pubblico".
7
CANGELLI F., Potere discrezionale e fattispecie consensuali, op. cit..
8
GIANNINI M.S., I pubblici poteri negli Stati pluriclasse, in Riv. trim. dir. pubbl., n. 2-3 del 1979,
389. MERUSI F., Dallo Stato monoclasse allo Stato degli interessi aggregati, in Cassese S.-Guarino G. (a
cura di), Dallo Stato monoclasse alla globalizzazione, in Quad. rass. parlam., Milano, 2000, 119.
!
!210
Capitolo Sesto
ordinaria negozi di diritto comune alla stregua degli altri soggetti dell'ordinamento9. (Si
suol dire che una persona giuridica pubblica prima ancora sia una persona giuridica tout
court ).
La legge sul procedimento amministrativo degli anni Novanta, sospinta dall'ondata
comunitaria di potenziamento delle pretese del cittadino, consacra, in omaggio al
principio di consensualità10, un nuovo modello di amministrazione per accordi,
inaugurando un sistema "binario", in cui l’azione amministrativa può soddisfare
l’interesse pubblico, in via alternativa, con il provvedimento o con il rimedio negoziale.
9
In generale sull’amministrazione per accordi, senza pretese di esaustività, LACAVA F., Principio di
legalità e moduli convenzionali nell’esercizio del potere amministrativo, in www.giustamm.it, 2011.
CAPOTOSTI P.A., Tendenze alla negoziazione degli interessi tra amministrazione e privati e principio di
legalità, in Studi in memoria di Franco Piga, I, Milano, 1992. BRUTI LIBERATI E., Consenso e
funzione nei contratti di diritto pubblico tra amministrazione e privati, Milano, 1996. SALA G., Accordi
sul contenuto discrezionale del provvedimento e tutela delle situazioni soggettive, in Dir. proc. amm.,
1992. CHIRULLI P., Autonomia pubblica e diritto privato nell'amministrazione. Dalla specialità del
soggetto alla rilevanza della fattispecie, Padova, 2005. D’ANGIOLILLO P., Accordi amministrativi e
programmazione negoziata nella prospettiva del potere discrezionale, op. cit.. FRACCHIA F., L’accordo
sostitutivo: studio sul consenso disciplinato dal diritto amministrativo in funzione sostitutiva rispetto agli
strumenti unilaterali di esercizio del potere, Cedam, Padova, 1998. DAMONTE R., Atti, accordi,
convenzioni nella giustizia amministrativa, Padova, 2002. ESPOSITO G.M., Amministrazione per
accordi e programmazione negoziata, Napoli, 1999. GIANNINI M.S., Dell’amministrare per accordi
(1990), ora in Scritti 1984-1990, VIII, Milano, 2006, 1150. GRAUSO P., Gli accordi della pubblica
amministrazione con i privati, Milano, 2007. GRECO G., Accordi amministrativi tra provvedimento e
contratto, Torino, 2003. MANFREDI G., Accordi e azione amministrativa, op. cit.. MENGOLI V., Gli
accordi amministrativi fra privati e pubbliche amministrazioni, Milano, 2003. TIGANO F., Gli accordi
procedimentali, Giappichelli, Torino, 2002.
10
CONTIERI A., La programmazione negoziata. La consensualità per lo sviluppo. I principi, Napoli,
2000. COMPORTI G.D., Il principio di consensualità tra bilanci e prospettive, in www.giustamm.it,
2010.
11 Uno dei primi a teorizzare la crisi del provvedimento amministrativo è stato NIGRO M., Giustizia
amministrativa, op cit.. Egli individua “cause esogene ed endogene” della “eclissi” dell’atto
amministrativo: le cause esogene consistono nella sottrazione di “interi territori all’attività
amministrativa autoritativa ed unilaterale che si estrinseca attraverso atti e provvedimenti discrezionali”.
Si tratta, in particolare, di quei settori dell’azione amministrativa oggetto di privatizzazione e
contrattualizzazione. Ad esse si affiancano le cause endogene le quali, operando in ambiti tuttora
caratterizzati dalla presenza del provvedimento, determinano l’assorbimento dell’atto finale all’interno
del procedimento quale sede di mediazione tra autorità e libertà in cui si assiste ad una “diluizione del
potere” tra il suo titolare, le altre amministrazioni e i cittadini.
!
!211
Capitolo Sesto
Si assiste, così, alla dequotazione della figura autoritaria e unilaterale del
provvedimento11 ed alla contestuale affermazione di un nuovo modello di
amministrazione concertata12.
Questa rinnovata concezione dei rapporti tra P.A. e amministrati si riflette, in
particolare, sull'istituto degli accordi previsto dall'art. 11 l. 241/90. Tale categoria
giuridica è estrinsecazione di un principio di piena fungibilità tra negozio e
provvedimento nella cura degli interessi pubblici13, in un’era di “nuovo contrattualismo
amministrativo” (Sticchi Damiani E.), che si spera non degeneri in una mera
"infatuazione contrattualistica" (Nigro).
Conseguentemente alla visione orlandiana di un apparato pubblico che "comanda
sulle cose e sulle persone" va sostituendosi l'idea di un'amministrazione che negozia
con i destinatari dell'azione pubblica contenuti e modalità dell'esercizio del potere.
12
In proposito D’ANGIOLILLO P., Accordi amministrativi e programmazione negoziata nella
prospettiva del potere discrezionale, op. cit.: “Se in un contesto di unitarietà centralistica dello Stato
l’atto costituiva la cifra su cui veniva parametrata la sfera di potere di ogni soggetto pubblico, ovvero la
prerogativa di dettare unilateralmente il precetto di disciplina dei rapporti, in un ordinamento pluralista
l’atto è compreso in una preventiva attività di composizione degli interessi e non si pone, dunque, come
scopo ultimo di tale attività bensì come mezzo rispetto agli ulteriori fini sociali. Da ciò è discesa
l’esigenza di impiegare un meccanismo più raffinato di selezione ed affermazione degli interessi
attraverso la ricerca del consenso da parte degli stessi destinatari della decisione”.
13 A titolo esemplificativo Tar Lazio Roma, sez. II ter, 3 marzo 2006, n. 1677, in www.giustiziaamministrativa.it: "Nel testo della legge (la l. 241/90) provvedimento e contratto sono posti sullo stesso
piano quali esiti del procedimento partecipato; tuttavia l’atto autoritativo non è più il solo strumento
della cura degli interessi pubblici, essenziale è il fine pubblico, fungibili sono gli strumenti con cui
perseguirlo". Pertanto “il fine pubblico può essere perseguito anche attraverso la diretta negoziazione del
contenuto del provvedimento finale”. Si rinvia anche a Cgce, 12 luglio 2001, in causa C-399/98, Ordine
degli architetti delle province di Milano e Lodi, in Corr. giur., 2002, 176. Corte cost., 23 aprile 1998, n.
135, in Riv. giur. urb., 1998, secondo cui “l’accordo, per la sua struttura bilaterale, che necessariamente
riduce e semplifica ad una mera dicotomia il caleidoscopio di posizioni giuridiche coinvolte, è
ontologicamente orientato a non prendere in considerazione ai fini dellla scelta che l’amministrazione è
chiamata a compiere, tutte quelle posizioni d’interesse correlate alle plurime figure soggettive (...)
coinvolte nella fattispecie”. In questi casi l’unico strumento in grado di garantire il pluralismo sociale è il
provvedimento unilaterale ed imperativo.
!
!212
Capitolo Sesto
Il principio di consensualità modella, pertanto, l’ordinamento amministrativo
secondo una logica di contrattazione della funzione14, nel quadro di una attività
teleologicamente orientata al perseguimento dell'interesse pubblico.
La costante ricerca del consenso, in un percorso di valorizzazione delle situazioni
giuridiche soggettive dell'individuo, è sicuramente favorita dalla diffusione dei principi
comunitari, portatori di "nuova concezione dell’agire pubblico", più attentata alle
pretese dell'amministrato15.
In ordine agli effetti che scaturiscono dall'istituto degli accordi ex art. 11, va detto
che dalla stipulazione discende un effettivo vincolo sia per il privato sia per la P.A., la
quale non può sciogliersi dal medesimo se non per sopravvenuti motivi di pubblico
interesse.
La previsione generalizzata degli accordi16 rafforza, indubbiamente, il ruolo del
cittadino nel procedimento: egli è ora in grado di codeterminare il contenuto della scelta
amministrativa, offrendo un contributo che non rimane confinato al mero
contraddittorio, ma si spinge fino a vincolare l’esercizio della funzione discrezionale.
Inoltre l’istituto in esame riveste, altresì, un'importante funzione deflattiva del
contenzioso, producendo atti più stabili in quanto concordati con i destinatari.
14
BERTI G., Dalla unilateralità alla consensualità dell’azione amministrativa, in L’accordo
nell’azione amministrativa, a cura di Masucci A., Formez, in Quad. reg., Roma, 1988, 25: "In un mondo
dominato dallo scambio, dove anche la reciproca riconoscibilità dei soggetti politici e privati avvviene in
ragione di scambio o di contratto, sarebbe assurdo pensare che l’amministrazione pubblica si debba, al
contrario, ritirare in una sorta di esilio monacale, per custodire gelosamente le icone del potere
imperativo, dell’atto unilaterale e via dicendo. Queste erano le figure simboliche proprie di un
linguaggio che si era specializzato per dare finitezza o completezza, in tutte le sue propaggini, a un
potere politico che voleva garantirsi attraverso una appropriata e speciale giuridicità".
15
D’ANGIOLILLO P., L’impatto dei principi generali dell’ordinamento comunitario sull’attività
amministrativa. La “prospettiva antropocentrica” nel rapporto giuridico tra cittadino e amministrazione,
in Le Corti salernitane, n. 1, 2008, 36. Ad avviso dell’autore “i moduli consensuali sono idonei ad offrire
al privato modelli di comportamento atti al soddisfacimento, unitamente agli interessi privati, degli
interessi pubblici con la conseguenza che l’amministrazione ha interesse alla concretizzazione
dell’interesse privato purchè ciò avvenga nel rispetto di modelli che possano assicurare che non siano
compromessi altri interessi pubblici o privati”. Si rinvia altresì a SCOCA F.G., La teoria del
provvedimento dalla sua formulazione alla legge sul procedimento, in Dir. amm., n. 1 del 1995.
16
Tale previsione è stata ntrodotta dalla l. 11 febbraio 2005, n. 15, di modifica della l. 7 agosto 1990,
n. 241, con riferimento alla figura degli accordi sostitutivi. La riforma, rimuovendo il previgente limite
della tipicità, ha reso gli accordi ex art. 11 moduli ordinari di esercizio del potere discrezionale.
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!213
Capitolo Sesto
La tematica degli accordi intercetta, poi, il principio della tutela del legittimo
affidamento in ordine alle condizioni e ai limiti di recesso riconosciuti alla
amministrazione.
Come visto, ai sensi dell’art. 11, la P.A. può recedere in modo unilaterale
dall’accordo esclusivamente per sopravvenuti motivi di pubblico interesse17. Il richiamo
contenuto nel co. II dell’art. 11 ai principi del codice civile in materia di obbligazioni e
contratti include, infatti, l’osservanza del principio pacta sunt servanda, a tutela
dell'affidamento della controparte18.
Si è, allora, in presenza di un conflitto tra principi che necessita di apposito
bilanciamento: da un lato l’affidamento del privato alla stabilità degli impegni intercorsi
con l’amministrazione; dall’altro, il principio del buon andamento da cui discende
l’obbligo per la P.A. di assicurare in ogni momento la miglior cura possibile
dell’interesse pubblico, anche attraverso il recesso dai vincoli assunti.
Normalmente la tutela dell’interesse della collettività, ponendosi quale vincolo
teleologico dell’agere publicum, è tendenzialmente destinata a prevalere, non
rinvenendo ostacoli insormontabili nei contrapposti interessi privati, anche se consacrati
in accordi vincolanti l'amministrazione19. Tuttavia, va anche precisato come il sacrificio
imposto al privato debba essere necessario ed inevitabile in vista della realizzazione
dell’interesse pubblico20. Invero dalla stipulazione dell’accordo discende un ragionevole
e legittimo affidamento del soggetto stipulante all'osservanza e all'esecuzione delle
pattuizioni ivi contenute; un affidamento che, ai sensi dell’art. 11, la P.A. è tenuta a
17
Tar Veneto, sez. II, 28 novembre 1998, n. 2334, in Foro Tar, 1999, I, 128. Cons. Stato, sez. IV, 6
novembre 1998, n. 1448, in Cons. Stato, 1998, I, 1727. Tar Toscana, Firenze, sez. II, 30 dicembre 2011, n.
2077, in www.giustizia-amministrativa.it.
18
MERUSI F., Buona fede e affidamento nel diritto pubblico: dagli anni Trenta all'alternanza, op.
cit., secondo il quale l’ambito applicativo di siffatti principi includerebbe formazione, conclusione,
esecuzione ed interpretazione degli accordi.
19
MONTEFERRANTE L., Ai confini del diritto pubblico: revoca e recesso nella legge sul
procedimento amministrativo, in Il Corriere del merito n. 3 del 2006, 367.
20
DI CAMILLO F., Legge n. 15/2005: l’amministrazione “partecipata” tra conferme e nuove
prospettive, in www.diritto.net.
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Capitolo Sesto
rispettare, potendo recedere solo alle condizioni previste dalla legge21, con l'obbligo di
corrispondere un indennizzo (congruo) alla controparte.
La previsione di sopravvenuti motivi di pubblico interesse nonchè l'obbligo di
corresponsione di una somma a titolo di indennizzo avvicinano la figura del recesso ex
art. 11 all'istituto della revoca ex art. 21-quinquies22. Questa tesi è tuttavia smentita da
quella parte della dottrina23 che ritiene il recesso espressione di un potere della P.A., non
già discrezionale (come la revoca), bensì doveroso che non si estrinseca in quella
attività di bilanciamento di interessi, tipica invece della funzione di riesame.
La figura del recesso pubblicistico ex art. 11 è, comunque, di difficile decifrazione,
poichè il diritto di recesso viene esercitato dalla P.A. nel rispetto non solo della buona
fede oggettiva24 e del legittimo affidamento del privato al mantenimento dell’accordo25,
ma anche dei principi di imparzialità e buon andamento. Già tale considerazione
evidenzia la maggiore complessità del recesso ex art. 11 rispetto all’omologa figura di
cui all'art. 1373 c.c., con inevitabili differenze sul regime applicabile.
6.1.1. L’affidamento del privato alla stabilità delle convenzioni di lottizzazione a
fronte di una variante urbanistica al P.r.g.
21
Cons. Stato, sez. VI, 20 gennaio 2000, n. 264, in Riv. trim. app., 2000.
22
CIVITARESE MATTEUCCI S., Contributo allo studio del principio contrattuale nell’attività
amministrativa, Torino, 1997. Per un inquadramento generale dei rapporti tra recesso ex art. 11 e revoca
ex art. 21-quinquies della l. 241/90 si veda AA.VV., Autorità e consenso nell’attività amministrativa,
Milano, 2002.
23
Sulla configurazione del recesso come potere–dovere MANFREDI G. Accordi e azione
amministrativa, op. cit.. PETRILLO A.M., Gli accordi amministrativi nella legge 7 agosto 1990, n. 241
relativa alla disciplina del procedimento amministrativo, in Riv. amm., 1992.
24
In ordine alla fede oggettiva, quale canone generale dell'azione amministrativa, in giurisprudenza
ex multis, Cons. Stato, sez. V, 21 giugno 2007, n. 3384. Cons. Stato, 26 gennaio 2011, n. 550. Tar
Calabria, Reggio Calabria, sez. I, 18 agosto 2008, n. 438. Tar Campania, Salerno, sez. I, 22 marzo 2011,
n. 525, in www.giustamm.it. In dottrina MERUSI F., Buona fede e affidamento nel diritto pubblico: dagli
anni trenta all’alternanza, op. cit..
25
SALA G., Accordi sul contenuto discrezionale del provvedimento e tutela delle situazioni
soggettive, op. cit..
!
!215
Capitolo Sesto
Le convenzioni di lottizzazione rappresentano strumenti di pianificazione di tipo
attuativo26, inquadrabili nel genus degli accordi sostitutivi ex art. 11 l. 241/9027. La
convenzione di lottizzazione si qualifica, pertanto, come un contratto ad oggetto
pubblico, inserito in un procedimento amministrativo a carattere pianificatorio.
Il tema dell’affidamento del privato suscita da vari decenni, in ambito urbanistico ed
edilizio, le attenzioni della giurisprudenza amministrativa, impegnata a preservare le
situazioni di aspettativa qualificata ingenerate da atti della P.A.28.
Quanto alle convenzioni di lottizzazione, di particolare interesse è l’esame della
tutela dell’affidamento suscitato dalla convenzione e relativo all’aspettativa di rilascio
di permesso di costruire quale provvedimento accessivo all’accordo. In special modo
26 CENTOFANTI N., Le convenzioni urbanistiche ed edilizie, Giuffrè, 2012. DALFINO E.,
L’interesse pubblico nelle lottizzazioni edilizie, Giuffrè, Milano, 1981. SANTIAPICHI X., L’intervento
del privato nella pianificazione urbanistica: lottizzazioni, piani di edilizia economica e popolare, piani
per gli insediamenti produttivi, programmi integrati d'intervento, di recupero e di riqualificazione
urbanistica, aspetti penali rilevanti, Maggioli, Rimini 1995. CIPOLLINI M., Le lottizzazioni edilizie,
Milano, 1987. SANDULLI A., Le convenzioni di lottizzazione: natura e tutela, in Gior. dir. amm., 1995.
SIMONATI A., I piani di lottizzazione: caratteri e tendenze, in AA.VV., La pianificazione urbanistica di
attuazione, De Pretis D. (a cura di), op. cit.. TRAVI A., voce Piano di lottizzazione e comparti edificatori,
in Dig. disc. pubbl. IX, Torino, 1996. ASSINI N., Diritto urbanistico, III ed., Cedam, Padova, 2007.
CIVITARESE MATTEUCCI S.-URBANI P., Diritto urbanistico. Organizzazione e rapporti, IV ed.,
Giappichelli, Torino, 2010. CROSETTI A.-POLICE A.-SPASIANO M.R., Diritto urbanistico e dei lavori
pubblici, Giappichelli, Torino, 2007. PAGLIARI G., Gli accordi urbanistici tra p.a. e privati, in Riv. giur.
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ZANINO R., Inadempimenti della p.a. in relazione ai piani di lottizzazione e risarcimento del danno, in
www.giustamm.it.
In giurisprudenza Tar Abruzzo, l’Aquila, 20 novembre 2001, n. 679. Cons. Stato, sez. V, 6 ottobre
2003, n. 5870, in www.giustizia-amministrativa.it. Il principio di negoziabilità del potere, efficacemente
espresso dall'art. 11 l. 241/90, si configura quale principio generale che trova applicazione anche in
materia di pianificazione urbanistica, ove l’incontro della volontà pubblica con la volontà privata è
teleologicamente orientato alla cura di un interesse pubblico generale previsto dalla legge.
27
PENSABENE LIONTI S., Gli accordi con la pubblica amministrazione nell'esperienza del diritto
vivente, Giappichelli, Torino, 2007. CIVITARESE MATTEUCCI S.-URBANI P., Diritto urbanistico.
Organizzazione e rapporti, op. cit.. SARGENTI B., Sulla natura giuridica delle convenzioni
urbanistiche, in Foro amm., 1993, I, 989. SIMONATI A., I piani di lottizzazione: caratteri e tendenze, in
AA.VV., La pianificazione urbanistica di attuazione, De Pretis D. (a cura di), Trento, 2002.
In giurisprudenza, ex multis, Cass. Sez. Un., 15 dicembre 2000, n. 1262. Cass. Sez. Un., 11 agosto
1997, n. 7452, in www.cortedicassazione.it. 54. Cons. Stato, sez. IV, 12 marzo 2009, n. 1477, in
www.giustizia-amministrativa.it. Cons. Stato, sez V, 15 settembre 2003, n. 5152, in Cons. Stato 2003, I,
1932. Tar Molise, 18 ottobre 2000, n. 349, in Tar 2000, I, 5242. In special modo le peculiari
caratteristiche di questa forma di accordo vengono sottolineate da Tar campania, sez. I, 11 marzo 2002, n.
209 in Foro Tar 2002, secondo cui la convenzione di lottizzazione, pur essendo espressione di autonomia
negoziale, “è comunque giustificata, non tanto dall’equilibrio tra le prestazioni, che non è tipico di tale
negozio”, bensì dalla funzione di urbanizzazione che integra l’unica causa tipica delle obbligazioni
patrimoniali imposte al privato.
28
Sugli orientamenti della giurisprudenza degli anni Ottanta del secolo scorso si rinvia a DANI F.,
Oscillazioni in materia di affidamento dei privati in ordine alle scelte urbanistiche, in Riv. giur. ed., 1988.
!
!216
Capitolo Sesto
“la questione si prospetta quando sia preesistente una lottizzazione approvata e
convenzionata e il Comune adotti una variante al piano regolatore che preveda per
un’area inclusa una nuova e diversa destinazione, con l’inevitabile incidenza sullo
specifico affidamento dei privati”29. In quest’ipotesi il sottoscrittore della convenzione
può vantare un’aspettativa legittima e meritevole di tutela che ha il suo titolo
giustificativo proprio nel piano di lottizzazione previamente stipulato con
l’amministrazione30.
L’affidamento del privato concerne, in particolare, la precedente edificabilità
dell’area sancita nel piano di lottizzazione. Siffatta aspettativa è protetta
dall'ordinamento con l'imposizione di un obbligo motivazionale in capo all’autorità
amministrativa ove questa decida di modificare lo strumento urbanistico adottato31. Una
motivazione, peraltro, che sia capace di giustificare adeguatamente, previo raffronto con
l'interesse pubblico, il sacrificio arrecato alla aspettativa qualificata del privato alla
conservazione dell'assetto urbanistico concordato32. La tutela dell’affidamento viene
così a limitare l'esercizio del potere pianificatorio, prevedendo in capo
all’amministrazione l’obbligo di motivare puntualmente, previa ponderazione degli
interessi in gioco, eventuali modifiche atte a pregiudicare le legittime aspettative degli
interessati.
Quanto ad intensità, la motivazione deve essere specifica e puntuale qualora la
variante riguardi aspettative “assistite da una particolare tutela o da speciale
29
ANTONIAZZI S., La tutela del legittimo affidamento del privato nei confronti della pubblica
amministrazione, op. cit.. In argomento anche MERUSI F., Il coordinamento e la collaborazione degli
interessi pubblici e privati dopo le recenti riforme, in Dir. amm., 1993.
30
POLITI R., La variante al P.r.g. Comparazione degli interessi pubblici e privati ed obbligo di
motivazione, in Corr. giur. 1994, 1162.
31
LEONDINI G., L’affidamento dei privati nei programmi pluriennali di attuazione, in Riv. giur.
urb., 1990, I, 269.
32
Ex plurimis Adun. Plen. Cons. Stato, 22 dicembre 1999, n. 24. Cons. Stato, sez. IV, 8 giugno 2007,
n. 3025. Cons. Stato, sez. IV, 21 giugno 2007, n. 3400, in www.giustizia-amministrativa.it, secondo cui
"la motivazione richiesta non consiste in un generale raffronto tra l'oggetto della variante ed altre aree
del territorio comunale potenzialmente utilizzabili, ma deve comprendere l'indicazione delle ragioni di
pubblico interesse che giustificano il mutamento della qualificazione urbanistica della specifica zona
interessata".
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!217
Capitolo Sesto
affidamento, quali quelle derivanti da un piano di lottizzazione debitamente approvato e
convenzionato”33, in virtù dell'impegno formale assunto dalla parte pubblica34. In effetti
la tutela degli affidamenti privati si risolve esclusivamente nell'obbligo di motivazione,
ferma restando l'inesauribile e generale potestà di intervento (e modifica di precedenti
soluzioni) della amministrazione in materia urbanistica.
Di conseguenza nuovi interventi pianificatori (quali ad es. una variante al P.r.g.
modificativa di un precedente accordo di lottizzazione), sono sempre ammissibili
purchè la P.A. motivi "alla luce di criteri oggettivi", evidenziando "la presenza di
affidamenti legittimi, considerati nella comparazione con l’interesse pubblico, e
valutando l’entità dell’eventuale sacrificio” del privato35.
L'amministrazione ha, quindi, l’obbligo di "dimostrare l’impossibilità di soddisfare
l’interesse pubblico tramite soluzioni alternative meno onerose per l’interesse" del
cittadino, sicchè un'eventuale verifica giudiziale sulla legittimità dell'azione
amministrativa sarà effettuata alla stregua del principio di proporzionalità36.
Qualora la variante al piano regolatore si palesi illegittima, con pregiudizio
dell’affidamento alla stabilità del piano di lottizzazione approvato e convenzionato, il
privato sarà legittimato ad esperire un’azione risarcitoria tesa al ristoro del danno
subito37.
Un piano di lottizzazione approvato e convenzionato è idoneo, pertanto, a suscitare
un’aspettativa meritevole di tutela nei privati aderenti all’accordo. Di conseguenza in
caso di adozione di una variante al P.r.g. negativamente incidente su una convenzione di
33
Cons. Stato, sez V, 23 maggio 2000, n. 2982, in www.giustizia-amministrativa.it.
34
Cons. Stato, sez. IV, 31 luglio 2000, n. 4222, in Foro amm. 2000, 2628.
35 ANTONIAZZI S., La tutela del legittimo affidamento del privato nei confronti della pubblica
amministrazione, op. cit.. In giurisprudenza Cons. Stato, sez. IV, 17 dicembre 1991, n. 1127, in Nuova
rass. 1992, 1629. Cons. Stato, sez. IV, 1 luglio 1992, n. 653, in Cons. Stato 1992, I, 873. Cons. Stato, sez.
IV, 7 marzo 1997, n. 217, in Cons. Stato 1997. Cons. Stato, sez. IV, 1 settembre 1999, n. 1388, in Cons.
Stato, 1999. Cons. Stato, sez. IV, 3 luglio 2000, n. 3646, in Cons. Stato, 2000.
36
GALETTA D.U., Principio di proporzionalità e sindacato giurisdizionale nel diritto
amministrativo, op. cit..
37
Cass. Civ., sez. I, 10 gennaio 2003, n. 157, in www.cortedicassazione.it.
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!218
Capitolo Sesto
lottizzazione, la P.A. è obbligata a fornire, a pena di illegittimità, una congrua, puntuale
e pertinente motivazione delle ragioni di interesse pubblico giustificative della scelta
amministrativa38.
6.2. L’autotutela decisoria: l’affidamento del cittadino alla stabilità del
provvedimento quale limite alla funzione di riesame
L’autotutela decisoria è espressione della funzione di riesame39, ossia di quella
attività di secondo grado attraverso la quale la P.A., in omaggio ai principi di legalità e
buon andamento, rivede i propri atti sotto il profilo della legittimità o dell’opportunità,
per assicurare in ogni momento la realizzazione delle finalità stabilite dalla legge.
Il potere di agire in autotutela è, dunque, rivelatore di quel ruolo di supremazia
riconosciuto dall’ordinamento alla P.A., che si manifesta nella inesauribile capacità di
provvedere in ogni tempo in vista dell'ottimale perseguimento del pubblico interesse.
L’autotutela decisoria si sostanzia nell’esercizio di una potestà discrezionale nell’an
(iniziativa facoltativa), nel quid (perché alternativamente a contenuto demolitivo o
conservativo) e nel quando (può essere esercitata in ogni tempo). Salvo alcune ipotesi di
38
Cons. Stato, sez. IV, 14 maggio 1993, n. 531, in Cons. Stato, 1993, I, 1614. Cons. Stato, sez. IV, 7
aprile 1993, n. 398, in Foro amm., 1993, 678.
39 Sulla tradizionale funzione di riesame esercitata dalla P.A. nell'ordinamento italiano, senza pretese
di completezza, BENVENUTI F., voce Autotutela (dir. amm.), in Enc. dir., IV, Milano, 1959, 539 e in
Enc. dir., XXX, Milano, 1980, 995. SANDULLI A.M., Manuale di diritto amministrativo, op. cit..
CONTIERI A., Il riesame del provvedimento amministrativo. Annullamento e revoca tra posizioni
favorevoli e interessi sopravvenuti, Napoli, 1991. GIANNINI M.S., Diritto amministrativo, op. cit..
BARONE G. Autotutela amministrativa e decorso del tempo, in AA.VV., Tempo, spazio e certezza
dell’azione amministrativa, Milano, 2003, 209. CORSO G., voce Autotutela, in Diz. dir. pubbl., diretto da
S. Cassese, Giuffrè, Milano, 2006. CORAGGIO G., voce Autotutela, I, Dir. amm., in Enc. giur., IV,
Roma, 1988. GHETTI G., voce Autotutela della pubblica amministrazione, in Dig. disc. pubbl., II,
Torino, 1987. LIBERATI A., L’autotutela amministrativa, Giuffrè, Milano, 2006. LIGUGNANA G.,
Profili evolutivi dell’autotutela amministrativa, Cedam, Padova, 2004. RAGAZZO M., L’autotutela
amministrativa: principi operativi e ambiti applicativi, Giuffrè, Milano, 2006. PAZZAGLIA N.,
L’autotutela decisoria, in La disciplina dell’autotutela, a cura di P. Gianniti, Cedam, 2010.
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!219
Capitolo Sesto
annullamento doveroso, sia pure in via di espansione40, l’autotutela è di regola
espressione di un potere discrezionale. Questo principio, un tempo pacifico, deve essere
oggi verificato alla stregua sia di talune concezioni revisioniste della dottrina41 e della
giurisprudenza42, sia di alcune elaborazioni della giurisprudenza comunitaria, che
sembrano mettere in discussione la discrezionalità del potere in favore della sua
vincolatività43. (Si rinviano ulteriori approfondimenti al paragrafo successivo).
Occorre, a questo punto, esaminare i vari orientamenti della Corte di giustizia sulla
natura ed i caratteri della funzione di riesame nello scenario europeo, vagliandone
altresì gli effetti sull'ordinamento italiano e, segnatamente, sul ruolo e sui poteri delle
40
Per una analisi delle tradizionali ipotesi di annullamento doveroso si rinvia a SANDULLI A.M.,
Manuale di diritto amministrativo, op. cit.. L'autore individua le seguenti fattispecie:
1) Annullamento d’ufficio disposto in ottemperanza ad una decisione del giudice ordinario passata in
giudicato che abbia ritenuto illegittimo un atto amministrativo;
2) Annullamento d’ufficio a seguito della decisione di un’autorità di controllo cui non competa
direttamente il potere di annullare l’atto;
3) Annullamento di un atto come necessaria conseguenza dell’annullamento (giurisdizionale o
amministrativo) dell’atto presupposto.
Negli ultimi anni si è assistito all’espansione dei casi di autotutela doverosa. Tra le più recenti ipotesi
normative vi è la disciplina in materia di ritiro degli atti da parte degli organi dell’amministrazione
finanziaria prevista dall’art. 1, co. 136, della l. 311/04.
41 SCOCA F.G., Una ipotesi di autotutela amministrativa impropria, in Giur. cost., 2000, 824.
L’autore non esclude un'evoluzione della potestà di autotutela, da potere discrezionale a potere vincolato.
È ben possibile, in particolare, che “l’annullamento d’ufficio possa cessare di essere, secondo il suo
tiponomo consolidatosi per l’opera congiunta di dottrina e giurisprudenza, un procedimento
discrezionale, teso a soddisfare un interesse dell’Amministrazione che sia valutato sussistente al momento
in cui il provvedimento viene adottato, e possa essere riproposto, almeno nei casi in cui la legge lo
preveda in questi termini, come atto totalmente vincolato”.
42
Corte cost., 22 marzo 2000, n. 75, in www.giurcost.it, con cui è stata dichiarata la manifesta
infondatezza della questione di legittimità costituzionale, sollevata con riferimento agli artt. 3, 5, 24, 97 e
128 Cost., dell’art. 6, 17° comma, della l. 127/97 nella parte in cui prevede che gli enti locali “sono tenuti
ad annullare i provvedimenti di inquadramento del personale adottati in modo difforme dalle disposizioni
del D.P.R. 25 giugno 1983 n. 347 e successive modificazioni ed integrazioni, e a bandire contestualmente
i concorsi per la copertura dei posti resisi disponibili per effetto dell’annullamento”. La Corte
costituzionale ha riconosciuto la piena compatibilità dell’annullamento d’ufficio ex lege con il dettato
costituzionale e, in particolare, con l’art. 97 Cost.. Inoltre ha asserito che “in via di principio, il momento
discrezionale del potere della pubblica amministrazione di annullare i propri provvedimenti non gode in
sé di copertura costituzionale”, precisando inoltre, in relazione alla norma oggetto del giudizio, che “la
previsione d’un potere-dovere di annullamento dei provvedimenti che avevano disposto gli inquadramenti
illegittimi (…) si configura (…) quale elemento fondante dell’azione amministrativa (in quanto corollario
del principio di legalità), tra i cui fini deve intendersi compreso quello di evitare il consolidarsi di
situazioni costituitesi contra legem”.
43
MATTARELLA B.G., Autotutela amministrativa e principio di legalità, op. cit.. Il diritto europeo
incide con molteplici modalità sui poteri di autotutela della P.A., regolandone modalità di esercizio ed
effetti.
!
!220
Capitolo Sesto
autorità amministrative nazionali, anche alla luce del principio di tutela del legittimo
affidamento dei soggetti privati.
Il giudice comunitario ha nel corso degli anni ricostruito, sia pure in modo ondivago
e altalenante, i principi che le amministrazioni nazionali devono osservare nell'esercizio
della potestà di autotutela44. Nelle prime pronunce (su tutte Algera45) il giudice di
Lussemburgo si interessa esclusivamente di ipotesi di amministrazione comunitaria
diretta concernenti atti della Commissione o delle istituzioni comunitarie.
Successivamente con le sentenze Alcan, Delena Wells e Kühne & Heitz la Corte inizia
ad occuparsi di casi di autotutela comunitaria indiretta, ossia delle ipotesi di ritiro, da
parte delle P.A., di atti nazionali attuativi del diritto comunitario.
Nella sentenza Alcan46 la Corte sancisce i principi dell’effetto utile e del primato del
diritto comunitario da cui discende l’obbligo per le amministrazioni statuali di esercitare
i propri poteri di riesame al fine di rimuovere un provvedimento amministrativo
contrario a norme comunitarie. In questa prima fase il principio della tutela del legittimo
affidamento dei destinatari, all’esito di un’attività ponderativa, appare essere recessivo
rispetto ai valori della primazia e dell’uniforme applicazione della normativa europea.
Successivamente, nel caso Delena Wells47, il giudice di Lussemburgo mitiga la
primauté del diritto comunitario sul diritto nazionale, bilanciandola con la tutela dei
principi della certezza del diritto e del legittimo affidamento. La pronuncia riconosce
agli Stati una certa autonomia nella scelta delle tecniche e delle modalità di esercizio dei
poteri di autotutela, con riferimento alla comparazione dei molteplici interessi in rilievo.
44
CORLETTO D. (a cura di), Procedimenti di secondo grado e tutela dell'affidamento in Europa,
Cedam, Padova, 2007.
45
Cgce, 12 luglio 1957, in causa C-7/56, Algera c. Assemblea, cit.. La sentenza riguarda la revoca di
un provvedimento amministrativo concernente un dipendente dell’Assemblea della Ceca. Il ragionamento
della pronuncia è il seguente: se il provvedimento è conforme alle norme che ne disciplinano l’adozione e
ha prodotto i suoi effetti, determinando la nascita di diritti in capo al privato, allora non può essere
revocato, pena la lesione irrimediabile di tali diritti, in contrasto con l’affidamento ingenerato. Ove invece
il provvedimento non sia conforme a diritto, allora certamente la revoca sarebbe ammissibile, qualora non
sia decorso un notevole lasso di tempo dalla sua emanazione.
46
Cgce, 20 marzo 1997, in causa C-24/95, Alcan, in www.europa.eu.int/eur-lex/it.
47
Cgce, 7 gennaio 2004, in causa C-201/02, Delena Wells c. Secretary of State for transport, Local
government and the Regions, in www.curia.europa.eu.
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!221
Capitolo Sesto
Nella sentenza Kühne & Heitz48, poi, la giurisprudenza comunitaria conferisce rilievo
al principio della certezza del diritto confermando, altresì, la discrezionalità delle
amministrazioni nazionali nell’attività di bilanciamento degli opposti interessi in
rilievo49. Si precisa che la tutela dell’affidamento e della certezza del diritto prevalgono
tutte le volte in cui il decorso di un congruo lasso temporale, accompagnato dal
radicamento di situazioni soggettive, sconsigli l’amministrazione dal rimuovere l’atto
optando, invece, per una soluzione salvifica dell’efficacia del provvedimento. Ove,
invece, il soggetto pubblico consideri prevalente, in sede di autotutela, l’osservanza
della legalità comunitaria e il suo ripristino, rimuoverà il provvedimento in contrasto
con l’acquis communautaire.
La Corte di giustizia ha ricostruito nelle proprie sentenze i principi cardine del potere
di autotutela avverso atti sia delle istituzioni comunitarie (autotutela diretta) sia delle
amministrazioni nazionali (autotutela indiretta).
48
Cgce, 13 gennaio 2004, in causa C-453/00, Kühne & Heitz, cit.. Il giudice comunitario, ricordando
che “la certezza del diritto è inclusa tra i principi generali riconosciuti nel diritto comunitario” e che “il
carattere definitivo di una decisione amministrativa, acquisito alla scadenza di termini ragionevoli di
ricorso o in seguito all’esaurimento dei mezzi di tutela giurisdizionale, contribuisce a tale certezza”, ha
escluso che il diritto comunitario esiga che un organo amministrativo sia obbligato a riesaminare una
decisione amministrativa che ha acquisito tale carattere definitivo, se non in presenza delle seguenti
condizioni:
a) Che l’amministrazione disponga, secondo il diritto nazionale, del potere di ritornare su tale
decisione;
b) che la decisione sia diventata definitiva in seguito ad una sentenza di un giudice nazionale di ultima
istanza;
c) che la sentenza, alla luce di una giurisprudenza successiva, risulti fondata su un’interpretazione
errata del diritto comunitario;
d) che l’interessato, immediatamente dopo essere stato informato di tale giurisprudenza, si sia rivolto
all’organo amministrativo competente.
49
PEPE G., Il principio di conservazione degli atti giuridici con particolare riguardo alla attività
amministrativa, op. cit.: "Alla pubblica amministrazione è rimesso il compito di valutare ex novo ed in
concreto gli interessi (pubblici e privati) in rilievo facendo applicazione del metro della proporzionalità
comunitaria per individuare il punto di equo contemperamento degli stessi. I valori in gioco sono, da un
lato, il rispetto e il primato della normativa comunitaria coniugato al valore dell’effettività e al dovere di
leale collaborazione gravante sugli Stati (quale obbligo di rimuovere le violazioni delle norme
comunitarie) e, dall’altro, i principi della certezza del diritto e dell’affidamento incolpevole del privato. È
compito della amministrazione, caso per caso, in ragione delle peculiarità della vicenda, dare prevalenza
agli uni o agli altri con lo strumento e con l’intensità più idonei ad offrire una giusta composizione degli
interessi coinvolti". Nessun interesse può, dunque, prevalere in modo automatico sugli altri.
!
!222
Capitolo Sesto
In tema di revoca di atti amministrativi provenienti da istituzioni comunitarie50, la
giurisprudenza comunitaria, sin dal 1957 (sentenza Algera), ha elaborato requisiti e
limiti del potere di autotutela decisoria51, individuandoli:
1) nel rispetto di un termine ragionevole per l'esercizio della funzione di riesame;
2) nella tutela dell’affidamento incolpevole del destinatario dell'atto;
3) nella decorrenza ex nunc della revoca e nella graduazione degli effetti retroattivi
dell’annullamento.
In ipotesi eccezionali la Corte ha anche affermato la revocabilità con effetti
retroattivi degli atti amministrativi comunitari (legittimi) attributivi di vantaggi. È
quanto accaduto nel caso Snupat52 avante ad oggetto il ritiro ex tunc di un
provvedimento legittimo, ma emanato sulla base di informazioni false e fraudolente dei
soggetti interessati. Nella fattispecie de qua era del tutto assente un affidamento
meritevole di tutela.
In un'altra pronuncia (De Compte53) il giudice di Lussemburgo sottolinea la
necessità, ai fini dell'esercizio del potere di riesame, di un'opera contemperativa dei vari
interessi in gioco, al fine di non pregiudicare il legittimo affidamento dei destinatari del
provvedimento.
È evidente come i principi e le regole elaborati dalla Corte di giustizia abbiano
influenzato i caratteri della autotutela decisoria nell'ambito dell'ordinamento
50 In giurisprudenza di particolare rilievo Cgce, 13 giugno 1965, in causa C-111/63, Lemmerz-Werke
GmbH, cit.. In dottrina PAVONI M., L’autotutela nel diritto comunitario, in La disciplina dell’autotutela,
op. cit.: "La Corte si avvale nella maggior parte delle proprie pronunce del termine revoca per indicare e
comprendere in generale tutti gli atti di ritiro, risultando pertanto assente qualunque distinzione tra le
autonome categorie dei provvedimenti eliminatori. (...) Nel nostro ordinamento alcuni di questi
provvedimenti dovrebbero essere piuttosto identificati come provvedimenti di annullamento d’ufficio o di
mero ritiro".
51
GALETTA D.U., Autotutela decisoria e diritto comunitario, in Riv. it. dir. pubbl. com., 2005, I, 35.
52
Cgce, 22 marzo 1961, in cause riun. C-42/59 e 49/59, Snupat c. Alta autorità, in Racc. 1961.
53
Cgce, 17 aprile 1997, in causa C-90/95, De Compte c. Parlamento, cit.: "Anche se ogni istituzione
comunitaria ha il diritto di revocare un atto illegittimo entro un termine ragionevole, tale diritto può
trovare un limite nella necessità di rispettare il legittimo affidamento del beneficiario dell’atto che ha
potuto fare affidamento sulla legittimità di quest’ultimo".
!
!223
Capitolo Sesto
amministrativo italiano, accentuando la protezione delle legittime aspettative dei
beneficiari del provvedimento54.
I principi comunitari hanno, dunque, profondamente influenzato il sistema italiano,
condizionando, in chiave limitativa, il potere della P.A. di rivedere continuamente i
propri atti, potere che soggiace, attualmente, ad una serie di limiti legalmente dati55.
La tutela del legittimo affidamento56 mira, infatti, a preservare la stabilità delle
situazioni soggettive individuali consolidatesi con il fluire del tempo, in quanto il
decorso temporale rafforza nei destinatari dell’atto la convinzione circa la spettanza del
bene della vita e, per l’effetto, censura e limita il potere caducatorio pubblico57.
Il tempo rappresenta un elemento centrale della valutazione amministrativa. Infatti la
consistenza della situazione fattuale solidificatasi, sia pure in virtù di un atto illegittimo
o inopportuno, può dissuadere la P.A. dalla rimozione del provvedimento all’esito di
una valutazione ponderativa di tutti gli interessi coinvolti.
Autorevole dottrina riconduce il principio dell’affidamento al canone generale della
buona fede58, un valore quest’ultimo che nell’elaborazione comunitaria si coniuga con il
principio di proporzionalità, il quale impone, in una dimensione contemperativa, il
54
In particolare la l. 11 febbraio 2005, n. 15 ha introdotto nel corpo della l. 241 del 90 i nuovi artt. 21quinquies (revoca del provvedimento) e 21-nonies (annullamento d'ufficio). La potestas riesaminandi
della amministrazione, oltre ad avere per la prima volta un fondamento normativo, viene conformata nei
suoi elementi costitutivi dalla visione comunitaria preordinata alla valorizzazione della tutela del
legittimo affidamento dei destinatari dell'azione amministrativa.
55
MERUSI F., Buona fede e affidamento nel diritto pubblico: dagli anni trenta all’alternanza, op.
cit..
L’autore osserva che “l’ordinamento giuridico nelle sue varie branche non appare dominato da
principi persecutori nei confronti degli atti invalidi ma dal principio di conservazione e di tutela degli
interessi consolidati anche se generati da atti invalidi”. La buona fede, infatti, impone
all'amministrazione di rispettare quelle situazioni di vantaggio cristallizzatesi nella sfera giuridica dei
privati attraverso atti invalidi adottati dalla stessa amministrazione e non tempestivamente annullati.
56
Di rilevante importanza Cgce, 3 maggio 1978, in causa C-112/77, Töpfer, cit..
57
CARINGELLA F., Atti del convegno: "Affidamento ed autotutela:la strana coppia", in
www.giustizia-amministrativa.it.
58
MERUSI F. Buona fede e affidamento nel diritto pubblico: dagli anni trenta all’alternanza, op. cit..
Secondo l’autore in passato le principali obiezioni alla vigenza del principio di buona fede
nell’ordinamento amministrativo erano ravvisate:
1) nella prevalenza e assorbenza dell’interesse pubblico;
2) nelle posizioni diseguali e sperequate dei privati a fronte della primazia e dei poteri privilegiati
della P.A..
!
!224
Capitolo Sesto
soddisfacimento dell’interesse pubblico con il minor sacrificio possibile degli interessi
privati.
Tanto premesso, è d'obbligo ora misurare nello specifico il grado e l’intensità della
tutela dell’affidamento del privato in Italia a fronte dell'esercizio della funzione
amministrativa di riesame nelle due figure previste dalla l. 241/90 rispettivamente agli
artt. 21-nonies e 21-quinques:
1) l’annullamento d’ufficio59;
2) la revoca60.
L’art. 21-nonies l. 241/90 così recita: “Il provvedimento amministrativo illegittimo ai
sensi dell’art. 21-octies può esssere annullato d’ufficio, sussistendone le ragioni di
interesse pubblico, entro un termine ragionevole e tenendo conto degli interessi dei
destinatari e dei controinteressati, dell’organo che lo ha emanato, ovvero da altro
organo previsto dalla legge”. Dunque i presupposti dell’annullamento d'ufficio sono:
a) l’illegittimità dell’atto;
59
Dopo la l. 15/2005 CASETTA E., Manuale di diritto amministrativo, op. cit.. LIBERATI A.,
L’autotutela amministrativa, op. cit.. RAGAZZO M., L’autotutela amministrativa: principi operativi e
ambiti applicativi, op. cit.. CARINGELLA F., Manuale di diritto amministrativo, op. cit..
PERTICARARI R., Annullamento in via di autotutela e interesse pubblico, Commento a Cons. Stato, sez.
V, 8 febbraio 2010, n. 592, in Urb. e app., 2010, fasc. 6, 714. CAMERIERO L., Il nuovo volto
dell’autotutela nell’art. 21-nonies, Commento a TAR Lazio, Roma, sez. II-bis, 20 giugno 2008, n. 6978, in
Urb. e app., 2008, fasc. 12, 1467. D’ANCONA S., Interesse pubblico, discrezionalità amministrativa e
istanza di parte nell'annullamento d'ufficio: riflessioni sui recenti sviluppi dottrinari e giurisprudenziali
fra diritto interno e diritto comunitario, in Riv. it. dir. pubbl. com., 2009, 537. DE SIANO A., Interesse
pubblico e decorso del termine ragionevole nell’annullamento d’ufficio, Nota a Tar Campania, Sez. V, n.
5439 del 2008, in www.giustamm.it. MUSONE R., Annullamento d'ufficio degli atti amministrativi e
tutela dell'affidamento, op. cit..
60 A seguito della riforma del 2005 CASETTA E., Manuale di diritto amministrativo, op. cit..
LIBERATI A., L’autotutela amministrativa, op. cit.. RAGAZZO M., L’autotutela amministrativa:
principi operativi e ambiti applicativi, op. cit.. STICCHI DAMIANI E., La revoca dopo la l. n. 15 del
2005, in Foro amm. Tar, 2006, 1553. VIPIANA P.M., Invalidità, annullamento d’ufficio e revoca degli
atti amministrativi alla luce della l. n. 15 del 2005, Padova, 2007. GOTTI P., Osservazioni in tema di
revoca degli atti amministrativi dopo le leggi n. 15/2005 e n. 40/2007, in Dir. amm., 2009, fasc. 3, 691.
ARDITO A., Revoca e nuovi modelli amministrativi di rivedibilità, Cacucci, Bari, 2008. PIPERATA G., Il
ritiro del provvedimento amministrativo tra annullamento e revoca, Commento a Cons. Stato, sez. VI, 14
gennaio 2009, n. 136, in Gior. dir. amm. 2009, fasc. 11, 1191.
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!225
Capitolo Sesto
b) un interesse pubblico, concreto e attuale, all’annullamento dell'atto prevalente
sull’interesse del destinatario alla sua conservazione61;
c) il decorso di un ragionevole lasso temporale dall'adozione dell'atto;
d) la ponderazione di tutti gli interessi pubblici e privati in rilievo62;
e) la motivazione.
Dalla previsione normativa si evince, pertanto, l'intentio legis di assicurare stabilità
alle situazioni soggettive attive e di vantaggio fondate sulla legittima aspettativa del
privato alla conservazione del provvedimento63. È chiaro come sia stata proprio
l’influenza dei principi comunitari ad imbrigliare l’onnipotenza privilegiata del potere
amministrativo, stemperandone l’autoritarietà e valorizzando le libertà e i diritti dei
destinatari dell'agere publicum.
Per quanto concerne l’istituto della revoca, l’art. 21-quinquies della l. 241/90
espressamente dispone: “Per sopravvenuti motivi di pubblico interesse ovvero nel caso
di mutamento della situazione di fatto o di nuova valutazione dell’interesse pubblico
originario, il provvedimento amministrativo ad efficacia durevole può essere revocato
da parte dell’organo che lo ha emanato ovvero da altro organo previsto dalla legge. La
61 COTZA P., Dell'interesse pubblico e di altri "incidenti" nell'annullamento d'ufficio e nella
convalida delle fattispecie precettive di diritto amministrativo, Jovene, 2012. DI SERI C.,
L’annullamento d’ufficio “doveroso”. Recenti sviluppi della giurisprudenza nazionale e comunitaria in
tema di autotutela “vincolata”, in www.giustamm.it, 2010.
Sulla necessità, ai fini dell’esercizio del potere di autotutela, di un interesse pubblico specifico e
ulteriore rispetto al mero ripristino della legalità violata, in giurisprudenza, ex plurimis Tar Lazio, Roma,
Sez. II bis, 20 giugno 2008, n. 6978, in www.giustizia-amministrativa.it.
62
Sugli elementi costitutivi dell'affidamento del privato CARINGELLA F., Atti del convegno:
"Affidamento ed autotutela:la strana coppia", op. cit.: "L’affidamento tutelabile si compone di tre
elementi. Oggettivo,che si invera quante volte l’esercizio del potere incontri sulla sua strada un
preesistente bene attribuito in modo chiaro ed univoco da un provvedimento espresso ed efficace;
soggettivo, che rende legittimo l’affidamento generato dalla buona fede e cronologico, in quanto il
passare del tempo è un fattore che inspessisce la convinzione della spettanza del bene della vita e, per
l’effetto, consuma, castra, erode, condiziona il pubblico potere di mettere nel nulla la attribuzione
primogenita".
63 PAZZAGLIA N., L’autotutela decisoria, in La disciplina dell’autotutela, op. cit.. Secondo l’autrice
“con il termine affidamento si fa riferimento a quel particolare atteggiamento di fiducia che il privato
ripone nell’apparato amministrativo e nel suo agire, che si presume corretto”. In argomento anche
CARINGELLA F., Atti del convegno: "Affidamento ed autotutela: la strana coppia", op. cit.:
"L’affidamento legittimo e ragionevole è espressione del principio che impone al soggetto pubblico che
voglia allungare le fauci lato sensu ablatorie di tenere nel debito conto l’interesse alla conservazione di
un vantaggio/bene/utilità conseguito in buona fede dal privato grazie ad un previo chiaro atto della
pubblica amministrazione all’uopo diretto; e tanto specie se detto vantaggio si sia consolidato per effetto
del decorso di un significativo lasso temporale".
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!226
Capitolo Sesto
revoca determina l’inidoneità del provvedimento revocato a produrre ulteriori effetti. Se
la revoca comporta pregiudizi in danno dei soggetti direttamente interessati,
l’amministrazione ha l’obbligo di provvedere al loro indennizzo”.
La principale novità, introdotta dalla novella del 2005, consiste nella previsione di un
indennizzo da corrispondersi in favore dei privati in caso di revoca, da parte della P.A.,
del provvedimento inopportuno. Poichè la revoca ha ad oggetto un atto legittimo ed è
fondata su ragioni di mera convenienza, è prevista la corresponsione di una somma di
denaro al cittadino per la cessazione (sia pure ex nunc) dell’efficacia del provvedimento.
L’indennizzo, quale congruo ristoro erogato a fronte della revoca del provvedimento,
rappresenta uno strumento di tutela dell'affidamento del privato. Esso è la riprova di
come le dinamiche tra autorità e libertà stiano scivolando sempre più verso il
riconoscimento delle situazioni giuridiche soggettive individuali.
6.2.1. Una fattispecie spinosa: l’autotutela della pubblica amministrazione
avverso un atto confliggente con l’ordinamento comunitario
Delineati i caratteri del potere di autotutela della P.A., così come plasmati dalle
pronunce della Corte di giustizia, è necessario ora affrontare lo specifico e spinoso tema
dell'autotutela avverso atti amministrativi nazionali confliggenti con l'ordinamento
comunitario.
Il principale nodo gordiano da sciogliere concerne la qualificazione della potestà di
riesame della amministrazione in termini di potere discrezionale o di potere vincolato.
La scelta dell'una o dell'altra soluzione non è priva di conseguenze, poichè idonea a
riverberarsi in sede applicativa ampliando, o viceversa, restringendo l'area di tutela del
legittimo affidamento dell'amministrato.
Accedere alla tesi della natura vincolata anziché discrezionale del potere64, significa
ridurre, fin quasi a vanificare, l'affidamento del cittadino alla stabilità dell'atto a fronte
di qualsivoglia illegittimità del provvedimento. I sostenitori di questo assunto muovono
dall'idea che il primato e l’effettività del diritto comunitario, quali principi di vertice del
64
SINISI M., La doverosità dell’esercizio del potere di autotutela in presenza di un atto
amministrativo contrastante con i regolamenti comunitari, Nota a Tar Palermo, 28 settembre 2007, n.
2049, in Foro amm. Tar, 2007, fasc. 10, 3265.
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Capitolo Sesto
sistema, imporrebbero alle amministrazioni nazionali di assicurare in ogni momento la
conformità dei propri atti all'ordinamento europeo. Da ciò discenderebbe l'obbligo per la
P.A. di annullare d'ufficio, in sede di riesame, ogni atto lesivo dell'acquis comunitario,
prescindendo dalla considerazione dell'affidamento radicato nei destinatari.
Questa tesi evoca l’orientamento del Consiglio di Stato secondo cui l’accertamento
dell’illegittimità degli atti amministrativi per contrasto con il diritto comunitario sarebbe
da solo sufficiente “a radicare un concreto e attuale interesse pubblico e ad escludere
una preminente valutazione dell’interesse del privato alla conservazione dell’atto”65.
Il generico potere di riesame della P.A. si trasformerebbe, dunque, in questa
circostanza in un preciso dovere di rimozione dell'atto illegittimo66. L’interesse pubblico
all’annullamento sarebbe, pertanto, in re ipsa, prevalendo ab origine sull’aspettativa dei
privati, di talchè alla amministrazione verrebbe preclusa l’adozione di un
provvedimento di II grado ad esito conservativo.
Una siffatta predeterminazione delle caratteristiche nonchè degli esiti del potere di
autotutela sembra, tuttavia, porsi contrasto con la natura discrezionale dell'annullamento
d'ufficio riconosciuta sia dalla l. 241/90 sia dalla giurisprudenza della Corte di giustizia.
Infatti la funzione di riesame, è per sua natura, espressione di un potere discrezionale
che può condurre la P.A., all’esito di una nuova ponderazione comparativa degli
interessi in gioco, tanto alla eliminazione quanto alla conservazione dell’atto. E ciò
dovrebbe valere anche nei casi di illegittimità comunitaria.
Una violazione normativa, di qualunque tipologia, non è fattore di per sé idoneo a
giustificare l'annullamento del provvedimento, dovendo l’amministrazione valutare in
concreto l’interesse pubblico al ripristino della legalità in relazione a tutti gli interessi
(pubblici e privati) coinvolti, alla stregua del tempo trascorso dalla adozione dell’atto e
degli affidamenti ingenerati.
65
Cons. Stato, sez. IV, 5 giugno 1998, n. 918, in www.giustamm.it.
66
SINISI M., La doverosità dell’esercizio del potere di autotutela in presenza di un atto
amministrativo contrastante con i regolamenti comunitari, op. cit..
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Capitolo Sesto
Vero è che il sistema italiano contempla anche casi di annullamento doveroso, ma
essi rappresentano ipotesi tassativamente codificate che nulla hanno a che vedere con
l’esercizio dei poteri di autotutela decisoria.
Se di doverosità deve parlarsi, essa non può riguardare l’esito valutativo (ossia la
caducazione sempre e comunque dell’atto anticomunitario), bensì può caratterizzare
l’attivazione del potere di riesame (l'an).
È quanto si evince dalle sentenze della Corte di giustizia Alcan, Delena Wells e
Kühne & Heitz, da cui sono ricavabili principi di carattere generale.
L’amministrazione italiana, in caso di provvedimento anticomunitario, ha il dovere di
effettuare una valutazione degli interessi in rilievo per accertare se è più forte
l’affidamento del privato, con conseguente salvezza dell’atto, sia pure affetto da
illegittimità comunitaria, o se prevalga, viceversa, l'interesse pubblico al suo
annullamento. Tale valutazione non può che essere discrezionale e, lungi dall’essere
astratta e predeterminata, va calata nelle specificità del caso concreto.
La giurisprudenza italiana ha da sempre avuto posizioni oscillanti in ordine alla
qualificazione del potere di autotutela avverso atti amministrativi anticomunitari.
Secondo un primo orientamento, l’annullamento d’ufficio dell’atto viziato di
anticomunitarietà dovrebbe configurarsi come un potere vincolato67, sul presupposto
che l’unico limite alla prevalenza del diritto comunitario nel nostro ordinamento sia
costituito dai principi fondamentali e dai diritti inviolabili della persona umana. In tutti
gli altri casi dalla primazia dell'ordinamento europeo discenderebbe la qualificazione in
67
Ex multis Cons. Stato, sez. IV, 18 gennaio 1996, n. 54, in Cons. Stato 1996, I, 43, in cui si precisa
che “di fronte alla necessità di adempiere agli obblighi comunitari può recedere ogni altro interesse
pubblico o privato”. Cons. Stato, sez. V, 18 aprile 1996, n. 447, in Foro it., 1996, 186, secondo cui
“l’interesse pubblico prevalente è quello di evitare l’irrogazione di sanzioni a carico dello Stato da parte
delle istituzioni comunitarie per violazione del diritto comunitario”. Vedasi anche Cons. Stato, sez. IV, 5
giugno 1998, n. 918, in Urb. e app., 1998, 1343. Cons. Stato, sez. IV, 5 giugno 1998, n. 918, in Urb. e
app. 1998, 1342. Secondo i giudici amministrativi l’interesse pubblico al riesame sarebbe tout court
sussistente ogni qual volta l’atto amministrativo sia l'esito di una violazione indiretta dell’ordinamento
comunitario (ossia mutuata da una legge nazionale anticomunitaria). Di conseguenza, la violazione da
parte dell’amministrazione del diritto comunitario verrebbe ad assumere una rilevanza superiore alla
stessa violazione della legge nazionale, sì da implicare di regola, e non in via eccezionale, la sussistenza
in re ipsa di un interesse al ripristino della legalità comunitaria prevalente sulle situazioni di legittimo
affidamento dei destinatari, senza alcun bilanciamento. In questi casi, trattandosi di esercizio doveroso del
potere di autotutela, l’amministrazione dovrebbe procedere senza indugio all’annullamento ex officio
dell’atto anticomunitario.
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!229
Capitolo Sesto
termini di doverosità del potere di annullamento d'ufficio. L’annullamento in autotutela
di un atto amministrativo risponderebbe in questa logica all'"l’adempimento di un
preciso obbligo internazionale legittimamente assunto dallo Stato italiano alla stregua
dell’art. 11 Cost. rispetto al quale le eventuali implicazioni correlate a situazioni
interne di diritto non possono assumere rilevanza"68.
Negli ultimi anni, tuttavia, il Consiglio di Stato69, ricavando spunti dalle pronunce
Kühne & Heitz e Delena Wells della Corte di Lussemburgo, ha rivisitato il proprio
precedente orientamento, affermando che l’esercizio del potere di autotutela, essendo
per natura discrezionale, non possa qualificarsi in termini di doverosità.
Infatti, diversamente opinando, l’adesione alla tesi dell’annullamento doveroso
comporterebbe un sacrificio a priori dei valori della certezza e dell’affidamento del
destinatario del provvedimento, in evidente contrasto con i caratteri della autotutela
decisoria e con il principio di proporzionalità.
Dalla giurisprudenza comunitaria non pare evincersi, a livello generale, alcun
obbligo per le amministrazioni nazionali di rimuovere in autotutela gli atti
anticomunitari, bensì si richiede ad esse un bilanciamento case by case, in modo da
calibrare i contrapposti interessi in gioco. La sentenza Kempter70, in questa prospettiva,
sembra avvalorare la tesi della discrezionalità del potere di riesame nella parte in cui
afferma che il vizio di legittimità comunitaria dell’atto amministrativo non è idoneo a
trasformare, di per sé ed in modo automatico, l’autotutela da potere discrezionale in
potere vincolato.
I principi della certezza del diritto e della tutela del legittimo affidamento sono
principi anch’essi comunitari i quali, a seguito di un corretto contemperamento, possono
alle volte prevalere sulle esigenze di ripristino della legalità violata. Anche in questo
68
BARONE A., Nota a Cons. Stato, sez. I, parere 9 aprile 1997, n. 372 del 1997, in Foro it., 1999,
III, 334. Si veda, inoltre, PIGNATELLI N., Legalità costituzionale ed autotutela amministrativa, in
www.giustizia-amministrativa.it.
69
Cons. Stato, sez. VI, 3 marzo 2006, n. 1023, in www.giustamm.it.
70
Cgce, 12 febbraio 2008, in causa C-2/06, Kempter, cit..
!
!230
Capitolo Sesto
modo, sia pure da una prospettiva diversa, si assicurano il primato e l’effettività del
diritto europeo.
Per queste ragioni è preferibile la tesi mediana della c.d. autotutela obbligatoria,
secondo la quale il potere di riesame sarebbe doveroso nell'an (quanto ad attivazione),
ma discrezionale negli esiti, dovendo la P.A. bilanciare, caso per caso, gli interessi
pubblici e privati in conflitto71.
6.3. Il danno da ritardo e la nuova concezione del tempo come bene della vita
risarcibile in via autonoma
La pronuncia delle SS.UU. n. 500 del 199972 è un crocevia di svolta per il sistema
amministrativo italiano: per la prima volta si afferma, in via generale, la responsabilità
della P.A. per i danni arrecati nell’esercizio del potere, con conseguente risarcibilità
della lesione arrecata all'interesse legittimo (specie pretensivo)73.
Fino a quel momento l’amministrazione aveva goduto dell’impunità nell’attività iure
imperii, agendo come soggetto irresponsabile immune da richieste risarcitorie dei
soggetti lesi.
Poiché l’azione di annullamento ha rappresentato per molto tempo l’unica forma di
tutela esperibile dal privato, gli ulteriori pregiudizi, cagionati dal provvedimento
illegittimo, non ricevevano protezione, tranne nel caso di interessi legittimi oppositivi,
71 D’ANCONA S., Interesse pubblico, discrezionalità amministrativa e istanza di parte
nell'annullamento d'ufficio: riflessioni sui recenti sviluppi dottrinari e giurisprudenziali fra diritto interno
e diritto comunitario, op. cit.. L’autore distingue tra l’obbligo di “presa in considerazione”, connesso ad
una richiesta del privato di riesame del provvedimento, dall’obbligo di “provvedere” nel senso
dell’annullamento officioso.
72
Cass. Civ. Sez. Un., 22 luglio 1999, n. 500, in www.cortedicassazione.it. La pronuncia in esame
infrange, una volta per tutte, il muro della irrisarcibilità del danno da lesione di interesse legittimo in
ambito amministrativo. Precedentemente il dogma della irrisarcibilità degli interessi pretensivi era stato
superato dall’art. 13 l. 142/92, (attuativo della direttiva n. 665/89), con esclusivo riferimento agli appalti
di rilievo comunitario. Sulla breccia aperta dall’art. 13 della l. 142/92 TIZZANO A., Diritto comunitario
e tutela giurisdizionale nel diritto interno. La tutela risarcitoria degli interessi legittimi, in AA.VV.,
Attività amministrativa e tutela degli interessati, op. cit.. SATTA F., La lesione di interessi legittimi:
variazioni giurisprudenziali sulla inammissibilità del risarcimento e principi comunitari, in Giur. it. 1993,
1795.
73
Prima di tale pronuncia l’amministrazione era considerata responsabile dei danni arrecati ai privati
esclusivamente nelle ipotesi di comportamenti materiali o di atti iure privatorum.
!
!231
Capitolo Sesto
cioè preceduti da diritti soggettivi; ipotesi, nella quale, in realtà, ad essere risarcito era il
diritto soggettivo presupposto o collegato.
Nel corso dei decenni è maturata, tuttavia, la consapevolezza della inefficienza e
ineffettività per gli amministrati di un sistema di tutela a carattere esclusivamente
demolitorio soprattutto in relazione agli interessi legittimi pretensivi74.
La caduta del dogma dell'irrisarcibilità ha, conseguentemente, generato molteplici
ipotesi di responsabilità della P.A., nella direzione di una tutela maggiormente
satisfattiva delle pretese del cittadino.
Come autorevolmente sostenuto, nei rapporti tra l’amministrazione e i cives ad
assumere rilevanza non è soltanto il provvedimento finale ma tutta l’attività
amministrativa nel suo sviluppo procedimentale, per cui deve parlarsi più che di
responsabilità al singolare di responsabilità al plurale75.
Infatti è, oggi, ammissibile non solo una responsabilità da provvedimento
amministrativo illegittimo, ma anche una responsabilità comportamentale da violazione
di obblighi procedimentali76, sganciata dall’adozione del provvedimento finale. Trattasi
di una forma di responsabilità da contatto amministrativo qualificato tra
l'amministrazione e i destinatari dell'azione, cui è applicabile il regime previsto dall'art.
1218 c.c.77.
74
CAPONIGRO R., Una nuova stagione per la tutela giurisdizionale degli interessi legittimi, in
www.giustamm.it, 2012. Secondo l'autore "le difficoltà ad assicurare l'effettività della tutela, insomma,
nascono essenzialmente dal fatto che la giurisdizione amministrativa di legittimità è stata storicamente
strutturata come un giudizio incentrato sulla legittimità di un atto, rispetto al quale la pretesa sostanziale
del privato si rivelava recessiva, per cui se la posizione lesa è di interesse legittimo oppositivo, in quanto
aspira ad un non facere dell'amminsitrazione, l'annullamento del provvedimento afflittivo si presenta
solitamente attributivo del bene della vita sperato in quanto la sentenza è autoesecutiva, mentre, se la
posizione lesa è di interesse legittimo pretensivo, che aspira ad un facere dell'amministrazione,
l'annullamento del provvedimento quasi mai si presenta autonomamente satisfattivo, essendo necessaria
la riedizione del potere amministrativo, solo in esito al quale il bene della vita potrà essere attribuito".
75
SCOCA F.G., Risarcibilità e interesse legittimo, op. cit..
76
MARUOTTI L., La struttura dell’illecito amministrativo lesivo dell’interesse legittimo e la
distinzione tra l’illecito commissivo e quello omissivo, in Dir. proc. amm. 2008, il quale distingue
nettamente “l’illecito commissivo della pubblica amministrazione (riferibile ai casi in cui la lesione sia
stata cagionata con un provvedimento o con un comportamento connesso a un provvedimento) da quello
omissivo (riferibile al mancato o ritardato esercizio della funzione pubblica)”.
77
In ordine alla tematica generale del rapporto procedimentale tra cittadino e P.A. si rinvia ad
ANTONELLI V., Contatto e rapporto nell'agire amministrativo, Cedam, Padova, 2007.
!
!232
Capitolo Sesto
La responsabilità, dunque, sorge in presenza della violazione del termine per
provvedere imputabile all'amministrazione e foriera di pregiudizi per l'interessato.
La figura del danno da ritardo procedimentale78 si decodifica in una pluralità di
fattispecie contigue o affini:
1) l’amministrazione adotta un provvedimento illegittimo sfavorevole al privato (ad
es. diniego di atto ampliativo) e successivamente, a seguito di annullamento
giurisdizionale del primo atto, emana un nuovo provvedimento legittimo e favorevole;
2) l’amministrazione eroga un provvedimento legittimo (favorevole o sfavorevole) in
ritardo, ossia in violazione del termine previsto per la conclusione del procedimento79;
3) l'amministrazione rimane inerte nonostante l'obbligo di provvedere (c.d. silenzioinadempimento).
L'interprete si trova, pertanto, al cospetto di una varietà di fattispecie richiedenti
ciascuna un particolare approfondimento.
Il primo caso si inscrive nell’alveo della responsabilità da provvedimento, poiché il
danno è provocato da un atto illegittimo della P.A. (il diniego) e dal successivo ritardo
nel rilascio del provvedimento.
Il secondo e il terzo caso sono, invece, inquadrabili fra i danni da ritardo
procedimentale in cui il pregiudizio non è causato direttamente dal provvedimento
78 Senza pretese di esaustività, in dottrina, D'ARIENZO M., La tutela del tempo nel procedimento e
nel processo. Silenzio patologico e danno da ritardo: profili sostanziali e processuali, Edizioni
scientifiche italiane, 2012. PAVAN A., Il danno da ritardo, Giuffrè, 2012. MARI G., La responsabilità
della p.a. per danno da ritardo, in M.A. Sandulli (a cura di), Codice dell'azione amministrativa, Giuffrè,
2011. LUCATTINI S., La responsabilità da ritardo dell’azione amministrativa: dalla spettanza alla
satisfattività, in Foro amm.Tar, 2011, 1896. CLARICH M.-FONDERICO G., La risarcibilità del danno
da mero ritardo dell’azione amministrativa, in Urb. e app., 2006, 67. NAPOLITANO G., Il danno da
ritardo, in AA.VV., Verso un’amministrazione responsabile, Milano, 2005.
79
CLARICH M., Termine del procedimento e potere amministrativo, Torino, 1995. Il danno da mero
ritardo va tenuto distinto dal danno derivante dalla adozione tardiva di un provvedimento favorevole il
quale, invece, si ricollega al ritardo nel godimento dell’utilità finale oggetto dell’atto ampliativo.
Sulla distinzione tra le due tipologie di pregiudizi si veda anche TRIMARCHI BANFI F., Tutela
specifica e tutela risarcitoria degli interessi legittimi, Torino, 2000. In giurisprudenza recentemente Cons.
Stato, sez. V., 28 febbraio 2011, n. 1271, in www.giustizia-amministrativa.it.
!
!233
Capitolo Sesto
(nella specie legittimo), bensì è riconducibile ad una condotta del soggetto pubblico
scorretta, in quanto tardiva e pertanto lesiva del legittimo affidamento del privato80.
In questa sede interessa analizzare con particolare attenzione il profilo della
risarcibilità del danno da ritardo procedimentale81, in presenza di una colpevole
violazione da parte della P.A. dei tempi previsti per l’erogazione del provvedimento.
Come accennato, la particolarità del danno da ritardo consiste nella sua riferibilità ad un
comportamento dell’amministrazione violativo dell’obbligo legale di provvedere nel
termine prestabilito.
Il nuovo modello di azione amministrativa, introdotto dalla l. 241/90, ha attribuito
rilevanza autonoma, rispetto all’interesse legittimo al bene della vita, a situazioni
soggettive di natura strumentale che l'amministrazione ha il dovere di rispettare
nell'esercizio della funzione pubblica.
Il rapporto procedimentale tra soggetto pubblico e amministrati, improntato ai canoni
di buona fede e correttezza, fa nascere una molteplicità di obblighi e pretese in capo alle
parti82.
In particolare dalla prospettiva del cittadino si rinviene all’interno della categoria
degli interessi pretensivi, e piuttosto accanto ad essi, un ambito di interessi c.d.
procedimentali la cui violazione da parte della P.A. integra un titolo di responsabilità,
80
CARRAI F., La tutela risarcitoria a fronte dell’illegittimo esercizio del potere, in Invalidità
amministrativa, a cura di V. Cerulli Irelli e L. de Lucia, Giappichelli, Torino, 2009. Secondo l’autore “il
fattore tempo si colloca come valore centrale nell’ambito dei rapporti tra cittadino ed amministrazione e
come tale è preso in considerazione dalla legge sul procedimento. Dalla violazione della disciplina sui
tempi della azione amministrativa trae origine il danno da ritardo cd. procedimentale, patito in assenza
di provvedimento o indipendentemente dalla legittimità dello stesso”.
81
CARANTA R.-VECCI G., Inerzia, Silenzio, ritardo: Quale responsabilità per la Pubblica
Amministrazione?, in Resp. civ. e prev., Set. 2006, Juris Works, Giuffrè, 9. Per una panoramica sul tema
si veda anche GALVAGNO E., Ancora un’occasione mancata per il danno da ritardo: l’errore scusabile
esclude il risarcimento del tempo perduto, Commento a Cons. di Stato, sez. IV, n. 2564 del 2008, in Giur.
it., 2009, fasc. 4, 1004.
82
Tutto ciò si inserisce nel più generale contesto europeo all'interno del quale dall'instaurazione di un
rapporto amministrativo nascono in capo al cittadino pretese direttamente azionabili nei confronti del
soggetto pubblico. Sul punto SANNA TICCA E., Cittadino e pubblica amministrazione nel processo di
integrazione europea, op. cit: "Il contatto fra amministrazione e cittadino lega tali soggetti in un rapporto
di responsabilità che rende, perciò, le dette pretese non meri canoni dell'agire amministrativo, ma
situazioni di vantaggio dei cittadini alle quali corrispondono obblighi da parte della pubblica
amministrazione. In sintesi, principi e pretese costituiscono lo statuto del cittadino e dell'attività
amministrativa quando amministrazione e amministrati instaurano un rapporto giuridico".
!
!234
Capitolo Sesto
idoneo a radicare un danno risarcibile diverso e autonomo rispetto alla lesione del bene
della vita83.
Proprio “a tale categoria di interessi procedimentali è ascrivibile il danno da ritardo,
sicchè il privato ha titolo ad agire per il risarcimento del danno subito in conseguenza
della mancata emanazione del provvedimento richiesto nei termini previsti e
indipendentemente dalla successiva emanazione e dal contenuto di tale
provvedimento”84. Dal ritardo dell’azione amministrativa possono derivare, pertanto,
specifici e autonomi pregiudizi, a prescindere dall’esito del procedimento85.
La tematica del danno da ritardo intercetta, così, la problematica dell’affidamento del
privato che risulterebbe vulnerato dall’inadempimento, da parte dell’amministrazione,
dell’obbligo di concludere il procedimento nel termine stabilito.
La violazione di siffatto obbligo lede l’interesse procedimentale (per taluni un vero e
proprio diritto soggettivo) dell'individuo al rilascio di un provvedimento in tempi certi.
L’aspettativa degli amministrati a veder definita la propria situazione procedimentale
nei rapporti col potere pubblico è considerata dall'ordinamento ragionevole e dunque
meritevole di tutela risarcitoria in caso di lesione. Il tempo, infatti, in quanto espressione
83
Con riferimento alla distinzione tra interessi meramente procedimentali ed interessi sostanziali si
rinvia a GIANNINI M.S., Diritto amministrativo, op. cit.. Secondo l’autore l’interesse procedimentale è
quella posizione che “ha per oggetto situazioni e vicende dei procedimenti” e che perciò “non si
riferiscono direttamente a beni della vita, ma a fatti procedimentali che a loro volta investono beni della
vita”. Tale classificazione è stata ripresa anche dalla giurisprudenza amministrativa (Adun. Plen. Cons.
Stato 10 luglio 1986, n. 8, in Cons. Stato 1986) che identifica gli interessi procedimentali in quelle
situazioni soggettive attive con cui “si aziona l’interesse strumentale all’eliminazione dell’atto o
comportamento preclusivo del successivo sviluppo del procedimento o che attengono al subprocedimento”.
84
QUINTO P., Il risarcimento del danno da ritardo: un passo avanti ed uno indietro, in
www.giustamm.it, 2011.
85
D’ANCONA S., Il termine di conclusione del procedimento amministrativo nell’ordinamento
italiano. Riflessioni alla luce delle novità introdotte dalla legge 18 giugno 2009 n. 69, in
www.giustamm.it, 2009.
!
!235
Capitolo Sesto
della progettualità del privato, è un bene della vita autonomo che deve ricevevere per
ciò solo protezione giuridica86.
Occorre a questo punto ricostruire il dibattito svoltosi nell’ultimo decennio sulla
risarcibilità del danno da ritardo, facendo altresì cenno alla natura delle situazioni
giuridiche soggettive coinvolte.
Il problema di fondo consiste nel comprendere se la lesione di un interesse
procedimentale (il rispetto dei tempi dell’azione amministrativa) sia idonea di per sè a
produrre un danno risarcibile in via autonoma, indipendentemente dall’esito del
procedimento; oppure se, al contrario, il ritardo acquisti rilevanza solo in seguito al
riconoscimento dell’utilità finale. In altri termini è necessario domandarsi se il danno da
ritardo sia ristorabile tout court per la violazione arrecata alla posizione soggettiva
procedimentale a seguito dell’inosservanza del termine e dunque anche in caso di
provvedimento sfavorevole, oppure se il danno vada risarcito, viceversa, all’esito di un
favorevole giudizio di spettanza del bene della vita. La questione vede schierati in
campo due opposti orientamenti.
Secondo una prima tesi87 il danno da ritardo sarebbe risarcibile ove collegato al
riconoscimento dell’utilità chiesta dal privato (attraverso un provvedimento della P.A. o
mediante un giudizio prognostico del giudice). Così ragionando, da un lato, si
negherebbe autonomia alla lesione degli interessi procedimentali e, dall’altro, si
escluderebbe la risarcibilità dei danni conseguenti (compreso il danno da mero ritardo).
Pertanto, ad accedere al risarcimento sarebbero solo i danni consequenziali alla lesione
86
CLARICH M.-FONDERICO G., La risarcibilità del danno da mero ritardo dell’azione
amministrativa, op. cit.: La previsione di un termine è “volta a fornire una certezza temporale al
richiedente in ordine ad ogni aspetto sulla sua partecipazione: l’impegno di risorse, la rinuncia ad altre
opportunità, l’esigenza di avvalersi di circostanze favorevoli che non abbiano durata indefinita”.
In giurisprudenza, di recente, Cons. Stato, sez. V., 28 febbraio 2011, n. 1271, cit.. Cons. Stato, sez. V,
21 marzo 2011, n. 1739, in www.giustizia-amministrativa.it: "Ogni cittadino e ogni impresa hanno diritto
ad avere risposta dalle amministrazioni alle proprie istanze nel termine normativamente determinato e
ciò proprio al fine di programmare le proprie attività e i propri investimenti; un inatteso ritardo da parte
della p.a. nel fornire una risposta può condizionare la convenienza economica di determinati
investimenti".
87
Ex plurimis Adun. Plen. Cons. Stato, 15 settembre 2005, n. 7, in in www.giustiziaamministrativa.it. Cons. Stato, sez. V, 2 marzo 2009, n. 1162, in www.giustizia-amministrativa.it.
!
!236
Capitolo Sesto
del bene della vita che dell’interesse legittimo pretensivo costituisce il sostrato
materiale.
In quest’ottica, di conseguenza, il danno da mero ritardo, carente di una propria
fisionomia, non può ricevere alcun ristoro in caso di provvedimento sfavorevole, mentre
nell'ipotesi di riconoscimento del bene della vita la risarcibilità del danno da ritardo
risulterebbe assorbita nella lesione dell’interesse legittimo sostanziale88.
Il danno da ritardo viene, così, ad essere concepito come un’amalgama che unisce in
sé l’interesse alla conclusione per tempo del procedimento e l’interesse al rilascio del
provvedimento, in un connubio inscindibile che apre la via risarcitoria solo ove sia lesa
la pretesa sostanziale al bene della vita.
Questo orientamento fa leva sul presupposto che, essendo sconosciuta al nostro
ordinamento la figura dei punitive damages, di origine anglosassone, "il fatto illecito
produce l’obbligazione risarcitoria se ed in quanto esista una lesione da riparare"89.
Pertanto non sarebbe risarcibile il danno da ritardo puro ossia sganciato dalla fondatezza
della pretesa sostanziale.
Così opinando l’interesse procedimentale al rispetto dei tempi dell’azione
amministrativa rivestirebbe un ruolo meramente ancillare nei confronti dell’interesse
legittimo pretensivo, sottostando alle tecniche risarcitorie per esso previste90. In tal
senso l'affidamento del civis all'erogazione del provvedimento nel termine previsto
rimarrebbe sfornito di tutela. Tale assunto si richiama alla pronuncia delle SS.UU. n.
500 del 1999 che avrebbe posto un filtro alla risarcibilità degli interessi legittimi
pretensivi, consentendo il ristoro della lesione dei soli interessi collegati ad un bene
88
Questo orientamento ritiene non risarcibile il danno da mero ritardo ossia il danno che non si
ricolleghi alla spettanza di un bene della vita, sottolineando la natura strumentale degli interessi
procedimentali rispetto all’interesse legittimo pretensivo ed all’utilità sostanziale ad esso correlata.
89 Tar
Puglia, Bari, sez. II, 13 gennaio 2005, n. 56, in www.giustizia-amministrativa.it.
90
L’accertamento degli interessi legittimi pretensivi, ai fini risarcitori, avviene attraverso un giudizio
prognostico dell'organo giurisdizionale sulla fondatezza dell’istanza, giudizio la cui ampiezza è
condizionata dalla natura discrezionale o vincolata del potere amministrativo.
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!237
Capitolo Sesto
della vita, con conseguente esclusione dall’area della risarcibilità degli interessi
meramente procedimentali91.
Secondo altro orientamento92, il danno da ritardo deve, viceversa, essere risarcito ex
se, poichè il tempo rappresenta un bene di per sè meritevole di tutela,
indipendentemente dal riconoscimento dell'utilitas finale.
In questa prospettiva anche la lesione di interessi meramente procedimentali
risulterebbe idonea a produrre un danno risarcibile per la distinta protezione
riconosciuta dall'ordinamento a questa situazione giuridica soggettiva93. Infatti per una
parte della giurisprudenza amministrativa nell’alveo degli interessi tutelati
dall'ordinamento andrebbe annoverato pure l’interesse alla conclusione del
procedimento nel termine previsto.
Invero “l’affidamento del privato alla certezza dei tempi della azione amministrativa
sembra–nell’attuale realtà economica e nella moderna concezione del c.d. rapporto
amministrativo-essere interesse meritevole di tutela in sé considerato, non essendo
sufficiente relegare tale tutela alla previsione e all’azionabilità di strumenti processuali
a carattere propulsivo, che si giustificano solo nell’ottica dell’utilità finale, ma
appaiono poco appaganti rispetto all’interesse del privato a vedere definita con
certezza la propria posizione in relazione a un’istanza rivolta all’amministrazione”94.
91 Secondo le Sezioni Unite della Cassazione “la lesione dell’interesse legittimo è condizione
necessaria ma non sufficiente, per accedere alla tutela risarcitoria ex art. 2043 c.c., attesa la necessità
che risulti leso per effetto dell’attività illegittima e colpevole della p.a. l’interesse al bene della vita al
quale l’interesse legittimo si correla, e che il detto interesse al bene risulti meritevole di tutela alla luce
dell’ordinamento positivo”.
92 Ex plurimis Cons. Stato, sez. IV, ordinanza n. 875 del 2005; (si tratta dell’ordinanza di rimessione
che ha condotto alla decisione della Adun. Plen. Cons. Stato, 15 settembre 2005, n. 7, cit.). Tar Campania,
Napoli, sez. II, 6 settembre-19 ottobre 2007, n. 9739. Cons. Stato, sez. V, 28 febbraio 2011, n. 1271, cit..
Tar Sardegna, Cagliari, sez. I, 21 aprile 2011, n. 423, in www.giustizia-amministrativa.it.
93
D’ORO F., Il danno da ritardo alla luce delle nuove tendenze legislative e giurisprudenziali, in Riv.
amm. repubbl. it., 2009, fasc. 6, 2. In giurisprudenza, ex plurimis, Cons. Stato, sez. IV, ordinanza n. 875
del 2005, in www.giustizia-amministrativa.it. Cons. Stato, sez. V., 28 febbraio 2011, n. 1271, cit.: Il
ritardo nella conclusione del procedimento rappresenta in ogni caso "un costo dal momento che il fattore
tempo costituisce un'essenziale variabile nella predisposizione e nell'attuazione di piani finanziari relativi
a qualsiasi intervento, condizionandone la relativa convenienza economica". In senso conforme anche
Cons. Stato, sez. V, 21 febbraio 2011, n. 1739, in www.giustizia-amministrativa.it.
94
Cons. Stato, sez. IV, ord. n. 875 del 2005, cit..
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Capitolo Sesto
Nel corso del procedimento amministrativo nascono, dunque, situazioni soggettive in
capo al cittadino, strumentali e autonome rispetto all’interesse pretensivo al bene della
vita, cui corrispondono precisi doveri comportamentali della P.A., i quali radicano
nell’istante un ragionevole affidamento circa la loro osservanza. Una diversità di
situazioni giuridiche soggettive che necessariamente tende a tradursi in una
differenziazione sia delle tecniche risarcitorie sia dell’entità del danno ristorabile.
Lungo la scia di questo secondo orientamento giurisprudenziale la risarcibilità del
danno da ritardo ha trovato consacrazione normativa prima nell'art. 2-bis introdotto
dalla l. 69/2009 nel corpus della l. 241/90 e successivamente nell'art. 30 co. IV C.p.a.95.
In conclusione va ribadito come il danno da ritardo, ossia il danno correlato alla
violazione, da parte della amministrazione, del termine entro cui provvedere, si traduca
per cittadino in un danno da incertezza, finalmente risarcibile ex se. L'evoluzione
giurisprudenziale e normativa sul punto rappresenta la prova della definitiva apertura
del diritto amministrativo italiano a quei valori della partecipazione di matrice europea,
funzionali alla massima valorizzazione delle pretese del cittadino nello svolgimento del
rapporto amministrativo. E ciò è possibile grazie al contributo determinante dei principi
comunitari, in special modo dei principi del giusto procedimento e della tutela del
legittimo affidamento, che hanno imposto alla P.A. l'obbligo di rispettare nell’esercizio
della funzione pubblica gli interessi procedimentali del cittadino, in ossequio ai canoni
di legalità e partecipazione normativamente previsti sia a livello comunitario che in
ambito nazionale.
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95
FUSCO R., Brevi note sul risarcimento del “danno da ritardo” alla luce del nuovo codice del
processo amministrativo, in www.giustamm.it, 2010.
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Capitolo Settimo
CAPITOLO SETTIMO
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La tutela giurisdizionale del cittadino nei confronti della pubblica
amministrazione: spunti ricostruttivi
!
Sommario: 7.1. L’ampliamento delle azioni esperibili e l’evoluzione del giudizio
amministrativo dall’atto al rapporto per una tutela giurisdizionale piena ed effettiva. 7.1.1. I
nuovi caratteri dell'annullamento giurisdizionale nel tramonto dei miti della necessaria
retroattività e dell'automatismo. 7.1.2. La vexata quaestio della ammissibilità dell'azione di
accertamento autonomo: excursus storico dalla metà del XX sec. al Codice del Processo
amministrativo. 7.1.3. L'azione risarcitoria e il nodo della "pregiudiziale mascherata".
7.1. L’ampliamento delle azioni esperibili e l’evoluzione del giudizio
amministrativo dall’atto al rapporto per una tutela giurisdizionale piena ed
effettiva
Il principio di effettività della protezione giurisdizionale del cittadino si inserisce nel
più ampio tema dell’effettività quale requisito di esistenza di un ordinamento giuridico1.
L’effettività dei mezzi processuali postula, infatti, la concreta operatività delle norme su
cui il sistema è fondato. Dunque l’effettività della tutela si qualifica in termini di
corollario dell’effettività dell’intero ordinamento giuridico.
Il principio di effettività della tutela giurisdizionale si identifica, tanto nel giudizio
civile quanto in quello amministrativo, in una forma di efficacia dello ius dicere
calibrata sulle situazioni giuridiche sostanziali del ricorrente2. Tale principio deve
1
PIOVANI P., Il significato del principio di effettività, Milano, 1953. IRTI N., Significato giuridico
dell'effettività, Napoli, 2009. ROSELLI F., Il principio di effettività e la giurisprudenza come fonte del
diritto, in Riv. dir. civ., 1998. Sui molteplici significati che il concetto di effettività assume nell'esperienza
giuridica e nel diritto amministrativo D'ALBERTI M., L'effettività e il diritto amministrativo, Editoriale
scientifica, 2011. L'autore attribuisce all'effettività tre significati: a) effettività-fatto; b) effettivitàrisultato; c) effettività-principio.
2
PROTO PISANI A., La tutela di mero accertamento, in Appunti sulla giustizia civile, Bari, 1982, 11.
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!240
Capitolo Settimo
inverarsi, pertanto, in un’attività di tipo processuale che sia capace di assicurare
all’attore il conseguimento del bene della vita agognato3.
Il sistema italiano di giustizia amministrativa risulta fortemente condizionato dal
diritto europeo e segnatamente dai principi di completezza e satisfattività della tutela4.
Come efficacemente osservato i principi comunitari esplicano ormai “un’influenza
determinante su tutta l’attività amministrativa, pre–processuale, processuale e postprocessuale” e cio avviene “tanto nella fase fisiologica della individuazione delle
norme applicabili e della ponderazione degli interessi in relazione ai fini dell’attività
amministrativa, quanto nella fase patologica della rilevazione dei vizi dell’atto, quanto
ancora nella fase strettamente processuale, connotata dal rispetto di precise soglie
minime o standards di tutela”5.
In particolare il giudice è investito della funzione di garantire l’attuazione dei
principi sopra citati, in modo che la pretesa fatta valere dal cittadino possa ottenere in
sede giudiziale massima soddisfazione.
Scopo del processo, infatti, è “il più alto che possa esservi nella vita: e si chiama
giustizia”6. Quest’ultima, in quanto servizio erogato in favore della collettività, deve
essere in grado di offrire agli amministrati risposte celeri e pienamente satisfattive.
L’idea di giustizia postula imprescindibilmente i valori della pienezza e dell'effettività
della tutela.
3
Sui caratteri del principio di effettività della tutela giurisdizionale nell'ambito del giudizio civile
ORIANI R., Il principio di effettività della tutela giurisdizionale, op. cit.. ANDOLINA I.A., Processo ed
effettività della tutela giurisdizionale, in Studi in memoria di A. Bonsignori, Milano, 2004. FAZZALARI
E., Tutela giurisdizionale dei diritti, in Enc. dir., XX, Milano, 1970, 403.
4
DANIELE L., L’effettività della giustizia amministrativa nell’applicazione del diritto comunitario
europeo, op. cit.. TRAVI A., L’effettività della giustizia amministrativa, in AA.VV., Il diritto
amministrativo alle soglie del nuovo secolo. L’opera scientifica di Fabio Merusi, a cura di Benvenuti L.–
Clarich M., ETS, Pisa, 2010.
5
TARULLO S., Il giusto processo amministrativo. Studio sull’effettività della tutela giurisdizionale
nella prospettiva europea, op. cit..
6
CALAMANDREI P., Processo e giustizia, in Riv. dir. proc. 1950, I, 282.
!
!241
Capitolo Settimo
In una tale prospettiva si inserisce anche il processo amministrativo, quale giudizio
teleologicamente orientato al conseguimento di un risultato sostanziale che si identifica
proprio nel riconoscimento della pretesa fatta valere dal ricorrente.
La giustizia amministrativa è stata investita negli ultimi decenni da profonde
trasformazioni sino a giungere ad un vero e proprio cambio di paradigma in molti Paesi
d’Europa, tra cui il nostro. In particolare l'ordinamento italiano registra l’evoluzione del
processo amministrativo da giudizio di natura obiettiva a giudizio di tipo soggettivo7. Si
è così abbandonata la tradizionale prospettiva fondata sul potere e sull’interesse
pubblico per una rinnovata idea della funzione giurisdizionale calibrata sulle pretese del
ricorrente.
Proprio la natura soggettiva del giudizio conferisce, oggi, al cittadino un diritto ad
una tutela giurisdizionale realmente piena ed effettiva, poichè orientata al
soddisfacimento di situazioni giuridiche soggettive di natura sostanziale8.
Tale obiettivo è sicuramente agevolato dalla proliferazione del novero delle azioni
ammissibili nel giudizio amministrativo. Infatti il processo è transitato "da una
concezione meramente formale, propria del vecchio modello di impugnazione, a una
forma di tutela che si contraddistingue per i risultati concreti che è in grado di
garantire, e quindi si proietta al di là dell’annullamento dell’atto amministrativo"9.
Si sviluppa, così, un nuovo sistema di tutele in cui il giudice amministrativo,
attraverso rinnovati poteri e strumenti processuali, assume un ruolo decisivo nel
7
GARCIA DE ENTERRÌA E., Le trasformazioni della giustizia amministrativa, op. cit.: "Il ricorso
giurisdizionale amministrativo ha cessato di essere uno strumento in difesa della mera legalità, difesa
(…) che conduceva, nel migliore dei casi, ad una mera pronuncia di illegittimità e che dunque non
consentiva al ricorrente di ottenere né una soddisfazione (immediata) della pretesa sostanziale soggettiva
né un (successivo) intervento giudiziale utile a conseguirla".
8 L'evoluzione dei rapporti tra il soggetto pubblico e i c.d. amministrati in una direzione democratica e
partecipativa ha contribuito al mutamento dei caratteri del giudizio ammministrativo, che ha spostato il
proprio asse dalla roccaforte dell'interesse pubblico verso gli interessi sostanziali dei ricorrenti. Quanto
accaduto è coevo anche ad un'evoluzione del significato dell'effettività. Sul punto D'ALBERTI M.,
L'effettività e il diritto amministrativo, op. cit.: "L'effettività come principio di diritto, ma anche come
risultato utile ha sostenuto dapprima il potere pubblico, l'azione della pubblica amministrazione, per poi
divenire fattore di compiutezza della tutela delle situazioni giuridiche soggettive degli amministrati: da
balurdo dell'imperium, dell'autorità, è diventata supporto delle libertà e dei diritti".
9
ROMEO G., L’effettività della giustizia amministrativa:principio o mito?, in Dir. proc. amm., n. 3
del 2004, 653.
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!242
Capitolo Settimo
riconoscimento delle prerogative e nell’estensione degli spazi di libertà del cittadino10.
Conquiste valorizzate dalla l. 205/2000 che trovano oggi definitiva consacrazione nel
Codice del processo amministrativo.
Il principio di effettività della tutela giurisdizionale non è certamente un quid novi
nell’ordinamento italiano, essendo scolpito nella Carta costituzionale del ’48,
segnatamente agli art. 2411, 103 e 113.
Con l’affermazione del diritto comunitario, tuttavia, esso riceve nuova linfa,
rigenerandosi in una dimensione di più ampio respiro, proiettata verso l’estensione delle
libertà e delle garanzie del cittadino12. The domestic remedies must be effective13 è lo
slogan imposto dalla Corte di giustizia ai giudici dei Paesi membri.
Il C.p.a. si colloca lungo tale direttrice, positivizzando, da un lato, le conquiste
giurisprudenziali sino ad oggi compiute14 e, dall’altro, lasciando spazi a futuri sviluppi
normativi nel segno dell’ampliamento delle tutele del cittadino. La nuova legge
processuale, infatti, si conforma espressamente ai principi costituzionali ed europei e,
tra questi, fa espresso richiamo al principio di effettività della tutela quale valore
10
SCHINAIA M.E., Evoluzione del processo amministrativo nell’esperienza giurisprudenziale tra
garanzia ed effettività, in Cons. Stato, II, 1997, 317.
11
Corte cost., 2 febbraio 1982, n. 18, in www.giurcost.it. L’art. 24 Cost. rappresenta, secondo i giudici
della Consulta, primario riferimento normativo per l’effettività della protezione giurisdizionale. Infatti
tale principio “va ascritto tra i principi supremi del nostro ordinamento costituzionale, in cui è
intimamente connesso con il principio di democrazia l’assicurare a tutti e sempre, per qualsiasi
controversia, un giudice e un giudizio”. La disposizione accorda tutela non solo ai diritti soggettivi ma
anche agli interessi legittimi, i quali vengono parificati ai diritti soggettivi quanto a possibilità di azione in
giudizio. Sul ruolo dell'art. 24 Cost., quale fondamento del principio di effettività della tutela
giurisdizionale, vedasi anche COMOGLIO L.P., Giurisdizione e processo nel quadro delle garanzie
costituzionali, in Riv. trim. dir. proc. civ. 1994, 1063.
12
CARINGELLA F.-PROTTO M., Codice del nuovo processo amministrativo, Dike, 2010.
L’influenza comunitaria ha plasmato, infatti, il sistema italiano di giustizia amministrativa dischiudendo
scenari imprevedibili. Il principio comunitario dell’effettività della tutela giurisdizionale viene oggi
ampliato e sviluppato dagli ordinamenti nazionali, sulla base di standards minimi di protezione imposti
dal diritto sovranazionale, in un contesto integrato orientato alla massima protezione dei diritti e delle
libertà del singolo. A riguardo si rinvia in giurisprudenza a Cgce, 15 aprile 2010, in causa C-542/08,
Friedrich, cit.. Cgce, 6 ottobre 2009, in causa C-40/08, Asturcom, cit..
13
Così Cons. Stato, sez. IV, 2 marzo 2010, n. 1220, in www.giustizia-amministrativa.it.
14
Nella relazione di accompagnamento al Codice del processo amministrativo il legislatore delegato
definisce l’effettività come la “capacità del processo di conseguire risultati nella sfera sostanziale, e ciò
per quanto più è possibile (quindi quando non vi ostino sicure preclusioni processuali)”.
!
!243
Capitolo Settimo
cardine dell’intero sistema giurisdizionale15. L’art. 1 del C.p.a., infatti, espressamente
recita: “La giurisdizione amministrativa assicura una tutela piena ed effettiva secondo i
principi della Costituzione e del diritto europeo”.
Il principio di pienezza ed effettività della tutela è applicato nell'ordinamento italiano
sia alle situazioni soggettive comunitarie sia alle situazioni soggettive di origine
nazionale.
A ben vedere questa espansione delle tutele discende dalla generale capacità dei
principi comunitari di condizionare, in via diretta o riflessa, i sistemi giuridici statuali,
innescando altresì meccanismi di imitazione o contagio cha rafforzano la protezione
delle situazioni soggettive individuali indipendentemente dalla fonte di produzione16.
Il C.p.a. si pone quale importante tappa di sviluppo del principio di pienezza ed
effettività della tutela17, consacrando le conquiste giurisprudenziali sul giudizio
amministrativo inteso oggi come giudizio, non più limitato all’atto impugnato, ma
esteso al rapporto intersoggettivo controverso18. Il mutamento dell'oggetto del giudizio
15
Poiché l’art. 1 C.p.a. aggancia il principio di effettività della tutela ai principi del diritto europeo, il
giudice amministrativo deve dare rilevanza a due “serbatoi di regole sostanziali”, affermate sia dalla
Corte di Lussemburgo sia dalla Corte di Strasburgo. Il primo gruppo di regole–che in questa sede
particolarmente interessa-è riassunto nella previsione dell’art. 340 del TFUE (rubricato “principi generali
comuni ai diritti degli Stati membri”), il quale attribuisce rilevanza alla certezza del diritto, alla
intangibilità degli effetti delle decisioni giurisdizionali, al rispetto del legittimo affidamento, al principio
di proporzionalità.
16 Sull'argomento anche FRENI F.-DE LUCA F., Effettività della tutela e giusto processo
amministrativo, op. cit.: "Con l'entrata in vigore dell'art. 1 del codice (...) lo standard di tutela
sovranazionale non opera più con riguardo alla sola violazione del diritto comunitario, bensì trova
concreta applicazione anche in presenza di un'inosservanza di disposizioni interne, incidenti su materie
sottratte alla competenza europea. (...) Su tale profilo preme sottolineare come non assuma più alcuna
rilevanza la distinzione tra fonte europea e nazionale della situazione giuridica azionata. In tutte le
ipotesi in cui il privato lamenti una indebita compressione della propria situazione soggettiva (in esito ad
atti, provvedimenti, accordi o comportamenti amministrativi) anche di sola origine nazionale, egli dovrà
ricevere il più elevato livello di tutela tra quelli predisposti dal diritto nazionale e dal diritto europeo".
17
RAGANELLI B., Efficacia della giustizia amministrativa e pienezza della tutela, op. cit..
MARUOTTI L., La giurisdizione amministrativa: effettività e pienezza della tutela, in www.giustamm.it,
2010.
18
Questa tesi risale ad una felice intuizione di A. Piras risalente agli anni Sessanta del secolo scorso.
Vedasi in proposito PIRAS A., Interesse legittimo e giudizio amministrativo, op. cit.. L'autore è stato il
primo a sostenere la necessità di un'evoluzione del giudizio amministrativo dall'atto al rapporto
intersoggettivo controverso. Sulla centralità del rapporto amministrativo nell'attuale contesto storico si
segnala il contributo di PROTTO M., Il rapporto amministrativo, Giuffrè, Milano, 2008.
In giurisprudenza, ex plurimis, Adun Plen. Cons. Stato, 23 marzo 2011, n. 3. Tar Lombardia, sez. III, 8
giugno 2011, n.1428. Cons. Stato, sez. VI, 9 febbraio 2009, n. 713, in www.giustamm.it. Cass. Sez. Un.,
23 dicembre 2008, n. 30254, in www.cortedicassazione.it.
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Capitolo Settimo
amministrativo implica una rivisitazione degli istituti del processo. Si assiste, infatti,
all'ampliamento del novero delle azioni esperibili con conseguente superamento di quel
modello di tutela esclusivamente caducatorio19 che tradizionalmente offriva agli
interessi pretensivi una protezione lacunosa e ineffettiva20. Invero il processo
meramente demolitorio, che aveva nell'atto il proprio irrinunciabile fulcro, è
un'immagine che ormai si "allontana e sbiadisce" (Ferrara L.).
È attualmente condiviso l’assunto che il provvedimento non sia più l’oggetto
esclusivo del giudizio amministrativo, bensì ne rappresenti una semplice “occasione”,
in conformità ai principi costituzionali che affidano al giudice amministrativo il compito
di tutelare l'interesse legittimo quale situazione giuridica sostanziale.
La cognizione del giudice amministrativo è estesa al rapporto e agli interessi delle
parti, onde verificare la spettanza del bene della vita21, vero obiettivo del ricorrente che
19 Sull'esigenza di abbandonare la concezione meramente impugnatoria del giudizio amministrativo,
tra i tanti contributi, GRECO G., L’accertamento autonomo del rapporto nel giudizio amministrativo,
Milano 1980. VAIANO D., Pretesa di provvedimento e processo amministrativo, Milano, 2002.
20
In ordine alla storica e atavica ineffettività del sistema di tutela degli interessi legittimi pretensivi
FOÀ S., Giustizia amministrativa e pregiudizialità costituzionale comunitaria e internazionale, Jovene,
Napoli, 2011: "La tipicità dell'azione di annullamento era coerente con la visione originaria del processo
amministrativo come un processo impostato sulla tutela degli interessi legittimi oppositivi ai quali
corrispondeva una pretesa ad un non facere in capo all'amministrazione, cioè un dovere di astensione
dall'emanare il provvedimento restrittivo della sfera giuridica dell'interessato: siffatta visione non
corrisponde più all'evoluzione legislativa e giurisprudenziale che ha attribuito rilevanza e pari dignità
agli interessi legittimi pretensivi". In argomento anche BARBIERI E.M., La giustizia amministrativa
sulla via dell’effettività, in Foro amm., n. 4 del 2001, 1551. Per decenni il sistema della giustizia
amministrativa è stato tutto tranne che effettivo in quanto modellato su un giudizio oggettivo caducatorio,
idoneo ad offrire tutela ai soli interessi legittimi oppositivi. Gli interessi pretensivi rimanevano sforniti di
una protezione piena ed effettiva. ROEHRSSEN G., I problemi della giustizia amministrativa, in Cons.
Stato 1980, II, 629. SANDULLI A.M., La giustizia nell’amministrazione, in Scritti giuridici, Napoli, vol
V, 1990. MERUSI F.-SANVITI, L’ingiustizia amministrativa in Italia, Bologna, 1986. NIGRO M., È
ancora attuale una giustizia amministrativa?, in Foro it. 1983. GIANNINI M.S.–PIRAS A.,
Giurisdizione amministrativa e giurisdizione ordinaria nei confronti della pubblica amministrazione, in
Enc. dir., XIX, Milano, 1970, 294: "Il congegno da noi vigente è non un sistema, ma un parasistema.
Crea ingiustizia e genera disordine sociale. Abbiamo cioè un parasistema i cui difetti sono irreversibili.
(...) È un falso problema, dunque, quello che taluni prospettano di una riforma del sistema di giustizia
amministrativa, in Italia. Qui non vi è nulla da modificare. vi è solo da cambiare in radice".
21 BARBIERI E.M., La giustizia amministrativa sulla via dell’effettività, op. cit.: “Di effettività della
giustizia amministrativa si potrà parlare quando al termine del processo amministrativo, inteso in tutte le
sue articolazioni, il ricorrente potrà dire di avere conservato o ottenuto il bene della vita in funzione del
quale egli invoca un legittimo esercizio dell’attività amministrativa”. VOLPE C., Profili di effettività
nella disciplina processuale del risarcimento del danno da lesione di interessi legittimi, in
www.giustamm.it. Ad avviso dell’autore l’effettività, quale proiezione processuale del principio di
efficacia, ha condotto l’ordinamento italiano ad identificare l’obiettivo finale del processo
nell’attribuzione di una res e non nel mero annullamento del provvedimento impugnato. Il processo deve,
invero, assicurare il conseguimento del bene della vita anelato da chi agisce in giudizio.
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Capitolo Settimo
aziona la macchina giudiziaria. In questa direzione la funzione giurisdizionale procede
ad ampie falcate verso l'effettività della tutela.
Passando ora all’esame dei contenuti del principio de quo, va sottolineato, in via
preliminare, come l’effettività della tutela sia “un valore, per un verso, relativo e
storicamente mutevole, nel senso che ne sono riconoscibili diverse interpretazioni
nonché diverse gradazioni e sfaccettature”22.
Il sistema amministrativo italiano, per erogare una tutela realmente piena ed effettiva,
deve essere in grado di assicurare al ricorrente le seguenti condizioni:
1) la possibilità di agire in giudizio per la tutela delle situazioni giuridiche soggettive
di cui si è titolari;
2) il diritto di di rivolgersi ad un giudice terzo e imparziale;
3) il diritto alla prova, da intendersi come possibilità di avvalersi, in condizioni di
parità nel processo, di tutti gli strumenti probatori previsti dall’ordinamento;
4) il diritto di ottenere in un tempo ragionevole un provvedimento di merito sulla
fondatezza della domanda e, in caso di accoglimento, un provvedimento che sia
satisfattivo dell’interesse sostanziale del ricorrente23;
5) il diritto al rilascio di misure cautelari satisfattive;
6) il diritto di ottenere l’esecuzione concreta ed effettiva del dictum della sentenza.
Certamente il principio comunitario di effettività della tutela giurisdizionale
interferisce con la tematica delle azioni esperibili nei singoli ordinamenti statuali ed in
particolare nell'ordinamento italiano24. Da un sistema processuale esclusivamente
demolitorio la giustizia amministrativa nel nostro Paese è traghettata verso un modello
22 LAMORGESE A., L’effettività della tutela nell’esperienza giurisprudenziale, in www.giustamm.it,
2008. Per una ricostruzione storico–evolutiva del fenomeno PAJNO A., La funzione giurisdizionale del
Consiglio di Stato ai tempi di Santi Romano Presidente: l’effettività della tutela giurisdizionale, in
www.astrid.it.
23
CHIOVENDA G., Principi di diritto processuale civile, op. cit.: "Il processo deve dare per quanto
è possibile praticamente a chi ha un diritto tutto quello e proprio quello ch’egli ha diritto di conseguire".
24
CHITI M.P., L’effettività della tutela giurisdizionale tra riforme nazionali e influenza del diritto
comunitario, in Dir. proc. amm., n. 3 del 1998, 502.
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!246
Capitolo Settimo
atipico di protezione giurisdizionale25, in cui a fianco dell’azione di annullamento
convivono e sono esperibili, in forma alternativa o cumulativa, azioni risarcitorie, di
accertamento e di condanna26.
Una piena, completa ed effettiva protezione delle istanze del singolo postula
imprescindibilmente un sistema giurisdizionale costruito sui principi di pluralità ed
atipicità delle forme di tutela, quali indissolubili corollari del principio di effettività27.
Il C.p.a., attraverso una disciplina organica del processo, si colloca nel solco
dell’effettività della tutela, in primo luogo con l’estensione delle azioni esperibili
(cautelari, risarcitorie e di condanna)28. Ad esse la giurisprudenza amministrativa
25
CARINGELLA F., Architettura e tutela dell'interesse legittimo dopo il codice del processo
amministrativo: verso il futuro, op. cit.. Secondo l'autore attualmente "a fronte di un interesse legittimo
che vede al centro della sua architettura il bene della vita, o meglio l’interesse materiale ad un bene della
vita, devono essere esperibili tutte le azioni che siano necessarie per tutelare in concreto l’interesse
sostanziale" del ricorrente anche alla luce dei principi comunitari ed europei. Di conseguenza "sono
proponibili tutte le azioni atipiche che siano necessarie per soddisfare esigenze di protezione che le tutele
regolate non sono in grado di soddisfare in modo adeguato (si pensi all’azione di accertamento atipica
reputata ammissibile dalla decisione n. 15/2011 del Consiglio di Stato); dall’altro, che anche le azioni
tipiche presentano un profilo di atipicità in quanto il legislatore, nel prevedere un’azione, non può
predeterminare in astratto il contenuto delle domande proponibili a tutela di una determinata posizione,
contenuto ricavabile solo in ragione della specificità della lesione che viene in rilievo nel caso concreto e
del bisogno di tutela che deve essere correlativamente appagato. Il principio di atipicità non concerne
quindi solo il novero delle azioni proponibili, con conseguente superamento del dogma del numerus
clausus, ma anche e forse soprattutto il contenuto concreto delle azioni tipizzate in modo astratto, e
quindi necessariamente incompleto, dal legislatore".
26
TARULLO S., Costituzione europea ed effettività della tutela giurisdizionale amministrativa, in
www.giustamm.it. In virtù del principio dell’autonomia processuale degli Stati membri,“ai legislatori
nazionali è lasciata facoltà di scegliere le concrete modalità tecnico-operative che andranno a
caratterizzare i singoli processi all’interno degli Stati membri: il tipo di azione proponibile (dichiarativa,
costituiva o di condanna), il plesso giurisdizionale (ordinario o speciale, individuale o collegiale), il
lasso di tempo entro il quale l’azione va promossa (decadenza, prescrizione), gli strumenti per portarla
ad esecuzione (esecuzione in via giurisdizionale, amministrativa, ecc.), il modello di pronuncia (sentenza,
ordinanza, decreto), i mezzi di gravame”. Ma il principio della autonomia processuale degli Stati membri
rinviene due temperamenti nei principi comunitari di equivalenza e di effettività della tutela, i quali
erodono la discrezionalità dei pubblici poteri nazionali nella tutela delle situazioni di origine comunitaria.
27
In dottrina RAGANELLI B., Efficacia della giustizia amministrativa e pienezza della tutela, op.
cit.. ORSI BATTAGLINI A., Alla ricerca dello stato di diritto, per una giustizia “non amministrativa”,
op. cit.. CLARICH M., Tipicità delle azioni e azioni di adempimento nel processo amministrativo, in Dir.
proc. amm., 2005. DOMENICHELLI V., Le azioni nel processo amministrativo, in Dir. proc. amm., 2006.
TORCHIA L., Le nuove pronunce nel Codice del processo amministrativo, in www.giustiziaamministrativa.it, 2010.
28
CAPONIGRO R., Il principio di effettività della tutela nel codice del processo amministrativo, in
www.giustizia-amministrativa.it, 2010. Sulla esperibilità in via generale dell'azione di condanna dinanzi
al giudice amministrativo, di recente Adun. Plen. Cons. Stato, 23 marzo 2011, n. 3, in www.giustamm.it.
!
!247
Capitolo Settimo
aggiunge l'azione di accertamento atipica29 e l'azione di esatto adempimento30 che, sia
pure non consacrate a livello normativo, vengono pacificamente ammesse31.
Con riferimento alla tutela cautelare32, il C.p.a. sviluppa l’impianto sul contenuto
atipico delle misure cautelari, introdotto dalla l. 205/2000. Nell'alveo di una
giurisdizione ormai sempre più votata all'accertamento del rapporto intersoggettivo
controverso33, la cautela da mero “incidente” a carattere eventuale diviene snodo
29
Sull’evoluzione delle forme di tutela attivabili nel giudizio amministrativo MORBIDELLI G., Le
tecniche di tutela dell’interesse legittimo: verso l’azione atipica di accertamento?, Atti del convegno
“Riparto, responsabilità, pregiudiziale e tecniche di tutela: la giurisprudenza amministrativa tra storia e
attualità”, Consiglio di Stato, Roma, 27 maggio 2009. GRECO G., L’accertamento autonomo del
rapporto nel giudizio amministrativo, op. cit.. Tra i primi a riconoscere l'esperibilità di un'azione di
accertamento nel processo amministrativo CAMMEO, F. Corso di diritto amministrativo, op. cit..
Successivamente GUICCIARDI E., Sentenze dichiarative del giudice amministrativo?, in Giur. it., III,
1951, 121.
30 Tar
Lombardia, sez. III, 8 giugno 2011, n. 1428, cit..
31 Più in generale sugli strumenti di tutela esperibili oggi nel processo amministrativo, senza pretese
di esaustività. CLARICH M., Le azioni nel processo amministrativo tra reticenze del Codice e apertura a
nuove tutele, in www.giustizia-amministrativa.it, 2010. CARBONE A., L'azione di adempimento nel
processo amministrativo, Giappichelli, 2012. FOLLIERI E., Le azioni di annullamento e di adempimento
nel codice del processo amministrativo, in www.giustamm.it, 2010. RAIMONDI S., Le azioni, le
domande proponibili e le relative pronunzie, in www.giustamm.it, 2010. VELTRI G., Le azioni di
accertamento, adempimento, nullità ed annullamento nel codice del processo amministrativo, in
www.giustizia-amministrativa.it, 2011. GISONDI F., Nuovi strumenti di tutela nel codice del processo
amministrativo, in www.giustizia-amministrativa.it, 2011.
32
Tra i più recenti contributi si segnalano LUMETTI M.V., Processo amministrativo e tutela
cautelare, Cedam, 2012. GIOVAGNOLI R., Il giudizio cautelare, Giuffrè, 2012. AA.VV., La tutela
cautelare e sommaria nel nuovo processo amministrativo, a cura di F. Freni, Giuffrè, Milano, 2011.
LEONARDI R., La tutela cautelare nel processo amministrativo, Giuffrè, 2010. Sull'influenza della
giurisprudenza comunitaria sul sistema di tutela cautelare italiano MUSSELLI L., La giustizia
amministrativa dell'ordinamento comunitario, op. cit..
33 TARULLO S., Il giusto processo amministrativo. Studio sull’effettività della tutela giurisdizionale
nella prospettiva europea, op. cit.: "La cautela esclusivamente sospensiva poteva apparire in linea con un
processo amministrativo-quello delle origini-imperniato sull'esclusivo sindacato di legittimità dell'atto
impugnato e condotto nell'ottica di una giurisdizione di diritto oggettivo, teso cioè a verificare l'operato
dell'amministrazione più che a tutelare il singolo. Ma con la progressiva emersione di una giurisdizione
di tipo soggettivo, indubbiamente più conforme al quadro costituzionale, si è approdati ad un processo di
parti nel senso proprio del termine. Si è così iniziato a celebrare, nelle aule della giustizia
amministrativa, un giudizio mirato alla tutela delle situazioni giuridiche soggettive private non meno che
al sindacato sull'esercizio del potere".
!
!248
Capitolo Settimo
centrale del processo34. In tal senso di significativo impatto sul sistema è l’introduzione
dell'istituto della tutela cautelare monocratica ante causam35.
Da ultimo occorre verificare il grado di interferenza tra il principio di effettività della
tutela, oggi positivizzato a livello europeo, e il principio costituzionale del giusto
processo di cui all’art. 111 I co. Cost.36, stante la parziale sovrapposizione tra i
medesimi. Se tradizionalmente si considerava il principio del giusto processo quale
standard di tutela interno a protezione delle situazione giuridiche conferite da norme
nazionali ed il principio di effettività quale baluardo per le sole situazioni soggettive di
origine comunitaria, attualmente tale distinzione sembra superata con l’entrata in vigore
del C.p.a., in quanto gli standards di tutela comunitari si applicano a qualsivoglia
situazione giuridica soggettiva, indipendentemente dalla fonte e dunque anche in ambiti
di esclusiva competenza statale.
7.1.1. I nuovi caratteri dell'annullamento giurisdizionale nel tramonto dei miti
della necessaria retroattività e dell'automatismo
È fuor di dubbio come, a seguito della capillare infiltrazione dei principi comunitari
negli ordinamenti processuali nazionali, sia in atto una mutazione nello scenario italiano
della giustizia amministrativa tanto dei tratti distintivi quanto delle modalità operative
della sentenza costitutiva di annullamento.
34
Ciò sotto due profili:
a) per la celerità, efficacia ed efficienza della misura che può intervenire a tutela del ricorrente, sia
conservando inalterata la situazione in attesa della decisione di merito, sia anticipando quest’ultima con
l'adozione da parte del giudice di ogni misura idonea ad assicurare interinalmente gli effetti della
decisione di merito;
b) poiche rappresenta l’unica possibilità d’investire il giudice della conoscenza del ricorso prima che
sia fissata l’udienza di discussione.
Queste disposizioni fanno diventare la Camera di consiglio per l’esame della misura cautelare uno
snodo cruciale per l’integrazione del contraddittorio, l’acquisizione istruttoria e la fissazione ravvicinata
dell’udienza di trattazione.
35
FOLLIERI E., Le novità del codice del processo amministrativo sulle misure cautelari, in
www.giustamm.it, 2010.
36
TARULLO S., Costituzione europea ed effettività della tutela giurisdizionale amministrativa, op.
cit.. Sull'accresciuta centralità del cittadino nel processo amministrativo STIPO M., La giurisdizione
amministrativa nell'odierno ordinamento democratico, in La funzione amministrativa e il suo giudice alla
luce delle recenti modifiche della Costituzione, a cura dell'ANMA, Giappichelli, 2003: "Il privato (il
ricorrente) non è più il Titano che va all'assalto dell'Olimpo ma è parte in senso formale e in senso
sostanziale, al pari della p.a., ed ove, alla luce dell'art. 111 Cost. novellato, deve sussistere una
simmetrica parità delle posizioni e dei poteri processuali delle parti".
!
!249
Capitolo Settimo
Come già evidenziato, l'esigenza di fornire al ricorrente una tutela giurisdizionale
concretamente satisfattiva ha determinato l'evoluzione del giudizio amministrativo da
una concezione oggettiva, incentrata sull'interesse pubblico e sul principio di legalità
formale, verso un giudizio soggettivo costruito intorno al soddisfacimento delle pretese
individuali.
In un tale scenario il paradigma della sentenza demolitoria, oltre a perdere centralità
per il concorso di nuove azioni37, vede ridefinite le proprie caratteristiche, per mano di
una giurisprudenza sempre più attenta, in sede processuale, ai bisogni e agli interessi del
cittadino.
Il dogma della necessaria caducazione in sede giurisdizionale dell'atto
amministrativo illegittimo è oggi messo in discussione dal principio secondo il quale
l'annullamento ope iudicis non sarebbe più, come in passato, effetto conseguente ed
automatico dell'accertamento di un vizio di legittimità.
In molte fattispecie il ricorrente potrebbe non avere alcun interesse all'annullamento
dell'atto (ad es. perchè l'atto ha già esaurito i suoi effetti oppure perchè il ricorrente ha
esclusivo interesse al risarcimento del danno38), sicchè ben può il giudice accertarne
l'illegittimità (in via principale o incidentale) senza caducarlo. In base agli insegnamenti
comunitari le modalità e le caratteristiche dei rimedi giurisdizionali devono essere
commisurati agli interessi sostanziali dell'individuo, affinchè la tutela, lungi dal rivelarsi
formale e asfittica, possa conseguire obiettivi concreti nella di lui sfera giuridica.
La pronuncia costitutiva di annullamento del giudice amministrativo, oltre a liberarsi
del dogma dell'automatismo, può dirsi attualmente svincolata anche dalla regola della
necessaria retroattività.
37
Contra SCOCA S.S., L'effettività della tutela nell'azione di annullamento, in www.giustamm.it,
2012, secondo cui l'azione di annullamento sarebbe ancora centrale nel nuovo processo amministrativo
inaugurato dal d.lgs. 104/2010.
38 Ai
sensi dell'art. 34 co. III C.p.a. "quando, nel corso del giudizio, l'annullamento del provvedimento
impugnato non risulta più utile per il ricorrente, il giudice accerta l'illegittimità dell'atto se sussiste
l'interesse ai fini risarcitori". In giurisprudenza Cons. Stato, sez. V, 12 maggio 2011, n. 2817, in
www.giustizia-amministrativa.it, secondo cui poichè il più (l'annullamento) contiene il meno
(l'accertamento), il giudice può limitarsi ad un accertamento dell'illegittimità dell'atto ai soli fini
risarcitori, senza esito di annullamento.
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!250
Capitolo Settimo
Tradizionalmente l’annullamento ope iudicis di un provvedimento illegittimo ha
sempre comportato l'eliminazione del medesimo ex tunc, con rimozione di ogni effetto
medio tempore dispiegato dall’atto. Questo assunto, un tempo granitico, attualmente
vacilla a seguito di un'interpretazione evolutiva dell'istituto offerta dalla giurisprudenza
amministrativa.
In particolare, come affermato dal Consiglio di Stato nel 201139, il giudice
amministrativo può graduare gli effetti della sentenza di annullamento conferendo ad
essa efficacia ex nunc40, oppure può limitarsi ad accertare l'illegittimità del
provvedimento, ove il ricorrente abbia interesse alla sola conformazione pro futuro
degli esiti dell'azione amministrativa41.
Ciò è possibile in quanto il tradizionale annullamento retroattivo del provvedimento
impugnato ha, da sempre, il proprio fondamento non già in un'espressa disposizione di
39
Cons. Stato, sez. VI, 10 maggio 2011, n. 2755, in www.giustamm.it, con Nota di GALLO C.E., I
poteri del giudice amministrativo in ordine agli effetti delle proprie sentenze di annullamento, in Dir.
proc. amm. n. 1 del 2012; con Nota di GIUSTI A., La nuova sentenza di annullamento nella recente
giurisprudenza del Consiglio di Stato, in Dir. proc. amm. n. 1 del 2012; con Commento di MACCHIA
M., L'efficacia temporale delle sentenze del giudice amministrativo: prove di imitazione, in Giorn. dir.
amm. n. 2 del 2011. Le argomentazioni dei giudici di Palazzo Spada sono riprese e sviluppate da Tar
Abruzzo, Pescara, sez. I, 13 dicembre 2011, sentenze nn. 693, 695, 696, 697, 698, 699, 700, in
www.giustizia-amministrativa.it. Per un primo commento si rinvia a RAGAZZO M., L'effettività della
tutela giurisdizionale tra pianificazione urbanistica e valutazione ambientale, in Dir. serv. pubbl., 2012.
40
MACCHIA M., L'efficacia temporale delle sentenze del giudice amministrativo: prove di
imitazione, op. cit..
Il problema della graduazione degli effetti della sentenza di annullamento è noto anche in ambito
comunitario, laddove la Corte di Giustizia tende a modulare gli effetti delle proprie pronunce caducatorie
limitandone o escludendone la retroattività.
41
In giurisprudenza Cons. Stato, sez. VI, 10 maggio 2011, n. 2755, cit.. In senso conforme Cons.
Stato, sez. V, 26 gennaio 2012, n. 340, in www.giustizia-amministrativa.it. In dottrina CARINGELLA F.,
Architettura e tutela dell'interesse legittimo dopo il codice del processo amministrativo: verso il futuro,
op. cit.: Ad avviso dell'autore "uno dei caratteri peculiari dell’annullamento per illegittimità del
provvedimento amministrativo risiede nella caducazione del provvedimento con efficacia ex tunc, ed il
conseguente travolgimento di tutti gli effetti medio tempore prodotti dall’atto. Tale impostazione, data
ormai per acquisita dalla giurisprudenza assolutamente pacifica e consolidata, è stata revocata in dubbio
dalla recentissima pronuncia del Consiglio di Stato, sez. VI, 10 maggio 2011, n. 2755, la quale, in
applicazione dei principi di giustizia sostanziale di effettività e proporzionalità della tutela giudiziaria, di
derivazione comunitaria, ha sfatato il dogma della necessaria retroattività dell’annullamento dell'atto
illegittimo".
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Capitolo Settimo
legge, bensì in una prassi, come tale derogabile nelle ipotesi in cui l’annullamento
dell’atto risulti non satisfattivo o a fortiori lesivo degli interessi del ricorrente42.
La tutela del cittadino, alla stregua dei principi comunitari, deve essere, infatti, piena
ed effettiva e non meramente formale o apparente, sicchè a tale obiettivo devono
orientarsi gli strumenti di tutela azionati.
Inoltre è lo stesso C.p.a. ad attribuire in più disposizioni al giudice amministrativo il
potere di definire la portata delle proprie decisioni. In primo luogo all'art. 1 ai sensi del
quale "la giurisdizione amministrativa assicura una tutela piena ed effettiva secondo i
principi della Costituzione e del diritto europeo".
Poi all'art. 34 co. 1 lett. a) che in caso di accoglimento del ricorso, assegna all'organo
giurisdizionale, nei limiti della domanda, "il compito di annullare in tutto o in parte il
provvedimento impugnato, presupponendo una valutazione circa l'estensione del potere
demolitorio"43.
Successivamente agli artt. 121 e 122, in materia di appalti, ove il legislatore
attribuisce al giudice amministrativo il potere di determinare in concreto gli effetti delle
proprie pronunce. Disposizioni queste ultime di settore ma suscettibili di applicazione
generalizzata.
Occorre, infine, osservare come il crescente processo di ibridazione tra l'ordinamento
comunitario e gli ordinamenti nazionali favorisca l'estensione delle tecniche processuali
proprie della Corte di Lussemburgo al giudizio amministrativo italiano.
42
Cons. Stato, sez. VI, 10 maggio 2011, n. 2755, cit.. Inoltre secondo il Supremo Consesso "il giudice
amministrativo, nel determinare gli effetti delle proprie statuizioni, deve ispirarsi al criterio per cui esse,
anche le più innovative, devono produrre conseguenze coerenti con il sistema (e cioè armoniche con i
principi generali dell'ordinamento, e in particolare con quello di effettività della tutela) e congruenti (in
quanto basate sui medesimi principi generali, da cui possa desumersi in via interpretativa la regula iuris
in concreto enunciata)". Contra TRAVI A., Accoglimento dell'impugnazione di un provvedimento e non
annullamento dell'atto illegittimo, in Urb. e app. 2011, 938. Secondo l'autore nel C.p.a. non vi sono
disposizioni che autorizzano il giudice amministrativo a determinare gli effetti della pronuncia di
annullamento. Questo perchè "nel nostro ordinamento l'azione di annullamento ha un contenuto tipico,
che si esprime proprio nella circostanza che gli effetti dell'accoglimento della domanda sono quelli
previsti dalla legge". Anche in un sistema processuale, sempre più ispirato al principio di atipicità delle
azioni, "la tipicità dell'azione di annullamento non è in discussione", poichè "il dibattito sulla atipicità
riguarda l'ammissibilità di azioni ulteriori rispetto a quelle codificate negli artt. 29-31 C.p.a.". In
definitiva "la sentenza non convince, perchè il giudice si è arrogato un potere (quello di escludere
l'annullamento dell'atto amministrativo) che presuppone una disposizione di legge che non esiste".
43
FOÀ S., Il giudice amministrativo tra effettività della tutela e suggestioni della Corte di Giustizia:
ipotesi di annullamento ex nunc del provvedimento illegittimo, in www.federalismi.it, 2012.
!
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Capitolo Settimo
Nel corso dei decenni il giudice europeo ha "in via pretoria (...) utilizzato ed
accresciuto il potere di definire l'efficacia nel tempo delle proprie pronunce44. Inoltre
nell'esercizio di tale potere la Corte di giustizia "ha da tempo affermato che il principio
dell'efficacia ex tunc dell'annullamento, seppur costituente la regola, non ha portata
assoluta", attribuendosi il potere di dichiarare l'annullamento, totale o parziale, di un
atto anche con effetto ex nunc45, alla luce dei principi di effettività ed atipicità della
tutela.
In definitiva oggigiorno le regole dell'automatismo e della retroattività
dell'annullamento possono essere derogate dal giudice amministrativo italiano laddove
le stesse non siano utili al soddisfacimento della pretesa del ricorrente nel quadro dei
principi europei di pienezza ed effettività che presiedono al corretto esercizio della
funzione giurisdizionale46.
!
!
!
7.1.2. La vexata quaestio della ammissibilità dell'azione di accertamento
autonomo: excursus storico dalla metà del XX sec. al nuovo Codice del processo
amministrativo
44
In ordine all'efficacia delle sentenze della Corte di giustizia PARODI G., Gli effetti temporali delle
sentenze di annullamento e di invalidità della Corte di giustizia delle Comunità europee, in Quaderni
regionali 2007, 319. NOCERINO GRISOTTI A., Effetti ex nunc dell'annullamento di atti comunitari e
principi dell'ordinamento italiano, in Dir. com. sc. int. 1988. FOÀ S., Il giudice amministrativo tra
effettività della tutela e suggestioni della Corte di Giustizia: ipotesi di annullamento ex nunc del
provvedimento illegittimo, op. cit..
45
Cgce, 5 giugno 1973, in causa C-81/72, Commissione CE c. Consiglio CE, cit.. In senso conforme
Cgce, 25 febbraio 1999, in causa C-164-165/97, Parlamento c. Consiglio, in Racc. 1999. Questo
principio trova ulteriore conferma nell'art. 264 del TFUE che attribuisce espressamente alla Corte di
giustizia il potere di precisare "gli effetti dell'atto annullato che devono essere considerati definitivi".
46
La tutela demolitoria non produce più necessariamente e contestualmente effetti eliminatori,
ripristinatori e conformativi, ma il giudice può selezionare e modulare gli effetti in ragione dell'interesse
del ricorrente. Ad es. il privato potrebbe aspirare, a seconda dei casi, ad un accertamento incidentale
dell'illegittimità dell'atto ai soli fini risarcitori oppure ad una sentenza di annullamento con riferimento ai
soli effetti conformativi. In quest'ottica la modulazione degli effetti dell'annullamento giurisdizionale, da
parte del giudice amministrativo, viene posta a garanzia del principio di effettività della tutela delle
situazioni soggettive individuali (Cons. Stato, sez. VI, 9 marzo 2011, n. 1488, in www.giustamm.it).
!
!253
Capitolo Settimo
Nell'ordinamento processuale amministrativo si discute da tempo della ammissibilità
di un'azione di accertamento atipica47.
Il processo amministrativo non ha vissuto, sfortunatamente, quella stagione di studi
della scienza processual-civilista caratterizzata dall'elaborazione di una teorica dei
rimedi giurisdizionali, articolata nelle azioni di accertamento, costitutive e di condanna.
Ciò a causa della ricostruzione in chiave esclusivamente demolitoria del giudizio,
con conseguente emarginazione di ogni tipologia di azione diversa ed ulteriore48.
Questo granico orientamento ha da sempre fatto leva sugli artt. 26 e 34 del R.d.
1054/1924, alla stregua dei quali oggetto del processo amministrativo sarebbe solo il
provvedimento impugnato49.
Un simile assetto di tutela è sempre apparso fortemente deficitario nei confronti degli
interessi legittimi pretensivi, per i limiti strutturali e funzionali della pronuncia
caducatoria di annullamento.
Il cammino verso l'apertura del sistema a nuove e più generali forme di tutela non è
stato certamente facile.
Quanto all'azione di accertamento, i giudici amministrativi, intorno agli anni ’40 del
secolo scorso, hanno iniziato a svincolare dal rispetto delle regole dell'annullamento i
giudizi sui rapporti paritetici, limitatamente ai diritti a contenuto patrimoniale50,
esaltando l'effetto dichiarativo in luogo dell'effetto costitutivo.
47
Per una ricostruzione delle ragioni a sostegno dell'esperibilità di un'azione di accertamento
autonoma nell'alveo della giurisdizione amministrativa PEPE G., La Dia: natura, regime giuridico e
strumenti di tutela del terzo, in www.giustamm.it, 2010. In giurisprudenza Tar Puglia, 25 novembre 2011,
n. 1807, in www.giustizia-amministrativa.it.
48
In un sistema così delineato, pertanto, azioni diverse dall'azione costitutiva di annullamento
rivestivano un ruolo marginale, confinate in espresse e anguste previsioni di legge (principio di tipicità).
49
Per queste ragioni lo spettro cognitivo del giudice amministrativo non si è potuto estendere al
rapporto sostanziale inciso dall’atto, rimanendo circoscritto alla verifica della legittimità del
provvedimento nei limiti delle censure dedotte dal ricorrente. Inoltre il dogma della tutela esclusivamente
demolitoria veniva altresì rafforzato dall'esigenza di riservare alla P.A. l’adozione di provvedimenti
dichiarativi o di accertamento, in vista della conformazione della realtà amministrativa ai principi del
giudicato.
50
Cons. Stato, sez. V, 1 dicembre 1939, n. 795, in Foro it. 1939. Adun. Plen. Cons. Stato, 18 dicembre
1940, n. 4, in Foro it. 1940.
!
!254
Capitolo Settimo
Tale apertura ha avuto scarso seguito nella giurisprudenza degli anni ’50, la quale,
arroccata nell'autoreferenzialità della natura impugnatoria del giudizio, ha in più
occasioni, sottolineato l’assoluta incompatibilità dell'azione di accertamento con le
caratteristiche del potere amministrativo e con la natura dell'interesse legittimo51.
Tuttavia, la dottrina più autorevole ha strenuamente cercato di giustificare l'ingresso
di alcuni rimedi in qualche modo riconducibili alla figura dell'azione di accertamento52.
Questo approccio muove dall’idea che un'ipotesi di azione dichiarativa sia già
espressamente codificata nel sistema amministrativo (art. 33 R.d. 1054/1924) e che da
questa puntuale disposizione possa, poi, ricavarsi una legittimazione generale
dell’azione di accertamento. Tale impostazione ha ricevuto le critiche degli assertori
della natura eccezionale della norma, come tale insuscettibile di applicazione analogica.
Negli anni successivi le vischiosità del sistema non impediscono, in ogni caso,
all’azione di accertamento di penetrare, come un fiume carsico, nel tessuto del giudizio
amministrativo, innestando i semi per un suo futuro riconoscimento.
51 SAITTA F., Dell’azione di mero accertamento che ci sarebbe potuta essere… e che si auspica ci
sarà comunque, a prescindere dalla scelta dei codificatori, Atti del Seminario “La sistematica delle azioni
nel nuovo processo amministrativo”, organizzato dal Dipartimento di Studi Giuridici “Angelo
Sraffa”dell’Università Bocconi di Milano e dalla Scuola di specializzazione per le professioni legali delle
Università Bocconi e di Pavia, 6 maggio 2010, Università Bocconi, in www.giustamm.it, 2010. Ad avviso
dell'autore il tradizionale atteggiamento di chiusura verso l'azione di accertamento muove dal
convincimento che, "essendo l’interesse legittimo una situazione che si relaziona all’esercizio del potere,
l’affermazione della sua esistenza, cioè la mera affermazione che il ricorrente è titolare dell’interesse
legittimo, non soddisfi l’interesse al bene (come avviene per il diritto soggettivo), essendo all’uopo
necessario eliminare gli effetti dell’azione amministrativa (interesse legittimo oppositivo) ovvero far sì
che quest’ultima produca gli effetti stessi (interesse legittimo pretensivo)".
52
Tra i più noti GUICCIARDI E., Sentenze dichiarative del giudice amministrativo?, op. cit.. L'autore
si ispira alle precedenti intuzioni di CAMMEO, F. Corso di diritto amministrativo, op. cit.. Egli
argomenta principiando da un caso pratico: nell’ipotesi di annullamento di un precedente atto di rifiuto ci
si trova al cospetto di due negazioni, di talchè il giudice amministrativo, intervenendo a posteriori, in
realtà non caduca alcunché, bensì si limita ad accertare l’illegittimità dell’originario atto di diniego.
Questa considerazione confuta l'assunto del giudizio amministrativo quale giudizio esclusivamente
impugnatorio, dimostrando la compatibilità con il sistema anche di azioni diverse di tipo dichiarativo.
!
!255
Capitolo Settimo
Il Molok del processo impugnatorio inizia a mostrare talune crepe nel 1979, quando
l'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato riconosce per la prima volta l’azione di mero
accertamento nel giudizio amministrativo53.
Successiva tappa verso la definitiva consacrazione dell’istituto si ha negli anni ‘80
con la normativa sul silenzio assenso54, allorchè appare evidente che la pronuncia
richiesta al giudice sia non già di annullamento, bensì dichiarativa della sussistenza dei
requisiti di legge.
Di lì in avanti avranno un incremento esponenziale gli studi dottrinari sulla azione
meramente dichiarativa55, che acquisisce sempre più un'autonoma fisionomia
dommatica in una molteplicità di fattispecie. Conseguentemente emerge la necessità di
un riconoscimento più ampio dell'azione di accertamento, quale rimedio processuale
imprescindibile ai fini dell'erogazione una tutela satisfattiva in ossequio alle previsioni
costituzionali56.
La carica garantista delle disposizioni della Grundnorm è ulteriormente potenziata, a
partire dagli Novanta del XX sec., dai principi dell'ordinamento comunitario che
accelerano il percorso dell'individuo verso la pienezza e l'effettività della protezione
giurisdizionale.
In sempre maggiori casi si dà ingresso all’azione di accertamento nel giudizio
amministrativo, quale logico corollario di un lento ma progressivo ampliamento dei
53 Adun.
Plen. Cons. Stato, 26 ottobre 1979, n. 25, in www.google.it. La fattispecie processuale verte
sulla richiesta, avanzata dai dipendenti di un conservatorio, di accertamento del proprio status. Il
Supremo organo di giustizia amministrativa ammette l'esperibilità dell'azione dichiarativa per scongiurare
una disparità di trattamento con i dipendenti privati lesiva dei principi di difesa e di effettività della tutela
giurisdizionale.
54
La legge Nicolazzi (l. 94/1982), in un’ottica di liberalizzazione del settore edilizio, introduce, per la
prima volta, un regime semplificato per alcune attività, prevedendo la formazione del silenzio–assenso
sulle domande di concessione edilizia per vari interventi di recupero del patrimonio esistente. Come
chiarito successivamente dalla giurisprudenza l'art. 8 l. 94/1982, non solo è di stretta interpretazione ed è
insuscettibile di applicazioni analogiche, ma presuppone la vigenza di uno strumento urbanistico di
dettaglio approvato dopo l'entrata in vigore della l. 765/1967 e quindi adeguato agli standards da
quest'ultima previsti.
55 Tra i massimi sostenitori dell'azione di accertamento nel processo amministrativo NIGRO M.,
Giustizia amministrativa, op. cit..
56 GRECO G., L’accertamento autonomo del rapporto nel giudizio amministrativo, op. cit.. L’autore
osserva che l’ammissibilità di una azione di accertamento dinanzi al giudice amministrativo sia imposta
dagli artt. 24 e 113 Cost., in nome dell'effettività e pienezza della tutela, qualora essa rappresenti il
rimedio più idoneo per il soddisfacimento degli interessi legittimi.
!
!256
Capitolo Settimo
rimedi e dei poteri del giudice, in un contesto in cui il sindacato giurisdizionale tende
inesorabilmente ad estendersi alla cognizione del rapporto, ossia alla spettanza del bene
della vita (nei limiti della res in iudicium deducta)57.
Le riforme legislative degli ultimi decenni in tema di accesso agli atti amministrativi,
silenzio inadempimento e nullità del provvedimento sono la cartina di tornasole della
rivoluzione copernicana che investe il giudizio amministrativo, con la proliferazione
delle azioni di accertamento e di condanna ed il riconoscimento di nuovi poteri istruttori
al giudice, in un clima di piena valorizzazione degli interessi legittimi.
Agli albori del Terzo Millennio, in cui la giustizia amministrativa è definitivamente
transitata dal giudizio sull’atto al giudizio sul rapporto, l'azione di accertamento atipica
assurge a formidabile strumento di realizzazione delle situazioni soggettive del cittadino
(in primis gli interessi legittimi pretensivi).
Caduto ormai il dogma della tutela esclusivamente demolitoria, sono maturi oggi i
tempi per il riconoscimento dell'azione di accertamento come figura generale, autonoma
ed atipica, esperibile indipendentemente da espresse previsioni di legge (G. Greco, V.
Caianiello, V. Cerulli Irelli, M. Balloriani, A. Romano Tassone, W. Giulietti; contra P.
Stella Richter). Tale assunto è corroborato dall'immanenza di un potere dichiarativo
nell'alveo della funzione giurisdizionale, (la giurisdizione postula lo ius dicere,
implicando un indefettibile momento accertativo per il suo esercizio58).
A ciò aggiungasi che la piena equiparazione tra diritti soggettivi e interessi legittimi,
quali situazioni giuridiche sostanziali attive e di vantaggio, osta ad un'irragionevole
diversificazione delle azioni esperibili, per il vulnus che ciò arrecherebbe ai principi di
pienezza ed effettività della tutela.
57 Antesignano di questa impostazione è PIRAS A., Interesse legittimo e giudizio amministrativo, op.
cit.. Di recente MORBIDELLI G., Le tecniche di tutela dell’interesse legittimo: verso l’azione atipica di
accertamento?, Atti del Convegno "Riparto, responsabilità, pregiudiziale e tecniche di tutela: la
giurisprudenza amministrativa tra storia e attualità", op. cit..
58
Sulla questione già la dottrina processual-civilistica era giunta a conclusioni non dissimili attraverso
un differente percorso argomentativo MONTESANO L., Accertamento giudiziale, in Enc. Giur. Treccani,
Vol. I, 1988, secondo il quale, proprio in ragione dell'"esistenza di una tutela giurisdizionale, che ha come
solo contenuto l’accertamento descritto nell’art. 2909 c.c., è innegabile l’esistenza di azioni di mero
accertamento. Ma di queste mancano nei testi normativi espressa disciplina e disposizioni di carattere
generale, che vanno dunque tratte dal significato della norma sull’interesse ad agire (art. 100 c. p. c.)".
!
!257
Capitolo Settimo
Pertanto il principio di atipicità delle azioni, conosciuto nell'alveo del processo
civile59, deve estendersi anche al giudizio amministrativo, superando conseguentemente
il dogma del numerus clausus delle azioni ammissibili, in conformità alle disposizioni
costituzionali60 ed ai principi comunitari.
In giurisprudenza sono cadute le ultime resistenze all'ammissibilità dell'azione di
accertamento autonomo, prima nel 2009 con una pronuncia in tema di impugnazione
della Dia da parte del terzo controinteressato61, poi nel 201162, ove il giudice
amministrativo riconosce in via generale l'esperibilità dell'azione di accertamento in
tutte le ipotesi in cui essa rappresenti la tecnica di tutela più idonea ad assicurare
protezione all’interesse legittimo63.
Anche a livello di diritto positivo numerosi dati militano nel senso della definitiva
apertura del giudizio amministrativo all'azione di mero accertamento. Il C.p.a., pur non
59
DI MAJO A., La tutela civile dei diritti, Milano, 1993.
60
ANDRIOLI V., La tutela giurisdizionale dei diritti nella Costituzione della Repubblica italiana, in
Nuova riv. dir. commer. 1954, secondo il quale dall’art. 24 della Costituzione emerge “il fondamentale
principio che chi è titolare di un diritto soggettivo ovvero di un interesse legittimo è in pari tempo e
automaticamente titolare dell’azione intesa come possibilità di far valere in giudizio quel diritto o
quell’interesse legittimo”. Anche CLARICH M., Tipicità delle azioni e azione di adempimento nel
processo amministrativo, op. cit..
61
Cons Stato, sez. VI, 9 febbraio 2009 n. 717, in www.giustizia-amministrativa.it.
62
Adun. Plen. Cons. Stato, 29 luglio 2011, n. 15 e precedentemente Adun. Plen. Cons. Stato, 23
marzo 2011, n. 3, in www.giustizia-amministrativa.it.
63
CARINGELLA F., Architettura e tutela dell'interesse legittimo dopo il codice del processo
amministrativo: verso il futuro, op. cit.. Nella decisione n. 15 del 2011 l'Adunanza Plenaria del Consiglio
di Stato sottolinea come l’assenza di una espressa previsione legislativa non impedisca l’esperibilità di
un’azione di accertamento atipico ove tale rimedio processuale sia l'unico in grado di assicurare una
protezione effettiva, adeguata ed immediata all’interesse legittimo. Per Caringella "sviluppando il
discorso già avviato dall’Adunanza Plenaria con la (...) decisione n. 3/2011, si deve, infatti, ritenere che,
nell’ambito di un quadro normativo sensibile all’esigenza costituzionale di una piena protezione
dell’interesse legittimo come posizione sostanziale correlata ad un bene della vita, la mancata previsione,
nel testo finale del codice del processo, dell’azione generale di accertamento non precluda la
praticabilità di una tecnica di tutela, ammessa dai principali ordinamenti europei, che, ove necessaria al
fine di colmare esigenze di tutela non suscettibili di essere soddisfatte in modo adeguato dalle azioni
tipizzate, ha un fondamento nelle norme immediatamente precettive dettate dalla Carta fondamentale al
fine di garantire la piena e completa protezione dell’interesse legittimo (artt. 24, 103 e 113)".
64
Espressamenta prevista dall'originaria bozza del Codice del processo amministrativo, l'azione di
accertamento autonoma è stata successivamente espunto dal legislatore delegato nella versione definitiva
per scongiurare i pericoli di una eventuale lievitazione della spesa pubblica.
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!258
Capitolo Settimo
riconoscendo expressis verbis la figura dell'azione di accertamento autonomo64, prevede
una serie di casi in cui il giudizio può essere definito:
a) con sentenza dichiarativa (art. 31 co. IV in tema di nullità);
b) con pronuncia dichiarativa dell'illegittimità ai soli fini risarcitori e dunque con
salvezza dell'atto (art. 34 co. III);
c) con una sentenza dichiarativa della cessazione della materia del contendere (art.
34 co. V)65.
Di primaria importanza è la disposizione di cui all'art. 34 co. II, in virtù della quale
"in nessun caso il giudice può pronunciare con riferimento a poteri amministrativi non
ancora esercitati". La ratio della previsione si rinviene nell'esigenza di preservare, in
ossequio al principio della divisione dei poteri, la sfera riservata all'amministrazione da
sconfinamenti del potere giudiziario, soprattutto con riferimento ai rapporti non ancora
esaminati dalla P.A.. Come efficacemente evidenziato "detta disposizione non può che
operare per l’azione di accertamento, per sua natura caratterizzata da tale rischio di
indebita ingerenza, visto che le altre azioni tipizzate dal codice sono per definizione
dirette a contestare l’intervenuto esercizio (od omesso esercizio) del potere
amministrativo"66.
7.1.3. L'azione risarcitoria e il nodo della "pregiudiziale mascherata"
Il riconoscimento della risarcibilità della lesione degli interessi legittimi, prima a
livello giurisprudenziale (SS.UU. n. 500 del 1999), poi sul piano legislativo (l. n. 205
del 2000), ha sollevato sin dall'inizio il problema dei rapporti tra l'azione risarcitoria e
l'azione di annullamento nell'ambito del giudizio amministrativo.
In particolare ci si è domandati se ai fini della ammissibilità della domanda di
risarcimento fosse necessario il previo e fruttuoso esperimento dell'azione caducatoria
65 A riguardo
CALVERI M., La tutela di accertamento dell'interesse legittimo e il codice del processo
amministrativo: occasione mancata?, in www.giustamm, 2012.
66
CARINGELLA F., Architettura e tutela dell'interesse legittimo dopo il codice del processo
amministrativo: verso il futuro, op. cit..
!
!259
Capitolo Settimo
avverso il provvedimento illegittimo o se dalla proponibilità di quest'ultima il ricorrente
potesse prescindere.
La vexata quaestio della pregiudizialità della domanda di annullamento rispetto
all'azione di danno vede contrapposti e arroccati su posizioni antitetiche gli organi di
vertici della giurisprudenza amministrativa e della giurisprudenza ordinaria.
Da una parte l'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato che considera
imprescindibile la previa impugnativa dell'atto lesivo, ai fini della ammissibilità della
domanda risarcitoria67. Dall'altra le Sezioni Unite della Corte di Cassazione che
sostengono, viceversa, la tesi dell'autonoma azionabilità del rimedio risarcitorio,
indipendentemente dalla impugnazione dell'atto illegittimo68.
Senza ripercorrere l'evoluzione del lungo dibattito tra i due plessi giurisdizionali,
occorre in questa sede soffermarsi sugli esiti del medesimo da vagliarsi alla luce delle
previsioni del C.p.a..
In omaggio ai principi di tempestività, pienezza ed effettività della tutela
giurisdizionale, la tesi della Cassazione ha prevalso per tre ordini di ragioni:
a) per la forza delle argomentazioni addotte;
b) per il ruolo ricoperto di giudice della giurisdizione;
c) per la forza conformativa dell'ordinamento europeo nella direzione
dell'ampliamento degli spazi di tutela del civis dinanzi ai pubblici poteri.
Al fine di risolvere i conflitti ed offrire certezza, il legislatore del 2010 è intervenuto
per disciplinare sul piano del diritto positivo il nodo gordiano della pregiudizialità
amministrativa. In tal senso l'art. 30 co. III C.p.a. espressamente recita: "La domanda di
risarcimento per lesione di interessi legittimi è proposta entro il termine di decadenza di
67 Adun. Plen. Cons. Stato, 28 marzo 2003, n. 4. Adun. Plen. Cons. Stato, 22 ottobre 2007, n. 12, in
www.giustizia-amministrativa.it.
68
Cass. Civ. Sez. Un., ordinanze n. 13659 e 13660 del 13 giugno 2006. Cass. Civ. Sez. Un., 23
dicembre 2008, n. 30254. Cass. Civ. Sez. Un., 6 settembre 2010, n. 19048. Cass. Civ. Sez. Un., 16
dicembre 2010, n. 23595. Cass. Civ. Sez. Un., 11 gennaio 2011, n. 405, in www.cortedicassazione.it. Le
Sezioni Unite della Suprema Corte sostengono che l'azione di risarcimento danni sia esperibile dinanzi al
giudice amministrativo indipendentemente dalla previa domanda di annullamento dell'atto lesivo, sicchè
un'eventuale declaratoria di inammissibilità dell'istanza risarcitoria da parte del giudice amministrativo,
fondata sulla mancata impugnazione dell'atto, integrerebbe gli estremi di un diniego di giurisdizione
sindacabile in Cassazione ai sensi dell'art. 111 Cost..
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!260
Capitolo Settimo
centoventi giorni decorrente dal giorno in cui il fatto si è verificato ovvero dalla
conoscenza del provvedimento se il danno deriva direttamente da questo. Nel
determinare il risarcimento il giudice valuta tutte le circostanze di fatto e il
comportamento complessivo delle parti e, comunque, esclude il risarcimento dei danni
che si sarebbero potuti evitare usando l'ordinaria diligenza, anche attraverso
l'esperimento degli strumenti di tutela previsti".
In primo luogo la disposizione conferma la tesi delle Sezioni Unite della Cassazione
circa l'autonomia dell'azione risarcitoria rispetto al rimedio impugnatorio. Ciò significa
che il ricorrente, che non ha interesse alla caducazione dell'atto, può domandare al
giudice amministrativo direttamente il risarcimento del danno subito69.
Di grande interesse è la previsione legislativa contenuta nell'ultima parte della
disposizione di cui all'art. 30 co. III, che attribuisce al giudice il potere di escludere o
ridurre il risarcimento in presenza di danni che il comportamento diligente delle parti
avrebbe potuto evitare. Fin qui nulla quaestio poichè la norma ricalca fedelmente la
previsione di cui all'art. 1227 c.c. ("concorso del fatto colposo del creditore")70.
Dalle potenzialità pericolosamente esplosive è, tuttavia, l'inciso successivo, il quale
consente al giudice amministrativo di valutare negativamente, nel merito della domanda
risarcitoria, la mancata proposizione, da parte del danneggiato, "degli strumenti di tutela
previsti".
Il legislatore si riferisce in particolare all'ipotesi in cui il provvedimento non
impugnato e dunque efficace, pur se illegittimo, abbia cagionato danni viceversa
evitabili con la proposizione della domanda di annullamento. In questa fattispecie il
ricorrente che agisca per il ristoro del danno, anche a fronte dell'ammissibilità in rito
dell'azione risarcitoria, (che il C.p.a. consente di presentare in via autonoma) potrebbe
vedersi nel merito ridotto, e finanche escluso, il risarcimento del danno, stante
69 Il giudice amministrativo, a fronte di una domanda risarcitoria, accerta, in via incidentale,
l'illegittimità dell'atto (ovviamente senza caducarlo). L'illegittimità dell'atto rappresenta, infatti, uno degli
elementi costitutivi della fattispecie risarcitoria ex art. 2043 c.c..
70 Art.
1227 cc.: "Se il fatto colposo del creditore ha concorso a cagionare il danno, il risarcimento è
diminuito secondo la gravità della colpa e l'entità delle conseguenze che ne sono derivate. Il risarcimento
non è dovuto per i danni che il creditore avrebbe potuto evitare usando l'ordinaria diligenza".
!
!261
Capitolo Settimo
l'evitabilità dei pregiudizi cagionati mediante la tempestiva impugnazione del
provvedimento71.
In particolare il ricorrente che non abbia esperito l'azione di annullamento corre il
rischio di vedersi rigettata per infondatezza la domanda risarcitoria, in quanto l'omessa
impugnazione da parte del danneggiato, spezzando il nesso di causalità tra la condotta
del danneggiante e l'evento lesivo, esclude la risarcibilità dei danni evitabili con una
tempestiva reazione processuale avverso il provvedimento. In questa prospettiva,
dunque, il ricorrente che aspiri all'accoglimento nel merito della domanda risarcitoria
sarà costretto ad attivarsi o mediante l'impugnazione dell'atto lesivo o attraverso
l'esperimento di altri rimedi previsti dall'ordinamento (es. ricorso amministrativo, invito
all'autotutela)72.
La previsione del C.p.a. riceve, tuttavia, le critiche di quella parte della dottrina che
denuncia il fattuale ripristino di una forma di pregiudizialità, lesiva della autonomia
(sostanziale) dell'azione risarcitoria e del principio di effettività della tutela
giurisdizionale73.
Secondo tale orientamento l'onere di diligenza del danneggiato non dovrebbe
estendersi sino alla proposizione di rimedi (giudiziali e non) che, a causa dell'aleatorietà
e dei costi ad essi collegati, rendono eccessivamente ed irragionevolmente gravosa la
tutela risarcitoria delle situazioni soggettive del ricorrente.
71 Adun.
Plen. Cons. Stato, 25 marzo 2011, n. 3, in www.giustizia-amministrativa.it. Secondo i giudici
amministrativi "si deve allora reputare la scelta di non avvalersi della forma di tutela specifica"-l'azione
di annullamento-"che (...) avrebbe plausibilmente (ossia più probabilmente che non) evitato, in tutto o in
parte il danno, integra violazione dell’obbligo di cooperazione, che spezza il nesso causale e, per
l’effetto, impedisce il risarcimento del danno evitabile. Detta omissione, apprezzata congiuntamente alla
successiva proposizione di una domanda tesa al risarcimento di un danno che la tempestiva azione di
annullamento avrebbe scongiurato, rende configurabile un comportamento complessivo di tipo
opportunistico che viola il canone della buona fede e, quindi, in forza del principio di auto-responsabilità
cristallizzato dall’art. 1227, comma 2, c.c., implica la non risarcibilità del danno evitabile".
72 La giurisprudenza amministrativa, tuttavia, ai fini dell'accoglimento della domanda risarcitoria, in
molti casi non considera sufficiente un mero invito all'autotutela (non accolto) o un ricorso gerarchico
(respinto), ma richiede la previa impugnazione del provvedimento illegittimo produttivo di danno. (Cons.
Stato, sez. VI, 31 marzo 2011, n. 1983, in www.giustizia-amministrativa.it).
73
Tra i vari PAJNO A., La giustizia amministrativa all'appuntamento con la codificazione, in Dir.
proc. amm. 2010.
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!262
Capitolo Settimo
Nondimeno l'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 3 del 2011 sembra aderire
al quadro normativo tratteggiato dal C.p.a.. Il supremo Consesso amministrativo ritiene,
infatti, che il creditore-danneggiato, in una prospettiva di cooperazione ispirata ai
principi di buona fede e solidarietà, abbia l'onere di esperire l'azione di annullamento o
altri rimedi di tutela, al precipuo fine di scongiurare il prodursi di ogni pregiudizio
evitabile. E ciò a pena di rigetto nel merito della domanda risarcitoria74.
Ad oggi la regola della pregiudizialità, uscita dalla porta appare, dunque, rientrata
dalla finestra sia pure con caratteristiche ed argomentazioni rinnovate. Si registra,
infatti, un collegamento non più tra le azioni, bensì fra le forme di tutela, sicchè il nodo
della pregiudizialità sarebbe transitato dal versante processuale di rito al crinale
sostanziale di merito75.
In un disegno complessivo di compromesso tra opposti orientamenti
giurisprudenziali, il C.p.a. ha voluto costruire un argine al risarcimento dei pregiudizi
evitabili, prevedendo in capo al danneggiato l'onere di impugnare l'atto lesivo al fine di
ottenere l'accoglimento della domanda di danno; ciò nel comprensibile intento di
arginare indebiti esborsi per le casse pubbliche76.
74 Adun.
Plen. Cons. Stato, 25 marzo 2011, n. 3, cit.. In senso conforme Cons. Stato, sez. IV, 26 marzo
2012, n. 1750, in www.giustizia-amministrativa.it: "La regola della non risarcibilità dei danni evitabili
con l'impugnazione del provvedimento e con la diligente utilizzazione degli altri strumenti di tutela
previsti dall'ordinamento, oggi sancita dall'art. 30, comma 3 c.p.a., deve ritenersi ricognitiva di principi
già evincibili alla stregua di un'interpretazione evolutiva del comma 2, art. 1227 c.c. Pertanto l'omessa
attivazione degli strumenti di tutela costituisce, nel quadro del comportamento complessivo delle parti,
dato valutabile, alla stregua del canone di buona fede e del principio di solidarietà, ai fini dell'esclusione
o della mitigazione del danno evitabile con l'ordinaria diligenza, non più come preclusione di rito, ma
come fatto da considerare in sede di merito ai fini del giudizio sulla sussistenza e consistenza del
pregiudizio risarcibile".
75
In proposito CAPONIGRO R., Una nuova stagione per la tutela giurisdizionale degli interessi
legittimi, op. cit., secondo il quale la previsione di cui all'art. 30 co. III C.p.a. avrebbe trasposto la
questione della pregiudizialità amministrativa dal piano processuale al piano sostanziale.
76 Sul punto Adun. Plen. Cons. Stato, 25 marzo 2011, n. 3, cit.: "Il codice ha suggellato un punto di
equilibrio capace di superare i contrasti ermeneutici registratisi in subiecta materia tra le due
giurisdizioni e, in parte, anche in seno ad ognuna di esse. Il legislatore, in definitiva, ha mostrato di non
condividere la tesi della pregiudizialità pura di stampo processuale al pari di quella della totale
autonomia dei due rimedi, approdando ad una soluzione che, non considerando l’omessa impugnazione
quale sbarramento di rito, aprioristico ed astratto, valuta detta condotta come fatto concreto da
apprezzare, nel quadro del comportamento complessivo delle parti, per escludere il risarcimento dei
danni evitabili per effetto del ricorso per l’annullamento".
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!263
Capitolo Settimo
Certamente le previsioni del C.p.a. continueranno a far discutere e ad accendere le
proteste di quanti vedono nell'intenso dovere di cooperazione richiesto al danneggiato
un ostacolo all'effettività della tutela giurisdizionale delle situazioni soggettive
individuali.
Infatti l'ordinamento comunitario, pur non essendo aprioristicamente contrario alla
pregiudizialità, ritiene che gli Stati, nello stabilire presupposti e modalità di accesso alla
giustizia, non possano fissare regole idonee ad ostacolare o a privare di effettività la
protezione delle situazioni soggettive del ricorrente.
L'introduzione da parte del Codice di una "pregiudizialità mascherata" (Chieppa R.)
è potenzialmente in grado di arrecar danno ai principi di pienezza ed effettività della
tutela giurisdizionale.
Ciononostante le Sezioni Unite della Cassazione hanno in più occasioni affermato
come nel sistema amministrativo italiano la pregiudizialità della domanda di
annullamento rispetto all'azione di danno fosse lesiva del principio di pienezza ed
effettività della tutela come delineato sia in sede comunitaria sia in ambito nazionale.
In definitiva la tenuta del principio di effettività della protezione del cittadino dovrà
essere vagliata più attentamente alla luce delle applicazioni che le disposizioni del
C.p.a. riceveranno in sede giurisprudenziale. Se i giudici faranno un uso spregiudicato
del potere riduttivo del quantum debeatur o respingeranno con frequenza le domande
risarcitorie in spregio delle pretese individuali, allora sì che i timori in ordine alla
vulnerazione del principio di effettività della tutela potranno dirsi fondati.
!
!
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!264
Capitolo Settimo
Conclusioni
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Il Terzo millennio si apre con la consapevolezza del nuovo che avanza. Un rinnovato
scenario, multiforme e globale, si dischiude agli occhi dell’osservatore che, disorientato
dalla perdita degli idola fori e delle consuete certezze, vaga senza meta alla ricerca di
affidabili coordinate di riferimento.
Il mondo del diritto, non più arroccato nella propria autoreferenzialità, si apre
inesorabilmente ai bisogni e ai dicta della società e dell’economia, in un processo di
rivisitazione di schemi, metodi e tecniche di analisi.
Il mito positivistico della centralità della legge e della primazia dell’istituzione
statale crollano di schianto sotto le pressioni interne delle autonomie locali ed esterne
dei nuovi attori della scena internazionale.
Il diritto scritto, di matrice positivistica è, oggi, incalzato e ridimensionato sempre
più dal diritto giurisprudenziale, un diritto nuovo, casistico e in perenne mutamento che
sospinge il giurista alla ridefinizione delle tecniche interpretative del passato.
Nel panorama europeo, infatti, il potere giudiziario, "dall’essere l’anello debole del
sistema (…) è diventato l’anello più forte" (Dahrendorf), in quanto il diritto giudiziario
è "un diritto più leggero di quello legislativo" (Ferrarese M.R.).
In un tale scenario si collocano i principi dell'ordinamento comunitario forgiati in
sede pretoria dalla Corte di giustizia. Tali principi nel corso dei decenni si sono infiltrati,
con imprevedibile capillarità, nei sistemi giuridici nazionali, conformandone in via
diretta o riflessa i principali istituti.
Gli ordinamenti domestici, oltre a venir fertilizzati dall’alto, tendono ad aprirsi
orizzontalmente irradiando in ciascuno gli elementi dell’altro. Attraverso questo
osmotico circuito di integrazione si costruisce tra gli Stati e negli Stati d'Europa una
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!265
Capitolo Settimo
cultura e un’identità comuni idonee ad assicurare l’unità nella pluralità, “un’unità che
non annulla le differenze, ma le sintetizza, le compone e le difende”1.
Tale fenomeno rappresenta l'esito del cammino di avvicinamento compiuto dai
popoli europei, in un contesto giuridico, sociale ed economico sempre più unitario e
multilivello alla cui costruzione i principi comunitari hanno offerto e tuttora offrono un
contributo significativo.
I principi dell'ordinamento comunitario determinano, in special modo, una
rivoluzione copernicana nell'area del diritto pubblico degli Stati membri. In particolare
il diritto amministrativo, una volta sganciato dalla produzione e dal controllo statale, si
europeizza e globalizza oltre i confini, aprendosi a fenomeni di ibridazione e
contaminazione.
Nell'ordinamento italiano l'azione dei pubblici poteri riceve dall'influenza dei
principi europei un’intensa e capillare democratizzazione, attraverso la valorizzazione
dei diritti e delle libertà dell'individuo nell'ambito dei rapporti amministrativi.
L’apertura del procedimento alle istanze partecipative dei destinatari comporta, in
una prospettiva di open government, una dequotazione dei principi di autorità e
dell'ormai tramontato mito della presunzione di legittimità dell’atto amministrativo,
retaggi storici di un autoritarismo ormai consumato dalla storia.
L’agere publicum viene plasmato in profondità dai principi comunitari di certezza del
diritto, di proporzionalità, di tutela del legittimo affidamento, del giusto procedimento,
di effettività della tutela giurisdizionale; principi che spostano il baricentro dell'azione
amministrativa dall'autorità alla libertà, dall'unilateralità alla consensualità, dalla
gerarchia alla paritarietà.
Il procedimento è ormai il luogo della rinnovata centralità del cittadino, con le sue
libertà, i suoi diritti, le sue pretese. L'amministrazione intesa come servizio è oggi
definitivamente orientata al soddisfacimento delle istanze dei consociati.
1 LORELLO L., La tutela del legittimo affidamento tra diritto interno e diritto comunitario, op. cit:
"Di questa cultura comune, primi elementi sono proprio i principi, che, come alberi, affondano le radici
nel terreno degli ordinamenti nazionali e proiettano il fusto verso l’ordinamento comunitario; ma le
chiome, crescendo ed estendendosi, ricadono e ricoprono sempre lo stesso terreno dal quale hanno tratto,
e continuano a trarre, l’origine".
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!266
Capitolo Settimo
Segnatamente nell’alveo della giustizia amministrativa, il principio di effettività della
tutela giurisdizionale viene esaltato dal riconoscimento del pluralismo e della atipicità
delle azioni in un contesto in cui il giudizio amministrativo da giudizio sull’atto si
trasforma sempre più in giudizio sul rapporto intersoggettivo controverso.
Il diritto comunitario e i suoi principi assumono, pertanto, le forme di un diritto
magmatico che avvolge gli ordinamenti nazionali, insinuandosi nelle pieghe della
sovranità statale e alterando i tratti sia del procedimento sia del processo
amministrativo.
Il giurista del XXI sec. non può più trincerarsi nelle certezze del passato ma,
liberandosi di ogni forma di provincialismo giuridico, deve acquisire consapevolezza
del ruolo centrale dei principi comunitari quale nuovo parametro di legittimità
dell’azione di tutti i pubblici poteri, europei e nazionali, legislativi e amministrativi.
Ed è merito dei principi dell'ordinamento comunitario se agli albori del nuovo
Millennio il cittadino italiano è in grado di cogliere e assaporare "tutti i frutti dell'albero
della libertà" (Benvenuti F.).
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Cgce, 5 febbraio 1963, in causa C-26/62, Van Gend & Loos, in Racc. 1963
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Cgce, 15 luglio 1964, in causa C-6/64, Costa c. Enel, in Racc. 1964
Cgce, 13 giugno 1965, in causa C-111/63, Lemmerz-Werke GmbH, in Racc. 1965
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Cgce, 4 febbraio 1970, in causa C-13/69, Van Erick, in Racc. 1970
Cgce, 6 ottobre 1970, in causa C-9/70, Grad, in Racc. 1970, 825
Cgce, 17 dicembre 1970, in causa C-11/70 Internationale Handelsgesellschaft, in Racc. 1970
Cgce, 5 giugno 1973, in causa C-81/72, Commissione CE c. Consiglio CE, in Racc. 1973
Cgce, 4 luglio 1973, in causa C-1/73, Westzucker, in Racc. 1973
Cgce, 23 ottobre 1974, in causa C-17/74, Transocean Marine Paint Association, in Racc. 1974
Cgce, 14 maggio 1975, in causa C-74/74, CNTA c. Commissione, in Racc. 1975
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Capitolo Settimo
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Cgce, 16 dicembre 1976, in causa C-33/76, Rewe Zentralfinanz, in Racc. 1976
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Cgce, 1 febbraio 1978, in causa C-78/77, Luhrs, in Racc. 1978
Cgce, 3 maggio, 1978, in causa C-112/77, Töpfer, in Racc. 1978
Cgce, 13 febbraio 1979, in causa C-85/76, Hoffmann-La Roche, in Racc. 1979
Cgce, 20 febbraio 1979, in causa C-122/78, Buitoni; in Racc. 1979
Cgce, 5 aprile 1979, in causa C-148/78, Tullio Ratti, in Racc. 1979
Cgce, 16 maggio, 1979, in causa C-84/78, Tomadini, in Racc. 1979
Cgce, 27 febbraio 1980, in causa C-68/79, Hans just, in Racc. 1980
Cgce, 18 marzo 1980, in cause riun. C-154, 205, 206, da 226 a 227/79, Valsabbia, in Racc. 1980
Cgce, 26 giugno 1980, in causa C-136/79, National Panasonic, in Racc. 1979
Cgce, 5 maggio 1981, in causa C-804/79, Commissione c. Regno unito, in Racc. 1981, 1045
Cgce, 6 ottobre 1982, in causa C-283/81, Cilfit, in Racc. 1982, 3415
Cgce, 23 febbraio 1983, in causa C-66/82, Fromançais, in Racc. 1983
Cgce, 19 maggio 1983, in causa C-289/81, Mavrides c. Parlamento, in Racc. 1983
Cgce, 14 luglio 1983, in causa C-224/82, Meiko-Konservenfabrik, in Racc. 1983
Cgce, 21 settembre 1983, in cause riun. C-205/82-215/82, Deutsche Milchkontor, in Racc. 1983
Cgce, 9 novembre 1983, in causa C-199/82, Amministrazione dello Stato c. San Giorgio, in Racc. 1983
Cgce, 24 settembre 1984, in causa C-181/84, Man Sugar, in Racc. 1985, 2889
Cgce, 11 luglio 1985, in cause riun. C-87/77, 130/77, 22/83, 9/84, 10/84, Vittorio Salerno, in Racc. 1985
Cgce, 1 ottobre 1985, in causa C-125/83, OBEA, in Racc. 1985
Cgce, 22 gennaio 1986, in causa C-266/84, Denkavit, in Racc. 1986
Cgce, 11 marzo 1986, in cause riun. C-293-294/84, Sorani, in Racc. 1986
Cgce, 23 aprile 1986, in causa C-294/83 Le Verts c. Parlamento europeo, in Racc. 1986
Cgce, 15 maggio 1986, in causa C-222/84, Johnston, in Racc. 1986
Cgce, 10 luglio 1986, in causa C-234/84, Belgio c. Commissione, in Racc. 1986
Cgce, 18 settembre 1986, in causa C-116/82 Commissione c. Germania, in Racc. 1986
Cgce, 14 gennaio 1987, in causa C-281/84, Zuckerfabrik, in Racc. 1987
Cgce, 26 febbraio 1987, in causa C-15/85, Consorzio Cooperative D'Abruzzo, in Racc. 1987
Cgce, 18 marzo 1987, in causa C-56/86, Società per l’esportazione dello zucchero, in Racc. 1987
Cgce, 30 giugno 1987, in causa C-47/86, Roquette Frères,in Racc. 1987
Cgce, 15 ottobre 1987, in causa C-222/86, Heylens, in Racc. 1987
Cgce, 24 novembre 1987, in causa C-223/1985, RSV, in Racc. 1987
Cgce, 2 febbraio 1988, in causa C-24/86, Blaizot, in Racc. 1988
Cgce, 28 aprile 1988, in causa C-120/86, Mulder, in Racc. 1988
Cgce, 21 giugno 1988, in causa C-257/86, Commission c. Italy, in Racc. 1988
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Cgce, 17 dicembre 1989 in cause riun. C-97-99/87, Dow Chemical Iberica, in Racc. 1989, 3165
Cgce, 19 giugno 1990, in causa C-213/89, Factortame, in Racc. 1990, 2433
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Cgce, 18 giugno 1991, in causa C-260/89, ERT, in Racc. 1991
Cgce, 20 giugno 1991, in causa C- 248/89, Cargill, in Racc. 1991
Cgce, 19 novembre 1991, in cause riun. C-6/90 e C-9/90, Francovich, in Racc. 1991
Cgce, 10 gennaio 1992, in causa C-177/90, Kuehn, in Racc. 1992
Cgce, 30 giugno 1992, in causa C-47/91, Repubblica italiana c. Commissione CE, in Racc. 1992
Cgce, 3 dicembre 1992, in causa C-97/91, Oleificio Borelli c. Commissione, in Racc. 1992
Cgce, 1 aprile 1993, in causa C-31-44/91, Lageder, in Racc. 1993
Cgce, 27 gennaio 1994, in causa C-98/91, Herbrink, 1994, I-223
Cgce, 2 febbraio 1994, in causa C-315/92, Clinique, in Racc. 1994
Cgce, 1 giugno 1994, in causa C-317/92, Commissione CE, in Racc. 1994
Cgce, 5 ottobre 1994, in cause riun. 133/93, 300/93 e 362/93, Crispoltoni e al., in Racc. 1994
Cgce, 5 ottobre 1994, in causa C-55/93, Van Schaik, in Racc. 1994
Cgce, 17 ottobre 1995, in causa C-83/94, Leifer e al., in Racc. 1995, 3231
Cgce, 9 novembre 1995, in causa C-465/93, Atlanta, in Racc. 1995
Cgce, 14 dicembre 1995, in cause riun. C-430 e 431/93, Van Schijndel, in Racc. 1995
Cgce, 14 dicembre 1995, in causa C-312/93, Peterbroeck, in Racc. 1995
Cgce, 15 febbraio 1996, in causa C-63/93, Duff, in Racc. 1996, I-569
Cgce, 5 marzo 1996, in cause riun. C-46 e 48/93, Brasserie du Pêcheurs e Factortame III, in Racc. 1996
Cgce, 23 maggio 1996, in causa C-5/94, Hedley Lomas, in Racc. 1996
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Capitolo Settimo
Cgce, 24 ottobre 1996, in causa C-72/1995, Kraaijeveld, in Racc. 1996
Cgce, 15 aprile 1997, in causa C-22/94, Irish Farmers, in Racc. 1997
Cgce, 17 aprile 1997, in causa C-90/95, De Compte c. Parlamento, in Racc. 1997
Cgce, 15 settembre 1998, in causa C-231/96, Edilizia Industriale Siderurgica, in Racc. 1998
Cgce, 17 novembre 1998, in causa C-228/96, Aprile, in Racc. 1998
Cgce, 25 febbraio 1999, in causa C-164-165/97, Parlamento c. Consiglio, in Racc. 1999
Cgce, 29 aprile 1999, in causa C-224/1997, Ciola, in Racc. 1999
Cgce, 14 ottobre 1999, in causa C-223/98, Adidas, in Racc. 1999
Cgce, 23 novembre 1999, in causa C-149/96, Rep. Portogallo c. Consiglio UE, in Racc. 1999
Cgce, 28 marzo 2000, in causa C-7/98, Dieter Krombach e André Bamberski, in Racc. 2000
Cgce, 19 settembre 2000, in causa C-177/99, Ampafrance and Sanofi, in Racc. 2000
Cgce, 26 settembre 2000, in causa C-443/1998, Unilever Italia S.p.a, in Racc. 2000
Cgce, 5 dicembre 2000, in causa C-477/98, Eurostock Meat Marketing ltd., in Racc., 2000
Cgce, 11 gennaio 2001, in causa C-226/99, Siples, in Racc. 2001
Cgce, 18 gennaio 2001, in causa C-83/99, Commission c. Spain, in Racc. 2001
Cgce, 6 marzo 2001, in causa C-274/99, Connoly c. Commissione, in Racc. 2001
Cgce, 28 giugno 2001, in causa C-118/00, Larsy, in Racc. 2001
Cgce, 12 luglio 2001, in causa C-399/98, Ordine degli architetti delle province di Milano e Lodi, in Corr.
giur., 2002, 176
Cgce, 24 ottobre 2001, in causa C-186/01, Dory, in Racc. 2001
Cgce, 20 giugno 2002, in causa C-313/99, Mulligan, in Racc. 2002, I-5719. 2002
Cgce, 11 luglio 2002, in causa C-62/00, Marks and Spencer, in Racc. 2002, I-6325
Cgce, 25 luglio 2002, in causa C-50/00, Union des Pequeños agricultures, in Racc. 2002
Cgce, 25 luglio 2002, in causa C-459/99, MRAX, in Racc. 2001
Cgce, 24 settembre 2002, in cause riun. C-74-75/00, Falck acciaierie di Bolzano, in Racc. 2002
Cgce, 24 settembre 2002, in causa C-255/00, Grunding italiana, in Racc. 2002
Cgce, 16 gennaio 2003, in causa C-205/01, Paesi bassi, in www.curia.europa.eu
Cgce, 28 gennaio 2003, in causa C-334/99, Repubblica federale di Germania, in Racc. 2003
Cgce, 27 febbraio 2003, in causa C-327/00, Santex, in Racc. 2003
Cgce, 11 settembre 2003, in causa C-13/01, Safalero, in Racc. 2003
Cgce, 18 settembre, 2003, in causa C-125/01, Pflücke, in Racc. 2003
Cgce, 7 gennaio 2004, in causa C-201/02, Delena Wells c. Secretary of State for transport, Local
government and the Regions, in www.curia.europa.eu
Cgce, 13 gennaio 2004, in causa C-453/2000, Kühne & Heitz, in Racc. 2004
Cgce, 25 marzo 2004, in causa C-231/00, C-303/00, C-451/00, Cooperativa lattepiù, in Racc. 2004
Cgce, 25 marzo 2004, in cause riun. C-480/00, C-498-499/00, Azienda agricola Ribaldi, in Racc. 2004
Cgce, 29 aprile 2004, in causa C-202/03, Dac spa, in Racc. 2004
Cgce, 29 aprile 2004, in causa C-470/00, Parlamento c. Ripa di Meana, in Racc. 2004
Cgce, 14 dicembre 2004, in causa C-434/02, Arnold, in www.eur-lex.europa.eu
Cgce, 16 giugno 2005, in causa C-105/03, Pupino, in Racc. 2005
Cgce, 28 giugno 2005, in causa C-189/02-202/02, Dansfd Rorindustri, in Racc. 2005
Cgce, 8 novembre 2005, in causa C-443/03, Götz Leffler, in Racc. 2005
Cgce, 13 giugno 2006, in causa C-173/03, Traghetti del Mediterraneo, in Racc. 2006
Cgce, sez. III, 15 giugno 2006, in causa C-28/05, Dokter, in www.curia.europa.eu
Cgce, 4 luglio 2006, in causa C-212/04, Adeneler, in Racc. 2006
Cgce, 7 settembre 2006, in causa C-81/2005, Cordero, in Racc. 2006
Cgce, 12 settembre 2006, in causa C-300/04, Eman e Sevinger, in Racc. 2006
Cgce, 14 dicembre 2006, in causa C-283/05, ASML Netherlands BV, in Racc. 2006
Cgce, 13 marzo 2007, in causa C-432/05, Unibet, in Racc. 2007
Cgce, 17 aprile 2007, in causa C–470/03, A.G.M.-COS.MET S.r.l., in Racc. 2007
Cgce, 7 giugno 2007, in cause riun. C-222/05 e C-225/05, Van der Weerd, in Racc. 2007
Cgce, 26 giugno 2007, in causa C-305/05, Ordine degli avvocati francofoni, in Racc. 2007
Cgce, 18 luglio 2007, in causa C-119/05, Ministero dell’industria, in Racc. 2007
Cgce, 12 febbraio 2008, in causa C-2/06, Kempter, in Racc. 2008
Cgce, 15 aprile 2008, in causa C-268/06, Impact, in Racc. 2008
Cgce, 24 marzo 2009, in causa C-445/06, Danske Slagterier, in Racc. 2009
Cgce, 14 maggio 2009, in causa C-34/08, Azienda agricola Disarò, in Racc. 2009
Cgce, 4 giugno 2009,in causa C-142/05, Aklagaren, in Racc. 2009
Cgce, 7 luglio 2009, in causa C-558/07, The Queen, in www.eur-lex.europa.eu
Cgce, 16 luglio 2009, in causa C-12/08, Mono car styling SA, in Racc. 2009
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Capitolo Settimo
Cgce, 3 settembre 2009, in causa C-2/08, Olimpiclub, in Racc. 2009
Cgce, 1 ottobre 2009, in causa C-103/08, Arthur Gottwald, in Racc. 2009
Cgce, 6 ottobre 2009, in causa C-40/08, Asturcom, in Racc. 2009
Cgce, 12 gennaio 2010, in causa C-229/08, Colin Wolf, in Racc. 2010
Cgce, 18 marzo 2010, in causa C-317/08, Alassini, in Racc. 2010
Cgce, 15 aprile 2010, in causa C-542/08, Friedrich, in Racc. 2010
Cgce, 6 maggio 2010, in cause riun. C-145/08 e 149/08, Club Hotel Loutraki AE, in Racc. 2010
Cgce, 20 maggio 2010, in causa C-210/09, Scott SA, in Racc. 2010
Cgce, 5 ottobre 2010, in causa C-173/09, Elchinov, in Racc. 2010
Cgce, 8 settembre 2011, in causa C-177/10, Santana, in Racc. 2011
Cgce, sez. III, 24 novembre 2011, in causa C-379/10, Commissione c. Repubblica italiana, in
www.curia.europa.eu
Cgce, 24 gennaio 2012, in causa C-282/10, Dominguez, in www.curia.europa.eu
Cgce, 24 maggio 2012, in causa C-97/11, Amia Spa, in www.curia.europa.eu
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Tribunale di I grado
Trib. I grado, 10 luglio 1990, in causa T-51/89, Tetra Pak c. Commissione, in Racc. 1990
Trib. I grado, 7 febbraio 1991, in cause riun. T-18/89-24/89, Tagaras, in Racc. 1991, II-53
Trib. I grado, 17 dicembre 1998, in causa T-203/96, Embassy Limousines, in Racc. 1998
Trib. I grado, 25 marzo 1999, in causa T-37/97, Forges de Clabecq, in Racc. 1999
Trib. I grado, 5 giugno 2001, in causa T-6/99, ESF, in Racc. 2001
Trib. I grado, 3 maggio 2002, in causa T-177/01, Jégo-Quéré, in Racc., 2002
Trib. I grado, 12 novembre 2002, in causa T-94/00, Rica foods, in Racc. 2002
Trib. I grado, 20 novembre 2002, in causa T-251/00, Lagardère, in Racc. 2002
Trib. I grado, 8 luglio 2004, in causa T-67-68/00, T-71 e 78/00, Jfe Engineering, in Racc. 2004
Trib. I grado, 6 ottobre 2005, in causa T-22/02 e T-23/02, Sumitomo Chemical, in Racc. 2005
Trib. I grado, 23 settembre 2009, in causa T-341/05, Regno di Spagna c. Commissione, in Racc. 2009
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Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato
Adun. Plen. Cons. Stato, 18 dicembre 1940, n. 4, in Foro it. 1940
Adun. Plen. Cons. Stato, 26 ottobre 1979, n. 25, in www.google.it
Adun. Plen. Cons. Stato, 10 luglio 1986, n. 8, in Cons. Stato, 1986
Adun. Plen. Cons. Stato, 22 dicembre 1999, n. 24, in www.giustizia-amministrativa.it
Adun. Plen. Cons. Stato, 28 marzo 2003, n. 4, in www.giustizia-amministrativa.it
Adun. Plen. Cons. Stato, 15 settembre 2005, n. 7, in www.giustizia-amministrativa.it
Adun. Plen. Cons. Stato, 22 ottobre 2007, n. 12, in www.giustizia-amministrativa.it
Adun. Plen. Cons. Stato, 23 marzo 2011, n. 3, in www.giustamm.it
Adun. Plen. Cons. Stato, 29 luglio 2011, n. 15, in www.giustizia-amministrativa.it
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Consiglio di Stato
Cons. Stato, sez. V, 1 dicembre 1939, n. 795, in Foro it. 1939
Cons. Stato, sez. VI, 5 aprile 1968, n. 252, in Foro amm. 1968, 559
Cons. Stato, sez. IV, 18 gennaio 1996, n. 54, in Foro it., 1996, III, 442
Cons. Stato, sez. V, 18 aprile 1996, n. 447, in Foro it., 1996, 186
Cons. Stato, sez. VI, 14 gennaio 2002, n. 173, in www.giustizia-amministrativa.it
Cons. Stato, sez. V, 10 gennaio 2003, n. 35, in www.giustizia-amministrativa.it
Cons. Stato, sez V, 15 settembre 2003, n. 5152, in Cons. Stato, 2003, I, 1932
Cons. Stato, sez V, 6 ottobre 2003, n. 5870, in www.giustizia-amministrativa.it
Cons. Stato, sez. VI, 17 settembre 2004, n. 6182, in Urb. e app., 2005, 454
Cons. Stato, sez. VI, 4 gennaio 2005, n. 2, in www.giustizia-amministrativa.it
Cons. Stato, sez. IV, 21 febbraio 2005, n. 579, in www.giustizia-amministrativa.it
Cons. Stato, sez. V, 22 marzo 2005, n. 1195, in www.giustizia-amministrativa.it
Cons. Stato, sez. VI, 3 marzo 2006, n. 1023, in www.giustizia-amministrativa.it
Cons. Stato, sez. V, 14 aprile 2006, n. 2087, in www.giustizia-amministrativa.it
Cons. Stato, sez. VI, 17 ottobre 2006, n. 6194, in www.giustamm.it
Cons. Stato, sez. VI, 22 novembre 2006, n. 6831, in www.giustizia-amministrativa.it
Cons. Stato, sez. VI, 17 aprile 2007, n. 1736, in Foro amm. Cons. Stato, 2007, 1248
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Capitolo Settimo
Cons. Stato, sez. IV, 8 giugno 2007, n. 3025, in www.giustizia-amministrativa.it
Cons. Stato, sez. IV, 21 giugno 2007, n.3400, in www.giustizia-amministrativa.it
Cons. Stato, sez. V, 21 giugno 2007, n. 3384, in www.giustamm.it
Cons. Stato, sez. VI, 4 aprile 2008, n. 1414, in ww.giustizia-amministrativa.it
Cons. Stato, sez. VI, 9 febbraio 2009, n. 713, in www.giustamm.it
Cons Stato, sez. VI, 17 febbraio 2009, n. 717, in www.giustizia-amministrativa.it
Cons. Stato, sez. V, 2 marzo 2009, n. 1162, in www.giustizia-amministrativa.it
Cons. Stato, sez. IV, 12 marzo 2009, n. 1477, in www.giustizia-amministrativa.it
Cons Stato, sez. VI, 7 maggio 2009, n. 2835, in www.giustizia-amministrativa.it
Cons. Stato, sez. IV, 2 marzo 2010, n. 1220, in www.giustizia-amministrativa.it
Cons. Stato, sez. IV, 5 marzo 2010, n. 1274, in www.giustizia-amministrativa.it
Cons.Stato, sez. IV, 5 luglio 2010, n. 4246, in www.giustizia-amministrativa.it
Cons. Stato, sez. IV, 9 ottobre 2010, n. 7383, in www.giustizia-amministrativa.it
Cons. Stato, sez. V, 26 gennaio 2011, n. 550, in www.giustamm.it
Cons. Stato, sez. V, 21 febbraio 2011, n. 1739, in www.giustizia-amministrativa.it
Cons. Stato, sez. V, 28 febbraio 2011, n. 1271, in www.giustizia-amministrativa.it
Cons. Stato, sez. VI, 9 marzo 2011, n. 1488, in www.giustamm.it
Cons. Stato, sez. V, 21 marzo 2011, n. 1739, in www.giustizia-amministrativa.it
Cons. Stato, sez. VI, 31 marzo 2011, n.1983, in www.giustizia-amministrativa.it
Cons. Stato, sez. VI, 10 maggio 2011, n. 2755, in www.giustamm.it
Cons. Stato, sez. V, 12 maggio 2011, n. 2817, in www.giustizia-amministrativa.it
Cons. Stato, sez. V, 26 gennaio 2012, n. 340, in www.giustizia-amministrativa.it
Cons. Stato, sez. IV, 26 marzo 2012, n. 1750, in www.giustizia-amministrativa.it
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Tribunale amministrativo regionale
Tar Marche, 3 gennaio 1978, n. 3, in Foro amm., 1978
Tar Lazio, sez. I, 15 agosto 1988, n. 1185, in www.giustizia-amministrativa.it
Tar Molise, 7 febbraio 1994, n. 28, in Foro amm. 1994, 1580
Tar Lombardia, sez. III, 31 maggio 2000, n. 3831, in www.giustizia-amministrativa.it
Tar Molise, 18 ottobre 2000, n. 349, in Foro Tar 2000, I, 5242
Tar Abruzzo l’Aquila, 20 novembre 2001, n. 679, in Tar 2001, I, 244
Tar Campania sez. I, 11 marzo 2002, n. 209, in Foro Tar 2002
Tar Liguria, sez. I, 18 marzo 2004, n. 267, in www.giustizia-amministrativa.it
Tar Puglia, Bari, sez. II, 13 gennaio 2005, n. 56, in www.giustizia-amministrativa.it
Tar Salerno, sez. I, 4 maggio 2005, n. 760, in www.giustizia-amministrativa.it
Tar Pescara, 13 giugno 2005, n. 394, in www.giustizia-amministrativa.it
Tar Catanzaro, sez. II, 13 marzo 2006, n. 283, in www.giustizia-amministrativa.it
Tar Basilicata, 17 ottobre 2006, n. 723, in www.giustizia-amministrativa.it
Tar Lazio, Roma, sez. III, 18 ottobre 2006, n. 10485, in Foro amm., 2006
Tar Campania, sez. IV, 20 novembre 2006, n. 9984. in www.giustizia-amministrativa.it
Tar Lazio, sez. I-ter, 23 febbraio 2007, n. 1625, in www.giustizia-amministrativa.it
Tar Lazio, sez. I, 27 febbraio 2007, n. 1748, in www.giustizia-amministrativa.it
Tar Campania, sez. VII, 11 luglio 2007, n. 8943, in www.giustizia-amministrativa.it
Tar Lombardia, sez. II, 18 luglio 2007, n. 3351, in www.giustizia-amministrativa.it
Tar Campania, Napoli, sez. II, 6 settembre-19 ottobre 2007, n. 9739, in www.giustizia-amministrativa.it
Tar Campania, sez. VII, 20 novembre 2007, n. 8943, in www.giustizia-amministrativa.it
Tar Lazio Roma, sez I, 28 dicembre 2007 n. 14141, in www.giustizia-amministrativa.it
Tar Lazio, Roma, sez. I, 4 gennaio 2008, n. 43, in www.giustizia-amministrativa.it
Tar Calabria, Reggio Calabria, sez. I, 18 agosto 2008, n. 438, in www.giustamm.it
Tar Veneto, Venezia, sez. III, 2 gennaio 2009, n. 6, in www.giustizia-amministrativa.it
Tar Puglia, Lecce, sez.I, 10 febbraio 2010, n. 531, in www.giustizia-amministrativa.it
Tar Lombardia, sez. I, 26 febbraio 2010, n. 985, in www.giustizia-amministrativa.it
Tar Lombardia, sez. III, 3 marzo 2010, n. 531, in www.giustizia-amministrativa.it
Tar Campania Salerno, sez. II, 16 aprile 2010, n. 3933, in www.giustizia-amministrativa.it
Tar Lazio, sez. II quater, 17 giugno 2010, n. 18488, in www.giustizia-amministrativa.it
Tar Abruzzo, Pescara, sez. I, 25 giugno 2010, n. 730, in www.giustizia-amministrativa.it
Tar Puglia, Lecce, sez. I, 7 luglio 2010, n. 1698, in www.giustizia-amministrativa.it
Tar Trento, sez. I, 8 luglio 2010, n. 169, in www.giustizia-amministrativa.it
Tar Campania, Salerno, sez. I, 22 marzo 2011, n. 525, in www.giustamm.it
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Capitolo Settimo
Tar Sardegna, Cagliari, sez. I, 21 aprile 2011, n. 423, in www.giustizia-amministrativa.it
Tar Lombardia, sez. III, 8 giugno 2011, n. 1428, in www.giustamm.it
Tar Puglia, 25 novembre 2011, n. 1807, in www.giustizia-amministrativa.it
Tar Abruzzo, Pescara, sez. I, 13 dicembre 2011, sentenze nn. 693, 695, 696, 697, 698, 699, 700, i
www.giustizia-amministrativa.it
Tar Toscana, Firenze, sez. II, 30 dicembre 2011, n. 2077, in www.giustizia-amministrativa.it
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Corte costituzionale
Corte Cost., 26 giugno 1956, n. 6, in www.cortecostituzionale.it
Corte Cost., 24 febbraio1964, n. 14, in www.giurcost.it
Corte Cost., 16 dicembre 1965, n. 98, in Giur. cost. 1965
Corte Cost., 30 dicembre 1972, n. 212, in Giur. cost. 1972
Corte Cost., 18 dicembre 1973, n. 183, in Giur. cost. 1973
Corte Cost., 13 febbraio 1974, n. 32, in Giur. cost. 1974
Corte Cost., 22 ottobre 1975, n. 232, in Giur. cost. 1975
Corte Cost., 20 marzo 1978, n. 23, in Giur. cost. 1978
Corte Cost., 14 febbraio 1982, n. 15, in Giur. cost. 1982
Corte Cost., 19 aprile 1985, n. 113, in www.giurcost.org
Corte Cost., 15 maggio 1987, n. 171, in Giur. cost. 1987
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