Antigone ovvero una strategia del rito

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Persinsala Teatro
Mariacristina Bertacca
febbraio 19, 2013
Le Belle Bandiere fanno rivivere l’Antigone di Sofocle,
riportando nel nostro tempo l’eterno conflitto tra ragione di
stato e leggi degli affetti.
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Antigone, che risale al 442 a. C., è la prima tragedia di Sofocle dedicata
alla famiglia dei Labdàcidi, anche se la vicenda che vi si narra rappresenta
la conclusione della trilogia sul mito edipico.
Dopo la morte di Edipo, intorno alle mura di Tebe si affrontano i suoi due
figli: Eteocle come difensore della città, Polinice come aggressore. Essendo
entrambi morti nel duello che li ha contrapposti, il nuovo re, Creonte,
stabilisce funerali solenni per Eteocle e proibisce la sepoltura per Polinice
(secondo gli antichi ciò costituiva il massimo oltraggio), decretando inoltre
la morte per chiunque trasgredirà il suo comando. Antigone, anche lei
figlia di Edipo, seppellisce il fratello traditore della città e perciò viene
rinchiusa viva in una caverna, dove si uccide.
L’antica tragedia viene portata in scena da Le Belle Bandiere, compagnia
costituita nel 1992 da Elena Bucci e Marco Sgrosso, entrambi attori storici
del Teatro di Leo, gruppo fondato da Leo de Berardinis. I due artisti
avevano già affrontato i classici greci durante il sodalizio con il regista e
interprete partenopeo: mi riferisco agli spettacoli Quintett. Da Orfeo,
Empedocle, Eschilo, Sofocle, Ranieri de’ Calzabigi, Rimbaud (1988) e Come
una rivista (1999), dove Sgrosso aveva interpretato, come stavolta, il ruolo
di Creonte.
Antigone rappresenta la prima prova indipendente della compagnia
intorno al mito. Le Belle Bandiere hanno scelto un taglio metateatrale
(basato cioè su un gioco di teatro nel teatro), che mira ad una
trasposizione parodica e tragicomica del testo sofocleo, realizzandone in
questa chiave la “riscrittura” scenica (ad opera degli stessi Bucci e
Sgrosso). Il procedimento di abbassamento appare evidente soprattutto
nell’originale soluzione trovata per il Coro (elemento caratteristico della
tragedia classica, ma assai problematico da rappresentare nelle
messinscene contemporanee), che apre lo spettacolo fornendo agli
spettatori un breve riassunto dell’antefatto: i coreuti, che indossano
cappotti e bombette, portano maschere bianche, più simili alle maschere
della Commedia dell’Arte che a quelle della tragedia greca; talvolta si
esprimono con accento e dialetto meridionali, talvolta recitano le proprie
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battute come fossero filastrocche senza senso, intervallate da versi e
urletti, e accompagnate quasi di continuo da un sottofondo musicale;
infine si muovono in modo meccanico, simili a marionette. Il rimando
marionettistico sembra rappresentare scenicamente il ruolo e il rapporto
che il Coro dei vecchi tebani assume verso Creonte: sono infatti sudditi
che accettano passivamente gli ordini regali senza ribellarsi, pur essendo
convinti che la condanna di Antigone non sia un atto di giustizia ma una
grave colpa da parte del re.
Dalle maschere che di volta in volta le “marionette” si tolgono emergono a
tratti gli altri personaggi: Ismene (sorella di Antigone), Emone (figlio di
Creonte e promesso sposo della giovane sventurata), Tiresia (indovino
cieco). Il destino di tutti è deciso e segnato dal volere di un solo uomo, che
sfida le leggi divine per imporre la propria volontà, sebbene ciò finisca per
portarlo alla rovina. Dunque non è un caso che l’unica figura esterna al
Coro sia Antigone, l’unica che abbia il coraggio di andare controcorrente e
opporsi al volere del sovrano. Ed è proprio il contrasto tra Antigone e
Creonte che sta alla base della tragedia sofoclea, ponendosi quale
exemplum di altri conflitti più universali e profondi: la legge degli dei
contro la legge degli uomini, la ragione morale contro la ragione di stato,
gli affetti contro il dovere politico, battaglie delle quali, sebbene sul
momento sconfitta, la giovane Antigone diventa nei tempi, al contrario,
simbolo vittorioso perché capace di morire pur di rispettare i propri valori
affettivi e morali: «nessuno può togliere la libertà di rinunciare a tutto – si
legge nelle note di regia –, anche alla vita, per difendere un credo, un’idea,
un’utopia».
Lo spettacolo è andato in scena:
Teatro Francesco di Bartolo – Buti
giovedì 14 febbraio, ore 21.14
Antigone ovvero una strategia del rito
da Sofocle
Le Belle Bandiere
regia Elena Bucci con la collaborazione di Marco Sgrosso
progetto ed elaborazione drammaturgica Elena Bucci, Marco Sgrosso
disegno luci Maurizio Viani
suono e sensori Raffaele Bassetti
direzione tecnica Giovanni Macis
luci Davide Cavandoli
costumi Nomadea, Marta Benini
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Mariacristina Bertacca
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assistente all’allestimento Alessandro Sanmartin
organizzazione Federica Cremaschi
con (in ordine alfabetico) Daniela Alfonso, Elena Bucci, Maurizio Cardillo, Nicoletta Fabbri, Filippo Pagotto,
Gabriele Paolocà, Marco Sgrosso
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produzione Teatro Stabile di Brescia
in collaborazione con Le Belle Bandiere
(durata 1.20 h)
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