Colophon guida breve da aggiungere a quello istituzionale

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EGITTO: dalle Piramidi ad Alessandro Magno
i curatori della mostra
EGITTO
DALLE PIRAMIDI AD ALESSANDRO MAGNO
Mostra in due sedi:
Cremona
Museo civico Ala Ponzone, via Ugolani Dati 4
Palazzo Stanga, via Palestro 36
25 settembre 2004 - 28 marzo 2005
Testi di Massimiliana Pozzi e Giovanna Gotti
INTRODUZIONE
"milioni di anni" questa espressione
tanto cara agli antichi egiziani
rappresenta la durata di tempo
per la quale le loro opere
sono destinate ad incantare.
Pierre Loti
Il grande fascino dell'Egitto è dovuto sicuramente a diversi elementi: l'antichità e la durata della sua
civiltà, un'architettura che rappresenta il primo linguaggio universale, l'uso della pietra per la prima
volta nella storia dell'umanità come aspirazione naturale dell'uomo all'eternità e all'ostentazione di
potenza; la conservazione delle vestigia più delicate di un mondo che non c'è più, ma che le sabbie
del deserto hanno sepolto sotto onde pazienti al di là della desolata catena libica, i suoi paesaggi
così luminosi e immutabili da lasciarci immaginare ancora lo scorrere della vita di quei campi
tranquilli sotto acacie, palme e sicomori, la freschezza dei colori essenziali della sua pittura e
l'astrazione di un'arte originale e autonoma capace di divenire simbolo che rivela e nasconde,
spirituale e materiale, ad un tempo.
La mostra nella sede di Palazzo Stanga segue un criterio cronologico, per rendere evidente al
visitatore che, nell'apparente immutabilità della civiltà egiziana, si possono cogliere anche notevoli
cambiamenti.
I tre nuclei principali di reperti vengono dalle collezioni museali di Napoli, Firenze e Mantova.
L'intento è quello di valorizzare una collezione del sud, una del centro e una del nord ad
esemplificare le più di 90 collezioni esistenti in Italia, spesso anche molto importanti, ma poco
conosciute.
Queste tre collezioni inoltre riassumono le principali tappe di sviluppo del collezionismo e degli
studi egittologici: dalle raccolte erudite dell'Illuminismo, alla nascita di un'egittologia fondata su
scavi ancora pionieristici, per giungere alle campagne archeologiche dei nostri tempi.
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i curatori della mostra
Nel percorso espositivo al materiale archeologico si alternano i volumi che appartengono per la
maggior parte al Fondo Egittologico dell'Università Statale di Milano, che ha acquisito di recente
due fondi appartenuti ai grandi egittologi europei Edel e Varille.
Nella sede del Museo civico Ala Ponzone trova spazio un approfondimento sulle collezioni
lombarde con materiali provenienti dai musei archeologici di Milano, Bergamo e Cremona, che
arricchiscono il quadro lombardo offerto dalla mostra di Palazzo Stanga.
Le vie dell’Egittologo
Introduce il percorso espositivo una serie di materiali che illustrano i metodi utilizzati in passato
dagli egittologi per lo studio e la documentazione.
Questi materiali appartengono alla Biblioteca di Egittologia dell’Università degli Studi di Milano
che, come si è detto, a partire dal 1999 ha acquisito importanti fondi librari e documentari
appartenuti a figure significative della storia della disciplina quali il Prof. Elmar Edel e al dott.
Alexandre Varille.
Vengono dall'archivio Varille calchi su carta e un fac-simile su lucido delle iscrizioni della tomba
tebana di Khaemhat, oltre ad acquerelli di Victor Loret riproducenti testi della tomba di Ramesse
IX. I rilievi a contatto venivano considerati, a partire dalla seconda metà dell'Ottocento fino alla
metà del Novecento, uno dei metodi migliori per acquisire testi e rilievi presenti nelle tombe e nei
templi. La grande mole di documenti così ottenuti, e raccolti in volumi ancora largamente usati
dagli studiosi, mostra la vocazione filologica e storico-artistica degli egittologi.
Interessante anche il "mosaico" di foto aeree che mostrano i templi funerari della sponda
occidentale di Tebe: l'utilizzo di foto aeree è divenuto, a partire dagli anni Trenta, uno degli
strumenti principali e più efficaci della ricognizione archeologica.
Oggi gli egittologi grazie a strumenti quali macchine fotografiche e digitali, non hanno grosse
difficoltà a documentare e pubblicare le loro scoperte. Ma negli anni Trenta, essendo la fotografia ai
suoi esordi, spesso si preferiva ricorrere alla riproduzione mediante disegno. Non di rado gli
egittologi dell’Ottocento e dell’inizio del Novecento si sono distinti anche per le loro capacità
grafiche e pittoriche. Ne è un bell’esempio questa prova di stampa di una riproduzione di frammenti
di pittura provenienti dalla decorazione parietale del tempio funerario di Amenhotep figlio di Hapu,
localizzato da Varille ai piedi della collina di Qurnet Murrai (Tebe ovest).
La Preistoria
Con questa sezione ha inizio l’esposizione cronologica dei reperti. Di ogni fase si danno cenni
essenziali di inquadramento storico.
L’inaridimento climatico in Egitto determinò lo stanziamento progressivo di popolazioni lungo la
Valle del Nilo a partire dal 7000 a.C. Comunità agricole sono attestate a partire dal 5000 a.C.,
abitano in capanne di mattoni crudi, coltivano cereali, addomesticano gli animali, producono
ceramica, lavorano osso, avorio e pietre dure e tessono lino.
La preistoria egiziana viene divisa dagli studiosi in varie fasi, il cui nome fa riferimento al sito nel
quale sono stati fatti, per ciascuna cultura, i ritrovamenti più numerosi. Nel Badariano (Badari è
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nell’Alto Egitto), e nel contemporaneo Fayum A (4500-3800 a.C.), si ha l’introduzione della
lavorazione del rame. Caratteristica è la produzione di vasi a orlo nero, che continuerà, più raffinata,
durante l’epoca di Naqada I (Basso Egitto) databile al 3900-3500 a.C. Nei periodi successivi grazie
anche ai contatti con le civiltà della Nubia e del Vicino Oriente si allargano gli orizzonti culturali
come testimonia la produzione di tavolozze d’ardesia teriomorfe, vasi dipinti e la creazione di vere
e proprie strutture tombali, tra le quali è particolarmente significativa la tomba 100 di
Hierakompolis.
L’Antico Regno
L’epoca storica ha inizio intorno al 3000 a.C. e viene suddivisa dagli storici in periodi e scandita da
dinastie convenzionalmente ricavate sulla base della divisione fatta in Età Tolemaica dal sacerdote
Manetone. L’Antico Regno (2682-2614 a.C.) ha inizio con la III dinastia; in quest’epoca la capitale
del paese è Menfi. Le principali caratteristiche di questo periodo sono l’istituzione di uno stato
unitario e l’utilizzo della pietra in architettura.
I monumenti più noti sono le piramidi edificate a Giza durante la IV dinastia da Cheope, Chefren e
Micerino. Nella dinastia successiva i sovrani sono dediti in particolare al culto del dio sole Ra come
documentano i resti dei templi solari. Alla fine della V dinastia compaiono per la prima volta
all’interno della piramide di Unis i testi delle piramidi e in quest’ultima fase dell’Antico Regno si
assiste al crescere d’importanza dei funzionari le cui tombe diventano particolarmente grandi e
decorate da scene e testi che a volte ne propongono l’intera biografia.
Le piramidi
Le piramidi da sempre esercitano sull'uomo un grande fascino e intorno ad esse molti hanno
formulato teorie e ipotesi.
L’Egittologia dimostra che le piramidi sono monumenti funerari, poiché il contesto nel quale sono
inserite è una necropoli costituita da tombe di dignitari. Piramidi simili a quelle di Giza, anche se di
minori dimensioni, edificate successivamente, recano al loro interno i cosiddetti Testi delle
Piramidi, testi escatologici per il sovrano che, grazie al loro contenuto magico-religioso, lo
aiuteranno a raggiungere la vita eterna. La forma ascendente si afferma a partire dalla piramide a
gradoni di Djoser e si perfeziona attraverso la costruzione delle piramidi di Meidum e Dashur, per
raggiungere la massima espressione a Giza.
A fugare ogni dubbio dovrebbe essere il contenuto stesso delle piramidi, ma i corpi dei sovrani non
vi sono stati ritrovati. La spiegazione di questa assenza si può trovare già in un antico testo egiziano
che descrive con tinte pittoresche quanto avvenne nel Primo Periodo Intermedio:
Ecco, sono fatte cose
che non erano mai accadute per un lungo
tempo (prima):
il re è stato portato via da miserabili.
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Ecco, chi era sepolto come un falco, è […];
quello che la piramide nascondeva, è divenuto vuoto.
Ecco, pochi uomini senza legge,
sono arrivati al punto di privare la terra della regalità.
(da Le lamentazioni di Ipu-Ur)
Uno scritto simile dovrebbe bastare a spiegare perché all’interno delle piramidi non sono stati
trovati i corpi dei sovrani.
Riguardo alla datazione l'Egittologia non ha dubbi sul fatto che le piramidi di Giza siano state
edificate dai faraoni della IV dinastia fra il 2579 e il 2486 circa. Recentemente però hanno avuto
una grande fortuna editoriale alcune teorie che le retrodatano su basi “astronomiche”, confutate
dagli astronomi professionisti che ritengono che le identificazioni proposte fra la piana di Giza e la
cintura di Orione siano inaccettabili perché ottenute deformando la mappa del cielo.
Infine per le tecniche costruttive non esistono certezze, ma le ultime scoperte nella piana di Giza
relative al villaggio degli operai che le hanno edificate e alla necropoli in cui furono sepolti stanno
restituendo informazioni che mostrano la grande organizzazione e la grande fatica che il lavoro
comportò per una classe di operai altamente specializzati.
Il Primo Periodo Intermedio
Alla fine dell’Antico Regno si verifica un indebolimento del potere centrale e una progressiva
decadenza della zona menfita. I sovrani della VII e VIII dinastia regnano nominalmente su tutto il
Paese, ma sono i grandi funzionari locali che agiscono sempre più come governatori autonomi delle
loro regioni. Una serie di carestie, causate forse da inondazioni scarse o eccessive, unita a una
possibile incompetenza amministrativa dei sovrani menfiti, porta al periodo di crisi della IX e X
dinastia, comunemente chiamato Primo Periodo Intermedio.
Di fatto il Paese si divide in due: a nord è controllato dai principi di Herakleopolis e a sud dai
principi tebani, che si scontreranno con i principi herakleopolitani o con gli antenati di quest'ultimi.
Gli ultimi scontri hanno luogo nei pressi di Assiut e vedono vincitore Montuhotep II, che riunifica
quindi l'Egitto, dando inizio al Medio Regno.
Nel Primo Periodo Intermedio (2145-1020 a.C.) compaiono i cosiddetti “modellini” in legno che
entrano a far parte dei corredi funerari e caratterizzano la produzione artistica delle province nel
Medio Regno.
Il Medio Regno
La crisi del III millennio porta ad importanti trasformazioni ideologiche e culturali, che investono la
figura del sovrano ma anche le concezioni funerarie e religiose. Se permane il dogma secondo il
quale il re è un dio, nella sua veste umana questi fa da mediatore fra il mondo degli uomini e quello
degli dei, e nella sua vita terrena condivide coi primi limiti e problemi. Le sue responsabilità di
governo e la fatica che ne deriva sono espresse iconograficamente nella sua raffigurazione, non più
di giovane prestante dai tratti divini, ma di uomo maturo dal viso marcato dai segni del tempo e
dalle preoccupazioni, come mostrano molte statue regali del pieno Medio Regno.
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L'Egitto, riunificato da Montuhotep II, si avvia verso un periodo di stabilità e di buon governo
considerato dagli stessi Egizi, e dagli egittologi, come l'epoca classica della sua storia in ambito
politico, artistico, letterario e linguistico. La XII dinastia è fondata dal faraone Amenemhat, capitale
di questo periodo è El-Lisht in una posizione strategica fra il nord e il sud del Paese. Nei pressi della
città Amenemhat I e suo figlio Sesostri I innalzano le loro piramidi. Nel corso della dinastia inizia
anche la bonifica delle zone paludose del Fayum, che raggiunge il suo massimo sviluppo con
Amenhemat III. A Shedet (oggi Medinet el-Fayum) viene dedicato un tempio a Sobek, a Biahmu vi
sono ancora i basamenti in muratura di due statue colossali del sovrano che anche a Dja (oggi
Medinet Madi) edifica un tempio dedicato a Sobek e Renenutet, poi ampliato in Epoca Tolemaica.
Il faraone viene sepolto in una piramide ad Hawara, cui era annesso un imponente tempio funerario,
conosciuto agli autori classici come "il Labirinto". Un'altra piramide del sovrano, non utilizzata, era
stata innalzata a Dahshur, dove si trovano anche le piramidi di Amenemhat II e Sesostri III. Si
sviluppano anche alcune necropoli provinciali, tra cui è particolarmente importante quella di Beni
Hasan (nei pressi di Minia), composta da magnifiche tombe scavate nella falesia e che si innalza
sulla riva orientale del fiume.
Il Secondo Periodo Intermedio
La fine del Medio Regno è dovuta alla crescente crisi interna e alla pressione degli Asiatici che si
installano sempre più numerosi nel Delta, fino alla presa di potere degli Hyksos, nome derivato
dalla grecizzazione dell'espressione egizia hekau khasut "principi dei paesi stranieri". Questo
periodo di dominazione straniera è chiamato dagli egittologi Secondo Periodo Intermedio. Gli
Hyksos scendono fino al Medio Egitto e si alleano ben presto con la Nubia, assumendo il controllo
delle piste carovaniere. Adottano totalmente i costumi egiziani, ma introducono in Egitto
innovazioni di grande importanza, quali l'utilizzo del cavallo e del carro, nuove armi tra cui la
scimitarra e l'arco composito, un nuovo tipo di tornio da vasaio, il telaio verticale, nuovi vegetali e
animali e, soprattutto, la lavorazione del bronzo. In seguito a scavi estensivi è ormai ben nota la loro
capitale Avaris, localizzata a Tell el-Dab'a nel Delta orientale, al crocevia strategicamente
importante di una via di transito fluviale e di una terrestre.
Gli ushabti
Gli antichi egiziani erano talmente innamorati del loro Paese che immaginavano un aldilà molto
simile, ricco di campi fertili (Campi di Iaru). In essi era necessario svolgere i lavori agricoli e il
timore era che il defunto, indipendentemente dalla sua classe sociale, potesse essere chiamato a
compiere lavori faticosi. Per evitare questo rischio nelle tombe venivano collocati gli ushabti, parola
antico egiziana che significa "colui che risponde".
Le statuine, realizzate con diversi materiali, quali legno, pietra o faïence, rappresentavano il defunto
mummificato nell'atto di stringere nelle mani due zappe agricole e la corda di un sacchetto per le
sementi che gli scende dietro la spalla sinistra. Sul corpo è incisa una formula magica (VI capitolo
del Libro dei Morti) grazie alla quale la statuina si sarebbe animata e avrebbe sostituito il defunto
qualora questo fosse stato chiamato a lavorare. Durante le prime fasi del loro utilizzo, fra la fine del
Medio e l'inizio del Nuovo Regno, se ne poneva una in ogni tomba, poi il loro numero è salito fino
a 401. Un numero così alto si giustifica con il fatto che 365 statuine dovevano garantire che ogni
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giorno dell'anno ci fosse un sostituto; queste 365 erano poi divise in 36 squadre guidate da
altrettanti capisquadra.
Il Nuovo Regno
Il Nuovo Regno (1550-1069 a.C.) è l’epoca in cui l’Egitto raggiunse la maggior espansione
territoriale e conquistò un ruolo politico di primaria importanza nell’ambito del Vicino Oriente.
Dopo la cacciata degli Hyksos il regno fu riunificato dal faraone Ahmosi, che diede inizio alla
XVIII dinastia.
Il suo successore Amenhotep I continuò le campagne militari in Nubia così come Thutmosi I, uno
dei più grandi condottieri della storia egiziana. Altre due grandi personalità furono la regina
Hatshepsut, che legò la sua memoria al tempio funerario di Deir el Bahri, e Thutmosi III, che non fu
solamente un valoroso guerriero ma anche un grande costruttore.
All’interno di questa dinastia il periodo di rottura con la tradizione è segnato dall’ascesa al trono di
Amenhotep IV, che cambiò il proprio nome in Akhenaten, sostituendo il dio Amon con Aton, per
sottolineare la volontà di riforma del culto ufficiale. Gli esiti più evidenti della cosiddetta
“rivoluzione amarniana” si percepiscono nella straordinaria produzione artistica, dove si
stravolgono i canoni stilistici classici e per la prima volta compaiono nelle rappresentazioni scene di
vita quotidiana della famiglia reale.
La restaurazione degli antichi culti inizia durante il breve regno di Tutankhamon, forse il più
celebre dei sovrani egiziani.
Nel 1922 la sensazionale scoperta della sua tomba, praticamente intatta, nella Valle dei Re ad opera
di Howard Carter e la ricchezza del suo corredo funerario hanno concesso al giovane faraone, che
governò l’Egitto per soli dieci anni, una fama immortale.
Alla fine della dinastia il potere venne assunto da Horemeb, il comandante in capo dell’esercito che,
non avendo eredi maschi, alla sua morte lasciò il trono ad un militare originario del Delta, Ramesse
I che diede inizio alla XIX dinastia.
Dopo soli due anni di regno gli succedette il figlio Seti I, che portò a termine la restaurazione della
religione tradizionale e in campo politico riprese le campagne militari nel Vicino Oriente,
spingendosi fino a Qadesh in Siria.
Il figlio Ramesse II rimase sul trono per sessantasette anni e il suo regno fu uno dei più lunghi della
storia egiziana. Il nome di questo faraone è legato al celebre episodio della battaglia di Quadesh, in
cui gli egiziani si scontrarono con le armate degli Ittiti. Ramesse II si fece rappresentare sulle mura
dei principali templi a Karnak e Luxor, nel Ramesseo e ad Abu Simbel come assoluto protagonista
e vincitore dello scontro.
In realtà l’esito della battaglia non fu un’assoluta vittoria degli egiziani e il faraone riuscì soltanto a
portare in salvo il suo esercito, tuttavia le immagini e i testi fecero di quest’epopea il paradigma
della vittoria egiziana sui popoli stranieri e consacrarono l’immagine del faraone guerriero
trionfante.
La lunga vita di Ramesse II e le sue imprese portarono prosperità e ricchezza nel Paese, ma i suoi
successori dovettero nuovamente far fronte agli attacchi di popolazioni straniere come i Libici e i
“Popoli del Mare”.
Il Nuovo Regno si conclude con la XX dinastia, che ebbe la durata di circa un secolo, in cui si
succedettero otto sovrani che portarono tutti il nome di Ramesse e si ispirarono a Ramesse II come
modello di un glorioso passato.
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L’Epoca Tarda
L’Epoca Tarda comincia con il faraone Psammetico I, fondatore della XXVI, detta Saitica dal nome
della nuova capitale, Sais, l’attuale Sa el-Hagar, situata nel Delta Occidentale. Durante il suo regno
e quello dei suoi successori, per circa cent’anni, l’Egitto riunificato conosce un periodo di grande
rinascita politica, economica e culturale. Per accentuare l’importanza dell’unità del Paese e
sottolineare l’avversione agli invasori stranieri si realizza una sistematica ripresa di temi e aspetti
dell’Antico e Medio Regno, nell’arte, innanzitutto, ma anche nell’amministrazione e nei testi
religiosi. Nekao II, Psammetico II e Aprie continuano la politica estera del fondatore della dinastia,
ora attaccando le potenze straniere, ora alleandosi con esse. Come Aprie, anche il successore Amasi
deve affrontare problemi interni al Paese, causati tra l’altro dalla presenza dei Greci, le cui attività
commerciali vengono ora concentrate nelle città di Naukratis, nel Delta. La fine del suo regno è
oscurata dalla crescente potenza dei Persiani, che conquistano il Paese durante il brevissimo regno
del suo successore, Psammetico III. Nel 525 a.C., Cambise si impossessa dell’Egitto annientando
l’esercito egizio a Pelusio, a est dell’attuale Port Said, e ne fa una provincia dell’impero
achemenide. Assumendo le insegne e la titolatura faraoniche, Cambise inaugura così la XXVII
dinastia egizia che costituisce la Prima Dominazione Persiana. L’indebolimento dei Persiani dopo la
sconfitta a Maratona, nel 490 a.C., viene sfruttato dalla resistenza indigena egizia che riconquisterà
il potere per circa sessant’anni (XXVIII-XXX dinastia). Tuttavia, alla fine, i Persiani invadono
nuovamente il Paese dando origine, per una decina d’anni, a una seconda dominazione sull’Egitto
(XXXI dinastia). Quando Alessandro Magno, nel 332 a.C., giunge in Egitto cerca il favore delle
autorità locali e si reca a Siwa per farsi riconoscere "Signore dell’Universo". Inizia la costruzione di
Alessandria, che diventerà la nuova metropoli aperta sul Mediterraneo, e si inaugura un’epoca in cui
i sovrani, benché stranieri, cercheranno di adattarsi alle tradizioni faraoniche, assumendo anche
l’aspetto esteriore degli antichi re e rispettandone usanze e divinità. Nel 304 a.C. si fa iniziare il
Periodo Tolemaico, durante il quale i Tolomei, già generali di Alessandro, governano il Paese per
tre secoli. Si ampliano allora gli antichi edifici sacri e se ne costruiscono di nuovi in stile egizio: i
più grandi templi tuttora visibili in Egitto a Dendera, Edfu, Kom Ombo e File risalgono in gran
parte a quest’epoca. All’inizio dell’Epoca Tolemaica viene anche fondata la celebre Biblioteca di
Alessandria. Il tentativo di proseguimento della tradizione faraonica e di adattamento ad essa sarà
seguito anche dai successivi dominatori romani, che si impossessano del Paese a seguito della
battaglia di Azio del 31 a.C., sconfiggendo l’ultima grande sovrana tolemaica: Cleopatra VII.
La mummificazione e i vasi canopi
In Epoca Tarda i rituali legati alla sepoltura, che precedentemente erano prerogativa di una ristretta
cerchia di persone si diffusero ad una sfera sociale più ampia. La mummificazione, infatti era un
processo costoso e delicato che nel corso della storia egiziana si affinò molto. Nel Nuovo Regno la
tecnica più diffusa era la seguente: prima si estraeva il cervello attraverso le narici, poi, dopo aver
inciso il fianco del morto, si toglievano le viscere (fegato, polmoni, stomaco e intestini), che
venivano disidratati e posti in vasi per essere conservati. Il corpo veniva riempito con natron
(carbonato di sodio naturale) e resine aromatiche e ricoperto di natron per circa 40-70 giorni. In
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seguito, dopo essere stato lavato e unto per rendere morbida la pelle, veniva avvolto con lunghe e
sottili bende di lino collocando fra di esse amuleti protettivi.
Quattro erano i vasi canopi che venivano posti vicino al sarcofago del defunto. Nel Medio Regno
erano dotati di coperchi a forma di testa umana, poi a partire dal Nuovo Regno questi coperchi si
differenziarono e assunsero l'aspetto dei quattro "figli di Horo", geni tutelari che dovevano
proteggere gli organi del defunto. Amset, con testa umana, aveva il compito di proteggere il fegato;
Duamutef, con testa di sciacallo, lo stomaco; Hapi, con testa di babbuino, i polmoni; Khebehsenuf,
con testa di falco, gli intestini.
Culto degli animali
Alla fine del Nuovo Regno, in Età Ramesside, compaiono tendenze religiose popolareggianti e,
oltre al culto di numerose divinità minori, prende nuovo respiro anche il culto degli animali sacri, di
ciascuno dei quali si tende a venerare tutta la specie. Il fenomeno ha le sue radici in superstizioni
primitive, superate in epoca storica e ora favorite dai faraoni che cercavano di liberarsi del crescente
potere dei sacerdoti, incoraggiando forme di religiosità svincolate dal tempio. Questa tendenza
raggiunse l'apice nell'Epoca Tarda e in Età Tolemaica. In questo periodo si coglie chiaramente un
problema che l'Egitto non aveva mai superato e cioè il provincialismo della religione. I culti antichi,
diversi a seconda delle zone, si erano sovrapposti senza che alcuni avessero la meglio su altri per
cui venivano adorati dei diversi a seconda della distribuzione geografica. Fra le divinità animali ha
destato particolare curiosità e attenzione, prima presso i visitatori classici dell'Antico Egitto, poi
presso i moderni, il culto della “dea gatta Bastet”. Negli autori classici si legge che se in Egitto un
uomo uccideva un gatto rischiava la sua stessa vita. Tuttavia, le attuali indagini radiografiche sulle
mummie fanno dubitare delle testimonianze di Erodoto e Diodoro Siculo rivelando, come avevano
già notato Loret e Gaillard all'inizio del secolo, che in molti casi si tratta di gatti giovani che portano
segni di uccisione violenta, spesso per annegamento. Gli Egizi non sembra dunque che esitassero, in
realtà, a uccidere questi animali per farne degli ex-voto alla divinità.
Egitto in Lombardia
Questa sezione della guida è dedicata all’esposizione ospitata nelle sale del Museo civico Ala
Ponzone e il cui obbiettivo è un’ulteriore valorizzazione delle collezioni lombarde; la nostra regione
infatti è particolarmente ricca di collezioni con materiale egiziano.
A Milano la collezione più significativa è quella delle Civiche Raccolte Archeologiche e
Numismatiche, che attualmente si trova al Castello Sforzesco. Il nucleo più antico della raccolta si
deve ad acquisti fatti dal console d’Austria in Egitto Giuseppe Acerbi e consiste in due sarcofagi
con mummia di Paefthauauiset e del papiro di Isiuret, che viene esposto in occasione di questa
mostra. A questo nucleo nel corso dell’Ottocento si aggiunsero diverse donazioni, particolarmente
ricca quella del Seletti. Un apporto fondamentale lo diede infine Achille Vogliano, ottenendo dal
governo egiziano la concessione di riportare in Italia reperti rilevanti per lo studio della cultura
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egiziana, come la statua di Amenemhat III, provenienti dagli scavi dell’Università di Milano nel sito
di Medinet Madi (Fayum).
Va ricordata inoltre a Milano la presenza di un papiro contenente il cosiddetto Libro dei Morti alla
Cà Granda, Ospedale Maggiore, donato dagli eredi del Marchese Carlo Busca insieme ad una
mummia che ebbe poi un curioso e avventuroso destino. Del papiro Busca si interessarono insigni
egittologi dell'ottocento come R. Lepsius e E.H.Naville.
In provincia di Milano sono inoltre presenti due piccole collezioni a Biassono e Cernusco sul
Naviglio. Anche a Lodi è presente un piccolissimo nucleo costituito da un bronzetto raffigurante
Nefertum e un ushabti esposti nel Museo Civico.
Mantova e la sua provincia si inseriscono a pieno titolo nell'ambito dell'interesse egittologico
ottocentesco proprio grazie alla figura di Giuseppe Acerbi; la collezione ospitata a Palazzo Te è la
prova dell'approccio scientifico col quale Acerbi, già naturalista, classicista e letterato, si accostò
all'archeologia egiziana quando giunse ad Alessandria con la carica di Console Generale d'Austria
in Egitto. Si ricorda che nel 1828-1829 intraprese un viaggio in Alto e Basso Egitto durante il quale
si unì in diversi momenti alla spedizione franco-toscana guidata da Jean François Champollion e dal
suo discepolo Ippolito Rosellini, come dimostra una lettera dello stesso Champollion.
La prefazione alla Descrizione della Nubia e dell'Egitto monumentale scritta dallo stesso Acerbi
testimonia la visione diretta dei monumenti e ha un'impostazione scientifica per l'epoca in cui si
inserisce. Acerbi non fu però preciso nell'annotare i dati di acquisizione dei materiali che in parte
comprò, in parte fece scavare finanziando i lavori e in piccola parte, secondo un'ipotesi di Laura
Donatelli, raccolse personalmente.
A Castel Goffredo due statue della dea Sekhmet presenti, dal 1832 fino a non molto tempo fa
davanti a casa Acerbi, mostrano come anche questo console certo molto meno incline al proprio
vantaggio personale nella raccolta di antichità rispetto ad altri, non seppe resistere a crearsi una
propria raccolta; queste due statue in particolare, come si evince dal carteggio con Ippolito
Rosellini, furono recuperate dal tempio di Mut (Luxor). Altri sette oggetti lapidei sono riuniti in una
saletta della residenza Acerbi.
Che la provincia di Mantova sia fortemente coinvolta dalla passione egittologica diffusasi nella
seconda metà dell'Ottocento è provato anche dalla presenza nel Museo "Parazzi" di Viadana di una
collezione egizia donata agli inizi del Novecento da vari privati e dalla presenza di una stele
funeraria del Primo Periodo Intermedio nella collezione Bellini del Museo di Asola.
La città di Pavia possiede nei Musei Civici ospitati nel Castello Visconteo una bella raccolta egizia.
Un primo elenco degli oggetti che la costituiscono è del 1823 e fu redatto dal marchese Malaspina
di Sannazaro, che aveva curato personalmente l'acquisto per la maggior parte da Giuseppe Nizzoli,
cancelliere presso il Consolato Austriaco ad Alessandria. Il grande interesse del marchese per la
collezione egiziana è dimostrato dal fatto che si dedicò alla stesura di altre opere sullo stesso
argomento e che nella sua biblioteca erano presenti volumi di Belzoni, Rosellini e Champollion; a
quest'ultimo si rivolse per avere la traduzione di una stele e lo scritto autografo del grande
egittologo francese è ancora conservato alla Biblioteca Civica di Pavia.
Bergamo possiede un raccolta piccola, ma significativa, acquisita all'inizio del Novecento, della
quale solo in un caso è ben documentato l'iter. Si tratta del sarcofago esposto in mostra.
Pochi oggetti acquisiti alla fine dell'Ottocento sono presenti nel Civico Museo Romano di Brescia,
da poco trasferito a Villa Giulia, ma la città di Brescia possiede anche un altro nucleo di reperti
presso il Museo Civico di Storia Naturale, costituito da parti di mummie umane e mummie animali.
Il museo Archeologico "P. Giovio" di Como vanta una collezione egizia che comprende circa mille
oggetti provenienti dalla raccolta di Alfonso Garovaglio, appassionato studioso di archeologia che
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acquisì la maggior parte di questi materiali durante un viaggio in Egitto nel 1869 e il cartonnage di
Isiuret contenente la mummia che ricevette come dono nel 1887 dal signor Baldassarre Valerio che
lo aveva ricevuto dal Khediveh d'Egitto Mohammed Alì.
A Bellagio, sempre sul lago di Como, camminando nei giardini di Villa Melzi si incontrano la
statua cubo del visir (Pa)Rahotep e la parte superiore di una statua di Sekhmet. La statua cubo
risulta oggi illeggibile, ma grazie alla testimonianza rappresentata da un volume del 1787 dedicato
alla famiglia Altichiero di Padova, ed esposto in mostra, è stato possibile ricostruirne la storia.
L’autrice Contessa De Rosemberg illustrò il volume con tavole che riportavano le iscrizioni
geroglifiche quando la statua appena giunta in Italia ancora le conservava. Da queste si evince che
Parahotep era un funzionario di Ramesse II che si dedicò alla costruzione di Piramesse, capitale del
Delta, e che dedicò questo monumento anche ad un suo predecessore e omonimo.
Sempre a testimoniare la diffusione della fortuna dell'Egitto in questa zona nell'Ottocento ricordo
anche la presenza nella Villa Comunale di Cravenna a Erba di una piccolissima raccolta di materiali
di piccole dimensioni fra cui alcuni ushabti, un'ampolla di S. Mena e alcuni frammenti di mummia
portati in Italia dal Marchese Francesco Majnoni d'Intignano quando era Console Generale d'Italia
al Cairo.
A Varese il materiale egizio è presente nel Museo privato “Lodovico Pogliaghi” a S. Maria del
Sacro Monte.
Cremona deve il nucleo originario delle sue raccolte civiche al Marchese Giuseppe Sigismondo Ala
Ponzone (1761-1842) che, fra i molti materiali, ha lasciato alla sua città cinque ushabti e un
amuleto.
Da questa descrizione si evince come i nobili lombardi si interessarono all'archeologia egiziana con
modalità varie. Alla ricerca di oggetti di grande pregio estetico scelsero per esempio alcuni reperti
archeologici come quelli che l'Acerbi destinò sia alla sua raccolta personale, e a quelle confluite nei
musei di Milano e Mantova. Un interesse che oggi definiremmo etnografico li indusse a raccogliere
oggetti minori, di cui non valutavano ancora l'importanza storica, e che quindi ci sono stati spesso
offerti senza i dati di rinvenimento e contesto, ma dei quali li incuriosiva il valore magico-religioso.
La cosmetica
Nell’Antico Egitto la cosmesi ha implicazioni religiose e mediche. Ad esempio, la malachite (dal
colore verde) e il kohol (il termine arabo che designa il bistro nero) erano utilizzati come belletti per
gli occhi non solo per motivi estetici ma anche per scopi terapeutici. Anche per i profumi si può
parlare di un ruolo cultuale che va oltre il loro valore di cosmetici, dal momento che la fragranza
racchiude in sé il potere della vita immortale, l'odore piacevole fa parte della natura degli dei e
rivela l'arrivo della divinità.
Gli specchi erano utilizzati sia nella sfera quotidiana privata sia nella sfera cultuale, connessi a
specifici rituali di offerta, nel contesto dei quali avevano un significato simbolico. Denominato
ankh, “vivente”, lo specchio era inoltre uno degli elementi tipici del corredo funerario. Il disco dello
specchio evocava il sole, divenendo simbolo della divinità solare Ra. Il suo utilizzo come strumento
per la toeletta ne giustificava invece l’associazione con Hathor, dea della bellezza e dell’amore,
considerata la sposa di Ra. A questa dea e alla dea Mut due specchi erano offerti nell’ambito dei
rituali rappresentati sulle pareti dei templi di Età Tolemaica. I motivi decorativi dei manici ne
richiamano i significati simbolici: sia il fiore di papiro che le rappresentazioni, tipiche del Nuovo
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i curatori della mostra
Regno, di giovanette nude sono simboli di Hathor ed esprimono l’aspirazione alla vita, alla fertilità,
alla rigenerazione e alla rinascita.
***
Commento di Egittologia.net
La mostra vale sicuramente una visita, i reperti sono stati accuratamente scelti e posizionati in modo
da creare un percorso cronologico che ben rappresenta le principali tappe della cività egizia.
La mostra è particolarmente adatta agli studenti che troveranno un percorso dinamico e avvincente
per avvicinarsi in modo scientifico all’Antico Egitto sfatando alcuni miti ormai molto di moda
(allineamento delle piramidi con orione e retrodatazione dei monumenti di Giza).
L’ambientazione è ben realizzata, unica pecca l’illuminazione che non valorizza il “lato” artistico
dei reperti.
Molto interessanti gli antichi volumi e litografie provenienti dalla biblioteca di Egittologia di
Milano.
Cave di calcare nei pressi della piramide di Chefren. (Litografia di J.E.Andrews)
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i curatori della mostra
Alcuni reperti:
Coltello in selce, Epoca Predinastica.
Firenze, Museo Egizio.
Punta di freccia in selce, Epoca Predinastica.
Firenze, Museo Egizio.
Testa di mazza, diorite, Epoca Predinastica.
Firenze, Museo Egizio.
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i curatori della mostra
Vaso, terracotta rossa con ingubbiatura rossa lucidata, in parte annerita, Epoca Predinastica.
Firenze, Museo Egizio.
Vaso, terracotta arancione con ingubbiatura rossa lucidata, in parte annerita Epoca Predinastica.
Firenze, Museo Egizio.
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i curatori della mostra
Vaso dipinto, terracotta marrone chiara, pittura rossa scura, Epoca Predinastica.
Firenze, Museo Egizio.
Modello ligneo di cesto, legno, Medio Regno.
Firenze, Museo Egizio.
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EGITTO: dalle Piramidi ad Alessandro Magno
i curatori della mostra
Modello con figura femminile, legno stuccato e dipinto, Primo Periodo Intermedio.
Firenze, Museo Egizio.
Modello di remo, legno stuccato e dipinto, Medio Regno.
Firenze, Museo Egizio.
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EGITTO: dalle Piramidi ad Alessandro Magno
i curatori della mostra
Frammento di boomerang votivo, avorio di ippopotamo, Medio Regno.
Firenze, Museo Egizio.
Testa maschile, quarzite, Antico Regno.
Firenze, Museo Egizio.
Vaso di epoca amarniana, granito rosa, Nuovo Regno, XVIII dinastia.
Firenze, Museo Egizio.
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EGITTO: dalle Piramidi ad Alessandro Magno
i curatori della mostra
Mazzuolo, legno, Nuovo Regno.
Firenze, Museo Egizio.
Frammento di ciotola, faïence invetriata azzurra, Nuovo Regno.
Firenze, Museo Egizio.
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EGITTO: dalle Piramidi ad Alessandro Magno
i curatori della mostra
Statuetta femminile, legno, Nuovo Regno.
Firenze, Museo Egizio.
Pallina da gioco, faïence azzurra e nera, Nuovo Regno.
Firenze, Museo Egizio.
Arco, legno, Nuovo Regno.
Firenze, Museo Egizio.
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EGITTO: dalle Piramidi ad Alessandro Magno
i curatori della mostra
Brocca di acquamanile, bronzo, fine Antico Regno.
Mantova, Museo Civico di Palazzo Te.
Catino di acquamanile, bronzo, Antico Regno.
Mantova, Museo Civico di Palazzo Te.
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EGITTO: dalle Piramidi ad Alessandro Magno
i curatori della mostra
Canopo dello “Scriba Reale”, Soprintendente del Palazzo Piei, alabastro con striature rosate, Nuovo Regno,
XVIII dinastia.
Mantova, Museo Civico di Palazzo Te.
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EGITTO: dalle Piramidi ad Alessandro Magno
i curatori della mostra
Statuetta votiva di gatto, bronzo, XXV-XXVI dinastia.
Mantova, Museo Civico di Palazzo Te.
Amuleto Amon, faïence verde, Epoca Tarda.
Mantova, Museo Civico di Palazzo Te.
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EGITTO: dalle Piramidi ad Alessandro Magno
i curatori della mostra
Ushabti di Seti I, legno bitumato, Regno di Seti I.
Mantova, Museo Civico di Palazzo Te.
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EGITTO: dalle Piramidi ad Alessandro Magno
i curatori della mostra
Fossile eocenico.
Mantova, Museo Civico di Palazzo Te.
Statua di Anubi in legno, legno bitumato, Nuovo Regno.
Mantova, Museo Civico di Palazzo Te.
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EGITTO: dalle Piramidi ad Alessandro Magno
i curatori della mostra
Testa frammentaria di sovrano, pietra nera, metà della XVIII dinastia.
Mantova, Museo Civico di Palazzo Te.
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EGITTO: dalle Piramidi ad Alessandro Magno
i curatori della mostra
Ushabti di Horiu, faïence verde, Epoca Tarda.
Cremona, Museo civico Ala Ponzone – Sezione Archeologica.
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EGITTO: dalle Piramidi ad Alessandro Magno
i curatori della mostra
Ushabti di Heribimen, faïence verde, Epoca Tarda.
Cremona, Museo civico Ala Ponzone – Sezione Archeologica.
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EGITTO: dalle Piramidi ad Alessandro Magno
i curatori della mostra
Ushabti di Padjhorenpe, faïence verde, Epoca Tarda.
Cremona, Museo civico Ala Ponzone – Sezione Archeologica.
Amuleto raffigurante il pilastro ged, faïence verde.
Cremona, Museo civico Ala Ponzone – Sezione Archeologica.
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EGITTO: dalle Piramidi ad Alessandro Magno
i curatori della mostra
Steletta di Hathor, signora di Dendera, calcare, XVIII dinastia.
Milano, Civiche Raccolte Archeologiche e Numismatiche.
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EGITTO: dalle Piramidi ad Alessandro Magno
i curatori della mostra
Frammento di statua del portainsegne Khaemhotep, calcare bianco, Nuovo Regno.
Milano, Civiche Raccolte Archeologiche e Numismatiche.
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EGITTO: dalle Piramidi ad Alessandro Magno
i curatori della mostra
Specchio con testa di Hathor, bronzo, Epoca Tarda.
Milano, Civiche Raccolte Archeologiche e Numismatiche.
Sarcofago di Ankhekhonsu, legno, XXII dinastia,
Bergamo, Civico Museo Archeologico.
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i curatori della mostra
Amuleto raffigurante Hatmethty, faïence verde chiaro, Nuovo Regno-Epoca Tarda.
Collezione privata.
Mummia di gatto, Epoca Tolemaico-romana.
Brescia, Museo civico di Storia Naturale.
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i curatori della mostra
Palazzo Stanga: immagine allestimento.
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