Magnetismo - Dipartimento di Fisica

Magnetismo
In natura sono noti da antichissimo tempo materiali, le calamite, che esercitano forze reciproche che non appaiono di natura gravitazionale, essendo
molto più intense, né di tipo elettrico. In effetti due calamite interagiscono
tra di loro secondo una forza che è molto simile a quella che si ha tra due
dipoli elettrici. In particolare, se due calamite a forma di bacchetta vengono
poste una a fianco all’altra esse risentono di una forza attrattiva oppure repulsiva a seconda della orientazione di ciascuna bacchetta. La fenomenologia
è del tutto analoga a quella che si osserva quando si pongono uno a fianco dell’altro due dipoli elettrici di verso concorde( forza repulsiva) o discorde
(forza attrattiva). Un osservatore ignaro della fenomenologia dell’elettromagnetismo potrebbe a prima vista pensare che le calamite siano in realtà dipoli
elettrici. Tuttavia due osservazioni contraddicono questa ipotesi. La prima
osservazione è che la bacchetta non esercita alcuna forza su una carica ferma,
contrariamente a quello che succederebbe se avviciniamo un dipolo elettrico ad una carica. Inoltre c’è una difficoltà più fondamentale che discende
dalla seguente osservazione. Se prendiamo un dipolo elettrico, ad esempio
una molecola polare come NaCl, è possibile separare le due estremità della
molecola e ricavare due cariche (monopoli) elettriche di segno opposto. Al
contrario, se un magnete viene spezzato in due le due parti sono ancora due
dipoli e ciascuno di essi produce due dipoli se viene spezzato in due. Non
eseiste la possibilità di separare le due cariche magnetiche che formano il
dipolo. In sostanza, questa impossibilità ci fa concludere che non esistono
in natura cariche magnetiche.
Campo magnetico
Come per la forza gravitazionale che si esercita tra le masse e la forza elettrica che si esercita tra le cariche, risulta conveniente descrivere l’interazione
magnetica ricorrendo alla nozione di campo. Ad esempio abbiamo definito
~ in un punto dello spazio analizzando la forza elettrica
il campo elettrico E
F~el cui è sottoposta una carica q posta in quel punto. Abbiamo definito il
1
2
campo elettrico tramite il rapporto:
~
~ = Fel
E
q
L’esperienza mostra che un magnete non esercita forze sulle cariche ferme,
ma una carica in movimento che si avvicina ad una calamita subisce una forza
che è sempre perpendicolare alla velocità della carica. Misurando in un punto
la forza al variare del modulo e della direzione della velocità della carica si
~ che chiamiamo
osserva che essa può essere espressa in termini di un vettore B,
campo magnetico tramite la espressione:
~
F~mag = q ~v ∧ B
(1)
dove il simbolo ∧ indica l’operazione di prodotto vettoriale. Rammentiamo
anche che il risultato del prodotto vettoriale tra due vettori è un vettore (qui
la forza magnetica F~mag ) che è ortogonale ad entrambi i vettori operandi e
ha modulo uguale al prodotto dei moduli per il seno dell’angolo compreso
tra i due vettori:
|F~mag | = qvB sin θ
Con questa procedura operativa si può, in linea di principio, definire
il campo magnetico in ogni punto dello spazio. Quello che si troverebbe
applicandola al caso di un magnete naturale a forma di bacchetta sarebbero
delle linee di campo del tutto analoghe a quelle di un dipolo elettrico, come
mostrato in figura:
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Unità di misura
Nel Sistema Internazionale (SI), l’unità di misura del campo magnetico è il
Tesla (T). In termini delle unità fondamentali, come si vede dalla espressione
della forza magnetica è:
T=
N
N
m =
C· s
A·m
Dipolo magnetico
Le osservazioni precedenti ci inducono ad usare le stesse grandezze che abbiamo introdotto per i dipoli elettrici, traslandole nel linguaggio magnetico. In
particolare utilizzeremo la mozione di momento di dipolo magnetico m
~ allo
stesso modo in cui abbiamo usato la nozione di momento di dipolo elettrico
~ Si vedrà dunque il campo magnetico presente nello spazio che circonda
d.
una piccola calamita come generato da un dipolo magnetico, di intensità opportuna, che si trova nella posizione del magnete e che è orientato dal polo
negativo (Sud) al polo positivo (Nord) (punti in cui rispettivamente entrano
~
ed escono le linee di B.
Una seconda importante analogia riguarda il comportamento di un dipolo
magnetico che si trova in un campo uniforme. Come avviene per il dipolo
elettrico anche il dipolo magnetico subisce un momento torcente che tende
ad allineare il dipolo con le linee del campo magnetico. Vedremo nel seguito come questo comportamento è giustificabile con la forza magnetica sulle
cariche in moto. Prima di questo dobbiamo però colmare una mancanza che
notiamo nel parallelismo tra dipolo elettrico e magnetico. In effetti, noi abbiamo un modello di dipolo elettrico che può essere immaginato come due
cariche opposte +q e −q fissate rigidamente ad una certa distanza. Ricordiamo che il modulo del dipolo elettrico di questa configurazione di cariche
è il prodotto tra la carica q e la loro distanza a. È importante che questa
costruzione del dipolo elettrico giustifica anche l’esistenza dei dipoli elettrici
su scala atomica, ad esempio in un liquido come l’acqua. Le molecole che
compongono il materiale possono avere una distibuzione delle cariche asimmetrica e il dipolo elettrico è dato dalla distanza che separa il baricentro delle
cariche positive e quello delle cariche negative.
Sul versante magnetico non abbiamo a disposizione i monopoli per cui
non possiamo immaginare il dipolo magnetico come un sistema in cui le
cariche magnetiche sono separate. D’altra parte risulta sperimentalmente
che intorno ad una spira circolare di raggio r percorsa da una corrente I
esiste un campo magnetico le cui linee di forza a distanza molto maggiore di
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r coincide con quella di un dipolo magnetico posto nel centro della spira ed
il cui modulo è proporzionale all’area S = πr2 della spira e alla corrente I:
m = IS
Il momento magnetico è diretto ortogonalmente al piano della spira ed il suo
verso si trova con la seguente regola. Se si guarda la spira dall’alto e si vede
la corrente circolare in senso antiorario il momento magnetico è diretto verso
l’alto. Se la corrente appare circolare in senso orario il momento è diretto
verso il basso.
Questo punto di vista rende ragione anche della esistenza di momenti
magnetici microscopici. Secondo le conoscenze che si andavano affermando
con il progredire delle indagini sui fenomeni elettromagnetici nei materiali i
sistemi atomici potevano essere immaginati come piccoli sistemi planetari in
cui gli elettroni orbitano intorno ai nuclei. Come sappiamo questo scenario
è contraddetto da molti dati sperimentali ed è incompatibile con la moderna
descrizione della meccanica dei sistemi microscopici. Tuttavia ai nostri fini
è utile immaginare che un elettrone in moto in una orbita chiusa intorno al
nucleo sia l’analogo microscopico di una spira percorsa da corrente. Da qui
risulta la possibilità che un atomo sia dotato di un momento magnetico ed
un insieme di atomi i cui momenti magnetici elementari siano allineati diano
luogo a fenomeni magnetici macroscopici come nel caso delle calamite.
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Rapporto giromagnetico
Per illustrare il momento magnetico di un sistema microscopico, consideriamo
una carica in moto in un’orbita circolare. Sia r il raggio dell’orbita e v
la velocità della carica q in moto. f = v/2πr è la frequenza di rotazione
ossia quante volte la carica q passa ogni secondo da un punto dell’orbita. la
frequenza per q otteniamo quanta carica passa ogni secondo, ossia la corrente
(media) I. Quindi assimiliamo la carica in moto ad una corrente circolare
che ha un momento magnetico µ:
q
qv 2
πr =
M vr
2πr
2M
dove si è moltiplicato e diviso per la massa M della carica in modo da far
comparire la quantità L = M vr che è il momento angolare della carica. Si
vede quindi che nel caso della carica in moto circolare il momento magnetico
è proporzionale al momento angolare. Questa relazione è del tutto generale
e si esprime:
m = γL
m = IS =
La quantità
q
2M
è detta rapporto giromagnetico della carica ed è appunto il rapporto tra
il momento magnetico ed il momento angolare del sistema.
Il momento angolare di un sistema nel proprio centro di massa è detto
spin del sistema stesso. Una carica q, come un elettrone o un nucleo, può
essere dotata di un momento angolare intrinseco s detto appunto spin e,
quindi di un momento magnetico che è proporzionale ad esso
γ=
m = γq s
Il rapporto giromagnetico dipende dal sistema considerato ed il suo calcolo richiede i metodi della meccanica dei sistemi microscopici, la meccanica
quantistica.
Quello che si può dire senza entrare nei dettagli è che il valore del momento
angolare di un sistema microscopico, ad esempio un nucleo, non può assumere
valori arbitrari ma solo un ristretto insieme discreto di valori che risultano
quindi quantizzati. La stessa cosa accade per la proiezione del momento
angolare in una determinata direzione. Ad esempio un nucleo di idrogeno ha
uno spin s = 1/2 e la proiezione del momento angolare in una determinata
direzione può assumere solo i valori
1
sz = ± h̄
2
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dove h̄ è una costante fondamentale detta costante di Planck ridotta che
viene usata appunto come unità di misura del momento angolare intrinseco.
Risulta quindi che un sistema atomico come un nucleo può presentare un
momento magnetico quantizzato che è proporzionale al momento angolare
intrinseco.
In un campo magnetico esterno la orientazione dei momenti magnetici
atomici nella direzione del campo magnetico è energeticamente favorita e i
momenti magnetici tendono ad allinearsi con il campo esterno. In un sistema macroscopico composto di un elevatissimo numero di dipoli magnetici
elementari l’applicazione di un campo magnetico comporta l’insorgenza di
una magnetizzazione dovuta al fatto che i momenti magnetici, che in assenza
di campo sono isotropicamente distribuiti, si dispongono in modo che c’è un
numero maggiore di dipoli nel verso del campo rispetto a quelli antiparalleli.
I due stati hanno energie diverse e come avviene per le transizioni tra i livelli
elettronici di un atomo, è possibili indurre transizioni tra questi due stati
(con un campo magnetico variabile esterno di frequenza opportuna).
Questo meccanismo è alla base delle tecniche di risonanza magnetica
nucleare nella quale si sfrutta la abbondante presenza di protoni (nuclei di
idrogeno) nei tessuti molli organici per indurre una magnetizzazione variabile
che può essere interpretata in modo da restituire un immagine dei tessuti
stessi per fini diagnostici o di studio fisiologico.
Moto in campo uniforme
~ una carica q in moto con
Consideriamo in un campo magnetico costante B,
velocità ~v ortogonale al campo magnetico. La carica è dunque soggetta ad
~ e non
una forza magnetica che, secondo la (1) è diretta ortogonalmente aB
modifica la velocità lungo il campo magnetico che rimane nulla. L’angolo
tra velocità e campo magnetico rimane quindi retto. Inoltre la forza è ortogonale alla velocità per cui non ne cambia il modulo (non compie lavoro)
e pertanto rimane anche essa costante. Sappiamo che, in queste condizioni
(forza ortogonale alla velocità e di modulo costante) il moto si svolge nel piano perpendicolare al campo magnetico ed è circolare uniforme. Per fissare
le idee, se osserviamo il piano dall’alto e il campo magnetico è uscente dal
piano, il moto è antiorario se la particella ha carica positiva ed orario se
la particella ha carica negativa. Per trovare i parametri del moto circolare si
ricorre alla legge di Newton, sapendo che in quel tipo di moto la accelerazione
punta verso il centro della circonferenza e ha modulo ac = v 2 /r, dove r è il
raggio della circonferenza. La forza centripeta è appunto la forza magnetica
che ha modulo
F = qvB
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~ Vale dunque:
per la ortogonalità dei vettori ~v e B.
mac = m
v2
= qvB
r
da cui si ricava la velocità per un dato raggio dell’orbita:
qBr
(2)
m
ossia, a parità di campo magnetico, la velocità (e dunque l’energia cinetica)
della particella è proporzionale al raggio. La costante di proporzionalità è la
velocità angolare ω:
v
qB
ω= =
r
m
cui corrisponde una frequenza (numero di giri al secondo) che è detta frequenza di ciclotrone1 :
qB
ω
=
fc =
2π
2πm
Un parametro importante è il raggio dell’orbita per particelle di una data
velocità. Si ricava sempre dalla (2):
v=
r=
mv
qB
a parità di velocità e campo magnetico le particelle con massa (inerzia)
maggiore curvano meno e percorrono circonferenze con raggi maggiori. Il
raggio r è detto raggio di ciclotrone. Questa proprietà è sfruttata negli
spettrometri di massa che analizziamo in un esercizio successivo.
Es.1
Una carica q è iniettata con velocità v in un campo magnetico uniforme perpendicolare alla velocità
stessa. Descrivere il moto della carica.
Forza di Lorentz
La forza totale su una particella di carica q in moto in presenza sia di un
campo elettrico che di uno magnetico è detta Forza di Lorentz ed ha
l’espressione:
~ + q~v ∧ B
~ = q(E
~ + ~v ∧ B)
~
F~ = q E
1
Il ciclotrone è un apparecchio che permette la accelerazione di particelle cariche su
traiettorie circolari in un campo magnetico. Il primo ciclotrone fu realizzato da Ernest
Lawrence nel 1932. Oggi i ciclotroni sono usati per accelerare particelle con cui bombardare isotopi stabili e ottenere campioni radioattivi di breve vita media, impiegati nella
diagnostica radiologica.
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ossia è la somma della forza dovuta al campo elettrico sulla carica e alla forza
dovuta al campo magnetico che si manifesta sulla carica per cvia che essa si
muove con velocità ~v . La condizione per cui la forza complessiva sulla carica
è nulla è che:
~ + ~v ∧ B
~ =0
E
Ora, dato che la parte magnetica è diretta ortogonalmente sia alla velocità
che al campo magnetico, per annullare il campo elettrico occorre che questo
~ Più precisamente, occorre che
sia diretto ortogonalmente sia a ~v che a B.
~ = −E
~
~v ∧ B
e, utilizzando un campo elettrico ed uno magnetico a 90◦ le particelle che si
muovono nel piano ortogonale al campo elettrico con la velocità opportuna
non subiscono alcuna forza. Ad esempio per particelle che si muovono ortogonalmente sia al campo elettrico che a quello magnetico, ovvero lungo una
stessa direzione in una configurazione che si chiama fascio di particelle, non
subiscono deflessione se vale in modulo:
v=
E
B
(3)
~ abbia verso opposto ad E.
~ Ad
oltre a questa condizione occorre che ~v ∧ B
~ è diretto lungo l’asse x e E
~ lungo l’asse y, affinché ~v ∧ B
~ sia
esempio se B
2
diretto nel verso negativo delle y deve essere ~v diretto nel verso negativo
dell’asse z.
Un dispositivo siffatto può essere usato come selettore di velocità.
Facendo passare un fascio di particelle cariche attraverso una zona con campi
2
Come lo studente può verificare disponendo il pollice della mano destra nella direzione
di −z e l’indice nella direzione x di una terna di assi cartesiani.
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elettrici e magnetici incrociati ed uniformi solo le particelle con la velocità
giusta (vedi figura per particelle cariche positive) attraversano il selettore
procedendo lungo la direzione originale. Dunque, se dopo il selettore di
velocità si dispone una fenditura che lascia passare solo le particelle non
deviate, il fascio emergente è composto di particelle di eguale velocità o,
come si dice in gergo, è monocromatico.
Spettrometro di massa
Uno spettrometro di massa3 è composto essenzialmente di un selettore di
velocità (vedi esercizio precedente), una zona di deflessione con un campo
magnetico uniforme e una zona di rivelazione in cui si contano le particelle
che escono dalla zona di deflessione in diversi punti a seconda della loro
massa.
Dagli esercizi precedenti abbiamo tratto le seguenti informazioni:
• Una particella carica in un campo magnetico uniforme percorre un arco
di circonferenza che, per una data velocità è proporzionale alla massa
m della particella
• Campi elettrici e magnetici incrociati possono essere utilizzati per selezionare in un fascio le particelle che hanno una determinata velocità.
• Con opportune geometrie è possibile realizzare campi magnetici intensi
utilizzando fili percorsi da corrente.
Dunque, se abbiamo una certa sostanza da analizzare e individuarne i
componenti e valutare le concentrazioni relative si può cercare di ottenere un
fascio di molecole di quella sostanza, ionizzarle, ad esempio per bombardamento elettronico, e inviarle ad un selettore di velocità in modo da ottenere
un fascio campione monocromatico. Quando questo fascio entra nel campo
magnetico dello spettrometro ogni molecola subisce una deviazione diversa
a seconda della massa e percorre un arco di circonferenza che è tanto più
grande quanto maggiore è la massa. In queste condizioni, le particelle di
diversa massa usciranno dalla zona di deflessione ed entreranno in quella di
rivelazione in posizioni diverse e potranno essere contate individualmente ponendo dei rivelatori nelle diverse posizioni. Il segnale di ogni rivelatore sarà
3
Uno dei più importanti centri mondiali per la spettrometria di massa ha sede
presso l’Istituto Scripps a La Jolla in California. Il suo sito offre una panoramica storica e tecnica su questa importantissima tecnica sperimentale, di larghissimo impiego anche nelle biotecnologie. Lo studente interessato può visitare il sito
http://masspec.scripps.edu/services/map.php.
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proporzionale alla concentrazione della molecola con quella particolare massa
nel campione.
Questa tecnica può essere opportunamente utilizzata nel cosiddetto metodo di datazione col Carbonio. Questo è basato sul fatto che gli organismi
viventi utilizzano il carbonio presente in natura che si presenta in tre isotopi
tra i quali il C 14 e il C 12 (quest’ultimo rappresenta circa il 99% del carbonio
naturale). Negli organismi viventi i due isotopi si trovano nelle proporzioni
naturali. Alla morte dell’organismo cessano gli scambi con l’esterno, il contenuto di C 14 , che è radioattivo, decade con un tempo di dimezzamento
τ = 5730 anni e la sua concentrazione relativa diminuisce. Misurando il rapporto tra i due isotopi con uno spettrometro di massa è possibile risalire in
reperti paleografici alla età del campione, ottenendone la datazione fino a
epoche di alcune decine di migliaia di anni fa con una risoluzione tipica di
qualche decina di anni che cresce fino a qualche centinaio di anni per i reperti
più antichi.
Per considerare il funzionamento dello spettrometro da un punto di vista
quantitativo, consideriamo la seguente situazione schematica: un fascio di
molecole di anidride carbonica viene ionizzato e poi accelerato facendo attraversare ad esso una differenza di potenziale ∆V di un kVolt. Applicando la
conservazione dell’energia ad una molecola che inizialmente parte con velocità
piccola e chiamando v la velocità dopo l’accelerazione si ha:
1 2
mv = q∆V
2
Per una molecola di anidride carbonica CO2 questo si traduce in una velocità:
r
2q∆V
v=
' 7 × 104 m/s
m
Assumendo che questa sia la velocità di tutte le molecole, indipendentemente
dalla natura isotopica del carbonio, consideriamo che il fascio entri in una
zona in cui si ha un campo magnetico diretto ortogonalmente. Ad esempio
assumiamo che la velocità sia diretta lungo l’asse x che, nella figura è scelto
verso il basso ed il campo magnetico sia diretto lungo y che entra nella
figura. Con questa scelta, la forza sugli ioni positivi a cui è stato strappato
un elettrone è diretta lungo z ossia le cariche accelerano verso la parte destra
della figura e iniziano a percorrere una circonferenza di raggio:
r=
mv
qB
Con i valori che abbiamo dato per un campo magnetico di 0.1 T il raggio di
ciclotrone è, per le molecole considerate di circa 30 cm per cui le molecole
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escono dalla zona di deflessione, dopo avere percorso una semicirconferenza
a distanza di circa 60 cm (∼ 2r) dal punto di ingresso. Se il campo magnetico raggiungibile è più piccolo occorre, per mantenere lo stesso spazio di
separazione aumentare la velocità. D’altra parte il raggio aumenta anche se
la massa delle specie da analizzare aumenta. A parità di campo magnetico
questo richiede che le molecole siano più lente per mantenere le dimensioni
dell’apparato invariate. Naturalmente sono possibili geometrie diverse da
quella rappresentata in figura, che è alquanto simile all’apparato realizzato
nel 1919 dall’inventore della spettrografia di massa, il britannico F.W. Aston
(Nobel per la chimica nel 1922, diventando uno dei sei premi Nobel collegati
alla spettrografia di massa).
Due isotopi di una stessa molecola possono differire per una massa atomica (ovvero per un Dalton (Da)). In questo caso i punti di uscita dallo
spettrometro distano:
2∆mv
∆x =
qB
con i valori dati una molecola di C 13 O2 (consideriamo l’ossigeno più comune
con massa atomica 16) esce 2 centimetri più lontana della molecola di C 12 O2 ,
una separazione apprezzabile senza difficoltà. Inoltre la intensità dei picchi a
massa rispettivamente 45 e 44 sono in rapporto all’incirca 1:100, consentendo
cosı̀ una assegnazione delle abbondanze isotopiche degli atomi componenti.
La spettrometria di massa è stata intensamente usata negli ultimi anni nella analisi delle proteine sviluppando metodiche che si riassumono nel
termine Peptyde mass fingerprints (letteralmente: impronte digitali delle
masse dei peptidi). Esse consistono essenzialmente nello spezzettare una proteina incognita e dalla spettrografia di massa dei pezzi (peptidi) risalire con
tecniche statistiche alla proteina.
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Es.2
La velocità degli ioni analizzati da uno spettrometro di massa è spesso ottenuta facendo attraversare
alle particelle cariche una differenza di potenziale ∆V . Si ricavi una espressione che lega il raggio della
traiettoria circolare nella zona di deflessione a ∆V .
Esercizio svolto: l’effetto Hall
Es.3
Una lastrina di metallo di spessore s e larghezza D è percorsa da una corrente costante I, uniforme-
mente distribuita sulla sezione. Essa è immersa in un campo magnetico perpendicolare alla corrente e alla
direzione della larghezza della lastrina. In condizioni stazionarie si misura una differenza di potenziale
sulle facce opposte a distanza D (effetto Hall). Se la lastrina è di rame si può stimare la densità di cariche
libere n ' 8.5 1028 elettroni/m3 . Si calcoli la differenza di potenziale di Hall VH per un campo magnetico
di 0.01 T e per I = 100 mA, D = 1 cm, s = 0.1 mm.
Sulle cariche (elettroni) in moto nel metallo si esercita una forza magnetica che tende a farli deviare. Per effetto di ciò si ha uno spostamento di
cariche all’interno del metallo e la formazione di un accumulo di cariche positive e negative sulle due facce in direzione ortogonale al campo magnetico
e alla corrente. La migrazione cessa quando le cariche stesse producono un
campo elettrico E che annulla la forza magnetica secondo la (3).
Ricordiamo che la velocità delle cariche e legata alla corrente tramite la
densità n dei portatori, la loro carica e e la sezione A = Ds del conduttore:
v=
I
neA
quindi il campo elettrico, diretto ortogonalmente alla corrente e al campo
magnetico, ha modulo:
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IB
neDs
che determina una differenza di potenziale:
E = vB =
VH = ED =
IB
nes
Con i valori assegnati si trova:
VH =
8.5 1028
0.1 · 0.1
∼ 7nV
· 1.6 10−19 · 10−4
un valore piccolo ma rivelabile. Ovviamente da una misura di VH , I e B
e noto lo spessore s è possibile stimare la densità dei portatori di carica.
Inoltre il segno della differenza di potenziale per una data direzione della
corrente e per un fissato verso del campo magnetico determinano il segno
dei portatori. In effetti, il verso della forza è indipendente dal segno dei
portatori per un dato verso della corrente (dimostrarlo!). Quindi in tutti
e due i casi le cariche in moto sono deviate nella stesso verso, ad esempio
verso sinistra se il verso della corrente è verso l’alto ed il campo magnetico
punta nel verso opposto a noi che stiamo davanti alla corrente. Ora, se le
cariche che si spostano verso sinistra sono positive la differenza di potenziale
che misuriamo ad esempio tra sinistra e destra è positiva. Viceversa se le
cariche che si spostano verso sinistra sono negative (come è il caso della
conduzione elettronica) il voltmetro disposto nello stesso modo segna una
d.d.p. negativa.
Nella pratica sono disponibili dei sensori ad effetto Hall che permettono la misura del campo magnetico. Essi vengono tarati con un campo
magnetico noto, misurando la retta VH vs.B in fissate condizioni di utilizzo
(ossia per una data corrente I) e poi usati per misurare i campi magnetici
incogniti con il coefficiente di proporzionalità trovato nella calibrazione.
Al di là della strumentazione elettrica l’effetto Hall ha un interesse in
campo biomedico perché può essere utilizzato per la misura della velocità del
sangue in un vaso. A causa della presenza di sali disciolti nel sangue questo
contiene ioni che si muovono insieme al flusso ematico. Se il vaso, di diametro
d, viene posto in un campo magnetico B abbastanza intenso è possibile, con
degli elettrodi molto piccoli in contatto con le pareti del vaso in posizioni
diametralmente opposte e in direzione perpendicolare a B, misurare una
differenza di potenziale di Hall V . Essendo interessati alla velocità v degli
ioni, ovvero del sangue, e non al loro numero, si trova:
v=
V
E
=
B
Bd
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Per avere un idea della differenza di potenziale per un campo da 0.1 T e un
vaso di diametro 1 mm in cui la velocità del flusso sanguigno è 0.1 m/s basta
calcolare:
V = vBd = 10 µV
Proprietà del campo magnetico
Come abbiamo visto per il campo gravitazionale e per il campo elettrico
vale per questi campi il principio di sovrapposizione e il campo generato da
un insieme di sorgenti ossia da un insieme di masse oppure da un insieme
di cariche è la risultante (somma) del campi che ogni componente determinerebbe se fosse presente da sola. Quindi, le linee di forza di questi campi
possono essere estremamente complesse e molto diverse dal caso di una sorgente elementare come una massa o una carica puntiforme. Una situazione
del tutto analoga vale anche per il campo magnetico che ha una distribuzione
(relativamente) semplice per una spira piana percorsa da corrente, ossia un
dipolo magnetico, ma che può essere molto complicato per una distribuzione
di sorgenti qualunque. La cosa sorprendente è che, per quanto i campi possano essere complicati, in tutte le circostanze essi devono soddisfare a certe
proprietà le quali vengono quindi a rappresentare delle vere e proprie leggi
(in termini matematici si direbbero teoremi).
~ queste leggi si esprimono
Fondamentalmente, dato un campo vettoriale C
attraverso il valore che assume l’integrale di linea4 del campo lungo un
percorso chiuso che si indica con:
I
~ · d~l
C
γ
e con il valore che assume il flusso del campo attraverso una superficie
chiusa:
I
~ · dA
~
C
S
Ricordiamo che per il campo elettrico statico e per il campo gravitazionale
che sono vettori collineari alle rispettive forze l’integrale di linea lungo un
percorso chiuso (si dice anche la circuitazione) è nullo e questo esprime la
natura conservativa delle forze elettrica e gravitazionale.
I
I
~
~
E · dl = 0
~g · d~l = 0
γ
γ
4
Per la definizione di integrale di linea si veda la discussione sulla nozione di lavoro di
una forza.
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15
Per quanto riguarda il flusso attraverso una superficie chiusa per il campo
elettrico (gravitazionale) esso risulta proporzionale alla carica (massa) contenuta dentro la superficie chiusa. Questo risultato discende dalla dipendenza dalla distanza del campo di una carica puntiforme e prende il nome di
Teorema di Gauss.
I
I
Q
int
~ = −4πGMint
~ · dA
~=
~g · dA
E
0
γ
γ
Delle leggi analoghe valgono anche per il campo magnetico. Iniziamo dalla
legge sul flusso, cogliendo l’occasione epr ripetere la definizione operative di
integrale di un campo vettoriale su una superficie.
Flusso del campo magnetico
La definizione di flusso di un campo vettoriale attraverso una superficie
S la abbiamo già usata per il campo elettrico e per il campo di velocità in un
fluido. In questo secondo caso è ben giustificata anche nel linguaggio corrente
la parola flusso con la quale si indica il risultato della operazione di somma
integrale. Il flusso del campo di velocità attraverso una superficie è proprio
il volume di fluido che nell’unità di tempo attraversa la superficie stessa.
Dunque, la superficie può essere suddivisa in piccole mattonelle (vedi
~ ortogonale alla
figura). A ciascuna di area dS a associamo un vettore dS
mattonella e di modulo uguale all’area.
In analogia con il flusso di un liquido definiamo flusso attraverso la mattonella il prodotto scalare del campo vettoriale, ad esempio il campo mag~ per, il vettore dS.
~ In effetti, è intuitivo che, come avviene per il
netico B
~ è perpendicolare alla mattonelprodotto scalare, il flusso è massimo se B
~
la, ossia allineato con dS ed è nullo se il campo giace sulla mattonella (è
~ Se la mattonella è abbastanza piccola non c’è dubbio in
ortogonale a dS).
quale punto prendere il campo magnetico poiché esso può essere considerato
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costante su tutti i punti della mattonella. Il flusso totale attraverso l’intera
superficie è la somma del flusso sulle singole mattonelle:
X
~ · dS
~
Φ=
B
i
e quando le dimensioni della singola mattonella diventano infinitesime e il
numero di mattonelle cresce all’infinito la somma diventa l’integrale di
superficie:
Z
~ · dS
~
Φ= B
Una proprietà fondamentale del campo magnetico è che se la superficie
è chiusa il flusso è identicamente nullo:
I
~ · dS
~≡0
B
(4)
S
ovvero in un campo magnetico non si può avere una superficie chiusa, in
tutti i punti della quale il campo magnetico ha una componente solo entrante
(o solo uscente). Questo traduce in un linguaggio diverso la affermazione che
non esistono cariche magnetiche, ossia punti dello spazio dai quali tutte le
linee del campo magnetico escono (o entrano). È evidente che, se ci fossero,
basterebbe circondare questo punto con una piccola superficie sferica per
avere un flusso netto attraverso una superficie chiusa, contro la legge generale
appena enunciata.
Un caso particolarmente semplice in cui è facile calcolare il flusso attraverso una superficie è quando il vettore è costante, sia come modulo che come
orientazione, su tutti i punti della superficie. Infatti:
Z
Z
Z
~
~
Φ = B · dS = B cos θ dS = B cos θ dS = BS cos θ
avendo portato fuori dall’integrale tutti i termini costanti e avendo osservato
che l’integrale degli elementi di superficie (la somma delle superfici delle
mattonelle)dà la superficie totale. Particolarmente semplice è il caso in cui il
campo magnetico è costante ed in ogni punto perpendicolare alla superficie
(θ = 90◦ ). In questo caso il coseno vale 1 e il flusso è semplicemente:
Φ = BS
(campo costante e ortogonale alla superficie S)
Circuitazione del campo magnetico
Come abbiamo fatto sopra per il flusso ricordiamo la nozione di integrale di
linea di un campo vettoriale. Ricordiamo che in meccanica questa nozione
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è servita per definire la energia potenziale in un campo di forze conservative.
Una procedura operativa per calcolare l’integrale di linea lungo una curva γ
consiste nell’approssimare la curva con una spezzata prendendo una serie di
punti consecutivi sulla curva e unendoli con dei segmenti. Se il numero di
punti è molto grande la linea spezzata approssima quanto si vuole la curva.
Ogni singolo tratto della spezzata può essere rappresentato da un vettore d~l.
Si fa il prodotto scalare del campo in un punto del segmento5 con il vettore
d~l e questo è il contributo del l’elemento di curva all’integrale totale:
~ · d~l = Bdl cos θ
dI = B
dove θ è l’angolo tra il campo vettoriale e l’elemento di spostamento. L’integrale si trova sommando tutti i contributi e si indica con:
Z
Z
~
~
B · dl = Bdl cos θ
(5)
γ
γ
dove γ indica la curva lungo la quale si fa l’integrale.
Il teorema di Ampère stabilisce che se si esegue l’integrale di linea di
un campo magnetico stazionario lungo un percorso chiuso il risultato che si
ottiene è proporzionale alla corrente che attraversa una qualunque superficie
di cui la curva scelta è il contorno. In simboli questo si scrive:
I
~ · d~s = µ0 Itot
B
(6)
Si faccia attenzione che data una superficie la corrente può attraversarla
in due direzioni. La corrente It ot che compare nel teorema di Ampère è la
somma algebrica delle correnti considerando positive quelle che passano in un
senso e negative quelle che passano per il senso opposto. Convenzionalmente
se prendiamo una curva piana il verso che consideriamo come positivo è quello
che va verso la parte dalla quale, osservando il percorso di integrazione questo
viene percorso in verso antiorario.
Campo all’interno di un solenoide
Partiamo dunque dalla (5) e osserviamo che se capita che lungo la curva il
campo sia sempre tangente alla curva e di modulo costante il coseno vale in
tutti i punti 1Re il modulo del campo può essere portato fuori dall’integrale
che rimane B dl = BL, con L la lunghezza delle curva. Quindi, se la
geometria del campo magnetico è semplice è possibile utilizzare il teorema
5
Se i segmenti sono moltissimi praticamente il campo ha lo stesso valore su tutti i punti
di un dato segmento che è molto corto.
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18
di Ampère per calcolare il campo magnetico quando sono note le correnti.
Inoltre il teorema di Ampère mostra definitivamente che le correnti possono
essere intese come le sorgenti del campo magnetico.
Prendiamo dunque un solenoide (vedi figura) che è realizzato avvolgendo delle spire di filo conduttore intorno ad un cilindro. Il solenoide, lungo L
abbia un numero N di spire. Quando nel solenoide viene fatta passare una
corrente I si produce, all’interno del solenoide, un campo magnetico B piuttosto intenso, mentre all’esterno del solenoide il campo magnetico è molto
piccolo. In figura è mostrato un avvolgimento di poche spire, ma in realtà si
realizzano solenoidi con migliaia di spire di filo sottile.
L’approssimazione di solenoide ideale consiste nel considerarne uno di
lunghezza infinita. Nella realtà sarà sufficiente, perché il modello sia applicabile, che la lunghezza del solenoide sia grande rispetto al diametro del cilindro
e che si consideri il campo magnetico in un punto interno abbastanza lontano
dai bordi. Nelle ipotesi dette il campo magnetico all’interno del cilindro può
essere considerato uniforme e parallelo all’asse z del solenoide e nullo, fuori
del cilindro. Per calcolarne il valore, possiamo considerare un percorso chiuso
rettangolare (il percorso b mostrato in figura) con un tratto, di lunghezza h
parallelo a z all’interno del solenoide.
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19
Nel caso del solenoide e del contorno b della figura l’unico tratto del
contorno che contribuisce all’integrale di linea è il tratto interno parallelo a
z. Gli altri segmenti sono o perpendicolari alle linee di campo (e quindi il
prodotto scalare che compare nell’integrale di linea è nullo) oppure sono in
una zona in cui il campo è praticamente nullo. In sostanza il primo membro
del teorema di Ampère dà in questo caso:
I
~ · d~s = Bh
B
con B il modulo, incognito, del campo magnetico. Per calcolare il secondo
membro si osservi che la corrente che compare è quella totale che attraversa
il rettangolo. Questa è la corrente I che passa in ogni filo per il numero M
dei fili che attraversano il rettangolo. Se l’avvolgimento è uniforme questi
sono:
N
M= h
L
e la corrente totale è Itot = M I. Secondo il teorema di Ampère, dunque:
Bh = µ0
N
Ih → B = µ0 nI
L
(7)
dove con n si è indicato il numero di spire per unità di lunghezza.
Per rendere concreto il calcolo stimiamo il campo magnetico all’interno di
un solenoide costituito da cinque strati di 850 spire ciascuno diposti lungo un
cilindro di lunghezza L = 1.23 m. Il diametro del cilindro sia d = 3 cm, cosicché al centro del solenoide si possano assumere valide le ipotesi di solenoide
ideale. La corrente che scorre nel solenoide è I = 5.57 A. Applicando la
formula appena trovata e ricordando che nel SI µo = 4π 10−7 T m/A si ha:
B = 4π 10−7 ·
5 · 850
· 5.57 = 24.2 10−2 T
1.23
Il campo magnetico terrestre ha un intensità dell’ordine di 1 Gauss =
10 T , per cui il campo che otteniamo all’interno del solenoide del problema è
oltre duemila volte quello terrestre. Dunque, all’interno del solenoide possono
essere svolte osservazioni di fenomeni vari sottoposti ad un campo magnetico
uniforme, la cui intensità può essere variata in modo lineare modificando la
corrente di alimentazione I.
−4
Es.4
Considerando la figura, quale risultato si ottiene calcolando la it circuitazione del campo magnetico
lungo i percorsi contrassegnati dalle lettere a e c?
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20
Campo magnetico generato da un filo
Una ulteriore applicazione del teorema di Ampère si ha nel calcolo del campo
magnetico a distanza x da un filo rettilineo indefinito percorso da una corrente
I.
L’assunzione che il filo sia indefinito è ovviamente irrealistica. Si tratta
di una situazione ideale che è ben approssimata se si considerano punti vicini
alla parte mediana del filo rispetto alla sua lunghezza. Il calcolo più semplice
si fa applicando il teorema di Ampère (6). Per scegliere una linea chiusa
conveniente bisogna avere un’ idea di come sono disposte le linee del campo.
Questa si ricava sfruttando la simmetria del sistema. Nel caso del filo rettilineo, la simmetria è cilindrica, ossia tutti i punti che si trovano sulla superficie
di un cilindro coassiale al filo sono equivalenti e, di conseguenza, il campo
magnetico in tutti quei punti è uguale. Inoltre la proprietà fondamentale del
campo magnetico (4) implica che il campo sia tangente alla superficie. Lo si
dimostra per assurdo. Infatti se il campo magnetico intersecasse la superficie
laterale6 del cilindro o verso l’esterno o verso l’interno si avrebbe un flusso
netto (positivo o negativo) contro la legge vista sopra che il flusso del campo
magnetico attraverso una superficie chiusa è nullo. Con questa osservazione
abbiamo mostrato che le linee di campo sono circonferenze ortogonali all’asse
del filo.
Dato che su una circonferenza, di raggio x perpendicolare al filo percorso
da corrente e con il centro su questo il campo è, come abbiamo notato,
tangente e costante si può eseguire l’integrale di linea richiesto dal teorema
di Ampère (6) e si trova:
I
~ · d~l = B 2πx
B
che può essere uguagliata alla corrente che attraversa il cerchio, ovvero alla
corrente che percorre il filo, moltiplicata per µ0 :
B 2πx = µ0 I
e si trova che il campo vale:
B=
µ0 I
2π x
6
Le superfici di base non contano perché il flusso è eventualmente opposto e pertanto
nell’insieme nullo.
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21
Campo magnetico di una linea ad alta tensione
Es.5
Una linea di alta tensione è caratterizzata da una differenza di potenziale tra i due conduttori di
parecchie centinaia di chiloVolt, tipicamente V = 500 kV . Supponiamo che essa sia alimentata da una
centrale di 500 MegaWatt. Questo comporta che la corrente che circola su ciascun cavo è dell’ordine di
qualche centinaio di Ampère alla massima potenza. Diciamo che I = 500 A. Si calcoli il campo magnetico
prodotto da questa corrente a una distanza d = 50 m dal cavo. In effetti i conduttori sono due e trasportano
corrente in verso opposto. In un punto che si trova ad uguale distanza d dai due cavi che tra loro distano
h il campo magnetico totale è la somma del campo dei singoli cavi. Se ne calcoli il modulo per h = 4m.
Per valutare gli effetti biologici di un campo magnetico è conveniente
confrontarlo con il campo magnetico terrestre sotto l’influenza del quale si
svolgono tutti i fenomeni biologici e si è dipanata la evoluzione naturale. Il
campo varia sia in intensità che in direzione nei diversi punti della terra7 della
terra avendo una distribuzione simile a quella di una spira posta nel nucleo
terrestre con il piano perpendicolare all’asse Nord-Sud. Un valore medio del
campo è di circa BT = 5 10−5 T . Per la sua piccolezza nelle unità SI si è soliti
usare per il campo magnetico terrestre il Gauss (G) e i suoi sottomultipli.
Vale 1 G = 10−4 T ed il campo magnetico terrestre vale circa 500 mG. Un
campo magnetico statico della stessa intensità di quello prodotto dal cavo dell’esercizio precedente (2 µT = 20 mG) è dunque 25 volte più piccolo. Inoltre,
essendo il campo magnetico totale la somma dei campi magnetici dei due cavi
che tendono a compensarsi (dimostrarlo -almeno qualitativamente-) cosicché
l’esposizione è ad un campo magnetico decisamente piccolo se confrontato
con il campo statico terrestre.
In effetti, la tensione e dunque la corrente delle linee di trasporto dell’elettricità è una tensione variabile in modo sinusoidale alla frequenza f = 50Hz
per cui si potrebbero ipotizzare degli effetti particolari per il fatto che il
campo magnetico è oscillante. È su un ipotesi di lavoro di questo tipo che si
basano i giudizi sui possibili effetti biologici dei campi delle linee di trasmissione dell’energia elettrica. Nel 1979 un ampio studio8 epidemiologico svolto
negli Stati uniti concluse che, limitatamente alle leucemie infantili, un aumento di rischio era rilevabile nei soggetti che erano esposti quotidianamente
a campi di valori superiori a 0.4 µT che come abbiamo osservato si riscontrano solo in abitazioni molto vicine (poche decine di metri) alle linee ad alta
tensione. Gli studi successivi sono stati piuttosto contraddittori, tuttavia i
7
Per la verità il campo magnetico varia anche nel tempo su scale temporali geologiche e
ci sono prove geologiche che nel passato il verso del campo magnetico è stato ripetutamente
opposto a quello attuale.
8
Wertheimer N. e Leeper E. Electrical wiring configurations and childhood cancer. Am.
J. Epidemiol. 109 273-84 (1979).
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22
paesi più avanzati9 , applicando il principio di precauzione, hanno progettato
linee di trasmissione con una configurazione dei conduttori o una distanza
delle abitazioni che riduce la esposizione al di sotto delle soglie di rischio (valutate prudentemente in 0.2 ÷ 0.4µT ). Merita ricordare che i limiti ufficiali
applicati anche in Italia per i campi magnetici a 50 Hz indicano in 100 µT il
limite per la permanenza quotidiana continua una cosa che non appare molto
rassicurante, se confrontata con i valori precedenti.
Effetti magnetomeccanici sulle correnti
Dopo avere visto che le correnti sono le sorgenti del campo magnetico e, in
alcuni semplici casi, a calcolare il campo magnetico generato da distribuzioni
specifiche di correnti, siamo indotti, come fatto per il campo elettrico e gravitazionale a considerare l’effetto (forza) del campo magnetico sulle correnti. Ovviamente essendo queste ultime prodotte da cariche in movimento è
proprio quello che ci aspettiamo dalla forza di Lorentz.
Forza su un filo percorso da corrente
Per essere concreti consideriamo con il seguente esercizio un filo percorso da
una corrente ed immerso in un campo magnetico uniforme perpendicolare al
filo.
Es.6
Consideriamo un cavo ad alta tensione che è attraversato da una corrente I di 5000 A. Il campo
magnetico terrestre ha una componente B⊥ = 50 µT perpendicolare al cavo. Si calcoli la forza magnetica
su 100 m di conduttore.
Come sappiamo, la corrente in un conduttore è dovuta al movimento dei
portatori di carica che hanno una densità n per unità di volume. Consideriamo un conduttore cilindrico (cavo) e chiamiamo v la velocità di trasporto
degli elettroni spinti dalla differenza di potenziale applicata al conduttore.
Se A è la sezione del filo, Av è il volume occupato dagli elettroni che attraversano la sezione ogni secondo. Il numero di elettroni N che attraversano la
sezione ogni secondo è dato da questo volume moltiplicato per la densità di
elettroni: N = nAv. Infine, la carica che attraversa la sezione ogni secondo,
ossia la corrente I, è il numero di elettroni per la carica trasportata da ogni
elettrone:
I = nqvA
9
Si veda, ad esempio http://www.svk.se/global/09 about us/pdf/magnetic fields.pdf
per una illustrazione divulgativa delle misure adottate dall’ente statale svedese che gestisce
la rete elettrica di quel paese.
G.Paffuti, F.Maccarrone - Fisica per Biotecnologie - 2011/012
23
dalla quale si ricava la velocità degli elettroni vale:
v=
I
nqA
Se in direzione perpendicolare al conduttore è presente un campo magnetico B ogni elettrone risente di una forza:
f = qvB =
IB
nA
(8)
Ora, su un tratto dl del conduttore, supposto omogeneo ci sono M = nAdl
elettroni per cui la forza totale sul tratto dl è quella su un singolo elettrone
moltiplicata per il numero di elettroni:
F = f nAdl = IBdl
la forza totale sul conduttore di lunghezza L è data dalla somma delle forze
sui singoli tratti dl e, se queste sono uguali, ossia se il campo è uniforme su
tutta la lunghezza del filo omogeneo, la forza è semplicemente:
F = ILB
Nel caso del cavo del problema si ha:
F = 5000 · 100 60 10−6 = 30N
decisamente piccola rispetto al peso del cavo stesso.
Si osservi che la trattazione è del tutto analoga se il campo magnetico fa
un angolo θ con la direzione della corrente. In effetti l’unica modifica che va
fatta nella (8) è che la forza magnetica sulla carica in moto è:
~
f~ = q~v ∧ B
ed il suo modulo è dunque:
f = qvb sin θ
e la forza sul tratto d~l del filo vale dunque in modulo:
F = IdlB sin θ
e la direzione ed il verso sono quelle date dalla regola della mano destra
~
disponendo il pollice lungo d~l, nel verso della corrente e l’indice lungo B.
Il medio ad angolo retto rispetto alle prime due dita indica la direzione ed
il verso della forza sul tratto di filo. Si noti che se il campo magnetico è
parallelo al tratto di conduttore, ossia l’angolo tra i due è nullo (o piatto) il
seno è nullo come la forza magnetica.
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24
Forza e momento su una spira
Es.7
Una spira rettangolare di lati a e b è percorsa da una corrente I ed è immersa in un campo
magnetico uniforme diretto parallelamente al piano della spira e ortogonale ai lati di lunghezza a. Si
calcoli la forza totale agente sulla spira ed il momento torcente rispetto al centro della spira.
Come abbiamo visto nell’esercizio precedente la forza sui due tratti di filo
di lunghezza b è nulla in quanto il campo è parallelo alla corrente. Lungo
i tratti ortogonali, invece, la forza magnetica è in modulo IBa su ciascun
tratto di filo, ma diretta in verso opposto (ortogonale al piano della spira)
perché sui due lati la corrente ha verso opposto. La somma delle forze è
dunque nulla e la spira è in equilibrio traslazionale. Tuttavia le forze che
agiscono sui due lati agiscono come una coppia applicando un momento ad
un asse passante per il centro della spira e la spira tende a ruotare. Per la
particolare geometria scelta il braccio della forza, ossia la distanza del polo
rispetto a ciascun tratto del filo è b/2, per cui i due momenti delle forze
opposte si sommano ed il risultato vale:
b
b
τ = IBa + IBa = IBab = IBS
2
2
dove S è l’asse della spira.
Se consideriamo la superficie contornata da una spira come un vettore
diretto ortogonalmente al piano della spira si vede che il momento tende
a ruotare la spira in modo da allinearla al campo magnetico. La
situazione è mostrata a sinistra nella figura con la spira vista di fianco.
Se la spira è ruotata di un angolo θ (vedi al centro della figura) il modulo
delle forze sui lati opposti è sempre lo stesso perché la corrente è sempre
perpendicolare al campo magnetico, ma il momento delle forze sui lati lunghi
b è nullo e quello sugli altri due lati rispetto all’asse passante per il centro
della spira si è ridotto perché il braccio è ora b/2 sin θ. In sostanza il momento
torcente è:
τ (θ) = IBS sin θ
G.Paffuti, F.Maccarrone - Fisica per Biotecnologie - 2011/012
(9)
25
e tende ancora a fare ruotare la spira in modo da allineare la perpendicolare
al campo magnetico che nella figura va da sinistra a destra. Infine, quando
il campo magnetico è allineato con la perpendicolare alla spira (parte destra
della figura) tutte le forze hanno la stessa retta di azione ed il momento
è nullo. In questa posizione, oltre all’equilibrio traslazionale si ha anche
l’equilibrio rotazionale. Esso è stabile perché se continuiamo a ruotare la
spira il momento torcente cambia segno e si ha un momento che richiama la
spira verso la posizione di equilibrio.
Il fenomeno è del tutto analogo anche per una spira di forma qualunque.
Per questo motivo si trova conveniente associare ad una spira percorsa da
corrente un momento di dipolo magnetico10 m
~ che è un vettore ortogonale al piano della spira, che ha modulo pari alla corrente I per la superficie
S della spira ed ha verso tale che se la spira viene osservata dalla punta del
vettore m,
~ il verso di percorrenza della corrente è antiorario (nella parte
sinistra della figura il momento magnetico è diretto verso il basso). Il mo~ facendo coincidere i versi dei due
mento torcente tende ad allineare m
~ aB
vettori.
Scrivendo la (9) in forma vettoriale usando m
~ si ha:
~
~τ = m
~ ∧B
L’ago della bussola, come ogni materiale magnetizzato può essere assimilato ad un dipolo magnetico11 . Su di esso il campo magnetico terrestre
(praticamente uniforme sulle dimensioni dell’ago) esercita un momento torcente che tende ad allinearlo con la sua direzione che come è noto è allineata
con la direzione Nord-Sud.
Motori elettrici
Torniamo alla spira dell’esercizio precedente e consideriamo cosa accade se
la seguiamo nel suo moto dalla posizione in cui inizialmente ha il momento magnetico perpendicolare al campo magnetico e successivamente inizia a
~ Essa
muoversi, per effetto della coppia torcente tendendo ad allinearsi a B.
10
Come abbiamo visto a lezione anche dal punto di vista del campo magnetico generato
da una spira percorsa da corrente, essa può essere considerata come un dipolo magnetico
µ
~ di modulo pari al prodotto della corrente I che passa nella spira per la sua area S e
diretto perpendicolarmente al piano della spira. Le linee del campo magnetico hanno la
stessa geometria di quelle calcolate per il dipolo elettrico.
11
In effetti, ragionando su scala microscopica, il dipolo magnetico totale è il risultato
della somma dei momenti di dipolo atomici ed elettronici che in un materiale magnetizzato
tendono ad essere preferenzialmente orientati nella direzione di magnetizzazione. Su questo
argomento dovremo tornare in seguito.
F.Maccarrone, G.Paffuti - Fisica per Biotecnologie - 2011/012
26
ha dunque iniziato a ruotare con il momento magnetico ortogonale al campo
magnetico e dopo un certo tempo raggiunge la posizione di equilibrio con una
certa velocità angolare che tende a farle superare la posizione di equilibrio e
a proseguire la rotazione che viene però rallentata dal cambiamento di verso
del momento. In assenza di smorzamento la spira compirebbe oscillazioni
periodiche attorno alla posizione di equilibrio.
Se però predisponiamo un meccanismo che inverte la corrente elettrica,
ossia il momento di dipolo della spira, al momento in cui la spira passa
per la posizione di equilibrio, essa continua ad accelerare e percorre ancora
un mezzo giro raggiungendo una nuova posizione di equilibrio dove si può
ripetere l’inversione e ottenere una rotazione continua in un verso. Questa
procedura è alla base del funzionamento dei motori elettrici in continua12 .
Uno dei metodi più semplici per ottenere l’inversione è di collegare la
spira alla batteria mediante dei contatti mobili (spazzole) che spazzano un
anello con due interruzioni, come è mostrato nella figura. Il doppio semianello è montato sull’asse rotante e la spira è realizzata con un solenoide
avvolto su un supporto che ruota solidale con l’asse. Le due estremità del
solenoide scivolano, mantenendo il contatto con i semi anelli e per metà della
rotazione il contatto avviene lungo un semianello consentendo il passaggio
della corrente in una direzione e per l’altra metà della rotazione attraverso
l’altro semianello, nella direzione opposta.
Legge di Faraday
Come abbiamo fatto notare a proposito dell’effetto Hall, esiste una connessione stretta tra il campo magnetico ed il campo elettrico che agiscono sulle
12
Una animazione che illustra il meccanismo sopradescritto si
http://www.animations.physics.unsw.edu.au/jw/electricmotors.html.
G.Paffuti, F.Maccarrone - Fisica per Biotecnologie - 2011/012
trova
a
27
stesse porzioni di materia, le cariche, anche se il secondo richiede per manifestarsi che le cariche siano in moto. Il principio di Galileo ci induce a pensare
che la connessione tra i due campi sia molto stretta. In effetti, una carica
che, vista da un certo osservatore O, si muove con velocità v risenta di una
forza spiegabile da O con la presenza di un campo magnetico. Un secondo
osservatore O0 che si muove insieme alla carica con la stessa velocità la vede
ferma ed è indotto ad attribuire la forza, che per il principio di Galileo è la
stessa nei due sistemi di riferimento, sulla carica ferma ad un campo elettrico.
Si può dire che il campo magnetico in un sistema di riferimento è il campo
elettrico nell’altro.
Sulle stesse basi anche se ad un livello meno fondamentale stanno i fenomeni
secondo cui un campo magnetico variabile induce un campo elettrico. Quindi quest’ultimo che sinora abbiamo visto come originato da cariche elettriche
è causato anche da campi magnetici variabili ossia da correnti elettriche
variabili.
Per illustrare questo fenomeno torna conveniente esaminare ancora una
volta una spira circolare di un materiale conduttore. Disponiamo la spira davanti al polo nord di un dipolo magnetico, ortogonalmente all’asse del dipolo.
Sperimentalmente si osserva che se la distanza tra la spira ed il dipolo non
cambia non c’è nessuna corrente nella spira. In effetti nel conduttore ci sono
delle cariche libere (di conduzione) che però essendo ferme non risentono di
alcuna forza. Se invece muoviamo il dipolo sull’asse della spira, avvicinandolo od allontanandolo, si osserva una corrente che percorre la spira e che
è diretta in senso opposto nei due casi. Lo stesso fenomeno si osserva se
avviciniamo o allontaniamo la spira dal dipolo.
Per descrivere quantitativamente il fenomeno si fa ricorso alla nozione di
flusso del campo magnetico attraverso la spira. Ad esempio, quando il dipolo
viene avvicinato il flusso attraverso la spira aumenta, dato che il dipolo è più
vicino al piano della spira. Si osserva che la forza elettromotrice E indotta
nella spira è uguale alla variazione nell’unit‘i. tempo del flusso magnetico Φ.
Questa è la legge di Faraday che in simboli si esprime:
E =−
dΦ
dt
Il segno meno sta ad indicare che la corrente indotta dalla forza elettromotrice
percorre il filo nella direzione in cui il campo magnetico da essa generato
tende a compensare la variazione del flusso (legge di Lenz). Per fissare
le idee consideriamo la situazione rappresentata in figura e immaginiamo di
avvicinare il magnete alla spira. Il flusso del campo magnetico aumenta e si
ha una corrente indotta. Questa corrente deve produrre un campo magnetico
F.Maccarrone, G.Paffuti - Fisica per Biotecnologie - 2011/012
28
tale da ridurre il flusso e quindi, visto dal dipolo, bisogna che la corrente
indotta si muova in senso antiorario. come indicato in figura.
Giustificazione della legge di Faraday
Come è avvenuto in tutto il corso siamo sempre interessati a mostrare il
fondamento logico delle proprietà e delle leggi che via via enunciamo. Questo
ci aiuta a comprendere i nessi tra i diversi argomenti e inoltre a mostrare quali
risultati possono essere considerati più fondamentali e come gli altri ne sono in
certo modo una conseguenza. Inoltre alcune delle caratteristiche dei sistemi
fisici sono più vicine alla intuizione e possono fare da guida nell’analisi di
situazioni complicate per le quali non si è in grado di elaborare una soluzione
formale. Come abbiamo cercato di mostrare in diverse circostanze uno di
questi concetti intuitivi è quello di forza.
Per giustificare la legge di Faraday sulla base della forze magnetica che
agisce sulle cariche di conduzione della spira, consideriamo la spira in moto
verso il dipolo con velocità v lungo l’asse di simmetria del sistema. Evidentemente se il campo fosse uniforme non si avrebbe variazione del flusso in
quanto il valore del campo e l’orientazione e le dimensioni della spira non
cambiano. Si deve concludere in base alla legge di Faraday enunciata sopra
che non c’è forza elettromotrice né corrente indotta. Questo è spiegabile
anche osservando che le cariche di conduzione che si muovono insieme alla
spira hanno velocità parallela al campo magnetico e quindi non risentono di
alcuna forza.
La situazione cambia se il campo è quello di un dipolo. In effetti, avvicinandosi la spira al polo Nord del magnete il flusso varia e si ha una corrente
indotta. Consideriamo come in figura la posizione della spira in due istanti
successivi, al tempo t e al tempo t + dt.
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29
Consideriamo ora il flusso del campo magnetico attraverso il cilindro che
ha per superfici di base la spira ai due istanti considerati e per superficie
laterale quella del cilindro di altezza v · dt. Possiamo applicare a questa
superficie chiusa la proprietà del campo magnetico generato dal dipolo che
deve dare un flusso nullo su una superficie chiusa. Sulle due superfici di base si
ha il flusso (uscente e quindi, secondo la convenzione positivo) all’istante t che
chiamiamo Φ(t) ed il flusso (entrante) all’istante t + dt che chiamiamo Φ(t +
dt). Poi c’è il flusso attraverso la superficie laterale che è nullo se il campo
è uniforme, ma che se il campo ha una componente Bperp ortogonale alla
velocità, come è per il caso del dipolo in figura determina un flusso attraverso
la superficie che vale in condizioni simmetriche come quelle ipotizzate:
Φlat = 2πrvdtBperp
Dato che la somma dei flussi deve essere nulla:
−Φ(t + dt) + Φ(t) + 2πrvdtB⊥ = 0
ossia
Φ(t + dt) − Φ(t)
= 2πrvB⊥
dt
e al secondo membro si ha il lavoro della forza lungo il percorso circolare
essendo vB⊥ il modulo della forza sulla cariche di conduzione che è diretta
tangenzialmente (regola della mano destra) e 2πr la lunghezza della circonferenza. Questo lavoro si rivela come forza elettromotrice sulla spira da cui
si trova la legge di Faraday:
dΦ
= −E
dt
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Esercizio svolto
Es.8
Un lungo solenoide con n = 400 spire/cm è attraversato da una corrente i = 10 A. Al suo interno
si trova una spira circolare di sezione d = 1 cm2 con il piano perpendicolare all’asse del cilindro. La spira
ha una resistenza elettrica R = 1 mΩ. In queste condizioni, la corrente del solenoide viene portata a zero
con una variazione lineare dal valore iniziale in un tempo T = 10 sec. Calcolare la corrente che viene
indotta nella spira.
L’esercizio proposto è una semplice applicazione della legge di Faraday
secondo la quale si determina una f.e.m. indotta in un circuito quando il
flusso del campo magnetico attraverso di esso varia nel tempo. Nel caso
in esame, il calcolo del flusso attraverso la spira interna è semplice perché
all’interno del solenoide il campo è uniforme e orientato ortogonalmente alla
spira. Pertanto:
Φ(t) = BA = µ0 ni(t)A
dove si è indicato esplicitamente la dipendenza dal tempo delle grandezze
variabili. La legge di Faraday ci dice che nella spira si ha una forza elettromotrice indotta:
=−
di
dΦ
= −µ0 niA
dt
dt
e, nel caso proposto la corrente varia linearmente per cui la derivata è costante
e vale k = (iin −if in)/T = 1 A/s. Lasciamo allo studente di calcolare il valore
numerico della forza elettromotrice nella spira, successivamente la corrente
che circola nella spira stessa, essendo nota la sua resistenza.
Osserviamo che, il segno della forza elettromotrice è soggetto alla legge
di Lenz, ossia la corrente indotta nella spira deve essere tale da compensare
la variazione del campo magnetico. Il campo diminuisce per cui la variazione
del campo è opposta al suo verso iniziale. La corrente indotta deve dunque,
in questo caso, essere nello stesso verso della corrente del solenoide: infatti,
il verso del campo nel solenoide è fissato dal verso della corrente nelle spire
del solenoide. Essendo queste orientate come la spira interna la corrente su
quest’ultima deve essere concorde quando il campo diminuisce. Se la corrente
nel solenoide aumenta la variazione del campo è concorde con il campo iniziale
e la corrente si oppone a questo aumento essendo di verso contrario a quella
del solenoide. Se nella spira è presente una corrente concorde con quella del
solenoide un aumento della corrente del solenoide produce una diminuzione
della corrente nella spira e una diminuzione della prima un aumento della
seconda. Questo è quanto accade quando la variazione del flusso è di tipo
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oscillatorio, ad esempio sinusoidale. Supponiamo ad esempio che il flusso vari
nel tempo come:
Φ(t) = Φ0 sin(ω t)
(10)
dove Φ0 indica qui l’ampiezza dell’oscillazione. Allora, secondo la legge
di Faraday:
=−
dΦ
= −ωΦ0 cos(ω t)
dt
Per ottenere un flusso variabile in modo sinusoidale si può utilizzare una
sorgente sinusoidale di corrente. Come abbiamo detto la tensione di alimentazione delle abitazioni viene consegnata all’utente in forma sinusoidale per
cui un qualunque circuito alimentato dalla tensione della rete elettrica genera un campo magnetico e dunque un flusso variabile nel tempo e nel caso
pis̆emplice in modo sinusoidale alla frequenza f = 50 Hz. Una spira immersa in questo campo magnetico è attraversata da un flusso del tipo (10) e
dunque si osserva su di essa una forza elettromotrice indotta. I campi magnetici variabili, dunque inducono delle correnti e queste correnti, seppure
molto piccole, potrebbero interferire con i trasporti di cariche che avvengono
nelle cellule. Al contrario, un campo statico non può indurre correnti a meno
che il movimento della spira non provochi una variazione del flusso.
Tornando ai motori elettrici questa seconda possibilità è alla base della
costruzione degli alternatori. Questi sono dispositivi che convertono la energia meccanica in elettricità. Il principio di funzionamento del più semplice
alternatore è simmetrico rispetto al motore elettrico in DC. Una spira viene
fatta girare uniformemente per via meccanica con l’asse ortogonale alle linee
di un campo magnetico uniforme. In questo modo il flusso varia continuamente, perché varia in modo lineare (θ(t) = ωt) l’angolo tra le linee di B e
la perpendicolare alla spira. Poichè il flusso in questo caso è:
Φ = BA cos θ(t)
si ottiene di nuovo la (10). Un dispositivo simile a quello descritto si trova
nelle dinamo che accendono le luci delle biciclette, utilizzando l’energia meccanica della pedalata. Versioni più evolute si trovano negli alternatori delle
automobili che ricaricano la batteria durante la marcia fino ai giganteschi
alternatori delle centrali elettriche che traggono l’energia dalla combustione
per muovere turbine che poi producono energia elettrica.
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Induttanza
Il campo generato nel solenoide è, come abbiamo visto in uno degli esercizi
precedenti (7):
N
B = µ0 I
l
Se l’area delle spire del solenoide è A, ognuna delle N spire è attraversata dal
flusso BA del campo magnetico, che è uniforme e perpendicolare a ciascuna
spira. Il flusso totale è dunque:
N 2A
I = Lsol I
l
Ricordiamo che un circuito percorso da una corrente I è una sorgente di
campo magnetico il quale genera un flusso attraverso il circuito stesso. Risulta, in generale e non solo nel caso del solenoide, che il flusso è proporzionale
alla corrente e la costante di proporzionalità, che dipende dalla forma del
circuito, è detta induttanza ed indicata con la lettera L. Esaminando la
precedente relazione si vede che per il solenoide:
Φsolenoide = N BA = µ0
Lsol = µ0
Es.9
N 2A
l
Si consideri un solenoide di lunghezza l composto da N spire attraverso le quali scorre una
corrente I. Si calcoli il flusso del campo magnetico del solenoide attraverso le sue proprie spire. Si usi
il risultato per calcolare l’induttanza di un solenoide lungo l = 20cm realizzato con 1000 avvolgimenti
essendo S = 1cm2 la superficie di ogni spira.
Con i dati del problema:
(1000)2 10−4
= 6.28 10−4 H
0.2
l’unità di misura dell’induttanza nel SI è l’ Henry. Sono utili anche i suoi
sottomultipli. L’induttanza precedente può essere convenientemente espressa
in milliHenry (mH) .
Risulta che quando la corrente I(t) attraverso una porzione di circuito
è variabile, altrettanto avviene per il campo magnetico generato e di conseguenza per il flusso Φ(t) = LI(t) concatenato con il circuito stesso. Allora
nasce ai capi del circuito una forza elettromotrice che vale:
L = 4π 10−7
dI
dt
Ciò giustifica quanto abbiamo detto a proposito dei camponenti fondamentali dei circuiti elettrici, spiegando l’origine del terzo componente, l’induttanza che si aggiunge al condensatore e alla resistenza come componenti
VL = L
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adatti, nelle loro varie combinazioni, a modellizzare sistemi in cui avviene la
conduzione elettrica tramite correnti variabili. Uno degli esempi che abbiamo trattato estesamente quando abbiamo parlato dell’oscillatore smorzato è
il circuito RLC formato da una resistenza un condensatore ed un induttanza
in serie.
Trasformatore
Una delle applicazioni più utili della legge di induzione magnetica si ha nei
trasformatori, dispositivi che permettono di convertire una bassa differenza
di potenziale in una alta tensione (con bassa corrente) e viceversa. Questi
apparecchi sono tra i componenti più diffusi nelle apparecchiature elettriche.
Ad esempio, tutti usano dei carica batteria che vengono alimentati con la
tensione di rete a 220 V per ottenere una tensione di carica di qualche Volt.
Un trasformatore è realizzato con due avvolgimenti (solenoidi) che sono
disposti in modo da condividere il flusso del campo magnetico. Questo può
essere fatto avvolgendo i due solenoidi uno dentro l’altro come nella figura
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Allora, la legge di Faraday ci dice che la variazione della corrente in uno
dei due solenoidi che chiamiamo primario crea un campo magnetico variabile
che produce un flusso dentro l’altro soenoide, detto secondario e, quindi una
forza elettromotrice indotta la cui ampiezza dipende dall’ampiezza di quella
che alimenta il circuito primario.
Quantitativamente consideriamo la situazione ideale in cui i due solenoidi
sono delle induttanze ideali prive di resistenza avvolte una sull’altra. Il campo
magnetico è lo stesso e produce su ogni spira, di area S un flusso Φ = BS. Il
flusso totale sul primo solenoide, che ha N1 spire, è Φ1 = N1 Φ e sul secondo
è Φ2 = N2 Φ. La derivata del flusso su ciascun solenoide è per la legge di
Faraday la d.d.p. ai capi dell’avvolgimento:
dΦ
dΦ
dΦ2
dΦ1
= N1
V2 =
= N2
dt
dt
dt
dt
e, ricavando dφ/dt dalla prima e sostituendo nella seconda troviamo che:
V1 =
V2 = V1
N2
N1
da cui si vede che se il numero di spire del secondario è il doppio delle spire
del primario si ha nel secondario una tensione V2 con ampiezza doppia della
ampiezza della tensione (variabile) V1 che alimenta il primario. Il rapporto
N2 /N1 è detto rapporto di trasformazione per il trasformatore ideale.
Chiaramente se gli avvolgimenti del secondario sono inferiori a quelli del
primario N2 < N1 si ha un rapporto di trasformazione minore di uno e il
trasformatore riduce la tensione di ingresso.
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