Parte IX Galassie a Spirale - Dipartimento di Fisica e Astronomia

Astrofisica Generale Mod.B
parte IX
Relazioni di Scala in Galassie a Spirale
Laurea Specialistica in Astronomia
AA 2012/13
Alessandro Pizzella
Sommario
0) Introduzione
1a) misura della magnitudine
2b) misura della velocità
1) Relazione TF
2) Legge di Freeman e galassie a bassa brillanza
superficiale
Galassie a Spirale – Relazioni di Scala
Relazione di Tully-Fisher
Analogamente a quanto visto per le galassie ellittiche, anche le galassie a spirale hanno
seguono delle relazioni di scala.
Formazione ed evoluzione delle galassie a spirale
Secondo il clustering gerarchico, deboli perturbazioni di densità nella materia oscura sono
state sufficienti a determinare l’evoluzione del gas primordiale negli ammassi di galassie
che vediamo oggi. Tali fluttuazioni di densità furono generate durante l’inflazione e
l'instabilità gravitazionale le ha amplificate portandole alla formazione di aloni di materia
oscura con un certo spettro di massa. Le strutture si sono poi accresciute gerarchicamente
nel senso che gli oggetti più piccoli come gli aloni galattici si sono formati prima e, man
mano che il tempo passava, si sono via via formate strutture più grandi come gli ammassi
ed i super ammassi di galassie. Le galassie che vediamo oggi sono il risultato di unioni di
diverse galassie più piccole. Lo spettro della funzione iniziale di massa degli aloni può
essere derivato seguendo il formalismo Press-Schechter oppure utilizzando il risultato di
simulazioni N-corpi. Il secondo è un approccio più empirico che si è mostrato molto
efficace nel descrivere il merging degli aloni e nella costruzione degli “alberi di
formazione”. Gli aloni di materia oscura sono stati inizialmente modellati come sfere
isoterme ma modelli ad N-corpi hanno mostrato che tale approccio era troppo
approssimativo ed attualmente il profilo proposto da Navarro, Frank e White, che
presenta una cuspide di densità nel centro e non un core isoterma, è più propriamente
usato per approssimare la densità della materia oscura nelle regioni centrali anche se è
ancora suscettibile di modifiche.
Gli aloni sono composti da materia oscura con una frazione di materia barionica del circa
5%-10%. Una volta che l’alone virializza, il gas inizia a collassare in maniera dissipativa
e forma le galassie. White and Rees (1978) hanno modellato questo processo e hanno
derivato una funzione di luminosità in buon accordo con le osservazioni. Dato che il
collasso è un processo graduale le proprietà degli aloni e dei dischi di galassie sono
correlate. Prima di collassare, l’alone è riempito di gas alla temperatura viriale. Nel
raffreddarsi, il gas irradia la “binding energy” ma mantiene il momento angolare. Alla
fine si deposita sul disco supportato dalla rotazione, piatto, che sta formando stelle e con
un profilo di luminosità esponenziale ed una curva di rotazione piatta. Nel corso di questo
processo in cui il gas cade verso il centro per formare il disco, l’alone risponde
adiabaticamente e si contrae nelle regioni che circondano il disco. Quando viene
raggiunto un certo valore critico della densità del gas la formazione stellare inizia. Le
primissime stelle di grande massa che si formano influenzeranno le regioni a loro
circostanti arricchendo il mezzo interstellare di metalli che influenzeranno a loro volta il
tasso di raffreddamento del gas e aumentando quindi la velocità con cui collassa.
Inoltre l’energia cinetica liberata dalla supernove regolerà la formazione stellare inibendo
ulteriore formazione nella regione attorno ad essa.
Questo gioco tra l'instabilità del mezzo interstellare e la porosità regola la formazione
stellare in un disco. I metalli immessi nel mezzo interstellare influenzeranno le proprietà
della successiva generazioni di stelle. Il disco poi accresce non solo acquisendo gas dagli
immediati dintorni ma anche dalla cattura di galassie nane presenti nello spazio circostante.
Queste galassie nane si trovano nello stesso alone della galassia centrale e tutto l’insieme di
oggetti si muove su orbite differenti attorno al centro di massa dell’alone con il risultato
finale che, per effetto di frizione dinamica numerose galassie spiraleggiano verso il centro
dell’alone dove si trova la galassia più massiccia. I dischi coinvolti in questo processo
sopravvivono se sono più massicci rispetto all’oggetto che sta spiraleggiando di almeno un
fattore 10 (un incontro 1:10 ed esempio). La galassia acquisita viene completamente
distrutta e può depositarsi nel centro a formare il bulge, oppure nel disco spesso (thick
disk). Oltre un rapporto 1:3 nessun disco è in grado di sopravvivere e il risultato del
merging è probabilmente una galassia ellittica.
Andromeda ed il suo alone di
stelle
I teorici hanno sviluppato due tecniche alternative per modellare l’evoluzione delle galassie
in dettaglio. Da un lato vi sono complesse simulazioni numeriche. Queste sono generalmente
basate su simulazioni ad N-corpi combinate con idrodinamica (smoothed particle
hydrodynamics o SPH) in modo da considerare la presenza di gravità, dinamica del gas,
raffreddamento radiativo e processi di riscaldamento. La formazione stellare è inclusa in base
a considerazioni fenomenologiche Il vantaggio di questo tipo di codici è nel trattamento
diretto delle equazioni che descrivono la gravità e il raffreddamento del gas senza dover
ricorrere ad assunzioni semplicistiche o a relazioni di scala. Il problema ovviamente è nella
complessità dei conti, che richiedono tempi lunghi e notevoli volumi di calcolo. Riescono a
riprodurre regioni relativamente limitate di universo e hanno una risoluzione spaziale e
temporale altrettanto limitata. Inoltre formazione stellare e feedback (cioè l’auto regolazione
del tasso di formazione stellare dovuta alle esplosioni di supernova etc.) sono trattate in
maniera molto approssimata (vedi filmato Steimetz). Dall’altro lato troviamo i modelli
semianalitici. Questi modelli contengono descrizioni semplificate dei vari processi che
agiscono nella formazione delle galassie come la formazione ed evoluzione degli aloni di
materia oscura, il raffreddamento del gas all’interno degli aloni, il collasso del gas che va a
formare un disco e la successiva evoluzione del disco, la formazione delle stelle ed il
feedback, l’effetto della metallicitá, il merging di galassie e la formazione degli sferoidi,
proprietà delle galassie quali la luminosità ed il colore.
Il vantaggio dei modelli semianalitici è che possono essere utilizzati ad ogni risoluzione
spaziale e temporale e che sono molto flessibili. Quest’ultimo punto è però anche uno
svantaggio in quanto la libertà nei parametri di input indebolisce le conclusioni dei risultati.
Questo è il motivo per cui i modelli s.a. hanno pesantemente bisogno di essere calibrati con
dati osservativi. Inoltre non sono in grado di trattare il raffreddamento del gas in maniera
auto-consistente dal punto di vista idrodinamico ma devono utilizzare pesanti semplificazioni.
Tully e Fisher hanno trovato questa importante relazione tra la luminosità e la velocità di
rotazione del disco nelle galassie a spirale. È una relazione utilissima per la determinazione
della scala delle distanze etc. Nonostante ciò rimane una relazione empirica in quanto non è
stata ancora capita dal punti di vista fisico. Il fatto che sia valida in un ampio intervallo di
masse significa che la sua esistenza è dovuta ad un fondamentale legame tra la massa della
galassia, la storia di formazione stellare, il momento angolare specifico ed il contenuto e
distribuzione della materia oscura.
Sia la pendenza che il punto zero devono essere spiegati negli scenari descritti in precedenza
(ed ovviamente devono essere riprodotti dai modelli semi-analitici o N-body) .
Relazione di Tully-Fisher
Cosa è la Tully-Fisher? È una relazione empirica tra la luminosità di galassie a spirale e la
velocità di rotazione del gas (tipicamente HI).
La magnitudine della galassia deve essere corretta per estinzione esterna (nostra galassia,
lo sappiamo già fare) ed interna. A differenza delle galassie ellittiche, generalmente
povere di gas, le galassie a spirale possono essere significativamente oscurate da
assorbimento interno. Ovviamente la magnitudine va poi riportata alla magnitudine
assoluta in base alla distanza.
La velocità deve essere invece deproiettata opportunamente per l’inclinazione.
È possibile sviluppare un ragionamento analogo a quanto fatto con il FP per capire se una
relazione come la TF è attesa oppure no, e che cosa significa. Per il FP si era partiti dal
teorema del viriale. Nel caso di galassie a spirale conviene partire direttamente dalla
velocità di rotazione.
Indichiamo con V0 una velocità di rotazione caratteristica di una galassia. Questa potrebbe
essere la V di massima rotazione, la V asintotica del tratto piatto, la V ad un fissato raggio
etc.. Chiamiamo M la massa gravitante (cioè tutta la massa, luminosa e oscura) della
galassia e rc un raggio tipico caratteristico della galassia come può essere il raggio di
scala. Possiamo allora dire che
GM
V =
(γ r c )
2
0
(1)
 è un fattore che tiene conto della struttura e cinematica della galassia (ad esempio, per
un disco esponenziale la curva di rotazione è sempre la stessa con il massimo della V a
circa 2.3 raggi di scala). Definiamo ancora un po’ di utili parametri. =Mdark/Mlum è il
rapporto tra la massa della materia oscura e luminosa presenti nella galassia; 0=Mlum/rc2 è
la brillanza superficiale caratteristica della galassia; L la luminosità totale e M lum/L il
rapporto Massa-luminosità della sola componente luminosa (da non confondere con il
rapporto M/L totale). In questo modo posso scrivere M=(1+)Mlum e l’equazione (1) può
essere riscritta come
[
2
M
(1+α)
4
2 M
lum
2
V 0 =G
=L
G
μ0
2 2
2
L
(γ r c )
γ
2
]
(2)
Mlum/L dipende solo dalla popolazione stellare. Se le popolazioni sono tutte simili è
costante, non cambia da una galassia all’altra.  è anche costante se le galassie sono tutti
dischi esponenziali.  idem. 0 si vede dalle osservazioni che cambia poco da una galassia
all’altra. Il termine entro la parentesi quadra contiene termini che sono essenzialmente
costanti nel caso in cui le galassie a spirale siano tutte omologhe, caratterizzate dalla
stessa struttura. Se questo fosse vero, allora abbiamo trovato una spiegazione della TF
dato che l’equazione (2) dice che la luminosità totale L è proporzionale alla velocità di
rotazione V4. Il fatto che esista la relazione TF conferma in qualche modo che le nostre
assunzioni erano fondate. Esiste una regolarità nei pocessi che formano le galassie a disco
sia per quanto riguarda la formazione stellare (Mlum/L) che per la formazione della
galassia ().
Spesso la relazione TF viene utilizzata in forma logaritmica per cui l’eq. (2) diventa
L=V 40
[
M lum 2 ( 1+α)2
G
μ0
2
L
γ
[
−1
]
]
(3)
M lum 2 (1+α )2
log L=4logV 0 −log
G
μ 0 =alogV 0−b
2
L
γ
( 4)
Abbiamo trovato l’equazione di una retta. L’esponente 4 è la pendenza della retta mentre
il termine noto contiene il rapporto Mlum/L,  e 0.
Misure per la TF
Per determinare la TF servono misure di velocità e della magnitudine totale della galassia.
Magnitudine. Per la determinazione della magnitudine totale assoluta delle galassie a
spirale valgono le stesse considerazioni fatte per le galassie ellittiche. Sono necessarie le
correzioni per l’estinzione della nostra galassia, la conoscenza della distanza della
galassia, eventuale K-correction. Le galassie a spirale, a differenza delle ellittiche, sono
ricche di gas e polveri. È quindi necessario correggere per l’estinzione interna alla
galassia. La correzione dipende dalla profondità ottica della polvere  e dalla frazione di
luce che non viene oscurata f. Dipende dall’inclinazione della galassia: più è inclinata più
forte è l’estinzione interna in quanto la luce deve attraversare una colonna di polvere
maggiore. A seconda dell’inclinazione i della galassie l’estinzione in magnitudini vale:
{
− τ sec i
(1−e
)
i
−τ sec i
A =−2.5log f (1+ e
)+(1−2f )
(τ seci)
Tipici valori sono f≈ 0.25 e τ ≈ 0.55 in banda B)
}
(5)
La legge di estinzione
descritta in equazione (5)
con i valori di f≈ 0.25 e τ
≈ 0.55.
Un modo empirico di trattare l’estinzione considera la dipendenza dall’inclinazione come
M=Mi-M0= log(b/a)
(6a)
M=Mi-M0= log( cos(i) )
(6b)
dove b/a è il rapporto assiale apparente della galassia e  è funzione della lunghezza
d’onda. In questo modo si può determinare la differenza di magnitudine, dovuta
all’estinzione, funzione dell’inclinazione.
Questo fatto torna utile per poter determinare il valore dell’estinzione. Vi sono grandezze
come la magnitudine assoluta di una galassia che non dovrebbero dipendere
dall’inclinazione. Dato che l’assorbimento interno dipende proprio dall’inclinazione sotto
cui vediamo una galassia, eventuali variazioni della magnitudine assoluta in funzione
dell’inclinazione sono dovute proprio all’estinzione.
INCISO L’inclinazione di una galassie influenza anche un altro osservabile che è la
brillanza superficiale.
a/cos i
i
a
La brillanza superficiale L per i=0 è data dalla densità volumetrica d v per a: L0=dv a; se
osservo la galassia con in inclinazione i vedrò una brillanza supeficiale L= dv a/cos i =
L0/cos i. Passando alle magnitudini -2.5log(L)=-2.5log(L0/cos i) -->
=0-2.5 log ( cos i )
In questo caso la magnitudine totale della galassia non è cambiata. All’aumento della
brillanza superficiale consegue anche una riduzione dell’area ricoperta dalla galassia nel
piano del cielo: per una galassia di faccia A 0=a2/4 (a=diametro). Una galassia inclinata
appare come un ellisse di assi a e b=acos i e di A=ab/4= cos i a2/4 = A0 cos i.
Se si calcola la luminosità totale come la brillanza superficiale L per l’area si vede subito
che AL=A0L0 non dipende dall’inclinazione. Tutto questo chiaramente trascurando la
questione dell’estinzione.
FINE INCISO
La funzione di luminosità delle galassie vicine (SDSS), ad esempio, dipende dalla
inclinazione. Dato che l’inclinazione non è nota, si può utilizzare il rapporto assiale
apparente b/a. Nella figura qui sotto si vede che (scelta una banda) costruendo due LF con
due diversi bin di rapporto assiale b/a si ottengono due LF con due M* diverse. Le galassie
con b/a alto, e quindi poco inclinate, sono mediamente più brillanti delle galassie con b/a
basso e più inclinate.
Come si vede dalla funzione di distribuzione di b/a, b/a non è un indicatore perfetto
dell’inclinazione. Infatti la sua distribuzione non è piatta mentre quella dell’inclinazione
dovrebbe esserlo. La probabilità con cui una galassia sia inclinata di un qualche angolo è
sempre la stessa, tutti gli angoli di inclinazione sono ugualmente probabili.
La differenza è dovuta a 3 fattori: la mancanza di galassie con b/a~1 è dovuta al fatto che i
dischi non sono perfettamente circolari ma possono avere una forma leggermente
schiacciata; la mancanza di galassie con b/a~0 è dovuta allo spessore intrinseco del disco
(il raggio di scala verticale tipico di un disco è circa il 10% del suo raggio di scala) e dal
fatto che il bulge, nelle galassie viste di taglio, sporge rispetto al disco ed aumenta lo
spessore apparente della galassia. La cosa può essere trattata in modo empirico ma
matematicamente complicato con formule che vanno al di la della semplice
cos i =
√
(q 2−q 20 )
2
0
(1−q )
(7)
che non considera, ad esempio, dischi ovali. È possibile scrivere
cos i=b /a=f (θ , ϕ , ν , ϵ)
(8)
Dove intervenono come parametri gli angoli di vista della galassia (,) e quelli strutturali
(=spessore e =ellitticità )
Misura della Velocità
La velocità di rotazione della galassia viene misurata essenzialmente in due modi: dall’HI
e dall’H.
HI = osservazioni radio nella riga a 21cm. Inizialmente è così che è stata trovata la TF
H = curva di rotazione
HI (o H non risolta)
Come abbiamo già visto nello studio della cinematica, le
tipiche misure HI non vengono ottenute con una risoluzione spaziale molto alta. Infatti già
per poter avere una risoluzione dell’ordine dei 15” sono necessarie array di antenne con
una linea base di almeno qualche chilometro (interferometria radio). Antenne singole,
anche grandi, non hanno la possibilità di risolvere spazialmente le tipiche galassie a
spirale. La risoluzione in velocità è invece adeguata. La mancanza di risoluzione spaziale
non costituisce alla fin fine un grande ostacolo. Lo spettro zero-dimensionale (come
quello di una stella per la quale non abbiamo alcuna informazione spaziale) appare
tipicamente come un profilo simmetrico con due massimi simili. Sapendo già a priori che
le galassie a spirale ruotano su se stesse abbiamo facilità ad interpretare il profilo come
quello di un disco ruotante non risolto spazialmente.
La larghezza della riga spettrale è quindi legata alla differenza di velocità dei due lati del
disco: maggiore è la larghezza della riga, maggiore è la rotazione. Bisogna ovviamente
tenere conto dell’inclinazione del disco. Ma come si misura la larghezza del profilo della
riga 21cm?
Un modo molto usato è quello di considerare la larghezza misurata al 20% dell'intensità
massima indicato come W20 (così ha fatto Tully) ma alcuni preferiscono la larghezza al
50% dell'intensità massima (W50). I valori possono necessitare di correzioni per la
larghezza strumentale e per la turbolenza del gas che vale ~38 km/s e che va sottratta
quadraticamente alla W misurata. Ovviamente la velocità che si misura è proiettata lungo
la linea di vista e bisogna deproiettarla:
2Vmax ≈ Wi= W20/sen i.
Andando a z alti, la risoluzione spaziale diminuisce sempre di più. Vi sono situazioni in
cui la risoluzione che si ottiene con osservazioni nelle bande ottiche è quasi nulla e
paragonabile a quella di osservazioni radio one-dish.
H (o HI risolto). Qui la situazione è più semplice, o meglio siamo in grado di
vedere la velocità di tutta la curva di rotazione. Vi sono diverse scelte. Si può prendere il
valore della rotazione massimo oppure a raggi fissati. Quale è la migliore? Dipende.
Ropt=R25=3.2h (h = raggio di
scala del disco esponenziale). A
seconda della distanza a cui
prendiamo la velocità lo scarto
della TF cambia. La distanza che
sembra dare lo scarto minimo è
≈0.7Ropt≈2.2h e cioè vicino alla
velocità massima del disco che
cade a circa 2.2h. Per poter
svolgere questo tipo di analisi
sono chiaramente necessarie
curve di rotazione e non
osservazioni HI zero
dimensionali.
Il prendere la Vmax sembra invece non essere la scelta migliore in quando la relazione
appare meno definita.
Esempio di TF in banda K derivata per tre diverse scelte di V: W 20 dalla riga 21cm
dell’HI, 2Vmax dalla curva di rotazione e 2Vasymp dalla curva di rotazione
TF barionica
La relazione TF fino ad ora definita viene ben seguita da galassie spirali brillanti. Al
diminuire della luminosita' le galassie tendono a deviare dalla relazione, mostrando una
velocita' piu' alta del previsto. Questo e' dovuto alla significativa presenza di gas HI.
Esempio di lavoro sulla TF a z=1 (Smith et al 2004 MNRAS, 354, L19). L’evoluzione di
vede a fatica.
Evoluzione della TF con z
La relazione TF viene usata per determinare le distanze similmente alla relazione D n-
ma non discutiamo qui questo aspetto. Analogamente al FP la TF viene utilizzata per
evidenziare l'evoluzione delle galassie a spirale con il redshift. Lo scenario HC prevede
che il rapporto tra la massa in stelle e la massa totale (il rapporto M/L globale quindi) sia
simile ad ogni z dato che le galassie grandi si sono formate dalla fusione di galassie più
piccole. Il collasso monolitico prevede invece che le galassie abbiano un rapporto M/L
più alto in quanto il gas, presente nell’alone di materia oscura ormai già ben formato,
deve ancora trasformarsi in stelle. In questo secondo caso l’evoluzione della componente
stellare potrebbe portare un effetto opposto dato che il suo rapporto M/L tende a
diminuire nel tempo. Questi effetti possono in principio essere rivelati dallo studio della
evoluzione della TF con z. Similmente al caso del FP, quello che si cerca di misurare, ma
con esiti ancora incerti, è l’eventuale variazione della pendenza e/o del punto zero della
relazione (vedi eq. (4)).
Altro lavoro (Ziegler et al. 2003, ApJ 598, L90). Qui è mostrato il campione di galassie, estratto
dal FDF (i punti sono le galassie mentre l’istogramma la distribuzione delle magnitudini
assolute secondo la scala sulla destra)
Evidenziano una qualche
evoluzione della pendenza
Le linee sono il miglior fit
(secondo diversi algoritmi)
dei dati (linee meno
pendenti e punti grandi) e
delle galassie a z=0 (linee
più
pendenti e punti
piccoli).
Sembra che le galassie più
luminose siano evolute
poco rispetto quelle meno
luminose. Questo è contro
allo HC.
Per fare questo è necessario fare modelli e misure come già abbiamo visto studiando la
cinematica di galassie ad alto z, ovvero nel caso in cui la galassia cade quasi tutta nella
fenditura. Le immagini HST (o ad alta risoluzione) sono quindi comunque molto utili
Legge di Freeman
Freeman ha per primo descritto il profilo radiale di brillanza superficiale con la legge
esponenziale
−r / h
I (r )=I 0 e
(2.1)
Che tradotta in magnitudini diventa
μ=μ 0 +1.086 r /h
(2.2)
Utilizzando un campione di galassie a spirale nel 1970 Freeman ne ha determinato la
brillanza superficiale centrale estrapolando l’equazione (2.1) fino ad r=0 nelle galassie
dove il bulge aveva un contributo significativo. La legge che Freeman ha trovato e che
descrive come la brillanza superficiale centrale dipende da altri parametri delle galassie
ed è...
B  0=21.7±0.3 mag arcsec−2
 2.3
La (2.3), detta legge di Freeman, significa che 0 è costante per tutte le galassie, o meglio
ha una distribuzione gaussiana di media 21.7 (in banda B) e  pari a 0.3. (Ovviamente si
intende la brillanza centrale riportata ad una inclinazione i=0 secondo la regola
0=0osservata +2.5log(cos(i)) )
In realtà si è visto negli anni che si trattava di un effetto di selezione. Esistono dischi
stellari con 0 significativamente al di sotto del valore di 21.7.
Vengono definite come galassie a bassa brillanza superficiale (LSB = Low Surface
Brightness) quelle galassie con 0>22.7 (in banda B, 23.5 in band I) e cioè almeno 3
sigma al di sotto della distribuzione definita dalla legge di Freeman.
Oggi si sa che le galassie LSB
sono molto numerose. La
definizione di galassia LSB è in
realtà un po’ vaga. In teoria sono
le galassia a disco con 0>22.7
ma in pratica non è così facile
individuarle. La 0apparente dipende
dall’inclinazione per cui una
galassia può avere 0 app<22.7
perché molto inclinata ma essere
LSB. Vi sono poi galassie che
non sono “formalmente” LSB in
quanto la brillanza superficiale
centrale è <22.7 in quanto hanno
un bulge relativamente brillante,
ma con un disco LSB.
Le galassie LSB sembrano aver seguito una storia evolutiva che non le ha portate a
posizionarsi nella sequenza di Hubble classica. Le galassie LSB sono generalmente
dominate dal disco e late-type (anche se le molte galassie LSB dominate generalmente
dal bulge possono non essere state classificate come LSB) oppure galassie giganti (tipo
Malin 1). Tendono ad avere poca formazione stellare, sono ricche di gas, e sembrano
essere poco evolute. Le masse di HI sono dell’ordine dei 10 9M⊙ e la densità superficiale
di HI è solo poco al di sotto della densità critica per innestare la formazione di stelle.
Sono in genere presenti gradienti di colore nel disco con la regione interna del disco più
rossa della regione esterna. Si tende ad interpretare le galassie LSB come galassie a disco
dotate di un momento angolare maggiore che ne ha contrastato il collasso. Tendono
infatti ad avere un raggio di scala maggiore delle galassie HSB. Questo è il motivo che ne
ha in qualche modo rallentato l’evoluzione inibendo la formazione stellare. Sono ancora
oggetto di studio e, considerando il fatto che la metà delle galassie a disco sono LSB,
sono galassie attualmente sotto-studiate relativamente alla loro importanza.
Le galassie LSB sono invece molto studiate per quanto riguarda la distribuzione della
materia oscura in quanto si ritiene che ne siano dominate anche nelle regioni centrali.
▵ LSB
o HSB
* S0
 Ellittiche
□ nucleari
Malin 1
Malin 1
Si tratta di una galassia molto particolare. Scoperta per caso (1987) esaminando lastre del
Virgo cluster. Nella fig. si vede una spirale di Virgo e Malin 1 (indicata dalla freccia). Virgo
si trova a circa 17Mpc, Malin 1 a 450Mpc. Ha un diametro circa 6 volte quello della Via
Lattea, una brillanza superficiale estremamente bassa ed una enorme quantità di HI (10 11M⊙)
oltre ad un nucleo di tipo Seyfert di bassa luminosità. I dati sembrano indicare che si tratta di
una galassia che non è evoluta e
non sta evolvendo. La sua
composizione chimica deve
essere cambiata poco nel tempo
e il disco HI potrebbe essersi
formato anche a z=2 per
rimanere quiescente fino ad
oggi.