Marketing e territorio File - Progetto e

annuncio pubblicitario
BERNARDO CARDINALE
NUOVE PROSPETTIVE D I LOCALIZZAZIONE: LE OPPORTUNITÀ DEL MARKETING TERRITORIALE
Introduzione
L'attività tesa alla valorizzazione e allo sviluppo dei sistemi territoriali, sempre più efficienti in termini di know-How, di tecnologia,
di risorse materiali e immateriali, di mercato, di manodopera qualificata, colloca tali aree in una posizione competitiva, di fatto
traducibile in nuove opportunità localizzative per le imprese. Quest'ultime, infatti, disponendo di una maggiore flessibilità
localizzativa rispetto al recente passato, dovuta al miglioramento delle infrastrutture di trasporto e allo sviluppo di nuove
tecnologie di comunicazione, si trovano di fronte ad una nuova serie di alternative ubicazionali, relativa ai diversi vantaggi offerti
dai singoli territori in competizione, la cui valutazione comporta un notevole grado di complessità nei processi decisionali
localizzativi. Il processo di «competizione fra territori», nemmeno prefigurabile fino a pochi anni fa nei termini in cui i soggetti
concorrenti non fossero soltanto gli Stati, ma le realtà attive sui territori stessi, oggi, vede singole città, distretti e regioni
competere fra loro per attirare investimenti di va- rio genere. E questa competizione avviene sempre più seguendo le modalità
competitive tipiche delle imprese, alla cui base sta l'efficienza e la logica dello scambio, al fine di soddisfare le richieste
provenienti dal mercato. In tale contesto, nel quale sembra prevalere la dinamica sopranazionale dei fenomeni economicoindustriali, s'inserisce la competizione tra aree per attrarre investimenti e competenze esogene. Al riguardo, alcune regioni sono già dotate di caratteristiche territoriali e di risorse tecnologiche ed economiche in grado di farle competere a livello
internazionale, mentre altre, meno dotate da questo punto di vista, possono richiedere la programmazione di specifiche politiche
di marketing territoriale, finalizzate alla creazione o al rafforzamento dei presupposti localizzativi all'interno di una determinata
area e, allo stesso tempo, alla promozione esterna delle opportunità di investimento poste in essere.
Pertanto, appare interessante descrivere le specificità di tali politiche,mediante un approccio che scaturisce dall'analisi dei principali
fattori di localizzazione e, attraverso la valutazione di taluni progetti di marketing d'area posti in essere da alcune agenzie di sviluppo
territoriale europee, arriva a evidenziare l'importanza dell'apporto delle discipline geografiche in tali fasi progettuali e a suggerire
taluni strumenti di analisi, volti alla definizione di una tassonomia dei sistemi locali che, identificando i livelli di competitività di un'area,
ne consentano un apprezzamento più consapevole da parte delle imprese nella fase decisionale d'investimento produttivo. Invero, il
legame tra i livelli di competitività delle imprese e le caratteristiche di un determinato territorio appaiono sempre più evidenti: di
conseguenza, assume notevole importanza “la definizione dei fattori determinanti per la localizzazione industriale e soprattutto
l'identificazione delle nuove modalità di insediamento, che pongono sempre più in secondo piano la prossimità sia ai mercati che ai
luoghi di reperimento delle risorse naturali e delle materie prime e mettono in risalto la localizzazione delle risorse immateriali (cultura
e know-how) e delle infrastrutture logistiche e la configurazione dei collegamenti con i nodi più importanti sia a livello locale che a
livello globale» (Lazzeroni, 1998, p. 504).
L'ambiente competitivo e le nuove logiche di localizzazione
Nel recente passato, pur in presenza di un contesto concorrenziale problematico, il ricorso a un esiguo numero di leve competitive
consentiva alle imprese il perseguimento di politiche di internazionalizzazione. Per contro, in tempi più recenti le trasformazioni subite
dal management strategico, legate soprattutto ai processi sopra richiamati della globalizzazione, ha comportato che il vero terreno
della competizione sia divenuto quello della complessità; ovvero, un terreno che vede le imprese costrette ad una ridefinizione dei
loro approcci competitivi e a sviluppare nuove capacità. Di fatto e in estrema sintesi, la complessità è riconducibile all'obiettivo
presente implicitamente nei nuovi meccanismi della competizione, tendenti a: «realizzare tutti i prodotti (sempre maggiore varietà)
per ciascun cliente (customizzazione-standardizzazione) in ogni luogo (all'interno dell'area geografica servita) in ogni quantità e
includendo qualsiasi servizio in ogni istante (possibilmente in tempo reale) tenendo conto sia della compatibilità ambienta- le, sia
della reattività ai cambiamenti tecnologici, sia dell'economicità» (Paoli, 1999, p. 60).
L'impatto della complessità sulle imprese interessate all'internazionalizzazione si traduce in percorsi diversi seguiti dalle stesse per
adeguare le loro organizzazioni. Sostanzialmente, essi si possono riassumere nel nuovo ruolo assunto dall'ambiente di riferimento,
che è visto come parte (1) della struttura delle imprese stesse e nell'organizzazione interna delle imprese,perché tende ad una
maggiore integrazione attraverso la costruzione di reti integrate (2) di unità operative. Il processo di internazionalizzazione investe
in maniera positiva anche le piccole medie imprese, infatti, negli ultimi anni si è assistito al sensibile aumento delle cosiddette
"mini-multinazionali" favorito,principalmente,dalle politiche di attrazione degli investimenti dei vari paesi e dalle condizioni di un
mercato interno meno vantaggiose; tuttavia, la scelta dell'internazionalizzazione, per tali imprese, non è esente da rischi di
conseguenza molto spesso appare necessaria un'azione di ristrutturazione per competere a livello globale: alcune di queste, infatti,
per continuare a essere competitive hanno scelto di perseguire una strategia basata sull'aggregazione e sull'integrazione dei
processi operativi con altre imprese senza rinunciare ai vantaggi, legati soprattutto alla flessibilità, della piccola scala. I Parimenti,
anche le grandi imprese multinazionali, pur in presenza di una forte dote di fattori competitivi (3) sperimentano continui processi di
ristrutturazione cercando organizzazioni aziendali caratterizzate da una sempre maggiore flessibilità ed efficienza. In tal senso, sia
per le piccole che per le grandi imprese multinazionali notevolmente importanti possono essere le azioni di sostegno comprese
nelle politiche di marketing territoriale poste in essere dalle agenzie di sviluppo dei territori in competizione, nel- l'intento di creare
condizioni d'area favorevoli all'attrazione di investimenti esogeni. Da quanto esposto, si evince la necessità di analizzare i fattori sui
quali le agenzie suddette agiscono o dovrebbero agire, in quanto la loro offerta incide in maniera principale sulle scelte di
localizzazione industriale, rendendo di conseguenza i loro rispettivi territori più competitivi. L'analisi della letteratura internazionale
e dei casi di successo di attrazione di investimenti esogeni ha portato a identificare i principali fattori di localizzazione (Lazzeroni,
1998), che vengono di seguito elencati e che costituiscono un riferimento per la definizione delle politiche di marketing territoriale:
gli incentivi; le risorse umane; le infrastrutture; le università e i centri di ricerca; la cultura di impresa e le politiche di sviluppo
industriale; i servizi avanzati; le relazioni; la burocrazia; la disponibilità di aree attrezzate a costi medio-bassi; le risorse culturali e
ambientali. Tra questi, il ruolo degli incentivi regionali appare come decisivo per la scelta di particolari localizzazioni, ma, come si
evince dalle note che seguono, questi strumenti finanziari rappresentano uno solo degli elementi (spesso rilevante, ma quasi mai
esaustivo) che concorrono nel processo decisionale di localizzazione di un'impresa e di norma vengono considerati nell'ambito
dell'influenza esercitata da altri fattori localizzativi e dalle risorse organizzative di cui questa dispone.
(1) Si rileva che: « l'ambiente non è più un insieme di sottosistemi - ambiente fisico, culturale, tecnologico, sociale, politicostituzionale, economico - cui adattarsi, ma un sistema di opportunità da integrare dentro la realtà aziendale» (Paoli, 1999, p. 68).
(2) L'integrazione delle reti dovrebbe «tendere ad assicurare livelli elevati o comunque significativi di flessibilità, stabilità delle
prestazioni e rapidità di innovazione attraverso la capacità di mantenere collegamenti tra loro in tempi reali» (Paoli, 1999, p. 70).
(3) Nel dettaglio una visione di medio-lungo periodo nelle scelte strategiche, consistenti mezzi finanziari, cultura del management
nel pensare in termini internazionali, minori costi per le infrastrutture, per i sistemi di informazione ecc.
Le politiche di promozione degli investimenti diretti esteri
In questi ultimi anni, l'orientamento politico in tema di investimenti esteri può essere valutato efficacemente, osservando
l'atteggiamento tenuto in materia dai maggiori Paesi dell'Europa occidentale (Rainers e Wishlade, 1996). L'interesse al riguardo da
parte di questi ultimi, infatti, è gradualmente cresciuto, passando da una posizione volta principalmente a limitare la penetrazione
estera nell'economia nazionale ad un'altra di apertura, con la proliferazione di agenzie e di politiche tendenti al conseguimen-to di
investimenti esogeni. Oltre agli strumenti di incentivazione finanziaria sopra richiamati, tra le misure impiegate per attrarre
investimenti esteri, vi sono quelle azioni politiche volte alla creazione di condizioni "ambientali“ favorevoli all'afflusso di investimenti:esse riguardano condizioni macroeconomiche, provvedimenti relativi al mercato del lavoro, deregolamentazioni e privatizzazioni.
Con riferimento alle condizioni macroeconomiche, esse riguardano in modo particolare il raggiungimento di bassi tassi di inflazione,
durevole crescita economica, bassi livelli di imposizione fiscale e stabilità valutaria e possono risultare, insieme agli interventi
governativi di infrastrutturazione, di fondamentale importanza per la creazione di ambiti territoriali competitivi; circa i provvedimenti
relativi al mercato del lavoro, questi sembrano essere particolarmente condizionanti (Danson, 1995), in termini di attrazione degli
investimenti, nel momento in cui essi tendono ad una maggiore flessibilità occupazionale, capace di ridurre notevolmente gli
impegni finanziari degli investitori. Anche le procedure di deregolamentazione tese alla semplificazione dell'approccio delle imprese
straniere al contesto legale e amministrativo nazionale, attraverso l'abolizione di restrizioni all'attività di imprese multinazionali
estere da parte dei singoli governi, possono risultare decisive al fine di aumentare il numero degli investimenti esogeni; mentre, per
quanto concerne i programmi di privatizzazione, insieme alla liberalizzazione dei controlli sulle proprietà estere, possono stimolare
gli investimenti esteri che assumono la forma di acquisizioni. In sintesi, le considerazioni sopra esposte inducono a ritenere che le
imprese tendono a minimizzare il ruolo degli incentivi nelle loro decisioni di investimento; tuttavia, l'evidenza empirica ha dimostrato
che tali strumenti finanziari risultano essere particolarmente significativi una volta individuato il numero ristretto di ubicazioni
potenziali (Bachder e Clement, 1989).
Il marketing territoriale come promozione del territorio e strumento di attrazione di investimenti
L'importanza dell'attrazione e del mantenimento di investimenti produttivi sul territorio ha determinato, come si è visto, una
situazione in cui si hanno, da un lato, il sistema imprenditoriale sempre più attento a cogliere i vantaggi che i diversi territori sono in
grado di offrire e, dall'altro, i vari territori intenti ad avviare politiche adeguate di promozione, volte a realizzare le condizioni per lo
sviluppo e, allo stesso tempo, costituire organismi locali e regionali di servizi alle imprese e reti di cooperazione. Quest'ultimo
obiettivo appare di non facile perseguimento: in Italia, in particolare, il ritardo accumulato in materia di investimenti esteri è enorme,
al contrario degli altri Paesi europei che, da molti anni, si sono dotati di strutture centrali e locali di marketing territoriale. In
generale, si assiste ad un rafforzamento della concezione del territorio inteso come "sistema competitivo", sintesi quest'ultimo
dell'azione“ congiunta di soggetti politici, economici e della società civile, tesa ad individuare una leadership promozionale, in grado
di realizzare progetti e, di conseguenza, risultati difficilmente perseguibili singolarmente. D'atro canto, si rileva che l'attrazione di
investimenti esterni non rappresenta il riferimento assoluto del marketing territoriale, anche se questo approccio è quello che (sia
pure in modo parziale) coglie in maniera più corretta il senso del marketing di un'area. Essa è, piuttosto, una strategia che deve
essere pensata e implementata in relazione agli altri fattori che determino lo sviluppo del sistema locale (4).
Tra le ragioni per cui tale approccio risulti non esaustivo si richiamano le seguenti considerazioni (Caroli, 1999): l'aumento degli
utenti potenziali esterni non rappresenta l'unico fattore dello sviluppo competitivo di un territorio; il benessere diffuso ed equilibrato
di tutti i soggetti che vivono nel territorio in oggetto è l'obiettivo primario dell'attività di attrazione di nuovi insediamenti produttivi; il
miglioramento dell’offerta territoriale è propedeutica all’attrazione di nuovi investimenti nell’area; nell’ambito del sistema di relazioni
tra territorio e novo fruitore dello stesso , che si realizzano su piani differenti e necessitano di risorse e politiche diverse, l'attrazione
dell'investimento costituisce solo una componente, per quanto certamente primaria. divi- Come sopra rilevato, il marketing
territoriale, riferito all'attività di attrazione di investimenti esogeni, realizza strategie di organizzazione e di promozione dell'offerta
del territorio orientate a stimolare investimenti provenienti da zone diverse dello stesso paese o da altre nazioni, creare nuova
occupazione, favorire l'imprenditoria del territorio. Il perseguimento di tali indirizzi richiede l'attuazione di strategie in grado di
combinare politiche di marketing del territorio, interno ed esterno, ovvero, la realizzazione di un marketing mix, teso alla
soddisfazione dei bisogni di due target dissimili: quello dei potenziali investitori esterni all'area e quello dei soggetti presenti sul
territorio.
In estrema sintesi, gli obiettivi strategici perseguiti da una politica di a- marketing territoriale riguardano, per il marketing interno,
l'adesione e la condivisione alle ipotesi progettuali da parte dei residenti e, per il marketing esternino, l'attrazione verso il territorio;
mentre, tra gli scopi operativi stanno il miglioramento della qualità della vita interna all'area e la costituzione di un sistema di
competitività e di eccellenza.
(4) Per un’ampia trattazione dell’argomento v. Caroli M.G. (1999).
L'analisi del territorio
Da quanto sopra esposto, si evince che una iniziativa di marketing territoriale deve necessariamente prevedere una serie di
valutazioni preliminari e, di che attengono: all'analisi del territorio, volta alla rappresentazione "oggettiva" dello stesso, in termini di
definizione dei punti di forza e di debolezza (rating del territorio); all'analisi sul posizionamento competitivo del territorio, per
individuare le tipologie di investimento più consone alle peculiarità dell'area; la valutazione della sostenibilità economica e sociale
del territorio ad accogliere le tipologie di investimento individuate; alla definizione di piano di commercializzazione per fissare gli
obiettivi; all'offerta dei territori, costruendo prodotti da commercializzare nei quali vengono indicati i dati fisici, agevolativi, economici
dei beni che si offrono sul mercato (pacchetti localizzativi); alla costituzione di una struttura referente operativa per canalizzare e
guidare le iniziative di marketing e che possa fungere da interfaccia e supporto agli investitori interessati a ubicarsi sul territorio
(Unindustria Treviso, 1998).
Pertanto, l'implementazione di politiche di marketing territoriale implica, oltre alla conoscenza delle dinamiche di formazione della
domanda di investimento, una fase propedeutica di analisi delle caratteristiche e delle potenzialità del territorio in cui si intendono
attrarre investimenti; in sostanza, si tratta di valutare in via prioritaria le seguenti peculiarità (Robustelli, 1998): la disponibilità e i
costi delle aree da promuovere; le potenzialità economiche legate alla presenza di un tessuto imprenditoriale con elevate capacità
produttive e innovative; la presenza di centri di formazione scientifico/tecnologica; presenza di infrastrutture, soprattutto autostradali,
ferroviarie e aeroportuali di grande rilievo nazionale e internazionale; l'esistenza di strutture congressuali e fieristiche; le vocazioni
territoriali; qualità e disponibilità della forza lavoro; il regime fiscale; l'ambiente politico e la qualità della vita.I risultati dell'analisi
devono, in altri termini, portare a misurare il territorio come un sistema integrato che fornisce, tenendo conto del contesto di sviluppo
economico di riferimento, anche una interpretazione del contesto delle opportunità e delle condizioni ambientali che accompagnano
e sostengono le competitività potenziali del territorio esaminato. La definizione di queste conoscenze iniziali costituisce l'elemento
fondamentale per porre in essere delle politiche di marketing territoriale. Infatti, l'obiettivo primario di tali politiche è quello di
valorizzare tutte quelle componenti economiche ambientati che sono già presenti sul territorio al l fine di promuoverle all'esterno.
Tuttavia, tale analisi non deve essere di tipo statico, in quanto ciò comporterebbe una identificazione e una valutazione dei fattori
attrattivi del territorio in un contesto non competitivo (Robustelli, 1998). Si rende necessaria quindi, in un contesto di forte
competitività internazionale, un'analisi SWOT (5) incentrata sul benchmarking con le altre aree e tesa a migliorare i punti di forza e
le opportunità, attraverso l'approfondimento della loro conoscenza e l'interpretazione innovativa, cercandone il valore aggiunto;
affrontare i punti di debolezza e le "minacce"; valutare le nicchie di mercato e i margini possibili della competizione in continuo
"movimento". Tale analisi, in sintesi, fornisce gli elementi necessari per definire una politica di sviluppo del territorio, in grado di
renderlo competitivo, e per la costruzione di un "prodotto area" che valorizzi al meglio i vantaggi e le opportunità dello stesso. In
generale, occorre saper costruire un efficace sistema di analisi in grado di analizzare, in maniera puntuale, gli elementi sopra
esposti. Le esperienze maturate hanno evidenziato che gli approcci d'analisi più efficaci sono quelli che consentono di utilizzare
sistemi metodologici strutturati in grado di fornire risposte puntuali e soprattutto capaci di raffrontare tra loro sistemi territoriali
diversi.
(5) È un'analisi che si propone di valutare i punti di forza, debolezza, le opportunità e le minacce di una data area (strenghts,
weakness, opportunities, threats) comparandone le caratteristiche con quelle di altre aree a vocazione simile. La metodologia
dell'analisi in questione prevede: l'individuazione dei territori concorrenti, la raccolta e l'omogeneizzazione dei dati raccolti;
un'operazione di benchmark con i territori selezionati; l'estrapolazione dei “ dati SWOT
Una metodologia di indagine: un modello spaziale per l'individuazione di aree di successo localizzativo
L'identificazione dei principali fattori di localizzazione effettuata nei, paragrafi precedenti e la rilevanza ad essi attribuita sono
importanti per valutare le caratteristiche di un determinato territorio e per effettuare una gap analysis tra le condizioni d'area ideali
e la situazione reale. In particolare, essi appaiono parimenti importanti nell'applicazione di un modello statistico-territoriale,
finalizzato alla stesura di una rappresentazione cartografica dei paesi con uguale probabilità di livello di successo dell'insediamento
produttivo: in altri termini, l'applicazione del modello è tesa alla individuazione delle probabilità di successo in funzione dei principali
fattori di localizzazione. Il punto di partenza dell'analisi è quello di definire una matrice dei dati osservata su un insieme di paesi
selezionati per l'indagine (una prima selezione può scaturire dalla considerazione di talune caratteristiche indispensabili), sui quali
vengono rilevati, da un lato, un indicatore di successo delle imprese già ubicate (che funge da variabile dipendente nell'analisi),
dall'altro, le valutazioni dei fattori di localizzazione sopra richiamati, che assumono il significato di variabili indipendenti e che quindi
esercitano il ruolo di variabili esplicative in grado di spiegare la variabilità del risultato di successo. Il modello proposto, che tiene
conto anche dell'effetto dell'autocorrelazione spaziale tra i paesi sottoposti all'analisi, è quello logit lineare (6) (Di Battista, 1994) di
matrice statistico-territoriale, ma con valenze applicative anche in campo geografico (Cardinale e Di Battista, 2000). Questo
modello può essere valutato, sia al livello aggregato, sia per ciascun settore di attività economica, in virtù della rispettiva (e
differente) importanza localizzativa dei singoli fattori. D'altro canto, lo strumento di indagine osservato mantiene la sua efficacia
interpretativa anche per i responsabili delle politiche di marketing territoriale, nel momento in cui si rende necessaria l'indagine tesa
a individuare i potenziali investitori e, quindi, destinatari delle offerte localizzative.
Le agenzie per la promozione degli investimenti esteri (7): lo scenario internazionale
La notevole complessità che caratterizza l'attività di marketing ha indotto diversi paesi alla costituzione di agenzie, alle quali è stata
affidata l'attività di promozione dei rispettivi territori. La presenza di tali organismi ha assunto un peso molto significativo tra fattori di
localizzazione che gli investitori internazionali reputano più importanti in un contesto territoriale (NEI, 1992). Essa, infatti, condiziona
il processo decisionale localizzativo dell'investitore, mediante la disposizione l’analisi del territorio e dei mercati potenziali, studi sulle
esigenze e le aspettative della clientela; pratiche di building, (la realizzazione di tutti gli interventi tesi a migliorare l'attrattività del
territorio); attività di promozione dell'area; pacchetti localizzativi mirati; attività di lobbing tendente ad incidere sui processi di scelta
degli investitori internazionali; strumenti di supporto alla realizzazione degli investimenti; azioni tese alla valutazione dell’intervento e
di after care, in grado di garantire l'assistenza all'investitore anche nella fase post insediativa (Consiglio, 1999). L'ingente diffusione
delle agenzie di sviluppo testimonia la forte rilevanza che tali soggetti stanno assumendo nel mercato delle aree di localizzazione
tuttavia, la loro unica denominazione cela un insieme tipologico estremamente articolato, in termini di obiettivi, strategie e assetto
organizzativo, verificabile dall'osservazione delle principali agenzie di sviluppo presenti in Europa (Eurada, 1996).
In particolare, tra le variabili utilizzate per classificare le agenzie di sviluppo stanno l'ampiezza delle aree geografiche di competenza
delle stesse il livello di autonomia della loro attività; entrambe le variabili, ovviamente, condizionano sensibilmente le strategie, le
attività e la struttura organizzativa dell'ente in questione: al riguardo, il contesto competitivo ha visto l’affermarsi in Europa di due tipi
di agenzie, una delle quali assume come ambito geografico di riferimento una intera nazione, l'altra, invece, promuove un ambito
geografico più circoscritto.La Délégation à I’Aménagement du territoire et à I’Action Régional (DATAR) in Francia, la Investment in
Britain Bureau (IBB) nel Regno Unito, la Netherlands Foreign Investment Agency (NFIA) in Olanda, la Industrial Development
Agency IDA) in Irlanda, rappresentano esempi significativi di agenzie di sviluppo nazionali più impegnate nell'attività di attrazione di
investimenti esogeni. Le agenzie nazionali sono, in generale, controllate del governo centrale, ad esempio la DATAR è
un'emanazione del Ministero della Pianificazione del Territorio, la IBB fa riferimento al Ministro del Commercio. e dell'Industria e la
IDA è una agenzia governativa dipendente dal Ministero dell'Impresa e dell'Occupazione.
La lunga esperienza maturata dalla maggioranza delle agenzie nazionali (l'attività di Industrial Development Agency è iniziata da
circa mezzo secolo) ci dimostra la validità ed in molti casi il successo di questo tipo di politica d'intervento, la quale, tuttavia, richiede
un'attenzione continua e duratura nel tempo di là dei risultati conseguiti.
Altri Paesi, invece, soltanto da pochi anni hanno costituito strutture tese a favorire l'attrazione, in particolare i Paesi dell'Est (Polonia,
Repubblica Ceca, Slovacchia, Ungheria, ecc.) grazie anche al supporto della dei programmi comunitari volti a incentivare la
costituzione di agenzie di promozione (programma PHARE).
(7) Gli investimenti diretti esteri sono quelli relativi all'acquisizione del controllo o di interessi durevoli in un'impresa estera,
comportanti il coinvolgimento dell'investitore nel- direzione e nella gestione delle sue attività. Non si considerano pertanto gli
investimenti di natura finanziaria (Cominotti e Mariotti, 1997, UNCTAD, 1996) )
Circa l'altro fattore di differenziazione, rappresentato dal grado di autonomia, si rileva che le agenzie di sviluppo possono difatti
operare in maniera del tutto autonoma, oppure, lavorare in stretto contatto con altri soggetti, attraverso accordi di collaborazione
formali o informali; la scelta circa il grado di autonomia da attribuire all'agenzia è molto importante e comporta una decisione di
fondo: laddove si spinge verso un incremento del grado di autonomia si vengono difatti a creare all'interno di una stessa nazione le
condizioni per creare situazioni di spiccata competizione tra aree regionali, con indubbi vantaggi laddove si ritiene che la lotta
competitiva sia in grado di stimolare ogni singola area a migliorare le proprie caratteristiche e a dotarsi degli standard richiesti dagli
investitori esterni; anche la scelta di limitare il grado di autonomia e di favorire un approccio di tipo collaborativo tra agenzie regionali
e tra queste e l'agenzia nazionale presenta i suoi vantaggi, che sono legati essenzialmente alla possibilità di ottimizzare una serie di
risorse e di allocare le risorse finanziarie nazionali in modo più coerente e nell'ambito di una cornice più ampia (8). Una recente
indagine (R&P, 1999), condotta su 28 agenzie regionali operanti in sette Paesi europei, ha valutato le dinamiche di successo delle
stesse attraverso l'adozione di un indicatore sintetico di efficienza riferito al numero dei dossier chiusi positivamente sul totale dei
dossier aperti. L'efficacia delle agenzie è stata misurata sulla base dei seguenti parametri quantitativi: il numero degli insediamenti,
quello dei posti di lavoro creati e/o salvaguardati e l'ammontare degli investimenti.
Nel contesto europeo, si distinguono i casi limite delle esperienze irlandesi e italiane, per le quali si registrano, rispettivamente: una
strategia pluri-decennale centrata sull'acquisizione di investimenti e di capacità imprenditoriali esterne, in assenza di investimenti in
uscita; l'assenza di strategie di lungo periodo, ove le regioni storiche dello sviluppo industriale hanno comunque raggiunto un alto
livello di attrattività di investitori esteri, al quale corrisponde un consistente sviluppo degli investimenti in uscita da parte delle grandi
imprese e anche da parte di medie e piccole imprese locali. D'altra parte, si segnala che le agenzie hanno una dimensione
territoriale operativa che può prevedere un numero variabile di rappresentanze estere, ciascuna delle quali opera a vari livelli
dimensionali. Alcune agenzie hanno concentrato più di una funzione di rappresentanza all'interno di uno stesso paese. In sintesi,
sebbene il settore delle agenzie di sviluppo è caratterizzata da una spiccata eterogeneità e presenta tipologie di attori molto
differenziate, è possibile identificare una serie di fattori di omogeneità che caratterizzano
(8) Considerando le due variabili è possibile individuare quattro diverse tipologie di agenzia: l'agenzia "integrata", l'agenzia "ombrello", l'agenzia "in rete",
l'agenzia "autonoma" (Consiglio, 1999, p. 23). Circa la prima, essa identifica le agenzie che promuovono l'intera nazione ed operano in modo autonomo e
indipendente, limitando la collaborazione con eventuali agenzie di sviluppo locale; la seconda, identifica le agenzie nazionali che operano a stretto contatto con
le agenzie di carattere locale, svolgendo un ruolo di supporto e coordinamento; la terza tipologia accoglie le agenzie regionali che operano in collaborazione
con altre agenzie regionali e con l’agenzia nazionale, in un modello reticolare in cui ogni entità è specializzata in una serie di attività; l’ultima tipologia
considerata qualifica le agenzie regionali che operano in grande autonomia, svolgendo in prima persona tutte le attività che caratterizzano l’azione di attrazione
degli investimenti.
il loro comportamento e la loro organizzazione. In particolare cinque sono le li gli elementi che accomunano le diverse agenzie
analizzate: una forte aggressività commerciale; una buona capacità di sviluppare un sistema relazionale con il territorio;
un'attenzione molto elevata nei confronti delle risorse umane operanti all'interno delle agenzie; un approccio che garantisce
all'investitore una sola interfaccia responsabile di soddisfare le sue molteplici esigenze; un frequente utilizzo di strutture
organizzative molto articolate.
Conclusioni .
Le considerazioni conclusive attengono ad alcune riflessioni, poste in maniera sintetica, circa la dimensione problematica del
marketing del territorio, ovvero riguardo agli attributi "politici" della rappresentazione dell'immagine territoriale. Infatti, la possibilità
offerta dal marketing territoriale di poter intervenire sul territorio per l'intero sistema di valori e di percezioni che esso esprime
pone seri dubbi sull'oggettività, necessaria (Paoli, 1999), della sua interpretazione, in quanto l'immagine di un territorio, definita
per scopi promozionali, può differire in relazione ai diversi soggetti chiamati a tale definizione. Pertanto, si appalesa l'idea di un
marketing del territorio non neutrale (Bailly, 1994; Harvey, 1988) nella fase di elaborazione dell'immagine da promuovere «per cui
la ricostruzione delle logiche in base alle quali è stato effettuata l'impostazione del primo stadio di marketing - la cosiddetta analisi
delle opportunità e minacce, risorse e vincoli, in base alle quali sono stabiliti i riferimenti di immagine dei territorio - serve a
spiegare le tendenze successive in termini di agire e impatti territoriali» (paradiso, 1999, p. 67). Parimenti importante, nonché
discrezionale, appare l'azione di individuazione degli obiettivi delle politiche di marketing territoriale; ovvero, il momento
dell'interpretazione delle "esigenze" di un territorio, chiaramente espressione di un sistema di valori e di priorità politiche
riconducibili ai responsabili dello sviluppo. Ciò si traduce, infatti, nell'identificazione di uno o più segmenti sociali verso i quali, in
via prioritaria, far convergere gli interventi da adottare nella fase di implementazione della politica territoriale. D'altra parte, il livello
di problematicità, nonché di discrezionalità, sembra aumentare nel momento in cui alla fase, sopra accennata, dell'individuazione
del bisogno segue quella dell'identificazione dei soggetti cui corrispondere il bisogno. Tale fase, invero, risulta particolarmente
importante, soprattutto per i riflessi sull'organizzazione territoriale, in quanto decisiva m merito agli interventi da adottare. In via
conclusiva, il marketing territoriale presenta notevoli opportunità a sia per i soggetti dello sviluppo locale sia per quelli del mondo
imprenditoriale, tuttavia, in quanto politica, ossia sistema decisionale non neutro, comporta scelte territoriali discrezionali, molto
spesso irreversibili, che rendono necessaria soprattutto un'attenta valutazione degli organismi in cui convergono i soggetti
decisionali (le agenzie di sviluppo). Concludendo, in virtù del ruolo nodale ricoperto dal territorio in tale contesto, appare
auspicabile un maggiore coinvolgimento dei geografi (nelle loro varie specializzazioni) in tali organismi, soprattutto in questa fase
temporale dove l'attività di implementazione di politiche di marketing territoriale registra trend espansivi e può costituire, oltre che
un interessante strumento di interpretazione del cambiamento in atto nelle dinamiche territoriali,un'occasione per gli studiosi del
territorio di incidere concretamente sulle stesse.
BIBLIOGRAFIA
BACHTLER J., CLEMENT K., Assessing the Impact of the Single European Market on Foreign Direct Investment in the United Kingdom, European Policies
Research Centre, Strathclyde University, Glasgow, 1989.
CARDINALE B., DI BATTISTA T., Il rating del territorio nei progetti di marketing territoriale: una proposta metodologica, Pescara, Dip. Economia e Storia del
Territorio-Dip.Metodi quantitativi e Teoria economica, 2000 (Paper).
CAROLI M.G., II marketing territoriale, Milano, Angeli, 1999.
CONSIGliO, Agenzie di sviluppo, in «Sviluppo & Organizzazione», Milano, 1999, pp. 19-32.
DANSON M., The Spatial Impact of the Sodal Chapter, in HARDY M. et al. (a cura di), An Enlarged Europe, Londra, Jessica Kingsley, 1995.
DEMATTEIS G., Il marketing urbano: cooperare per competere, in AVE G., CORSICO F. (a cura di), Atti della Conferenza Internazionale «Marketing
Urbano)), Torino, Torino Incontra, 1994.
DI BATTISTA T., Sugli stimatori di un modello per l'analisi della diffusione spaziale di un fenomeno qualitativo a k modalità: un caso di studio
sull'inquinamento marino, in «Atti della XXXVII Riunione Scientifica - Soc. Ital. di Statistica», San Remo, CISU, 1994, pp.27 -34.
DICKEN P., LLOYD P., Nuove prospettive su spazio e localizzazione. Le più recenti interpretazioni geografiche dell'economia, Franco Angeli Editore, Milano,
1993 (edizione Italiana a cura di Giuseppe Rizzo e Claudia Robiglio).
FUGA F., Geopolitica delle multinazionali, Pisa, Pacini, 1993.
LANDINI P., «Localismi)) e «controurbanizzazione)) alcune riflessioni nell'ottica della Geografia, in MURA P.M. (a cura di), Una geografia per la
pianificazione,Roma, Gangemi, 1988, pp. 81-85.
LAZZERONI M., Nuove strategie di sviluppo locale. Il marketing territoriale, in «Riv: Geogr. Ital.», 1998, pp. 503-534.
LLOYD P., DICKEN P., Spazio e localizzazione. Un'interpretazione geografica dell'economia, Franco Angeli Editore, Milano, 1979 (Edizione Italiana a cura di
Marco Costa e Maria Paola Pagnini).
NEI, New Location Factors for Mobile Investmenf in Europe, Londra - Rotterdam, Netherlands Economic Institute e Ernst & Young, 1992.
PAOU M., Marketing d'area per l'attrazione di investimenti esogeni, Milano, Guetini, 1999.
PARADISO M., Marketing e territorio. Problematiche di competitività e coesione nei processi di territorializzazione, Università degli Studi del Sannio, Facoltà
di Economia, Napoli, ESI, 1999.
PISCITELLO L., Territorio e processi di internazionalizzazione, in COMINOTTI R., MARIOlTI S., MUnNELLI M., Italia Multinazionale 1998, Roma, Documenti
CNEL, II serie, n. 17, 1999, pp. 197-240.
RAINERS P., WISHLADE F., Incentivi regionali e investimenti diretti esteri, in i «Rivista economica del Mezzogiorno», n. 2, 1996, pp. 475-502.
R&P, Le agenzie per la promozione degli investimenti esteri, in «Notizie R&P», n.1, anno 6,1999, pp. 1-3.
JROBERTS P.W:, GREGG LLOYD M., Regional Development Agencies in England' New Strategic Regional Planning Issues ?, in «Regional
Studies», n. 1, 2000, pp. 75-78.
ROBUSTELLI G., L'analisi del territorio, materiali del corso di formazione «Marketing Territoriale e Attrazione di Investimenti Estero>, Roma,
Business International, 1998. UNINDUSTRIA TREVISO, Il marketing territoriale. Che cos'è e come si realizza, «Quaderni di FOCUS PMI», 1,1998.
Bernardo Cardinale
MARKETING E TERRITORIO: RUOLO E
POTENZIALITA’ DEI CONSORZI DI SVILUPPO
INDUSTRIALE
La competizione territoriale
Le problematiche di sviluppo competitivo ed economico dei territori appaiono assimilabili a quelle delle imprese: entrambi, infatti,
competono al fine di acquisire risorse utili, le quali, attraverso le capacità di attivazione di processi interni, vengono trasformate in
nuove opportunità di crescita; notoriamente, la creazione di tali opportunità avviene tramite, sia il mantenimento e lo sviluppo delle
risorse esistenti, sia l'attrazione di nuove risorse dall'esterno. Tuttavia, la competizione tra contesti geografici dovrebbe intendersi
diversamente dal generico confronto tra le condizioni economiche e produttive di due aree; più esattamente, essa consisterebbe
"nell' azione che un territorio, attraverso le strutture in esso operanti, esercita al fine di influenzare le dinamiche di riorganizzazione
delle opportunità di creazione della ricchezza; dinamiche che sono poste in essere dalle imprese e dalle istituzioni a livello nazionale
o internazionale" (CAROLI, 1999, pp. 31-32). In estrema sintesi, la competizione tra le aree si articolerebbe in due momenti
significativi, il primo dei quali i riguarderebbe l'acquisizione delle "opportunità di creazione della ricchezza", il secondo l'attivazione dei
processi interni che conducono alla trasformazione delle risorse potenziali acquisite in concrete e maggiori condizioni di sviluppo. Tali
considerazioni inducono a ritenere che la strategia competitiva di un' area territoriale deve, quindi, prevedere un' attenta analisi
territoriale comprendere quali tipi di risorse i e quali modalità di loro acquisizione consentono all'area geografica interessata di
accrescere il valore dell'esistente e delle capacità interne dello sviluppo; solo successivamente, il sistema locale deve saper
collegare e valorizzare tutti i fattori che rendono efficiente il proprio territorio, al fine di consolidare e sviluppare ulteriormente le
attività esistenti e per attrarre nuovi investimenti produttivi esterni. In tal senso, diventa allora centrale l'offerta di "condizioni d'area",
che rispondano con efficienza ed efficacia alle dinamiche spaziali delle attività economiche. Tra le principali azioni tese all'attrazione
e al mantenimento di investimenti produttivi sul territorio, certamente sta il marketing d'area, il quale notoriamente si pone l'obiettivo
di valorizzare in modo sistematico e coerente un territorio al fine di promuoverne lo sviluppo economico, attraverso la costituzione di
agenzie per lo sviluppo locale tese alla valorizzazione dei vantaggi competitivi territoriali.
L'Italia ha avviato solo negli ultimi anni tali azioni; pertanto, essa appare ancora in fase di recupero rispetto ad altri Paesi nella
creazione di agenzie di sviluppo efficienti. Tuttavia, esistono delle realtà territoriali, soprattutto a livello locale, che sembrano
orientarsi in un' ottica di marketing territoriale, ottenendo gli strumenti per affrontare le sfide poste dalla competizione dei territori.
Tra queste situazioni possono essere certamente annoverate quelle, pur fortemente differenziate, dei vari Consorzi di sviluppo
industriale, presenti in Italia già dalla seconda metà degli anni Cinquanta con la finalità di favorire nuove iniziative industriali,
finalità coincidente proprio con una delle funzioni del marketing d'area: l'attrazione di investimenti di- retti esteri o esterni.
L'interesse nasce dalla constatazione che la crescita economica riguarda molto spesso la dimensione regionale o locale e
dipende altamente dalla vitalità dell' azione imprenditoriale e dallo sviluppo di contesti adatti alla diffusione di codesta azione.
2. Le strategie territoriali dello sviluppo: l'istituzione dei Consorzi di Sviluppo Industriale
In Italia, l'avvio dei nuovi orientamenti in materia di politica regionale è fatto risalire alla seconda metà degli anni Cinquanta,
periodo nel quale si adottano i cosiddetti "provvedimenti per il Mezzogiorno", attraverso la promulgazione della Legge n. 634 del
29 luglio del 1957. Con tale azione normativa si assecondava una direzione comune di opinioni che da alcuni anni giungevano a
maturazione nella dottrina economica, ovvero l'esigenza di perseguire forme superiori di produzione del settore secondario, al
fine di portare a soluzione taluni problemi storici del sottosviluppo del Mezzogiorno, quali l'occupazione e la produttività delle
aree più arretrate (CELANT, MORELLI, 1986). In particolare, il dibattito si incentrava sulla specifica configurazione che il settore
industriale avrebbe dovuto assumere; tra le alternative possibili, com'è noto, si privilegiava la realizzazione di alcuni grandi poli di
sviluppo, in armonia con le previsioni teoriche di Perroux. Inoltre, la normativa prevedeva la costituzione di Consorzi (fra comuni,
province, camere di commercio ecc.) finalizzata all'affermazione di nuove iniziative industriali, quali le aree di sviluppo industriale
e i nuclei di industrializzazione, tese alla predisposizione di attrezzature e di infrastrutture necessarie a favorire nuovi processi
localizzativi. Un ulteriore riferimento normativo, il D.P.R. n. 1523 del 30 giugno 1967, ha previsto la regolamentazione dei
Consorzi per le aree e i nuclei, comunemente denominati Consorzi Asi; tali consorzi hanno svolto, e in molti casi continuano a
svolgere, un ruolo particolarmente rilevante per la vita economica del Paese, in quanto il loro intervento ha consentito la
valorizzazione ed il progresso di ambiti territoriali: com' è noto, i Consorzi industriali sono costituiti da un numero di comuni,
dall'amministrazione provinciale, da eventuali istituti di credito locali, dalla camera di commercio e, talvolta, da organizzazioni
imprenditoriali; tra le finalità principali dei Consorzi industriali, vi è quello di realizzare le condizioni favorevoli per attrarre
insediamenti produttivi, analogamente agli obiettivi delle azioni di marketing territoriale.
3. Un caso di studio: il Consorzio di sviluppo industriale della Valle del Biferno
Il Consorzio per il Nucleo di Industrializzazione della Valle del Biferno, costituito nel 1967, ha sede a Termoli nell'agglomerato
industriale di Rivolta del Re e, sin dalla sua istituzione, annovera tra gli enti partecipanti la provincia di Campobasso, il comune di
Termoli, il comune di Guglionesi, l'ente camerale di Campobasso, l'ente provinciale per il turismo, l'ente regionale di sviluppo
agricolo, l'azienda di soggiorno e turismo di Termoli, il Banco di Napoli, la Banca di Roma, ai quali si sono aggiunti, dagli inizi del
1999, i comuni di Campomarino e Portocannone. La finalità principale del Consorzio è quella di creare e/o favorire le condizioni
necessarie per lo sviluppo delle attività produttive nei settori dell'industria, dell'artigianato, del commercio e dei servizi, all'interno
del comprensorio di pertinenza. Un differente grado di infrastrutturazione caratterizza l'agglomerato industriale: al proprio interno,
infatti, si possono distinguere, sia aree per insediamenti medio-grandi, ad alto contenuto tecnologico ed elevate esigenze
infrastrutturali, sia aree di espansione e di riserva per gli insediamenti medio piccoli, dell' associazionismo locale e del settore dei
servizi, ad infrastrutturazione di base. Tuttavia, in ciascun comparto, ai lotti per le attività produttive sono associate aree per uffici,
servizi sociali, tempo libero, infrastrutture a servizio delle industrie e della comunità, aree a verde attrezzato; inoltre, un apposito
servizio elabora i programmi e i progetti delle infrastrutture da realizzare, in relazione a specifiche esigenze aziendali o a piani
insediativi, e ne garantisce l'efficienza e la funzionalità. Con riferimento al tessuto industriale, l'area si pone in evidenza per la
rilevante articolazione merceologica degli insediamenti, il livello tecnologico dell' attività produttiva, la nascita ed il consolidamento
di attività di servizio alla produzione e una solida tendenza all'associazionismo. Attualmente, gli insediamenti in attività occupano
circa 4.900 addetti stabili e 700 stagionali e il grado di saturazione insediativa dell'agglomerato è del 60%. In termini di tipologia,
oltre alla Fiat Auto, emergono il settore chimico con la Witco Specialties Italia, la Flexsys, la Sts; l'alimentare con lo Zuccherificio
delMolise e la Del Giudice; la meccanica con la Itt Automotive.
4. Il Consorzio di sviluppo industriale: un' Agenzia di sviluppo territoriale?
All'oggi, le funzioni svolte dal Consorzio della Valle del Biferno non appaiono assimilabili, in senso stretto, a quelle previste dalle
azioni del marketing territoriale, né tali attività sono portate avanti attraverso procedure formalizzate; tuttavia, esiste un' attività rivolta
alle imprese, al fine di attrarle nell'area consortile, che ha dato nel tempo risultati apprezzabili. Un elemento di differenziazione tra
l'attività svolta effettivamente dal Consorzio e quella di marketing territoriale risiede nel fatto che l'ente non ha agito assumendo
comportamenti derivanti dalle esigenze manifestate dalle imprese e da cui possono dipendere le determinazioni o le decisioni delle
imprese stesse; numerose imprese, infatti, si sono accostate al Consorzio per una propria scelta localizzativa: tale esito positivo
deriva dall' azione indiretta, ovvero, dall' aver attrezzato l'area in maniera che risultasse rispondente a determinate tipo1ogie di
imprese, sia per la dotazione infrastrutturale, sia per la disposizione - nell' ambito dell' area - dei servizi, dei settori merceologici, delle
zone verdi.
Quanto sopra è ascrivibile al fatto che la concezione secondo la quale il processo localizzativo scaturisce dalla tensione costruttiva
tra la prospettiva offerta all'impresa di svolgere le proprie attività, in un contesto dove possono esistere vantaggi competitivi specifici,
e l'esigenza di estendere o avviare la produzione acquisendo fattori di competitività, è relativamente recente; ma, soprattutto, è
recente la necessità di individuare dei soggetti prepo-sti ad avanzare le proposte all' impresa, attraverso l'offerta mirata e strategica
di servizi, beni e competitività. Proprio in questo senso l'ente consortile ha indirizzato la sua azione, at- traverso la formazione di un
gruppo che si occuperà, principalmente, del mondo delle imprese e degli investimenti esogeni, al fine di rendere del tutto operativa
questa funzione e per affrontare quella ricerca dei dati di contesto che possono rendere effettivamente efficace un' azione di
marketing territoriale. D'altro canto, un altro aspetto che rende assimilabile l'azione del Consorzio a quella del marketing territoriale,
nonostante non esista al suo interno una funzione specifica, è rappresentato dal ruolo di assistenza e consulenza svolto nei confronti
delle imprese insediate nell'area di competenza: esso riguarda, in particolare, gli aspetti tecnico-progettuali, le questioni
amministrative, gli aspetti legati alla comunicazione. Si tratta di alcuni degli aspetti più significativi, in quanto l'assistenza postinsediativa rappresenta uno dei punti di maggiore interesse nell' ambito del marketing territoriale e per il quale il Consorzio impiega
risorse considerevoli. I servizi post-vendita sono finalizzati, anche nel caso del marketing di un territorio, ad incrementare la
fidelizzazione del cliente, tuttavia, nel caso di un‘ area geografica la fedeltà del cliente si manifesta nella crescente importanza che
l'im- presa assegna al territorio come sede di determinate attività, piuttosto che nel ripetersi dell'acquisto dallo stesso fornitore. Da
tale importanza deriva, in primo luogo, la stabilizzazione della presenza produttiva nel luogo e, successivamente, la progressiva
espansione strutturale e strategica di tale impresa. In fase conclusiva, e in estrema sintesi, la rivalorizzazione dell' attività consortile
richiede il perseguimento di un modello di marketing del territorio, in cui la domanda e l'offerta territoriale si confrontano in maniera
continua; ciò è possibile soltanto attraverso la corretta individuazione dei potenziali investitori, che può scaturire dalla conoscenza
delle relative necessità, momento essenziale della corretta definizione dell'offerta localizzativa.
Bibliografia
ANCARANI F. 1996, Il marketing territoriale, un nuovo approccio per la valorizzazione del territorio, Working paper n. 12, Sda
Bocconi.
BELLINI N. (a cura di) 2000, Il marketing territoriale. Sfide per l'Italia nella nuova economia, Milano, Angeli.
CAROLI M.G. 1999, Il marketing territoriale, Milano, Angeli.
CARDINALE B. 2003, "Nuove prospettive di localizzazione: le opportunità del marketing territoriale", in CALAFIORE G.,
PALAGIANO C., PARATORE E. (a cura di), Vecchi territori,nuovi mondi: la geografia delle emergenze del 2000. Atti del XXVIII
Congresso Geografico Italiano, Roma, Edigeo, pp. 2956-2969.
CELANT A., MORELLI P. 1986, La geografia dei divari territoriali in Italia, Firenze, Sanso- ni. CONSIGUO S. 1999, "Le agenzie
di sviluppo", in Sviluppo & Organizzazione, n. 172, pp. 19-32.
CONSIGUO S., MERCURIO R. 1999, "Le azioni dei nostri concorrenti: le offerte delle agenzie europee di sviluppo regionale",
in L'industria, n. 2, pp. 21-32.
DEWHURST I.H.L. 2000, "Foreign Direct Investment and Development-Agency Interven- tion: A Theorical Model", in Urban
Studies, n. 37, pp. 69-75.
GIANNATTASIO M. 1995, "In cantiere l'operazione 'burocrazia facile' per le aziende che in- vestono nei consorzi", in Italia
Multinazionale, n. 8, pp. 73-91.
LATUSI S. 2002, Marketing territoriale per gli investimenti, Milano Egea.
LAZZERONI M. 1998, "Nuove strategie di sviluppo locale. Il marketing territoriale", in Rivista Geografica Italiana, pp. 503-534.
NAPOLITANO M.R. 2000, Dal marketing territoriale alla gestione competitiva del territorio, Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane.
PAOLIM. 1999, Marketing d'area per l'attrazione di investimenti esogeni, Milano, Guerini.
PARADISO M. 1999, Marketing e Territorio, Napoli, Edizione Scientifiche Italiane.
PREZIOSO M. 1995, Molise, viaggio in un ambiente dimenticato, Roma, Gangemi.
PROPERSI A., ROSSI G. 2000, I consorzi, Milano, Edizioni Il Sole 24 ore.
SIMONCELU R. 1978, "Verso una più moderna economia: il difficile percorso del Molise", in Molise Economico, n. 1, pp. 12-19.
SIMONCELLI R. 1979, "Il Molise", in CAO PINNA V. (a cura di), Le regioni del Mezzogiorno, Bologna, Il Mulino, pp. 241-305.
Scarica