Appunti di Geometria classica A.A. 2005-2006
Capitolo III – Analisi del contenuto dei Libri degli Elementi.
Carlo Marchini
Lezione 12 del 6 Aprile 2006
III.6. Il Libro VI. (Continuazione)
III.6.3. Alcune Proposizioni del Libro VI. (continuazione)
III.6.3.2. I Criteri di similitudine. Vediamo ora i cosiddetti Criteri di similitudine dei triangoli. C’è
uno stretto rapporto con alcuni dei Criteri di congruenza, potendosi ritenere quelli presentati nel
primo Libro un caso particolare di quelli presentati nel Libro VI.
«Proposizione VI.4. Nei triangoli aventi gli angoli rispettivamente
F
uguali i lati che comprendono gli angoli uguali sono proporzionali,
essendo omologhi (cioè corrispondentisi) quelli opposti agli angoli
A
uguali.
Dimostrazione. Siano ABC, DCE triangoli aventi gli angoli
rispettivamente uguali, cioè aventi uguali l’angolo ABC all’angolo
D
B
DCE, l’angolo BAC all’angolo CDE, ed infine l’angolo ACB all’angolo
CED; dico che nei triangoli ABC, DCE i lati comprendenti gli angoli
C
uguali sono proporzionali, corrispondendosi (cioè, essendo omologhi)
E
quelli opposti agli angoli uguali.
Infatti, si ponga BC in linea retta con CE. Ora poiché la somma degli angoli ABC, ACB è minore di due retti
(Prop. I. 17) e l’angolo ACB è uguale all’angolo DEC, la somma di ABC, DEC è minore di due retti; BA, ED
quindi, se prolungate si incontreranno (Post. 5). Risultino esse prolungate e si incontrino in F.
E poiché l’angolo DCE è uguale all’angolo ABC, si ha che BF è parallela a CD (Prop. I.28). Di nuovo, poiché
l’angolo ACB è uguale all’angolo DEC, è parallela AC a FE (id.). Quindi FACD è un parallelogrammo; FA è
perciò uguale a DC, ed AC è uguale a FD (Prop. I.34). E poiché nel triangolo FBE risulta che AC è condotta
parallela ad uno dei lati, cioè a FE, si ha che BA:AF = BC:CE (Prop. VI.2). Ma AF è uguale a CD; quindi BA:AF
= BC:CE, e permutando: BA:BC = CD: CE (Prop. V.16). Di nuovo, poiché CD è parallela a BF, si ha: BC:CE =
FD:DE (Prop. VI.2). Ma FD è uguale ad AC, per cui BC:CE = AC:DE, e, permutando BC:AC = CE:DE (Prop.
V.16). Poiché dunque fu dimostrato che BA:BC = CD:CE, e che BC:AC = CE:DE, si ha, ex aequo, che BA:AC =
CD:DE (Prop. V.22).
BA
BC
AC
CD
CE
DE.»
La citazione dei rapporti ex aequo richiama direttamente la Def. V.17.
In questa dimostrazione si suppone che i due triangoli abbiano un vertice in comune e due lati
corrispondenti avente il vertice in comune, uno sul prolungamento dell’altro (caratteristiche non
richieste dal testo). Si tratta di una situazione assai speciale, ad esempio la dimostrazione non
contempla il caso, per altro possibile, che un triangolo sia all’interno dell’altro e che i lati omologhi
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siano paralleli, come nella figura qui a fianco) perché in un
caso si ricadrebbe nella Prop. VI.2 e in tutti i casi in un tipo
particolare di similitudine, dato dall’omotetia, concetto non
presente in Euclide. Il centro di omotetia nei triangoli è
evidenziato in rosso. E’ altresì escluso il caso in cui un
vertice sia in comune e che due coppie di lati omologhi
siano tali che un lato sia sul prolungamento del lato
omologo. Anche in questo caso si ha un’omotetia. D’altra
parte per i risultati di trasporto di rette ed angoli, è sempre possibile ricondursi a queste situazioni.
Le dimostrazioni della proporzionalità dei lati andrebbero riconsiderate profondamente nel caso del
secondo triangolo interno e senza punti in comune col primo.
Nella dimostrazione compaiono delle proporzioni in cui sono utilizzate segmenti di triangoli
diversi, per poi riportarle a eguaglianza di rapporti tra lati di uno stesso triangolo, grazie alla Prop.
V.16.
Si ha poi
«Proposizione VI.5. Se due triangoli hanno i lati proporzionali, i triangoli saranno tra loro equiangoli ed avranno
[rispettivamente] uguali gli angoli opposti ai lati omologhi, cioè ai lati che si corrispondono nella proporzione.
Dimostrazione. Siano ABC, DEF due triangoli aventi i lati proporzionali, in modo che AB stia a BC come DE sta
a EF, che BC stia a CA come EF sta a FD, ed infine che AB stia a CA come DE sta a FD[, cioè in modo che
valgano le proporzioni AB:BC = DE:EF; BC:CA = EF:FD; AB:CA = DE:FD]. Dico che il triangolo ABC ha gli
angoli rispettivamente uguali a quelli del triangolo DEF e che nei due triangoli saranno uguali gli angoli opposti
ai lati monologhi, cioè l’angolo ABC uguale all’angolo DEF, quello BCA uguale a quello EFD, ed infine BAC
uguale ad EDF.
Infatti, si costruiscano sulla retta EF, e con vertici rispettivamente nei suoi punti E, F, l’angolo FEG uguale
all’angolo ABC, e l’angolo EFG uguale all’angolo ACB (Prop. I.23); il rimanente angolo in A è perciò uguale al
rimanente angolo in G (Prop. I.32).
Il triangolo ABC ha quindi gli angoli rispettivamente uguali a quelli del triangolo GEF. Perciò nei triangoli ABC,
GEF i lati comprendenti gli angoli uguali sono proporzionali, corrispondendosi quelli opposti agli angoli uguali
(Prop. VI.4); quindi AB:BC = GE:EF. Ma [per ipotesi] AB:BC = DE:EF, per cui si ha: DE:EF = GE:EF (Prop.
V.11).
Ciascuna delle due rette DE, GE ha quindi il medesimo rapporto rispetto ad EF, sicché DE è uguale a GE (Prop.
V.9). Per la stessa ragione, anche DF è uguale a GF. Poiché dunque DE è uguale ad EG, ed EF è comune, i due
lati DE, EF sono uguali ai due lati GE, EF; e la base DF è uguale alla base FG; l’angolo DEF è quindi uguale
all’angolo GEF (Prop. I.8), il triangolo DEF è uguale al triangolo EFG, e gli angoli rimanenti del primo, ossia
quelli opposti ai lati uguali, sono uguali ai rispettivi angoli rimanenti del secondo (Prop. I.4). Perciò sono uguali
pure l’angolo DFE all’angolo GFE, e l’angolo EDF all’angolo EGF. Ora poiché l’angolo DEF è uguale
all’angolo GEF, ma l’angolo GEF è uguale all’angolo ABC, anche gli angoli ABC, DEF sono uguali. Per la
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stessa ragione, pure l’angolo ACB è uguale all’angolo DFE, infine l’angolo in A è uguale all’angolo in D; il
triangolo ABC ha quindi i suoi angoli rispettivamente uguali a quelli del triangolo DEF. »
Le Propp. VI.4 e VI.5 sono una l’inversa dell’altra, la prima ottenendo la proporzionalità dei lati
dall’uguaglianza degli angoli, la seconda ottenendo l’uguaglianza degli angoli dalla proporzionalità
dei lati. Ma il complesso delle Propp. VI.4 e VI.5 mostra come delle richieste contemporanee della
Def. VI.1, di eguaglianza degli angoli e proporzionalità dei lati, ne basterebbe una, potendosi
ottenere l’altra.
Questo Criterio di similitudine (il complesso delle Propp. VI. 4 e VI.5) generalizza il ‘terzo’
Criterio di congruenza dei triangoli,
«Proposizione I.8. Se due triangoli hanno due lati rispettivamente uguali a due lati, ed hanno anche la base
uguale alla base, avranno uguali anche gli angoli compresi dai lati uguali. »
in quanto se i lati sono uguali, il rapporto tra due lati omologhi è 1, quindi sono banalmente in
proporzione si ottiene a congruenza dei triangoli stessi. Tuttavia questa affermazione non è corretta
dal punto di vista sostanziale, attenendosi alla presentazione euclidea, dato che nella dimostrazione
della Prop. VI.5, che è quella che più assomiglia alla Prop. I.8, si richiama proprio la Prop. I.8.
Inoltre scorrendo le due dimostrazioni è indispensabile osservare che le proporzioni scritte mettono
dai due lati dell’eguaglianza i rapporti tra lati dello stesso triangolo, mentre il caso che porterebbe al
Criterio di congruenza è che il rapporto di lati omologhi, uno nel primo e il corrispondente nel
secondo sia 1. Tali rapporti non vengono utilizzati in quanto i lati dello stesso triangolo vengono
intesi come grandezze omogenee, mentre lati di triangoli diversi no.
La figura riportata nella dimostrazione inganna: il triangolo GEF è costruito con gli angoli uguali al
triangolo ABC, non come simmetrico di DEF, che ha i lati in proporzione con ABC, anche se così
appare nel disegno
«Proposizione VI.6. Se due triangoli hanno [rispettivamente] un angolo uguale ad un angolo, e proporzionali i
lati comprendenti i due angoli uguali, i triangoli saranno fra loro equiangoli; avranno cioè rispettivamente uguali
gli angoli opposti ai lati omologhi.
Dimostrazione. Siano ABC, DEF due triangoli aventi rispettivamente un angolo, cioè BAC, uguale ad un angolo,
EDF, e proporzionali i lati comprendenti i due angoli uguali, in modo che BA sia ad AC come ED sta a DF; dico
che il triangolo ABC ha gli angoli rispettivamente uguali a quelli del triangolo DEF, e l’angolo ACB uguale
all’angolo DFE.
A
D
punti D, F, l’angolo FDG uguale all’uno o all’altro indifferentemente
F
E
B
Infatti, si costruiscano sulla retta DF, e rispettivamente coi vertici nei suoi
G
C
degli angoli BAC, EDF, e l’angolo DFG uguale all’angolo ACB (Prop. I.
23); quindi il rimanente angolo in B [del primo triangolo dato] è uguale al
rimanente angolo in G [del triangolo costruito] (Prop. I.32).
Il triangolo ABC ha perciò gli angoli rispettivamente uguali a quelli del
triangolo DFG. Si ha quindi la proporzione BA:AC = GD:DF (Prop. VI.4). Ma anche, per ipotesi, BA:AC =
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ED:DF; quindi anche ED:DF = GD:DF (Prop. V.11). Perciò ED è uguale a GD (Prop. V.9) e DF è comune [ai
due triangoli DEF, DGF], sicché i due lati ED, DF sono uguali ai due lati GD, DF; e l’angolo EDF è uguale
all’angolo GDF; la base EF è quindi uguale alla base GF, il triangolo DEF è uguale al triangolo DGF, e gli
angoli rimanenti del primo, ossia quelli opposti ai lati uguali, saranno uguali ai rispettivi angoli rimanenti del
secondo (Prop. I.4). L’angolo DFG è così uguale all’angolo DFE, e l’angolo DGF è uguale all’angolo DEF. Ma
l’angolo DFG è uguale all’angolo ACB, per cui anche gli angoli ACB, DFE sono fra loro uguali. Ma, per ipotesi,
sono uguali pure gli angoli BAC, EDF; quindi anche il rimanente angolo in B [del triangolo dato ABC] è uguale
al rimanente angolo in E [dell’altro] (Prop. I.32), il triangolo ABC ha perciò tutti gli angoli rispettivamente
uguali a quelli del triangolo DEF.»
Questo Criterio di similitudine è in relazione con il primo Criterio di congruenza dei triangoli, la
Prop. I.4 che viene utilizzata nella dimostrazione. La Prop. I.4 potrebbe ritenersi un caso particolare
della Prop. VI.6, così come detto prima, con tutti i distinguo del caso.
Euclide presenta un ulteriore Criterio di similitudine dei triangoli, il cosiddetto caso ambiguo, che
potrebbe avere un corrispettivo (di facile enunciazione) nel Libro I, ma che non è presente. Manca
quindi il cosiddetto secondo Criterio di similitudine, corrispondente al secondo Criterio di
congruenza, vale a dire il caso in cui sono assegnati opportunamente un lato e gli angoli adiacenti.
Si riporta qui, senza dimostrazione la
«Proposizione VI.7. Se due triangoli hanno rispettivamente un angolo
uguale ad un angolo, proporzionali i lati comprendenti un’altra coppia di
D
A
angoli, ed i rimanenti [terzi ] angoli o tutti e due minori, oppure ambedue
G
non minori di un angolo retto, i triangoli saranno tra loro equiangoli:
avranno cioè rispettivamente uguali gli angoli compresi fra i lati
proporzionali.»
B
C
Riferendosi al disegno, si chiede che gli angoli BAC e EDF siano
E
F
eguali e che AB:BC = DE:EF. Si parla di caso ambiguo perché si ha anche AB:CD = DE:EG. Senza
la condizione che gli angoli BCA e AFD siano contemporaneamente maggiori o minori di un angolo
retto, sarebbero possibili due casi distinti: in uno si avrebbe la similitudine (F), nell’altro (G) no.
Non è difficile immaginarsi un Criterio di congruenza ambiguo analogo alla Prop. V.7.
III.6.3.3. I sottomultipli. In precedenza si è già vista e dimostrata la Prop. VI.12. nel paragrafo III.2.
Si vuole ora mostrare come essa aprirebbe alla considerazione dei
A
sottomultipli di un segmento, il condizionale è d’obbligo, dato che
B
E
C
G
B'
A'
D
Euclide non sembra interessato al problema.
Prima però un’osservazione sulla dimostrazione della Prop. VI.12,
che qui si ricopia:
«Proposizione VI.12. Date tre rette, trovare la quarta proporzionale.
C'
H
X
F
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Dimostrazione. Siano A, B, C le tre rette date; si deve dunque trovare la quarta proporzionale dopo A, B, C.
Si assumano le due rette DE, DF tali da comprendere un angolo qualsiasi EDF, si ponga DG uguale ad A, si
pongano GE uguale a B, ed ancora DH uguale a C, e tracciata la congiungente GH, si conduca per E la retta EF
ad essa parallela (Prop. I. 31).
Poiché dunque, nel triangolo DEF, la retta GH risulta condotta parallela ad uno dei lati, cioè ad EF, si ha: DG :
GE = DH : HF (Prop. VI.2). Ma DG è uguale ad A, mentre GE è uguale a B, e DH è uguale a C; perciò A sta a B
come C sta a HF.
Dunque date le tre rette A, B, C è stata trovata la quarta proporzionale HF [dopo di esse].»
L’esistenza del punto di intersezione F tra le rette DF e la retta parallela per E a GH, non è
giustificata. Ma basta osservare che l’angolo DGH è uguale all’angolo DGF, per la:
«Proposizione I.29. Una retta che cada su due rette parallele forma angoli alterni uguali tra loro, l’angolo esterno
uguale all’angolo interno ed opposto ed angoli interni dalla stessa parte uguali a due rette.»
Considerato ora il triangolo DHG, per la
«Proposizione I.17. In ogni triangolo la somma di due angoli, comunque presi è minore di due retti.»,
quindi HDG + DGH è minore di due retti. Ma DGH = DEF, quindi per la Noz. com. 2, HDG +
DEF è minore di due retti. Di qui, per il Post. 5, le rette DH e EF tagliate da DE si incontreranno.
Esiste pertanto un punto F comune a DH e EF. (Si è conservato l’uso euclideo di citare dei punti
anche prima di averne dimostrata l’esistenza).
C
F
E
D
A
Queste
considerazioni
permettono
di
provare
l’esistenza
dei
sottomultipli. Infatti sia data una ‘retta’ AB. Si consideri un arbitrario
numero naturale, ad esempio 3 e due (semi)rette AB e AC distinte in
modo tale che esse comprendano un angolo qualunque AD si ottenga per
trasporto di AB sulla retta AC, e sia E un ulteriore punto di AC ottenuto
B
G
trasportando AB in DE. Così pure si considera un punto F che si ottenga
trasportando AB in EF, ed infine C tale che sia ottenuto trasportando AB in FC. In conclusione AF =
3AD e AC = 4AD, tenendo conto che AB e AD sono congruenti. Per la Prop. VI.12, esiste il quarto
proporzionale tra AF, FC, AB, ed esso sarò dato da BG. Ma da AF:FC = AB:BG, si ricava che
3AB:AB=AB:BG, per cui AB = 3BG, vale a dire si è trovata una segmento BG tale che il suo
multiplo secondo 3 è AB, quindi si può porre BG =
1
AB .
3
Il fatto che qui si sia usato il multiplo secondo 3, è facilmente generalizzabile ad un multiplo
qualunque.
III.6.3.4. I teoremi di Pitagora e di Euclide. Il titolo non è corretto, ma il Libro VI contiene alcuni
risultati connessi o generalizzazione del più consueto e noto Teorema di Pitagora ed ai Teoremi di
Euclide.
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Qui si mostrano e commentano alcuni di questi risultati geometrici, resi possibili col nuovo
linguaggio delle similitudini.
Un primo risultato è la
«Proposizione VI.8. Se in un triangolo rettangolo si conduce la perpendicolare dall’angolo retto sulla base, la
stessa perpendicolare divide il triangolo in due triangoli simili a tutto quanto il triangolo e fra loro.
Dimostrazione. Sia ABC un triangolo rettangolo avente l’angolo BAC retto, e si conduca da A su BC la
perpendicolare AD; dico che ciascuno dei due triangoli ABD, ADC è simile a tutto quanto il triangolo ABC, e che
essi sono inoltre simili fra loro.
Infatti, poiché l’angolo BAC è uguale all’angolo ADB – difatti
A
ciascuno di essi è retto -, e l’angolo in B è in comune ai due triangoli
C
ABC ed ABD, il rimanente angolo ACB del primo triangolo è uguale
al rimanente angolo BAD del secondo (Prop. I.32); il triangolo ABC
D
B
ha così tutti gli angoli rispettivamente uguali a quelli del triangolo
ABD. Quindi BC, che nel triangolo ABC è lato opposto all’angolo
retto, sta ad AB, che nel triangolo ABD è opposto all’angolo retto,
come lo stesso lato AB, che nel triangolo ABC è opposto all’angolo in C, sta a BD, che nel triangolo ABD è
opposto all’angolo uguale BAD, e come infine AC sta ad AD, che è opposto[, come AC] all’angolo in B comune
ai due triangoli[, ossia: BC:AB = AB:BD = AC:AD] (Prop. VI.4). Il triangolo ABC ha quindi i suoi angoli
rispettivamente uguali a quelli del triangolo ABD ed i due triangoli hanno, insieme, proporzionali i lati
comprendenti gli angoli uguali. Perciò il triangolo ABC è simile al triangolo ABD (Def. VI.1). Similmente
potremo dimostrare che il triangolo ABC è simile anche al triangolo ADC, per cui ciascuno dei due triangoli
ABD, ADC è simile a tutto quanto il triangolo ABC.
Dico adesso che i triangoli ABD, ADC sono simili anche tra loro.
Infatti poiché l’angolo retto BDA è uguale all’angolo retto ADC, ma fu tuttavia anche dimostrato che l’angolo
BAD è uguale all’angolo in C, pure il rimanente angolo in B del primo triangolo è uguale al rimanente angolo
DAC del secondo (Prop. I.32); il triangolo ABD ha quindi i suoi angoli rispettivamente uguali a quelli del
triangolo ADC. Perciò BD, che nel triangolo ABD è lato opposto all’angolo BAD, sta ad AD, che nel triangolo
ADC è opposto all’angolo in C uguale all’angolo BAD, come lo stesso lato AD, che nel triangolo ABD è opposto
all’angolo in B, sta a DC, che nel triangolo ADC è opposto all’angolo DAC uguale all’angolo in B, e come infine
BA sta ad AC, quei lati cioè che sono opposti agli angoli retti[, ossia BD:AD = AD:DC = BA:AC] (Prop. VI.4); il
triangolo ABD è quindi simile al triangolo ADC (Def. VI.1).
Corollario. E’ da ciò evidente che, se in un triangolo rettangolo si conduce la perpendicolare dall’angolo retto
sulla base, la retta così condotta è media proporzionale fra le parti nelle quali essa divide la base.»
In questa coppia di risultati ci sono molti punti interessanti che vale la pena di osservare.
Euclide usa l’altezza, ma sembra si sia dimenticato di averla definita nella Def. VI.4, forse perché in
quel contesto era troppo generale, per non dire vaga. Eppure parla di base e di perpendicolare alla
base mandata da un vertice!
In questa Proposizione si prova che, nel caso speciale di triangoli rettangoli, la relazione di
similitudine è transitiva, o meglio ‘euclidea’, vale a dire che due triangoli rettangoli simili ad un
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terzo triangolo rettangolo sono simili tra loro. Il fatto che siano rettangoli è del tutto accidentale,
perché se i triangoli T e T’ sono simili al triangolo T”, allora gli angoli di T sono uguali a quelli di
T” e quelli di T’ sono uguali a quelli di T”, quindi gli angoli di T e T’ sono uguali, quindi T e T’
sono simili. La cosa avrebbe dovuta essere esplicitata meglio, ma lo spirito è questo. La
generalizzazione ai poligoni viene in qualche modo portata avanti dalla Prop. VI.20.
Nella dimostrazione compare una proporzione continua: «BD:AD = AD:DC» che viene poi evidenziata
nel Corollario. Sui manuali scolastici tale risultato prende il nome di 2° Teorema di Euclide,
risultato che ha numerose applicazioni, ad esempio nella successiva Prop. VI.13 che viene
presentata come un problema di costruzione geometrica:
«Proposizione VI.13. Date due rette trovare [fra esse] la media proporzionale».
Con tale costruzione si risolve il problema di quadrare il rettangolo, vale a dire
dato un rettangolo mediante i due lati, si costruisce il quadrato equivalente al
rettangolo. Il problema era stato già risolto nella Prop. II.14, ma con mezzi
diversi da quelli disponibili adesso.
Ora non è chiaro se sia proprio ed esclusivamente opera di Euclide. Quello che, sempre sui manuali
scolastici, è indicato col nome di 1° Teorema di Euclide è un’affermazione presente nella
dimostrazione della Prop. I.47, il Teorema di Pitagora. Se si accredita ad Euclide la scelta
espositiva, forse è corretto che i due risultati menzionati gli siano attribuiti.
La Prop. VI.8 è equivalente al Teorema di Pitagora, stavolta dimostrato col linguaggio delle
proporzioni. Di ciò ci sarà modo di convincersi con i risultati che seguiranno. La dimostrazione
presentata nel Libro VI è meno complessa e richiede poco o nulla, ben inteso, oltre alle proporzioni
ed alla proprietà della somma degli angoli interni di un triangolo.
Il Teorema di Pitagora viene generalizzato nella
«Proposizione VI.31. Nei triangoli rettangoli la figura descritta sul lato opposto all’angolo retto è uguale alla
somma delle figure simili e similmente descritte sui lati che comprendono l’angolo retto. 1
Dimostrazione. Sia ABC un triangolo rettangolo che abbia retto l’angolo BAC; dico che la figura descritta su BC
è uguale alla somma delle figure simili e similmente descritte
su BA, AC.
A
Si conduca la perpendicolare AD [su BC].
C
Poiché dunque nel triangolo rettangolo ABC è stata condotta la
perpendicolare AD dal vertice dell’angolo retto in A sulla base
D
B
BC, i triangoli ABD, ADC adiacenti alla perpendicolare sono
simili a tutto quanto il triangolo ABC e fra loro (Prop. VI.8). E
poiché ABC è simile ad ABD, si ha che BC:AB = AB: BD (Def.
1 In latino: «In triangulis rectangulis figura descripta in latere sub recto angulo subtendenti aequalis est figuris in lateribus rectum
angulum comprehendentibus similibus et similiter descriptis»
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VI.1). Ma poiché tre rette sono proporzionali, la prima sta alla terza come la figura descritta sulla prima sta a
quella simile e similmente descritta sulla seconda (Cor. alla Prop. VI. 19). Quindi BC sta a BD come la figura
descritta su BC sta alla figura simile e similmente descritta su AB. Per la stessa ragione, pure BC sta a DC come
la figura descritta su BC sta a quella descritta su AC. Cosicché anche, BC sta alla somma di BD, DC come la
figura descritta su BC sta alla somma delle figure simili e similmente descritte su AB, AC (Cor. alla Prop, V.7 e
Prop. V.24). Ma BC è uguale alla somma di BD, DC, per cui pure la figura descritta su BC è uguale alla somma
delle figure simili e similmente descritte su AB, AC. »
I risultati che vengono richiamate nella dimostrazione precedente sono nell’ordine
«Proposizione VI.19. I triangoli simili stanno fra loro in rapporto duplicato di quello dei lati omologhi. […]
Corollario alla Proposizione VI.19. E’ da ciò evidente che, se tre rette sono proporzionali, la prima sta alla terza
come la figura descritta sulla prima sta a quella simile e similmente descritta sulla seconda.»
«Proposizione V.24. Se una prima grandezza ha rispetto ad una seconda grandezza lo stesso rapporto che una
terza ha rispetto ad una quarta, e pure una quinta grandezza ha rispetto alla seconda lo stesso rapporto che una
seta ha rispetto alla quarta, anche la somma della prima e della quinta avrà lo stesso rapporto rispetto alla
seconda che la somma della terza e della sesta rispetto alla quarta.»
Non ha molta importanza seguire nei dettagli la dimostrazione. Nel testo non compare il fatidico
“quadrato”, ma quando Euclide parla di rapporto duplicato intende esattamente quello.
Siamo di fronte ad una generalizzazione forte del Teorema di Pitagora. Da questa Prop. VI.31 si
ricava facilmente la Prop. I.47, in quanto basta decidere che le figure simili e similmente descritte
possono essere anche quadrati. Ma il risultato è applicabile a figure qualunque, poligoni regolari o
no, semicirconferenze, purché simili e similmente poste.
A proposito di questo risultato Proclo attribuisce ad Euclide la dimostrazione «scientifica» del
Teorema di Pitagora e accredita all’autore degli Elementi, di avere ottenuta la maggiore generalità
ed estensione possibile grazie a questa Prop. VI.31.
Un’ulteriore lettura possibile si ottiene considerando come
poligoni simili dei triangoli rettangoli simili al triangolo
rettangolo dato. Si ottiene una figura un po’ particolare. I
A
triangoli rettangoli T’, T” e T’” ‘esterni’ sono simili a
quelli interni avendo angoli eguali e sono similmente posti,
T"
nel senso che i lati del triangolo di partenza vengono
quelli interni, segnalati con lettere in colore. In base alla
Prop. VI.31 il triangolo verde è la somma di quello rosso e
di quello blu. Ma considerando i triangoli interni questo
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T'"
T'
utilizzati come ipotenuse e sono triangoli simmetrici di
D
B
C
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vuol dire che la somma dei triangoli ABD e ADC è uguale al triangolo ABC. Ma questo è ovvio,
solo che bisognerebbe sapere che i triangoli ABD e ADC sono simili al triangolo ABC, ma questo è
proprio il ruolo della Prop. VI.8.
Si ha pertanto che la Prop.VI.8 equivale alla Prop. VI.31 nel caso di triangoli rettangoli simili al
triangolo di partenza.
Il matematico francese George Bouligand (1889 – 1979) ha osservato che la Prop. VI.8 ha un
significato più profondo. Grazie ad essa si osserva che l’altezza relativa al lato maggiore divide il
triangolo rettangolo in due triangoli simili tra loro e simili al triangolo di partenza. Questa proprietà
è caratteristica del triangolo rettangolo, che lo identifica tra tutti i triangoli. Infatti se l’altezza
relativa al lato maggiore lo divide in due triangoli simili al triangolo di partenza, tali due triangoli
sono rettangoli, per definizione di altezza, quindi anche il triangolo di partenza deve essere
rettangolo. Si ha così una affermazione, la proposizione inversa della Prop. VI.8 che ha conclusione
analoga a quella della Prop. I.48, il cosiddetto Teorema di Pitagora inverso.
III.6.3.5. Similitudine ed estensione: il problema forte della trasformazione dei poligoni. Il rapporto
tra similitudine ed estensione, ovvero tra proporzionalità ed eguaglianza, è illustrato principalmente
da due risultati.
«Proposizione VI.16. Se quattro rette sono proporzionali, il rettangolo compreso dai termini estremi è uguale al
rettangolo compreso tra i termini medi; e se il rettangolo compreso da[lle rette che costituiscono in una
proporzione] i termini estremi è uguale al rettangolo compreso dai termini medi, le quattro rette saranno
proporzionali.
Dimostrazione. Siano AB, CD, E, F quattro rette proporzionali, in modo che AB stia a CD come E sta a F; dico
che il rettangolo compreso da AB, F è uguale al rettangolo compreso da CD, E.
Infatti, si conducano dai punti A, C le rette AG, CH rispettivamente perpendicolari alle rette AB, CD, si pongano
AG uguale a F e CH uguale ad E, e si completino i rettangoli ABKG, CDLH.
Ora poiché AB sta a CD come E sta a F, [per ipotesi,] ed E è uguale a CH, mentre F è uguale ad AG, si ha che
AB:CD = CH:AG. Nei parallelogrammi [rettangolari] ABKG, CDLH i lati intorno agli angoli uguali sono quindi
inversamente proporzionali. Ma sono uguali i parallelogrammi aventi gli angoli rispettivamente uguali, ed i cui
lati intorno agli angoli uguali siano inversamente proporzionali (Prop. VI.14), per cui il rettangolo ABKG è
uguale al rettangolo CDLH. Ma ABKG è il rettangolo di AB, F – difatti AG è uguale a F -, mentre CDLH è il
rettangolo di CD, E – difatti E è uguale a CH-; perciò il rettangolo compreso da AB, F è uguale [equivalente] al
rettangolo compreso da CD, E
Ma sia adesso il caso in cui il rettangolo compreso da AB, F è uguale al rettangolo compreso da CD, E; dico che
le quattro rette saranno proporzionali, ossia AB:CD = E:F.
Infatti, eseguita la medesima costruzione, poiché il rettangolo AB, F è [per ipotesi] uguale al rettangolo di CD, E
ed il rettangolo di AB, F è ABKG – difatti AG è uguale a F -, mentre il rettangolo CD, E è CDLH – difatti CH è
uguale a E -, si ha che ABKG è uguale a CDLH. Ed essi hanno gli angoli rispettivamente uguali. Ma nei
parallelogrammi uguali ed aventi angoli rispettivamente uguali, i lati intorno agli angoli uguali sono
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inversamente proporzionali (Prop. VI.14). Quindi AB:CD = CH:AG, ma CH è uguale ad E, ed AG è uguale a F,
perciò AB sta a CD come E sta a F [AB:CD = E:F].»
Questa Proposizione è l’interpretazione geometrica, in termini di rette ‘terminate’ della definizione
moderna di proporzione tra numeri. Oggi si parla di prodotti e non di rettangoli, perché siamo più
abituati a sostituire le grandezze con le loro misure. Caso mai bisognerebbe osservare che essendo
la misura di una grandezza relativa ad una grandezza unitaria, la proporzione qui descritta è
invariante per cambiamento della grandezza unitaria. Questo risultato mette a confronto cosa si può
dire in termini di proporzionalità e di uguaglianza per estensione. Esso è anche alla base della
definizione di frazioni equivalenti, quindi alla costruzione dei numeri razionali, della localizzazione
di un anello privo di divisori dello zero in un campo, della costruzione del campo delle funzioni
razionali,… E’ dunque un punto focale di molteplici argomenti di Matematica, antica e moderna.
La chiave di volta per la dimostrazione della Prop. VI.16 è la Prop. VI.14, il cui enunciato non si
riporta perché è sostanzialmente presentato nella precedente dimostrazione.
Come detto sopra, il risultato per cui Pitagora avrebbe sacrificato agli dei è dato dalla
«Proposizione VI.25. Costruire un poligono che sia simile ad un poligono dato ed insieme uguale ad un altro
poligono dato.
Dimostrazione. Sia ABC il poligono dato, simile al quale occorre costruire un altro poligono, e D il poligono al
quale occorre sia uguale il poligono da costruire; si deve dunque costruire un poligono che sia insieme simile ad
ABC ed uguale a D.
Infatti, si applichi a BC [parabolicamente] il parallelogrammo BCEL uguale al triangolo ABC (Prop. I.44),
mentre a CE si applichi il parallelogrammo CEMF, uguale a D, e lo si applichi nell’angolo FCE che è uguale
all’angolo CBL (Prop. I.45). Quindi BC è in linea retta con CF, e LE è in linea retta con EM. Si prenda inoltre la
media proporzionale GH fra BC, CF (Prop. VI.13), e si descriva su GH il poligono KGH, simile ad ABC e
similmente disposto rispetto ad esso (Prop. VI.18).
Ora poiché BC sta a GH come GH sta a CF[ BC:GH = GH:CF], ma se tre rette sono proporzionali, la prima sta
alla terza come la figura descritta sulla prima sta a quella simile e similmente disposta descritta sulla seconda
(Cor alla Prop. VI.19), si ha che BC sta a CF come il triangolo ABC sta al triangolo KGH [BC:CF = ABC:KGH].
Ma anche, BC sta a CF come il parallelogrammo BCEL sta al parallelogrammo CEMF [BC:CF = BCEL:CEMF]
(Prop. VI.1). Perciò si ha pure ABC:KGH = BCEL:CEMF (Prop. V.11), e, permutando: ABC:BCEL =
KGH:CEMF (Prop. V.16). Ma il triangolo ABC è uguale al parallelogrammo BCEL, per cui sono uguali pure il
triangolo KGH ed il parallelogrammo CEMF. Ma il parallelogrammo CEMF è uguale a D; anche KGH è quindi
uguale a D. E KGH è anche simile ad ABC. »
Nella dimostrazione compaiono dei “mostri”, ad esempio quando Euclide scrive «ABC:BCEL =
KGH:CEMF»
in cui costruisce una proporzione utilizzando rapporti tra grandezze disomogenee. Qui
Euclide non sa come superare il problema, e la giustificazione della correttezza si può basare solo
sulla presenza della misura di queste figure, ma di misura non se ne parla!
Poi grazie alla Prop. V.16, permutando, si ripristina l’omogeneità dei singoli termini.
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Per meglio comprendere questa dimostrazione, si ricopia il testo delle Proposizioni citate, che finora
non sono state riportate.
«Proposizione VI.18. Descrivere su una retta data una figura rettilinea, che sia simile ad una figura rettilinea
data. »
«Proposizione VI.11. Date due rette, trovare [dopo di esse] la terza proporzionale.»
«Proposizione V.16. Se quattro grandezze sono proporzionali, esse saranno proporzionali anche permutando.»
La scelta di Euclide di prendere il poligono dato (il testo di Heiberg dice, la figura rettilinea) come
ABC all’inizio fa pensare ad un triangolo, oppure, come talvolta fa negli Elementi, di indicare con
poche lettere quello che poi è un poligono effettivo. Ma più avanti afferma «il parallelogrammo BCEL
uguale al triangolo ABC»,
e questa indicazione geometrica del testo italiano compare anche nel testo e
in quello greco. La dimostrazione pare quindi svolta su un caso particolare, non generale.
Anche la scelta di prendere il poligono che fornisce l’estensione come un rettangolo appare
limitativa. Di fatto non è così. Infatti, il punto delicato è la costruzione è l’individuazione di un lato
del poligono cercato, che nella dimostrazione è individuato mediante la costruzione di GH come
medio proporzionale fra BC, il lato (omologo) del poligono assegnato e CF, il lato del
parallelogramma equivalente a D, determinato dopo avere individuato CE, lato del parallelogramma
avente il lato BC in comune col triangolo e equivalente al triangolo.
Se infatti si partisse da un poligono qualsiasi, sarebbe sempre possibile considerare un triangolo che
ha un lato uguale a quello del poligono ed è ad esso equivalente. Questo
viene garantito dalla seguente costruzione, esemplificata su un pentagono
(convesso). Preso quindi il lato BC come quello (in nero) del triangolo con
due lati viola, equivalente al pentagono, e ripetendo la costruzione indicata
si trova un triangolo simile al triangolo a lati viola ed equivalente a D con
un lato GH. E’ poi possibile ripercorrere all’indietro la costruzione qui
illustrata e riottenere una pentagono che ha gli angoli uguali a quelli del
pentagono di partenza ed è equivalente al rettangolo.
Tutto questo processo è garantito anche dalla
«Proposizione VI.20. [Due] poligoni simili si dividono in ugual numero di triangoli simili [tra loro a due a due]
ed aventi lo stesso rapporto che hanno fra loro i poligoni; ed un poligono ha rispetto all’altro poligono rapporto
duplicato di quello che ha un lato rispetto al lato omologo. »
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