DIPSIT Dipartimento di Studi per l’Impresa e il Territorio L’evoluzione dei sistemi informativi direzionali Silvia Gandini [email protected] Working paper n. 14, maggio 2006 Abstract L’odierno contesto competitivo, caratterizzato dalla globalizzazione dei mercati e da cambiamenti continui, ha determinato, per le aziende di successo, la necessità di saper sfruttare informazioni affidabili e fornite tempestivamente. Il processo decisionale tende, soprattutto oggi, ad assumere un carattere sistemico, dovendo prendere in considerazione un numero rilevante di variabili e fenomeni strettamente correlati fra di loro. L’evoluzione dei sistemi informativi direzionali ha agito in questo senso, consentendo di gestire masse notevoli di dati, sia interni che esterni all’azienda, in modo razionale, organizzato e coordinato, al fine di fornire informazioni significative e specifiche, in relazione alle esigenze di ciascun utente. Il manager che deve operare una sintesi della complessità, gestendo e integrando fattori diversi, può avvalersi oggi di potenti strumenti di analisi, costituiti dalle funzionalità dei sistemi di Business Intelligence e dai moderni applicativi per la gestione strategica d’azienda, la cui architettura si basa sulla metodologia Balanced Scorecard ideata da Kaplan e Norton nei primi anni novanta. La correlazione tra il momento di definizione degli obiettivi strategici e il momento di realizzazione trova in questi applicativi un punto di forza, grazie alla possibilità di mettere a punto un sistema bilanciato e armonico di indicatori, finanziari e non, accuratamente selezionati e implementati nel sistema informativo aziendale. 2 SILVIA GANDINI Assegnista di ricerca presso la Facoltà di Economia di Novara dell’Università del Piemonte Orientale L’EVOLUZIONE DEI SISTEMI INFORMATIVI DIREZIONALI SOMMARIO: 1. Introduzione - 2. Il Knowledge Management: aspetti organizzativi e tecnologici - 3. L’evoluzione dei sistemi informativi direzionali - 4. I sistemi di Business Intelligence - 4.1. Definizione ed infrastruttura tecnologica – 4.2. Funzionalità dei sistemi di BI - 5. Il sistema bilanciato di misurazione delle prestazioni – 5.1. Un nuovo approccio strategico alla gestione aziendale – 5.2. Il processo di costruzione di una BSC – 6. I sistemi informativi per lo Strategic Enterprise Management – 6.1. Lo sviluppo di un sistema informativo per la BSC – 6.2. Come valorizzare la BSC – 6.3. Il collegamento con il sistema ERP. 1. Introduzione Negli ultimi anni si sono moltiplicati notevolmente i casi di aziende che, nell’innovare il proprio assetto e le proprie infrastrutture tecnologiche, hanno dovuto rivedere profondamente anche il proprio modo di acquisire, memorizzare e gestire le informazioni necessarie al raggiungimento dei diversi obiettivi. La principale causa di questo cambiamento è stata la crescente turbolenza ambientale, anche da un punto di vista tecnologico, fattore che ha reso insufficiente il semplice utilizzo di informazioni precedentemente standardizzate; tradizionalmente, infatti, la produzione di nuove conoscenze era compito della ricerca scientifica, mentre le imprese le acquisivano dall’esterno occupandosi, piuttosto, della loro applicazione nei propri processi di lavoro. Oggi, al contrario, le aziende si trovano nella necessità di sviluppare costantemente nuova conoscenza1. La conoscenza riguarda le modalità migliori per svolgere i processi interni, le abitudini e i comportamenti dei consumatori o, ancora, può costituire la base per prendere le decisioni giuste in contesti anche molto complessi. Essa si suddivide fondamentalmente in tacita ed esplicita; mentre la prima viene acquisita e conservata dai singoli individui, non può essere utilizzata senza di essi né scambiata come entità separata, la seconda ha carattere di bene a disposizione dell’azienda e risulta in qualche modo esplicitata e formalizzata. 1 Marchi definisce l’informazione come «l’insieme di uno o più dati organizzati in un unico “messaggio” elementare che abbiano un significato proprio e siano interpretati in un determinato processo decisionale, in modo da ridurre l’incertezza, determinando quindi un aumento della “conoscenza” a livello complessivo aziendale”» (MARCHI L., I sistemi informativi aziendali, Giuffrè, Milano, 1993, pag. 6). 3 FIGURA 1. EVOLUZIONE DEI CONTESTI COGNITIVI2 DA MERCATO STABILE A TURBOLENTO INNOVAZIONE TECNOLOGICA per incremento della conoscenza standard per cambio di paradigma OSSERVAZIONE DEI RISULTATI per miglioramento incrementale per adeguatezza di risultato CICLO DEL KNOW- separazione tra produzione di know-how e utilizzo HOW INVESTIMENTI IN CONOSCENZA minimizzare il fabbisogno di know-how integrazione tra operare e conoscere sviluppare competenze distintive È chiaro che la competitività, in condizioni di turbolenza ambientale, deriva maggiormente da una corretta gestione della prima categoria descritta; partendo, infatti, dal presupposto che la conoscenza tacita sia più facilmente trasferibile da parte di soggetti intrinsecamente motivati, le imprese che più stimolano una crescita psicologica, oltre che professionale, dell’individuo sono proprio quelle caratterizzate da compiti creativi ed incertezza dei risultati. Nell’ambito di realtà meno dinamiche, invece, il coinvolgimento delle posizioni esecutive nella produzione di nuova conoscenza gioca un ruolo meno critico, ragione per cui la relazione tra individuo e impresa si risolve nella semplice remunerazione monetaria per lo svolgimento del compito assegnato. Azienda, innovazione e apprendimento risultano, pertanto, essere le diverse facce di uno stesso processo che si autoalimenta: le aziende che percepiscono come fondamentali la partecipazione e lo spirito di squadra e che riescono a creare coerenza tra le finalità attese dalla gestione della conoscenza, favoriscono senza dubbio un apprendimento più efficace; l’apprendimento stimola a sua volta l’innovazione, che conduce ad un miglioramento delle performances aziendali. Il rapporto tra le tre dimensioni sopra citate risulta essere interessante non solo all’interno della stessa azienda ma anche in contesti più ampi, caratterizzati da relazioni tra imprese diverse, nei quali, oltre ad una pluralità di fonti di innovazione e al ruolo strategico giocato dall’interazione cognitiva, subentra un fattore quale l’imitazione, che può essere intesa come input per la produzione di nuova conoscenza. 2 Fonte: CAMPAGNA L. – PERO L., Il management della conoscenza organizzativa, Sviluppo & Organizzazione, n°180 Luglio/Agosto 2000, p. 100. 4 2. Il Knowledge Management: aspetti organizzativi e tecnologici La capacità di gestire la conoscenza, non solo come mezzo per ottimizzare le attività di routine ma anche come input per la creazione di valore, può essere attuata con successo solo dove gli obiettivi del management risultino chiari. Negli ultimi anni il comportamento dei manager, soprattutto all’interno delle imprese più innovative, ha subito un profondo cambiamento nel modo di concepire il processo di apprendimento, trasformandosi in quello che viene oggi chiamato Knowledge Management (KM)3: da un lato si guarda alla capacità delle singole persone, o dei gruppi di persone, di acquisire nuove competenze; dall’altro si presta attenzione al mantenimento e allo sviluppo di conoscenze da parte delle aziende nel loro complesso. Il primo aspetto sottolinea maggiormente l’importanza di elementi quali la motivazione degli individui e la condivisione di informazioni ed esperienze utili; l’azienda capace di attribuire una valenza strategica al fattore conoscenza deve essere intesa come un sistema caratterizzato da ben precise scelte di progettazione, soprattutto a livello di programmi di sviluppo e strumenti informatici. Il secondo aspetto pone proprio l’accento sulle tecnologie di supporto alla gestione della conoscenza, utili di certo nel processo di creazione di valore ma non sufficienti in mancanza di un corretto approccio gestionale, che metta in discussione anche i tradizionali modelli di management4. L’erroneo impiego della tecnologia, derivante dalla convinzione che l’utilizzo di una soluzione specifica fosse sufficiente per produrre un buon KM, rappresenta senza dubbio il motivo che ha portato le prime implementazioni ad avere scarso successo. Alcuni analisti hanno stimato che il tasso di fallimento di questi progetti si aggirasse intorno al 50%, valore provocato sia da una fiducia cieca nella tecnologia, sia da uno scarso ricorso al capitale umano, vero contenitore della conoscenza. Il concetto di antagonismo tra persona e tecnologia comincia ad essere messo in discussione verso la fine degli anni novanta: da questo momento in poi il KM non solo viene concepito come elemento importante del mercato ma anche come strumento per la creazione di nuova conoscenza, oltre che per la gestione di quella già acquisita all’interno dell’azienda. 3 Il termine Knowledge Management fu coniato da Karl Wiig nella prima metà degli anni ottanta e la prima azienda che ha diffuso e integrato soluzioni di KM all’interno delle proprie strategie di mercato è stata PriceWaterhouse nel 1989. Ma per avere la prima conferenza inerente alle suddette tematiche (intitolata Knowledge Management Network) bisogna aspettare il 1994, anno in cui alcune grandi aziende americane di consulenza iniziano ad offrire servizi di KM ai propri clienti. Da questo momento l’importanza del KM è sempre cresciuta, soprattutto grazie all’utilizzo in massa di innovazioni tecnologiche quali Internet (Cfr. ASSINTEL, Knowledge Management, 2003). 4 Cfr. CASONATO R. in BIFFI A. – CAMUSSONE P. (a cura di), Knowledge Management, Economia & Management, n°4 Luglio 2000, p. 16. 5 Molti autori hanno elaborato una propria definizione di gestione della conoscenza: Davenport e Prusak, ad esempio, sostengono che i progetti di KM abbiano fondamentalmente l’obiettivo di rendere visibile la conoscenza esistente all’interno dell’impresa, promuovendo una cultura aziendale orientata alla condivisione delle idee e incoraggiando la cooperazione tra persone appartenenti a medesime comunità disciplinari5; Ruggles riconosce, invece, tra i benefici del KM non solo la possibilità di avviare processi di benchmarking interno per il trasferimento delle best practices ma anche l’opportunità di creare reti di conoscenza tra attori significativi6. Tutti sono comunque concordi nel considerarlo come un processo integrato che persegue le seguenti tipologie di obiettivi: - strategici, per la valorizzazione delle conoscenze e la maggiore rapidità di reazione ai cambiamenti sia interni che esterni all’azienda; - organizzativi, per un maggiore coordinamento delle attività e delle persone, una migliore comunicazione ed una semplificazione della gestione; - operativi, per processi decisionali più rapidi ed efficaci, con una sensibile riduzione di errori e duplicazioni. Il mercato mondiale del KM, valutato all’inizio del nuovo millennio intorno ai 2,5 miliardi di dollari, è cresciuto a ritmi decisamente elevati, al punto che le stime Assintel per il 2006 prevedono che si potrà raggiungere un business di circa 10 miliardi di dollari; a livello europeo, la crescita delle tecnologie di KM è determinata principalmente dalla presenza di culture e lingue diverse, per cui si richiede, all’interno delle aziende, una gestione ancor più oculata della conoscenza. 3. L’evoluzione dei sistemi informativi direzionali L’informazione costituisce la base fondamentale per una consapevole amministrazione d’azienda; essa viene «prodotta» nell’ambito del sistema informativo7. Il sistema informativo opera per produrre e distribuire informazioni rilevando ed elaborando in modo sistematico ed organizzato i fenomeni economici di interesse aziendale. Esso può essere considerato concettualmente come un insieme di elementi quali: - un patrimonio di dati a disposizione dell’azienda di provenienza sia interna (dati sulle vendite, sui costi, sul personale, ecc.), che esterna (dati sui fornitori, sui clienti, macroeconomici, ecc.); - un insieme di mezzi e procedure per l’acquisizione e il trattamento dei dati e per la produzione di informazioni; 5 Cfr. DAVENPORT T. – PRUSAK L., Working Knowledge, HSB Press, 1998. Cfr. RUGGLES R., The state of the notion: knowledge management in practice, California Management Review, vol.4, n°3, 1998. 7 Cfr. FERRERO G., Impresa e management, Giuffrè, Milano, 1987, p. 191. 6 6 - un insieme di persone responsabili della realizzazione, gestione e manutenzione delle procedure, del governo e della conservazione del patrimonio di dati e dell’impiego dei mezzi. L’obiettivo fondamentale del sistema informativo è quello di fornire agli utenti aziendali le informazioni necessarie per lo svolgimento delle loro mansioni; unendo ai tre elementi sopra citati il bagaglio culturale e operativo che le varie discipline aziendali apportano, è possibile misurare e analizzare determinati fenomeni al fine di ottenere informazioni idonee, come contenuto e modalità di fruizione, ai destinatari interessati. Il sistema informativo rappresenta, pertanto, un elemento connettivo affinché l’impresa possa relazionarsi con l’ambiente esterno e, contemporaneamente, gestire le proprie relazioni intra-aziendali; in questo senso, è importante considerare che l’aspetto puramente informativo e quello strettamente decisionale sono due elementi che non possono essere tenuti distinti, in quanto l’informazione è determinante ai fini del conseguimento di decisioni ponderate e razionali, sia di tipo strategico che di carattere tattico-operativo8. La raccolta e la produzione di informazioni destinate a supportare le attività decisionali, più o meno strutturate, sia a livello di management intermedio che di alta direzione, rappresenta l’obiettivo principale di un’area dei sistemi informativi costituita dai sistemi informativi direzionali (SID), da molti anni oggetto di studio e di riflessione sia da parte dei manager d’azienda che di molte aziende produttrici di software. L’evoluzione delle tecnologie informatiche ha prodotto nel tempo notevoli cambiamenti nella progettazione di questi sistemi che, dagli anni sessanta ad oggi, si sono trasformati da semplici report contabili a complessi sistemi integrati con le altre tipologie di sistemi informativi aziendali oltre che con il tumultuoso mondo di internet. Le principali tappe evolutive possono essere ricondotte alle seguenti categorie9: - anni sessanta: SID realizzati prevalentemente con strumenti di accesso e di interrogazione dei sistemi amministrativo-contabili e gestionali. In questi anni l’esigenza di avere informazioni sull’andamento aziendale è sostenuto ma la tecnologia non è adeguata a supportare le richieste del management; solo le grandi aziende riescono a dotarsi di sistemi per l’estrazione di report contabili da parte di personale specializzato; - anni settanta: SID basati su strutture di infocenter. L’idea è quella di travasare sottoinsiemi di dati operativi aziendali, sia di carattere contabile che extracontabile, in un ambiente di organizzazione e gestione dati di tipo relazionale, al fine di poter disporre di strumenti di accesso e di interrogazione più flessibili e semplici da utilizzare, 8 Ogni soggetto, a qualunque livello operi nell’impresa, necessita di input di natura informativa per poter scegliere il comportamento più adeguato tra le possibili alternative del proprio processo decisionale (Cfr. PISONI P., Il sistema informativo dell’impresa. Uno schema di studio, Giuffrè, Milano, 1979). 9 Cfr. PASINI P. – PEREGO A. – ERBA M., L’evoluzione dei sistemi di Business Intelligence, Egea, Milano, 2004, pp. 9-10. 7 grazie anche allo sviluppo di linguaggi strutturati universalmente condivisi (SQL10); il management ha più facile accesso al sistema informatico, tuttavia la mediazione di personale specializzato rimane indispensabile; - anni ottanta: SID basati sulla progettazione sofisticata della componente dati, secondo approcci di Datawarehouse, che consentono di consolidare il capitale informativo più significativo in grandi database condivisi dall’intera azienda, anche se mancano ancora applicativi che ne consentano un’agevole consultazione da parte di tutto il management; - anni novanta: SID basati sulla progettazione della componente applicativa dei sistemi di Business Intelligence. In questa fase l’attenzione si sposta sulle soluzioni applicative di supporto ai processi e alle attività di controllo e di decisione, e non solo sulle tecnologie di estrazione dei dati; il management può facilmente ed autonomamente compiere analisi attraverso applicazioni user-friendly specificamente progettate; - fine anni novanta: SID basati su soluzioni applicative di e-Business Intelligence. In questa fase si focalizza l’attenzione anche sull’accesso ai dati web (siti di ecommerce, portali generici, aste on-line, ecc.), al fine di produrre informazioni riguardanti attori e fenomeni che si manifestano all’esterno dell’azienda; proliferano una grande varietà di prodotti e soluzioni che per mezzo di protocolli di comunicazione comuni possono essere facilmente integrati con i sistemi informativi già esistenti: vengono così abbattuti i costi per l’implementazione dei SID, consentendone l’adozione anche ad aziende medio piccole. 4. I sistemi di Business Intelligence 4.1. Definizione ed infrastruttura tecnologica La crescente competitività del mercato e la conseguente necessità di risposte sempre più tempestive, ha condotto, quindi, le aziende a sviluppare negli anni i propri sistemi informativi nell’ottica di fornire ai manager potenti strumenti di analisi. 10 Letteralmente: Structured Query Language. Si tratta di un linguaggio standard di interrogazione dei database che permette la consultazione e modifica dei dati indipendentemente dal software e dal sistema operativo con il quale è stato creato. Non è un vero linguaggio di programmazione, in quanto non consente di creare applicazioni indipendenti, ma solamente di richiamare, stampare, scrivere o modificare i dati presenti in un database che sia stato costruito con un software compatibile con SQL. 8 I tradizionali sistemi informativi integrati (Enterprise Resource Planning - ERP)11 costituiscono senza dubbio un valido aiuto al processo di integrazione di quasi tutte le informazioni relative alla gestione operativa, ma non risultano così efficaci nel supportare l’analisi del business o le decisioni manageriali a causa dell’elevata specificità che contraddistingue il loro database. La standardizzazione elevata di procedure e comportamenti garantisce infatti, da un lato, efficienza operativa ed efficacia complessiva dei processi ma, dall’altro lato, impedisce navigazioni nei dati e prospettive diverse di analisi che portino alla conoscenza delle cause, e non solo degli effetti, di determinati fenomeni. Dal momento che la raccolta dei dati è diventata nella maggior parte delle imprese (soprattutto medie e grandi) una procedura automatizzata, la nuova priorità è proprio quella di una gestione analitica degli stessi. Se la finalità di un manager fosse, per esempio, quella di prevedere le tendenze di vendita per settimana, area geografica e linea di prodotto, di certo i dati derivanti dalle numerosissime transazioni operative non fornirebbero alcuna informazione utile se non adeguatamente riorganizzati sotto una precisa ottica; d’altro canto lo studio, la formazione professionale ed anche l’intuizione del manager non basterebbero da soli senza la presenza di opportuni sistemi di Information Intelligence e Business Intelligence, per l’accesso alle informazioni e la loro analisi. Con l’espressione Business Intelligence (BI), coniata all’inizio degli anni novanta da Howard Dresner per Gartner, si intendono generalmente «tutte le tecnologie e le metodologie necessarie alle aziende per gestire ed utilizzare in maniera strategica il bagaglio di dati a loro disposizione. Una gestione razionale ed ottimizzata degli elementi informativi rappresenta, infatti, il presupposto fondamentale per dare luogo a un processo decisionale efficace e in grado di generare scelte migliori e in tempi più rapidi»12. La BI scaturisce, quindi, dalle informazioni e concilia in sè due elementi fondamentali: un accesso semplice e rapido, derivante da un particolare processo di 11 Si tratta di sistemi progettati per realizzare un’ampia integrazione di dati e di informazioni secondo un’ottica processiva interfunzionale. L’acronimo ERP è stato coniato agli inizi degli anni ’90 per indicare i nuovi applicativi gestionali integrati per le aziende manifatturiere, proposti come evoluzione dei precedenti sistemi MRP (Material Requirement Planning) e MRP II (Manufacturing Resource Planning); questi ultimi erano nati per gestire l’area funzionale della produzione in maniera integrata, in modo tale da consentire una programmazione dei fabbisogni corretta e coerente con la progettazione e l’ingegnerizzazione dei prodotti, senza giungere però all’integrazione più sostanziale con i processi di distribuzione e con i processi amministrativi garantita dai successivi applicativi. In sostanza, gli ERP possono essere definiti come pacchetti hardware/software che utilizzano la tecnologia del database relazionale per connettere i vari elementi del sistema informativo dell’azienda; questi pacchetti forniscono un numero di moduli separati, ma integrati, i quali possono essere usati da qualsiasi azienda per gestire i propri processi (Cfr. CANDIOTTO R., I sistemi informativi integrati, Giuffrè Editore, Milano, 2004). 12 ASSINTEL, Data Warehouse e Business Intelligence, 2003. 9 riorganizzazione dei dati, e la possibilità di ottenere grandi prestazioni anche con volumi elevatissimi di informazioni, grazie alla presenza di opportuni strumenti informatici13. FIGURA 2. L’EVOLUZIONE DEI RUOLI NEI SISTEMI DI DATAWAREHOUSE E DI BUSINESS INTELLIGENCE Fasi evolutive dei sistemi di BI Creatività nel business Comprensione (BI reportingbased Miglioramento delle relazioni con gli stakeholder Efficienza e redditività (BI analysis and decision-based) Guidare il business Focus sui clienti e sugli stakeholder (BI BSC-based) Dare un senso al business Nuovi business (BI planning and modelling-based) Valore dei sistemi di BI Fonte: PASINI P. – PEREGO A. – ERBA M., cit. I sistemi di BI subiscono generalmente un proprio processo evolutivo all’interno delle aziende, presentando funzionalità assai diversificate e consentendo di generare un valore aziendale diverso per ciascuna fase evolutiva. La valorizzazione del potenziale sia informativo che organizzativo di questi strumenti esige, però, una cultura aziendale 13 «È chiaro che il concetto di Business Intelligence presuppone una fase preliminare di raccolta e organizzazione di dati e informazioni. È, inoltre, necessario disporre degli strumenti IT adeguati, per definire e analizzare le varie relazioni esistenti all’interno di tali informazioni. In breve, i knowledge worker si servono degli strumenti IT per creare Business Intelligence a partire dalle informazioni. La tecnologia, da sola, non è sufficiente, ma database, sistemi di gestione dei database, Datawarehouse e strumenti di Data Mining, rappresentano un valido supporto per la creazione e l’utilizzo della Business Intelligence» (REGOLI M., Sistemi informativi aziendali, McGraw-Hill, Milano, 2004, pp. 109-110; traduzione da: HAAG S. – CUMMINGS M. - MCCUBBREY D.J., Management Information Systems for the Information Age, McGraw-Hill). 10 improntata sull’autonomia degli utenti, sia in fase di analisi che di produzione informativa, sulla volontà di condividere conoscenza e, in modo particolare nell’ambito dell’ultima fase evolutiva, sulla creatività del management sia a livello individuale che di gruppo. FIGURA 3. L’ARCHITETTURA DEI SISTEMI DI BI SISTEMI DI BUSINESS INTELLIGENCE Data mart DATA WAREHOUSE Data entry Data entry Estrazione Trasformazione Caricamento BASI DATI TRANSAZIONALI Sistemi Legacy SCM Altri archivi ENTERPRISE RESOURCE PLANNING ENTERPRISE BUSINESS CRM APPLICATION Fonte: CANDIOTTO R., cit. I sistemi di BI sono dotati di un’infrastruttura tecnologica multilivello, che permette di arrivare alla costruzione del sistema per fasi successive; i livelli si possono classificare nel seguente modo: a) sistemi informativi alimentanti; b) database del sistema o Datawarehouse; 11 c) strumenti di analisi. a) Tra le fonti dei sistemi di BI si possono accomunare gli applicativi, le attività, i processi, gli strumenti e le strutture dalle quali vengono tratti i dati grezzi che alimentano i sistemi di immagazzinamento. Le più diffuse sono: - inserimento manuale: processo attraverso il quale i dati che non risiedono su supporti informatici (ad esempio, i dati di mercato sulla concorrenza oppure i più significativi indici macroeconomici) vengono caricati manualmente nel sistema; l’evoluzione dei sistemi informatici ha comunque ridotto in modo sostanziale questo tipo di attività; - file e applicazioni specifiche: possono essere considerati come dati di input anche i documenti di produttività personale, come, ad esempio, i fogli di calcolo, o documenti di specifiche applicazioni; queste informazioni frammentate, dislocate in postazioni differenti, se opportunamente riconciliate, possono offrire un prezioso contributo; - sistemi per la gestione dei clienti; - sistemi per la gestione della catena logistica; - sistemi legacy: si tratta di sistemi costituiti da ambienti hardware/software ancora efficienti ma dotati di strumenti analitici poco flessibili ed efficaci per il processo decisionale integrato; pertanto, è indispensabile integrare i dati di questi sistemi con le altre informazioni disponibili in azienda; - sistemi Web: con particolare riferimento ai portali web, alle funzionalità di ecommerce, ai siti informativi, offrono importanti informazioni aggiornate sulla clientela e sulle aspettative degli stakeholders in genere, indispensabili per indirizzare correttamente i processi decisionali; - sistemi ERP: rappresentano la naturale base informativa dei moderni SID; il passaggio dai sistemi operazionali di tipo tradizionale ai sistemi informativi integrati ha, infatti, consentito l’unificazione dei diversi supporti informativi in un unico database relazionale, dal quale è facilmente possibile estrapolare le informazioni necessarie. b) Il secondo livello dell’architettura in esame è rappresentato dai sistemi di Datawarehouse (DW), che costituiscono l’anello di collegamento tra i dati, le applicazioni e i sistemi informativi operativi e transazionali e i sistemi informativi per il supporto al controllo e alle decisioni manageriali. Il DW non è altro che il magazzino centrale in cui vengono convogliati tutti i dati oggetto d’esame del management, indipendentemente dalla loro provenienza originaria. Esso assume tre ruoli sostanziali all’interno del sistema informativo aziendale: - integrare i dati provenienti da più fonti, sia interne all’azienda che esterne, assicurandone la consistenza e la correttezza, sintetizzandoli e certificandoli; 12 - permettere ai sistemi operazionali e transazionali e ai SID di funzionare con velocità e prestazioni differenziate; - in aziende complesse, consolidare i dati provenienti dalle diverse aree di business, dalle diverse divisioni o dalle diverse aree geografiche in un unico sistema condiviso ed omogeneo. Secondo W.H. Inmon, autore della prima definizione di DW, questa espressione identifica una raccolta di dati, di supporto ai processi decisionali che si presenta: - integrata, requisito fondamentale in quanto il DW è il «magazzino» in cui confluiscono dati di varia estrazione; - orientata al soggetto, poiché i dati devono essere facilmente letti o elaborati dagli utenti; - non volatile, nel senso che i dati contenuti in un DW sono accessibili in sola lettura e quindi non possono essere modificati dall’utente; - dipendente dal tempo, dal momento che i dati memorizzati sono sempre accompagnati a riferimenti temporali e compresi in intervalli di tempo anche molto estesi14. L’eterogeneità delle fonti alimentanti richiede che il processo di costruzione di un DW si articoli in tre fasi differenti: 1. raccolta dei dati; 2. trasformazione e riorganizzazione dei dati; 3. caricamento dei dati nel DW per le operazioni di analisi. In merito al primo punto, è possibile utilizzare direttamente il database del DW oppure, come più frequentemente avviene, creare un’apposita area di preparazione dei dati; in questo caso si introduce, tra i sistemi di origine e il DW, un Operational Data Store (ODS), che consiste in un database relazionale per la raccolta di dati operativi puliti e già integrati. La struttura degli ODS possiede caratteristiche sia dei sistemi operativi che dei DW: i dati contenuti sono infatti aggiornabili in tempo reale, senza tenere traccia di quelli storici, ma non risultano organizzati intorno a funzioni o processi chiave bensì orientati alle esigenze di ogni singolo soggetto. Pur non potendo effettuare analisi su situazioni storiche, in molti contesti questi database possono costituire un valido strumento di analisi a servizio degli utenti di livello intermedio, per la rielaborazione di dati elementari finalizzata alla produzione di reporting strettamente operativi. L’estrazione dei dati dai sistemi alimentanti (data extraction) può essere di tipo statico, quando il DW deve essere popolato per la prima volta e si effettua una 14 Cfr. PASINI P. – PEREGO A. – ERBA M., cit., pp. 18-19. 13 fotografia dei dati contenuti nei sistemi alimentanti, oppure incrementale, se viene attuata solo per l’aggiornamento periodico del DW. Nella seconda fase, i dati devono essere «puliti» (data cleaning) per assicurarne la consistenza e la correttezza; vengono eliminati i duplicati, i valori non ammessi per determinati campi, i valori impossibili, i dati mancanti, ecc. Solo successivamente si provvede a rendere i dati estratti compatibili con l’organizzazione degli stessi nel DW (data transforming), modificandone il formato, la classificazione, il sistema di misura, ecc.; questa operazione si rende necessaria in quanto i sistemi di origine possono prevedere differenti codifiche per i medesimi dati sia a livello di semplice formato sia a livello di diversa classificazione. La trasformazione dei dati è quindi un passaggio che si rende tanto più indispensabile quanto più variegati si presentano i sistemi alimentanti. L’ultima fase, quella di caricamento (data loading), prevede non solo lo spostamento dei dati all’interno del DW ma anche l’aggiunta ai dati operazionali di un riferimento temporale, informazione indispensabile per la storicizzazione degli stessi. I sistemi di DW possono essere articolati su più livelli, al fine di conciliare la numerosità dei fenomeni descritti con la profondità variabile delle analisi effettuabili. L’architettura informatica viene, in questo caso, strutturata in modo da non accedere direttamente al DW nel suo complesso ma ai cosiddetti Datamart, ossia strutture di immagazzinamento dedicate a supportare interrogazioni e analisi relative a un singolo settore o reparto aziendale, posizionati al di sopra del DW, che ne costituisce la base alimentante e i sistemi di BI. I Datamart sono strutturati per contenere determinati dati, che, proprio per la loro specificità, possono risultare solo parzialmente aggregati; questa caratteristica, unitamente alle ridotte dimensioni, consentono di ottenere risultati a specifiche interrogazioni più rapidamente ed efficacemente rispetto all’utilizzo del DW. c) L’ultimo livello dell’architettura è costituito dai sistemi di BI, che consentono a manager e professional di qualsiasi livello aziendale di effettuare ricerche intelligenti di dati, nonché di crearsi le informazioni di cui necessitano per l’osservazione di determinati fenomeni, l’analisi di problemi o la formulazione di decisioni. Il processo di controllo manageriale può essere scomposto in due aree, differenziate per il livello di ripetitività e strutturazione delle attività intraprese; si tratta di: - performance monitoring, per le attività di controllo di routine; - intelligence e scanning, per le attività di controllo non di routine. La prima area comprende tutte le attività di competenza e responsabilità formale di qualsiasi manager, differenziate per livello organizzativo di riferimento; così, a mano a mano che si sale dai livelli più operativi al vertice d’azienda, cresce contemporaneamente la necessità di informazioni aggregate e sintetiche e la portata dei fenomeni osservati. 14 La seconda area raggruppa, invece, le attività finalizzate ad incrementare lo spettro d’osservazione sui diversi aspetti aziendali, a trovare relazioni tra fenomeni non note a priori e, sostanzialmente, ad innovare il processo di management. Il controllo destrutturato ricopre un ruolo fondamentale soprattutto quando l’azienda ottiene risultati non soddisfacenti rispetto agli obiettivi previsti, per il fatto che consente di analizzare fenomeni precedentemente trascurati o di interpretare lo stesso fenomeno sotto punti di vista differenti15. Le soluzioni presenti sul mercato permettono di supportare agevolmente le diverse fasi della costruzione di un sistema di BI. La piattaforma SAP16, ad esempio, si avvale delle seguenti funzionalità: - Extraction, Transformation e Loading Layer, per l’estrazione e la trasformazione dei dati; - Integration and Consolidation Layer, per l’integrazione e il consolidamento delle informazioni in una base dati normalizzata, con un livello di dettaglio molto alto ed elevata profondità storica; - Multidimensional Layer, per la strutturazione delle informazioni secondo modelli multidimensionali, con la possibilità di creare i Datamart; i dati presenti nel livello precedente vengono organizzati secondo una logica che li modella intorno a dimensioni di business; - Analytical Layer, per lo sfruttamento delle applicazioni che aiutano le organizzazioni ad aumentare l’efficienza e a scoprire nuove opportunità di business; i risultati dei processi analitici rientrano poi nei sistemi operazionali, creando così nuovi dati per ulteriori analisi, in termini di misurazione del raggiungimento degli obiettivi ed eventuale affinamento delle strategie stesse. I fornitori di software prevedono, all’interno delle loro soluzioni, non solo la possibilità di sviluppare analisi ad hoc ma anche la presenza di applicazioni già configurate. SAS17, ad esempio, offre un portafoglio di sette business solutions, tra le quali risultano particolarmente interessanti: 15 Ad esempio, uno scostamento significativo nell’ambito delle vendite può essere interpretato diversamente se messo a confronto con dati relativi all’andamento della domanda di mercato o comunque riferiti al contesto competitivo. 16 Fondata nel 1972, SAP vanta oggi un organico di circa 35.000 persone. Oltre 32.000 aziende, di cui 1.850 in Italia, in più di 120 Paesi hanno installato software SAP. Di queste, oltre il 50% appartiene alla piccola e media impresa, confermando l'interesse da parte delle realtà di dimensioni ridotte nei confronti di soluzioni innovative in grado di ottimizzare i processi, ridurre i costi e aumentare i profitti. L'ottimo posizionamento di SAP in Italia è confermato da Gartner; la quota di mercato di SAP nell'ambito degli applicativi per la gestione delle attività aziendali si attesta, infatti, intorno al 48% (http://www.sap.com). 15 - SAS Financial Intelligence, che mette a disposizione dei Chief Financial Officer (CFO) la conoscenza necessaria per affrontare le questioni relative a conformità normativa, trasparenza finanziaria, pianificazione strategica e corporate governance; - SAS Marketing Automation, che ottimizza ogni contatto con i clienti costruendo comunicazioni «su misura» e scegliendo i canali migliori; consente anche di definire in modo automatico e ripetibile processi di targeting, analisi e segmentazione con un’attenta valutazione dei costi e della profittabilità del cliente. 4.2. Funzionalità dei sistemi di BI Sia le attività di controllo routinarie che quelle destrutturate sono supportate, in ambiente BI, da funzionalità assai differenti. Si va dalla semplice visualizzazione dei dati in forma tabellare o grafica alle funzionalità di query, che offrono la possibilità di interrogare liberamente il DW e di ottenere informazioni mirate mediante l’utilizzo di filtri o raggruppando e correlando i dati disponibili. Esistono poi strumenti progettati per supportare i processi di analisi e valutazione indicati con l’acronimo OLAP (Online Analytical Processing) per distinguerli dagli strumenti OLTP (Online Transaction Processing); mentre questi ultimi sono sistemi di gestione delle transazioni operative e vengono supportati da database operativi, i sistemi OLAP si basano su interrogazioni di tipo analitico, che permettono di esplorare relazioni complesse tra i dati contenuti nel DW e di creare così report di tipo dinamico. I database operativi dispongono, infatti, di tutte le informazioni necessarie agli utenti ma non sono progettati al fine di consentire la manipolazione dei dati stessi e quindi la creazione di BI. Esistono diverse modalità di navigazione OLAP nei dati18 ma, 17 Fondata nel 1976 a Cary (North Carolina), SAS registra da 30 anni un trend di crescita costante del proprio fatturato mondiale grazie, in gran parte, al continuo impegno in Ricerca e Sviluppo: nel 2005 SAS ha investito il 24% del proprio fatturato. Nel mondo conta 10.000 dipendenti, 424 sedi e ha chiuso il 2005 con un fatturato di 1.68 miliardi di dollari; in Italia è presente dal 1987 con direzione generale a Milano e un organico di oltre 340 dipendenti. Più di 600 sono i clienti appartenenti a settori economici diversi: banche, assicurazioni, industria, distribuzione, utilities, telecomunicazioni, organizzazioni pubbliche e università (http://www.sas.com). 18 Le principali funzioni di navigazione OLAP nei dati sono: − il drill-down/up: il percorrere in discesa/salita i vari livelli di una dimensione, aggiungendo o togliendo via via maggiore dettaglio (ad esempio, nella dimensione tempo si possono visualizzare gli aggregati per anno, trimestre, mese, giorno o viceversa); − lo slice & dice: l’evidenziare un sottoinsieme di dati di un cubo, specificato fissando il valore numerico di almeno una delle dimensioni e analizzando i dati relativamente a tutte le altre (slice) oppure fissando un intervallo per ciascuna dimensione (dice); − il drill-through: il recupero di dati dettagliati in base ai quali l’aggregato di una cella del cubo è stato calcolato. 16 indipendentemente dal tipo prescelto, è possibile salvare i risultati delle analisi sia direttamente nel DW che localmente; il fatto di lavorare non in linea non penalizza affatto l’utente, dal momento che l’aggiornamento del DW viene solitamente svolto con cadenza settimanale o addirittura mensile. I due approcci determinano la strutturazione logica e fisica dei dati immagazzinati nei relativi database: dove si utilizza la logica OLTP, si preferisce una strutturazione logico-relazionale dei dati; nell’ambito della logica OLAP, si opera invece una strutturazione dei dati di tipo multidimensionale, fondamentalmente orientata al soggetto d’analisi. La multidimensionalità permette di analizzare i dati secondo diverse dimensioni di analisi, anche simultaneamente; ad esempio, l’analisi delle vendite (che rappresenta il fatto preso in considerazione), può essere condotta per prodotti (settore, marca, tipo), luogo (stato, regione, punto vendita) e tempo (anni, quadrimestri, mesi). Se si combinano le tre dimensioni in una rappresentazione grafica si perviene ad un ipercubo che contiene, nelle diverse intersezioni, le misure del fatto in esame (la quantità venduta, il numero di resi, ecc.). FIGURA 4. ESEMPIO DI IPERCUBO Anno Trim Mese Nazione Regione Cliente Settore Famiglia Articolo Uno strumento ancora più evoluto nell’ambito del trattamento dei dati si ha con il Data Mining (DM), in grado di estrarre conoscenza da database anche di notevoli dimensioni mediante l’individuazione di relazioni prima sconosciute; tali strumenti vengono anche denominati di Knowledge Discovery in quanto, basandosi su una logica di tipo induttivo, danno riposte a domande di carattere più generico (rispetto agli strumenti OLAP) ma non richiedono la formulazione di ipotesi a priori. Ad esempio, una tipica applicazione potrebbe essere l’analisi degli acquisti da parte dei clienti, trovando legami tra i prodotti comprati al fine di formulare iniziative di promozione ad hoc. 17 La piattaforma di partenza per i processi di DM è una consistente base dati su cui procedere con l’analisi: tale ruolo è spesso assunto dai sistemi di DW. Le tecniche utilizzate nel processo di DM possono essere ricondotte ad analisi di tipo predittivo, che mirano a stabilire quali saranno le caratteristiche o i valori sconosciuti di un elemento di un insieme in base alla storia conosciuta di altri elementi dello stesso insieme, o descrittive, che mirano invece ad identificare delle proprietà o delle relazioni reciproche degli oggetti analizzati. Tra le principali funzionalità dei DM: - clustering, con operazioni di «segmentazione» sui dati per l’identificazione delle affinità di comportamento, di conformità utili a differenziare gruppi omogenei dagli altri gruppi19; - sequencing, per rintracciare correlazioni tra comportamenti all’interno di un periodo predefinito; - analisi delle associazioni, per individuare regole nelle ricorrenze di eventi concomitanti; - analisi previsionali, per scorgere tendenze su dati storici. Infine, esistono funzionalità di cruscotto aziendale, di tableau de borde e di scorecard che permettono di presentare le informazioni mediante efficaci visualizzazioni grafiche di vario genere (semafori, tachimetri, ecc.) e quindi di applicare allarmi grafici e cromatici per evidenziare problemi ed eccezioni come, ad esempio, scostamenti da valori di soglia o di budget. Attraverso questi sistemi, destinati soprattutto al vertice aziendale, si possono inoltre collegare gli obiettivi quantitativi alle loro metriche di misurazione, organizzandoli in una struttura costruita sulla base delle scelte strategiche dell’azienda oppure secondo le logiche delle balanced scorecards; è possibile anche definire i legami causa-effetto tra le misure, sia in termini quantitativi che qualitativi, dal momento che solo alcune relazioni sono esprimibili in forma quantitativa, cioè attraverso un algoritmo matematico. Il mercato mondiale della BI ha subito una crescita quasi nulla nei primi anni del nuovo millennio, rimanendo assestato su un valore di circa 4 miliardi di dollari, ma si 19 «L’attività di segmentazione è essenzialmente basata sulle tecniche di cluster analysis e sull’uso delle reti neurali non supervisionate, che consentono di individuare gruppi omogenei, o tipologie, che presentano regolarità al loro interno in grado di caratterizzarli e differenziarli dagli altri gruppi…nel clustering le classi o i gruppi non sono definiti a priori, né tantomeno viene utilizzato un insieme di esempi già classificati. Una delle più importanti applicazioni di clustering consiste nella segmentazione della clientela acquisita e potenziale» (TRINCA CORONEL R., Data Mining: come estrarre valore dai customer database, Economia & Management, n. 6, 2002). 18 prevede che, entro la fine del 2006, tale valore potrebbe raggiungere gli 8 miliardi di dollari. Attualmente, la maggior parte delle applicazioni di BI in uso sono dedicate ad aree aziendali specifiche e quindi configurate per fornire quadri dettagliati, sia da un punto di vista temporale che per dimensione di processo, in relazione a particolari obiettivi. Indipendentemente dallo specifico segmento, i produttori finanziariamente e commercialmente più solidi stanno continuando a guadagnare quote rilevanti di mercato, mentre i piccoli o sopravviveranno in mercati di nicchia o saranno, con molta probabilità, rilevati dai grandi fornitori. I principali fruitori di BI rimangono le medie e grandi imprese, per la complessità e la mole dei dati da interpretare; ciò non toglie comunque che il fenomeno si stia espandendo anche verso realtà più piccole, grazie in parte alla crescente standardizzazione delle piattaforme e alla diffusione di soluzioni preconfigurate, che consentono di venire incontro all’esigenza di tempi di progetto molto brevi. FIGURA 5. AREE DI MAGGIORE APPLICAZIONE DEI SISTEMI DI BI Analisi finanziaria e previsioni Analisi e reporting di Marketing Consolidamento finanziario Analisi commerciale Logistica e distribuzione Produzione 0 20 40 60 80 Percentuale di risposte Fonte: GARTNER GROUP 5. Il sistema bilanciato di misurazione delle prestazioni 19 5.1. Un nuovo approccio strategico alla gestione aziendale Secondo Michael Porter, i fondamenti della strategia aziendale possono essere così definiti: «in ultima analisi, tutte le differenze tra aziende in termini di costi e di prezzo derivano dalle centinaia di attività necessarie per creare, produrre, vendere e rendere disponibili i propri prodotti o servizi. La differenziazione deriva sia dalla scelta delle attività che dalle modalità di realizzazione delle stesse»20 . La visione dell’attività aziendale come sistema composto da centinaia di sottoattività scelte ed eseguite, presuppone che la formulazione e la realizzazione della strategia siano processi condivisi da tutti gli utenti aziendali e non solo dai collaboratori ai vertici dell’organizzazione. Spesso questo allineamento tra organizzazione e strategia è venuto meno non solo per l’impossibilità di comprendere chiaramente la visione aziendale, e quindi di tradurla in termini operativi, ma anche per il mancato collegamento tra obiettivi strategici ed allocazione delle risorse e per l’assenza di sistemi di controllo delle performance nel lungo termine. La formulazione di una strategia non è, infatti, di per sé un’attività significativa se contemporaneamente non si adotta una metodologia per tradurre direttamente la strategia in azione e non si sviluppano sistemi di feedback per monitorare in modo efficace l’attività aziendale ed il conseguimento degli obiettivi strategici prefissati. Nel 1992 un articolo apparso su Harvard Business Review presentava per la prima volta un nuovo approccio all’implementazione della strategia in azienda sviluppato da Robert Kaplan, docente alla Harvard Business School, e David Norton, consulente di management21. Tale metodologia, detta Balanced Scorecard (BSC), si basa sulla premessa secondo cui le misure di natura finanziaria da sole non sono sufficienti a determinare una gestione aziendale completa, in quanto orientate esclusivamente al passato e rivolte a rafforzare la visione dell’azienda per funzioni e non per aree di business o processi. Ad esempio, la metodologia di misurazione EVA (Economic Value Added) mette a diretto confronto il rendimento del capitale investito nell’azienda con il costo dello stesso, rilevando se l’azienda ha creato o meno valore per i propri azionisti; il risultato di questa operazione non sempre viene interpretato correttamente dall’azienda in quanto si utilizzano misure poco coerenti con gli attuali contesti di 20 PORTER M., What is strategy, Harvard Business Review, nov.-dic. 1996. Cfr. KAPLAN R. – NORTON D., The Balanced Scorecard-measures that drive performance, Harvard Business Review, gen.-feb. 1992. Le origini del modello risalgono però al 1990, quando il Nolan Norton Institute sponsorizzò lo studio multisocietario Measuring Performance in the Organization of the Future (DE MARCO M. – SALVO V. – LANZANI W., Balanced Scorecard: dalla teoria alla pratica, FrancoAngeli, Milano, 2002, p. 13). 21 20 business, nei quali il valore viene creato soprattutto attraverso la capacità di innovazione, la conoscenza interna e le relazioni con clienti e fornitori. L’azienda di successo deve, pertanto, essere controllata simultaneamente da punti di vista strategici differenti, integrando misure relative alle performance passate con indicatori di tendenza, utili nella determinazione di linee guida per il futuro. Il bilanciamento delle misure di performance finanziarie e non finanziarie ha come fine principale la riduzione dell’enfasi dei manager sui risultati di breve periodo, poichè la creazione di valore economico deriva anche da cambiamenti che l’azienda sta mettendo in atto nel presente, le cui conseguenze non sono tuttavia immediatamente percepibili: la capacità di offrire prodotti o servizi innovativi richiesti da un determinato target di clienti comporta, ad esempio, un aumento della customer satisfaction e pone quindi le premesse per un aumento delle vendite nel futuro22. La determinazione degli obiettivi e delle relative misure deve essere organizzata intorno a quattro distinte prospettive di miglioramento23: - economico-finanziaria (financial perspective); - del cliente (customer perspective); - dei processi interni (internal perspective); - dell’innovazione e dell’apprendimento (innovation and learning perspective). La prospettiva economico-finanziaria misura il valore economico di azioni intraprese nel passato e propone obiettivi strategici differenti in base allo stadio del ciclo di vita di un’impresa: - in fase di «crescita», si focalizza l’attenzione su crescita e portafoglio ricavi; - in fase di «mantenimento», si cerca di incrementare la produttività; - in fase di «mietitura», si sfruttano gli asset esistenti. La prospettiva del cliente misura le performance delle business unit nella gestione dei clienti e degli specifici segmenti di mercato; vengono prese in considerazione sia misure di carattere generico (acquisizione, mantenimento, soddisfazione del cliente, quote di mercato, ecc.) sia misure più specifiche, collegate agli obiettivi di valore che l’impresa intende perseguire per i propri clienti. La terza prospettiva misura l’impatto dei processi interni sulla soddisfazione dei clienti e sul conseguimento degli obiettivi finanziari, al fine di identificare le attività critiche nelle quali l’impresa deve eccellere; le misure si riferiscono sia al breve che al 22 Un approccio BSC tiene in considerazione la capacità dell’azienda di acquisire quegli asset intangibili (miglioramento del servizio ai clienti, realizzazione di processi interni efficienti, ecc.) di cui ha bisogno per sostenere il proprio processo di crescita. (TOMADINI L. – GIANOGLIO G., La BSC per l’attuazione e il controllo della strategia, Amministrazione & Finanza, n°8/2002, pag. 18). 23 KAPLAN R. – NORTON D., The Balanced Scorecard: translating strategy into action, Harvard Business School Press, 1996. 21 lungo periodo, per ottenere una valutazione coerente sia dell’offerta attuale che dei driver del successo finanziario di lungo termine. La prospettiva dell’innovazione e dell’apprendimento mette in evidenza l’infrastruttura, costituita da persone, sistemi e procedure organizzative, che l’impresa deve costruire per crescere e svilupparsi nel lungo periodo; in particolare, i sistemi informativi devono essere in grado di fornire in tempo reale ai dipendenti informazioni accurate sui clienti e sui processi interni, allo scopo di supportare i processi decisionali e le successive azioni da intraprendere. Anche in questo caso, accanto a misure generiche (soddisfazione delle risorse umane, training, ecc.), vengono presi in considerazione specifici driver di queste misure, coerenti con il contesto competitivo di riferimento. L’allineamento tra gli obiettivi di breve e lungo termine e le relative misure rende la BSC una delle metodologie più idonee a supportare un processo di Performance Management, inteso come strumento di collegamento tra la strategia e la sua esecuzione; tra i fattori che permettono una misurazione oggettiva delle strategie, ricopre sicuramente un ruolo determinante il percorso di costruzione della BSC. 5.2. Il processo di costruzione di una BSC Il processo di costruzione di una BSC segue un approccio di tipo top-down: parte dal top management, perché è necessario un collegamento con la strategia, ed influenza i diversi livelli aziendali, in quanto la strategia può essere attuata solo con il coinvolgimento di tutte le risorse aziendali24. Si può, pertanto, distinguere tra: - BSC strategiche (livello executive): rappresentano complessivamente l’azienda e possono misurare, ad esempio, il valore per gli azionisti, il ritorno sugli investimenti o la quota di mercato; - BSC funzionali o di processo (livello intermedio): servono per monitorare funzioni e processi da un punto di vista di tempi, costi, qualità e soddisfazione del cliente; - BSC individuali (livello di singolo individuo/attività): misurano le attività svolte dalle singole persone e prendono in considerazione i tempi, la produttività media, le percentuali di errori e di trattative andate a buon fine. Il punto di partenza è rappresentato dalla vision aziendale, al fine di comprendere le direzioni di lungo periodo che costituiscono la base della strategia e permettere così la successiva articolazione in obiettivi, ossia azioni, piani, prospettive che l’azienda si pone per raggiungere la vision e rimanere competitiva nel tempo; il numero degli 24 Cfr. SCANZIANI V. – TAVECCHIO M., Tradurre la vision aziendale in obiettivi strategici e operativi con le Balanced Scorecard, Economia & Management, n°1, gennaio 2001, p. 106. 22 obiettivi dovrebbe essere abbastanza limitato (solitamente venti), al fine di concentrare la gestione solo sugli aspetti davvero importanti. Sulla base di questa BSC di alto livello, le business unit, i dipartimenti e le unità di servizio sviluppano le proprie BSC, specificando come ciascuna unità possa concorrere, per la sua parte, all’attuazione della strategia. Diventa necessaria, in questo momento, l’identificazione dei fattori critici di successo, ossia delle iniziative di miglioramento da intraprendere al fine di raggiungere gli obiettivi predefiniti; perché risultino davvero efficaci, queste iniziative devono risultare non solo coerenti con gli imperativi di creazione di valore (le quattro prospettive) ma anche misurabili25. Il passo successivo consiste proprio nella creazione di un set di indicatori di performance (Key Performance Indicators – KPI), misure quantitative o qualitative del raggiungimento dei fattori critici di successo, in grado di fornire una visione complessiva dell’andamento dell’azienda; solo gli indicatori che più rispecchiano gli elementi chiave degli obiettivi devono essere utilizzati, ragione per cui si stima che, mediamente, cinque misure per processo siano più che sufficienti a fornire un’analisi raffinata. Infine, risulta indispensabile la realizzazione di un sistema di reporting per il monitoraggio delle misure e la rilevazione di eventuali scostamenti da quanto previsto e pianificato; il controllo periodico dello stato di avanzamento degli obiettivi consente, infatti, di capire dove si renda necessaria l’adozione di misure correttive. La traduzione della strategia aziendale in azioni attraverso obiettivi misurabili diventa, come già detto, possibile solo nel momento in cui obiettivi, fattori critici e indicatori risultano perfettamente coerenti ed integrati tra di loro; uno degli elementi che concorre maggiormente a garantire questo tipo di allineamento è rappresentato dalla costruzione «a cascata» (drill-down) delle BSC dei vari livelli, importante anche nel processo di integrazione delle competenze all’interno dell’azienda: solo coinvolgendo tutte le risorse umane interessate al raggiungimento del successo aziendale è, infatti, possibile definire iniziative perfettamente allineate con la strategia. Tra i vantaggi di un approccio BSC emerge sicuramente il cambiamento culturale che si verifica nell’operato del management ai diversi livelli aziendali e che permette di avere una chiara visione del ruolo da assolvere nell’ambito della strategia aziendale. 25 La determinazione dei fattori critici di successo dovrebbe essere il frutto di una SWOT Analysis (Strenghts, Weaknesses, Opportunities, Threats) da parte del management; si tratta di capire, per ciascun fattore, se esso rappresenti per l’organizzazione un punto di forza o di debolezza, un’opportunità piuttosto che una minaccia. «Se le strategie puntano tutto su fattori critici dove l’azienda è debole o minacciata evidentemente qualcosa è stato programmato senza avere in testa una chiara visione della realtà organizzativa e dell’ambiente competitivo» (DE MARCO M.-SALVO V.-LANZANI W., cit., p.52). 23 Secondo Kaplan e Norton, è indispensabile che, per ottenere implementazioni di successo, i vertici aziendali si preoccupino di tradurre la vision in una strategia comprensibile e comunicabile a tutti gli utenti aziendali ma soprattutto di chiarire la natura sistemica della BSC. Allo stesso tempo è fondamentale la presenza di un sistema informativo che possa supportare il reperimento e la gestione dei dati e la produzione della reportistica da utilizzare per la valutazione dell’azienda. 6. I sistemi informativi per lo Strategic Enterprise Management 6.1. Lo sviluppo di un sistema informativo per la BSC Le aziende che per prime hanno affrontato un progetto di BSC, hanno realizzato procedure prevalentemente su supporto cartaceo alimentate da dati estratti dai sistemi gestionali, talvolta rielaborati con fogli elettronici. Ma queste esperienze hanno presto dimostrato tutta la loro fragilità, dal momento che solo l’utilizzo di flussi informativi che elaborano dati certificati, provenienti dai sistemi gestionali e canalizzati nel sistema direzionale mediante regole di estrazione codificate, produce risultati veramente attendibili. La trasformazione della strategia in obiettivi misurabili e la conseguente individuazione di indicatori e misure di verifica richiede, infatti, la costruzione di una infrastruttura informativa che sia in grado di rendere tali misure disponibili nei tempi e nelle modalità corrette, assicurando informazioni univoche e di qualità. I sistemi informativi a supporto della gestione strategica d’azienda (Strategic Enterprise Management - SEM) devono fondamentalmente garantire la comunicazione nell’ambito del progetto di sviluppo collaborativo delle BSC personali, di unità organizzativa e aziendali; gli strumenti che costituiscono tali sistemi sono di norma controllati dai responsabili interni del progetto, al fine di mantenere e sviluppare il sistema nel tempo, per esempio creando nuove BSC o modificando quelle esistenti con nuove fonti di dati ed indicatori. Sistemi così integrati consentono di creare26: - informazioni di management, i dati provenienti sia da fonti interne che esterne vengono dapprima consolidati e poi confrontati con gli obiettivi precedentemente individuati; 26 SAP Strategic Enterprise Management-Translating strategy into action: the Balanced Scorecard (materiale SAP). 24 - conoscenze di management, le informazioni, una volta trasformate mediante la simulazione di possibili scenari, vanno a costituire la base del processo di pianificazione strategica; - formazione di management, la trasformazione dei piani in obiettivi permette di gestire la performance operativa, dalla quale scaturiscono nuove analisi approfondite, nuovi modelli e nuovi obiettivi. Da un punto di vista informatico, il processo attraverso il quale una BSC viene sviluppata, aggiornata, comunicata ed infine resa operativa si articola nelle seguenti fasi: - creazione di influence diagrams27, tramite modelli standard del settore produttivo, che costituiscono il punto di partenza per la modellazione dell’azienda; - definizione delle misure strategiche per gli obiettivi precedentemente individuati tramite cataloghi elettronici di indicatori di performance, specifici per settore produttivo e già compresi nelle soluzioni informatiche presenti sul mercato; negli indicatori visualizzati vengono automaticamente inseriti i dati provenienti dal sistema ERP sottostante o da fonti esterne; - individuazione delle dipendenze e dei collegamenti esistenti tra le diverse BSC: partendo da una BSC esistente se ne collegano altre definite attraverso i livelli organizzativi o le dimensioni delle unità organizzative; ad esempio, una BSC relativa ad un centro di servizi condivisi può coesistere con le BSC delle unità operative supportate; - fissazione degli obiettivi per gli indicatori precedentemente integrati lungo i diversi livelli dell’organizzazione: questa fase si collega direttamente alla pianificazione aziendale, all’allocazione delle risorse ed al processo di pianificazione delle risorse umane28; - pianificazione e simulazione sulla base degli scenari precedentemente creati. Una volta attuato questo processo, il monitoraggio costante delle performance aziendali è supportato dalla presenza di BSC singole e multiple, dotate di indicatori e dimensioni di navigazione differenti ma anche di funzionalità di simulazione interattiva; risulta così possibile verificare il fenomeno di interesse e, nel caso in cui si 27 Si tratta di diagrammi in cui la rappresentazione di correlazioni causa-effetto permette di visualizzare le dipendenze tra gli obiettivi strategici in una BSC. 28 Ad esempio, la valutazione dei gap di competenza può essere direttamente inserita come ipotesi di pianificazione insieme ad altri valori rilevanti per la pianificazione aziendale, come le stime delle vendite o gli obiettivi personali; tali informazioni vengono consolidate nei piani di investimento e di sviluppo del personale. Infine, i valori pianificati definitivi vengono nuovamente trasferiti nel sistema ERP sottostante, nell’ambito della retribuzione e dello sviluppo del personale (modulo HR). 25 riscontrassero anomalie, definire eventualmente nuove iniziative e programmi necessari per perseguire gli obiettivi prefissati29. 6.2. Come valorizzare la BSC Se si considera la gestione strategica come un processo di management adatto alle esigenze della nuova economia, si possono individuare all’interno di esso quattro processi gestionali che, se adeguatamente supportati dalle funzionalità di un sistema informativo, possono notevolmente valorizzare la BSC. FIGURA 6. I PROCESSI GESTIONALI MESSI IN ATTO DALLA BSC Fonte: PROCOS 29 «Forse il modo migliore per immaginare come dovrebbe apparire la Balanced Scorecard sul video del personal computer del Direttore Generale, o del Direttore Commerciale o di ogni manager, è quello di pensare al cruscotto di un aereo. Pochi strumenti che visualizzano in modo molto chiaro misure fondamentali. Magari utilizzando i colori per dare a colpo d’occhio la sensazione di come stanno andando le cose: verde tutto ok; rosso c’è un problema. Sul cruscotto ci sono indicatori che riguardano la situazione attuale dell’aereo (altitudine, velocità, posizione, ecc.), indicatori che segnalano la presenza di elementi perturbatori esterni (velocità e direzione del vento, formazione di ghiaccio, ecc.), indicatori che evidenziano con anticipo l’evolversi della situazione (avvicinarsi di temporali, miglia percorribili con il carburante residuo, ecc.). Con questi strumenti, e la capacità di considerarli nella loro globalità e nelle loro correlazioni, un buon pilota può comprendere a fondo, controllare e prevenire tutti i problemi che si possono presentare durante il volo. Sul tavolo del manager l’applicazione di visualizzazione per Balanced Scorecard avrà dei contenuti molto simili» (DE MARCO M. – SALVO V. – LANZANI W., cit., pp. 79-80). 26 Il primo consiste nel comunicare la visione d’impresa, attuando un vero e proprio dialogo tra il vertice e i responsabili delle singole funzioni. L’allineamento delle diverse attività aziendali alla strategia è facilitato dalla presenza di strumenti software quali i già citati cataloghi di indicatori o modelli standard di BSC per unità organizzative chiave; esistono, inoltre, raccolte di informazioni che permettono di memorizzare obiettivi, misure e programmi e di renderli accessibili sotto forma di differenti prospettive di management. Il secondo processo consiste nel realizzare un programma di comunicazione continuo, che renda la strategia chiara ai diversi stakeholders aziendali. Il processo di comunicazione della strategia è supportato da database per la memorizzazione di informazioni quali nome, indirizzo di posta, indirizzo e-mail, profilo, esigenze informative, preferenze personali, ecc. di tutte le persone collegate all’azienda. Sulla base di questi dati è poi possibile definire delle BSC personali ed una serie di questionari di feedback in formato digitale per raccogliere riscontri strutturati in merito alla strategia a livello aziendale o a livello di unità di business; i dati di feedback possono essere direttamente memorizzati nel database del sistema di gestione strategica ed utilizzati nella gestione del reporting e della pianificazione. Il processo successivo consiste nell’allineare i budget con la strategia, azione resa difficile dal fatto che, spesso, le iniziative strategiche non hanno un impatto diretto sulle risorse finanziarie; un programma di training, ad esempio, può avere effetti indiretti sul miglioramento del rapporto con i clienti. Inoltre, ogni investimento strategico non è mai composto da una sola attività ma da una serie di attività interconnesse che possono comprendere sia riorganizzazioni interne che partnership con attori esterni. Pertanto, ai fini della costruzione del budget, la strategia deve essere in primo luogo suddivisa in una serie di «tematiche» o «percorsi», collegati fra di loro mediante gli influence diagrams; successivamente si fissa una serie di obiettivi da raggiungere nel medio/lungo termine e si procede all’identificazione delle attività necessarie al loro conseguimento e ad una stima dei costi sulla base di scenari simulati. L’utilizzo della simulazione di business consente alle aziende di valutare gli scenari what if mediante la descrizione, in termini matematici, delle correlazioni causa-effetto riscontrabili nella strategia; il processo di simulazione è supportato da soluzioni informatiche che, una volta definiti modelli di business dinamici, permettono di simularli in modo interattivo e di valutare automaticamente gli scenari delineati. I risultati di questa analisi potranno poi essere integrati con la pianificazione aziendale, una volta definiti i modelli per l’allocazione delle risorse. L’implementazione di una strategia modifica profondamente l’ambiente nel quale un’impresa si trova ad operare, ragione per cui l’azienda deve essere in grado di testare costantemente il nuovo approccio strategico ed adattarvisi di conseguenza. 27 La principale differenza tra i tradizionali sistemi EIS (Executive Information Systems) ed i sistemi informativi per la BSC sta nel fatto che i primi forniscono funzionalità di reporting sui singoli parametri mentre i secondi richiedono la realizzazione di una rete di formazione e feedback strategici (quarto processo). Ciò presuppone sistemi di reporting di stato e testing periodico delle ipotesi strategiche; in pratica, il manager che si trova di fronte a scostamenti significativi, dovrà porsi delle domande e prendere nuove decisioni, ragione per cui la BSC non si può limitare ad essere un sistema di reporting statico. Il monitoraggio dello stato effettivo delle iniziative strategiche è supportato da strumenti che permettono di effettuare un confronto tra i valori effettivamente riscontrati ed i valori pianificati nella BSC di riferimento; in presenza di differenze significative, i modelli di simulazione e gli scenari devono essere adeguati in modo da rispecchiare i cambiamenti osservati in azienda o nell’ambiente circostante30. 6.3. Il collegamento con il sistema ERP Lo Strategic Enterprise Management pone sicuramente tutte le premesse per un approccio innovativo al processo di pianificazione e controllo strategico, ma il vero e proprio anello di collegamento tra i moderni sistemi per il governo dell’azienda ed i tradizionali ERP è sicuramente rappresentato dai sistemi di BI, in grado di offrire una visione globale e completa del business aziendale. Concretamente, il collegamento tra il modulo SEM ed i moduli ERP sottostanti avviene tramite l’integrazione, nella soluzione BI, con applicazioni analitiche dotate di funzionalità predefinite per misurare, sotto diversi punti di vista, l’andamento del business e l’efficacia delle azioni scaturite dal processo decisionale. Tali applicazioni si basano sulle strutture dati del DW e ricoprono diverse aree di business, fra cui la gestione dei clienti (Customer Relationship Management – CRM), la gestione della catena logistica (Supply Chain Management – SCM), la finanza e la gestione delle risorse umane. Si può immaginare il CRM analitico come un processo «circolare» che prende avvio dall’esigenza di un’azienda di espandersi, ad esempio, verso nuovi segmenti di mercato o di proporre nuovi prodotti. Una volta terminata la fase di analisi, si identificano i target di clientela potenziale e si cerca di raggiungerli nel modo più efficiente, con l’obiettivo di ottimizzare il proprio portafoglio clienti. Seguono un miglioramento del 30 All’interno del sistema SEM, SAP ha progettato una Management Cockpit Room, ossia una stanza ergonomica sulle cui pareti vengono visualizzati in forma grafica i KPI e le informazioni relative ai fattori critici di successo, con la possibilità di sperimentare scenari di business differenti e di entrare direttamente nel dettaglio delle diverse dimensioni che vanno a costituire una prospettiva. 28 livello di servizio ed una gestione proattiva degli abbandoni, al fine di aumentare la soddisfazione e la fedeltà dei clienti rimasti. Il SEM è fondamentale in questo contesto in quanto permette di confrontare i piani con l’esito delle azioni intraprese ed eventualmente di affinare le strategie ricollegandosi alla prima fase di analisi. FIGURA7. LA BI COME ANELLO DI COLLEGAMENTO Fonte: PROCOS Il SCM analitico ha invece come finalità l’ottimizzazione del portafoglio di prodotti e del loro valore lungo il ciclo di vita; gli utenti aziendali sono, infatti, abilitati alla gestione della profittabilità del ciclo di vita dei prodotti e dei servizi, all’ottimizzazione del design di prodotto ed all’analisi dei costi dei cambiamenti e dell’efficienza della produzione. La possibilità, data dal sistema di BI, di attingere e rielaborare informazioni provenienti da fonti diverse, permette di svolgere analisi sugli approvvigionamenti, con l’obiettivo di negoziare con i migliori fornitori, valorizzare il potenziale di acquisto dell’azienda e sfruttare le migliori condizioni di acquisto. L’integrazione con il SEM 29 avviene mediante due funzionalità: la prima permette di costruire misure ad hoc o di attingere indicatori già disponibili nei cataloghi; la seconda consente di simulare l’impatto di cambiamenti di processo sui costi e di compiere analisi Activity Based Costing (ABC) per la valutazione di scenari differenti nell’area Supply Chain. Le applicazioni relative all’area finanza supportano tutte le attività volte a creare una corretta correlazione tra pianificazione ed allocazione delle risorse da una parte e risorse disponibili e processi esistenti dall’altra. In questo senso il SEM consente di pianificare le diverse iniziative31 ed i corrispondenti ricavi, sempre tramite funzioni di simulazione, e di inserire i budgets relativi alle iniziative nella pianificazione aziendale; le simulazioni avvengono sulla base di dati imputati manualmente oppure provenienti dall’ERP o da altre applicazioni come, ad esempio, il CRM. A questa fase segue poi il costante monitoraggio dello stato di avanzamento delle iniziative e del budget. Uno degli aspetti più interessanti della gestione per obiettivi, caratteristica di un approccio BSC, sta nella correlazione esistente tra la gestione delle risorse umane e la strategia aziendale. I fornitori di software offrono moduli che supportano tutte le fasi del ciclo di vita del dipendente, con la possibilità di compiere analisi della forza lavoro, delle malattie, degli straordinari e dei turnover al fine di realizzare una gestione coerente con gli obiettivi strategici. Il SEM, in questo senso, agevola l’allineamento delle risorse umane tramite funzioni per la realizzazione di sistemi di incentivi/gratifiche e programmi di sviluppo; le informazioni relative ad incentivi/premi possono poi essere trasferite al sistema di calcolo della retribuzione per l’elaborazione automatica, mentre quelle provenienti da questionari elettronici proposti ai dipendenti e memorizzate nel database di SEM, possono essere messe a disposizione di un sistema di sviluppo delle risorse umane e di training, in vista della pianificazione e della gestione di un programma di formazione dettagliato. In conclusione, si può quindi affermare che i sistemi informativi per costruire e distribuire le BSC ai diversi livelli aziendali siano molto complessi, in quanto composti da più sottoinsiemi, ognuno dei quali con funzionalità e caratteristiche specifiche. L’associazione di un progetto di BSC ad un sistema informativo a supporto della gestione sia operativa che strategica può sicuramente creare notevoli vantaggi competitivi. Ma non basta: la strategia richiede la realizzazione di cambiamenti in tutta l’azienda ed un lavoro di team per coordinarli; è importante, quindi, che i vertici 31 L’identificazione delle iniziative di miglioramento è il risultato di un processo detto hipothesis based analysis: in primo luogo si elaborano delle ipotesi sulle relazioni causa-effetto che possono determinare un miglioramento delle performance aziendali; successivamente si creano delle key question, ossia domande mirate che servono per la verifica delle ipotesi e a cui si risponde con la raccolta e l’analisi di dati mirati (data packages). Il risultato di queste analisi è proprio una serie di iniziative che possono essere catalogate in base alla velocità ed al grado del cambiamento da esse apportato all’organizzazione. (Cfr. DE MARCO M. – SALVO V. – LANZANI W.,cit., pp. 121-122). 30 aziendali si impegnino ad esercitare una leadership decisa e creare un clima favorevole al cambiamento, al fine di promuovere l’accettazione del processo di SEM da parte di tutte le risorse aziendali. Contemporaneamente, è fondamentale che si instauri un clima di collaborazione tra i responsabili del progetto informatico e degli aspetti metodologici e tutto il personale interno dell’azienda. Riferimenti bibliografici ALMINI L. – LANZETTI S., Business Intelligence: SAS va oltre…, Sistemi & impresa, anno 2005, fascicolo 2 AMIGONI F. – MELONI G. (a cura di), L'integrazione dei sistemi di misure: potenzialità e vincoli del modello balanced scorecard, in Economia & management, n° 4, 2002 ASSINTEL, Data Warehouse e Business Intelligence, 2003 ASSINTEL, Knowledge Management, 2003 BELLINO M.G., Information technology, Edisco, 2001 BIFFI A. – CAMUSSONE P. (a cura di), Knowledge Management, Economia & Management, n°4 Luglio 2000 BROGLIA E. – SALZANO C., Sistemi integrati: implementare l'Activity Based Costing, in Amministrazione & finanza, n° 10, 2002 CAMPAGNA L. - PERO L., Il management della conoscenza organizzativa, Sviluppo & Organizzazione, n°180 Luglio/Agosto 2000 CANDIOTTO R., I sistemi informativi integrati, Giuffrè Editore, Milano, 2004 CUPPINI G., Operare per processi. Il superamento della struttura gerarchica e la condivisione delle conoscenze, in De Qualitate, n° 7, 2002 DAVENPORT T. – PRUSAK L., Working Knowledge, HSB Press, 1998 31 DE MARCO M. – SALVO V. – LANZANI W., Balanced Scorecard: dalla teoria alla pratica, FrancoAngeli, Milano, 2002 DEL CIELLO N., Metodi di data mining per il customer relationship management, F. Angeli, 2000 FERRERO G., Impresa e management, Giuffrè, Milano, 1987 GANZAROLI A., Dall'information processing al knowledge management: nuovi ruoli per il sistema informativo, in Economia & management, n° 2, 2002 GRANDINETTI R., Verso un approccio knowledge-based ai distretti industriali, Sviluppo & Organizzazione, n°192 Luglio/Agosto 2002 GRAVES S.B., Models & methods for project selection : concepts from management science, finance and information technology, Kluwer Academic, 2003 HAAG S. – CUMMINGS M. - MCCUBBREY D.J., Management Information Systems for the Information Age, McGraw-Hill KAPLAN R. – NORTON D., The Balanced Scorecard: translating strategy into action, Harvard Business School Press, 1996 KAPLAN R. – NORTON D., The Balanced Scorecard-measures that drive performance, Harvard Business Review, gen.-feb. 1992 LANZETTI G., Lo scenario della Business Intelligence, Sistemi & impresa, anno 2005, fascicolo 7 MARCHI L., I sistemi informativi aziendali, Giuffrè, Milano, 1993 PASINI P. – PEREGO A. – ERBA M., L’evoluzione dei sistemi di Business Intelligence, Egea, Milano, 2004 PISONI P., Il sistema informativo dell’impresa. Uno schema di studio, Giuffrè, Milano, 1979 POLO A. – BERETTA S., Sistemi ERP e Business Process Management: il legame mancante, in Economia & management, n° 1, 2002 32 PORTER M., What is strategy, Harvard Business Review, nov.-dic. 1996 REGOLI M., Sistemi informativi aziendali, McGraw-Hill, Milano, 2004 RUGGLES R., The state of the notion: knowledge management in practice, California Management Review, vol.4, n°3, 1998 SAP Strategic Enterprise Management-Translating strategy into action:the Balanced Scorecard (materiale SAP) SCANZIANI V. – TAVECCHIO M., Tradurre la vision aziendale in obiettivi strategici e operativi con le Balanced Scorecard, Economia & Management, n°1, gennaio 2001 SGOBBI F., Il ruolo della motivazione nei processi di generazione e trasferimento della conoscenza, Sviluppo & Organizzazione, n°185 Maggio/Giugno 2001 TOMADINI L. – GIANOGLIO G., La BSC per l’attuazione e il controllo della strategia, Amministrazione & Finanza, n°8/2002 TRINCA CORONEL R., Data Mining: come estrarre valore dai customer database, Economia & Management, n. 6, 2002 Siti internet consultati http://www.businessintelligence.com http://www.businessobjects.com http://www.olap.it http://www.olapreport.it http://www.sap.com http://www.sas.com 33