La "Festa della Liberazione" ricorda l’anniversario della liberazione dell’Italia dalla occupazione dall’esercito tedesco e dalla dittatura di Mussolini (alleato di Hitler). Proprio il 25 aprile 1945 i Partigiani, con l'aiuto e l'appoggio degli Alleati americani e inglesi. entrarono vittoriosi nelle principali città, liberando l'Italia. I Partigiani erano uomini, donne, ragazzi, soldati, sacerdoti, lavoratori, operai, contadini: insomma, gente di diverse idee politiche o fede religiosa, e di diverse classi sociali, che avevano deciso di impegnarsi (rischiando la propria vita) per porre fine al governo fascista e all’occupazione nazista. Volevano fondare in Italia una democrazia, cioè un governo basato sul rispetto dei diritti umani e della libertà. La Costituzione Italiana attuale è nata dalle idee di democrazia e di libertà degli antifascisti, fu pensata e scritta negli anni successivi proprio da quegli uomini che avevano lottato contro il fascismo. Per questo spesso si dice che la nostra Costituzione è figlia della Resistenza antifascista. Quindi ricordare il 25 aprile è un'occasione per ricordare che la libertà non è un valore gratuito che esiste naturalmente o una condizione che si mantiene da sola. La libertà va difesa giorno per giorno, ancora oggi noi abbiamo la responsabilità di: - ricordare con intensità le cause di ciò che è successo, perché non si ripetano; - compiere delle scelte e saper dire no a ciò che ci sembra sia ingiusto e contrario alla dignità dell’uomo e della persona; - garantire alle persone di vivere insieme nel migliore modo possibile per tutti; - confrontarci attraverso le modalità del riconoscimento reciproco, del dialogo e delle azioni non violente. 19 APRILE 2011 CLASSE 4A ESCURSIONE A MONTE SOLE Fra pochi giorni in tutte le città d’Italia si celebrerà il 66° anniversario della Liberazione dell’Italia: il 25 aprile 1945. Quest’anno noi andremo a piedi fino Caprara di Sopra, nel Parco Storico di Monte Sole. Caprara è uno dei 115 luoghi sulle colline intono a Marzabotto, dove, pochi mesi prima di quella giornata felice, sono accaduti dei fatti tragici. Monte Sole è un triangolo di colline, circa 20 km a sud di Bologna, tra le valli del Torrente setta e del fiume Reno. Oggi quasi il 60% del territorio è coperto da boschi, mentre la parte rimanente è formata da prati, pascoli e campi. Questo aspetto attuale rappresenta soltanto una pallida traccia del paesaggio fino alla fine della seconda guerra mondiale, quando su queste colline c’erano molte case sparse, borgate e villaggi. Il silenzio e la pace di questo luogo sono nati dalla più tremenda violenza, che ci viene ricordata dai ruderi che sono rimasti a testimoniare quanto vi accadde nel corso della seconda guerra mondiale. ore 9,00 partenza da Sperticano Lasciamo la stradina asfaltata. Controllo delle carte all’imbocco del sentiero CAI 132 Le curve di livello indicano 200 metri slm Il sentiero sale ripido: nel bosco troviamo parecchi ostacoli interessanti… alberi sradicati, rami caduti, anche un torrente, una grotta … e un bellissimo arco! Arriviamo in cima alla sella tra Monte Sole e Monte Caprara: le curve di livello indicano 540 metri slm Lasciamo l’incrocio col sentiero 100 che sale ripidissimo alla cima di Monte Sole, scendiamo un po’ e subito ci troviamo di fronte i resti dell’ antico borgo di Caprara di Sopra. L’ECCIDIO DI MONTE SOLE 29 SETTEMBRE - 5 OTTOBRE 1944 Famiglia Pirini Tra la metà e la fine di settembre 1944, il comando della 16° Divisione Corazzata Granatieri delle SS decide una operazione militare per "l'annientamento dei gruppi partigiani e il rastrellamento del territorio nemico". Questa operazione è affidata al comando del maggiore dell’ esercito nazista Walter Reder e si svolge tra il 29 settembre e il 5 ottobre del 1944. Tutta l'area di Monte Sole tra le valli del Reno e del Setta (comuni di Marzabotto, Monzuno e Grizzana), viene circondata da circa 1000 soldati, tra tedeschi e italiani. Divisi in 4 plotoni rastrellano l'intera zona da sud, da nord, da est, da ovest. Bruciano le case, uccidono gli animali e le persone. Il risultato di 7 giorni di massacro è di 770 vittime di cui 142 anziani di oltre 60 anni, 216 bambini, 316 donne. L'eccidio viene compiuto in 115 luoghi: paesini, case sparse,chiese. CAPRARA Caprara di Sopra in una foto del 1939 Nel 1944 Caprara era il maggiore centro abitato del territorio. Fino alla fine dell'800 era stata sede del municipio e quindi di punto di riferimento di tutta l’area. Nel periodo che ci interessa Caprara rimaneva un importante centro d’incontro tra le persone che abitavano questa zona: a Caprara c’era l'osteria, lo spaccio e la tabaccheria; qui si tenevano le sagre e le feste di paese; vicino a Caprara si trovava la fonte d'acqua più importante. L’ECCIDIO DI CAPRARA DI SOPRA Il 29 settembre 1944 i soldati tedeschi rinchiudono una quarantina di persone nella cucina di una casa a Caprara di Sopra e le massacrano con il lancio di bombe a mano dalla finestra e raffiche di mitraglia. Pochi riescono a salvarsi perché chi tenta di scappare nei campi viene inseguito e ucciso. La casa viene minata e in parte crolla su quei poveri corpi. Intere famiglie vengono così decimate e i superstiti trovano a Caprara di Sopra un groviglio di bimbi e donne consumati dal fuoco; vengono sepolti tutti in una grande buca... don Dario Zanini, parroco di Sasso Marconi (…) al tempo della guerra a Caprara ci stavano tredici famiglie, suddivise fra Caprara di Sopra e Caprara di Sotto. Sopra: due contadini e sei pigionanti, fra i quali Migliori, Moschetti, Calzolari, Ventura e l'oste Massa. Sotto: due contadini e tre pigionanti. Diceva Angelo Bertuzzi che il proprietario di tutto quel borgo, il marchese Beccaddelli, in quegli anni stava allontanando con l'escomio tutte le famiglie coloniche; ma nell'osteria di Massa, la domenica dopo Messa, quei contadini continuavano a incontrarsi per giocare a briscola, e l'allegria, suscitata dal vino che abbondava sui tavoli, si protraeva fino alla tarda sera. Dario Zanini, "Marzabotto e dintorni 1944", Ponte Nuovo editore, Bologna, 1996 Caprara di Sotto foto del 1939 Fondazione Carisbo collezioni d'arte e di storia-fondo Luigi Fantini I TESTIMONI Angiolina Massa Avevo 6 anni quando siamo andati ad abitare a Caprara. Là si stava bene, c'era un bel po' di famiglie: c'era Caprara di Sopra e Caprara di Sotto. Di sopra c'erano due contadine, c'eravamo noi che avevamo la tabaccheria e l'osteria e poi c’erano altre 3 famiglie di operai; di sotto c'erano 2 famiglie di contadini e poi la casa del Marchese Beccadelli, dove veniva d'estate e tutte le volte che andava a caccia col figlio e i contadini. Erano due persone gentilissime. Insieme a Zanini e alla curia erano i proprietari di tutta la zona di Monte Sole. Poi c'era la famiglia del custode di Beccatelli che aveva 6 figli. Insomma c'era un po' di compagnia, un po' di gente. Si stava bene, a me piaceva tanto, io dico che i miei anni migliori li ho passati lassù... Avevamo una tabaccheria, osteria. D'inverno i contadini erano tutti lì. Tutto il circondario era lì, gli piaceva giocare a Quadriglia, a Massino poi. Quando nevicava, cosa facevano? Se non c'era la neve erano nel bosco a tagliare legna ma quando c'era la neve erano sempre lì dentro da noi. C'è quella scala che se ne vede ancora un pezzetto, era una scala che andava su nelle camere: io compio gli anni in gennaio, se sapeste le corse che ho dovuto fare su per quella scala perché mi tiravano tutti le orecchie... delle volate su per quella scala perché lì, tiravano forte davvero. Si stava bene , era come se fossimo tutta una famiglia...Noi vendevamo lo zucchero, pasta poca perché se la facevano in casa, un po' di maccheroni... olio, sale, petrolio e poi il carburo quando uscirono gli impianti (per illuminare). Poi i contadini facevano le ordinazioni a mio padre: mi porti la forca, il badile o le zappe e le donne portami l'ago o il filo o il cotone. A volte ne teneva anche lì in negozio ma quando arrivava la finanza erano dolori, bisognava darci il salame e io dicevo: "Ma babbo! mi piace anche a me il salame!!" La finanza veniva sempre a fare i controlli, su al Poggio di Monte Sole ho ancora la bilancia con tutti i timbri, veniva controllata perché doveva pesare giusto... Tra il '43 e il '45 i paesi della collina bolognese avevano visto la popolazione aumentare a causa dell'arrivo dei rifugiati da Bologna (gli sfollati). Moltissime persone infatti lasciavano Bologna, sempre più pericolosa a causa dei bombardamenti alleati, per trasferirsi, presso familiari o amici, in zone di campagna, ritenute più sicure e protette. Il 29 settembre quindi, i primi plotoni di nazisti trovano molte persone a Caprara. Quando Gilberto Fabbri, vedendo gli enormi falò delle case per tutto l'orizzonte delle colline, e sentendo gli spari, capì che i nazifascisti si avvicinavano, la mattina del 29 settembre, decise di cercare scampo a Caprara. Questo è quello che racconta Gilberto Fabbri (14 anni): Vi trovai già rifugiate una cinquantina di persone, tutte donne, ragazze e bambini. Passammo parecchie ore di paurosa attesa; il terrore ci toglieva anche la parola, molte donne piangevano e singhiozzavano buttate in terra, con i figli stretti tra le braccia. Alle quindici, in noi quasi s'era fatto un po' di speranza che non ci avrebbero scoperto, e qualche timida parola si sentiva mormorare sotto voce, quando arrivarono tre nazisti, mascherati da teli mimetici e con gli elmetti ricoperti di foglie. Ci ingiunsero di uscire dal ricovero e ci stiparono tutti nella cucina nella casa di Caprara, di cui sbarrarono le porte lasciando aperta solo una finestra, attraverso la quale, subito dopo, scagliarono quattro bombe a mano di quelle col manico, e una grossa granata di colore rosso. L'esplosione fu tremenda e coprì il grande urlo di tutti, poi un fumo denso si stese sui cadaveri dilaniati. Un acuto dolore mi tormentava alle gambe, ma riuscii egualmente a saltare dalla finestra e nascondermi in mezzo a un cespuglio, distante tre o quattro metri. (…)Poi fu il silenzio. (Testimonianza tratta da Renato Giorgi, Marzabotto parla) Ecco cosa racconta Salvina Astrali, che ha perso a Caprara 8 familiari: Quando abbiamo sentito le cannonate, abbiamo deciso di trasferirci da Villa D'Ignano a Caprara perché mia madre si sentiva più sicura là. Abbiamo attaccato le mucche al biroccio e siamo partiti e con noi sono partite anche altre 4 famiglie. Siamo arrivati a Caprara la sera prima del rastrellamento. Io mi sono salvata perché la stessa sera dissi con mia madre: " Abbiamo lasciato alla Villa tutte le bestie, tutte le mucche, vado là a recuperarle." Sono partita con le mie amiche e sono tornata alla Villa. Mentre eravamo per strada abbiamo incontrato mio padre che disse "Bambine tornate indietro perché c'è il rastrellamento anche a Caprara. Tua madre mi ha mandato via perchè dice che alle donne e ai bambini non fanno niente, gli uomini li prendono su e li portano in Germania". Siamo tornate indietro, passando per Tura dove c'era un covo dei partigiani ed Ettore (NdR Ettore Benassi, partigiano della Stella Rossa) mi disse: "Ma dove andate?" Raccontammo tutto e lui disse "Restate qui". Il giorno dopo arrivarono le mie due sorelle...chi le riconosceva più dal gran che erano messe bene.......(…) Una aveva preso una gran bruciata negli occhi, non ci vedeva, l'altra aveva due cannonate proprio nel sedere (…)..Che vita che hanno fatto ad arrivare lì a Tura....Quella che non ci vedeva portava l'altra che non poteva camminare sulle spalle e quella sulle spalle guidava la sorella che non ci vedeva. C'era molta gente e quando sentirono il racconto delle mie sorelle e che a Caprara erano morti tutti e non ci era rimasto più nessuno, scapparono tutti via, avevano tutti paura. Tutti scappati tranne il dottore che ci disse "Ho ancora solo una puntura, se conta questa, bene, altrimenti non so proprio come posso salvarla, tua sorella". Sarà contata quella e le nostre cure con acqua e sale, siamo riusciti a salvarla. Raccontarono che si erano salvate perché si era ribaltata una vetrina ed erano rimaste dietro questa vetrina.(…) Loro hanno sentito che fuori c'era delle gente che parlava anche in italiano. Quelli che sparavano non erano tutti tedeschi, c'erano anche degli italiani, i repubblichini. A Caprara ho perso la mamma e tre sorelle e dalla parte di mio marito, sette cognati e la suocera, la famiglia Iubini. Si è salvato solo mio marito perché era in Germania. Mio suocero non si è mai fatto intervistare, teneva il dolore dentro di sé e basta. Uno degli 8 figli aveva solo 20 giorni e mio suocero (suo padre) ha trovato solo le penne della cuscina; (…) Io dovevo accudire le mie sorelle e mio padre che erano tutti feriti e non tornai a Caprara. Avevo 14 anni. Nessuno di noi tornò a Caprara, sapevamo che erano tutti morti. Gastone Sgargi, partigiano della Stella Rossa, passa da Caprara, il pomeriggio del 29 settembre. Questo è il suo racconto: Quando arrivammo giù a Caprara in questo grande cortile la cosa più orrenda erano le grida (…). Uno spettacolo... indescrivibile: il bestiame mezzo bruciato che faceva gli urli... una cosa, una cosa... quella rimarrà sempre impressa, comunque sia, rimarrà sempre impressa. E' stata una cosa veramente... un eccidio, nel vero senso del termine (…). Questa è stata una cosa che ha lasciato una traccia credo in ciascuno di noi e la lascerà per sempre perché la guerra è una cosa, si combatte lealmente, tu da una parte io dall'altra ma andare a trascinare dei poveri inermi, dei bambini, delle donne in una macelleria di quel genere lì, è stata una cosa veramente orrenda. Degli urli, degli strazi, questa gente che correva, faceva sangue, non sapeva da che parte... E' stato uno spettacolo incredibile. Se uno non lo vede, non può crederlo, non si riesce a descriverla... una cosa così... non si riesce . L’unica superstite Lili: A Bettola stava scendendo la sera e io era pronta per andare a dormire; birocciai e sfollati per il coprifuoco ritornavano a cercare un riparo. Era il '44 sui monti di Reggio la notte di San Giovanni. La ronda ha scoperto tre partigiani venuti per distruggere il ponte. Narratore: I partigiani hanno ucciso un tedesco ma un altro ha dato l'allarme il comando SS ha deciso di fare una rappresaglia esemplare. La notte i soldati armati di mitra sono andati casa per casa avevano l'ordine di uccidere tutti : uomini, donne e bambini. Lili: Ci hanno svegliati e radunati in cucina poi hanno sparato una raffica Io sono caduta tra il nonno e la nonna coperta dal nostro sangue i soldati avevano portato benzina e hanno incendiato le case ma io con fatica sono riuscita a arrivare alla finestra e lasciarmi cadere. Ma la casa bruciava e sarebbe caduta su di me come un colpo di grazia. E’ molto difficile scappare lontano a undici anni con la gola ferita Narratore: E sentiva le grida mischiate agli spari e le bestie nitrire impazzite e le voci metalliche degli ufficiali e sentiva il calore del fuoco. Lili: Mi hanno trovata soltanto al mattino ferita, bruciata ma viva. Il postino mi ha messa sulla bicicletta e portata dai parenti in pianura. Poi sono guarita e la guerra è finita e i tedeschi se ne sono partiti. Ma per molti anni ho sognato gli spari e non mi usciva la voce. Ora vivo una vita serena e sono nonna di tanti nipoti ma a volte si sveglia con gli occhi aperti nel buio e rivedo la Bettola in fiamme. T Testo e musica: Modena City Ramblers Album "La grande famiglia"[1996] Edificio incendiato la notte del 24 giugno 1944 alla Bettola (Reggio Emilia) A scuola abbiamo ascoltato questa canzone che racconta la storia di una avvenimento molto simile a quello avvenuto nella località di Caprara di Sopra, a Monte Sole. E’ successo tre mesi prima, vicino a Reggio Emilia e racconta i fatti accaduti in una località chiamata Bettola, dove viveva con la sua famiglia una bambina, Liliana Del Monte di 11 anni. Ci ha molto colpito questo racconto perchè è quasi identico a quello di Gilberto Fabbri, che all’epoca dei fatti di Monte Sole aveva la stessa età. Nella canzone Liliana narra proprio con le stesse parole di Gilberto quello che ha visto e vissuto! Edificio incendiato la notte del 24 giugno 1944 alla Bettola (Reggio Emilia) Dopo avere ascoltato la lettura di alcune testimonianze proprio davanti ai ruderi delle case siamo scesi verso est fino alla chiesa e al cimitero di Casaglia. Poi siamo risaliti fino all’incrocio tra i sentieri CAI 132 e 100. Lì abbiamo fatto il pranzo a sacco, giocato un po’ e poi abbiamo ripreso il sentiero a nord per Sperticano. Da Sperticano abbiamo seguito la strada asfaltata fino a Pian di Venola, dove abbiamo imboccato la sterrata lungo il fiume arrivando fino al canile di Marzabotto. Passando davanti alla cartiera, poi sotto la ferrovia e infine lungo via Nerozzi , siamo rientrati a scuola dieci minuti prima che suonasse la campanella d’uscita! 19 aprile 2011. La cima di Monte Sole.