DIRITTOCIVILE Prof.GIOVANNIFURGIUELE LezioniacuradellaDott.ssaGiuliaTesi CAPITOLO11 L’EQUITA’ 1.Lacomplessaindividuazionediungiudiziosecondoequità…………………….pag.399 2.Lediversemodalitàdiutilizzodelconcettodiequità………………………………pag.408 3.Giurisprudenzainmateriadiequità……………………………………………………….pag.413 CAPITOLO12 L’INTERPRETAZIONEDELCONTRATTO 1.L’attivitàdiinterpretazionedelcontratto……………………………………………….pag.425 2.Ladisciplinacodicisticadell’attivitàdiinterpretazionedelcontratto……….pag.432 398 CAPITOLO11 L’EQUITA’ 1.Lacomplessaindividuazionediungiudiziosecondoequità. Iniziamoilprossimoargomentodelcorso,cioèl’equità.L’equità,sotto moltipuntidivista,rappresentaun“mistero”.Inquestocorso,daun lato, abbiamo affrontato il discorsi sulla buona fede. Essa, in linea di massima, è individuabile: si ha una certa idea di quale sia il comportamento corretto e secondo buona fede. Dall’altra parte abbiamo affrontato il problema dell’abuso del diritto che, nella sostanza, rappresenta un’ulteriore tappa: si inizia dalla buona fede, poiilcomportamentoscorrettopuòdarluogoadelleipotesiincuisi manifesta esternamente l’atto di esercizio di una situazione soggettiva,ma,inrealtà,sivuoleraggiungereunadiversafinalitàche nonrisultaammissibile. In una certa misura, quindi, il discorso, al di là dei problemi che si hanno nel valutare i comportamenti scorretti e abusivi, esprime una chiavediletturachehaunasualogica. Per quanto riguarda l’equità, il discorso è diverso e più complesso. Individuare quale sia il giudizio equo è, come abbiamo già detto, un “mistero”, nel senso che si possono avere una molteplicità di valutazioni con riferimento, appunto, al comportamento equo o iniquo. Che cosa significa equità? In prima battuta, l’equità, nella sostanza, equivale ad un criterio di giustizia: l’impiego di una valutazione Equitàegiustizia secondo giustizia. Dire equità uguale giustizia significa fare una valutazioneprecisaecorretta. 399 Le perplessità che si hanno, nei confronti della soluzione equa, si trasmettono in ordine alla soluzione giusta. Anche la giustizia è un altroproblemaaperto,èunavalutazione,unachiavedilettura. Lagiustiziael’equitàsignifica,nellasostanza,molteplicitàdipuntidi vista:èdifficileindividuare,inmodounivoco,ciòcheequoeciòcheè giusto e non è detto che la nostra soluzione equa o giusta sia quella destinata a prevalere anche in altri ordinamenti, o in altri tipi di apprezzamento. Quando si parla di equità e giustizia, poi, si fa un ragionamento in chiave giuridica, ma in realtà ci portiamo dietro tutto un ulteriore ventaglio di idee e profili morali, religiosi e etici. Equità e giustizia, certamente, fanno riferimento ad un certo ordinamento, ma siamo, comunque, di fronte a ragionamenti che coinvolgono l’uomo, le sue ideeeisuoiatteggiamenti. Siamo,quindi,dinanziadundiscorsoestremamentecomplesso. Pertanto, nella determinazione del concetto di equità, emerge un certo scetticismo nel dover prendere delle posizioni e una certa insoddisfazionedifrontealledecisioniprese. Il legislatore, come vedremo, parla di giudizio secondo equità, ma riuscire a capire quale sia, effettivamente, il giudizio equo non è semplice. Per tentare di attutire la suddetta sensazione di scetticismo e di insoddisfazione e dare una risposta soddisfacente in ordine L’equitànel codicecivile all’individuazionedelconcettodiequità,scendiamoneldettagliodella questione. Partiamo, innanzitutto, dal dato normativo e vediamo quando, nel testodelcodicecivile,sirichiamal’equità. In primo luogo, leggiamo l’articolo 1374 c.c. – “Integrazione del Articolo1374c.c. contratto” – che, già dalla rubrica, solletica una serie di significative 400 riflessioni.Quandosiparladiintegrazionedelcontrattocosasivuole dire? Certamente, il contratto produce effetti obbligatori con riferimento alla materia, in ordine alla quale, si sviluppa la logica espressivadelcontratto.Glieffettidelcontratto,però,nonsilimitano soltantoaicontenutiespressamentepattuiti. Atalproposito,l’articolo1374c.c.cosìrecita:“Ilcontrattoobbligale parti non solo a quanto è nel medesimo espresso, ma anche a tutte le conseguenzechenederivanosecondolalegge,o,inmancanza,secondo gliusiel’equità”. Questaèun’impostazionedelladisciplinadettatanelcodicecivilecon riferimento agli accordi che si raggiungono in sede contrattuale. Rispetto ad essi, occorre fare, innanzitutto, riferimento al contenuto del contratto come obbligazione che scaturisce dalla stipulazione in forma concordata. Oltre a ciò, però, secondo quanto stabilito dall’articolo1374c.c.,siaggiungechel’intesaeffettualechescaturisce dall’accordofraleparticostituiscesolounprimopassoperchévièla possibilitàdifarriferimentoancheadaltrefontiulterioriediverse:la legge,gliusiel’equità. Il contratto, quindi, obbliga a quanto e pattuito, ma obbliga anche a tuttociòchecaratterizzal’ulterioresituazionecheemergedallalegge, dagliusiedall’equità. Èopportunorifletteresuchecosasignificaintegrazionedelcontratto, aldilàdiquantoespressoall’articolo1374delcodicecivile. Integrazione del contratto significa che la logica della disciplina del rapporto contrattuale non è limitata, esclusivamente, al contenuto espressodallaletteradelcontrattostesso.Lalogicachescaturiscedal contratto dà luogo ad una situazione che si pone in una misura di carattereulterioreediverso.Quindi,sipuòrichiamarel’applicazione, non soltanto della regola prevista sulla base dell’autonomia 401 contrattuale, ma anche l’utilizzazione di fonti di disciplina, del rapporto contrattuale, che consistono nella legge, o negli usi, o nell’equità.Pertanto,ilcontrattoèsoloilprimopasso,essodetermina solo l’inizio del rapporto; il completamento della situazione, che consegue al rapporto contrattuale, si realizza in una dimensione che vaanchealdilàdelprofilodell’accordo. L’articolo1374c.c.,comeabbiamovisto,fa,innanzitutto,riferimento alla legge, come norma giuridica di carattere impegnativo che determina la disciplina di un certo rapporto. In secondo luogo, si fa riferimento agli usi, per cui, almeno che non vi siano situazioni specifiche,taleriferimentononsuscitaparticolariproblematiche. Infine,all’articolo1374c.c.,sifariferimento,qualeulteriorefontedi integrazione del contratto, all’equità. Pertanto, a livello di fonti che integrano il contenuto dell’accordo contrattuale, si deve fare riferimento,oltrecheallaleggeeagliusi,ancheall’equità. Nella valutazione che costituisce la lettera dell’articolo 1374 c.c., l’equitàconfiguraun’ulteriorefontedeldiritto.Ildirittoesprimeuna normativa che può risultare o da un comando in sede statuale, o da un’attivitàchesirealizzanell’ambitodelrapportofraprivati,percui, inquestocontesto,l’equitàcostituisceun’ulteriore“fontedeldiritto”. Ciò significa che, in questa logica, si legittima l’impiego, in ordine a specifici rapporti contrattuali, di criteri di orientamento e, quindi, di disciplina,sullabasedell’immaginosoconcettodiequità. In altre parole, con l’articolo 1374 c.c., si dà ingresso ad una normativa ulteriore di disciplina del rapporto contrattuale, la quale scaturisce non dalla legge o dagli usi (che sono sorretti da un dato oggettivo), ma dall’equità. Cosa sia l’equità rimane, comunque, un dubbio. 402 Passiamoadun’altranorma,l’articolo1371c.c.cheverràquiletta,ma sul quale dovremo ritornare quando, nel prossimo capitolo, Articolo1371 c.c. affronteremolequestionirelativeall’interpretazionedelcontratto. Lanormaincommentocosìrecita:“Qualora,nonostantel’applicazione dellenormecontenuteinquestocapo,ilcontrattorimangaoscuro,esso deveessereintesonelsensomenogravosoperl’obbligato,seèatitolo gratuito, e nel senso che realizza l’equo contemperamento degli interessidellepartiseèatitolooneroso”. Anchenellasuddettanormaricompareilriferimentoall’equità. Per comprendere cosa significhi “equo contemperamento” bisognerà valutare,casopercaso,lesingolesituazionicontrattuali.Nuovamente, però,sirichiamaqueltipodiimpostazionedelragionamentoinsede diinterpretazionedelcontratto,nelsensochelavalutazionegiuridica (noncomefontedeldiritto)sicompletaconriferimentoall’equità. Vi è, quindi, una differenza fra quanto previsto dall’articolo 1374 e dall’articolo1371delcodicecivile. L’articolo1374c.c.sembrarichiamarel’equitàcomefontedeldiritto, percui,essaèdesuntadall’utilizzazionedeltermineequità. Nell’articolo 1371 c.c. c’è, invece, una soluzione giuridica, in sede interpretativa,chesibasasull’equocontemperamento.Ciònonèaltro cheilcompletamentodiunragionamentogiuridicoperl’ordinamento delloStatoitaliano. All’articolo 1384 c.c. – “Riduzionedellapenale” – si legge: “Lapenale Articolo1384c.c. può essere diminuita dal giudice, se l’obbligazione principale è stata eseguita in parte ovvero se l’ammontare della penale è manifestatamente eccessivo, avuto sempre riguardo all’interesse che il creditoreavevaall’adempimento”. 403 Leparti,quindi,sonoliberedideterminarel’ammontaredellapenale – che costituisce, ex articolo 1382 c.c.,1la sanzione, prevista dalla parti,incasodiinadempimento–peròessapotrebbeessereirrisoria, congrua, o eccessiva. In caso di penale eccessiva, secondo quanto previsto dall’articolo 1384 c.c., il giudice può procedere ad una diminuzioneequadellastessa. L’equadiminuzionedellapenale,cosìcomerichiamatadallanormain commento, è una valutazione che completa, anch’essa, il ragionamentogiuridicocircal’ammontaredellapenale. La valutazione giuridica viene, quindi, riferita, in questi casi, al concetto di equità. Pertanto, nell’ordinamento giuridico dello Stato italiano, nelle norma in commento, si esprime un criterio di valutazione in senso giuridico non soltanto sulla base della lettera dellalegge,maanchesullabasedelriferimentoadunavalutazionein termini di equità. In quest’ottica, l’equità rappresenta una chiave di letturadelragionamentogiuridico. Sul problema della riduzione equitativa della penale ritorneremo, successivamente,quandoaffronteremolequestionigiurisprudenziali chesipongonoinmateriadiequità. Passiamoadun’altranorma:l’articolo1450codicecivile.Talearticolo si trova nell’ambito della disciplina dell’ipotesi della rescissione del Articolo1450c.c. contratto. In particolare, il riferimento è all’ipotesi del contratto conclusoinstatodipericolodicuiall’articolo1447c.c.,ilqualeparla di “contratto con cui una parte ha assunto obbligazioni a condizioni inique”.Intalcaso,ilrapportocontrattualeesprimeladisciplinachesi hainordineadunacertaintesa,malecondizionidelcontrattosono 1L’articolo1382c.c.–“Effettidellaclausolapenale”–cosìrecita:“Laclausola,concuisiconvieneche,in caso di inadempimento o di ritardo nell’adempimento, uno dei contraenti è tenuto a una determinata prestazione,hal’effettodilimitareilrisarcimentoallaprestazionepromessa,senonèstataconvenutala risarcibilitàdeldannoulteriore”. 404 inaccettabili,sullabasedellavalutazioneinterminiequidelrapporto fraleparti.Sipuòfare,peresempio,ilcasodellavenditadiduestanze di un bellissimo palazzo alla cifra di 3 milioni di euro. Questa è una condizione,chiaramente,iniqua.Nellalogicacontrattuale,nonostante l’iniquità di tale condizione, bisogna anche considerare il fatto che potrebbe essere talmente forte l’interesse della controparte all’acquisto di tale bene che è disposto a pagare una cifra spropositata.Lalogicadell’articolo1447c.c.nonèquesta,maèquella delriferimentoadun’iniquitàintesainterminigenerali. In questo contesto, l’articolo 1450 c.c. – “Offertadimodificazionedel contratto”–cosìstatuisce:“Ilcontraentecontroilqualeèdomandata la rescissione può evitarla offrendo una modificazione del contratto sufficienteperricondurloadequità”. Essoesprimeunaspettodidisciplinadell’azionedirescissione.Nello specifico, si offre una possibilità alla parte, nei confronti della quale vienepromossal’azionedirescissione. Quale sia la determinazione giusta per rendere equilibrato il rapporto,rimaneinunangoloperchénonèfacilecomprenderequale essa sia, in quanto ci può essere una molteplicità di approcci e di profili. Ciò che è certo è che l’equità costituisce la chiave normativa per la risoluzione del problema. È un’immagine normativa di risoluzionedelproblema,percui,quandovièunconflittofraleparti, la parte, contro cui è domandata la rescissione del contratto, può evitarla offrendo di ricondurre il contratto ad equità. Non si ha, in questi casi, una caduta del contratto; esso può rimanere in piedi purché, aderendo alla prospettazione della controparte, si offra di ricondurloadunasituazioneinterminiequi. Anche in questo caso, l’equità è una chiave di lettura del ragionamento giuridico però, volendo essere onesti, non esiste una 405 soluzioneequachesiimponerispettoallealtre.Quandosiconcludela questione, ossia quando la controparte accetta l’offerta, quella soluzioneoffertaèequa. Soffermiamoci, ora, sul contenuto degli articoli 1467 e 1468 del codice civile. Si passa, quindi, dalla rescissione alla risoluzione del Articoli1467/3e 1468c.c. contratto.Comeènoto,essapuòrealizzarsiperinadempimento,per impossibilità sopravvenuta, oppure, e questo è l’ipotesi che ci interessainquestasede,pereccessivaonerosità. La suddetta eccessiva onerosità determina una valutazione del rapportocontrattuale. Per quanto riguarda i contratti a prestazioni corrispettive, l’articolo 1467 c.c., al terzo comma, si prevede: “La parte contro cui è domandata la risoluzione può evitarla offrendo di modificare equamentelecondizionidicontratto”. Ciò significa che la soluzione che scaturisce dalla richiesta di risoluzionedelcontrattonondetermina,dipersé,ilvenirmenodella situazione contrattuale perché è fatta salva la possibilità, per la controparte, di bloccare la risoluzione offrendo di “modificare equamentelecondizionidicontratto”. Per quanto riguarda, invece, i contratti con prestazioni di una sola parte, l’articolo 1468 c.c. prevede: “Nell’ipotesi prevista dall’articolo precedente,sesitrattadiuncontrattonelqualeunasoladellepartiha assunto obbligazioni, questa può chiedere una riduzione della sua prestazione ovvero una modificazione nelle modalità di esecuzione, sufficientiperricondurlaadequità”. Pertanto,anchenell’ambitodellalogicachecaratterizzalasituazione delcontrattoconeffettiacaricodiunasolaparte,laddovevisiauna disciplina che determina uno squilibrio eccessivo nei confronti 406 dell’obbligato, il rapporto contrattuale può rimanere in piedi purché cisiainsensoequitativo. Vi è, infine, un’ulteriore norma che viene qui richiamata perché esprimelospiritodelladisciplinagiuridica. Ilriferimentoèall’articolo1469c.c.–“Contrattoaleatorio”–ilquale così recita: “Le norme degli articoli precedenti non si applicano ai contrattialeatoriperloronaturaopervolontàdelleparti”. Il contratto aleatorio, nella valutazione giuridica espressa in sede codicistica, viene assolutizzato perché, nella sostanza, si impone alle parti. E’ stato pattuito un rischio, una delle parti ha assunto su di sé l’eventualità di tale rischio e, quindi, non c’è più, nella logica di cui all’articolo 1469 c.c., la necessità di preoccuparsi delle situazioni di mancanzadiequilibrio,dimancanzadirispondenzadellavalutazione interminiequi. Tale disciplina suscita alcune perplessità perché dipende dall’entità dellaripercussioneacaricodiunaparte. Le norme fin qui citate si riferiscono alla disciplina specifica del contratto. Ci sono, poi, una molteplicità di norme, riferite a singole situazionicontrattuali,inordineallequalisihaunriflessodeiprofili divalutazioneinterminidiequità. Atalproposito,senzarichiamarelamolteplicitàdelleipotesipreviste a livello codicistico, vorremmo porre l’attenzione sul contenuto dell’articolo1733c.c.,ilquale,inmateriadicontrattodicommissione, per quanto riguarda la misura della provvigione, stabilisce che quest’ultima“senonèstabilitadalleparti,sideterminasecondogliusi delluogoincuiècompiutol’affare”.Siaggiunge,poi,cheinmancanza diusi“provvedeilgiudicesecondoequità”. In questo caso, qualora manchi la determinazione in forma contrattuale,l’equitàcompletaladisciplinadelrapporto. 407 Queste sono, quindi, alcune delle ipotesi in ordine alle quali si ha il riferimento all’impiego del concetto di equità. Si tratta, però, di situazionichenonrisolvonoilproblema,ma,anzi,lopongonoperché colui a cui spetta il compito di effettuare la valutazione secondo equità, ha una chiave di lettura del concetto di equità che, però, può comprendere tutto. Quali siano, in sostanza, le caratteristiche della valutazioneequitativanonèpossibiledirloconcertezza.Nonc’èuna chiavediletturainsensounitariodiquestaspecificaipotesi. In altre parole, la lettura del dato normativo non fa altro che aumentareidubbiinizialmenteespressi. 2.Lediversemodalitàdiutilizzodelconcettodiequità. Abbiamo concluso il paragrafo precedente sollevando una serie di dubbieproblematicherelativeall’individuazionedicosasiaequitàe diqualesiailgiudizio,effettivamente,equo. Adesso tenteremo, quindi, di risolvere il problema circa l’individuazione del giudizio equo, ferme rimanendo le perplessità sopraespresse. Innanzitutto,sivuolefareunminimorichiamostoricoperdire,daun Riferimentistorici punto di vista delle vicende del passato, la rilevanza del concetto di equità. Nella Voce sull’equità di Calasso, presente nell’Enciclopedia del Diritto,silegge,primadellesingolevocichesioccupanodell’equitàin chiave civilistica, civilistica, processualistica, che l’equità, nella sua configurazione,èinsolubile.L’Autorenellapartefinaledeltestodice che l’equità non è altro che la giustizia, quindi, i problemi relativi all’individuazionedelgiudiziogiustosiripercuotono,inevitabilmente, nell’individuazionedelconcettodiequità. 408 Per quanto riguarda i riferimenti storici, di equità se ne parla da sempre.Essaèunachiavediletturadiquellacheèlasoluzionegiusta. Diequitàneparla,addirittura,Aristotele,ilquale,nellavalutazionedi ciò che determina i problemi che si pongono al di fuori del ragionamento giuridico specifico, tenta di risolvere tali problemi ricorrendoalconcettodiequità. Lo stesso discorso vale anche per il mondo romano. In ambito romanistico,l’aequitasèilmodoconcuisitrovalasoluzionedialcuni problemigiuridici. In questa logica, il giudice rivaluta a sé stesso una certa posizione, ossia impone quella certa soluzione da lui data, secondo il suo concettodiequità. L’idea di equità come soluzione giusta, sotto certi aspetti, si pone in contattoancheconl’equitydelmondoanglosassone. Fatto questo ulteriore riferimento, veniamo a dare un’immagine dell’equità. Il concetto di equità si differenzia, nel suo significato, a seconda dell’impiegochenevienefatto,quindi,diseguito,verrannoanalizzate le diverse modalità di utilizzazione del concetto di equità che costituiscono, altrettante, immagini del medesimo concetto. Diversamente da quanto detto in ordine alla buona fede e all’abuso deldiritto,rispettoaiqualisihauncomportamentochedeveessere valutato in termini di correttezza e abusività, l’equità emerge come utilizzazionediunacategoria.Pertanto,essaassumeunsignificato,in parte, diverso, a seconda del modo con cui tale concetto viene utilizzatonellediversedisposizioni. Per capire in maniera più adeguata le difficoltà che si pongono rispetto ad una valutazione in termini equitativi, bisogna partire dal Equitàcome fontedeldiritto contenutodell’articolo114delcodicediproceduracivile. 409 L’articolo114c.p.c.–“Pronunciasecondoequitàarichiestadiparte”– così stabilisce: “Il giudice, sia in primo grado che in appello, decide il merito della causa secondo equità quando esso riguarda diritti disponibilidellepartiequesteglienefannoconcorderichiesta”. Pertanto, il materiale normativo a cui il giudice si appresta a dare impiegononècostituitodallenormegeneralidelcodice,maèciòche risultasullabasedell’immaginosoconcettodiequitàchehaunasola valenza,ossiaquelladiesserediversodalladisciplinaprevistainsede civilistica. Nell’ambito di questa ipotesi si fa un certo impiego del concetto di equità.Siha,insostanza,ilprimomododiutilizzazionedelconcetto diequità. In questi casi, riprendendo anche quanto detto nel paragrafo precedente, emerge l’immagine dell’equità come fonte del diritto. Essaè,quindi,unriferimentodacuiscaturisconocertenormediverse daquelleprevistedall’ordinamentocivilistico. Inquesteipotesi,sidàlapossibilitàdiutilizzaredellenormechenon appartengono alla disciplina prevista in sede civilistica e, in questa logica,l’equitàèfontedeldiritto. Viè,poi,unsecondomododiutilizzazionedelconcettodiequitàcheè quello che risulta da, pressoché, tutte le norme citate nel paragrafo precedente.Secondoquestasecondaimmagine,l’equitàcostituisceun Equitàcome criteriodel ragionamento giuridico modoconcuisirealizza,neidiversicasi,lasoluzionegiuridicaperché essadàluogoadunacertavalutazionechevieneeffettuatasullabase delconcettodiequità.Inaltritermini,inquesticasi,lasoluzioneequa completaladisposizioneprevistadall’ordinamento. L’equità è, quindi, un criterio con cui si hail ragionamento giuridico che, in quelle specifiche, ipotesi implica il riferimento all’immagine cheemergedalconcettodiequità. 410 C’è anche un terzo modo di utilizzazione del concetto di equità. Ad esempio,quandoc’èunacertavalutazioneinsedenormativa,laquale implica una certa quantificazione che è ritenuta equa. In questi casi, Equitàcome tecnicadi espressionediun giudizio l’equità non è un criterio del ragionamento giuridico, ma è un giudizio, è una valutazione di una certa prescrizione che avviene, normalmente,aldifuoridelrapportocontrattualechelegaleparti. A questo punto, occorre domandarsi quali siano i contenuti del concettodiequità. È,evidente,che,rispettoalconcettodiequità,siamodifronteaduna valutazionesfuggentee,sottocertiaspetti,misteriosa. Icriteridivalutazionisfuggono;iltermineequitàèunsaltonelvuoto. Nella logica del contratto, il termine equo significa eguale. La soluzione in termini di equità deve essere equa ed equilibrata nei confrontidientrambeleparti. Questa, però, è solo un’apparente chiave di lettura perché, in concreto, la valutazione secondo equità sfugge ad una sua effettiva individuazione. Pertanto, per concludere, in modo soddisfacente, il discorso sull’equità,occorrefareunpassoindietro.Nellaparteintroduttivadel Equitàeattivitàdi interpretazione corso, infatti, si è parlato di interpretazione e si è detto che essa costituisceilsensochevieneattribuitoadunaspecificaattribuzione. Comesiricorderà,perdareun’immagineadun’eventualediversitàdi valutazione, in sede interpretativa, si ricorre alla cosiddetta precomprensione. La precomprensione può comprendere qualsiasi cosa: una diversa considerazione di certi fenomeni, una diversità di profili e atteggiamenti.Èunalogicageneraledacui,comeabbiamodettoaltre volte, può scaturire il senso da attribuire di certe specifiche disposizioni. 411 Quandosiragionainordineasoluzioniequecircal’ammontarediuna prestazione, circa la valutazione di una certa disciplina di rapporto contrattuale, sulla base della precomprensione, per cui, quel certo giudice, o quella certa parte determinerà il senso specifico di certe situazioni, si capisce perché è stata adottata una determinata valutazionediequità. Quando si ragiona su un certo significato da attribuire in ordine a specificheipotesievieneadottatal’immaginesullabasedelconcetto di equità, per capire perché si è giunti a quella risposta, si deve utilizzare, probabilmente, il riferimento alla precomprensione. Quest’ultima rappresenta, nella sostanza, la chiave di lettura della soluzionechevieneadottata. Per quanto riguarda la soluzione equa, quindi, si può avere una rispostadifferenziata,asecondadelgiudicecheèchiamato,divoltain volta, a decidere. È la precomprensione del giudice che è all’origine dellavalutazioneadottatainsedeequitativa. L’equitàcompletaladisciplinacontrattuale,èlafonteintegrativadel contratto, ma si deve tener presente che non esiste, in termini equitativi,unasoluzioneunitaria.Nonèdetto,infatti,chelasoluzione adottata,inconcreto,dalgiudicesiaquellachesarebbestataadottata, daaltri,inuncasoanalogo. Ecco perché si dice che l’equità è un “mistero”. La soluzione del singolo giudice si impone, ma non esiste, in termini generali, una valutazioneunitariadelgiudizioequo. 412 3.Giurisprudenzainmateriadiequità. Ildiscorsosull’equitàsiconcludeesicompletaconl’analisiditrecasi giurisprudenziali. La prima sentenza che analizziamo è quella delle Sezioni Unite della CortediCassazione,n.18128,del13settembre2005. Cass.,Sez.Un.,n. 18128/2005 Come è evidente si tratta di una sentenza non recentissima, ma che, comunque,rappresentaunadellepiùimportantipronunceinmateria diequitàche,ancoraoggi,èseguitacomemassimavincolante. Lafattispecieconcretariguarda,ancheinquestocaso,lagrandefonte dilitigie,quindi,digiurisprudenzacheèilcondominio. La vicenda riguarda, nello specifico, un condomino che aveva un debito con il condominio per una somma di circa un milione delle vecchielire. Il condominio aveva agito contro il condomino moroso, chiedendo il pagamento della somma suddetta e attivando, anche, una specifica previsionedelregolamentocondominialecheprevedevache,incaso di grave ritardo nel pagamento, oltre all’obbligo di procedere al pagamento della somma dovuta, anche il pagamento di una certa sanzione quantificata secondo meccanismi previsti nel suddetto regolamento. Nel caso di specie, tali meccanismi erano, particolarmente,severiperchéaldebitodiunmilionedivecchielire siandavaasommareunasanzionedicircatremilionidilire. La causa inizia, quindi, dinanzi ad un giudice di pace di Roma. Il condomino convenuto sostiene l’illegittimità della sanzione prevista dal regolamento condominiale, in quanto, secondo lui, essa integrerebbeilmeccanismodell’usura. Il Giudice di Pace accoglie la domanda del condominio, facendo, semplicemente, presente che le previsioni del regolamento 413 condominiale sono legittime e sono state, a suo tempo, approvate anchedaquelsingolocondomino. Ilcondominoricorreinappelloecontinuaariproporrelasuavisione della clausola contrattuale, intesa quale fattispecie usuraria e, come tale,soggettaanullitàexarticolo1815delcodicecivile. IlTribunalediRoma,nuovamente,nonaccogliequesteeccezioneedà ragionealcondominio,inquantoritienepalesementeinapplicabile,al casodispecie,l’articolo1815c.c.che,invece,èdettatoinmateriadi mutuo. Eventualmente, secondo il Tribunale, la norma a cui far riferimento avrebbe dovuto essere l’articolo 1384 c.c. perché il meccanismo in questionenonsisostanziainunaclausolacheprevedeinteressi,maè unaclausolacheprevedevaunasanzione,cioèunapenale.Laclausola del regolamento condominiale è, in termini astratti, una penale contrattuale. Pertanto, siccome la questione è stata impostata sulla base di una norma sbagliata, il giudice non può, secondo l’orientamento seguito dalTribunalediRoma,ridurred’ufficiolapenale. Aquestopunto,ilcondominoarrivainCassazioneeripropone,daun lato, la solita argomentazione relativa all’usura. Dall’altro lato, però, sostiene che, anche ammettendo che si fosse in presenza di clausola penale,ilgiudiceavrebbepotutoedovutoridurrelapenaled’ufficio, ancheinmancanzadell’espressadomandadiparte. AnchelaCassazioneribadiscechel’usuraèinconferenterispettoalla fattispecie in commento. La questione, quindi, si sposta sul secondo profilocheconsistenellostabilireseilgiudicepossae,quindi,debba ridurred’ufficiounapenaleeccessiva,ancheinmancanzadidomanda dellaparte. 414 Essendo quello suddetto un problema di importanza rilevante, sul quale, già in passato, si erano divise dottrina e giurisprudenza, si decide di rimettere la questione alle Sezioni Unite della Corte di Cassazione. LeSezioniUnitesitrovano,quindi,adoverdecideresesipossaavere, omeno,ilrilievod’ufficiodellariduzionedellapenaleeccessiva. Nell’articolo1384c.c.,comeabbiamovistonelprecedenteparagrafo, nonc’èalcunespressoriferimento,néadunasoluzione,néall’altra. Pertanto, le Sezioni Unite devono procedere a risolvere il caso sulla base di una valutazione della credibilità dei diversi argomenti proposti dai fautori della rilevabilità d’ufficio e dai fautori della tesi opposta. Diciamo, fin da ora, che le Sezioni Unite si orientano a favore del rilievo d’ufficio e, quindi, ritengono possibile, per il giudice, intervenire,ancheinassenzadidomandadiparte. Vediamo,quindi,comeleSezioniUnitearrivanoataleconclusione. Innanzitutto, i giudici prendono in considerazione gli argomenti sostenuti da coloro che erano contrari alla rilevabilità d’ufficio della riduzionedellapenaleeccessiva. In particolare, tale orientamento contrario si fondava su tre argomenti. Il primo faceva leva sulla lettera della legge, nel senso di direche,proprioperchénonc’èscrittonulla,sidovrebbeescluderela rilevabilità d’ufficio. Tale primo argomento è ritenuto inammissibile dalle Sezioni Unite. Esso, infatti, oltre a non essere di per sé significativoilsilenzio,seaquestosivolesseattribuireunsignificato questo dovrebbe operare in senso contrario rispetto a quanto sopra sostenuto perché nel codice sono di più le ipotesi in cui si prevede espressamente la necessità dell’eccezione di parte (prescrizione, 415 compensazione, annullabilità). Viceversa, quando non si dice niente, inmolticasi,siintendeammessoilrilievod’ufficio. Ilsecondoargomentodeicontrarifacevalevasullavalutazionedegli interessi in gioco. Si riteneva, in particolare, che la riduzione della penaleècosacheinteressasoloaldebitore,quindi,deveesseresolo quest’ultimo a decidere, con la domanda, se la penale debba essere ridotta. Anche tale argomento non è ritenuto credibile dalle Sezioni Unite, in quanto, esse ritengono che il cosiddetto “equilibrio contrattuale” rappresenti una sorta di interesse collettivo e questo legittimerebbe un intervento ufficioso, anche in mancanza della domandadiparte. Il terzo argomento contrario al rilievo d’ufficio faceva riferimento a un carattere pratico e processuale. I fautori di tale orientamento ritenevano che, in assenza di un’attività di allegazione dell’interessato, era impossibile accertare l’eccessività della penale. Per le Sezioni Unite, invece, non è detto che sia sempre necessario l’intervento istruttorio e probatorio della parte interessata perché potrebbeesseresufficientechel’eccessivitàemergaalivellotestuale. Questi sono i tre argomenti confutati. Ci sono, poi, gli argomenti approvati formulati dai fautori del rilievo d’ufficio della penale eccessiva. Il primo argomento considerava come la stessa giurisprudenza, apparentemente, contraria al rilievo d’ufficio, con il passare del tempo, pur continuando a ripetere che la penale non può essere ridottad’ufficio,insostanza,lariducevad’ufficio,perchéritenevache l’eccezione di parte potesse essere individuata nella semplice resistenzaingiudiziodeldebitore. Vi è, poi, un argomento che dovrebbe essere familiare. Si fa, infatti, riferimento al principio di buona fede e correttezza, consacrato dal 416 richiamoalsuperioreprincipiodisolidarietàdicuiall’articolo2della Costituzioneche,quindi,imporrebbelanecessitàdiuninterventodel giudiceperfarsìcheicontrattisianorispettosideiprincipisuddettie chelepenalieccessivesianoridotte. Questi sono gli argomenti già delineati nel dibattito precedente. Le Sezioni Unite sposano questa impostazione favorevole al rilievo d’ufficiochevienerinforzataconulteriorivalutazioni. In particolare, si richiama la formula di cui all’articolo 1322 c.c., quindi, l’idea dell’autonomia privata intesa non come libertà sconfinata, ma come un potere di darsi ordinamento che è, però, soggetto a limiti che provengono da un ordinamento superiore. Pertanto,nonèdettocheognicontrattazioneed,inparticolare,ogni clausola penale debba essere, in quanto tale, recepita dallo Stato. Ci sono meccanismi, vincoli e valutazioni che, a volte, intervengono in maniera automatica, exante (per esempio, il meccanismo di cui agli articoli1339e1419c.c.),mentre,altrevolte,lavalutazionenonpuò essere fatta in maniera automatica e preventiva, a livello normativo, ma deve essere fatta, in maniera concreta, ex post, dal giudice. È questo,quindi,ilcasodellariduzionedellapenaleexarticolo1384c.c. perché non sempre la manifesta eccessività della stessa risulta evidenteinviapreventiva. L’ulteriore argomento, fatto proprio dalle Sezioni Unite, consiste nel fatto di ritenere che la riduzione ad equità della penale serve ad “evitare che le parti utilizzino uno strumento legale per ottenere uno scopochel’ordinamentononconsente,ovverononritienemeritevoledi tutela”. Si riconosce, in queste parole, la tecnica argomentativa dell’abusodeldiritto.Pertanto,lapenaleèunostrumentolegale,però, ilsuoutilizzononpuòtrascendereinunsuoabuso.Quindi,lapenale eccessivaèunaformadiabusodeldiritto. 417 Si fa, infine, riferimento al fatto che la giurisprudenza, anche in passato, è sempre stato concorde nel ritenere che le parti non possono, pattiziamente, escludere l’operatività dell’articolo 1384 del codice civile, escludendo la riduzione ad equità della penale. Ciò, rafforzal’ideadell’esistenzadiunpotereufficiosodelgiudice,voltoa tutelare un interesse pubblicistico e non una piena libertà di valutazionedelleparti. L’esito della pronuncia è la cassazione della sentenza di merito ed il rinvio ad altro giudice che dovrà provvedere, anche d’ufficio, alla eventualeriduzionedellapenale. La seconda sentenza che analizziamo, in materia di equità, è quella dellaCortediCassazione,n.2491,del10febbraio2015. Cass.,n. 2491/2015 LavicendasisvolgeaFirenze.Uncertosoggetto,nel1999,stipulava, con la Mercantile Leasing S.p.A., un contratto di leasing avente ad oggettoimmobiliedattrezzatureperristorante. L’utilizzatore rimaneva indietro con il pagamento dei canoni di leasing e, quindi, nel 2003, in virtù del suo inadempimento, veniva emesso un decreto ingiuntivo, con il quale gli veniva ingiunto di pagare, alla Mercantile Leasing, la somma di 7.991 euro, a titolo di canoniscaduti,dascadere,risarcimentodeidanniespese. Ciò conformemente a quanto previsto nel contratto di leasing, nel quale era, appunto, stabilito che, in caso di inadempimento dell’utilizzatore,essodovevaallasocietàunapenaledatadalcumulo deicanoniscadutiediquelliascadere. L’utilizzatore proponeva opposizione al suddetto decreto ingiuntivo. La Mercantile si costituiva in giudizio e chiedeva la condanna della controparte al pagamento di altri 1.127 euro, corrispondenti all’ulterioredannodainadempimentononcopertodallapenale. 418 Il Tribunale di Firenze dichiarava la risoluzione del contratto di leasingperinadempimentodell’utilizzatore;revocava,però,ildecreto ingiuntivo e accertava il diritto della società a trattenere, a titolo di penale,sololesommegiàriscosse,invirtùdeicanonigiàscaduti. Nello specifico, il Tribunale faceva applicazione si quanto previsto dall’articolo1384c.c.,ilqualestabiliscelapossibilità,perilgiudice,di ridurre equamente la penale se l’ammontare della stessa è manifestatamenteeccessivo. Per il giudice di primo grado, quindi, il mantenimento di una penale contrattuale che, in caso di inadempimento dell’utilizzatore, predeterminasse la liquidazione del danno nel cumulo dei canoni scadutiedascadere,risultavaincontrastoconl’equotemperamento dellerispettiveposizionicontrattuali. Il Tribunale condannava l’utilizzatore, anche, al pagamento dell’ulteriore importo di 2.500 euro, a titolo di equo compenso per l’uso della cosa ex articolo 1526 c.c. che, in materia di vendita con riserva della proprietà, stabilisce che, in caso di risoluzione del contratto per inadempimento del compratore, il venditore deve restituire le rate riscosse, ma il giudice può prevedere, a suo favore, unequocompensoperl’usodellacosa. LasocietàdileasingproponevaappelloelaCorted’appellodiFirenze rigettava il ricorso e confermava quanto deciso dal giudice di primo grado. Controladecisioned’appello,lasocietàdileasingproponevaricorso perCassazione. In sede di ricorso, la società ricorrente, innanzitutto, contestava la ricostruzione della Corte d’appello che aveva qualificato il leasing in esame come leasing traslativo. Mentre, secondo la ricorrente, quel contratto doveva essere qualificato come leasing di godimento e ciò 419 perlanaturadeibenilocatieperilvaloreesiguochelasocietàaveva ottenutodalla,successiva,venditadeibenioggettodelleasing. La Cassazione ritiene tale motivo infondato. Essa, in particolare, ritiene giusta la soluzione adottata dai giudici di merito che consideravalafattispecieinesamecomeleasingtraslativoche,come tale,èassoggettabilealladisciplinadell’articolo1526codicecivile. In altre parole, la Cassazione ritiene che gli elementi forniti dalla ricorrente non sono di per sé sufficienti a determinare una diversa qualificazione giuridica del leasing. In particolare, la natura dei beni non può essere considerata determinante per la qualificazione del leasing come leasing di godimento. Allo stesso modo, l’esiguo valore ricavatodallavenditadeibenipuòesseredeterminatodaunaseriedi fattori non previsti, originariamente, dalle parti e che possono, per esempio, dipendere da un’eccessiva usura degli stessi, o da un loro eccessivodeprezzamento. In secondo luogo, la società ricorrente contesta l’applicazione, da partedelgiudicedimerito,dell’articolo1526c.c.edell’articolo1384 codicecivile. Per la società, infatti, doveva ritenersi lecita la predeterminazione convenzionaledellapenalecommisurataaicanoniscadutieascadere. AnchequestaargomentazionenonèaccoltadallaCortediCassazione. essa, infatti, ritiene che dalla qualificazione del leasing quale leasing traslativo discendeva l’applicazione dell’articolo 1526 c.c. e la conseguente legittimità della riduzione equitativa della penale stabilita nel contratto, in virtù dell’articolo 1384 c.c., richiamato dall’articolo1526. Ciò risulta, anche, conforme a quanto affermato, in altre occasioni, dalla stessa Cassazione, secondo la quale al leasing traslativo si applica la disciplina prevista dall’articolo 1526 c.c., in materia di 420 vendita con riserva della proprietà. Pertanto, in caso di risoluzione per inadempimento dell’utilizzatore, è prevista la restituzione dei canoni già corrisposti e il riconoscimento di un equo compenso per l’utilizzo del bene. Equo compenso che deve essere tale da ricomprendereilsologodimento,enonanchelaquotarelativaaduna successivavenditadelbenemedesimo. Chihaconcessounbeneinleasing,quindi,mantenendolaproprietà del bene e trattenendo i canoni a scadere, non può conseguire un ulteriore vantaggio derivante dal cumulo dei canoni e del residuo valoredelbene. Dalla riconduzione del leasing traslativo nell’ambito di applicazione dell’articolo 1526 c.c. deriva, anche, la possibile riduzione equitativa della penale ex articolo 1384 c.c. (richiamato da articolo 1526 c.c.), qualoratalepenalerisultieccessiva,rispettoallastrutturaeconomica delcontratto. Pertanto, nel caso di specie, la Corte d’appello ha correttamente applicato gli articolo 1526 e 1384 c.c., rideterminando, in via equitativa, l’ammontare della penale che è stata limitata ai canoni scaduti e già riscossi, fermo restando il diritto della società ad un equocompensoperl’usodeibeniconcessiinleasing. SecondolaCassazione,quindi,ilgiudicedimeritoha,nellasostanza, giustamenteriallineatoiparametrieconomicidelcontrattodileasing. L’ultimasentenza,propostainmateriadiequità,èquelladellaCorte diCassazione,sezionelavoro,n.7567,delprimoaprile2014. Cass.,sez. lavoro,n. 7567/2014 La causa riguarda un agente di commercio, il quale è in lite con la societàperlaqualelavorava.Laliteriguardatuttaunaseriediprofili: si discute se ci fosse giusta causa per il recesso che lui ha messo in 421 atto; si discute sul preavviso; si discute sul ruolo che alcuni terzi concorrentihannoavutonellavicenda. A noi, però, interessa uno specifico profilo, ossia quello della spettanza, all’agente, dell’indennità di cessazione del rapporto che è previstadall’articolo1751delcodicecivile. Talearticoloèunesempiodiquelletantenormechesitrovanonella parte speciale del codice civile, in cui, quando un prezzo, un compenso,unaprovvigionenonèstatadecisadalleparti,siutilizzala formula secondo cui, in mancanza di espressa previsione, il giudice, secondo equità, quantificherà il prezzo, la provvigione, il compenso, dando, magari, anche dei criteri, ai quali fare riferimento nell’eserciziodiquestopotere,inmateriadiequità. Inriferimentoalcontrattodiagenzia,l’articolo1751c.c.,prevedeche, incasodicessazionedelrapportofraagenteeproponente,l’egenteha diritto ad un’indennità che il giudice dovrà quantificare, in via equitativa,avendocomeriferimentogliincrementipatrimonialicheil lavoro dell’agente ha prodotto nell’ambito del patrimonio del proponente. Naturalmente, nel caso di specie, l’agente sostiene di avere diritto a questa indennità e, a tal proposito, produce tutta una serie di elementi che dimostrerebbero che il suo lavoro ha, effettivamente, incrementatoilgirod’affaridellasocietà. Il Tribunale di Trento e la Corte d’appello di Trento negano la spettanza dell’indennità perché ritengono che, rispetto all’articolo 1751 c.c. prevalga, nel caso di specie, quanto previsto dal contratto collettivo stipulato fra le associazioni di categoria degli agenti di commercio e le associazioni dei loro datori di lavoro. Tale contratto collettivoprevedevatuttounaltromododicalcolodell’indennitàche avveniva non in base all’incremento del giro d’affari del datore di 422 lavoro, ma in maniera fissa ed automatica, in base a determinate percentualidifatturatodell’agente. Contro tale valutazione, l’agente propone ricorso per Cassazione, sostenendo che il contratto collettivo non possa derogare, in peius, rispettoaquantoprevistodalcodicecivile. AquestolaCassazionesitrovaadecidereed,anchequi,abbiamoun confrontofradueoppostiorientamenti. Secondounprimoorientamento,laderoga,cheilcontrattocollettivo hafattoalcodicecivile,sarebbeammissibile,inquanto,nonsarebbe definibile, se valutata in astratto, come peggiorativa. Essa, infatti, in astratto,potrebbeessereanchevalutatacomemigliorativa,inquanto, farconseguirel’indennitàinmanierafissaedautomatica,invirtùdel fatturato dell’agente, sarebbe un modo più semplice per assicurare, comunque,unristoroall’agente. Secondo l’opposto orientamento, invece, si sostiene che definire una derogacomemigliorativaopeggiorativanonpotrebbeesserefattoin astratto,inbaseadunconfrontofranormadelcodicecivileenorma delcontrattocollettivo.Ladefinizionedelladerogacomepeggiorativa o migliorativa dovrebbe, al contrario, essere fatto, in concreto ed ex post, in base al risultato che essa produce in capo al singolo agente. Pertanto, anche se per alcuni agenti potrebbe essere avere un’indennitàfissaeautomatica,inalcunicasicome,anche,nelcasodi specie, l’indennità fissa è peggiorativa perché l’agente poteva dimostrare che il suo operato aveva, effettivamente, incrementato il girod’affaridellasocietàproponente. Sulpuntoera,anche,intervenutalaCortediGiustiziadellaComunità Europea, in quanto, l’attuale testo dell’articolo 1751 c.c. ha questa formulazione perché attua una normativa comunitaria, quindi, una sua eventuale violazione è soggetta al giudicato della corte europea. 423 Quest’ultima si è espressa dicendo che la deroga, apportata dal contratto collettivo, può essere considerata ammissibile solo se si dimostra che è vantaggiosa per ogni agente, in ogni singolo caso possibile. Pertanto,sidovrebbeavereunsistemacheprevedeun’indennitàfissa per ogni agente, senza, però, impedire, a chi ne ha la possibilità, di poter aver un’indennità superiore, basata sulla valutazione meritocraticadellasuaattività. La Cassazione, nella sentenza in commento, quindi, applicando il principio espresso in sede europea, ritiene, nella sostanza, di dover aderireall’orientamentochesifondavasullavalutazioneexpostedin concreto, considerando la deroga inammissibile perché svantaggiosa perl’agente. La decisione impugnata viene, quindi, cassata e la questione viene rinviata ad altro giudice che dovrà procedere alla valutazione equitativadell’indennità,exarticolo1751delcodicecivile. 424 CAPITOLO12 L’INTERPRETAZIONEDELCONTRATTO 1.L’attivitàdiinterpretazionedelcontratto. In questo capitolo affronteremo il tema, di ampio respiro, dell’interpretazionedelcontratto. L’interpretazione del contratto, come è noto, è regolata, in sede legislativa, attraverso il complesso di norme che vanno dall’articolo 1362all’articolo1371delcodicecivile. In una prospettiva generale, prima di considerare il contenuto delle norme suddette, soffermiamoci, brevemente, sull’interpretazione L’interpretazione dellaleggein generale dellalegge.Ancheperquantoriguardal’interpretazionedellaleggein generale,sihaunriferimentodicaratterelegislativoche,comeènoto, ècontenutonell’ambitodell’articolo12dellepreleggi. Sembra,quindi,chetuttosiaperfettamenteregolatoedinquadratoa livellolegislativo. Sembrerebbe, nella sostanza, che ci sia ben poco da dire circa le questionirelativeall’interpretazionedelcontratto. In altre parole, gli articoli 1362, e seguenti, c.c., dettando una disciplina in ordine all’interpretazione del contratto, sembrerebbero limitarelosvolgimentodellamedesimaattivitàdiinterpretazione. Lecosestanno,effettivamente,così?Èquestal’immaginecheoccorre seguire? Per quanto riguarda l’articolo 12 delle preleggi, si può, tranquillamente, dire che il comando legislativo contenuto in tale articolononèingradodiregolaretutto.L’interpretazionedellalegge èunproblemaaperto.È,comeabbiamogiàdetto,ilprofiloessenziale di svolgimento dell’attività del giurista. L’interpretazione effettuata dalgiuristaattribuisceunsensoalledisposizionenormative. 425 Bisogna,innanzitutto,chiedersiselasuddettaanalogavalutazionedi insoddisfazione, rispetto alla disciplina espressa a livello legislativo, possa essere fatta anche in riferimento all’attività di interpretazione delcontratto. Ladisciplinacodicisticainmateriadiinterpretazionedelcontrattoè esauriente? È, effettivamente, una guida che sorregge l’attività dell’interprete? Va,findasubito,dettocheilsuddettosentimentodiinsoddisfazione sussiste, anche, in riferimento al complesso di norme che vanno dall’articolo 1362 all’articolo 1371 del codice civile. C’è un senso di difficoltànellarealizzazionedell’attivitàinterpretativachenonrisulta circoscrittasullabasediquestapluralitàdiriferimentinormativi. Fatta questa premessa, soffermiamoci, ora, sul rapporto fra interpretazionedellaleggeeinterpretazionedelcontratto. È, evidente, che l’articolo 12 delle preleggi è, in una certe misura, richiamato anche come criterio di svolgimento dell’attività interpretativaprevistadagliarticoli1362,eseguenti,delcodicecivile. Se si attribuisce al complesso delle norme di cui agli articoli 1362, e seguenti, c.c. una valenza esclusivamente giuridica, è chiaro che l’articolo 12 si applica, anche, per l’interpretazione del suddetto complessodinorme. Gliarticoli1362,eseguenti,c.c.nonrimangonoestranei,madevono essere valutati ed interpretati, alla luce di quanto previsto Valoregiuridico degliarticoli1362,e seguenti,c.c. dall’articolo12delledisposizionipreliminarialcodicecivile. Ciò rende le cose, in una certa misura, ancora più complesse. Se noi attribuiamo alle norme in commento contenuto vincolante è, evidente, che l’articolo 12 preleggi deve essere applicato anche nei loroconfronti,conlaconseguenzechequelleperplessitàchesihanno inordineallavalenzagiuridicadelmeccanismointerpretativofissato 426 a livello legislativo, si ripercuotono anche sull’attività di interpretazionedelcontratto. Questoèilmodoinizialedivalutazionedegliarticoli1362,eseguenti, codicecivile.È,però,solamenteun’otticadacuiguardarealfenomeno dell’interpretazione del contratto. Ne esisteva, infatti, anche un’altra. Tra la fine dell’ottocento e gli inizi del novecento sembrava che, alle normeinmateriadiinterpretazionedelcontrattonondovesseessere attribuitaunaspecificaesignificativavalenzagiuridica.Quellenorme, previste nell’ambito del codice civile 1865, erano considerate, nella sostanza,normeeticheprivedivalorevincolante.Quest’orientamento èstatooggi,pressoché,abbandonato. Sipone,quindi,unproblemacircailvaloregiuridicodelcomplessodi norme che regolano l’interpretazione del contratto. La risposta a questo interrogativo non è così scontata; è un problema sul quale riflettere. Attualmente, come abbiamo detto, si sono prese le distanze da quell’orientamento che privava di valore giuridico le norme in materiadiinterpretazionedelcontratto.Oggi,infatti,siritienechegli articoli1362,eseguenti,c.c.abbianovalorenormativoeche,quindi, debbanoessererispettati. Laquestionedelvaloregiuridico,omeno,dellenormeincommento però, non è, ad avviso di chi scrive, così lineare. Bisogna, nella sostanza, capire se, effettivamente, nello svolgimento dell’attività di interpretazione del contratto è necessario far riferimento a quanto prescrittodagliarticoli1362–1371delcodicecivile. Quando si è parlato di interpretazione, abbiamo detto che essa è svolgimentodiun’attivitàconcuisiattribuisceunsensoaduncerto complessonormativo. 427 Pertanto, l’idea dell’interpretazione come attribuzione di senso vale anche in riferimento alla disciplina codicistica dell’attività di interpretazione del contratto. È, chiaro, quindi, che si hanno delle perplessitàinordinealvaloregiuridicodegliarticoli1362,eseguenti, c.c., intesi come norme che si impongono nello svolgimento dell’attivitàdiinterpretazionedelcontratto. Entriamo, adesso, nel merito dello svolgimento dell’attività di interpretazionedelcontratto. Tale attività si realizza nel momento in cui il procedimento di Losvolgimento dell’attivitàdi interpretazione delcontratto formazionedelcontrattosièconcluso. Oltreall’interpretazione,esiste,comeabbiamogiàavutomododidire, un’ulteriorefasecheèquelladell’integrazionedelcontratto,secondo quanto previsto dall’articolo 1374 del codice civile. Si tratta di un’ipotesi, in ordine alla quale si deve far riferimento non solo alle trattativeeallosvolgimentodelleattivitàdiformazionedelcontratto posteinesseredalleparti,maancheallalegge,agliusieall’equità. Pertanto, il contenuto obbligatorio, giuridico del contratto implica la necessità di fare riferimento, oltre che al contenuto dell’accordo intercorsofraleparti,ancheallalegge,agliusieall’equità. Si evince, quindi, che l’attività di valutazione del contratto è un’attività articolata e complessa, rispetto alla quale bisogna far riferimento sia all’accordo contrattuale, sia al senso che scaturisce dall’equità, dagli usi e dalla legge che, come abbiamo visto, costituisconofontidiintegrazionedelcontrattomedesimo. Quantosiraggiungeinordinealcontenutoealsensodaattribuireal contratto costituisce la chiave di apertura di un ulteriore momento Attivitàdi interpretazioneed effettidelcontratto cheècostituitodaglieffettidelcontratto.Inaltritermini,l’attivitàdi interpretazionedelcontrattohadeiriflessisuglieffetti,osull’efficacia del contratto stesso. È, quindi, il momento dell’interpretazione, la 428 chiave che determina la valenza del rapporto e l’esecuzione del contratto. Questaèlasostanzadell’attivitàdiinterpretazione. Taleattivitàèrealizzata,inprimabattuta,dallapartidelcontratto,le quali, nel valutare la sostanza dell’operazione che si è realizzata nell’ambitodellororapporto,conferisconounsensoedunsignificato alcontenutodell’accordofralorointercorso. Successivamente, in caso di conflitto, si richiederà al giudice di interpretare il contenuto dell’accordo contrattuale, intercorso fra le partiinconflitto. Nellospecifico,l’attivitàdiinterpretazionedelcontrattoèun’attività che colora di significato lo svolgimento dell’attività contrattuale. L’interpretazione è il momento su cui ruota tutta quanta l’ipotesi e, quindi, può costituire anche momento di scontro e di diversità di letturedelfenomenocontrattuale. Tutto ciò rientra, quindi, nella logica della complessità del procedimentointerpretativo. Cerchiamo, quindi, di capire che cosa si intende per interpretazione delcontratto. Secondoalcuni,l’interpretazionedelcontrattoricostruiscelavolontà delleparti. Questaimpostazioneècorretta? Senoileggiamol’articolo1362c.c.,cheèlanormainizialecheapreil complesso di norme che disciplinano l’attività di interpretazione del L’intenzionedei contraenti contratto, vediamo che essa viene rubricata con riferimento alla “Intenzionedeicontraenti”. Èesattoparlarediintenzionedeicontraenti? 429 Riteniamochetaleespressionenonsiaesatta.Nelmomentoincuisi diceche,nell’interpretareilcontratto,sideveindagarequalesiastata “lacomuneintenzionedelleparti”,siaprelaportaaduncomplessodi valutazionifralorocontrastanti. L’unicomomentoincuisirealizzaquestoprofilodicaratterecomune cheabbinaleposizionidell’unaedell’altraparte,èquellodiritenere cheentrambelepartiavevanol’intenzionedifareilcontratto.Piùdi questononsipuòdire. Il comune intento è un giuoco di parole, in ordine al quale non sussistenessunasostanza,nessunvalore. Passare dalla comune intenzione alla comune volontà delle parti, il discorsoperdeognivalenza.L’unicasostanzacomuneconsiste,infatti, nellavolontàdientrambelepartidifareilcontratto. Fare riferimento all’interpretazione, come momento di costruzione dellacomunevolontà,nonhaalcunsenso,èungiuocodiparoleprivo disostanza,soprattuttoperquantoriguardalesituazionicontrattuali piùcomplesse. Per concludere questo discorso generale sull’interpretazione del contratto,vediamoqualèlarilevanzadellenormedicuiagliarticoli 1362,eseguenti,delcodicecivile. Larilevanzadelle normeinmateriadi interpretazionedel contratto Possono, per esempio, le parti, attraverso una clausola contrattuale, disporreche,perquantoriguardaillororapportocontrattuale,nonsi debba applicare quanto risulta previsto dagli articoli 1362 – 1371 c.c.? Rispettoallasuddettaipotesic’èunadiversitàdivalutazioni. Secondo una prima valutazione, esaltando il momento di autonomia (elibertà)dellepartinellavalutazionedelcontenutodelcontratto,si 430 ammette la possibilità di escludere anche l’applicazione delle norme inmateriadiinterpretazionedelcontratto. Secondo una diversa impostazione, invece, considerando tali norme comemomentodituteladellaparte,siescludeche,conunaclausola contrattuale,sipossadisapplicarequantoinesseprevisto. Si tratta di due modi alternativi di ragionare che esprimono due diversi profili di valutazione dell’attività di interpretazione del contratto. Ilcontrattochesideveinterpretarepuòessereuncontrattoorale,o uncontrattoscrittoe,inquest’ultimaipotesi,esisteildocumento. In entrambe le ipotesi – contratto orale o contratto scritto – Interpretazione delcontratto comeattribuzione disenso l’interpretazione costituisce, non una forma di riconoscimento di un sensochegiàesiste,maun’attivitàconlaqualesiattribuisceunsenso allaletteradelcontratto.Ciòvale,soprattutto,perilcontrattoscritto; per il contratto orale, tale attribuzione di senso dovrà necessariamente passare attraverso il meccanismo delle prove processuali. L’idea dell’interpretazione del contratto come attribuzione di senso, apre le porte ad un’ulteriore chiave di lettura rappresentata dalla rilevanzadellacosiddettaprecomprensione.Soprattuttonelleipotesi di contratto scritto, l’attività di interpretazione del contratto si caratterizzasullabase,anche,dellaprecomprensionedell’interprete, il quale è abituato a ragionare in una certa maniera che, inevitabilmente, influenza il compimento delle attività in sede interpretativa. 431 2. La disciplina codicistica dell’attività di interpretazione del contratto. Dopo aver fatto, nel paragrafo precedente, una valutazione generale sull’attività di interpretazione del contratto, passiamo, adesso, ad analizzare il materiale normativo contenuto negli articoli 1362, e seguenti,delcodicecivile. In primo luogo, vediamo il contenuto dell’articolo 1362 c.c. – Articolo1362c.c. “Intenzione dei contraenti” – il quale, al primo comma, stabilisce: “Nell’interpretare il contratto si deve indagare quale sia stata la comune intenzione delle parti e non limitarsi al senso letterale delle parole”. Per attribuire un senso a tale disposizione, bisogna prendere in considerazione il comportamento che, in sede interpretativa, caratterizzaladisciplinaprevistainordinamentidiversi. Adesempio,negliordinamentidicommonlawnonesisteunanorma analoga, non c’è, nella cultura dell’interprete, la necessità di tener contoall’eventualitàchevisiaunconflittofralaletteradelcontrattoe l’intenzione delle parti. Negli ordinamenti suddetti, infatti, in caso di conflitto,prevalequantoprevistonellaletteradelcontratto. L’articolo 1362 c.c., nella sostanza, risponde ad una certa immagine che è quella di ritenere che, in caso di conflitto fra lettera ed intenzione,debbaprevalerel’intenzione. Secondoquestaimpostazione,ilcontrattosfuggeallalogicadellasua letteralitàequestoè,percosìdire,unproblema,soprattuttoperché, come abbiamo già avuto modo di dire, la comune intenzione delle partièungiuocodiparoleprivodisostanza. Al secondo comma, si aggiunge: “Per determinare la comune intenzione delle parti, si deve valutare il loro comportamento complessivoancheposterioreallaconclusionedelcontratto”. 432 Questosecondocommacomplica,ulteriormente,ildiscorso. Isuccessiviarticolichevannodal1363al1365c.c.fannoriferimento, nellasostanza,allecosiddetteipotesidicomuneintenzionelegale,nel senso che è la legge che determina qualchecosa a cui attribuisce il significato,appunto,dellacomuneintenzione. L’articolo 1363 c.c. – “Interpretazione complessiva delle clausole” – Articolo1363c.c. prevede: “Le clausole del contratto si interpretano le une per mezzo delle altre, attribuendo a ciascuna il senso che risulta dal complesso dell’atto”. Da tale norma emerge una valutazione abbastanza credibile che considerailcontrattocomequalcosadiunitario,percui,èlogicoche lesingoleclausoleabbianovalenza,ancheconriferimentoallatotalità dell’accordo. Questa è comune intenzione in senso legale perché scaturisce dalla lettera dell’articolo 1363 c.c., il quale dà un senso particolare alla comunione. Ancora, l’articolo 1364 c.c. – “Espressioni generali” – stabilisce: “Per Articolo1364c.c. quanto generali siano le espressioni usate nel contratto, questo non comprende che gli oggetti sui quali le parti si sono proposte di contrattare”. Invirtùdellasuddettanorma,sesifariferimentoadunasituazione, nella quale sussistono tutta una serie di ulteriori ipotesi, naturalmente, quanto caratterizza l’oggetto del contratto non deve essere visto nella generalità del riferimento, ma in ordine alla specificitàdelcontratto. Infine, l’articolo 1365 c.c. – “Indicazioni esemplificative” – il quale Articolo1365c.c. stabilisce: “Quando in un contratto si è espresso un caso al fine di spiegareunpatto,nonsipresumonoesclusiicasinonespressi,aiquali, secondoragione,puòestendersilostessopatto”. 433 Sulla base della norma in commento, nel contratto si può fare considerare una situazione specifica che esemplifica il termine di riferimento. In questo caso, si può porre il problema di stabilire se, eventualmente, tale esemplificazione restringa il riferimento solo a quello specifico caso, oppure se possa estendersi ad altri casi analoghi,sullabasediciòcherisulta“secondoragione”. Quest’ultima espressione, utilizzata dall’articolo 1365 c.c., pone ulterioriproblemi.Cosasignifica“secondoragione”? Mettiamo il caso di un soggetto che acquista una macchina, facendo riferimento a quella automobile vista in vetrina. Se si interpreta tale riferimento “secondo ragione”, è possibile estenderlo a tutte le macchinedellostessotipodiquellaespostainvetrina? Si ritiene che non sia possibile un’estensione in tal senso, in quanto l’interpretazionedeicasi“secondoragione”è,comunque,limitataalla specifica situazione contrattuale, perciò, non è detto che “secondo ragione”sialecitoestendereilriferimentooggettivo,ancheatuttele altreipotesicherientranonell’ambitodiunaspecificaindicazione. Passiamo ad analizzare il contenuto dell’articolo 1366 c.c. – Articolo1366c.c. “Interpretazione di buona fede” – che così recita: “Il contratto deve essereinterpretatosecondobuonafede”. Si tratta di una norma che pone una serie di interrogativi. Innanzitutto, la rubrica (“Interpretazione di buona fede”) pone un primo problema: esiste l’interpretazione di malafede? Non si ritiene chesiapossibileammettere,nellosvolgimentodell’attivitàgiudiziale, l’esistenzadiun’interpretazionedimalafede. Perquantoriguardailtestodellanorma,seunoleggel’articoloenon èunfinegiuristarimaneunpo’spiazzato.Cosasignificatalenorma? Coluicheinterpretadeveessereinbuonafede?Oppure,èammissibile 434 un’attività di interpretazione riferita ad un contratto che viene realizzatosecondobuonafede? Probabilmente, al di là delle perplessità enormi che si hanno nell’attribuire un significato alla norma in commento, per attribuire, in una certa misura, un senso all’articolo 1366 c.c., ci si deve porre nellalogicadelriferimentoall’attivitàchesirealizza,fraleparti,nel momentodiformazionedelcontratto. Prendiamo,peresempio,unadichiarazionecheprevedaunimpegno di una parte nei confronti dell’altra. Questa dichiarazione potrebbe avere una pluralità di sensi. Poniamo il caso che la controparte, che riceve la dichiarazione, attribuisca un senso alla stessa e con ciò si raggiunga l’accordo che porta alla stipulazione del contratto. È ammissibile che un soggetto che agisce, in riferimento al contratto, possaopporrediaverdatoallasuddettadichiarazioneunsignificato diverso? In virtù dell’articolo 1366 c.c., non è ammessa la variazione, ossia attribuire all’interpretazione un senso, in ordine a quanto è stato realizzato, diverso da ciò che costituiva il comportamento specifico delleparti.Nonè,quindi,possibileattribuireunsignificatodiversoda ciòchecaratterizzavailcomportamentodelleparti. Nella sostanza, interpretazione secondo buona fede, significa non privaredisignificatoall’attivitàspecificadiconoscenzadelleformule dichiarativedelleparti. Pertanto, nella dinamica del codice civile, l’articolo 1366 c.c. costituisce la norma di raccordo fra le ipotesi precedenti (articoli 1362–1365c.c.)equantoprevistonelsuccessivogruppodiarticoli (1367-1371c.c.). Soffermiamoci, a questo punto, sugli articoli 1367 – 1371 del codice civile. 435 Questespecificheipotesinecessitanodiunaspecificaletturae,quindi, si tratta di riprendere quanto è già stato accennato all’inizio del discorso. Tali ipotesi, infatti, costituiscono frammenti di disposizioni normative. Si tratta, nella sostanza, di norme in ordine alle quali l’interpreteèchiamatoadattribuireunsenso. L’articolo 1367 c.c. – “Conservazione del contratto” – prevede: “Nel Articolo1367c.c. dubbio,ilcontrattoolesingoleclausoledevonointerpretarsinelsenso incuipossonoaverequalcheeffetto,anzichéinquellosecondocuinon neavrebberoalcuno”. Se,coluichesvolgel’attivitàdiinterpretazionedelcontrattoesprime delle perplessità in riferimento al significato del contratto, si apre la portaall’applicazionedeldispostodell’articolo1367c.c.chestabilisce lanecessitàdiattribuire,neldubbio,comunqueunqualcheeffettoal contratto. Il significato che viene attribuito a queste disposizioni, le quali per entrare in gioco devono passare attraverso l’espressione di un dubbio, è, probabilmente un concessione che è difficilmente accettabile. Il momento dell’interpretazione, nella sostanza, in ordine alla necessità di passare da specifiche situazioni di perplessità, è reale? Oppure, si gonfia la forza giuridica di tali disposizioni, nel senso di attribuire una chiave di lettura della situazione contrattuale, anche quandotalecontrattoèprivodiqualsiasisostanza? Tali norme, nella sostanza, attribuiscono una logica prioritaria al rapporto contrattuale perché sono strumentali al mantenimento in vita,attraversol’attivitàdiinterpretazione,delcontratto. Pertanto,invirtùditalidisposizioni,ancheilcontrattocheèunsalto nel vuoto è mantenuto in vita. Questo è lo spirito che accompagna 436 questo gruppo di disposizioni che tendono al mantenimento in vita, daunpuntodivistagiuridico,delcontratto. Questa stessa logica, oltre che dalla lettera dell’articolo 1367 c.c., emergeanchedallealtrenorme. L’articolo 1368 c.c. – “Pratichegeneraliinterpretative” – il quale così Articolo1368c.c. stabilisce: “Le clausole ambigue s'interpretano secondo ciò che si praticageneralmentenelluogoincuiilcontrattoèstatoconcluso. Nei contratti in cui una delle parti è un imprenditore, le clausole ambigue s'interpretano secondo ciò che si pratica generalmente nel luogoincuièlasededell'impresa”. Ancora, l’articolo 1369 c.c. – “Espressioni con più sensi” – che così Articolo1369c.c. recita: “Le espressioni che possono avere più sensi devono, nel dubbio, essere intese nel senso più conveniente alla natura e all'oggetto del contratto”. Anche in questo caso, è evidente la volontà di voler far prevalere la logica di mantenimento in vita del contratto, superando anche il dato letterale che emerge dal contenuto dell’accordo contrattuale. L’articolo1370c.c.–“Interpretazionecontrol’autoredellaclausola”– il quale stabilisce: “Le clausole inserite nelle condizioni generali di Articolo1370c.c. contratto o in moduli o formulari predisposti da uno dei contraenti s’interpretano,neldubbio,afavoredell’altro”. Inquestocaso,siammetteanchelapossibilità,incasodiperplessità sulsignificatodiunadeterminataclausolacontrattuale,disuperareil significatoattribuitoallastessadellaparte. Infine, dobbiamo considerare il contenuto dell’articolo 1371 c.c. – Articolo1371c.c. “Regole finali” – il quale così recita: “Qualora, nonostante l'applicazione delle norme contenute in questo capo, il contratto 437 rimanga oscuro, esso deve essere inteso nel senso meno gravoso per l'obbligato, se è a titolo gratuito, e nel senso che realizzi l'equo contemperamentodegliinteressidelleparti,seèatitolooneroso”. La suddetta disposizione è già stata letta nella parte del corso dedicata all’equità, in quanto, nella norma, si parla di “equo contemperamentodegliinteressi”. Essa esprime una chiave di lettura, attraverso la quale si realizza la prevalenza,daunpuntodivistagiuridico,delmomentocontrattuale. Incasodidubbio,nonsignificacheilcontrattorimaneoscuroenon produceeffetti,masignificachelostesso,attraversol’interpretazione, viene mantenuto in vita. Spetterà, quindi, all’interprete (al giudice) attribuire,incasodiperplessità,forzavitalealcontratto. Dopoavervisto,nellospecifico,ilcontenutodellenormecheregolano l’interpretazione del contratto, la sensazione iniziale di perplessità e insoddisfazionenonsièplacata. Siamo,nellasostanza,inpresenzadiunaserieditentativigiuridicidi predisposizionediunostrumento,chemessonellemanidicoluiche interpreta,fasìchenescaturiscaunacertaimmaginedelcontratto. L’interpretazionedelcontrattoè,quindi,unmeccanismoarticolatoe complesso,rispettoalqualeenecessarioaverepiùcautela. 438