c_il_pesce - UTE Cinisello

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Il pesce
Quando la Terra ha incominciato a popolarsi, il pesce ha rappresentato un’importante
fonte di cibo. La facilità con cui si poteva catturare è stato uno dei motivi per cui i
primi insediamenti umani sono nati nelle immediate vicinanze di mari o di corsi
d’acqua.
Il pesce è un alimento con proteine ad alto valore biologico ed i grassi sono in buona
parte costituiti da grassi poli-insaturi fra cui gli omega3.
Nel corso del tempo l’uomo ha imparato a sfruttare al meglio i prodotti ittici
adottando politiche di pesca con l’obiettivo, da una parte, di aumentare la quantità
del pescato e, dall’altra, di far rispettare e preservare i tempi di riproduzione.
Tuttavia miliardi di persone che dipendono dal mare per la loro sussistenza e per il
loro lavoro concorrono in percentuale altissima all’impoverimento dei mari e dei fiumi.
Solo negli ultimi decenni si è capito quanto sia importante il controllo della pesca
istituendo delle riserve, incentivando l’acquacoltura e proibendo l’uso delle reti a
strascico. Purtroppo questi accorgimenti non hanno dato grandi risultati per
l’aumento della popolazione della Terra e per gli sterili controlli da parte di chi
dovrebbe salvaguardare questo grande patrimonio che è la pesca.
In tutto l’Oriente e nel Giappone in particolare, il consumo del pesce è determinante
nella loro dieta alimentare, soprattutto per quello crudo, “sushi”. Per avere un’idea di
quanto sia importante il pesce nella cucina orientale sarebbe interessante visitare il
più grande mercato del pesce al mondo: “Tsukiji” a Tokio. Sono presenti più di 10.000
specie di pesci commestibili.
Anche se il mare sembra una grande ed inesauribile riserva, l’uomo nel corso del
tempo ha provocato diversi danni: fra questi la pesca intensiva, non controllata, e
l’inquinamento delle acque dovute in parte all’aumento della popolazione ed alle
disastrose perdite di petrolio dovute ad incidenti alle petroliere ed agli oleodotti.
Ciononostante il pesce rimane un elemento principe della cucina in generale. Molti
ristoranti spesso per crearsi maggior credito sono soliti riportare sull’insegna:
“specialità pesce”. Non sempre risponde a verità perché due sono gli elementi
fondamentali: il prodotto deve essere fresco e bisogna saperlo cucinare.
Per cucinarlo ci vuole una certa padronanza intorno ai fornelli: va cucinato quando è
fresco. Diventa importante il “fornitore” che deve essere allo stesso tempo un amico
ed un consigliere: amico perché deve suggerire il prodotto fresco e consigliere
perché deve dare, per il piatto che si intende cucinare, quello più adatto. Purtroppo
gli italiani che “sanno” e che si ritengono i depositari delle verità assolute in cucina
sono convinti di essere degli intenditori e pretendono pesci che non ci sono nei nostri
mari. Un esempio per tutti: gamberoni e gamberi. I mari che circondano l’Italia non
sono l’habitat naturale per questo tipo di pesce. Il 99% di quello che troviamo sui
banchi dei mercati proviene da altri mari. Al mercato del pesce di Chioggia, uno dei
più importanti d’Italia, osservavo compiaciuto un pescatore che stava sistemando una
montagna di gamberoni: Da dove vengono? prende uno scatolone e legge: Cile.
Nulla contro i pesci surgelati ma è importante comprare pesci che vivono nei nostri
mari. Un’aragosta pescata in Sardegna è ben diversa da una pescata nei Caraibi.
Per i motivi sopra menzionati i nostri mari non forniscono più le grandi quantità di
pesce. Per soddisfare i mercati si ricorre a prodotti surgelati oppure alle
acquacolture. I prodotti delle acquacolture vanno benissimo ma bisogna tener conto
di un fatto: sono più grassi dei loro fratelli di mare. Questo perché vengono
alimentati e non debbono cercare il cibo. Ad un paese come l’Italia, dove ci si allarga
la bocca chiedendo un branzino/spigola, per soddisfare la richiesta i mari dovrebbero
essere talmente pieni di branzini/spigole da poterli pescare con le mani.
Una nota che spesso sfugge agli inconsapevoli è che tra un pesce pescato nel
mediterraneo ed uno in mare aperto (oceano) c’è una differenza di sapore. Questo è
dovuto alla diversità salinità dei mari. Tra il mediterraneo e l’atlantico o qualsiasi
altro oceano ci sono tre punti di differenza di salinità in più e questo, ovviamente, dà
un diverso sapore al pesce.
Spesso i nutrizionisti di fronte ai costi elevati dei pesci cosiddetti “pregiati”
suggeriscono il consumo di “pesce azzurro”. Questa denominazione non si riferisce
ad un gruppo scientificamente definito ma è una conseguenza commerciale per
indicare alcune varietà di pesci, generalmente di piccola pezzatura e di varia forma, il
cui costo
è ridotto per la grande quantità di pescato possibile.
Nei menu che troverete il pesce azzurro è presente in diversi proposte. Il vantaggio
principale è che il pesce azzurro non può essere allevato e che una volta pescato deve
essere cucinato entro le 24 ore successive. Qualche spiritoso dice che il pesce
azzurro fa parte della cucina povera mentre in realtà è un pesce molto apprezzato
dagli intenditori per le qualità nutrizionali, per la sua digeribilità e per il costo
contenuto.
Ecco le varietà di pesce azzurro presenti sui mercati italiani: sardina, alice or
acciuga, sgombro, aguglia, spratto o papalina, alaccia, lanzardo, costardella,
suro o sugarello.
Basta provare per verificare la differenza.
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