Sintattica* Michela Ruggeri (...) Straniante e poetica è l’opera di Pasquale Polidori nel grande salone del piano terra. Didascalie dell’utopia e della vita (2 cantate) è l’installazione sonora che anima i due busti di Olivia Cushing e Henry James, rispettivamente cognata e amico di Andersen, con due musiche composte in collaborazione col compositore Riccardo Samaritani. Il testo cantato altro non è che quello delle didascalie relative alle due sculture. Sperimentale e inaspettato è il risultato dell’opera, che intreccia saldamente le vite di chi visse i luoghi della casa con la musica, l’arte visiva e la riflessione sul linguaggio storico-artistico. Da un lato la separazione dal campo della museologia, o meglio la sua rilettura, dall’altro un nuovo inaspettato accordo tra opera, luogo e parola. La riflessione di Polidori sulla comunicazione della parola continua al piano superiore, col progetto Forma Manifesta. Giosuè Carducci. Egli ricorre nuovamente al mezzo tecnologico proiettando su una parete il video HD di un’acrobata che recita, mantenendosi in equilibrio su un piedistallo con altrettante figure acrobatiche, le rime del Carducci. La recitazione del testo è spezzata in una serie di parole, così come il fiato della ginnasta. Lo sforzo della performance è lo stesso del visitatore che assiste e attende di raccogliere pazientemente gli elementi verbali per riappropriarsi del senso, ora sfuggente, di una poesia ben nota. Il progetto si declina in più opere: come la serie di stampe plotter su carta, nelle quali le figure acrobatiche sono ora segni grafici; o i 9 libri del Carducci tagliati e incorniciati, a ricordare concretamente il taglio della continuità del testo appena operato. Sintattica è comunicazione, dialogo, rilettura, passione filologica e straniamento concettuale. Il medium tecnologico interviene mescolando ulteriormente i linguaggi espressivi, accrescendo le relazioni tra opere appartenenti a contesti diversi, rivelatore di ulteriori possibilità connettive. La mostra è una riflessione sullo spazio, il tempo, le pause, le storie, l’assenza di ciò che è perso e la memoria di ciò che rimane. Che sia la vita di un personaggio, di un progetto o di una parola poco importa: più della forma visibile dell’oggetto conta il legame fra le cose o la fine di esso, l’esplorazione del nesso e la scoperta di un nuovo mezzo per manifestarlo. *Estratto della recensione alla mostra: LUIGI BATTISTI CLAUDIOADAMI PASQUALE POLIDORI SINTATTICA, a cura di Francesca Gallo; 27 maggio / 11 ottobre 2015, MUSEO HENDRIK CHRISTIAN ANDERSEN, Roma. Il testo è apparso su arshake.com il 15 luglio 2015.