FILOSOFIA E SCIENZA

Direttori
Mario A*
Raffaele C
Alfredo G
Comitato scientifico
Romeo B
Pio C
Emanuele F
Giovanni F
Mauro F
Luigi M
Luca P
Giuseppe P
Claudia S
Comitato redazionale
Giuseppe B
Lorenzo C
Giuseppe C
I direttori e i membri dei comitati scientifico e redazionale afferiscono tutti all’Università degli Studi della Calabria, ad eccezione del prof. Mauro Francaviglia che
afferisce all’Università degli Studi di Torino.
FILOSOFIA E SCIENZA
Filosofia e Scienza sono due campi in continuo dialogo tra loro. Un
dialogo sempre nuovo nei protagonisti e nei temi, con una storia ancora ricca di sentieri da scoprire e strade da ripercorrere, per arrivare
a nuovi spazi di confronto comune. Questa collana vuole essere uno
strumento di viaggio lungo questi itinerari, uno strumento di presentazione e dibattito di riflessione filosofica e problemi scientifici
(non solo quelli propri delle scienze della natura, ma anche quelli
delle scienze sociali). Uno strumento a disposizione dei singoli filosofi e scienziati, ma soprattutto a disposizione del lavoro comune di
costruzione di una forma di conoscenza.
In “Filosofia e Scienza” sono pubblicate opere di alto livello scientifico, anche in lingua
straniera per facilitarne la diffusione internazionale.
I direttori approvano le opere e le sottopongono a referaggio con il sistema del «doppio
cieco» (double blind peer review process) nel rispetto dell’anonimato sia dell’autore, sia dei
due revisori che scelgono: l’uno da un elenco deliberato dal comitato di direzione, l’altro
dallo stesso comitato in funzione di revisore interno.
I revisori rivestono o devono aver rivestito la qualifica di professore universitario di
prima fascia nelle università italiane o una qualifica equivalente nelle università straniere.
Sottopongono le opere a revisione tenendo conto della: a) significatività del tema nell’ambito disciplinare prescelto e originalità dell’opera; b) rilevanza scientifica nel panorama
nazionale e internazionale; c) attenzione adeguata alla dottrina e all’apparato critico; d)
rigore metodologico; e) proprietà di linguaggio e fluidità del testo; f ) uniformità dei criteri
redazionali.
Nel caso di giudizio discordante fra i due revisori, la decisione finale sarà assunta da
uno dei direttori, salvo casi particolari in cui i direttori provvederanno a nominare tempestivamente un terzo revisore a cui rimettere la valutazione dell’elaborato.
Jean–Blaise Grize
Logica naturale e comunicazioni
Traduzione e introduzione di
Emilio Gattico
Copyright © MMXII
ARACNE editrice S.r.l.
www.aracneeditrice.it
[email protected]
via Raffaele Garofalo, /A–B
 Roma
() 
 ----
I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica,
di riproduzione e di adattamento anche parziale,
con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi.
Non sono assolutamente consentite le fotocopie
senza il permesso scritto dell’Editore.
I edizione: novembre 
Indice

Introduzione di Emilio Gattico

Premessa

Capitolo I
Lo studio dell’argomentazione
.. L’idea di intervento,  – .. L’approccio formale,  – .. L’approccio discorsivo,  – .. Pausa, .

Capitolo II
Il problema del segno
.. Punti di vista classici,  – ... Significante e significato,  – .. Senso
e denotazione,  – ... Il segno triadico di Charles Sanders Peirce,  –
.. Un punto di vista ingenuo,  – .. Schematizzazioni e modelli, 
– ... Schematizzazioni,  – ... Modelli,  – .. Pausa, .

Capitolo III
La comunicazione discorsiva
.. La trasmissione dell’informazione,  – .. La risonanza,  –
.. L’attività del destinatario,  – .. Pausa, .

Capitolo IV
Una logica naturale
.. Una logica degli oggetti,  – ... Nozioni primitive,  – ... Fasci di oggetti,  – ... Campo di un predicato,  – ... Operazioni di
ancoraggio,  – ... Operazioni sui fasci: γ ,  – ... Operazioni sui
domini: ρ,  – ... Operazione di richiamo,  – ... Operazioni di
estrazione: ω ed ι,  – ... La poli–operazione di determinazione: δ ,  –
... L’operazione di localizzazione,  – .. Una logica dei soggetti, 
– ... La polioperazione di assunzione: σ ,  – ... Le configurazioni, 
– .. I ragionamenti,  – ... Natura del ragionamento,  – ... Il

Indice

ragionamento come atto di comunicazione,  – ... Deduzione ed inferenza,  – ... Il ragionamento per analogia,  – ... La spiegazione,  –
... Conclusione,  – .. Pausa, .

Capitolo V
Analisi delle schematizzazioni
.. Il senso di una schematizzazione,  – .. Primo esempio,  –
.. Il testo,  – .. Le classi–oggetti,  – ... Classe foresta,  –
... Classe popolazione,  – ... Classe dei paesi,  – ... Classe delle
acque,  – ... Le coppie predicative,  – .. Le determinazioni, 
– .. Configurazione,  – .. Quel che si fa vedere,  – .. Secondo esempio,  – ... La nozione /FERRO/,  – ... La nozione
/ORIENTAMENTO/,  – ... La nozione /TERRA/,  – ... La
nozione /MAGNETIZZAZIONE/,  – ... Numero di determinazioni
interne,  – ... Numero di relazioni stabilite,  – .. Pausa,  –
.. Conclusioni, .

Bibliografia
Introduzione
di Emilio G
. Il termine logica è stato impiegato da sempre attribuendogli molteplici significati e connotandolo con un enorme numero di caratteristiche e specificità; allo stesso modo è stato impiegato per gli usi
più disparati, a volte forzandone eccessivamente il significato se non
attribuendogliene di nuovi, a volte riducendolo in spazi sempre più ridotti, a volte proponendo un’adozione universale ed altre richiedendo
addirittura la sua eliminazione. La sua storia è certamente complessa e
darne una valutazione in termini di risultati è ancor più difficile se non
rischioso, per il fatto che si intersecano differenti metri di giudizio non
sempre correlabili tra loro e si contrappongono problematiche, che
pure essendo comparse in differenti momenti, spesso temporalmente
assai distanti tra loro, sono pur sempre elementi fondanti la disciplina
stessa.
E così Joseph Maria Bocheński (–) poteva dire che «il logico matematico moderno ha senza dubbio un valido sostegno nel
suo calcolo, ma troppo frequentemente il calcolo lo porta a fare a
meno del pensiero proprio dove esso sarebbe più necessario. . . Queste
considerazioni parlano contro la tesi che la logica abbia progredito nel
suo complesso, . . . . da forma a forma; sembra che non ci siano basi
sufficienti per sostenerla. Non segue però affatto, naturalmente, che
sia sufficientemente provata un’altra tesi, precisamente quella di uno
sviluppo puramente ciclico della logica formale con continui ricorsi
degli stessi punti di culmine. Lo storico può soltanto dire che non
sappiamo se ci sia un progresso nel corso della storia della logica nel
suo complesso».
Si tratta di temi estremamente complessi che senza dubbio sono
stati e tuttora sono fonte di dibattiti e scritti specifici. Nel presente
. M.J. Bocheński, Formale Logik, Freiburg–München, Verlag Karl Alberg GmbH, ,
trad. it., La logica formale — Dai presocratici a Leibniz, Torino, , Einaudi, p. .


Introduzione
caso si tratterà invece di proporre una chiave di lettura del lavoro di
Jean–Blaise Grize e lo si farà accennando ad alcuni momenti riscontrabili nella storia della logica, proponendo alcune riflessioni generali sul
significato del lavoro in questione ed infine mettendone in luce quello
che a mio avviso sono alcuni punti specifici ed originali.
Proprio per questo nella traduzione ho cercato di essere il più possibile fedele al testo, a costo di rinunziare ad una forma ricercata: ad
esempio cercando di mantenere la struttura delle frasi francesi, che a
volte differiscono da quella italiana, così come di fare una traduzione
il più possibile letterale. Ho aggiunto alcune note, oltre a quelle proposte dall’Autore e presenti nel testo, che saranno indicate con (ndt),
con il solo intento di aggiungere qualche informazione in più rispetto
ad alcuni personaggi citati, oppure di chiarire alcune forzature nella
traduzione, a mio avviso necessarie, ché è proprio quel che un tale
lavoro sembra richiedere.
. Secondo la tradizionale ripartizione delle conoscenze dei secoli
scorsi la logica era volta a stabilire la verità o falsità delle varie forme
del sapere. Un simile tema aveva comportato parecchi problemi e
nell’antichità, almeno per ciò che concerne la cultura occidentale, il
termine λόγος, inteso quale regola o dottrina, comparve abbastanza
tardi, ovvero nel periodo degli stoici, per indicare una scienza volta a
studiare le leggi del pensiero attraverso l’analisi del discorso. Il fatto
che Aristotele nell’ὅργανον ed in particolare nei Τόποι e negli Elenchi
Sofistici si attribuisca, per altro a ragione, di essere stato il primo che
in modo sistematico abbia individuato una scienza, collocata tra le
varie forme del pensiero (analitica) e quella della realtà (metafisica),
ponendola prima di tutte le altre, lo si deve intendere come la pri. Scuola che rende la logica una disciplina autonoma comprendente gnoseologia,
dialettica e retorica.
. Certamente è vero che prima di Aristotele questi temi già comparissero, ma tuttavia
esposti in maniera locale e concernente temi specifici. È’ ad esempio il caso di Zenone di
Elea ( A.C. — A.C.) ritenuto dallo stesso Aristotele il padre della dialettica (leggi del
pensiero) o di Platone che fa uso di alcuni processi d’inferenza così come di aver introdotto
il principio degli Universali. È assai interessante a questo proposito la rilettura degli articoli
di Giovanni Vailati, (–): “La teoria della definizione in Aristotele”, in Rivista di
filosofia e scienze affini, novembre–dicembre ; “A proposito di un passo del Teeteto e di
una dimostrazione di Euclide”, Rivista di filosofia e scienze affini, maggio–giugno ; “La
teoria del definire e del classificare in Platone e i suoi rapporti colla teoria delle idee”, in
Rivista filosofica, gennaio–febbraio .
Introduzione

ma completa realizzazione, concernente l’argomentare ragionevole o
probabile. Per la scuola megarico–stoica la logica era τό λογικόν μέρος
della filosofia e risultava certamente corredata da una notevole valenza gnoseologica, tendendo a fregiarsi della possibilità di stabilire ciò
che è vero, ciò che è falso e ciò che non è né vero né falso. Col passar
del tempo e per un ben lungo periodo, che giunge sino alla seconda
parte del basso medio–evo, questa disciplina si arricchisce di un rilevante numero di opere, pur se quasi tutte costituite da composizioni
manualistiche o da ripresentazioni degli insegnamenti aristotelici e
megarico–stoici, sin a giungere al XIII secolo che, senza alcun dubbio
grazie alla logica scolastica ed alle sue molteplici produzioni, segna
un’altra tappa fondamentale di questa disciplina. Compaiono concetti
e tematiche di primaria importanza e di grande attualità anche oggigiorno, quali ad esempio le problematiche semiotiche, trattate in
maniera estremamente capillare e precisa.
Successivamente a partire dal XV e dal XVI secolo, pur comparendo
studi di grande valore sempre riconducibile a tematiche scolastiche,
sorge una logica nuova e multiforme, che si protrae, pur con le inevitabili ed a volte rilevantissime eccezioni, sin alla metà del XIX secolo
(terzo grande periodo della logica), senza per altro mai scomparire.
Nel periodo che possiamo a grandi linee collocare tra l’affermarsi
della cultura umanistica e la nascita della logica moderna ed attribuen. Scuola che viene fatta risalire ad Euclide di Megara, anche se alcuni dicono di
Gela, (vissuto tra la fine del V secolo A.C. e la prima metà del IV e da non confondersi
col grande matematico Euclide, –, per altro legato anch’esso allo stoicismo) e che
trova i suoi più rilevanti interpreti in Zenone di Cizio (che fonda la Στοά), proseguita
dal suo allievo Cleante di Asso (– A.C) e Crisippo di Soli (/–/ A.C.
— padre della seconda Στοά). Secondo Diogene Laerzio (–), seppur in maniera
differente ed attribuendo una rilevanza sovente differente ai suoi componenti, gli stoici
tendono a suddividere la filosofia in Logica, Etica e Fisica. In particolare la Logica è
ripartita in Retorica e Dialettica, ove la prima è definita “scienza di dire bene su argomenti
pianamente ed unitariamente esposti”, mentre la seconda è qualificata come “la scienza
di discutere rettamente su argomenti per domanda e risposta”. A sua volta la retorica è
suddivisa in tre parti “συμβουλευτικόν, δικανικόν, έγκωμιαστικόν, (deliberativa,
forense, encomiastica) e la dialettica “abbraccia due campi: l’uno delle cosa significate e
l’altro del’espressione o parola” (Diogene Laerzio, Vite dei filosofi, Bari–Roma, , Laterza,
(settima edizione) [II–III sec. D.C.]
. Tra i vari tentativi volti a soddisfare tale ambito si segnala W. Risse, Die Logik der
Neuzeit, Stuttgart–Bad Canstatt, , Frommann, e per il periodo tra l”umanesimo e la
filosofia kantiana, J. Coombs, The Truth and Falsità of Modal Logic Proposition in Rennaissance
Nominalism, Austin, ,University of Texas.

Introduzione
do un ruolo di grande rilievo all’elaborazione della filosofia kantiana
(seconda metà del XVIII secolo), la logica tende progressivamente ad
attribuir maggior importanza a come le conoscenze siano recepite,
piuttosto che prodotte o costruite. Ciò è dovuto al fatto che in quegli
anni si tendeva a ritener la logica «quale insieme essenziale oltre che
primario di principi “naturali”, nel significato assai ampio, che all’epoca si attribuiva a questo termine. Questi principi, spesso intesi a
guisa di regole, [erano] ritenuti specifici ad ogni uomo, direttamente
forniti da Dio ad ogni essere vivente». E così Pietro Ramo (–)
nella sua critica globale contro Aristotele e l’aristotelismo non esita
a scagliarsi contro la logica generale, affermando che ogni soggetto era predisposto a comunicar con gli altri uomini in virtù di una
predisposizione atta ad assolvere tale compito e fornitagli direttamente da Dio e che simile predisposizione apparteneva ad una non ben
identificata logica naturale o primaria od originaria, che fungeva da
conditio sine qua non per qualsiasi conoscenza di ordine superiore. Allo
stesso modo Cartesio (–), che in virtù della sua filosofia non
era certo favorevole alla logica, ritenendola semplicemente inutile,
non aveva problema alcuno a ritenere che vi fosse un Lumen Naturale,
che guidava qualsiasi facoltà umana. Sebbene avesse assunto «come
modello di rigore la geometria, egli non [fu] per nulla preoccupato di
precisare o illustrare, quale [fosse] la logica soggiacente a tale tipo di argomentazione, assumendola [. . . ] come naturale o primitiva». Ed allo
stesso modo Antoine Arnauld (–) e Pierre Nicole (–),
oggi assai più noti come fondatori della scuola di Port–Royal, che
si rifanno esplicitamente alla svolta epistemologica cartesiana, non
mostrano alcuna reticenza nell’iniziare il loro libro pubblicato nel ,
che per almeno due secoli fu uno dei testi più diffusi in parecchi paesi,
affermando che «nulla vi è di più apprezzabile che il buon senso e la
rettitudine dello spirito per discernere il falso dal vero [e che] tutte le
altre qualità della mente hanno un impiego limitato». Esempi di tal
genere se ne possono trovare in notevole quantità nel periodo storico
. E. Gattico. J.–B. Grize, La costruzione del discorso quotidiano — Storia della logica
naturale, Milano, , B. Mondatori, p. .
. C. Mangione, La logica del seicento, in L. Geymonat (a cura di), Storia del pensiero
filosofico e scientifico, Milano, , Garzanti, vol. II, IX, p. .
. A. Arnauld, P. Nicole, La logique ou l’art de penser, Paris, , Lecoffre, p. III [].
Introduzione

indicato, al punto che si può dire che rappresentarono per eccellenza
quella che Bocheński, criticandola espressamente, chiama la “logica
classica”.
Sovente succede che nei momenti ritenuti più criticabili che si
riscontrano nella storia di una scienza, contemporaneamente compaiano situazioni veramente innovative e fautrici di ampie aperture.
Nella storia della logica proprio nell’intermezzo tra il XVII ed il XVIII
secolo un tal caso si è verificato — e questa non è certo un’opinione
del solo Boceński — con Gottfried Wilhelm Leibniz (–), vero
e proprio innovatore di tale disciplina, al punto da esser ancor oggi
ritenuto il capostipite della sua attuale evoluzione. È altrettanto vero
— e il caso di Leibniz è paradigmatico — che tali personaggi siano
rivalutati soltanto parecchi anni dopo il loro operato, in quanto nel
momento in cui svolgono la loro attività, sono soverchiati da personaggi minori, che tuttavia meglio si integrano nell’humus culturale
del periodo.
Sono queste osservazioni assai complesse, che richiederebbero
approfonditi studi sulla filosofia della storia, fatto che esula del tutto
da questo lavoro. Ci si limiterà così ad osservare che:
a) nel periodo della sua attività l’opera di Leibniz fu tenuta in
scarsa considerazione, se non quasi ignorata,
b) anche nei suoi lavori si ritrovano accenni a quelle che erano
le tematiche della “logica classica”, pur se vennero da lui ben
individuate e distinte dalle possibili aperture, che invece tale
disciplina poteva avere.
Ora per il punto a) non credo sia necessario aggiungere ulteriori
osservazioni a quanto già molti logici e storici della logica hanno detto.
Per il punto b) si vuole unicamente sottolineare che Leibniz, se è pur
. A tal proposito si veda tra l’altro E. Gattico–J.–B. Grize, op. cit., .
. M.J. Bocheński, op. cit.
. Ben è vero che tutti gli storici della logica sono indistintamente d’accordi nel ritenere
G.W. Leibniz il padre della moderna logica, ed a corroborare tale fatto va osservato che
Giuseppe Peano (–), nella prima delle cinque edizioni del Formulaire mathématique
del  apre l’Introduction con la parola Leibniz. Tutto ciò è ancor più vero ai nostri giorni
nei quali vista la crescente frammentazione di questa disciplina a partire dagli anni ’ del
secolo passato, risulta sempre più difficoltoso dare una definizione del termine logica e per
certi versi si avverte l’esigenza di un nuovo Leibniz.

Introduzione
sempre riconducibile alla logica aristotelica, si sforzò, riuscendovi, di
presentarla in modo nuovo.
Egli ribadì che vi è una conoscenza simbolica, riconducibile ad un
universo di segni, dei quali non si richiede di conoscere il senso, che è
utile affinché sia possibile conoscere e studiare idee complesse. Ma
—e qui emerge la sua collocazione storica, vi è anche una conoscenza
intuitiva, attraverso la quale si è in grado di cogliere la natura delle
cose. Pertanto egli afferma che vi «è qualcosa di vero nel dire che una
gran parte dell’arte è stata scoperta e può essere insegnata con la mera
logica naturale. . . Anch’io sono del parere che la matematica, la storia
ed altre discipline siano imparate prima di un ampio studio della logica,
perché chi ha pensato ancor poco non può ordinare i propri pensieri.
Ma, quando si sia provvisti di una scorta di buone idee, le si può
esaminare e valutare, e con l’aiuto dell’ordine che si produce in esse si
può giungere assai meglio a qualcosa di nuovo». Ecco perché «non
posso affatto ammettere che mediante la logica non si scopra nulla;
tutto ciò che è scoperto mediante l’intelletto è scoperto mediante
le buone regole della logica, anche se tali regole originariamente
non sono state notate in modo esplicito o raccolte per iscritto». Ne
consegue che Leibniz tende a sottolineare un’inevitabile ma necessaria
scissione tra quel che appartiene alla logica come scienza, attraverso la
quale è possibile assimilare tutte le scoperte dell’intelletto ricorrendo
ad opportune tecniche deduttive, rispetto ad un sapere comune o
naturale, in virtù del quale non è possibile giungere a risultati sempre
più specifici e particolari. Infatti «la logica naturale è certo spesso in
. G.W. Leibniz, Lettera a Gabriel Wagner, in F. Barone a cura di), G.W. Leibniz. Scriti di
logica, Bologna, , Zanichelli, p. . Tale lettera fu scritta da Leibniz verso la fine del
. Una serie di belle e profonde osservazioni sui problemi presenti in questo scritto è
possibile trovarla le breve, ma estremamente preciso lavoro di Heinrich Scholz, Abriss des
Geschichte der Logik, Freiburg–München, . Edizionwe consultata Esquisse d’une histoire de
la logique, Paris, , Aubier–Montaigne
. Ivi, p. . Oltre all’esplicito richiamo ad una logica naturale, riportata nella lettera
a Gabriel Wagner (–), Leibniz aveva già parlato di un “linguaggio naturale” o
“adamitico” nella Historia et commendatio linguæ characteristicæ universalis quæsimul sit ars
inveniendi et judicandi (–), (Storia ed elogio della lingua caratteristica universale che
sia al tempo stesso arte dello scoprire e del giudicare, in F. Barone, op. cit., pp. –)
e successivamente, nelle Meditationes de cognitione, veritate et ideis (), di una “logica
comune” per la quale l’uomo in base all’esperienza apprende e si persuade della loro
validità per conoscer altre cose (Meditazioni sulla conoscenza, la verità e le idee, in F. Barone
(a cura di), op. cit., pp. –).
Introduzione

errore; [ad esempio] ciò che essa dice sul genere e sulla differenza
(Genus e Differentia) ha certo bisogno di perfezionamento, perché si
può determinare una differenza movendo dal genere o viceversa; e,
per parlare scherzosamente ma chiaramente, si può dire con egual
ragione che homo est rational animale, quanto che homo est animal
rationale. Quando dico che il cubo è un parallelepipedo regolare posso
considerare l’uno o l’altro termine, a volontà, come genere o come
differenza».
Il caso più eclatante è rappresentato dai lavori di Christian Wolff
(–), il quale, anche se l’influsso maggiore lo ricevette da Ehrenfield Walter von Tschirnhaus (–), matematico algebrista
tedesco, fu senza dubbio il più eminente filosofo tedesco nel periodo
intercorso tra G.W. Leibniz ed Immanuel Kant (–) ed anche
colui la cui opera ebbe una vasta eco che spesso travalicò i suoi pur
notevoli contributi. La sua filosofia si occupa praticamente di ogni
aspetto delle tematiche attuali nel del suo tempo. Il suo tentativo di
esporre e spiegare qualsivoglia argomento attraverso il metodo matematico dimostrativo–deduttivo, rappresenta di certo lo stadio più
elevato dell’illuminismo tedesco, mosso dall’intento di diffondere ai
più vasti strati della popolazione la cultura del proprio paese. Prendendo pertanto avvio da una particolare e parziale interpretazione dei
lavori di Leibniz, si propone di chiarire in modo completo e preciso
i processi del pensiero, sui quali si fondano le conoscenze e per far
questo opera la scissione all’epoca abbastanza comune tra logica artificiale e naturale, andando ancor più a fondo nella parcellizzazione
di questa disciplina. Infatti «la prima. . . viene ulteriormente distinta
in connata e acquisita — rispettivamente intese come “la disposizione
naturale alle operazioni della mente con le quali si conosce la verità” e
. G.W. Leibniz, Lettera a Gabriel Wagner, in F. Barone a cura di), op. cit., , pp.
–. Genus (genere) “è ciò che è predicato di molti che differiscono per specie riguardo
al che cosa; come animale è predicato del cavallo, dell’uomo e del leone, che differiscono
per specie” — Differentia (differenza) “è ciò che è predicato di molti, che differiscono per
specie, riguardo a ciò che è il come. . . è ciò per cui la specie sopravanza il genere, come
uomo sopravanza animale per quelle differenze che sono razionale e mortale”. (Pietro Ispano,
–, Tractatus– Summule logicales (prob. ). Consultato in P. Ispano, Trattato di logica,
(a cura di A. Ponzo), Milano,  (II ed. ), Bompiani, p. e p. ).
. Basterebbe pensare che per molti anni fu assai più noto dello stesso G.W. Leibniz
dal quale aveva recepito, insieme a quelli de René Descartes (–), i più profondi
insegnamenti filosofici e che rappresentò forse più di altri l’illuminismo tedesco

Introduzione
come “l’abito di dirigere le operazioni della mente nella conoscenza
della verità, acquistato senza regole e mediante l’uso”. Ma non solo in
quanto egli “analizza ancora la logica naturale in docens e utens, per
indicare sia la nozione confusa delle regole, secondo cui sono dirette
le operazioni della mente nella cognizione delle cose”, sia “l’abito
di trasferire alla pratica la notizia confusa delle regole per dirigere la
facoltà conoscitiva”. Di fronte a questi molteplici aspetti della struttura naturale del pensiero, si erge la logica artificiale come scienza, la
“logica” per eminenza». Tale intento perdurò per tutto l’arco della
propria attività, tanto che ancora nella quinta edizione della Metafisica
tedesca, pubblicata nel  a Francoforte, affermerà di avere notato
che sussiste «una differenza tra l’arte naturale e l’arte artificiale di
scoprire qual è quella che ho indicato tra la logica naturale e la logica
artificiale; e che le massime che ho adoperato nello scoprire, e mediante cui perfino i matematici sono giunti alle loro scoperte più profonde,
sono per così dire naturali a tutte le persone comuni, conosciute in
modo confuso da loro, ma nondimeno sono impiegate in casi in cui si
può cavarsela con la conoscenza confusa». E poco più oltre arriverà a
sostenere di avere «trovato anche nella morale qualcosa di simile, che
dà una distinzione tra la morale naturale e la morale artificiale, qual’è
quella che abbiamo stabilito tra la logica naturale e la logica artificiale.
E questa è una buona traccia per una morale pragmatica, attorno alla
quale non posso però addurre di più, poiché l’argomento non si lascia
spiegare con poco».
A tutte queste vicende occorre anche aggiungere successivamente
l‘enorme influsso che ebbe pochi decenni dopo la filosofia di Kant,
. F. Barone, Logica formale e logica trascendentale. — I Da Leibniz a Kant, Torino, ,Edizioni di Filosofia, p. . Le citazioni di C. Wolff ivi contenute sono state tratte da Philosophia
rationalis sive Logica methodo scientifica pertractata et ad usum scientiarum atque vitæ adapta
(, §§ –).
. Si tratta di Vernünfftige Gedanken von Gott, der Welt und der Seele des Menschen, auch
allen Dingen überhaupt, Francoforte e Lipsia, . Occorre ricordare che nel trentennio
– la cultura tedesca è fortemente influenzata da Christian Thomas, (–),
certamente più noto come Thomasius, filosofo e giurista tedesco, fortemente influenzato
dalla cultura illuminista, convinto assertore di una cultura, basata maggiormente sull’esperienza più che non su assunti metafisici. E così nella sua Einleitung zu der Vernunfft–Lehre,
una vera e propria introduzione alla logica, negando l’esistenza di un intelletto puro, faceva
della sensazione il criterio primo di ogni verità.
. C. Wolff, Metafisica tedesca, , Milano, p. [, ].– Si veda nota .
Introduzione

il quale, soprattutto nel periodo pre–critico, non rifiuta di ritenere le
regole formali come l’esplicitazione di regole o leggi naturali, non
discostandosi eccessivamente dalle posizioni di Wolff, anche se comprende immediatamente che occorre andar ben oltre. Troppo vasta e
complessa è la successiva problematica kantiana del periodo critico
per trattarne in questa sede, anche se la si ritroverà assai spesso presente nella maggior parte dei logici del XIX secolo e persino in quelli del
programma logicista, rivelandosi del tutto attuale ancora oggidì. Ci
bastino due osservazioni, che tuttavia consentiranno la prosecuzione
del presente discorso.
Paradossalmente la logica successiva, ed io direi anche quella attuale, ha assimilato le critiche che proprio Kant rivolgeva alla logica
del suo tempo, od almeno a quella a lui nota. Quando nel Die falsche
Spitzfindigkeit der vier syllogistichen Figuren del , afferma che la
sillogistica (e questa era per lui, come per molti, la logica) è conclusa
e completa, perché ha esaurito i campi di indagine, ci dice che più
nulla vi è da includere in essa. Anche oggi, e soprattutto a seguito del
fallimento del programma fondazionista, si ritiene che ad essa sia preclusa la possibilità di rifarsi a tematiche che implichino suggerimenti,
provenienti da altre fonti quali quelli psicologici, il ruolo dell’immaginazione, della rappresentazione, ma anche dell’intelligenza così come
dello spirito, ed anche metafisici, a proposito dei differenti tipi di
certezza oppure della genesi delle conoscenze. E quando pure afferma che un’eventuale logica naturale o della ragione comune (sensus
communis) non possa dirsi una logica stricto sensu, ma al limite una
disciplina antropologica, che certo è utile per conoscenze pratiche ma
certo non formali (Logik, ein Handbuch zu Vorlesungen, ), avanza
problematiche, che saranno dibattute, con l’intento di esularle dalla
logica, nel secolo successivo, ma che non solo non saranno mai risolte,
ma che in qualche modo persisteranno pur sempre, pur cercando di
eliminarle.
La storia della logica segna successivamente ed in particolare nel
XIX secolo un altro momento di grande fulgore con la comparsa di
tematiche nuove che ne fanno la base di quella che è la sua più attuale
forma. Il secolo XIX (ma anche i primi decenni del XX secolo) rappresenta sempre secondo Bocheński, il terzo grande periodo di fulgore
per questa disciplina, ed è un periodo contrassegnato da quel tentativo di perfezionamento e ricerca di sistematizzazione di una serie di
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Introduzione
discipline, fra le quali ovviamente la matematica, delle quali si cercava
di andar alla ricerca dei loro fondamenti. La logica non si sottrae a
questa esigenza e si caratterizza proprio per questi intenti e prende
avvio quell’insieme di ricerche che furono classificate, forse un po’
troppo genericamente, come logicismo e che si estesero all’incirca
per quasi  anni. Ovviamente vi furono differenze tra i vari studiosi
e ha certamente tutte le ragioni Gabriele Lolli quando sostiene che
si tende a far convogliare in un unico contenitore quella corrente segnata principalmente da Friedrich Ludwig Gottlob Frege (–) e
Bertrand Arthur William Russell (–) con l’aggiunta di George
Boole (–) e Giuseppe Peano (–), con quella più specificatamente matematica rappresentata da David Hilbert (–) e
da Wilhelm Friedrich Ackermann ( —).
Ma anche in questi momenti di notevole rigore metodologico e
con lo spirito inteso a realizzare qualcosa che effettivamente potesse
dirsi davvero innovativo, non solo non mancano, ma anzi aumentano,
i sostenitori della logica classica ed anche coloro che esplicitamente
parlano di “logica naturale”, ed anche nei rappresentanti più di spicco
del logicismo queste problematiche tendono pur sempre a presentarsi, inserendosi nei due grandi temi presenti nella matematica del
XIX secolo ovvero l’algebrizzazione della logica e l’aritmetizzazione
dell’analisi.
Ad esempio è oramai un luogo comune per altro incontestabile
che la logica moderna trovi il suo avvio col lavoro An investigation
of the laws of thought, on white are founded the mathematical theories of
logic and probabilities () di Boole, come dice lo stesso Grize nel
quarto capitolo del presente lavoro. Ora tutti sanno che Boole era un
matematico, assai influenzato da quella scuola di algebristi di Cambridge, che certamente diedero un validissimo apporto al calcolo logico.
Tuttavia non bisogna scordare, o voler costringere ad esser posto in
. G. Lolli, La guerra dei trent’anni (–) — Da Hilbert a Gödel, Pisa, , ETS. Per
quel che riguarda la posizione di Frege la esamineremo un po’ più a fondo successivamente,
in quanto la riteniamo particolarmente importante per il discorso che si vuol condurre in
questa sede.
. G. Boole di fatto mai fece parte di questa scuola, ovvero l’Analytical Society, formatasi
nel  grazie a matematici quali George Peacock (–), Charles Barbage (–),
John Frederick William Herschel (–), ma fu ad essa assai prossimo in virtù dei suoi
legami con Augustus de Morgan (–) e Duncan Farquharson Gregory (–).