Le “favole” del Ministro Gelmini (e i tagli di Brunetta e Tremonti…): i

Roma, 11 maggio 2011
Le “favole” del Ministro Gelmini (e i tagli di Brunetta e
Tremonti…): i limiti del decreto sullo sviluppo e della manovra
economica.
Il 5 maggio 2011 il Consiglio dei Ministri ha varato il decreto legge su “provvedimenti urgenti per lo
sviluppo”.
A nostro giudizio la strategia economica del Governo per il periodo 2011 - 2013 penalizza pesantemente i
nostri settori e trascura il problema del precariato di Università, Ricerca e Afam.
Diciamo subito che sarebbe errato limitarsi alla considerazione di quest’ultimo decreto legge (che
speriamo comunque non si risolva in una misura prettamente elettorale) per giudicare gli effetti
complessivi della manovra economica. E’ invece opportuno richiamare l’attenzione dei lavoratori di
Università, Ricerca e Afam soprattutto sul Programma Nazionale di Riforma, sul Documento di
Economia e Finanza 2011 e sul Programma di Stabilità: atti sui quali il Senato ha votato nelle ultime ore e
che adempiono agli impegni assunti nel “Patto per l’Euro” siglato dal Consiglio dei Capi di Stato e di
Governo UE il 24/25 marzo u.s.
Sappiamo tutti, infatti, che lo sforzo degli attuali governanti è quello di “vendere” al meglio le misure
recentemente varate in tema di semplificazioni fiscali e burocratiche, interventi questi che hanno già visto
una positiva ed al tempo stesso tiepida accoglienza da parte del mondo imprenditoriale.
Anche il credito di imposta per progetti di ricerca scientifica finanziati dalle imprese e svolti negli Atenei
o negli Enti Pubblici di Ricerca (disciplinato nell’art. 1 del decreto, ma di cui ancora non si conosce la
copertura finanziaria effettiva per il 2011 e 2012) è stata una richiesta degli industriali, diretta alla
incentivazione delle sinergie pubblico - privato.
Trascuriamo ogni considerazione (ambientale ed economica) sulle misure riguardanti i “distretti turistici”
limitandoci ad una battuta: a questo Governo piace più agevolare i concessionari degli stabilimenti
balneari piuttosto che i ricercatori!
Formuliamo invece un giudizio di totale insufficienza di queste misure sia dal lato dello sviluppo (la
crescita prevista del PIL per i prossimi anni sarà al massimo dello 0,4% su base annua), sia soprattutto dal
lato degli effetti occupazionali: il provvedimento stesso non prevede interventi riguardanti la
disoccupazione giovanile, il cui tasso per l’Italia rimarrà anche nei prossimi anni tra i più elevati del
vecchio continente.
Per quanto riguarda il precariato sottolineiamo che ai significativi interventi per la Scuola non
corrispondono parallele misure riguardanti i settori di Università, Enti Pubblici di Ricerca e AFAM.
Precariato per il quale la UILPA RUA continua a concentrare i suoi sforzi di elaborazione e di proposta,
senza però ricevere sin qui la giusta attenzione dalle istituzioni e dal sistema politico.
Infine: assenza totale delle agevolazioni fiscali per il lavoro dipendente e delle misure tese a contenere “i
costi della politica”, così come richiesto con insistenza dalla UIL in questi anni a tutti i Governi. A ciò si
aggiunge la completa mancanza di coraggio nella selettività dei “tagli” operati o messi in cantiere, così
come giustamente suggerito dal Capo dello Stato (con specifico riferimento alla salvaguardia dei settori
della alta conoscenza e competenza).
La Segreteria Nazionale UILPA RUA
In allegato sono riportate le schede di sintesi del decreto legge su “provvedimenti urgenti per lo
sviluppo”, con particolare riferimento alle tematiche di maggiore interesse per i nostri settori.
Allegato 1) Il pubblico impiego
Il pubblico impiego paga ancora una volta il prezzo più alto al “patto di stabilità”.
Come vedremo nelle considerazioni che seguono, negli anni avvenire il peso maggiore della manovra sarà
scaricato sui dipendenti pubblici delle amministrazioni centrali ed in particolare sui settori
dell’Università, della Ricerca e dell’Afam.
In questi giorni apprendiamo dai giornali che il Ministro Gelmini si diletta di favole e novelle. Va pure
bene però riserviamole ai bambini!
Qui di “favole” non v’è bisogno; qui a “raccontare” e “narrare” sono i dati!
Alla UIL ed alla UILPA RUA in particolare non piacciono certamente le posizioni preconcette, gli
scioperi politici e di mestiere e nemmeno gli inchini ossequiosi quanto interessati verso “il potere”. Ciò
che conta sono invece i dati, tratti nel dettaglio e senza alterazione alcuna proprio dai documenti della
strategia del Governo sopra citati e sui cui abbiamo compiuto un’attenta e scrupolosa analisi!
Il primo dato riguarda gli impegni assunti per il rispetto del Patto di Stabilità:
“Il Governo si impegna a raggiungere entro il 2014 un livello prossimo al pareggio di bilancio (….), per
il 2011, deficit/PIL al 3,9%, per il 2012, deficit/PIL al 2,7%, per il 2013 deficit/PIL al 1,5%, per il 2014
deficit/PIL allo 0,2%, e poi via sistematico incremento del surplus primario a proseguire lungo la
riduzione del debito pubblico” (pagg. V della premessa al Documento di Economia e Finanza 2011).
Dal contenimento della spesa pubblica in senso stretto, così come indicato nel Piano Nazionale di
Riforma, si attendono come saldo finale degli interventi i seguenti risparmi di spesa (in milioni di euro):
1.018 per il 2011; 1.732 per il 2012, 2013 e 2014 (per un totale di 6.214 milioni di euro). (Tab. III.5
Implicazioni di bilancio delle misure strutturali indicate nel PNR); (pagg. 30 del Documento di
Economia e Finanza – Sez. I Patto di Stabilità).
La stasi/contrazione dei livelli di spesa pubblica per le retribuzioni dei pubblici dipendenti (già in atto in
particolare per quelle dei dipendenti delle amministrazioni centrali) è evidente dai dati della Tab. IV.2.2
del Documento di Economia e Finanza Sez. II – Analisi delle tendenze: (in milioni di euro) 96.645 per il
2010; 98.987 per il 2011; 96.717 per il 2012; 96.246 per il 2013; 96.486 per il 2014.
Il declino dei livelli di spesa è confermato per i settori “Istruzione, Università e Ricerca” così come
indicato nella Tab. A- 17 Cat.1 di pagg. 129 dello stesso Documento di cui sopra, già per gli anni
antecedenti alla manovra: “ 42.936 per il 2008; 41.264 per il 2009; 40.896 per il 2010”.
Complessivamente, così come indicato nel Cap. II. – Conto Economico delle Amministrazioni Pubbliche,
si vede il “prezzo pagato” alla politica di “rientro” dal personale della Pubblica Amministrazione
(centrale) con il combinato/disposto delle disposizioni Brunetta - Tremonti:
“le spese di personale, come detto, vedono ridursi la loro incidenza sul PIL (dall’11,3% del 2009, al
9,8% del 2014) per effetto delle disposizioni recate dalla Legge 30 Luglio 2010 n. 122 (conversione con
modificazioni del D.L. 78/2010), in particolare per quanto concerne il blocco della contrattazione
collettiva e delle dinamiche retributive individuali, le misure limitative delle assunzioni ed il blocco delle
progressioni di carriera del personale” .
I sacrifici imposti ai dipendenti pubblici sono ulteriormente esplicitati nei dati riportati a pagg. 68 nel
paragrafo VI “La politica di bilancio: le azioni intraprese per il triennio 2012-2014”:
“le riduzioni dei redditi da lavoro del settore pubblico sono attuate con l’adozione di una serie di
interventi che fanno leva sui fattori di crescita della spesa realizzando risparmi dell’ordine di 1,7
miliardi nel 2011, 2,7 nel 2012 e 3,3 nel 2013”.
Se “la matematica non è un’opinione, pressoché l’equivalente della ulteriore manovra ipotizzata per
giugno (circa 7 miliardi di euro) è già pagato dai pubblici dipendenti delle Amministrazioni centrali,
dell’Università, della Ricerca, dell’Afam, dai precari di questi settori e dai giovani che dovranno attendere
ed “invecchiare” ancora un po’!
Ci pare che più chiaramente di così gli “atti” di politica economica del Governo non potessero parlare e
nessun Ministro, politico di turno od anche sindacalista potrebbe smentire un dato che, senza il riavvio su
basi nuove della contrattazione e di nuova occupazione, sarà destinato ad aggravarsi addirittura al di là
della stessa scadenza del 2013, che dovrebbe segnare la ripresa della dinamica contrattuale nei sistemi
pubblici.
Allegato 2) L’Università
Per l’Università si confermano i tagli già operati e programmati. Il Ministro Gelmini nelle sue
dichiarazioni pubbliche sulle scottanti situazioni dell’Istruzione e dell’Università non solo difende le sue
“riforme”, ma nega che esse abbiano determinato o determineranno “tagli” e “sacrifici”.
Ella sostiene che si tratta semmai solo di “minori incrementi di spesa” derivanti da “comportamenti più
virtuos”!
In effetti anche qui “carta canta” ed i documenti della manovra economica sono espliciti.
Nel capitolo “Innovazione e capitale umano” pagg. 32-33 del Documento di Economia e Finanza Parte I
Programma di Stabilità si legge:
“Dalle riorganizzazioni della Scuola e dell’Università si attendono risparmi di spesa al netto del Fondo
di cui all’art. 64, comma 9, del D.L. n.112 del 2008: in particolare nelle relazioni tecniche alla L. n. 244
del 2007 (commi 411 e 412) ed al D.L. n.112 del 2008 (art.64, comma 6) sono previste economie di spese
per il personale pari a 1.293 milioni per il 2009, 2.809 milioni nel 2010, 3.911 nel 2011 e 4.561 milioni a
decorrere dal 2012. Per l’Università, a parte gli oneri previsti dalla Legge delega n. 240/2010 (27,5
milioni per il 2011, 96,5 per il 2012 e 176,5 a decorrere dal 2013) eventuali economie di spesa verranno
valutate nell’ambito dei decreti attuativi della riforma.”.
Per l’Università si legge si legge a pagg. 72 del DEF – Programma di Stabilità:
“(...) vengono disposti l’aumento della dotazione del Fondo per il finanziamento ordinario delle
Università (800 milioni nel 2011,500 milioni nel 2012 e nel 2013)”
Dunque i documenti governativi continuano a presentare, anche all’ Europa, come veri e propri
incrementi quelle che sono in realtà solo restituzioni parziali di quanto era già dovuto ai bilanci degli
atenei!
Sempre sulle “politiche” universitarie non si va oltre generiche affermazioni, che enfatizzano le riforme a
costo zero e preludono ad altri sacrifici finanziari:
“Per l’Università l’obiettivo primario è quello di eliminare la frammentazione degli indirizzi – che ha
spesso comportato la scarsa efficacia nell’uso delle risorse – ed insieme sostenere il miglioramento della
qualità dell’offerta formativa” (pagg. 69 del DEF cap. V.3 Istruzione e capitale umano”.
Nell’articolo 9, comma 3 e seguenti, in attuazione del disposto di cui all’art. 4 della legge di riforma
universitaria (L. n.240 del 30 dicembre 2010) viene annunciata la creazione del cosiddetto “Fondo per il
merito”, ennesima “fondazione” con il compito di presiedere l’omonimo fondo previsto dalla riforma
dell’Università e governare i parametri atti a premiare gli studenti più meritevoli.
Questo avviene non solo dopo che la riforma stessa ha negato i finanziamenti per il diritto allo studio, ma
anche nell’incertezza pressoché completa sulle reali disponibilità. Si parla di circa 10 milioni di euro in
due anni e si fa riferimento generico “ad apporti dei Ministeri fondatori…ed ad ulteriori apporti dello
Stato nonché delle risorse provenienti da ulteriori soggetti pubblici e privati”. Poi, forse non sapendo a
cosa altro “appigliarsi” si aggiunge nel comma 10 del suddetto articolo: “La Fondazione potrà, altresì,
avere accesso alle risorse del Programma Operativo Nazionale Ricerca e competitività 2007-2013 Fesr e
di altri programmi cofinanziati dai Fondi strutturali europei…..” (sic!).
Ricordiamo, infine, che il Consiglio dei Ministri nella stessa riunione del 5 maggio ha dato il via libera
preliminare ai regolamenti attuativi previsti dalla riforma universitaria su nuovi criteri retributivi di
ordinari, associati e ricercatori (sui quali interverremo a parte).
Allegato 3) La Ricerca
Saranno gli EPR a finanziare i futuri programmi del Miur, mentre le restanti risorse potranno essere
attinte solo dall’Europa!
Il capitolo dedicato a Ricerca ed Innovazione, in particolare all’interno del DEF – Programma Nazionale
di Riforma (pagg. 64 – 66 del paragrafo V.2 R&S e Innovazione) è tratto pressoché integralmente dal
Programma Nazionale della Ricerca 2011-2013, rivisto con un nuovo “editing” a distanza di un anno e
mezzo dalla sua iniziale presentazione e finalmente approvato dal CIPE nel marzo scorso.
Sul “credito d’imposta” abbiamo già detto all’inizio. Possiamo qui aggiungere che per identificare gli Enti
interessati allo svolgimento dei relativi progetti il comma 3 dell’ art.1 del decreto recita “gli enti pubblici
di ricerca di cui all’ articolo 6 del Contratto Collettivo Quadro per la definizione dei comparti di
contrattazione…”. Si è fatto appena in tempo a citare il Comparto della Ricerca per l’ultima volta oppure
ciò nasconde una potenzialità positiva?
L’altro elemento di un certo interesse può essere costituito dalla proposta di cui al comma 1 dell’articolo
9 per la formulazione di “Contratti di Programma per la Ricerca Strategica” nella misura in cui, però,
essa non costituisca un’affrettata risposta alla esigenza oggi avvertita della semplificazione delle ancora
macchinose procedure del DL 297/1999.
In sintesi sul versante Ricerca la manovra non conterrà novità sostanziali, tanto meno dal punto di vista
delle opportunità finanziarie.
Al contrario sono confermate le attuali impostazioni del Governo:
• fiducia nelle capacità della riforma (DL 213/2009) di indurre nuova qualità e virtuosi
comportamenti degli EPR;
• necessità di incrementare l’apporto delle imprese private alla ricerca e le sinergie tra imprese,
Università ed EPR (ma quando?);
• riconoscimento che le risorse comunitarie e nazionali del PON ricerca e Competitività
costituiscono il vero serbatoio di “risorse fresche” per il potenziamento ed “il rafforzamento della
dotazione scientifica”.
Se si legge attentamente la manovra, al suo interno sono contenute alcune affermazioni (due in
particolare) esemplari sui limiti della strategia dell’Italia, Paese nel quale si sceglie deliberatamente di
non investire in innovazione, a differenza di quanto avviene nelle economie più avanzate del vecchio
continente ed a dispetto peraltro delle stesse indicazioni della UE):
a) il saldo tra “maggiori spese” e “minori spese” nella proiezione 2009 - 2014 all’interno del capitolo
“Innovazione e capitale umano” del PNR è pari a 3.561 milioni di euro di “minori spese” (Tavola
III.7 Impatto finanziario del PNR);
b) mentre “Europa 2020” punta al 3% medio di PIL per spesa in R&S, nel DEF – Programma
Nazionale di Riforma (pagg. 63), così come pure all’interno del Programma Nazionale della
Ricerca del Ministro Gelmini, si afferma tra l’altro: “Il miglioramento dell’apporto pubblico,
anche diversificando strumenti, modalità di intervento e fonti di copertura, concorrerà
all’obbiettivo minimo di spesa complessiva, pubblica e privata, dell’1,53 per cento del PIL al
2020, stabilito come obiettivo dell’Italia nell’ ambito della Strategia Europa 2020” (sic!).
A questo punto, non si capisce più a quale Europa facciano riferimento gli esperti del Ministero del
Tesoro e lo stesso Consiglio Dei Ministri. Con estrema amarezza e senso del paradosso, va almeno
apprezzata l’estrema sincerità del documento del Governo in merito alle nostre debolezze strutturali, che
per scelta “programmatica” rimarranno tali anche nel 2020!
Per quanto riguarda, infine, la tabella finanziaria contenuta nel Programma Nazionale di Ricerca 20112013 della Gelmini, nel DEF e non se ne fa alcun cenno, a dimostrazione ulteriore della debolezza
finanziaria strutturale del Programma del Ministro Gelmini che non offre ai vari “stakeholders” del
sistema ricerca opportunità reali ed aggiuntive.
In ogni caso, appaiono esplicitamente confermate alcune negative implicazioni denunciate già dalla
UILPA RUA nel recente passato, ovvero:
• l’ammissione che il grosso delle risorse sarà quello già esistente del PON Ricerca e Competitività;
• con il sacrificio del 15% delle loro dotazioni ordinarie, gli Enti di competenza MIUR (CNR,
INFN, INGV, ASI, INAF etc.) saranno costretti a finanziare i “progetti strategici” ed i “progetti
bandiera” di emanazione MIUR;
• il riparto effettivo del FAR (Fondo Agevolazioni per la Ricerca) è ben al di sotto, almeno per il
2011, rispetto ai livelli indicati nel Programma Nazionale della Ricerca.
Allegato 4) AFAM
Per AFAM vengono confermati i tagli al funzionamento delle strutture e il blocco delle dinamiche
occupazionali.
Il “capitolo” AFAM all’interno della manovra è pressoché completamente trascurato, in ciò in piena
coerenza con la scarsa (per non dire nulla) attenzione che questo Governo dedica alla cultura ed alla
formazione artistica.
Dobbiamo ricordare che i provvedimenti del Tesoro hanno contribuito negli ultimi due anni a tagliare ben
il 37% delle spese di funzionamento di istituzioni che già hanno grandi difficoltà a sopravvivere. Si può
calcolare dal 2011 un taglio complessivo nelle spese di funzionamento delle accademie e dei conservatori
nell’ordine del 70%.
Per far fronte ai propri costi di funzionamento, inevitabilmente queste strutture hanno dovuto
incrementare la tassazione scaricando su studenti e famiglie i relativi costi.
A tutto questo si aggiunge una pressoché totale stasi occupazionale, senza previsioni in tema di
stabilizzazioni e nuove assunzioni.