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Il Pil cresce in culle straniere
di Carlo Giorgi
8 SETTEMBRE 2008
|
L'Europa non ha scelta: l'unica strada per
crescere, che le è consentita, è quella di
"capitalizzare" il potenziale produttivo e
puntare sul forte apporto demografico dei
migranti. Nel Vecchio Continente, però, il
razzismo sembra aumentare e la coesione
sociale che permette alla società di raggiun
un successo anche economico – è a rischio.
affermarlo è il Consiglio d'Europa che giove
e venerdì ha riunito a Kiev, in Ucraina, l'ott
Il rapporto del Consiglio d 'Europa sull'immigrazione
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Conferenza dei ministri responsabili delle
questioni migratorie dei 47 Paesi membri.
Due giorni di dibattito sul tema: «Migrazio
economiche, sviluppo e coesione sociale» c
hanno messo in luce la forza economica che
migranti possono rappresentare sia per i Pa
ospitanti, sia per i loro Paesi di origine.
L'arrivo degli immigrati, secondo la ricerca
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presentata dal Comitato europeo sulle migrazioni, si conferma essere complessivamente un
bene per la produttività economica e per le finanze dei Paesi d'adozione. Un'indagine statist
condotta su 15 Paesi europei, per esempio, mostra come a ogni punto percentuale di aumen
della popolazione dovuto all'afflusso dei migranti, corrisponda un aumento di 1,25 o 1,5% d
prodotto interno lordo del Paese. Nel caso della Spagna, l'aumento del prodotto interno lord
conseguito nel periodo compreso tra il 1996 e il 2006, è da imputare per il 30% proprio al
lavoro degli immigrati. Il peso dei lavoratori stranieri sul welfare delle nazioni più ricche no
sempre di segno meno: secondo il Governo inglese, infatti, all'inizio di questo decennio i
cittadini ospiti hanno contribuito con 31,2 miliardi di sterline di tasse usufruendo dei serviz
statali solo per 28,8 miliardi. Gli immigrati inoltre sono spesso una risorsa anche
imprenditoriale: in Gran Bretagna, per esempio, l'iniziativa privata riguarda il 12,3% dei
lavoratori autoctoni mentre coinvolge ben il 26,6% tra gli immigrati cinesi. Per le economie
Paesi più ricchi, tuttavia, gli stranieri rappresentano un punto di forza soprattutto per il loro
forte apporto demografico. In questo senso il Consiglio d'Europa, con i suoi 47 Paesi memb
si ritrova spaccato in due: da una parte, quasi tutti i Paesi del l'Unione europea segnano un
aumento demografico dovuto all'immigrazione ricevuta, che va a contrastare una tendenza
ormai consolidata al decremento delle nascite. Fenomeno particolarmente evidente per Ital
Slovenia e Germania; ma anche in Paesi insospettabili come Russia e Repubblica Ceca. D'al
parte, ad Est, dall'Estonia alla Georgia, troviamo i Paesi della "grande fuga", impoveriti di
manodopera e di giovani generazioni dal grave spopolamento dovuto proprio al fenomeno
migratorio.
Il rapporto si sofferma anche sul ruolo che i migranti possono avere per lo sviluppo dei prop
Paesi d'origine. La "rimessa" degli immigrati è il segno più tangibile di questa possibile
crescita: si calcola che il flusso di risparmi diretti verso i Paesi poveri infatti sia passato dai
miliardi di dollari del 1990 ai 207 miliardi del 2006, con un evidente beneficio per i Paesi
destinatari. Si tratta di entrate a cui alcuni governi poveri non possono più rinunciare: per
l'Albania le rimesse degli immigrati sono pari, per esempio, al 75% degli introiti dell'export
nazionale. Per la Moldova equivalgono al 22,8% del proprio prodotto interno lordo. Ogni an
i cittadini polacchi immigrati inviano in patria 6 miliardi di euro. L'Ucraina è passata dai 33
milioni di dollari di rimesse del 2000, ai 595 del 2005.
Un ostacolo allo sviluppo dei Paesi più poveri, invece, è la fuga della manodopera specializz
in particolare dei laureati, che trovano nei Paesi ricchi occasioni di lavoro sempre più
remunerative. Secondo il rapporto, in Africa lavorano solo 20mila professionisti, tra ingegn
e scienziati autoctoni, su una popolazione di 600 milioni di persone. Per poter far fronte al
proprio sviluppo l'Africa dovrebbe poter contare invece su almeno un milione di nuovi
"cervelli".
Per quanto riguarda la vita degli immigrati nel vecchio continente, il Consiglio d'Europa ind
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la coesione sociale come l'unica strada capace di disegnare un futuro sostenibile per tutti. «
migranti bisogna dare l'opportunità di partecipare sempre di più alla vita sociale dei Paesi
ospitanti – ha messo in guardia Terry Devis, segretario del Consiglio d'Europa, nel suo disc
introduttivo –. Notiamo invece in molte grandi città europee la tendenza preoccupante dell
seconde e terze generazioni di immigrati, di trovare con difficoltà un lavoro dignitoso.
Dobbiamo ricordarci che senza questi giovani non è possibile la costruzione di nessuna nuo
Europa».
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