BIBLIOTHECA PHILOSOPHICA STUDI DI STORIA DELLA FILOSOFIA Direttore Pier Davide A Università degli Studi del Piemonte Orientale Comitato scientifico Michela A University of Rochester, William J. C Seton Hall University, South Orange, Ugo P Humboldt-Universität, Berlin Iolanda P Università degli Studi del Piemonte Orientale Giorgio S Università degli Studi di Palermo BIBLIOTHECA PHILOSOPHICA STUDI DI STORIA DELLA FILOSOFIA La collana si propone di pubblicare studi specialistici di storia della filosofia: dall’antichità fino al dibattito filosofico contemporaneo. “Bibliotheca Philosophica”, attraverso rigorose indagini scientifiche, studi collettanei, monografie e traduzioni commentate con testo originale a fronte, ripercorrerà i momenti più significativi della storia della filosofia. Le pubblicazioni della collana sono sottoposte a un’attenta procedura di valutazione nella forma di blind peer–review. La pubblicazione è stata realizzata con il contributo del Dipartimento di Economia, Società, Politica (DESP) dell’Università degli Studi di Urbino “Carlo Bo”. Giacomo Rinaldi L’etica dell’Idealismo moderno Copyright © MMXVI Aracne editrice int.le S.r.l. www.aracneeditrice.it [email protected] via Quarto Negroni, Ariccia (RM) () ---- I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica, di riproduzione e di adattamento anche parziale, con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi. Non sono assolutamente consentite le fotocopie senza il permesso scritto dell’Editore. I edizione: luglio INDICE 11 Introduzione 35 Parte I. Il carattere dell’Idealismo moderno 37 Capitolo I Il concetto dell’“idealismo” § 1. Sensazione e pensiero, 37 – § 2. Pensiero e realtà, 44 – § 3. Astrattezza e concretezza del pensiero, 51 – § 4. Il pensiero come atto in divenire, 58 – § 5. Il soggetto del pensiero, 65 – § 6. Pensiero e volontà, 72. 81 Capitolo II Idealismo antico e Idealismo moderno § 7. Il concetto dell’idealismo e la storia della filosofia, 81 – § 8. Carattere e limiti dell’idealismo platonico, 90 – § 9. Carattere e limiti della metafisica aristotelica, 98 – § 10. Idealismo greco e teologia cristiana, 106. 117 Capitolo III L’Idealismo moderno e la Filosofia morale § 11. La genesi della filosofia moderna dalla crisi della filosofia medievale, 117 – § 12. Il carattere della filosofia moderna, 125 – § 13. Razionalismo, Empirismo, Idealismo, 133 – § 14. Il primato della ragion pratica nell’Idealismo moderno, 141 – § 15. L’Idealismo moderno e la filosofia di Hegel, 148. 159 Parte II. Lo sviluppo storico dell’etica dell’Idealismo moderno 161 Capitolo I L’etica di Spinoza § 16. La teoria della conoscenza e il metodo geometrico, 161 – § 17. Principi della metafisica di Spinoza, 168 – § 18. Gli affetti della mente e la libertà umana, 178 – § 19. Il valore morale della Metafisica. Politica e religione, 185 – § 20. Carattere e significato dell’etica di Spinoza, 192. 7 8 Indice 207 Capitolo II L’etica di Kant § 21. I presupposti gnoseologici della morale kantiana, 207 – § 22. Autonomia del volere e formalismo etico, 219 – § 23. Etica e religione, 228 – § 24. Valutazione critica dell’etica kantiana, 235 – § 25. L’etica kantiana e il neokantismo, 242. 253 Capitolo III L’etica di Fichte § 26. La filosofia come “dottrina della scienza”, 253 – § 27. Deduzione della “serie teoretica” e della “serie pratica” della Dottrina della scienza, 261 – § 28. Il sistema fichtiano dei doveri determinati, 269 – § 29. Carattere e significato della dottrina fichtiana dell’eticità, 275 – § 30. Etica e religione, 280 – § 31. L’Assoluto e il sapere, 289. 297 Capitolo IV L’etica di Hegel § 32. La filosofia come “sapere assoluto” e come “sistema”, 297 – § 33. L’etica come “filosofia dello spirito oggettivo”, 307 – § 34. Essenza e dialettica della moralità, 318 – § 35. L’eticità assoluta dello Stato, 329 – § 36. Il carattere religioso dell’etica hegeliana, 345 – § 37. L’etica hegeliana dal XIX al XXI secolo, 350. 363 Capitolo V L’etica dell’Idealismo anglosassone § 38. Etica e metafisica nella filosofia di Francis H. Bradley, 363 – § 39. La critica bradleyana dell’Utilitarismo e dell’etica kantiana, 366 – § 40. La dottrina bradleyana dell’eticità e della religione, 375 – § 41. La “metafisica della conoscenza” di Thomas H. Green, 384 – § 42. La critica greeniana dell’Edonismo e dell’Utilitarismo, 392 – § 43. L’ideale morale della “perfezione”, 400 – § 44. La teoria sistematica della “giustizia” di Richard D. Winfield, 411 – § 45. Carattere e significato dell’etica dell’Idealismo anglosassone, 417. 429 Capitolo VI L’etica dell’Idealismo italiano § 46. Il carattere dell’etica dell’Idealismo italiano, 429 – § 47. L’idealismo etico di Giuseppe Mazzini, 432 – § 48. L’etica hegeliana di Bertrando Spaventa, 440 – § 49. L’etica dello Storicismo assoluto, 448 – § 50. Critica dell’etica crociana, 459 – § 51. L’etica dell’Idealismo attuale, 470 – § 52. Significato e limiti dell’etica attualistica, 488. Indice 9 501 Parte III. L’etica dell’Idealismo moderno e la filosofia contemporanea 503 Capitolo I La polemica della filosofia contemporanea contro l’etica dell’Idealismo moderno § 53. L’Idealismo moderno e la filosofia contemporanea, 503 – § 54. L’etica dell’Idealismo moderno e la filosofia morale contemporanea, 511 – § 55. I limiti dell’etica eteronoma e dell’immoralismo contemporanei, 516. 523 Capitolo II L’etica dell’Idealismo moderno e la restaurazione della morale eteronoma § 56. La polemica della “metafisica dell’Essere” contro l’etica dell’Idealismo moderno, 523 – § 57. Critica della morale eteronoma, 532 – § 58. La prospettiva critica dell’“etica materiale del valore”, 545 – § 59. Critica dell’etica materiale del valore, 556 – § 60. La polemica di H. Bergson contro il razionalismo etico, 570 – § 61. Critica della teoria etica di Bergson, 576. 593 Capitolo III L’etica dell’Idealismo moderno e l’immoralismo contemporaneo § 62. La polemica materialistica contro la morale, 593 – § 63. Critica della concezione materialistica della morale, 601 – § 64. La critica empirico–psicologica della morale, 614 – § 65. Critica dell’immoralismo nietzscheano, 622 – § 66. La moralità come modalità dell’“esistenza inautentica”, 633 – § 67. Critica del nichilismo morale di Heidegger, 640. 659 Conclusione 663 Ringraziamenti 665 Bibliografia 693 Indice analitico 709 Indice dei nomi INTRODUZIONE I. Il nostro interesse per la problematica dell’etica risale al lontano 1981, quando, ancora agli inizi della nostra carriera scientifica, delineavamo nel saggio L’atto logico–etico come principio della filosofia1 le tesi fondamentali di una concezione dell’essenza del sapere filosofico, cui ci siamo mantenuti fedeli nell’intero corso del suo successivo sviluppo. L’oggetto peculiare della filosofia veniva ivi identificato col problema dell’“assoluto”, e la determinazione adeguata della sua essenza con l’atto pensante dell’Io autocosciente, che, in ragione della sua infinita spontaneità creatrice, non si distingue essenzialmente dall’essenza della volontà e dalla sua teleologia immanente. L’Etica, in quanto scienza filosofica del volere, veniva perciò già allora concepita, non diversamente dalla Gnoseologia, in quanto teoria del conoscere, come una parte integrante della philosophia prima. Solo nel 2001, tuttavia, il contesto istituzionale, in cui svolgiamo la nostra attività filosofica, ci ha consentito di dedicarci completamente all’elaborazione di una sistematica etica filosofica, che pubblicammo nel 2004 in un volume dal titolo Teoria etica2. Esso non ha mancato di riscuotere attenzione ed interesse nella comunità scientifica internazionale. Più d’un recensore ne ha lodato l’“assoluta originalità” e il tentativo, da essa attuato «in grande stile […] di dare una fondazione filosofica all’etica, superando così non soltanto l’impasse in cui è sfo1 Cfr. G. RINALDI, L’atto logico–etico come principio della filosofia, in «Studi filosofici», vol. V–VI, 1982–1983, pp. 291–323. 2 Cfr. ID., Teoria etica, Edizioni Goliardiche, Trieste 2004. 11 12 Introduzione ciato il pensiero post–moderno, ma anche il motivo spesso ripetuto della “crisi dell’umanità europea”»3; e Vittorio Hösle non ha addirittura esitato ad affermare che «[i]n un’epoca in cui la filosofia italiana si è ridotta in gran parte a storiografia filosofica […], il libro di Rinaldi è un evento importante. Esso continua la migliore tradizione dell’idealismo italiano […] La forza speculativa di Rinaldi, il suo senso architettonico, la sua familiarità con la tradizione […] infine la sua critica serrata dei luoghi comuni del discorso filosofico contemporaneo, che hanno impedito lo sviluppo di una teoria etica […] danno un’importanza peculiare a questa opera»4. Ma nelle recensioni, di cui siamo venuti a conoscenza, non mancano neppure — com’è, del resto, naturale, vista l’imprescindibile essenza critica del filosofare — alcune obiezioni e riserve, che sono fondamentalmente di due specie. Le une concernono tesi particolari da noi sostenute in Teoria etica, e la loro discussione, che avrà ora luogo, potrà certamente contribuire a chiarire il carattere e le ragioni della prospettiva filosofica che ne sta alla base. Le altre, invece, ne mettono in questione la stessa impostazione teoretica di fondo. Essa, anzitutto — ci viene obiettato —, è condannata all’“inattualità”5, perché il suo Autore «philosophizes in a style that is not generally fashionable in our postmodern times»6, nei quali il tentativo, in essa attuato, di difendere la prospettiva filosofica dell’“Hegelismo ortodosso” non potrebbe che apparire anacronistico. D’altra parte, lo stesso carattere del nostro approccio al pensiero hegeliano sarebbe viziato alla radice dall’adesione ad una sua interpretazione in chiave “metafisico–religiosa”, che sarebbe sì ancor oggi dominante nella filosofia americana, ma che la più corretta impostazione della Hegelforschung europea, e specialmente tedesca, rifiuterebbe decisamente “aus Text– und Verständnisgründen”7. 3 A. AGUTI, recensione di G. RINALDI, Teoria etica, apparsa nella «Rivista di filosofia neoscolastica», anno XCVIII, gennaio–marzo 2006, pp. 201–207, qui 202. 4 V. HÖSLE, recensione di G. RINALDI, Teoria etica, apparsa in «Humanitas», anno LXII, nn. 5–6, settembre–dicembre 2007, pp. 1074–1077, qui 1174. Essa è stata ristampata nel «Magazzino di filosofia», 18/2005–2010, pp. 209–216. 5 A. AGUTI, op. cit., p. 201. 6 W. DESMOND, recensione di G. RINALDI, Teoria etica, apparsa in «Tijdschrift voor filosofie», vol. LXVIII, n. 2, 2006, pp. 397–398, qui 398. 7 L. DE VOS, recensione di G. RINALDI, Teoria etica, apparsa in «Jahrbuch für Hegelforschung», Bd. XII–XIV, pp. 315–322, qui 322. Introduzione 13 Dai presupposti filosofici che stanno alla base di questo genere di obiezioni noi dobbiamo fermamente dissentire. Lu de Vos può coinvolgere la nostra Teoria etica nel suo indiscriminato rifiuto della tradizione “metafisica” dell’Hegelismo anglosassone solo perché — come abbiamo già mostrato in extenso in un saggio interamente dedicato alla confutazione della sua falsa interpretazione del pensiero di Hegel — 8 — egli confonde, con grande superficialità, la “negatività” del metodo dialettico hegeliano, che si rivolge solo contro la realtà positiva del finito o delle determinazioni inadeguate (perché unilaterali o astratte) dell’Infinito, con quella dello scetticismo tradizionale o della “filosofia critica”, che negano, al contrario, la realtà e verità delle “idee della Ragione”, e dunque la possibilità di principio di una “metafisica” o “filosofia speculativa”; e, inoltre, sembra stranamente dimenticare che, se è vero che Hegel, da un lato, a differenza della teologia e della metafisica tradizionale, riconosce nella maniera più esplicita l’inferiorità gnoseologica della forma rappresentativa della religione rispetto a quella concettuale–deduttiva della filosofia, è anche vero, dall’altro, ch’egli afferma, con abbondanza di lucidi e cogenti argomenti, la (relativa) identità del contenuto della “filosofia speculativa” e della “religione assoluta”. Di questa infelice polemica di de Vos contro la pretesa inautenticità dell’interpretazione del pensiero di Hegel, che sta a fondamento di tutte le nostre ricerche filosofiche, non faremo tuttavia altro cenno né in questa “Introduzione”, né nel prosieguo del presente volume, perché riteniamo che la replica da noi ad essa offerta nel saggio apparso nel 2012 non necessiti di aggiunte, chiarimenti o rettifiche. Veniamo, ora, alla questione dell’“inattualità” dell’idealismo assoluto di Hegel, o di una prospettiva teoretica che, per quanto “originale”, ad esso tuttavia chiaramente si ispira, nel panorama odierno della filosofia contemporanea. Già in un articolo apparso nell’ormai lontano 1996, Die Aktualität von Hegels Logik, abbiamo cercato di affrontare, con la debita serietà teoretica e critica autocoscienza, la questione dell’attualità della Logica hegeliana, che, vista l’assoluta centralità della posizione che essa occupa nel sistema hegeliano delle scienze 8 Cfr. ID., Absoluter Idealismus und zeitgenössische Philosophie. Bedeutung und Aktualität von Hegels Denken, Peter Lang, Frankfurt a. M.–Berlin–Bern–Bruxelles– New York–Oxford–Wien 2012, Teil I, Kap. 6: “Skeptizismus und Metaphysik in Hegels Denken”, pp. 139–163. 14 Introduzione filosofiche, può esser senz’altro considerata equivalente a quella concernente l’attualità dell’idealismo assoluto. È necessario distinguere accuratamente — noi avevamo allora affermato —9 tra la genuina “attualità” di una dottrina filosofica e il successo esteriore, misurabile quantitativamente sulla base dell’ampiezza del consenso da essa riscosso presso il pubblico, e specialmente presso la massa dei dilettanti di filosofia, che noi allora designammo coi termini tedeschi, rispettivamente, di “wirkliche Aktualität”, cioè attualità effettiva, e “faktische Aktualität”, cioè attualità di fatto. “Effettivamente attuale” è solo quella dottrina filosofica, il cui contenuto, metodo ed articolazione immanente corrisponde pienamente al “concetto” ideale, universale, “eterno” della filosofia; ad una teoria filosofica che, per quanto goda il favore dell’opinione pubblica in una determinata situazione storica, non soddisfa tuttavia tale requisito, potrà esser riconosciuta, nel migliore dei casi, solo una “attualità di fatto”, cioè meramente estrinseca e relativa. L’intera struttura argomentativa, da noi svolta negli scritti più sistematici che abbiamo in seguito dedicato a tale tematica, cioè A History and Interpretation of the Logic of Hegel (1992) e Teoria etica (2004), non ha avuto altro fine che quello di mostrare in dettaglio la piena conformità dell’idealismo assoluto hegeliano, o di ascendenza hegeliana, al concetto puro del sapere filosofico, provandone così eo ipso l’attualità effettiva. È stata sufficiente tale prova? A giudicare dalle opinioni espresse dai citati recensori, e dall’obiettiva assenza, per quanto ci è noto, di ulteriori sviluppi originali della “metafisica dei costumi” da noi delineata in Teoria etica, sembrerebbe proprio di no. Sembrerebbe che buona parte degli odierni professionisti o dilettanti di filosofia continui per contro a ritener “attuali”, e perciò degne di studio, di confronto e di appropriazione, prospettive “teoretiche”, quali il volontarismo nietzscheano, l’ontologia esistenziale e il pensiero dell’Essere di Heidegger, la teoria critica della società, il decostruzionismo e il postmoderno, che, fin dai primi passi delle loro formulazioni “filosofiche”, violano, in realtà, nella maniera più grave, esplicita, e a volte addirittura paradossalmente riconosciuta (cfr. infra, §§ 62–67), le più elementari condizioni di possibilità di qualsivoglia pensiero, discorso, argomentazione, teoria razionale — cioè, in ultima istanza, del sapere 9 Cfr. ivi, Teil I, Kap. 1, pp. 31–52. Questo saggio era già apparso nello «Jahrbuch für Hegelforschung», Bd. II, 1996, pp. 27–54. Introduzione 15 filosofico in quanto tale, perché una filosofia priva di forma razionale è una pura e semplice contradictio in adiecto, o, meglio, è l’impotenza logica, la confusione mentale che sfacciatamente ammette, o perversamente si vanta, di essere tale. Come è possibile porre rimedio a queste innegabili difficoltà incontrata nella ricezione della nostra Teoria etica? Noi non intendiamo negare che essa, dovendo assolvere al compito filosoficamente primario di articolare la fondazione di un sistema di etica filosofica nella forma del concetto puro, si è esclusivamente mossa nell’elemento, come dice Hösle, dell’“apriorismo astratto”10; e che perciò al lettore poco avvezzo a cogliere il processo vivente del reale in tale elemento essa sia potuta apparire come un mero rifacimento o “ripetizione” della dottrina hegeliana dell’eticità. In realtà, le determinazioni concettuali da essa sistematicamente esplicate e per via deduttiva fondate sono, nel contempo, le “potenze etiche” reali, che hanno determinato lo sviluppo storico obiettivo dei costumi, delle valutazioni e della coscienza morale dell’umanità occidentale, e che sono pervenute più o meno adeguatamente all’autocoscienza critica del pensiero nell’intera storia dell’etica filosofica, a cominciare dal socratico KRÏUMWEYX³Rper arrivare alla “missione del dotto” di Fichte o alla “società trascendentale” di Gentile. Sorge dunque l’esigenza di mostrare, in una forma che possa apparire convincente ad ogni lettore colto, anche se non è propriamente un professionista della filosofia: (1) che la teoria etica da noi sviluppata nell’omonima opera non è soltanto un aprioristico schema concettuale modellato su quello articolato da Hegel e privo di un reale riscontro nello sviluppo storico della coscienza filosofica e dell’eticità del mondo reale in cui viviamo, bensì è il compimento, potenziamento, coerentizzazione di una assai più ampia e complessa prospettiva etica, quella dell’Idealismo moderno, che coincide, in larga misura, con lo sviluppo storico reale della Filosofia morale dell’Età moderna e contemporanea; e (2) che la filosofia dell’Idealismo moderno non è — come alcune celebri, ma fuorvianti formulazioni cartesiane lascerebbero supporre — una posizione del pensiero che si legittima solo mediante sé stessa, e che propugna perciò la “messa tra parentesi” di tutte le teorie che l’hanno preceduta nella sviluppo storico del pensiero filosofico, bensì è la realizzazione di un compito, di un’aspirazione teoretica, che aveva già permeato di sé l’Idealismo greco e, sebbene in 10 Cfr. V. HÖSLE, recensione di G. RINALDI, Teoria etica, cit., p. 1176. 16 Introduzione forma e in misura diversa, la stessa teologia morale cristiana. Proclamare, dunque, l’“inattualità” della nostra Teoria etica, perché “inattuale” sarebbe oggi la filosofia dell’Idealismo assoluto (non è “evidente” che ogni sorta di progressi, scoperte, novità filosofiche sono avvenuti dalla morte di Hegel nel 1831 ad oggi?) significa, in realtà, nulla più e nulla meno che negare l’attualità dell’intera storia della filosofia, dell’eticità e dello spirito dell’umanità occidentale. È questo ciò che i recensori, che hanno avanzato tale obiezione, vogliono realmente sostenere? Noi non ci stupiremmo affatto se oggi anche questa tesi venisse esplicitamente formulata, e in certi ambienti filosofici riscuotesse qualche successo. Un seguace ortodosso del materialismo storico, ad es., potrebbe plausibilmente dedurre dalla celebre tesi marxiana, che la “vera” storia dell’umanità inizierà solo dopo l’avvento della società comunista, e che ciò che si è stati finora soliti chiamare “storia”, in realtà, è solo la sua “preistoria”, la conclusione, che l’intera storia passata dell’etica occidentale ha smarrito oggi qualsivoglia genere di attualità. Analogamente il seguace ortodosso del volontarismo nietzscheano o dell’ontologia esistenziale heideggeriana potrebbe concludere che essa, in quanto peculiare ed eminente manifestazione del “nichilismo europeo”, non è in definitiva che una fase degenerativa della storia dell’Essere, che dev’essere senz’altro giudicata “inattuale” perché ormai superata da una ancor più negativa: l’età dell’egualitarismo democratico, o della tecnica. A noi, tuttavia, non risulta che qualcuno dei recensori, che hanno sollevato contro la nostra Teoria etica l’accusa di “inattualità”, condivida una delle accennate concezioni filosofiche (che abbiamo già altrove provveduto a criticare in extenso11, e che torneremo a criticare nella Parte III del presente saggio: cfr. infra, §§ 62– 67); e allora tale giudizio, nelle loro diverse prospettive filosofiche, appare certamente assai più problematico, e difficile da sostenere in maniera coerente, e perciò ci auguriamo che la loro eventuale lettura del presente volume possa indurli a rivederlo. 11 Cfr. ID., Dalla dialettica della materia alla dialettica dell’Idea. Critica del materialismo storico, SEN, Napoli 1981; ID., A History and Interpretation of the Logic of Hegel, The Edwin Mellen Press, Lewiston, NY 1992, § 44; ID., Teoria etica, cit., §§ 100–103; ID., Die Selbstaufhebung der materialistischen Reduktion des “Bewusstseins” auf das “gesellschaftliche Sein” bei Marx, in AA. VV., Reduktionismen — und Antworten der Philosophie, hrsg. von W. Grießer, Königshausen & Neumann, Würzburg 2012, pp. 241–263. Introduzione 17 Ciò che in esso ci proponiamo, infatti, è l’abbozzo di una prospettiva storico–critica che, concentrando la propria attenzione sullo sviluppo immanente dell’etica dell’Idealismo moderno, ma ricollegandolo anche ai suoi precedenti filosofici nell’Idealismo greco e nella teologia cristiana, e al diverso orientamento assunto dalle tendenze antiidealistiche della filosofia contemporanea, mostri in dettaglio come tutte le fondamentali determinazioni concettuali, da noi esplicitate nella nostra Teoria etica, non siano solo una sorta di Gedankengut condiviso dai pensatori aderenti alla scuola hegeliana, ma siano, nel contempo, per così dire, l’“anima motrice” dei grandi sistemi di etica elaborati da uno Spinoza, da un Kant e da un Fichte, e, sia pure in forma più indiretta, ma non perciò meno efficace ed obiettivamente documentabile, dalle dottrine morali di un Socrate, di un Platone e di un Aristotele. Se le ricerche filosofiche, nel contempo teoretico–sistematiche e storico– critiche, che svolgeremo nel presente volume, riusciranno effettivamente a conseguire l’obiettivo propostoci, allora dobbiamo concludere che chi voglia continuare ad insistere sull’“inattualità” della prospettiva teoretica da noi articolata nella detta opera dovrà assumersi — senza possibilità di scuse o di riserve — anche la responsabilità di un giudizio di condanna coinvolgente l’intera storia della Filosofia morale dell’Occidente europeo. II. Veniamo, ora, alle più significative obiezioni rivolte dai recensori di Teoria etica nei confronti dei presupposti metafisici, del metodo e delle specifiche dottrine morali in essa formulati e difesi12. 1. La concezione dell’essenza della filosofia, che sta alla base di Teoria etica, afferma che essa è una “scienza”, anche se, a differenza delle scienze positive, “priva di presupposti”, e che il suo sviluppo richiede perciò la stretta aderenza ad un metodo razionale, che nel § 5 abbiamo esplicitamente identificato con la “dialettica”, e che, a differenza dei metodi induttivi o statistici utilizzati dalle scienze empiriche, 12 Per quanto concerne, invece, la legittimità di principio di una fondazione metafisica dell’etica e di una interpretazione “metafisica” del pensiero di Hegel, che è stata messa radicalmente in questione, come si è detto, dalla recensione di de Vos, possiamo senz’altro rimandare il lettore al saggio citato (cfr. supra, n. 8). 18 Introduzione ha certamente carattere “deduttivo”, ma che si distingue anche dai metodi ipotetico–deduttivi adottati dalle scienze formali (ad es., la logica simbolica e la matematica) per il fatto che esso non ha carattere “lineare” ed affermativo, bensì “circolare” e negativo. A. Aguti rimprovera a tale impostazione «una esagerata “scientifizzazione” del sapere etico»13, ch’egli attribuisce senz’altro al «carattere “intellettualistico” e “deduttivo” della concezione della filosofia morale proposta in Teoria etica»14, e che diverrebbe specialmente evidente nel «carattere, per così dire, meccanico del passaggio dalla logica all’etica»15. Disponendosi, a questo proposito, in un’ottica diametralmente opposta a quella di Aguti, Vittorio Hösle rimprovera invece ad essa non già l’eccessiva, bensì l’insufficiente scientificità, restringendosi quella che caratterizza la trattazione in essa svolta all’“apriorismo astratto” del puro pensiero filosofico, laddove, quando si affrontano i problemi dell’etica, si dovrebbe tener conto anche del “punto di vista finito”16 dell’uomo comune, che verrebbe piuttosto articolato dalle “scienze empiriche e formali”17. Conseguenza di tale carenza sarebbe l’incapacità della nostra Teoria etica di impostare e risolvere problemi “concreti” quali quello di decidere se e quando una guerra è giusta, di come promuovere una coscienza “ecologica” o “la giustizia distributiva internazionale”. Ad Aguti si potrebbe replicare, anzitutto, che l’accusa di “intellettualismo” potrebbe avere senso solo se il “pensiero” o l’“Idea”, che Teoria etica pone a fondamento dell’intero processo di autodeterminazione del volere, coincidesse senz’altro con l’attività dell’“intelletto finito” (Verstand), laddove proprio l’accusa di “ortodossia hegeliana”, da lui altresì rivolta contro di essa, avrebbe dovuto metterlo sulla strada giusta, ed impedirgli di confondere, nella maniera più triviale ed inaccettabile, tale attività con quella della “Ragione speculativa” (Vernunft), che è l’unica che adeguatamente qualifichi il concetto del pensiero o dell’Idea che sta a fondamento della nostra concezione dell’essenza del mondo morale. In secondo luogo, oscura rimane la natura del metodo, di cui a suo giudizio una adeguata teoria etica si 13 A. AGUTI, op. cit., p. 207. Ivi, p. 206. 15 Ivi, p. 207. 16 V. HÖSLE, recensione di G. RINALDI, Teoria etica, cit., p. 1176. 17 Ivi, p. 1177. 14 Introduzione 19 dovrebbe servire, visto ch’egli si limita a rifiutare quello deduttivo da noi adottato in Teoria etica senza neppur tentare di rivalutare uno dei metodi filosofici alternativi, da noi sommariamente analizzati e criticati nel § 5 dell’“Introduzione”. Dobbiamo perciò concludere ch’egli propugna una Filosofia morale che rifiuta qualsiasi metodo “scientifico” determinato, e che fa esclusivamente appello al “cuore”, al sentimento, agli “istinti morali” dei lettori cui egli si rivolge? Se le cose stanno effettivamente così, il suo non sarebbe certamente un caso isolato, perché il disprezzo per il rigore metodologico, insieme a quello per la genuina scientificità del pensiero filosofico, e infine per la stessa intima razionalità dello spirito umano, è una malaugurata propensione di quell’“assurdismo” filosofico contemporaneo che, come avremo agio di mostrare in dettaglio nella Parte III del presente saggio (cfr. infra, §§ 62–67), non solo è privo di ogni dignità teoretica e serietà morale, ma non può infine evitare di distruggere sé stesso. Per quanto riguarda, infine, il rilievo del presunto carattere “meccanico” della transizione della Logica nell’Etica, che noi avremmo effettuato nella nostra Teoria etica, dobbiamo di nuovo rimproverare ad Aguti la medesima confusione che abbiamo già rilevato a proposito della differenza tra Verstand e Vernunft. Il pensiero logico diviene innegabilmente (per lo meno in qualche misura) “meccanico” quando, operando nella sfera analitica dell’intelletto finito, scinde l’unità del Concetto puro in una pluralità di determinazioni logiche particolari, che stanno tra loro nelle relazioni tipicamente esterne della giustapposizione, della sussunzione, dell’aggregazione, della scomposizione, ecc. Ma quando esso esplica la propria essenza nella sfera sintetica della Ragione speculativa — che, ripetiamo, è l’unica a svolgere un ruolo gnoseologicamente decisivo nella nostra Teoria etica —, esso si costituisce invece come un sistema organico e teleologico di “relazioni interne”, che coincide con la stessa vita spirituale dell’Io autocosciente, e in tal misura trascende radicalmente la sfera “meccanica” della logica formale o matematica — proprio come, e nella stessa misura in cui, l’attività della Ragione speculativa si distingue essenzialmente da quella dell’intelletto finito e, nel contempo, la precede e la rende originariamente possibile. A Hösle si potrebbe replicare, anzitutto, che gli accennati problemi sono piuttosto di competenza — come, del resto, egli implicitamente ammette — del sapere “finito” della cosiddetta “angewandte Ethik”, cioè dell’etica applicata, che si distingue radicalmente dall’etica 20 Introduzione filosofica o metafisica, che, come noi abbiamo chiarito nella maniera più esplicita e incontrovertibile18, è l’unica ad essere programmaticamente trattata nel nostro saggio; inoltre, che l’elaborazione di catechismi, casistiche, codici deontologici, ecc. è una peculiare attività dell’intelletto finito, la cui rilevanza teoretica è stata messa radicalmente in questione proprio da quella tradizione dell’idealismo filosofico, cui egli stesso si richiama19; e, infine, che l’argomento schiettamente hegeliano, cui egli fa ricorso onde provare l’unità inscindibile delle due prospettive etiche, e che noi certamente condividiamo senza riserve — e cioè che un Infinito distinto e contrapposto al finito diviene perciò stesso finito —, non giustifica di per sé l’obliterazione della non meno essenziale differenza “ideale” tra le due sfere teoretiche. Il finito può e deve certamente essere inglobato, assorbito nell’Infinito; ma ciò è possibile solo in quanto i caratteri specifici che qualificano la sua esistenza immediata, e cioè la molteplicità esclusiva ed eterologica, vengono gradualmente “tolti” (aufgehoben) — cioè negati, idealizzati, “trasfigurati” — nella totalità concreta dell’Infinito; e questo non è senz’altro il caso delle casistiche elaborate dalla angewandte Ethik, che tengono invece fermo, per la natura stessa delle tematiche da loro trattate, alla immediata datità e costituzione sensibile di tale molteplicità finita, rendendo per principio impossibile quel rapporto immanente, negativo–dialettico con l’Infinito, che è incondizionatamente richiesto onde poterle organicamente inserire nella totalità sistematica di una genuina etica filosofica. 2. Ad una tesi, che noi abbiamo svolto in extenso nella nostra Teoria etica20, anche con esplicito riferimento alla “metafisica dell’intersoggettività” teorizzata da Hösle21 — e cioè che il concetto dell’intersoggettività, nella misura in cui implica la posizione immediata di una pluralità originaria di sé finiti o di Io trascendentali (a seconda delle diverse teorie da noi prese in considerazione), non può costituire una determinazione adeguata dell’essenza logica dell’Assoluto, ma è soltanto una forma a priori (analogamente allo spazio e al tempo) del mondo sensibile, col quale condivide il carattere metafisico negativo, 18 Cfr. G. RINALDI, Teoria etica, cit., § 9, p. 32. Meritano di essere rilette, a questo proposito, le convincenti osservazioni di Croce circa l’inconsistente vuotaggine della casistica. Cfr. B. CROCE, Filosofia della pratica. Economica ed etica, Laterza, Bari 19739, pp. 78–80. 20 Cfr. G. RINALDI, Teoria etica, cit., Parte II, cap. 3, §§ 74–80. 21 Cfr. ivi, § 78. 19