di Cristo e di santi; infine, il banco nobile risalente al Cinquecento, nella zona destra del presbiterio, al cui lato vi è un altro affresco: organizzata su tre registri, quest’opera mostra in alto una Resurrezione, nella fascia mediana alcune insegne araldiche e in basso i ritratti della famiglia (compresi i figli defunti) di Gian Giacomo Römer, prefetto a Primiero verso la metà del Cinquecento. 35 - La Pieve, Chiesa di Santa Maria Assunta 17 - Capitello via Verde La chiesa presenta molte e ricche decorazioni pittoriche, le più pregevoli delle quali sono databili tra la fine del Quattrocento e la prima metà del Cinquecento e riconducibili quasi tutte all’ambito di produzione norimberghese. Sulla lunetta del portale laterale la rappresentazione della Madre di Dio con il Bambino (1491) accoglie il fedele, circondata da una raggiera luminosa e sorretta da una falce di luna rovesciata, alludente al mistero dell’Immacolata Concezione. Dei variegati arredi e decorazioni dell’interno, si segnalano in particolare: il disegno preparatorio di un affresco rappresentante la Madonna della Misericordia (I quarto del XVI sec.), con il tipico mantello aperto che accoglie i fedeli in preghiera, presente all’inizio della navata sinistra, accanto all’altare dedicato a s. Agostino e alla madre Monica; la vicina colonna affrescata con s. Anna, Maria e Gesù Bambino (1501); il maestoso e raffinato dipinto parietale, scoperto dopo un recente restauro, che raffigura una complessa scena simbolica, ovvero la Caccia all’unicorno, la quale allude misticamente al mistero della nascita virginale di Cristo; il s. Martino (1495) affrescato sulla parete della navata opposta; i dipinti murali (1491) che, a partire dal rosone sopra l’organo, decorano la volta con immagini della Vergine, È questo uno dei capitelli più antichi di Primiero: un restauro recente, che ha fatto emerge l’iscrizione con la data originaria, ha permesso di ascrivere l’opera ai primissimi anni del XVII sec. Rimane poco della figura della Madonna che doveva occupare il centro della nicchia, mentre sono ben visibili l’Eterno benedicente della volta e i due santi ai lati di Maria; Rocco, con bastone e abito da pellegrino, e Leonardo di Limoges, un santo che visse nella I metà del VI sec., qui rappresentato con il tipico attributo della catena, che ricorda l’opera di carità per la quale in passato Leonardo fu molto venerato: aveva infatti ottenuto dal re franco Clodoveo di poter chiedere la liberazione di un gran numero di prigionieri. La presenza di questo santo si spiega per due motivi: era il patrono della famiglia Welsperg, che governava il Primiero al tempo, il cui stemma troviamo dipinto su una delle spallette del capitello; era inoltre il patrono dei fabbri e, in alcune zone del Nord Europa, anche dei minatori. Il capitello, che sorge sopra i cunicoli dell’antica miniera di Monte Vecchio, avrebbe pertanto una decorazione adatta alla devozione di artigiani dei metalli e minatori. 43 - Chiesetta di Colaor PROVINCIA DI TRENTO www.provincia.trento.it Comune di Transacqua www.transacqua.com Piazza Municipio, 12 - 38054 Transacqua (TN) - Italy tel. +39 0439.762097 fax 0439.64789 Il Comune è costituito da Transacqua e dalla frazione di Pieve [540 ab.]. Storicamente esistono alcune divisioni territoriali Con il patrocinio dellaNavoi, Ormanico, Pieve, denominate Forno, Fol, Isolabella, Presidenza del Consiglio regionale Sangrillà, e Toè. m.s.m. 746 – Compresorio C2 Primiero – CAP 38054 Superficie: 35,60 kmq - 101 km da Trento Il Comune conta una popolazione di oltre 2000 abitanti. Con il patrocinio della Presidenza del Consiglio regionale Questo piccolo edificio, poco più grande di un capitello, è una cappella privata dedicata alla Madonna dell’Aiuto, di cui conservava anche la statua lignea seicentesca, un tempo collocata nell’omonima chiesa di Fiera. La statua, dopo essere stata sottoposta a un restauro verso la fine degli anni Novanta, è oggi custodita nella sagrestia della chiesa di S. Maria Assunta. Il titolo mariano di Auxilium Christianorum (aiuto dei cristiani), ufficializzato nella II metà del XVI sec., si riferiva in particolare alla protezione celeste di Maria contro i nemici, e per questo fu molto utilizzato e amato a Venezia e nelle zone limitrofe a seguito della vittoria di Lepanto sui Turchi (1571). Il dipinto della nicchia centrale è del 1945 e, secondo la testimonianza di Narciso Zanolin, l’artista che lo ha firmato, ricopre, riprendendone l’iconografia, un’opera più antica, a suo tempo già molto degradata. Si tratta di Dio Padre che, raffigurato a mezzo busto e con le braccia spalancate, invia lo Spirito, rappresentato secondo la consueta simbologia della colomba. Due teste d’angelo incorniciano la scena, che si staglia su un fondo azzurro punteggiato di stelle bianche. Da notare è anche l’abbassamento che prosegue la decorazione delle vele dipinte, intenzionato a creare un finto effetto marmoreo. 4 - Casa Milano percorso area verde area archeologica TRANSACQUA sito artistico sito archeologico “Comune fiorito” Si tratta di un edificio su più piani, di recente ristrutturazione, datato con sicurezza al 1831 grazie all’affresco della Crocefissione presente sulla facciata principale, ma molto probabilmente di fondazione anteriore, poiché la struttura che compare nel catasto asburgico del 1859 risulta già ampiamente rimaneggiata. Dal punto di vista architettonico sono interessanti al piano terra le superfici delle pareti con sassi faccia a vista e la presenza delle pietre angolari ben visibili sul lato sud-est. Proprio su queste pietre si intravede una risega di costruzione che avvalerebbe l’ipotesi della presenza di un altro volume collocato in quest’angolo; rilevato anche dal catasto asburgico, testimonierebbe l’esistenza di più fasi antiche di edificazione. Permangono inoltre dell’edificio originario le vecchie aperture con luci molto limitate su entrambi i piani. Le volte delle porte sono anch’esse in pietra a vista: si tratta di archi ogivali ribassati, probabilmente originali (non l’apertura più ogivale del sottoscala). Particolare inoltre è la presenza del camino a sbalzo supportato da una struttura lignea e il graticcio di tamponamento del timpano caratteristico di molti edifici antichi. spazi verdi edifici pubblici edifici storici Primiero - Dolomiti www.cartograph.net di Roberto Pradel ECCELLENZE 1 - Municipio 23 - Ferrarezza 2 - Madonna della Scala 24 - Magazzino della Ferrarezza 3 - Crocifissione 25 - Centro Formazione Professionale 4 - Casa Milano 26 - Capitello S.Antonio 5 - Assunta 27 - Piazza San Marco 6 - San Tommaso 28 - Orto in condotta 7 - Casa Tolmeri 29 - Palazzo Someda 8 - Addolorata 30 - Giardino delle Rose in Clarofonte 9 - Parco San Marco 31 - Acsm spa 10 - Chiesa San Marco 32 - Palazzo delle Miniere e del Dazio 11 - Chiesa San Marco 33 - Palazzo delle Miniere e del Dazio 12 - Cimitero Chiesa San Marco 34 - Casa Negrelli 13 - Lisiera 35 - Chiesa Santa Maria Assunta 14 - Madonna del Carmine 36 - Chiesa Santa Maria Assunta 15 - Capitello della Madonna 37 - Chiesa Santa Maria Assunta 16 - Via Verda 38 - Chiesa San Martino 17 - Capitello Via Verde 39 - Chiesa San Martino 18 - Madonna del Rosario 40 - Vecchia Canonica 19 - Casa Brocchi 41 - Vecchia Canonica 20 - Fontana 42 - Parco giochi Mélas 21 - Madonna Nera 43 - Chiesa Colaor 22 - Sacra Conversazione 44 - Barchessa 45 - Canonica Nuova 46 - Madonna dei sette dolori 47 - Casa Patria 48 - Casa Piazza 49 - Capitello della peste 50 - Maso Negrelli 51 - Parco giochi 52 - Cimitero Monumentale 53 - San Giuseppe 54 - San Giuseppe 55 - San Giuseppe 56 - Caseificio 57 - Vigili del fuoco 58 - Prato fiorito 59 - Ecotermica Primiero spa 60 - Giardini Enrica 61 - Mulino 62 - Parco giochi Molinet 63 - Passeggiata Via Miniere 64 - Miniere 65 - Villa Caneva 66 - Casa Lenzi 67 - Lisiera di Pieve SPAZI VERDI 9 - Parco San Marco Dalla piazza antistante la chiesa di San Marco Evangelista si ha accesso a questo parco, oggetto di una recente riqualificazione (1997). Una fontana permette di sostare per un piacevole momento di ristoro ed è occasione per godere di uno dei più bei panorami sull’incantevole Val Canali e sulle Pale di San Martino, il più esteso gruppo delle Dolomiti. Lungo il vialetto è possibile ammirare alcuni esemplari di Acer pseudoplatanus L., tipologia diffusa in Italia soprattutto sulle Alpi e sugli Appennini, così denominata per via della somiglianza delle sue foglie a quelle del platano. Questa pianta, conosciuta anche come “acero di monte”, può raggiungere altezze considerevoli, anche fino ai 35 metri. Il tronco è rivestito da una corteccia di color grigio-brunastro, le foglie sono caduche a lamina palmato-lobata con margine seghettato, mentre i fiori, che fanno la loro comparsa da aprile a giugno, sono riuniti in infiorescenze a grappolo pendulo. L’acero di monte, oltre ad essere il più longevo fra gli aceri, è molto apprezzato per la fabbricazione di mobili e rivestimenti di pregio grazie al suo legno compatto e omogeneo. 16 - Via Vérda La cosiddetta “Via Vérda” è una piacevolissima passeggiata che si snoda fra i prati della campagna e che parte dai margini dell’abitato di Ormanico, frazione del comune di Transacqua. Lungo il percorso si può apprezzare la caratteristica pavimentazione in salesà, realizzata impiegando grandi ciottoli, secondo una tecnica un tempo molto diffusa. L’area verde antistante l’antico capitello è tappa ideale per un rigenerante momento di sosta e offre un ottimo belvedere sul Monte Pavione, la più importante cima delle Vette Feltrine contraddistinta dalla sua forma piramidale. La miscela di fioritura Fiesta conferisce al luogo un aspetto particolarmente armonioso: è proprio all’interno di questa grandissima varietà floreale che è possibile ammirare la Layia platyglossa. Si tratta di una pianta erbacea della famiglia delle Asteraceae che fiorisce da maggio a settembre e che raggiunge un’altezza di circa 40 cm. Ama i luoghi soleggiati ed è facilmente riconoscibile grazie alla particolarità dei suoi fiori, in cui il giallo intenso della parte centrale della corolla lascia spazio, ai bordi, al colore bianco. 27- Piazza San Marco La piazza San Marco, recentemente dedicata agli emigranti, è stata oggetto di riqualificazione nel biennio 2009/2010. I vari elementi che la compongono si prestano ad una lettura di tipo simbolico. Sullo sfondo, un gruppo scultoreo realizzato dall’artista Simone Turra rappresenta una famiglia inserita nella comunità: si tratta di una donna e di un uomo il cui viso, che presenta evidenti richiami all’aspetto di un leone, è chiara allusione a s. Marco, patrono del paese. Anche il gioco di cerchi concentrici della pavimentazione fa riferimento al paese di Transacqua. L’ambiente montano è evocato da un tronco d’albero stilizzato dal quale sgorga l’acqua, fonte di vita e richiamo all’etimologia del comune. È presente anche un capitello in muratura affrescato da Max Gaudenzi (2009). 28 - Orto in condotta L’Orto in condotta è l’orto scolastico realizzato e curato da alcune classi della scuola primaria di Intercomunale di Primiero, in collaborazione con insegnanti, nonni e genitori. Un’esperienza finalizzata alla corretta educazione alimentare delle giovani generazioni, promossa dalla condotta locale Feltrino-Primiero di Slow Food all’interno di un’ampia area verde messa a disposizione dai frati cappuccini. Nei periodi scolastici (maggio-giugno e settembre-ottobre) i prodotti coltivati vengono donati alla mensa e qui cucinati per i bambini, mentre nel periodo estivo, ogni lunedì mattina, alunni, genitori ed insegnanti realizzano a turno un mercatino, rendendo possibili delle visite all’orto. Fra i numerosi ortaggi è stato coltivato il cavolo cappuccio, che si differenzia dal cavolo verza per le foglie lisce e mai bollose e per la parte edule più compatta, detta palla o cappuccio, che si consuma cruda o cotta, ma che può anche essere utilizzata per la preparazione del “cavolo acido” (crauti), un piatto molto diffuso in Trentino e nel centro-nord Europa. L’ortaggio presenta un basso valore energetico, un equilibrato contenuto vitaminico, nonché un discreto contenuto di calcio, fosforo e potassio. EDIFICI STORICI 42 - Parco giochi Mélas Il parco giochi in località Mélas si raggiunge imboccando la salita accanto all’antica chiesetta di San Martino e alla vecchia canonica affrescata. Qui si può percepire il rumorìo dell’ormai interrato Rio Guastàia; una volta giunti al bivio, invece di proseguire verso la cappella del Colaór, si percorre il vialetto sulla destra costeggiato da una lunga fascia di prato delimitata da slanciati frassini. Si tratta del Fraxinus excelsior L., meglio conosciuto come frassino maggiore, diffuso in Italia nella parte centro-settentrionale e sostituito al sud dal Frassino meridionale. Può raggiungere anche i 40 metri di altezza e presenta un tronco diritto e slanciato, dalla corteccia grigiastra, inizialmente liscia e poi fittamente solcata. Le foglie sono decidue, le gemme invernali di colore nero e i fiori, piccoli e verdastri, sbocciano a marzo-aprile, prima delle foglie. Il legno è duro, compatto, elastico, difficilmente deformabile e di facile lavorazione. In futuro è prevista la realizzazione di un percorso naturalistico che colleghi il parco Casa Mélas con il sottostante Parco Vallombrosa. L’ARTE 2 - Madonna della scala L’affresco, pur se attraversato da una scala di legno e ricoperto di calce, è ancora parzialmente leggibile. Maria con il Bambino, collocata al centro della scena sotto un baldacchino colorato, è circondata da due santi: uno è stato correttamente identificato con Carlo Borromeo, il santo arcivescovo milanese molto venerato per il suo impegno a favore dei malati durante la terribile pestilenza del 1576. L’altra figura, visibile poco sopra i gradini della scala, rappresenta molto probabilmente Apollonia, santa egiziana dei primi secoli cristiani, il cui attributo di riconoscimento sono le tenaglie. Partendo dal racconto del suo martirio, infatti, che ricordava come le percosse ricevute le avessero fatto cadere tutti i denti, la tradizione popolare volle che questa tortura fosse stata inflitta ad Apollonia usando delle tenaglie. La santa era per questo molto venerata, come protettrice di chi soffriva il mal di denti, uno dei dolori più diffusi tra la popolazione e un tempo difficilmente curabili. 8 - Addolorata Il dipinto, sito sulla facciata di un’abitazione privata che da su una stretta canisèla, è datato 1673 grazie a un’iscrizione. Racchiusa in una mandorla di luce, la Madonna occupa il centro della composizione: essa è rappresentata secondo una variante della tipica iconografia, molto diffusa a partire dal tardo Medioevo, della Mater Dolorosa, o Madonna dei Sette Dolori: la vediamo reggere sul grembo il figlio appena deposto dalla croce, con il cuore trafitto da sette spade e le mani giunte in preghiera. Il culto alla Mater Dolorosa, legato alle celebrazioni della Settimana Santa, nasce nell’XI secolo, per poi diffondersi in tutta Europa grazie alla devozione francescana e servita. A sinistra, recuperati grazie a un restauro, leggiamo i resti di una delle rappresentazioni più diffuse della Trinità: il Padre regge la croce del Figlio, mentre la colomba dello Spirito è collocata in asse tra i due. Non è raro trovare la Mater Dolorosa associata alla Trinità: molta letteratura devozionale infatti raccontava come Maria, di fronte al misero aspetto del corpo morto del figlio, ricordasse con struggimento quanto fosse stato bello da vivo, e fosse stato per lei “figlio, padre e marito”, esprimendo in questo modo il mistero della SS. Trinità. A destra, è rappresentato un angelo che tiene per mano un bambino: sono con tutta probabilità Tobiolo e l’Arcangelo Gabriele che, secondo il racconto biblico, protesse il giovane durante un lungo viaggio, salvandogli la vita più di una volta. Il dipinto ha perciò carattere di ex voto: molto probabilmente il committente (che l’iscrizione ci dice essere Domenico [Domenego] Simon) lo fa dipingere per riconoscenza di una grazia ricevuta, come la guarigione di un figlio ancora bambino. L’analisi stilistica permette di attribuire il dipinto al già citato Giovan Battista Costoia. 22 - Sacra Conversazione L’affresco (1642) presenta al centro la Madonna incoronata in trono con il Bambino, iscritti entro un ovale luminoso; ai lati sono dipinti due santi, riconoscibili per le iscrizioni sottostanti e per gli attributi: Giuseppe, con il bastone del viandante e gli attrezzi da falegname ai suoi piedi, che alludono al suo lavoro; Domenico di Guzman, santo fondatore dei Frati Predicatori, vestito con la tonaca bianca dell’ordine e con il giglio, alludente alla verginità. L’affresco è stato attribuito all’artista agordino Giovanni Forcellini (Zuane Forcelini), pittore che ha lasciato numerose testimonianze nell’agordino, suo luogo di provenienza, e in val di Fassa, soprattutto a Campitello, Moena e Soraga, ma anche a Primiero (un altro esempio si trova a Mezzano). È stato giustamente ipotizzato che la scelta dei due santi sia dipesa dal nome (Domenico) e dal lavoro (falegname) del committente. 11 - Chiesa di S. Marco L’interno della chiesa parrocchiale di S. Marco conserva alcune opere che vanno segnalate: prima fra tutte, collocata sulla destra, in fondo all’abside, la bella pala tizianesca dedicata al santo titolare, che Ugo Oietti, Sovrintendente alle Belle Arti durante la Prima Guerra Mondiale, affermò essere stata iniziata da Tiziano Vecellio (a cui attribuisce le mani e la testa) e completata dalla sua bottega; inoltre, il dipinto con lo Sposalizio della Vergine (1615), al lato dell’altare maggiore; le tavole seicentesche della Via Crucis, collocate in controfacciata; infine, l’altare ligneo dedicato al copatrono di Transacqua, s. Antonio abate, collocato in fondo alla navata sinistra. Interessanti risultano poi alcuni lacerti di affresco, posizionali sulla parete destra dell’arco santo, dove si trovano ancora le tracce di una antica Crocifissione. In uno dei frammenti si vede s. Nicola di Bari, vestito con abiti vescovili e mitra, con al seguito tre angeli; nell’altro, un santo (probabilmente l’Evangelista Luca, per quanto è possibile evincere da un’iscrizione molto corrotta) intento a scrivere su una pergamena. 26 - Capitello Sant’Antonio Questo capitello, eretto nel 2009, è un’edicola in muratura a pianta quadrata, con tetto ricoperto di scàndole di legno; la base presenta una copertura in sassi, che incornicia alcune zone di intonaco affrescato. Sul fronte, una nicchia con volta a botte a cassettoni accoglie la statua lignea del co-patrono di Transacqua, s. Antonio abate: si tratta della copia fedele di una scultura seicentesca del santo, presente nella chiesa parrocchiale di S. Marco. S. Antonio è presente anche negli affreschi che decorano esternamente il capitello, opera dell’artista primierotto Max Gaudenzi: troviamo infatti una rappresentazione del santo, accompagnata dagli attributi tipici del porcellino e dei demoni che lo tentano nel deserto, sulla faccia del capitello che dà sulla piazza. Sulle restanti facce campeggiano s. Marco, altro patrono del paese, con il leone ai suoi piedi e il Vangelo tra le mani, e alcune figure di santi orientali sotto arcatelle dipinte. 15 - Capitello della Madonna Il capitello ha una decorazione piuttosto convenzionale e difficilmente databile. Sul lato sinistro, un Crocifisso affrescato è guardato dai due più illustri santi protettori contro i contagi: s. Rocco di Montpellier e s. Sebastiano, entrambi veneratissimi in Europa, invocati contro le epidemie. A destra, alcuni santi sono posti su due registri: in alto, Marco con il Vangelo; Giuseppe con il giglio; Lucia con gli occhi nel piattino, attributo che richiama il suo martirio. Nel registro sottostante, altri santi, alcuni dei quali privi di attributi specifici, sono stati identificati in Gottardo, monaco e vescovo medievale, Giovanni Evangelista e Antonio da Padova. Un fondo di luce accoglie i santi del registro superiore, dipinti a mezzo busto, mentre su un bel fondale blu di stagliano quelli a figura intera del registro inferiore. 21 - Madonna nera Gli agenti atmosferici col tempo avevano molto rovinato questo affresco settecentesco, che però è stato recuperato grazie a un recente restauro. Troviamo qui rappresentata la Madonna di Loreto, detta anche Vergine Lauretana: è la statua che si venera nel santuario che accoglie la S. Casa di Nazareth la quale, secondo la tradizione, fu miracolosamente trasportata dagli angeli a Loreto, nelle Marche. Come l’originale, anche l’affresco presenta una Madonna vestita con il caratteristico manto ingioiellato detto dalmatica e con il volto scuro, simile a quello delle antiche icone mariane. La Madonna incoronata regge sulla sinistra il Gesù Bambino, di cui spuntano solo il capo e gli avambracci, mentre il resto del corpo è come inglobato nella pesante veste di forma conica della Madre. Il Bambino tiene nella mano sinistra il globo crucigero, simbolo del suo potere sul mondo. Ai lati della Madonna troviamo infine due angeli in adorazione che reggono una candela. 6 - S. Tommaso (Il libro e la lancia) L’affresco, di pregevole qualità, è un piccolo lacerto dell’originale serie di dipinti che decorava molto probabilmente l’arco santo della chiesa parrocchiale di Transacqua. Distrutti nel 1863 a seguito dei lavori di ampliamento del coro della chiesa, gli affreschi, con tutta probabilità quattrocenteschi, andarono irrimediabilmente perduti, se non per questa testa di santo, messa in salvo da un contadino del paese, da lui incastonata sul muro del suo fienile e in seguito incorniciata con dell’intonaco bianco. L’opera rappresenta quasi sicuramente s. Tommaso, riconoscibile per gli attributi tipici: la lancia, che ricorda il suo martirio, e il Vangelo, che l’apostolo missionario predicò in India. La morbidezza dei capelli e l’incarnato, reso con maestria, danno la cifra dell’abilità artistica del frescante. 36 - La Pieve, Chiesa di S. Maria Assunta L’impianto gotico della chiesa attuale si deve a una serie di lavori che la interessarono nel corso del XV sec., periodo in cui fu costruito un nuovo coro poligonale molto ampio e la chiesa acquistò l’attuale aula tripartita. Del periodo precedente fu mantenuto il campanile romanico a pianta quadrata caratterizzato dalle superstiti bifore. La vecchia copertura a cassettoni venne sostituita nel 1493 dall’attuale copertura a volte. L’odierna chiesa fu consacrata nel 1495 dal vescovo di Feltre Andrea Trevisano. L’imponente facciata è addolcita dalla tripartizione con cordonate in pietra, riproposte anche sul prospetto orientale, e dalla presenza di un bel rosone circolare e della slanciata porta a sesto acuto. Splendidamente gotico è anche l’impianto della zona absidale con le esili ed eleganti finestre ogivali. Impressionanti inoltre sono le dimensioni dell’affresco che doveva coprire quasi interamente la parete meridionale della chiesa e di cui rimangono soltanto alcune giornate esecutive. Molto probabilmente doveva raffigurare un enorme s. Cristoforo, protettore dei viandanti, caratteristico soggetto medievale che compare su molti prospetti visibili dalle antiche strade di percorrenza delle valli alpine. 38 - Chiesa di S. Martino Esternamente l’edificio presenta alcune pitture di diversi stili e datazione. Campeggia sulla zona sinistra della parete che dà sulla chiesa di S. Maria Assunta, un maestoso Crocifisso ligneo; poco dopo la metà del XVI sec. al frescante Marco da Mel fu commissionata le decorazione dello sfondo parietale, su cui dipinse la Madonna e s. Giovanni svettanti su un bel fondale naturale. Al medesimo artista va ricondotto anche l’imponente s. Cristoforo, questa volta datato (1559); a seguito dell’apertura delle finestre a tutto sesto, l’affresco venne tuttavia gravemente decurtato, tanto 29 - Palazzo Someda Edificio nobiliare della famiglia Someda. Si tratta di una struttura a più piani con marcapiani e decorazioni di particolare pregio, come le architetture dipinte con grandi specchiature a rilievo sopra le finestre e gli angolari a finto bugnato presenti sulla porzione di edificio originario. Significativi sono inoltre tutti gli stipiti in pietra delle aperture, tra cui il portale e le due aperture a bifora sul lato sud e un’apertura a trifora sul lato nord, interamente in pietra. Il registro, abbondante di aperture, si conclude nel sottotetto con una teoria di elementi circolari sormontati da una fila di elementi semicircolari. Il tetto è a padiglione e i poggioli in ferro battuto. che scorgiamo ormai soltanto il Bambino che doveva stare sulle spalle del santo. A destra, spicca un affresco di Leonardo Campochiesa, artista proveniente da Primiero e attivo nella II metà dell’Ottocento, che firma una particolareggiata rappresentazione del Battesimo di Cristo, a testimonianza del cambiamento di destinazione liturgica dell’edificio: se un tempo infatti la chiesa era probabilmente una cappella funeraria, alla fine del Settecento diventa battistero. La primitiva La costruzione dell’attuale edificio si deve alla famiglia Someda di Chiaromonte, nobili originari della Val di Fassa instauratisi in Primiero all’inizio del Cinquecento per commerciare in legname. Nel Seicento la proprietà veniva descritta così: «casa con stue, cosina, diverse camere, sala, cortivo, caneve et studio con forno, stalle et tabiadi con horti et chiesure piantade de arbori frutifferi, posti in locho detto “Chiaromonte”, altre volte “alli Novalli”». destinazione funeraria della chiesa è testimoniata, anche in questo caso, dalla scelta delle particolari tematiche che la decorano internamente: il Giudizio universale, che troviamo rappresentato sulla parete di sinistra, era infatti un soggetto molto confacente, come testimoniano modelli ben più illustri (si pensi alla controfacciata della cappella funeraria degli Scrovegni di Padova). Concludono la decorazione pittorica delle pareti laterali un s. Martino, gravemente lacunoso e forse quattrocentesco e, sulla parete opposta, un Michele arcangelo intento a schiacciare Satana. Particolarmente interessante è la decorazione dell’abside, che presenta almeno un paio di strati: sotto il Cristo Salvatore cinquecentesco circondato dai quattro simboli degli Evangelisti, si scorgono alcune figure di santi apostoli in teoria: lo stile rimanda a un’epoca anteriore, forse già tardo-romanica (XIII sec.). L’edificio negli anni ospitò molte delle persone più illustri e ricche della valle, spesso collegate alle attività che si svolgevano alla Ferrarezza, oltre il torrente. L’edificio, chiamato anche Palazzo Boccelle, nel tempo ha subito parziali modifiche: al nucleo originario sono infatti stati aggiunti due volumi sul lato nord, mentre un grande edificio a est della villa di solo un paio di piani, finestrato e con tetto a padiglione, probabilmente destinato a stalla, venne demolito poco dopo la Prima Guerra Mondiale. 46 - La Madonna dei sette dolori Come già nell’affresco dell’Addolorata, anche su questo dipinto parietale torna l’iconografia della Madonna dei sette dolori, con il cuore trafitto da sette spade. L’affresco è stato ascritto, sulla base di considerazioni stilistiche, alla II metà del XVII sec. Si comprende facilmente quanto la Mater Dolorosa sia, un tempo come oggi, particolarmente venerata da chi si trovi in difficoltà: le pene della Madonna, così esplicitamente rappresentate, la rendono particolarmente vicina a chi, oppresso e sofferente, le si rivolge per l’intercessione. I dolori della Madonna rappresentati dalle spade sono: la profezia del vecchio Simeone, che predice a Maria l’arrivo di una sofferenza futura; proprio da queste parole prende spunto l’iconografia, perché Simeone parla di una spada che le trafiggerà il cuore (v. Lc 2,35); la fuga in Egitto; la perdita di Gesù Bambino nel tempio; l’incontro di Maria e il Figlio durante la Via Crucis; la veglia ai piedi della croce; l’abbraccio al cadavere e la sepoltura di Cristo. Ad affiancare Maria in questo affresco troviamo s. Giovanni Battista e s. Antonio da Padova. 49 - Capitello della peste Questo non è l’unico capitello di Pieve che si connota come ex voto per lo scampato contagio della peste del 1630: tanta doveva essere infatti la riconoscenza dei paesani alla Madonna e ai santi per averli protetti contro la terribile epidemia, che falcidiò gran parte della popolazione del Nord Italia, ma che a Pieve, come si narra, si fermò miracolosamente al termine di piazzetta Val d’Aosta. Qui troviamo infatti, collocata sul muro di una casa, un’edicola votiva in onore alla Vergine e ai santi Rocco, Antonio da Padova e Carlo Borromeo. L’edicola è stata completamene rifatta negli anni Cinquanta del XX sec., ma fu eretta poco dopo la metà del Seicento, ovvero qualche decennio dopo il capitello qui preso in esame, datato 1632. Questo capitello, molto semplice nelle forme e nella decorazione, presenta ancora le tracce degli antichi dipinti murali: scorgiamo infatti i volti della Madonna e del Bambino, che molto probabilmente teneva tra le mani i cordoni degli scapolari. Si tratterebbe pertanto dell’ennesima Madonna del Carmelo, iconografia molto presente su tutto il territorio primierotto. 33 - Palazzo delle Miniere e del Dazio È questo uno degli edifici storici più importanti e più belli dell’intera vallata. In stile tardo gotico, il palazzo conserva ancora molte delle caratteristiche del suo tempo. Notevoli innanzitutto i due erker affrescati agli angoli della facciata principale del palazzo, detti anche bay window (finestra a golfo), strutture architettoniche nate con lo scopo di proiettare all’esterno di un edificio alcune finestre, elementi tipici delle case dei territori di lingua tedesca. Altro particolare che rivela la monumentalità dell’edificio è la tipica scala nobile a due rampe contrapposte. Oltre agli innumerevoli affreschi e decorazioni che ne movimentano la facciata, sono singolari le aperture a feritoia del sottotetto. L’attuale assetto delle edificio è della II metà del XV sec.; edificato per volontà dell’Arciduca Sigismondo d’Austria, il palazzo compare molte volte nei documenti degli archivi locali. Una sua descrizione lo fotografa nei primi anni del Seicento con questi termini: «casa granda solerada con caneve, stue, camere, cosine, chiesura, horto, stalla, cortivo con più arbori frutifferi», significativamente poco dissimile allo stato attuale. A quei tempi proprietà del Principe Massimiliano Arciduca d’Austria, il palazzo era sede del Bergrichter, il giudice minerario austriaco, e in seguito di molte altre autorità amministrative austriache e tirolesi. Rinnovato una prima volta nel 1558, nel tempo l’edificio ha subito scarse modifiche. 41 - Vecchia Canonica Edificio molto bello, di cui un recente e ben eseguito restauro è riuscito a conservare sia gli intonaci originali che molti degli elementi decorativi antichi. Caratteristica è la ripartizione verticale del prospetto principale: due piani in muratura e timpano tamponato con un graticcio di legno. Lo schema decorativo è molto semplice ma efficace. Oltre agli affreschi, sono presenti angolari decorati (bassorilievi incisi e graffiati grigi) e riquadrature delle finestre con motivi geometrici sia incisi che a bassorilievo. Singolare inoltre è la strombatura della finestra al piano terra (dove è disegnata una miniatura della chiesa di S. Maria Assunta), e la presenza di elementi lapidei nei piedritti della porta d’ingresso principale. Curiosi i designi a sanguigna e carbone del piano terra, dove vengono raffigurati un edificio con il pennacchio di fumo e un capitello a croce (forse l’antico capitello posto all’ingresso occidentale di Pieve). Probabilmente la casa smette di essere canonica nel corso del XVIII sec. L’edificio viene forse ricordato nei documenti seicenteschi come sede della scuola o confraternita di S. Maria. Il prospetto principale rimane sicuramente immutato dal 1794, come anche le aperture attuali e forse i serramenti, con le caratteristiche lavorazioni in ferro battuto, e il piccolo orto che sopravvive in questa sede da più di due secoli. ARCHEOLOGIA 48 - Casa Piazza È una delle poche case abitate del centro storico di Pieve sostanzialmente immutata rispetto al secolo passato. Sono presenti diversi elementi architettonici di pregio: i finti angolari a cuspide, il marcapiano sommitale, gli elementi architettonici delle finestre e degli ingressi, in pietra locale come la scalinata di accesso e il bellissimo poggiolo decorato con motivo floreale e ringhiera in 23 - La Ferrarezza Antico nucleo produttivo strettamente collegato al ciclo delle miniere per la produzione di ferro (da cui il nome Ferrarezza e località Forno) e forse in periodi più antichi all’estrazione dell’argento, due importanti attività che hanno caratterizzato la vita economica dell’intera valle di Primiero. Il complesso era molto esteso ed è stato continuativamente utilizzato dal Cinquecento alla I metà del Novecento, subendo costanti modifiche e rimaneggiamenti. Comprendeva numerosi canali per il trasporto dell’acqua, numerosi forni, depositi e abitazioni con stalle e orti. Degli ultimi edifici produttivi rimane in piedi nella sua forma originaria solamente l’edificio posto nella zona più settentrionale, mentre gli altri edifici dell’antico nucleo produttivo sono stati tutti ristrutturati o demoliti per costruire nuove abitazioni e ora sono difficilmente distinguibili. Mancano infatti la grande ciminiera e i carbonili (depositi di carbone) che hanno caratterizzato questa zona del paese fino alla prima metà del Novecento. ferro battuto. Particolare è la copertura dell’edificio, a capanna e con timpano aperto nel lato esposto a sud, a padiglione a nord, evidenza architettonica dell’utilizzo in passato dei sottotetti come essiccatoi per i prodotti agricoli. La casa della famiglia Piazza in passato si affacciava sull’unico piazzale di Pieve. Della vecchia piazza sono stati eliminati solo una piccola fontana, prospiciente alla casa e, durante il Novecento, il muro di cinta che delimitava la proprietà della casa lungo il lato orientale. 50 - Maso Negrelli Maso di recente ristrutturazione, anticamente proprietà della famiglia Negrelli. Sono particolari sia la struttura lignea del timpano (che in questo caso è a vista, probabile conseguenza di successivi tamponamenti eseguiti sul tetto, mantenuto precedentemente aperto per favorire l’essiccazione dei prodotti), sia alcuni elementi decorativi come gli angolari dipinti, anche se pesantemente restaurati, e il piccolo affresco sul prospetto meridionale. Il maso probabilmente fu acquistato da Nicolò Negrelli (nonno dell’ingegnere Luigi) poco dopo il suo arrivo in Primiero (1761): a quei tempi forse la struttura era bruciata e solo in seguito il Negrelli la ricostruì. Il primo edificio di cui si hanno testimonianze certe è quello del 1794, molto simile all’attuale: pianta rettangolare, timpano a sud, due piani con tre finestre al secondo e porta d’ingresso centrale al piano terra, mentre erano assenti tutti gli ampliamenti sui lati ovest e nord. Anticamente la proprietà della famiglia Negrelli comprendeva tutto il prato antistante la casa, dove fortunosamente è rimasto il lungo e pregevole muro a secco. Singolare è un racconto che Angelo Michele Negrelli lascia all’interno delle sue Memorie: sul finire del Settecento Angelo Michele pianta dei gelsi nei pressi di questo maso, che tuttavia avranno vita breve; verranno infatti tagliati nel 1797 per evitare che sia l’armata francese ad abbatterli al suo arrivo in Primiero. Angelo Michele ne salva solo due, che ha piantato il giorno del suo matrimonio, il 19 aprile 1787. 37 - Chiesa di S. Maria Assunta Gli scavi archeologici dell’interno della chiesa di S. Maria Assunta sono stati condotti dalla Soprintendenza di Padova tra il 1995 e il 1996. L’analisi storica dei documenti attesta la presenza di una chiesa pievana in Primiero fin dal 1206, con una discreta incidenza di fonti del XIII sec. Lo scavo archeologico ha messo in luce, oltre alle due fasi di costruzione e vita della chiesa gotica, il perimetro murario di un edificio di culto, più volte rimaneggiato nel corso del tempo a causa della distruzione della copertura lignea del tetto, testimoniata da livelli compatti di incendio, e seriabile in cronologia relativa (grazie alla presenza di diversi livelli pavimentali) in almeno cinque fasi distinte. La fase più tarda è riferibile all’epoca “romanica”, databile tra il XII e il XIV sec., quando sulle strutture murarie della costruzione originaria venne creata una nuova abside presbiteriale, mentre si fece ex novo la torre campanaria. L’edificio più antico presenta caratteristiche paleocristiane e lo si è voluto far risalire a una tipologia databile al V sec. Durante le indagini sono state rinvenute circa 700 monete, collocabili tra il XII e il XX sec.; molto attestati sono i denari della zecca di Venezia. Da segnalare inoltre il rinvenimento di una moneta di bronzo del imperatore Costanzo (317-361). Tra i materiali più antichi vanno infine segnalati i frammenti di una lucerna a sospensione in vetro databile tra il V e il VI sec. Le notizie che qui si riportano sono desunte da un articolo pubblicato dagli autori dello scavo; purtroppo i dati ufficiali dell’indagine non sono ancora stati resi disponibili. Va ricordato che le conclusioni a cui sono giunti gli autori sono state in parte criticate sia da storici che da archeologi, soprattutto per le fasi più antiche. 64 - Miniere L’attività mineraria caratterizzò il Primiero dalla metà del XV sec. fino a tutta l’età moderna. Le miniere interessavano tutte e tre le valli del Primiero: la valle 61 - Mulino Storicamente i mulini erano parte integrante della vita economica di tutto il Primiero. La presenza di mulini è più volte ricordata anche all’interno dei documenti d’archivio di Transacqua. La sola frazione di Ormanico sul finire del Settecento ne possiede ben due. Un secolo dopo, nel 1880, i mulini presenti a Transacqua sono sei, tra questi probabilmente anche il Molinét (mulino piccolo), edificio gestito durante il Novecento dalla famiglia Scalet, di modeste dimensioni rispetto ai due grandi mulini presenti in località Fol. Il Molinét veniva utilizzato a livello familiare per la macina del granoturco e la decorticatura dell’orzo. L’attività di molitura venne interrotta nel secondo dopoguerra, periodo in cui tutti i mulini di Transacqua scompaiono. L’acqua che scorreva a lato del Molinét tornò comunque utile, infatti fino agli anni Sessanta del secolo scorso il Molinét fu sede di una piccola falegnameria “idraulica”. principale del torrente Cismon, la val Canali e anche il Vanoi. Dalle montagne circostanti si estraevano rame, piombo, argento e siderite. Il principale centro di produzione e trasformazione della siderite fu Transacqua, grazie alla presenza dei grandi forni fusori della Ferrarezza in località Forno. Il territorio di Transacqua era inoltre interessato dalla presenza di una delle più importanti miniere di siderite. La miniera si sviluppava sotto il monte Padella (anche monte Giasinozza o Plasenegg) e interessava anche il versante sinistro del rivo Valuneda, seguendo la linea di faglia tra la Valsugana e Agordo. Nell’Ottocento erano ancora aperte diverse gallerie, di cui la Friole di Sotto, la Ponte, la Valuneda e probabilmente il più imponente “stol dei Fossi” (galleria dei Fossi), lungo 750 m., che sbucava nei pressi del torrente Cismon. Il giacimento, costituito per la maggior parte da siderite con tracce di galena argentifera e piombo, venne sfruttato dalla II metà del XV sec. fino al 1870 circa, seguendo alterne fortune e diverse proprietà. Gli ultimi lavori che vi si svolsero furono ad opera della Società Italiana Ernesto Breda, la quale nel corso del Novecento esplorò le miniere e si interessò a una loro eventuale riapertura, che tuttavia non avvenne.