SCIENZA IN PRIMO PIANO CONDENSAZIONE DI BOSE-EINSTEIN DI ATOMI DI POTASSIO MEDIANTE RAFFREDDAMENTO SIMPATETICO G. Ferrari, M. Inguscio, G. Modugno, G. Roati Laboratorio Europeo di Spettroscopia Nonlineare (LENS), via Nello Carrara 1, 50019 Sesto Fiorentino (Firenze) 40 La condensazione di Bose-Einstein (BEC) di un gas di atomi venne ottenuta nel 1995, a compimento di una delle avventure piuÁ appassionanti della fisica del secolo appena conclusosi (1). Il fenomeno eÁ quello per cui al di sotto di una temperatura critica TC una consistente frazione degli atomi del gas «precipita» nello stesso stato quantistico, quello di energia piuÁ bassa. Questo effetto di occupazione macroscopica di un unico stato quantistico eÁ alla base di vari fenomeni fondamentali in fisica della materia, dalla superfluiditaÁ alla superconduttivitaÁ ed al laser. Proprio la vastitaÁ degli sviluppi aperti da questa scoperta ha motivato l'assegnazione del premio Nobel per la fisica 2001 (2). Su questa rivista sono giaÁ state descritte le strategie sperimentali utilizzate per il conseguimento della BEC (3) con atomi di rubidio (87 Rb), cioeÁ con il campione della scoperta iniziale (4) rivelatosi anche quello piuÁ utilizzato nei vari laboratori (5). Pertanto qui richiameremo solo brevemente gli aspetti generali per concentrarci sull'illustrazione del nuovo metodo che ci ha consentito la condensazione di una nuova specie, il potassio (41 K) (6). Per cominciare, bisogna osservare che dopo il Rb la BEC eÁ stata osservata solo con poche altre specie. La condensazione del sodio venne riportata subito dopo quella del rubidio (7) e condensati esistono anche di Li, H, He e 85 Rb. La ragione della gamma limitata di specie condensate sta nel fatto che la temperatura critica TC eÁ bassissima, in genere di decine di nanokelvin, e l'obbiettivo della BEC viene raggiunto con pas- saggi delicati e con l'uso combinato di meccanismi di raffreddamento diversi: il raffreddamento laser ed il raffreddamento evaporativo. Con il raffreddamento laser il gas viene portato a temperature di alcuni microkelvin. Gli atomi, dotati di un momento magnetico, possono quindi essere confinati in trappole magnetiche anche di non grande profonditaÁ, quali quelle prodotte da bobine percorse da correnti moderate. Si puoÁ quindi ottenere un'ulteriore diminuzione della temperatura del campione per evaporazione forzata dalla trappola. Questo processo eÁ molto critico e consiste nell'eliminare selettivamente gli atomi piuÁ «caldi» e nel lasciare che gli altri collidendo tra di loro termalizzino a temperature sempre piuÁ basse. Oltre che dalla configurazione sperimentale, il successo dipende molto dalle proprietaÁ degli atomi, dato che sono necessarie collisioni frequenti ed efficienti. In pratica occorre che le collisioni elastiche, che portano alla termalizzazione, predominino rispetto a quelle inelastiche che si traducono in perdite di atomi nello stato quantistico selezionato. Le proprietaÁ delle collisioni a bassissime temperature sono difficilmente prevedibili ed nella maggior parte dei casi si scoprono solo tentando gli esperimenti. Due casi esemplari di specie atomiche alcaline mancanti alla lista dei condensati sono il potassio ed il cesio. Per il potassio, infatti, il primo stadio di raffreddamento laser , a causa di una separazione iperfine dei livelli energetici estremamente ridotta (8), non permette di raggiungere quel regime di densitaÁ e temperatura necessario per innescare una evaporazione efficace. Per il cesio, invece, il raffreddamento laser eÁ efficiente, ma la presenza di importanti processi di perdita legati a collisioni inelastiche tra gli atomi freddi impedisce il raggiungimento della BEC. A Firenze abbiamo sviluppato con successo una diversa tecnica di raffreddamento e la abbiamo efficacemente applicata al potassio, ottenendone la condensazione. Questa G. FERRARI, M. INGUSCIO, G. MODUGNO, G. ROATI: CONDENSAZIONE DI BOSE-EINSTEIN DI ATOMI DI POTASSIO ECC. specie atomica eÁ particolarmente interessante proprio per la presenza di due isotopi bosonici (39 K e 41 K) ed uno fermionico (40 K), che la rendono un candidato ideale per lo studio di gas degeneri che seguano entrambe le statistiche quantistiche. La strategia che abbiamo scelto si basa sulla tecnica di raffreddamento detto «simpatetico» per cui il campione, elusivo ad altre tecniche di raffreddamento, si pone in contatto termico con un altro gas «refrigerante», che invece puoÁ essere facilmente raffreddato. Questo metodo, originariamente introdotto per gli ioni, era stato applicato con successo solo a misture di due stati o isotopi dello stesso atomo. Per il potassio abbiamo seguito la via del miscelamento con una specie atomica completamente diversa, e cioeÁ col rubidio, che eÁ atomo per cui eÁ relativamente «semplice» ottenere condensati e temperature di poche decine di nK. L'apparato sperimentale utilizzato per l'intrappolamento e il raffreddamento della miscela si basa su una nuova versione perfezionata del sistema a doppia trappola magneto-ottica (MOT), giaÁ utilizzato nel nostro laboratorio per gli esperimenti col rubidio. Gli atomi di un vapore termico sono catturati e raffreddati in una prima MOT, e quindi spinti da un fascio di luce risonante in una camera tenuta in condizioni di ultra alto vuoto (10 11 Torr), dove vengono nuovamente intrappolati in una seconda MOT. A questo punto il campione atomico, preraffreddato a temperature dell'ordine di 100 K, puoÁ essere trasferito in un potenziale puramente magnetico, dove si effettua la procedura di evaporazione forzata. La giaÁ notevole complessitaÁ di un apparato del genere eÁ, per il raffreddamento simpatetico, ulteriormente accresciuta dalla richiesta di intrappolamento simultaneo di due specie atomiche differenti. In particolare eÁ necessario manipolare allo stesso tempo entrambi i campioni atomici con le due radiazioni laser a lunghezza d'onda diversa. Nella seconda MOT riusciamo comunque ad ottenere campioni di circa 109 atomi di Rb e 107 atomi di K. Questi atomi hanno lo stesso spin nucleare (I 3=2) e pertanto lo stesso momento angolare totale F nello stato elettronico fondamentale. Il successivo intrappolamento magnetico si ottiene preparando gli atomi nel sottolivello dello stato fondamentale con momento angolare maggiore (jF 2; MF 2i per entrambi) e creando un opportuno campo magnetostatico con una serie di bobine. Gli atomi sono intrappolati in una regione di minimo di campo megnetico nella quale compiono oscillazioni armoniche con due sole frequenze caratteristiche, conseguenza della simmetria cilindrica del potenziale che otteniamo con la nostra configurazione di bobine. Dal momento che i due diversi atomi hanno lo stesso momento magnetico e quindi sono sottoposti alla stessa forza di richiamo, le frequenze di oscillazione per il K sono scalate rispetto a quelle del Rb per un fattore pari alla radice del rapporto delle masse: MRb =M K 1=2 . Questa caratteristica ha delle conseguenze importanti, come vedremo in seguito, sia per lo studio dell'interazione tra le due specie, che per raggiungimento delle condizioni di degenerazione quantistica. Il trasferimento dalla MOT comporta una perdita di atomi, e quindi nella trappola magnetica tipicamente risultano intrappolati 3 108 atomi di Rb insieme a 3 106 di K. Al momento della carica la temperatura del campione di K eÁ circa 300 K, mentre quella del Rb eÁ circa 100 K. Il parametro che descrive l'evoluzione di un processo evaporativo verso il regime di degenerazione quantistica eÁ la densitaÁ nello spazio delle fasi n3dB , dove n eÁ la densitaÁ e dB eÁ la lunghezza d'onda di deBroglie associata all'atomo. Dal momento che in una trappola armonica tale quantitaÁ eÁ legata al numero di atomi ed alla temperatura secondo N=T 3 , appare chiaro che il campione di K, meno denso e piuÁ ``caldo'', a questo stadio eÁ piuÁ lontano rispetto al Rb di un fattore circa 3000 dalla condizione critica 2:6. Proprio per queste limitazioni nei tentativi precedenti non era stato possibile innescare il processo di raffreddamento evaporativo operando direttamente sul potassio [5]. Nell'attuale esperimento l'idea eÁ quella di indurre l'evaporazione dalla miscela dei soli atomi di rubidio. Generalmente gli atomi vengono fatti evaporare inducendo transizioni a radiofrequenza verso sottolivelli Zeeman non magnetici o col momento magnetico invertito rispetto a quello di partenza. Nel nostro caso con la transizione a radiofrequenza non discrimineremmo tra Rb e K che, come abbiamo detto, hanno gli stessi numeri quantistici, e percioÁ ricorriamo a passaggi a stati magnetici non intrappolati mediante transizioni a microonda, come riportato in fig. 1. In questo modo eÁ possibile distinguere tra Rb e K, che hanno strutture iperfini diverse. La dipendenza spaziale della risonanza a microonde, indotta dallo spostamento Zeeman, permette di controllare con 41 IL NUOVO SAGGIATORE Fig. 1. ± Raffreddamento simpatetico in una miscela gassosa rubidio ( 87 Rb) e potassio ( 41 K). Gli atomi di Rb vengono raffreddati direttamente e selettivamente per evaporazione forzata, utilizzando la transizione iperfine a microonde (6.8 GHz) per trasferire gli atomi piuÁ «caldi» nello stato fondamentale, in cui non sono piuÁ intrappolati. Gli atomi di K, non influenzati dalle microonde, si raffreddano mediante collisioni con il Rb, in principio senza perdite. 42 precisione l'espulsione degli atomi con energia maggiore di una definita soglia di evaporazione. In seguito, attraverso le collisioni elastiche tra gli atomi rimasti nella trappola, il sistema si riporta all'equilibrio termodinamico, ad una temperatura inferiore a quella di partenza; abbassando gradualmente la soglia di evaporazione in un intervallo di tempo di circa 50 s, il campione di Rb puoÁ essere portato fino a temperature inferiori a 100 nK. Allo stesso tempo, grazie al contatto termico con gli atomi di Rb, anche gli atomi di K si raffreddano. Questo rivela una forte interazione collisionale tra le due specie, cosa estremamente favorevole non prevedibile a priori. In fig. 2A, si riporta l'andamento della temperatura di entrambe le specie in funzione della soglia di evaporazione, misurata rispetto al fondo della trappola. Sperimentalmente, misuriamo la temperatura ed il numero di atomi per entrambe le specie sfruttando una tecnica di presa di immagini in assorbimento: il campo magnetico che confina gli atomi viene rapidamente annullato, e gli atomi vengono illuminati con un breve impulso di luce risonante dopo qualche millisecondo di espansione in caduta libera. L'assorbimento degli atomi viene raccolto da una telecamera CCD e confrontato con un'immagine di riferimento per estrarre il profilo di densitaÁ bidimensionale del campione. Poiche le lunghezze d'onda di assorbimento delle due specie sono diverse, eÁ possibile rivelare contemporaneamente le due distinte distribuzioni di densitaÁ di Rb e K nello stesso ciclo di acquisizione. Una Fig. 2. ± Evoluzione della temperatura (A) e del numero di atomi (B) in funzione dell'energia della soglia di evaporazione (in unitaÁ di costante di Planck h) durante il processo di raffreddamento simpatetico. Il campione di Rb (cerchi blu) e quello di K (triangoli rossi) termalizzano a causa di una forte interazione tra le due specie. Nel processo non vengono persi molti atomi di K poiche l'evaporazione eÁ effettuata soltanto sul Rb. Come discusso nel testo, il cambio della velocitaÁ di raffreddamento non appena il numero di atomi delle due specie diventa confrontabile (attorno ad 1 MHz) eÁ dovuto dell'aumentato carico termico del K sul Rb. ricostruzione tridimensionale dei profili di densitaÁ cosõÁ ottenuti eÁ mostrata, ad esempio, in fig. 3. La distribuzione di densitaÁ dopo l'espansione libera riflette la distribuzione di velocitaÁ degli atomi al momento del rilascio dalla trappola (per un gas termico questa eÁ una maxwelliana): quindi con una procedura di fit con una gaussiana si ricavano allo stesso tempo informazioni sulla temperatura (dalla larghezza) e sul numero di atomi (dall'integrale). Uno dei prezzi che si pagano al raffreddamento evaporativo eÁ quello della drastica riduzione del numero di atomi del campione. Difatti in fig. 2B si evidenzia una diminuzione di circa tre ordini di grandezza del numero di atomi di rubidio. Un vantaggio del raffreddamento simpatetico eÁ che non si ha «evaporazione» di atomi di potassio perche l'evaporazione eÁ selettiva sul rubidio e questo, al- G. FERRARI, M. INGUSCIO, G. MODUGNO, G. ROATI: CONDENSAZIONE DI BOSE-EINSTEIN DI ATOMI DI POTASSIO ECC. Fig. 3. ± Evoluzione dei profili di densitaÁ dei campioni di K e di Rb a tre diversi stadi del processo evaporativo, ricavati con una tecnica di immagine in assorbimento. Si noti l'aumento di densitaÁ del K al diminuire della temperatura. Al contrario, la densitaÁ del Rb rimane circa costante durante tutto il processo, per ridursi nell'ultimo stadio di evaporazione. meno in principio, lo rende attraente per gli isotopi poco abbondanti. In realtaÁ si osserva una riduzione anche per il K, dovuta principalmente a collisioni inelastiche tra gli atomi di Rb ed di K che spostano alcuni di questi ultimi in stati magnetici non confinati. All'inizio dell'evaporazione le collisioni di questo tipo sono dovute alla presenza di una piccola frazione (qualche percento) di atomi di Rb in un altro stato magnetico intrappolato (jF 2; MF 1i) che, pur non rappresentando un problema per il campione di Rb, possono produrre un effetto drammatico sul campione di K a causa della consistenza numerica simile. Al diminuire del numero di atomi di Rb per effetto dell'evaporazione forzata questo canale di perdita di K viene soppresso ma, a temperature molto basse (al di sotto di 1 K) se ne apre uno nuovo, questa volta dovuto a collisioni tra atomi di K che ne invertono il momento magnetico e quindi ne causano l'espulsione dalla trappola. Questo tipo di collisioni eÁ importante solo ad elevate densitaÁ, ed infatti si osserva soltanto nella fase finale del processo di raffreddamento. Dai dati riportati in fig. 2 si puoÁ notare come al momento in cui la soglia di evaporazione eÁ intorno a 0.1 MHz il numero di atomi di K si eÁ ridotto di un fattore 10 rispetto alle condizioni iniziali, mentre la temperatura eÁ scesa di un fattore 400; dal momento che in un potenziale armonico la densitaÁ eÁ proporzionale a NT 3=2 , essa risulta cosõÁ 800 volte quella iniziale. A questo punto la densitaÁ eÁ circa 4 1011 cm 3 , e le collisioni K-K sopra menzionate la mantengono costante attorno a questo valore durante la rimanente evaporazione. Paradossalmente, queste ultime perdite nel campione di K favoriscono il processo evaporativo e permettono di raggiungere le basse temperature osservate, come eÁ possibile dedurre da semplici osservazioni termodinamiche. La capacitaÁ termica di ciascun campione eÁ proporzionale al numero di atomi, e quindi nella prima parte del processo di raffreddamento la capacitaÁ termica del Rb eÁ molto piuÁ grande di quella del K, e di conseguenza il carico termico di quest'ultimo sul Rb eÁ trascurabile. Lo scenario cambia non appena il numero di atomi delle due specie diventa confrontabile, attorno ad un valore di 0.3 MHz per la soglia di evaporazione. Come si puoÁ notare dalla fig. 2A, per questo valore si osserva una repentino cambio di pendenza della curva che esprime la variazione della temperatura con la soglia di evaporazione. Questo eÁ proprio il risultato dell'aumentato carico termico del K sul Rb, che riduce l'effetto sulla temperatura della rimozione per evaporazione forzata di una stessa quantitaÁ di atomi di Rb. Se quindi il numero di atomi di K non diminuisse all'ulteriore calo di quelli di Rb, la temperatura del sistema sarebbe determinata dal K e non piuÁ dal Rb, con il conseguente arresto del processo di raffreddamento simpatetico. Per descrivere l'evoluzione dei due campioni alle piuÁ basse temperature raggiunte occorre ricordare che la temperatura critica per la formazione di un condensato di Bose-Einstein di atomi confinati in un 1=3 potenziale armonico eÁ T C h=kB ! N=1:202 , 43 IL NUOVO SAGGIATORE Fig. 4. ± Ricostruzione tridimensionale dell'evoluzione del campione di K alla transizione di fase verso il condensato di Bose- Einstein. Le distribuzioni di densitaÁ sono stati acquisiti dopo 15 ms di espansione balistica, e quindi riflettono le distribuzioni di velocitaÁ degli atomi nella trappola magnetica. Da destra verso sinistra: campione termico (T > TC ); campione misto (T T C ); condensato quasi puro (T < T C ). Il numero di atomi eÁ intorno a 10 4 e T C 150 nK. 44 !ax !rad !rad 1=3 eÁ la frequenza di oscildove ! lazione media (9). Per la nostra miscela, a paritaÁ di numero di atomi questa temperatura eÁ piuÁ alta per il campione di K, a causa della massa piuÁ piccola che implica una frequenzapdi trappola media maggiore di circa un fattore 2. Questo eÁ cioÁ che effettivamente accade nell'esperimento, dal momento che tipicamente nella fase finale del processo di raffreddamento simpatetico il numero di atomi delle due specie eÁ confrontabile. Quando la soglia di evaporazione eÁ spinta in basso fino a 40 kHz osserviamo un netta trasformazione della distribuzione di velocitaÁ degli atomi di K, come riportato in fig. 4: appare un picco centrale corrispondente a velocitaÁ estremamente basse, che inoltre non segue una distribuzione gaussiana. Questo eÁ il segnale della transizione di fase verso il regime di condensazione di Bose-Einstein che, come detto, consiste nell'occupazione macroscopica dello stato quantistico fondamentale del sistema. A questo punto il numero tipico di atomi del campione di K eÁ 104 , e la temperatura della frazione di atomi che ancora segue una distribuzione classica eÁ 160 nK, valore ben consistente con la temperatura critica aspettata T C 150 nK. Proseguendo ulteriormente con l'evaporazione del Rb, e quindi con il raffreddamento della miscela, si osserva un aumento della frazione di atomi condensati, ed una progressiva riduzione della parte termica. Il campione di Rb, che nel particolare ciclo sperimentale che abbiamo descritto eÁ composto anche esso da circa 104 atomi, segue ancora una distribuzione classica all'apparire della BEC di K, poiche la sua temperatura critica eÁ minore. Ottimizzando la cattura del Rb nella trappola magnetica eÁ in realtaÁ possibile giungere alla temperatura critica per la condensazione del K con un numero di atomi di Rb maggiore di circa un fattore 3, il che permette di ottenere la condensazione simultanea degli atomi di K e di Rb. Tutti i risultati discussi fino ad ora indicano una forte interazione tra gli atomi di K e di Rb, che eÁ stato anche possibile caratterizzare con misure quantitative. Infatti la differenza delle frequenze di oscillazione per le due specie offre Fig. 5. ± Una misura dell'efficacia delle collisioni K-Rb che consentono la rapida termalizzazione tra i due gas, confinati in una trappola armonica. A causa delle masse diverse si puoÁ far risuonare (e riscaldare) selettivamente il Rb. La figura riporta il conseguente riscaldamento del K, e dal tempo di termalizzazione si ricava il valore della lunghezza di scattering K-Rb, il parametro necessario a descrivere le collisioni elastiche a bassa temperatura. G. FERRARI, M. INGUSCIO, G. MODUGNO, G. ROATI: CONDENSAZIONE DI BOSE-EINSTEIN DI ATOMI DI POTASSIO ECC. uno strumento diretto per l'osservazione di fenomeni di dinamica collisionale. La misura si basa sull'eccitazione selettiva del moto di una delle due componenti, sfruttando il processo del riscaldamento parametrico, e sullo studio del successivo riscaldamento dell'altra componente, mediato da collisioni termalizzanti. Una volta che la miscela delle due specie eÁ stata raffreddata nella trappola magnetica fino a pochi K, la forza magnetica di confinamento degli atomi viene leggermente modulata per un centinaio di ms, grazie ad un sistema di bobine aggiuntive, ad una frequenza esattamente doppia della frequenza di oscillazione radiale del Rb. Questa «compressione» modulata nel tempo provoca un rapido riscaldamento del campione di Rb stesso, senza perturbare direttamente il K. I successivi eventi collisionali tra Rb e K fanno termalizzare la miscela ad una temperatura piuÁ alta di quella di partenza del K. Attraverso un semplice modello eÁ possibile risalire dal tempo di termalizzazione alla sezione d'urto per collisioni elastiche K-Rb. A queste basse temperature le collisioni tra sono caratterizzabili con un unico parametro, la lunghezza di scattering a, a cui eÁ legata direttamente la sezione d'urto 4a2 . Il valore ottenuto con questo tipo di misura risulta essere jaj 200 a0 , in unitaÁ di raggio di Bohr (a0 0:0529 nm). Questo valore eÁ tra i piuÁ elevati tra quelli misurati per le specie alcaline (ad esmpio a=108 a0 per il Rb), e giustifica l'efficienza del processo di raffreddamento simpatetico osservata. Abbiamo mostrato come sia possibile ottenere un condensato di atomi di potassio mediante raffreddamento simpatetico con atomi di rubidio. Il successo di questo metodo innovativo eÁ in definitiva dovuto sia alla relativa facilitaÁ di raffreddamento del rubidio con la tecnica evaporativa usuale, sia alla notevole interazione tra le due specie. Questo risultato eÁ particolarmente importante non solo perche una nuova specie atomica finora elusiva eÁ stata portata nel regime di degerazione quantistica, ma anche perche si eÁ dimostrata la fattibilitaÁ del raffreddamento simpatetico fino a temperature estreme tra due specie atomiche distinte. Questo apre una nuova strada per ottenere campioni degeneri di una varietaÁ di specie molto piuÁ larga di quelle finora accessibile. Una ovvia estensione di questo lavoro potrebbe essere il raffreddamento simpatetico dell'isotopo fermionico del K, ancora una volta con il Rb. In questo caso la tecnica permetterebbe di raggiungere temperature ben al di sotto della temperatura di Fermi (T F ), superando le difficoltaÁ intrinseche nel raffreddamento del fermione da solo. Infatti, come conseguenza del principio di antisimmetrizzazione le collisioni a temperature ultrabasse tra fermioni identici sono proibite, e quindi il raffreddamento evaporativo deve essere compiuto su una miscela di fermioni distinguibili in due stati magnetici diversi, con le conseguenti complicazioni sperimentali ( 10). Inoltre la natura stessa della distribuzione di Fermi-Dirac a temperature al di sotto di T F , contrariaramente al caso di quella di Bose-Eistein, porta ad un blocco dei processi collisionali necessari all'evaporazione (11). Nel caso del raffreddamento simpatetico con un gas di bosoni, entrambe queste limitazioni vengono aggirate. Si noti che nel procedimento di raffreddamento simpatetico fermione-bosone la minima temperatura ottenibile eÁ comunque fissata dalla temperatura critica della componente bosonica. Infatti, il contatto termico tra i due campioni necessario per il processo di raffreddamento si riduce drammaticamente non appena il campione bosonico collassa nello stato fondamentale, diminuendo di dimensioni, come osservato nei recenti esperimenti sugli isotopi di litio [11]. Nel caso della miscela K-Rb, la maggiore massa del Rb (si noti che il Rb eÁ quello di maggior massa tra i condensati esistenti), e quindi le minore temperatura critica di quest'ultimo, permetterebbe di abbassare p questa temperatura limite di un fattore 2. Il raggiungimento di temperature T T F eÁ uno dei problemi aperti nella fisica dei gas degeneri, poiche eÁ un requisito fondamentale per l'osservazione di fenomeni di superfluiditaÁ (grazie alla formazione di coppie di Cooper) in un gas di fermioni degeneri. PiuÁ in generale, eÁ possibile in principio realizzare esperimenti per raffreddare altre specie atomiche, o addirittura molecolari, fino alle condizioni di degerazione quantistica sfruttando ancora il Rb come gas refrigerante. Vi sono infatti numerose specie che possono essere portate fino a temperature nell'intervallo 1K±1mK con tecniche di raffreddamento laser o simili, ma per le quali il raffreddamento evaporativo non puoÁ funzionare. Tra i candidati possibili per questo tipo di studio sono senz'altro atomi alcalino-terrosi come ad esempio il calcio e lo stronzio, che hanno attualmente un rilevante interesse per misure metrologiche: la possibilitaÁ 45 IL NUOVO SAGGIATORE di raffreddare tali specie a temperature prossime a quelle di degenerazione permetterebbe di ottenere standard di frequenza piuÁ precisi di quelli attuali. D'altra parte la possibile formazione di un condensato di Bose-Einstein di molecole darebbe accesso ad un nuovo tipo di sistemi con molti gradi di libertaÁ interni (gli stati rotazionali della molecola) su cui studiare l'evoluzione di sovrapposizioni di stati quantistici con una scelta piuÁ ampia del caso atomico. Incoraggiati dai risultati dell'esperimento di raffreddamenti simpatetico sul potassio, altri gruppi sperimentali stanno appunto sviluppando esperimenti per raffreddare molecole di varie specie con il Rb. Bibliografia (1) (2) (3) (4) (5) (6) 46 (7) (8) (9) (10) (11) Per un'introduzione didattica al problema si puoÁ fare riferimento a C. Fort, M. Artoni, M. Inguscio, Quad. Storia Fis. 9 (2001) 5768. Si veda G. M. Tino, Il premio Nobel per la Fisica del 2001, vol. 17 no. 5-6 (2001) 93. M. Inguscio, Nuovo Saggiatore 15, no. 3-4 (1999) 48. M. H. Anderson, J. R. Ensher, M. R. Mattews, C. E. Wieman, E. A. Cornell, Science 269 (1995) 198. M. Inguscio, S. Stringari, C. E. Wieman, (Editors), BoseEinstein Condensation in Atomic Gases, in Proceedings of the International School of Physics «Enrico Fermi», Course CXL (IOS Press, Amsterdam) 1999. G. Modugno, G. Ferrari, G. Roati, R. J. Brecha, A. Simoni, M. Inguscio, Bose-Einstein condensation of potassium atoms by sympathetic cooling, in Science Express, 18 October 2001, 10.1126/science.1066687. K. B. Davis, et al., Phys. Rev. Lett. 75 (1995) 3969. M. Prevedelli, et al., Phys. Rev. A 59 (1999) 886. F. Dalfovo, S. Giorgini, L. P. Pitaevskii, S. Stringari, Rev. Mod. Phys. 71 (1999) 463. De Marco, D. S. Jin, Science 285 (1999)1703. F. Schreck et al., Phys. Rev. Lett. 87 (2001) 080403. LE CORRELAZIONI DI BOSE-EINSTEIN NELLA FISICA SUBNUCLEARE E IN ASTROFISICA. M. Cuffiani e G. Giacomelli Dipartimento di Fisica dell'UniversitaÁ e I.N.F.N., viale C. Berti-Pichat 6/2, I-40127 Bologna. 1. ± Introduzione Nel 1953 i radioastronomi R. Hanbury-Brown e R. Q. Twiss proposero una nuova tecnica interferometrica per la misura delle dimensioni delle sorgenti stellari (1). A differenza della usuale tecnica, realizzata con interferometri di tipo Michelson e basata sulla interferenza delle ampiez- ze, il nuovo metodo comportava invece la misura dell'interferenza delle intensitaÁ. I segnali da sorgenti situate in punti diversi sulla superficie di emissione di una radiostella si correlano se le due stazioni riceventi dell'interferometro sono vicine tra loro; all'aumentare della distanza tra le due stazioni la correlazione decresce. Come mostrato in fig. 1a, la radiazione proveniente dalla sorgente stellare eÁ rivelata dai rivelatori di intensitaÁ P1 e P2 i cui segnali vengono poi fatti interferire nel moltiplicatore C. L'uscita del moltiplicatore viene infine inviata all'integratore temporale M, per ottenere una media nel tempo. La dipendenza della correlazione dalla distanza tra le due stazioni permette di misurare il diametro angolare di una singola stella. La fig. 1b mostra i risultati ottenuti da Hanbury-Brown e Twiss nel caso della stella Sirio. Da questi dati eÁ stato ottenuto un diametro angolare per Sirio di 0.0069 0.0004 secondi d'arco. Alcuni anni dopo G. Goldhaber ed altri (2) applicarono lo stesso principio in un ambito diverso, la fisica delle particelle elementari, misurando le dimensioni della sorgente che emette pioni identici a seguito di una annip). L'osservachilazione antiprotone-protone (p zione che l'apertura angolare in coppie di pioni di uguale carica era in media inferiore rispetto a quella in coppie di carica diversa venne interpretata come un effetto della statistica di BoseEinstein per i pioni (che sono adroni con spin 0). Dalla simmetrizzazione della funzione d'onda di due pioni identici si ottenne una funzione di correlazione che riproduceva i risultati sperimentali nell'ipotesi che il raggio della sfera di p, emissione dei due pioni identici, in collisioni p fosse compreso tra 0.7 e 1.1 fm (1 fm = 10 15 m). In questa nota saraÁ utilizzato il simbolo BEC (Bose-Einstein Correlations) per riferirsi a questo effetto. Nei paragrafi che seguono verranno descritti i metodi di indagine per lo studio delle BEC e verranno presi in esame alcuni dei risultati piuÁ recenti in questo campo, in particolare quelli ottenuti al collisionatore LEP del CERN di Ginevra, in collisioni positroneelettrone (e e ) ad energie di 91 GeV (e superiori) nel sistema del centro di massa (c.m.). 2. ± Correlazioni di Bose-Einstein tra bosoni identici Le correlazioni di Bose-Einstein hanno origine dall'interferenza tra le intensitaÁ, misurate in M. CUFFIANI E G. GIACOMELLI: LE CORRELAZIONI DI BOSE-EINSTEIN NELLA FISICA SUBNUCLEARE E IN ASTROFISICA Fig. 1. ± (a) Schema del radiointerferometro di intensitaÁ di Hanbury-Brown e Twiss: le intensitaÁ misurate in P1 e P 2 vengono prima correlate nel moltiplicatore C e poi mediate nel tempo tramite l'integratore M. (b) Dipendenza della correlazione in intensitaÁ (fornita dall'uscita di M) dalla distanza tra i due rivelatori; i dati si riferiscono alla stella Sirio (1). rivelatori distinti, di bosoni identici emessi in modo incoerente da sorgenti separate. Questa interferenza eÁ causata dalla ambiguitaÁ del cammino dalle sorgenti ai rivelatori ed eÁ chiamata interferenza del secondo ordine per distinguerla dalla «usuale» interferenza che si verifica tra le funzioni d'onda quando le ampiezze sono coerenti, cioeÁ correlate in fase. Seguendo lo schema illustrato in fig. 2 e indicando con fa ( fb ) l'ampiezza della funzione d'onda del bosone emesso dalla sorgente a (b) e con I A (I B ) l'intensitaÁ misurata nel rivelatore A (B), risulta che hI A i hI B i hj fa j2 j fb j2 i, in Fig. 2. ± Schema di un esperimento per la misura delle correlazioni di Bose-Einstein. a e b sono due sorgenti, separate da una distanza R, mentre A e B sono due rivelatori. Le particelle possono andare dalle sorgenti ai rivelatori come a ! A, b ! B oppure a ! B, b ! A. Gli angoli e rappresentano, rispettivamente, l'apertura angolare della sorgente rispetto al rivelatore e l'apertura angolare del rivelatore rispetto alla sorgente. quanto il termine di interferenza si annulla, essendo le sorgenti a e b incoerenti; il simbolo hIi rappresenta la media temporale dell'intensitaÁ. Se si moltiplica il segnale di intensitaÁ in A per quello in B e poi si media nel tempo, si ottiene hIA IB ih jfa j2 j fb j2 2 i2hjfaj2 j fb j2 cos2k a1 b2 i; dove k 2= eÁ l'impulso e eÁ la lunghezza d'onda di de Broglie del bosone; quindi il termine di interferenza del secondo ordine non eÁ nullo. Dalla fig. 2 si vede che 2 a1 b2 R AB: la misura sperimentale di M hI A I B i consente di ricavare il «raggio» R oppure l'apertura angolare della sorgente. L'interferenza dipende dalla distribuzione spaziale delle sorgenti dei bosoni identici, dal loro grado di incoerenza e dalla differenza tra gli istanti di emissione. Nella produzione di particelle in collisioni di alta energia le BEC si manifestano come un aumento della probabilitaÁ per due (o piuÁ) bosoni identici di essere emessi con differenze di quadri-impulsi piuÁ basse rispetto a quelle di particelle non identiche prodotte nelle stesse condizioni cinematiche. Per una coppia di pioni con quadri-impulsi p1 e p2 misurati nel sistema del c.m. dell'evento, la funzione di correlazione viene espressa in funzione del modulo Q della differenza (p2 p1 ). La funzione di correlazione 1 C Q p1 ; p2 1 ^ Q; p1 p2 eÁ il rapporto tra la densitaÁ di coppie di bosoni identici ed il prodotto delle densitaÁ di singola particella. Nella (1) ^ Q eÁ la trasformata di Fourier, nello spazio dei quadri-impulsi, della 47 IL NUOVO SAGGIATORE Fig. 3. ± Funzione di correlazione C(Q) per due pioni identici ottenuta al LEP utilizzando come campione di riferimento coppie di pioni di carica opposta. La curva continua eÁ il fit all'eq. (2). 48 distribuzione di probabilitaÁ spazio-temporale della sorgente. Sperimentalmente, la C Q viene misurata come il rapporto tra la densitaÁ di coppie di bosoni identici p1 ; p2 e la densitaÁ 0 p1 ; p2 di coppie che hanno le stesse caratteristiche, tranne per il fatto di non presentare BEC («campione di riferimento»). Le tecniche piuÁ comuni per ottenere 0 p1 ; p2 consistono nell'utilizzare coppie di bosoni di carica opposta oppure coppie costruite artificialmente utilizzando particelle di uguale carica, ma appartenenti ad eventi diversi. La fig. 3 mostra un esempio di funzione di correlazione per due pioni: il picco a bassi Q eÁ dovuto alle BEC. Una volta misurata, C Q viene parametrizzata con la funzione di Goldhaber, che rappresenta la trasformata di Fourier ^ Q nella ipotesi di sorgente sferica con distribuzione gaussiana dei punti di emissione 2 C Q 1 e Q2 R2 ; dove R, il «raggio» della sfera di emissione, eÁ tanto piuÁ grande quanto piuÁ eÁ stretto il picco a piccoli Q. Il parametro misura il grado di incoerenza tra le sorgenti: 0 nel caso di massima coerenza e 1 per massima incoerenza, cioeÁ nel caso delle BEC. 2.1. ± Correlazioni tra due pioni carichi. Lo studio sperimentale delle BEC riguarda principalmente coppie di pioni carichi ( ) a causa della loro produzione abbondante; circa il 90% degli adroni carichi prodotti nelle collisioni eÁ costituito da pioni. Le correlazioni tra adroni carichi sono quindi, sostanzialmente, correlazioni tra pioni carichi; il valore di che si ottiene eÁ peroÁ piuÁ basso di quello che si avrebbe con un campione puro di pioni. I parametri R e sono stati misurati per sistemi prodotti a varie energie e in diversi p, e e , tipi di interazione (3): collisioni p, pp, p ep ed altre. I risultati ottenuti in reazioni e e ! X, dove X rappresenta l'insieme delle altre particelle prodotte nella collisione, mostrano che i valori del parametro R variano nell'intervallo 0.8±1 fm, in modo indipendente dall'energia della collisione; un valore tipico di eÁ all'incirca 0.5 (dovrebbe essere 1 nel caso di sorgenti completamente incoerenti e di campioni di riferimento 0 p1 ; p2 ideali). Analisi in collisioni ep all'energia di 300 GeV hanno dato R 0:68 0:06 fm con errore dominato da incertezze sistematiche. Tale valore eÁ in buon accordo con altri esperimenti leptone-nucleone ad energie inferiori, ad esempio con i risultati dell'esperimento WA25 che ha misurato le BEC in collisioni (anti)neutrino-deuterio. Due esperimenti al CERN, le collaborazioni ABCDHW S, hanno studiato agli ISR e UA1 al collider Spp p ad energie nel c.m. di 63 e 630 collisioni pp e p GeV: R varia da 0.73 fm a 1.13 fm, con errori di circa il 10±15%. Entro le incertezze sperimentali non si osservano differenze nei parametri ottep ad alta energia. nuti in collisioni pp e p Le due tecniche sopracitate forniscono campioni di riferimento non ideali percheÁ contengono correlazioni residue non possedute dal campione di pioni identici; eÁ quindi difficile un confronto dettagliato tra risultati ottenuti da esperimenti che utilizzano campioni di riferimento diversi. Si deve inoltre ricordare che solo una piccola frazione dei pioni carichi osservati eÁ prodotta direttamente nel processo di formazione di adroni («adronizzazione»); la maggior parte proviene dal decadimento di risonanze, in particolare la 0 , che hanno vite medie dell'ordine di 10 24 s. Il valore di R potrebbe quindi essere diverso da quello che si otterrebbe considerando solamente pioni prodotti direttamente. 2.2. ± Correlazioni tra due mesoni K carichi. Le BEC tra due mesoni K carichi identici (K K ) sono state studiate in collisioni adroniche e in collisioni e e (4). Il numero medio di mesoni K per evento eÁ molto inferiore al numero dei pioni e quindi l'errore statistico associato ai parametri R e M. CUFFIANI E G. GIACOMELLI: LE CORRELAZIONI DI BOSE-EINSTEIN NELLA FISICA SUBNUCLEARE E IN ASTROFISICA misurati in coppie di K identici risulta essere piuÁ elevato. Al LEP per K K si eÁ ottenuto RK ' 0:48 fm, valore inferiore a R , il raggio misurato per il sistema . Anche in collisioni pp e nucleo-nucleo si eÁ osservato che RK eÁ minore di R . 3. ± Dipendenza di R dalla massa dell'adrone Confrontando i valori di R ed RK misurati al LEP si puoÁ ipotizzare che il raggio della zona di emissione sia inversamente proporzionale alla massa degli adroni prodotti; per verificare questa ipotesi si eÁ misurato il raggio di emissione di coppie di adroni di massa maggiore di quella del mesone K. Per coppie di fermioni identici ci si attende, in accordo con la statistica di Fermi-Dirac (imponendo cioeÁ che la funzione d'onda totale risulti antisimmetrica) una funzione di correlazione che presenta una diminuzione del numero di coppie a piccoli valori di Q. Al LEP eÁ stata misurata tale funzione per due barioni 0 e per due antiprotoni e si eÁ osservata la prevista diminuzione di eventi a piccolo Q. La funzione di correlazione eÁ stata parametrizzata con una funzione analoga a quella di Goldhaber (2), dove peroÁ il termine esponenziale si va a sottrarre Fig. 4. ± Raggio della sorgente di adroni identici in funzione della massa dell'adrone, ottenuto da correlazioni di Bose-Einstein per e K (punti neri) e da correlazioni di Fermi-Dirac per pÅ e 0 (punti aperti); le misure sono state effettuate al LEP e gli errori riportati includono anche le incertezze sistematiche. La q linea continua eÁ la funzione R fm c 24 ht mGeV con un tempo di adronizzazione t 10 s; le linee tratteggiate rappresentano la stessa funzione con t 0:5 10 24 s e t 1:5 10 24 s. anzicheÁ sommare. I raggi delle sorgenti di emissione dei barioni 0 e degli antiprotoni sono R 0:11 0:02 fm e Rp 0:14 0:06 fm. In fig. 4 sono riportati i valori di R , RK , Rp ed R in funzione della massa degli adroni: si osserva una diminuzione di R all'aumentare della massa. Una possibile spiegazione eÁ che, nel processo di formazione di adroni che segue la collisione, le particelle di massa maggiore siano formate prima (a raggi piuÁ piccoli) di quelle di massa inferiore. Un approccio alternativo (5), basato sul principio di indeterminazione di Heisenberg, fornisce una dipendenza del raggio R dalla massa m del tipo s ht R fm c , m GeV dove c eÁ la velocitaÁ della luce (in fm/s), h eÁ la costante di Planck (in GeV s) divisa per 2 e t rappresenta il tempo che intercorre tra la collisione e la formazione degli adroni (tempo di adronizzazione). In questo modello il tempo di adronizzazione eÁ t 10 24 s, indipendente da m. 4. ± Dipendenza di R e dalla molteplicitaÁ carica In collisioni pp e 4 He 4 He eÁ stata studiata la dipendenza dei parametri R e dalla molteplicitaÁ carica nch dell'evento, cioeÁ dal numero totale di adroni carichi prodotti nella collisione. Il raggio R eÁ risultato essere indipendente da nch per energie inferiori a circa 30 GeV, mentre a energie superiori R diventa piuÁ grande all'aumentare della molteplicitaÁ. Anche in collisioni e e all'energia di 91 GeV eÁ stata osservato (6) un aumento di R con nch ; mentre diminuisce al crescere di nch : Ripetendo l'analisi differenziale in molteplicitaÁ separatamente su campioni di eventi a 2, 3 e 4 jets di adroni, si eÁ trovato che la dipendenza dei parametri da nch eÁ meno marcata rispetto al campione inclusivo, ma con valori assoluti sensibilmente diversi a seconda del numero di jet adronici: eventi a 4 jets danno R piuÁ grandi rispetto ad eventi a 3 jets e questi danno R piuÁ grandi rispetto ad eventi a 2 jets. La dipendenza di e R da nch osservata nel campione inclusivo puoÁ allora essere interpretata in termini del diverso peso che assumono gli eventi a piuÁ alto numero di jets alle diverse molteplicitaÁ (peso minore alle basse nch e maggiore alle alte nch ). 49 IL NUOVO SAGGIATORE 5. ± Correlazioni in 2 ed in 3 dimensioni Non ci sono motivi fondamentali per assumere che la sorgente di pioni sia sferica, ed eÁ quindi naturale che si sia cercato di studiare piuÁ in dettaglio la forma della sorgente tramite una analisi multidimensionale (7). Questa viene effettuata nel cosiddetto Sistema di Centro di Massa Longitudinale (LCMS): per ogni coppia LCMS eÁ il sistema di riferimento nel quale la somma degli impulsi delle due particelle giace nel piano perpendicolare all'asse dell'evento, cioeÁ alla direzione del quark e dell'antiquark prodotti nella collisione e e . La differenza in impulso della coppia viene decomposta nelle componenti longitudinale, lungo l'asse dell'evento, e trasversa, perpendicolare ad esso. La componente trasversa eÁ poi separata nelle componenti out (parallela al vettore somma della coppia), e side (perpendicolare ad esso). La funzione di correlazione tridimensionale misurata sperimentalmente viene parametrizzata utilizzando una generalizzazione a piuÁ dimensioni della funzione (2). La fig. 5 mostra le tre proiezioni della funzione di correlazione tridimensionale con, sovrapposte, le curve di migliore approssimazione per la formula di Goldhaber e per parametrizzazioni alternative. Si osserva che la larghezza della curva a bassi Q eÁ piuÁ grande per le componenti trasverse rispetto alla componente longitudinale; questo corrisponde ad un raggio longitudinale piuÁ grande di circa il 20% del raggio trasverso. L'ipotesi che la sorgente sia di forma ellissoidale eÁ dunque favorita rispetto all'ipotesi di sorgente sferica. 6. ± Correlazioni tra pioni da decadimento di bosoni W La reazione e e ! W W eÁ stata misurata alle piuÁ alte energie raggiunte dal LEP. Tale reazione consente uno studio approfondito delle proprietaÁ dei bosoni W , mediatori dell'interazione debole a corrente carica. La comprensione delle BEC in questo tipo di eventi eÁ importante in quanto esse sono una potenziale sorgente di errore sistematico nella misura di precisione della massa della W. Nel caso in cui uno dei due bosoni W decada adronicamente e l'altro leptonicamente, eÁ facile studiare le BEC per coppie di pioni provenienti dal decadimento adronico della stessa W. Nel caso in cui entrambe le W decadano adronicamente ci si potrebbero aspettare correlazioni anche tra pioni provenienti da diverse W, a causa della sovrapposizione delle due regioni di adronizzazione, percheÁ la vita media di un bosone W, W ' 10 25 s, eÁ un ordine di grandezza piuÁ piccola del tempo di adronizzazione. Gli esperimenti hanno messo in evidenza la presenza di BEC in coppie di pioni identici provenienti dalla stessa W, ma i dati (8) sembrano sfavorire l'esistenza di correlazioni tra pioni provenienti da diverse W. 50 Fig. 5. ± Proiezioni della funzione di correlazione tridimensionale, misurata al LEP, rispetto alle componenti Ql (a), Qt; out (b) e Q t; side (c). Sovrapposte ai dati sono le curve di ottimizzazione alla Goldhaber (linea tratteggiata), esponenziale, ottenuta sostituendo, come argomento dell'esponenziale nella funzione (2), il termine lineare QR al termine quadratico Q2 R2 (linea punteggiata) ed in una espansione in serie della funzione (2) (linea continua). 7. ± Ioni pesanti Le collisioni tra due nuclei pesanti relativistici S del CERN (ad esempio, sono state studiate all'Spp con fasci di S e Pb su bersagli fissi di Pb) e, piuÁ recentemente, al collisionatore RHIC di Brookhaven M. CUFFIANI E G. GIACOMELLI: LE CORRELAZIONI DI BOSE-EINSTEIN NELLA FISICA SUBNUCLEARE E IN ASTROFISICA Fig. 6. ± La curva inferiore eÁ l'ottimizzazione alla funzione di correlazione sperimentale per prodotti in collisioni di ioni Pb di energia 158 GeV/nucleone su un bersaglio fisso di ioni Pb (9). Un fit di tipo esponenziale, che si adatta meglio ai dati rispetto al fit (2), fornisce R 6:67 0:13 fm. La curva superiore, sovrapposta per confronto, eÁ relativa a prodotti in collisioni e e al LEP. (fasci di Au contro fasci di Au). Questi studi permettono di analizzare il comportamento dei costituenti elementari della materia in condizioni di elevata densitaÁ di energia. Si cerca di evidenziare il possibile deconfinamento di quark e gluoni in un nuovo stato della materia: il plasma di quark e gluoni (QGP). Tra le osservabili studiate per la ricerca di segnali della avvenuta transizione di fase al QGP c'eÁ la dimensione della zona di interazione, che consente di valutare se la densitaÁ raggiunta nell'urto supera o meno il valore critico per la formazione del plasma. Le misure di BEC per e K K indicano che le dimensioni della loro zona di emissione crescono con l'energia della collisione e sono piuÁ grandi delle dimensioni dei proiettili. In collisioni Pb-Pb ad energie incidenti, nel sistema del laboratorio, di 158 GeV/nucleone, si ottiene R ' 7 fm (9) (fig. 6), da confrontare con il raggio del nucleo di piombo, circa 3.2 fm. CioÁ puoÁ essere interpretato come dovuto ad un processo di espansione della zona di emissione, successivo alla probabile formazione di un plasma di quark e gluoni. 8. ± Conclusioni e prospettive Le correlazioni di Bose-Einstein costituiscono l'unico metodo sperimentale per determinare le dimensioni delle sorgenti di adroni identici in collisioni di alta energia. La loro misura eÁ importante per la comprensione della dinamica dell'interazione forte, in particolare per quel che riguarda la fase di adronizzazione. La conferma sperimentale della formazione del plasma di quark e gluoni in collisioni tra nuclei pesanti di alta energia dipende dalla misura di proprietaÁ come la densitaÁ e l'espansione dello stato formato nella collisione; queste quantitaÁ possono essere misurate per mezzo delle BEC. Le prospettive future in questo campo riguardano, tra gli altri aspetti: ± un uso intensivo delle BEC in collisioni ione-ione all'acceleratore RHIC, entrato recentemente in attivitaÁ, ed al collisionatore LHC, previsto per il 2006 circa, che renderaÁ disponibili collisioni Pb-Pb ad energie di 5.5 TeV/nucleone nel c.m. nucleone-nucleone; ± uno studio piuÁ dettagliato della forma delle sorgenti di adroni, tramite analisi in piuÁ dimensioni; ± l'analisi delle BEC per coppie di pioni neutri, studiando eventuali differenze rispetto a quanto osservato per i pioni carichi; ± la comprensione di aspetti ancora dubbi, come ad esempio la presenza di BEC tra pioni provenienti dal decadimento di due diverse W W . Ringraziamenti Desideriamo ringraziare i membri delle Collaborazioni WA25, ABCDHW e OPAL per il loro contributo e sostegno; in particolare, il Prof. G. Alexander e tutti i colleghi bolognesi (citiamo, tra gli altri, P. Capiluppi, C. Ciocca, G.M. Dallavalle, F. Fabbri, M. Fierro, S. Marcellini, F. Predieri, A.M. Rossi e G.P. Siroli). Bibliografia (12) R. HANBURY-B ROWN e R.Q. TWISS , Philos. Mag. 45 (1954) 663. (13) G. GOLDHABER et al., Phys. Rev. Lett. 3 (1959) 181. (14) A. B REAKSTONE et al., Phys. Lett. B, 162 (1985) 400.; P.D. A CTON et al., Phys. Lett. B, 267 (1991) 143; C. A DLOFF et al., Z. Phys. C, 75 (1997) 437. (15) T. A KESSON et al., Phys. Lett. B, 155 (1985) 128; P. A BREU et al., Phys. Lett. B, 365 (1996) 330. (16) G. Alexander, I. Cohen e E. Levin, Phys. Lett. B, 452 (1999) 159. (17) G. A LEXANDER et al., Z. Phys. C, 72 (1996) 389. (18) M. A CCIARRI et al., Phys. Lett. B, 458 (1999) 517; G. A BBIENDI et al., Eur. Phys. J. C, 16 (2000) 423. (19) R. B ARATE et al., Phys. Lett. B, 478 (2000) 50; M. A CCIARRI et al., Phys. Lett. B, 493 (2000) 233. (20) M.M. AGGARWAL et al., Eur. Phys. J. C, 16 (2000) 445. 51