procedure per la decontaminazione radiologica in operazioni di

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QUADERNI DI SCIENZA & TECNICA
PROCEDURE PER LA DECONTAMINAZIONE RADIOLOGICA
IN OPERAZIONI DI EMERGENZA
di Emanuele Pianese, Michele Mazzaro
ABSTRACT
L’elaborazione dei “piani di intervento” (cfr. [1]) prevista dalla normativa
italiana in materia di radioprotezione in caso di rischio significativo di spargimento di sostanze radioattive nell’ambiente per incidenti in attività con uso di radioisotopi, configura la necessità di condurre operazioni di decontaminazione radiologica in emergenza.
Il presente lavoro propone una procedura di decontaminazione radiologica
attuabile in interventi operativi di soccorso “N/R”, che recepisce gli studi ad hoc condotti da organismi internazionali di radioprotezione quali la IAEA adattandoli alla situazione italiana. La procedura, che costituisce una guida operativa sintetica sulla decontaminazione del personale di intervento con cenni sulla decontaminazione di equipaggiamenti (in particolare mezzi di protezione delle vie respiratorie) e veicoli, è stata adottata quale standard dalle squadre NBCR dei vigili del fuoco.
La procedura mira a sistematizzare un’attività operativa in una molteplicità di situazioni specifiche diverse quali quelle che si trovano a fronteggiare i soccorritori VF; essa può pertanto in buona sostanza essere applicata anche nell’ambito dei piani di intervento.
INTRODUZIONE
La vigente normativa di radioprotezione (cfr. [1 art. 115-ter]) prevede che
nelle attività con uso di sorgenti radioattive autorizzate da autorità locali venga effettuata una valutazione preventiva della distribuzione spaziale e temporale delle materie
radioattive rilasciate in corrispondenza di emergenze radiologiche, e se da detta valutazione emerge un rischio significativo di assorbimento di dose per gruppi di riferimento
di individui, è fatto obbligo di adottare “piani di intervento” di emergenza. Parimenti per
le attività autorizzate centralmente (dal ministero delle Attività Produttive) è sempre
necessario il piano di intervento.
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I piani di intervento prevedono possibili scenari di contaminazione radioattiva in cui si troveranno ad operare gli addetti alle attività di soccorso (tra cui i vigili del
fuoco); i piani devono pertanto definire anche procedure di decontaminazione.
Parimenti la minaccia del terrorismo che si è configurata dopo i noti eventi dell’11 settembre ha reso più credibili scenari incidentali non convenzionali di natura
dolosa con possibile spargimento di sostanze radioattive e conseguente necessità di procedere ad operazioni di decontaminazione radiologica in campo.
In tale panorama, considerato anche l’art. 1 della legge 469/61 che assegna
ai vigili del fuoco il soccorso tecnico urgente dai pericoli derivanti dalla presenza delle
radiazioni ionizzanti, la Direzione centrale per l’emergenza ed il soccorso tecnico dei vigili del fuoco ha avvertito l’esigenza di mettere a punto la procedura di decontaminazione qui presentata che, per il suo carattere di generalità si presta ad essere estesa a molteplici situazioni operative nell’ambito di emergenze radiologiche.
GENERALITÀ
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Per “contaminazione radioattiva” si intende lo spargimento di una sostanza radioattiva in forma di polvere, particolato, liquido, gas o vapore in un ambiente o su
una superficie o in una matrice o infine su un individuo. In una situazione operativa ove
vi sia presenza di materiale radioattivo, può aver luogo la contaminazione di personale,
veicoli, equipaggiamenti; quando le sorgenti di radiazioni presenti nell’ambiente sono sigillate, generalmente non si verifica contaminazione. La delimitazione della cosiddetta
“zona rossa” comprende le aree contaminate.
Chiunque esca dalla “zona rossa” nonché qualunque materiale, oggetto o
mezzo venga portato fuori dalla predetta zona, deve essere di norma monitorato per il
controllo della contaminazione; in relazione all’esito del monitoraggio si dovrà o meno
procedere alla decontaminazione.
La decontaminazione sul campo ha come scopo:
• limitare lo spargimento del materiale radioattivo contaminante oltre la
“zona rossa”;
• ridurre l’esposizione alle persone contaminate.
Per quanto riguarda il secondo aspetto si segnala che solo una contaminazione estremamente elevata può produrre effetti immediati (ustioni) ed essere così percepita dal soggetto contaminato.
Le tecniche di decontaminazione radiologica sono in una certa misura simili a quelle utilizzate per emergenze di natura diversa. In caso di decontaminazione ra-
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dioattiva assume infatti particolare importanza la fase di monitoraggio, che consente di
operare con selettività (solo su chi è effettivamente contaminato e solo nelle zone del corpo effettivamente contaminate). La “decontaminazione primaria” ad umido, utile nel
chimico, non ha senso per il radiologico ed è sostituita dall’attività di monitoraggio. La
decontaminazione radiologica infine è solo mirata a rimuovere il contaminante e non a
“neutralizzarlo”.
STIMA DELLA
CONTAMINAZIONE
SUPERFICIALE
DELLA PELLE
La letteratura specializzata riporta alcuni esempi di calcolo della contaminazione superficiale dovuta a situazioni che comportano l’esposizione da parte di individui della popolazione ovvero di lavoratori radiologicamente esposti a dosi che, talvolta,
risultano elevate. In particolare, in (cfr. [2]), si illustra la formula per il calcolo della dose efficace all’individuo derivante dalla contaminazione “superficiale” della pelle.
–λt2
Hskin,C = hskin·Wskin·fskin·te·Ldust·fd·fc·ρ·e–λt1 1–e
λ·t2
dove:
Hskin,C
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[1]
[(µSv/a)/(Bq/g)] dose efficace annuale dovuta alla contaminazione
della pelle con emettitori gamma e beta per unità di concentrazione di attività nelle polveri raccolte
hskin
[(µSv/a)/(Bq/cm2)] somma dei coefficienti di dose alla pelle per
emettitori gamma e per emettitori beta per unità di attività superficiale
wskin
[-] fattori di ponderazione della pelle secondo ICRP 60
fskin
te
[-] frazione della superficie del corpo che è contaminata
[h/a] tempo di esposizione (tempo durante il quale la pelle si contamina)
Ldust
[cm] spessore dello strato di polvere che si posa sulla pelle
fd
[-] fattore di diluizione
fc
[-] fattore di concentrazione per l’attività del materiale incorporato
ρ
[g/cm3] densità dello strato
λ
[l/a] costante di decadimento dipendente dal radionuclide
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t1
[a] tempo di decadimento prima dell’inizio dello scenario
t2
[a] tempo di decadimento durante lo scenario
La formula [1] mette, altresì, in evidenza le difficoltà che si incontrano
quando si cerca di stimare la dose efficace all’individuo derivante dalla contaminazione
“superficiale” della pelle poiché richiede una serie di informazioni, talvolta non disponibili. Inoltre, la stessa formula presenta il limite di avere piena validità in ambienti con
presenza di polveri radioattive in sospensione (non è valida in ambienti residenziali con
scarsa presenza di polveri).
Figura 1: Shelter
di decontaminazione
con operatore VF
PROCEDURA
DI DECONTAMINAZIONE
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La procedura di decontaminazione prevede lo svolgimento delle attività di
seguito elencate; (la figura 3 riporta, al riguardo, uno schema di flusso sintetico e riassuntivo),
1. designare un’area, fuori della zona rossa, ed in prossimità dell’accesso alla stessa ove effettuare le operazioni di monitoraggio e decontaminazione e predisporre
personale ed attrezzature disponibili.
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Figura 2: Fasi
del monitoraggio
Figura 3: Schema
flusso procedura
(cfr. [3])
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2. Predisporre la “scheda personale decontaminazione radiologica” (nel seguito denominata “scheda” – figura 4) per ciascun operatore da decontaminare. Procedere al primo monitoraggio dell’operatore ancora protetto, utilizzando sia strumenti di misura delle radiazioni alfa che beta/gamma. Se la contaminazione è al di sotto di valori significativi (si considerano significativi valori superiori al “doppio del fondo”) l’individuo
è non contaminato e non si procede ad ulteriori azioni di decontaminazione; l’individuo
non contaminato potrà rimuovere gli indumenti protettivi (svestizione) senza particolari
cautele. Si compila la sola parte prima della scheda ed ha termine la procedura.
Figura 4:
Scheda personale
di Decontaminazione
Radiologica
(cfr. [4, 5])
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Tabella 1(cfr. [4, 5])
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3. L’individuo contaminato dovrà procedere alla svestizione dai DPI in luogo idoneo, con aiuto, ed avendo cura di non spargere la contaminazione; gli indumenti
protettivi contaminati devono essere imbustati e opportunamente contrassegnati.
4. Si procede al monitoraggio della persona che indossa sottotuta e/o altro
vestiario; se le misure sono al di sotto di valori significativi (si considerano significativi
valori superiori al “doppio del fondo”) l’individuo si considera decontaminato ed ha termine la procedura (previa parziale compilazione della seconda parte della scheda).
5. Se è presente contaminazione su vestiario indossato (misure superiori al doppio del fondo) questo va rimosso, imbustato e contrassegnato, poi si effettua
una nuova misura. Se le misure a questo punto sono al di sotto di valori significativi
(si considerano significativi valori superiori al “doppio del fondo”) l’individuo si considera decontaminato ed ha termine la procedura (previa parziale compilazione della seconda parte della scheda e vestizione con idoneo kit). Se invece risulta presente
contaminazione su parti del corpo, si procede alla compilazione della seconda parte
della scheda che individua la localizzazione della contaminazione sul corpo.
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6. Si attua una delle azioni di decontaminazione indicate in tabella 1 in relazione alla parte del corpo contaminata e tenendo conto delle possibilità operative. La
azione è limitata alla zona di pelle o parte del corpo effettivamente contaminata; si comincia con la prima azione indicata in tabella passando poi alle seguenti, più severe, solo se necessario (vedi step successivi).
7. Si ripete il monitoraggio della zona trattata; se la misura non è significativa (al disotto del doppio del fondo), ha termine la decontaminazione previa compilazione della scheda e vestizione del soggetto con idoneo kit.
8. Se la misura è significativa, si valuta se la contaminazione residua è fissa o rimovibile. Se la contaminazione è fissa il soggetto dovrà essere indirizzato, previa
vestizione con idoneo kit e compilazione della scheda, presso struttura sanitaria attrezzata per proseguire i trattamenti; se la contaminazione non è fissa si ritorna al punto
6 applicando una più severa tecnica di decontaminazione.
PROTEZIONE INDIVIDUALE
E VARIE
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Gli operatori di decontaminazione devono indossare tute di categoria 4 con
protezione delle vie respiratorie con maschera a filtro oppure con mascherina antipolvere a seconda del rischio stimato di spargimento della contaminazione.
In caso di pioggia può essere indossato il completo “nomex” sopra le tute di
categoria 4.
Gli operatori di decontaminazione devono in ogni caso essere periodicamente monitorati.
L’attuazione dei punti da 5 ad 8 richiede la disponibilità di attrezzature,
equipaggiamenti e/o ambienti idonei. In mancanza di questi è comunque possibile il trasporto di personale contaminato previa adozione di accorgimenti necessari ad evitare lo
spargimento della contaminazione stessa.
In caso di contaminazione interna da ingestione e inalazione, le persone devono essere avviate ad assistenza medica; è opportuno, se possibile, prendere campioni
di muco e saliva.
La prima azione di monitoraggio (con DPI indossati) comprende anche il
controllo di calzature e/o suole.
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CRITERI PER IL CONTROLLO
DELLA CONTAMINAZIONE
DEI MEZZI DI PROTEZIONE
DELLE VIE RESPIRATORIE
Particolarmente interessante è l’individuazione dei criteri e delle modalità
per il controllo della contaminazione da eseguire sui mezzi di protezione delle vie respiratorie, prima della loro distribuzione al personale.
I mezzi di protezione delle vie respiratorie, dopo il loro utilizzo, devono essere lavati, decontaminati e sterilizzati. Il loro riutilizzo è subordinato al superamento
delle seguenti prove:
a) di tenuta (eseguito con manichino);
b) di contaminazione.
Il risultato della prova di contaminazione è positivo se il controllo, eseguito di norma mediante contaminametri portatili, non evidenzia la presenza di contaminazione superficiale asportabile e/o fissa superiore al limite di rilevabilità della strumentazione.
Un controllo più accurato delle maschere può essere eseguito attraverso
una misura di spettrometria γ, eseguita dopo lavaggio e decontaminazione.
Allo scopo di determinare un’efficienza in “geometria maschera” da utilizzare durante la verifica dell’eventuale contaminazione presente sulle maschere, è possibile procedere come di seguito indicato:
a) una maschera mai utilizzata viene contaminata con una sorgente ad attività nota distribuita su smears adesivi;
b) si esegue un conteggio per determinare l’efficienza con cui calcolare
l’attività dei vari γ- emettitori eventualmente presenti sulle maschere da sottoporre a
controlli;
c) è stato fissato un livello pari a 200 Bq (relativo al Co60) come discriminante per il riutilizzo delle maschere (cfr. [6]).
Si dimostra, di seguito, che il limite di 200 Bq risulta accettabile per il riutilizzo della maschera. Supponendo che la contaminazione limite corrispondente a 200
Bq sia uniformemente distribuita sulla superficie interna della maschera a diretto contatto con la cute del viso, si ha:
C = 200 Bq/100 cm2 = 2 Bq/ cm2 [2]
con :
- superficie di contatto 100 cm2;
- contaminazione specifica, C in Bq/cm2
Tenendo presente che l’equivalente di dose all’epidermide è pari a:
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1 MPL(1) = 3,7 Bq/ cm2 → 4 µSv/h
da (cfr. [6]) si ha :
2 Bq/ cm2 *
1
µSv/h
* 4
2
MPL
3,7Bq/cm
MPL
= 2,15 µSv/h
[3]
Supponendo un impiego della stessa maschera contaminata da parte di un
singolo lavoratore per 2000 h/anno, si ottiene un equivalente di dose all’epidermide del
viso pari a:
2,15 µSv/h * 2000 ore/anno = 4300 µSv/anno
Il limite indicato è significativamente inferiore (circa 115 volte) al limite di
legge pari a 500 mSv/anno per la pelle per i lavoratori radiologicamente esposti di cat.
A (cfr. [1]).
Dopo l’individuazione del limite di riferimento (200 Bq) è possibile sottoporre a controllo tutte le maschere a disposizione segregando quelle superiori a tale limite.
Si ricorda che nel calcolo della dose sono state considerate varie ipotesi conservative:
a) numero di ore in cui il lavoratore indossa la maschera in un anno;
b) superficie sulla quale risulta distribuita la contaminazione;
c) la contaminazione potrebbe essere localizzata, almeno in parte, all’esterno della maschera e quindi non dà luogo ad equivalente di dose all’epidermide.
Il controllo effettuato mediante contaminametri portatili risulta essere affetto da notevoli incertezze relativamente al grado di contaminazione specifico superficiale in quanto tale controllo è influenzato dalla geometria particolarmente irregolare
delle maschere.
(1) Maximum Permissibile Level (MPL) definito come il livello, generalmente espresso come concentrazione riferita ad un tempo di esposizione, oltre il quale un’esposizione di esseri umani ad un agente chimico o fisico nel loro ambiente è considerata non sicura (IUPAC, 2nd Edition 1997).
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CONCLUSIONI
La procedura illustrata, tesa a evidenziare le azioni di decontaminazione previste in uscita da zone controllate di impianti ed installazioni nucleari, ha lo
scopo di “sistematizzare” un’attività operativa di decontaminazione in ambiente
campale, dove si possono di fatto configurare una molteplicità di situazioni specifiche diverse. In tale contesto diventa essenziale fornire agli operatori poche indicazioni, semplici, chiare e di validità generale, che, anche se in parziale accordo con
il rigore e la precisione scientifica non limitino l’operatività.
Si giustifica così l’adozione di un solo livello di intervento pari al “doppio del
fondo” per la discriminazione tra “contaminato” e “non contaminato”, a prescindere dal
tipo di radiazione (alfa o beta) o addirittura dal tipo di radioisotopo; tale scelta deriva
dalla necessità di dover fornire, comunque, una prima risposta in termini rapidi, e non
già da superficialità o mancata considerazione della complessità del problema.
Quanto infine ad equipaggiamenti (strumenti di misura e quant’altro) veicoli e materiali in genere utilizzati in zona rossa, questi devono essere monitorati in
uscita dalla zona; ciò che risulta contaminato al monitoraggio di controllo può essere decontaminato mediante lavaggio con acqua, sapone ed eventualmente spazzole, facendo
attenzione a non spargere l’acqua usata per tale operazione (è consigliabile valutare anche la possibilità di immergere gli oggetti in acqua).
Tutti gli articoli contaminati per i quali non risulti conveniente od opportuno procedere direttamente alla decontaminazione devono essere, se possibile, imbustati
e comunque catalogati e immagazzinati in modo che si evitino spargimenti di contaminazione.
Emanuele Pianese
(Coordinatore Antincendi. Direzione Centrale per l’Emergenza ed il Soccorso Tecnico)
Michele Mazzaro
(Direttore Antincendi. Direzione Centrale per l’Emergenza ed il Soccorso Tecnico)
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BIBLIOGRAFIA
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[1] D.L.vo n° 230 del 17/3/1995 (modificato da D.L.vo 241 del 26/5/2000 e da D.L.vo 257 del
9/5/2001): Attuazione delle direttive 89/618/Euratom, 90/641/Euratom, 92/3/Euratom e
96/29/Euratom in materia di radiazioni ionizzanti.
[2] European Commission RP-122: Practical use of the concepts of clearance and exemption –
Part I, 2000.
[3] E.Pianese, M. Mazzaro: Decontaminazione radiologica in operazioni di emergenza, in pubblicazione sul n. 71-72 del Notiziario di Radioprotezione dell’ANPEQ.
[4] IAEA-TECDOC 1092: Generic procedures for monitoring in a nuclear or radiological emergency, June 1999.
[5] IAEA-TECDOC 1162: Generic procedures for assessment and response during a radiological
emergency, August 2000.
[6] Electron Dose Rate Conversion Factors for External Exposure of the skin from Uniformly Deposited Activity on the Body Surface, Health Physics vol. 53 n°2.
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