RAZIONALISMO-DIALOGO TRA LINEE E FORME di Simona Balesio E’ un occhio particolare quello di chi fotografa: un occhio che non si accontenta di guardare la realtà che vede, ma vuole scrutare tra le pieghe di quello che osserva, indagare i nessi che si celano sotto le apparenze, scoprire significati meno apparenti e forse più veri. Simona Ballesio da sempre è affascinata dai particolari che compongono la realtà, una porta scrostata, un albero vede dal finestrino di un treno, un viso di un gitano che balla. Il suo occhio coglie una parte del mondo che vede, e quella parte, da sola o sommata ad altri particolari, ricostruisce una realtà che sottolinea emozioni diverse da quelle apparenti, più segrete e più misteriose. E’ quello che succede anche quando la fotografa guarda gli edifici del Razionalismo romano. Il quartiere dell’EUR, il Foro Italico, l’Università La Sapienza, ma anche le tante palazzine sparse nei quartieri della Capitale, o di Ostia, sono capolavori della storia dell’architettura internazionale, perché hanno rivoluzionato il linguaggio architettonico italiano facendolo diventare moderno e internazionale, e perché disegnavano quartieri monumentali e funzionali insieme, pensati per rispondere a esigenze pubbliche e private di una città moderna. Le linee geometriche che caratterizzano l’architettura di Adalberto Libera, Ernesto La Padula, Mario de Renzi, Luigi Moretti, Enrico Del Debbio, ma anche le loro forme tonde o quadrate che si intersecano o tagliano perpendicolari, disegnano edifici monumentali e case di abitazione usando la stessa sintassi compositiva sia nella grande dimensione che in quella piccola le stesse linee e le stesse forme. Guardando le immagini, in ogni dettaglio architettonico emerge la stessa solennità, la stessa perfezione compositiva, la stessa pulizia e lo stesso rigore dell’intero progetto, sia che si tratti di particolari dei villini del lungomare di Ostia, o degli edifici del Foro Italico, sia che sia il Palazzo dei Congressi dell’Eur o la Facoltà di Fisica dell’Università La Sapienza. Una scoperta che è anche un’emozione per la fotografa, che la sottolinea accoppiando due fotografie insieme, un modo di rafforzare un’immagine con l’altra, di sottolineare il concetto, di far nascere un dialogo tra una forma e l’altra, tra una linea e l’altra. [ testo a cura di Linda de Sanctis ] Officine Fotografiche Roma dal 10 al 28 aprile 2017 Spazio Piano Aule