Caso clinico - Devil Java works

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MICROBIOLOGIA
18/04/2013 CANALE B
PROF. BONINA
HERPES VIRIDAE
Una delle famiglie più complesse e più ampie che esista in virologia dal punto di vista tassonomico.
Un tipico herpes virus è un classico virus “inviluppato” con un capside all’interno che ben si vede
in questa immagine in microfotografia con i singoli componenti che si chiamano capsomeri.
All’interno è racchiuso il DNA, quindi è un desossiribovirus.
L’envelope, lo vedete, qui però ha una forma un po’ alterata dovuta al trattamento che facciamo ai
virioni quando dobbiamo inquadrarli in microscopia elettronica, quindi vedete questo andamento un
po’ a “uovo fritto”, e l’envelope, la membrana, l’herpes virus la acquista con la membrana del
nucleo della cellula, quindi non fa, come gli altri virus con envelope, una gemmazione utilizzando
la membrana cellulare esterna, ma gemma attraverso la membrana nucleare.
Membrana nucleare che potete vedere con quelle immagini bianche, che sono glicoproteine che
vengono identificate con le lettere dell’alfabeto e che svolgono delle funzioni importantissime;
glicoproteina A, B, C ecc.
La struttura invece più verosimile è quella che vedete nell’immagina elaborata, che in effetti è più
globosa, sferoidale.
La struttura che dovete tenere presente, se guardate l’immagine in microscopia elettronica, vedete
come una nebbiolina bianca tra l’envelope e il capside. Questa struttura è una struttura così detta
intermedia, corrisponde un pochettino alle proteine M, M 1 M2, che avete visto nel virus
influenzale, in questo caso prende un nome particolare, si chiama tegumento.
La struttura intermedia che mette in connessione il capside (non lo dice ma penso con l’envelope,
n.d.s.) e che dà struttura e consistenza al virione completo si chiama tegumento.
È sbagliato pensare che il tegumento possa avere soltanto una valenza di sostegno, invece è
importante perché è il promotore virionico. Cioè è quella componente proteica che, una volta che
il virione entra dentro la cellula, interagisce col promotore cellulare e fa sì che si avvii la lettura, la
trascrizione dei geni precoci.
A proposito del tegumento, noi abbiamo una sequenza di espressione genica negli herpes
virus, che hanno un meccanismo a cascata.
Nella primissima fase dell’interazione del virione con la cellula, una volta che il virione entra dentro
la cellula, il promotore presente nel virione interagisce con il promotore cellulare e provoca una
attivazione dei geni α. I geni α sono geni precocissimi e non danno proteine strutturali, ma
proteine di regolazione. La produzione di queste proteine α non fa altro che agire su due versanti:
da un lato provoca un’ auto-stimolazione e amplificazione di se stessi, quindi comincia una ipertrascrizione dei geni α ma, la cosa più importante, è che interagiscono con i geni β, in cui
cominciano a esserci delle proteine strutturali, cioè capside e glicoproteine di membrana.
A loro volta, i geni β, a cascata, agiscono su tutta la batteria più lunga che abbiamo nel genoma,
considerate che questo è un genoma molto più complesso di quelli che abbiamo visto finora, che
sono i geni γ.
C’ è un problema, cioè che gli α possono direttamente attivare i geni γ senza passare attraverso
l’attivazione dei β. Tutto questo, chiaramente, ha un meccanismo di compensazione, di feedback,
causato soprattutto dall’iper-espressione proteica. Cioè una volta che questi geni vengono trascritti e
poi tradotti, l’accumulo proteico porta ad un effetto negativo, di abbassamento dell’entità
trascrizionale. Il primo effetto è dovuto esso stesso sui geni α, poi la produzione degli α porta anche
ad un’inibizione sui γ e, viceversa, la produzione dei γ porta ad una inibizione dei β. E l’ultimo
stadio, nello stadio terminale, si blocca la replicazione attraverso il prodotto del gene γ.
Quindi è un sistema estremamente sofisticato di regolazione a cascata dove non vengono rispettate
le gerarchie. Cioè il fatto che io posso saltare dall’α al β e operare sia una stimolazione che un
abbattimento della trascrizione indica una complessità ulteriore.
Vediamo adesso uno schema riassuntivo di come il tutto interagisce a livello cellulare.
Quindi noi abbiamo l’intervento di enzimi virali. L’herpes non ha bisogno di portarsi appresso
enzimi virionici, non esistono enzimi virionici. È vero che dentro i suoi geni sono scritte le
informazioni per la produzione di questa importante DNA polimerasi virus-specifica, che poi
vedremo perché è importante.
Una volta che avviene l’ingresso e l’uncoating del virione, il genoma viene immediatamente
trasportato a livello nucleare. Nel nucleo agisce la RNA polimerasi DNA dipendente, che è la RNA
polimerasi II nostra, delle nostre cellule, quindi il DNA del virus si impadronisce dei nostri
meccanismi biomolecolari. Gli RNA precoci non fanno altro che portare alla sintesi di proteine
precoci, e queste portano all’innesto della replicazione del DNA. Quindi fra queste proteine è
presente la DNA polimerasi virale. Il virus si “shunta” dalla cellula a questo punto, utilizza soltanto
nella primissima fase la componente RNA polimerasi II cellulare, e poi utilizza il suo sistema,
questo è importante perché la sintesi ulteriore, l’espressione fenotipica, noi non l’abbiamo a partire
dal DNA del virione padre, che i libri di testo per traduzione “maccheronica” chiamano cellula
parentale, ma è sbagliato, ma abbiamo bisogno dell’intervento di una DNA polimerasi virale per
produrre una replicazione del DNA virale. Su questo DNA virale replicato agiscono ancora la RNA
polimerasi II e abbiamo la produzione degli mRNA tardivi.
Queste proteine tardive, in parte si distribuiscono nell’apparato del Golgi, in parte vanno a
localizzarsi sulla membrana esterna, e in parte ritornano a livello nucleare dove servono a costituire
i capsidi che vanno a inglobare il DNA, la progenie virale.
Quindi la forma replicativa intermedia qui non esiste perché è una replicazione del DNA
direttamente dal genoma del virus che è entrato.
Succede una cosa stranissima: il fenomeno del “budding” , avviene sia a livello nucleare, ma
poi si denuda di nuovo, va nell’apparato del Golgi, e lì riceve nuovamente un rivestimento con
intorno le glicoproteine tardive che, avete visto, nella fase tardiva si andavano a sistemare su Golgi.
Dopodiché questo elemento viene espulso dalla cellula, ma, la cosa più importante è che può
avvenire un budding anche all’esterno della cellula, secondo un sistema classico. Questo fa sì che,
siccome la stragrande maggioranza delle cellule dove il virus interagisce non sono libere, non sono
linfociti, macrofagi, o cellule di questo tipo, ma sono cellule epiteliali, questo virus ha scarsa
capacità di liberarsi all’esterno della cellula, ma passa da una cellula all’altra, fenomeno che prende
il nome di migrazione cell-to-cell.
La caratteristica fondamentale di tutti gli herpes virus è la latenza. Però la latenza non
avviene per ciascuna sottofamiglia dei virus nelle stesse cellule, e noi suddividiamo tutta la famiglia
degli herpes viridae, oltra che sulla base della loro struttura genomica, sulla base anche della
sicurezza che noi abbiamo della latenza.
 Ci sono dei gruppi virus, come il virus della varicella-zoster, l’herpes simplex di tipo 1 e di
tipo 2, anche se quello di tipo 2 qui nell’immagine non c’è, che noi definiamo
ectodermotropi, cioè agiscono sull’epitelio come fase infettante acuta, e si latentizzano poi
nei gangli.L’HSV-1 nei gangli del trigemino, la varicella-zoster nei gangli dei nervi
sensitivi;
 Il citomegalovirus invece latentizza nelle cellule epiteliali, oppure nei monociti;
 l’Epstein-Barr latentizza nei linfociti B;
 Per gli herpes virus di tipo 6, 7 e 8 non abbiamo certezza della sede di latenza, ma
sicuramente è il sistema immunocompetente, ma qual è il sito cellulare preciso ancora noi
non lo sappiamo.
Dovete anche tenere presente, per quanto riguarda la conformazione del genoma, che quando
noi trattiamo degli α herpes viridae, cioè quelli che hanno trofismo per il sistema nervoso, è
circolare. Mentre l’Epstein-Barr è un vero e proprio episoma, come se fosse una caratteristica
ereditaria indipendente dal DNA della cellula ospite che si localizza, in questo caso, nel linfocita B.
Nel caso della infezione classica dell’herpes labiale (HSV-1), il sito di latenza del trigemino
è dovuto al fatto che il virus viaggia lungo i nervi sensitivi, quindi dall’infezione primaria, quando è
in fase attiva, quando noi pensiamo che la persona sia guarita, non è guarita per niente perché
biologicamente il virus migra lungo le fibre nervose e va a localizzarsi, in questo caso, nel ganglio
di Gasser, dove trova i neuroni sensitivi.
La stessa cosa la fa l’herpes di tipo 2, ma l’herpes di tipo 2 riguarda zone al di sotto della
cintola, tant’è che ormai lo chiamiamo herpes genitalis. Pensate che c’è una statistica, questa qui è
sottostimata perché gli ultimi dati che abbiamo dall’Istituto Superiore della Sanità sono piuttosto
allarmanti, ma stando a questa immagine noi abbiamo che, tra tutte le malattie sessualmente
trasmesse, l’HSV-2 rappresenta il 7%, ma gli ultimi dati ce lo danno ben oltre il 12%. E state attenti
perché non è il banale HSV-1, perché il comportamento biologico è quello, ma la sede è un’altra. E
la sede è diversa a seconda se parliamo di maschi o di femmine, perché è fastidioso nel maschio,
perché può portare a delle lesioni dell’asta, ma ancora più pericoloso è per le donne perché, come
quasi sempre succede per le malattie sessualmente trasmesse, spesso gli uomini sono portatori e i
guai li passano le donne.
Vedi per esempio il papilloma virus per cui all’uomo non succede quasi nulla e la donna può anche
morire per un tumore dell’utero.
Da me non viene mai un maschio a lamentarsi dell’HSV-2, invece la donna viene e si lamenta,
perché ha problemi enormi che vanno da fastidio, bruciore e poi una sintomatologia particolare, già
una volta ve ne parlai, che si chiama dispaneuria.
Però, un altro motivo più importante è il fatto che dobbiamo stare attenti quando si trovano in
gravidanza. Fino all’ottavo mese di gravidanza è inutile andare a fare discorsi di prevenzione,
l’unica cosa che possiamo fare è, quando si è in procinto del parto, eseguire un test diagnostico
molto raffinato, su un tampone vaginale, anche con una PCR, e consigliare il taglio cesareo in quel
caso. Perché sennò i guai per il bambino sono una manifestazione cutanea, una corioretinite, che
può essere anche molto grave, oppure lesioni del SNC.
Diverso è quello che succede con il virus della varicella-zoster, a cui diamo questa
denominazione perché, quando preso per la prima volta, indipendentemente dall’età, non fate
l’errore che fanno molti pensando che la varicella è una tipica malattia dell’infanzia, perché la
varicella si può prendere a qualunque età, la discriminate è il fatto che tu quando prendi per la prima
volta questo virus hai una malattia completamente diversa che si chiama varicella, con le classiche
eruzioni, che diventano anche pustolose.
Una volta che la varicella scompare, il virus si nasconde dentro i gangli del SN. Per un qualunque
accidente può riattivarsi e la riattivazione porta a un quadro con infezione metamerica.
La lesione non è soltanto una lesione a livello cutaneo. La persona lamenta dolori violentissimi, si
parla del dolore più acuto che esiste, il dolore cosiddetto urente. Perché un dolore così forte?
Perché, a differenza della HSV-2 e HSV-1, in questo caso il virus non viaggia soltanto lungo il
sistema nervoso nel nervo, guarda caso, sensitivo, ma causa una vera e propria infiammazione del
nervo, una neurite virale. Quindi la varicella-zoster la potete classificare come una epidermoneurite virale, cosa che non è il resto delle malattie.
Quando dico infezione metamerica, chiaramente voglio dire solo da un lato, vedete che è solo una
parte che viene colpita.
(Domanda di una studentessa su cosa possa riattivare il virus. Risposta: non lo sappiamo, uno stress,
una malattia infettiva, un colpo di freddo, il sistema immunitario debilitato).
PROF.SSA IANNELLO
STREPTOCOCCHI
L’altro giorno abbiamo parlato di stafilococchi, oggi cominciamo a dire qualcosa sugli
streptococchi, che hanno in comune con gli stafilococchi il fatto di essere dei cocchi gram positivi,
che però si aggregano in modo molto diverso rispetto agli stafilococchi. Gli stafilococchi si
chiamano così perché formano dei grappoli, degli aggregati di tante cellule, mentre gli
streptococchi, e questa è una caratteristica di quasi tutti i componenti del genere streptococcus dopo
la divisione, invece di staccarsi, formano delle catenelle di cellule, catenelle che sono più lunghe se
i batteri sono coltivati in brodo, cioè in terreno liquido.
Per il resto, questi batteri crescono normalmente nei terreni di coltura universali.
Tra i terreni di coltura universali l’altro giorno abbiamo visto l’agar sangue, terreno su cui
crescono tutti gli streptococchi, e in effetti tutti i batteri gram positivi e gram negativi, è un terreno
universale.
L’altro giorno invece abbiamo visto anche il sale mannite, che è specifico per gli stafilococchi.
Questo terreno è selettivo per gli stafilococchi perché ha una tale concentrazione di NaCl, 7,5%, che
inibisce la crescita di tutti i batteri che non sono stafilococchi, ma questa alofilia è una caratteristica
del genere stafilococco, cioè di tutte le specie che appartengono al genere stafilococcus, quindi ci
può essere lo stafilococcus epidermidis, l’aureus, ecc., specie che crescono tutte su questo terreno,
perché sono stafilococchi e come tale sono alofili.
Lo stafilococcus aureus fermenta il mannitolo, secondo componente importante del terreno sale
mannite o terreno di Chapman. L’aureus lo fermenta, magari altre specie non lo fermentano, però
crescono comunque su questo terreno. Quando c’è fermentazione del sale mannite si ha
abbassamento del ph e viraggio dell’indicatore, quindi la piastra cambia colore, se non c’è
fermentazione del mannitolo non c’è produzione di acido, il colore della piastra rimane lo stesso,
ma le colonie si vedono comunque, crescono, e sono comunque stafilococchi.
Gli streptococchi crescono benissimo in agar-sangue, dove è possibile vedere una
caratteristica molto importante di questi batteri, cioè il tipo di rapporto che hanno con i globuli
rossi. Ce ne sono alcune specie che li lisano completamente (mi raccomando lisare non è la stessa
cosa di agglutinare, una cosa è l’emolisi, un’altra è l’emo-agglutinazione, sono due cose diverse,
perché a volte c’è gente che si confonde).
E ci sono due tipi di emolisi, ed è proprio in base alle alterazioni che questi batteri producono
all’agar sangue, cioè ai globuli rossi, che c’è un primo criterio di classificazione in α emolitici, β
emolitici, e poi γ emolitici dove non si vede niente perché la γ emolisi non è un’emolisi, cioè i γ
anemolitici sono gli streptococchi che non lisano i globuli rossi.
La α emolisi è un’emolisi incompleta, si forma metaemoglobina e intorno alle colonie c’è un alone
verdastro. La β emolisi, invece, è una emolisi totale, intorno alle colonie dei batteri β emolitici i
globuli rossi scompaiono, per cui si creano delle zone trasparenti nell’agar sangue in cui gli
eritrociti non esistono più (per inciso anche gli stafilococchi possono lisare i globuli rossi perché
producono delle emolisine e quindi possono dare spesso una β emolisi).
Ed è su questo tipo di comportamento nei confronti degli eritrociti che è basata una prima
classificazione degli streptococchi.
Ce n’è un’altra che non è meno importante, che è la classificazione in gruppi in base alle
caratteristiche di un polisaccaride della parete, che si chiama polisaccaride C, e siccome è diverso
nelle varie specie di streptococchi, si è fatta una classificazione in gruppi in basa al tipo di
polisaccaride che fa parte della parete cellulare delle diverse specie di streptococchi. Quindi c’è una
classificazione in base al tipo di emolisi, e una classificazione in base al tipo di polisaccaride che
c’è nella parete cellulare, su questo poi ci torniamo più tardi.
Caso clinico
Se vi è andato l’approccio del caso per gli stafilococchi, possiamo farne uno pure per gli
streptococchi e vedere perché sono importanti in patologia. Perché gli stafilococchi abbiamo visto
che danno tantissime manifestazioni, a livello di organi e apparati diversi, e gli streptococchi pure,
anzi fanno qualcosa di più rispetto agli stafilococchi, fanno ancora peggio in certi casi.
Questo qua è il caso di un possibile disastro, perché certe volte le madri non stanno attente a ciò che
il medico dice loro do fare.
È la storia di una ragazzina di dieci anni che, andando a scuola una mattina di marzo (e questo è
importante, di marzo, poi vediamo perché), aveva un forte mal di gola. Sua madre l’ha mandata a
scuola perché non pensava che poi la situazione andasse a peggiorare. Ma questa bambina più tardi,
mentre era a scuola, comincia ad avere febbre, nausea, vomito e la madre dovette andare a prenderla
a scuola e portarla da un pediatra perché la bambina stava sempre peggio, e poi aveva una febbre a
39.9. Aveva dei linfonodi ingrossati e la faringe arrossata, con tonsille aumentate di volume e che
presentavano della piccole macchie, placche, la classica faringite con formazione di pus (anche
questi sono piogeni, come gli stafilococchi).
Il pediatra ha fatto un tampone faringeo, che poi fu mandato in laboratorio e fu strisciato, cioè fu
fatta un esame colturale diretto e dopo 18-24 ore di incubazione, in mezzo ad altre colonie
caratteristiche della flora normale (ognuna delle nostre mucose che sono in contatto con l’esterno,
quindi la mucosa oro-faringea, quella dell’apparato respiratorio fino a un certo punto, poi le zone
sterili sono gli alveoli, la mucosa genitale, l’intestino, sono tutte zone in cui c’è una zona batterica
residente; noi siamo pieni di batteri, e la flora che abbiamo nell’intestino, per esempio, è
importantissima, tanto è vero che quando ci sono situazioni in cui questa flora viene alterata,
distrutta, per esempio da trattamenti antibiotici prolungati più o meno necessari, si sviluppa sempre
qualche problema, proprio perché l’antibiotico va a interferire con la flora normale, per esempio
dell’intestino) c’erano delle piccole colonie grigio-chiare, circondate da un alone di β emolisi;
queste sono le caratteristiche di un microorganismo che è lo streptococcus pyogenes.
Pyogenes, quindi lo stesso nome della specie indica che è un batterio che, come lo stafilococco, dà
origine a delle infezioni di tipo purulento, cioè porta alla formazione di pus. Quindi per certi versi
alcune delle manifestazioni acute dello streptococco assomigliano molto a quelle degli
stafilococchi, però per un certo verso, poi vedremo cosa c’è di molto diverso tra i due.
Dopo questo referto del laboratorio il pediatra prescrisse alla bambina un trattamento da fare per
dieci giorni con penicillina orale, con istruzioni molto categoriche sul fatto che avrebbe dovuto fare
il trattamento per dieci giorni anche se la bambina fosse stata meglio. Dopo due giorni la bambina
stava molto meglio, non aveva più febbre, e la madre smise di darle la penicillina.
Quando il pediatra in una visita successiva scoprì questo si arrabbiò molto perché c’era un motivo
ben preciso per cui aveva detto chiaramente di fare penicillina, e a colpo sicuro perché gli
streptococchi fortunatamente sono ancora abbastanza sensibili alla penicillina e il primo trattamento
che si fa, con buone possibilità di riuscita, per un’infezione da streptococco, è proprio la penicillina.
Se avessimo dato penicillina a quel pasticciere con lo stafilococco probabilmente non avrebbe
funzionato perché lo stafilococco è resistente a molti antibiotici, lo streptoccoccus pyogenes ancora
no, dico ancora perché potrebbe diventarlo, e in questi casi il primo trattamento è proprio
penicillina, però prolungata per un certo numero di giorni. Questo perché la bambina aveva molti
dei sintomi di una faringite da streptococco, cioè la primavera, l’età, la nausea, il vomito, e poi
avevano anche isolato lo streptococco β emolitico, e il problema che può venire fuori da una
faringite (trovate anche il termine angina streptococcica; “angina” si riferisce a qualcosa di
dolente, quindi non c’entra con l’angina pectoris, è una parola che indica che c’è dolore da qualche
parte e la faringite streptococcica si chiama anche angina streptococcica).
E allora perché il pediatra si è arrabbiato? Perché lo streptococcus pyogenes, oltra a dare
tutta una serie di manifestazione acute della propria presenza andando a localizzarsi praticamente
dappertutto nel nostro organismo, può dare tonsillite, otite, meningiti, polmoniti, le varie specie di
streptococchi, non solo il pyogenes. Ma una caratteristica del pyogenes, e per fortuna non di tutti i
ceppi, è di dare oltra a una patologia acuta, quelle che vengono chiamate sequele non suppurative.
Cioè la patologia acuta di solito è di tipo suppurativo, tanto è vero che si chiama pyogenes per
questo motivo, quello che è molto temibile come conseguenze di un’infezione acuta da streptococco
curata male, con la penicillina data per pochi giorni, è il rischio che da una faringite da streptococco
vengano fuori almeno due patologie gravissime, indicate col nome di sequele non suppurative, cioè
conseguenze a distanza dell’infezione da streptococco, che sono la malattia reumatica e la
glomerulonefrite post streptococcica.
Malattia reumatica, quindi dolori articolari, reumatismi in generale da non confondere con
l’artrite reumatoide. Il problema della malattia reumatica che può essere conseguenza di una prima
infezione da streptococcus pyogenes, oltre a una compromissione della articolazioni, il grossissimo
problema, che bisogna assolutamente evitare, è una compromissione cardiaca, della valvole
cardiache. Quindi possono essere coinvolti due organi vitali, il rene e il cuore, e quello che è
importante, per questo vi dicevo all’inizio che lo streptococco fa qualcosa in più, di peggio dello
stafilococco per certi versi, è che queste non sono delle sequele di tipo infettivo, cioè non è una
infezione delle articolazioni, delle valvole cardiache o dell’endocardio, o del glomerulo renale, ma
si tratta di patologie di tipo infiammatorio, che in buona parte hanno una eziologia di tipo
autoimmunitario. Cioè voi nelle lesioni delle valvole cardiache non trovate lo streptococcus
pyogenes, in queste sequele non suppurative; questi processi sono scatenati da processi di tipo
autoimmunitario. L’autoimmunità può dare conseguenze molto gravi tipo stenosi mitralica,
alterazioni delle valvole cardiache che non funzionano più bene, quindi è una patologia molto
invalidante, oppure danni renali permanenti.
Tutto perché abbiamo avuto una faringite dovuta ad alcuni ceppi particolari di streptococcus
pyogenes, per questo il pediatra si era arrabbiato quando la madre gli disse di aver interrotto
prematuramente la terapia. In questi casi bisogna intervenire in modo molto energico proprio perché
c’è un rischip, anche se remoto, che da una faringite venga fuori una patologia estremamente grave
che può coinvolgere uno o l’altro di due organi importanti per la nostra vita.
Altre patologie da streptococchi, per esempio un altro ceppo di streptococcus pyogenes può
dare una malattia grave che è la scarlattina, che non è scomparsa, ed è una malattia grave causata
da un ceppo dello streptococcus pyogenes che produce una tossina che dà i sintomi della scarlattina,
e anche questa coinvolge il rene, ha un aspetto tossico più diretto rispetto alla glomerulonefrite.
Altre patologie sono per esempio la polmonite lobare dovuta allo streptococcus
pneumoniae o pneumococco, poi ci sono delle endocarditi infettive, in cui c’è veramente
un’infezione dell’endocardio, non di tipo solo infiammatorio ma pure infettivo, e queste sono
dovute ad altre specie di streptococchi, non solo al pyogenes.
Dicevamo che ci sono due criteri di classificazione degli streptococchi, uno è il tipo di
emolisi, abbiamo detto α, β o non emolisi; l’altro tipo di classificazione delle altre specie è una
classificazione che è stata messa a punto dalla Lancefield, infatti la trovate come classificazione di
Lancefield, ed è basata su caratteristiche antigeniche dello streptococco, sulla natura chimica, e
quindi antigenicamente certa, di un polisaccaride che si trova sulla parete. Polisaccaridi diversi dal
punto di vista antigenico saranno diversi tra di loro.
La dottoressa Lancefield, si parla degli anni ’30-’40 del novecento, ha cominciato a classificare le
varie specie di streptococchi in base al tipo di polisaccaride, si chiama polisaccaride C, questo è il
nome che è stato dato a questi polisaccaridi caratteristici della parete degli streptococchi, e questa
classificazione è stata fatta in gruppi che si indicano con le lettere maiuscole dell’alfabeto, quindi A,
B, C, D ecc., per cui ogni streptococco viene classificato in base al tipo di emolisi e in base al
gruppo di antigene di cui fa parte.
Per esempio lo streptococcus pyogenes, che dicevamo è la specie tipo degli streptococchi
ma non è l’unica, vedete quanti ce ne sono, è β emolitico di gruppo A, e il tipo di emolisi non
coincide col gruppo, tanto è vero che questo è β emolitico di gruppo A, e non è l’unico β emolitico,
però è di gruppo A, cioè ha dei carboidrati che sono stati classificati come carboidrati di gruppo A.
Questo normalmente si trova nelle vie respiratorie, può dare faringite, scarlattina, tutte quelle cose
che abbiamo visto prima.
Poi c’è lo streptococcus agalactiae, che è anche questo un β emolitico, però dal punto di
vista della classificazione in base agli antigeni, è di gruppo B. L’agalactiae in patologia umana è
importante perché, se infetta il bambino durante il passaggio nel canale del parto, può infettarlo e si
può sviluppare una meningite nel neonato, sia a sviluppo rapido che un po’ ritardato rispetto alla
nascita. È uno di quelli agenti che possono dare patologie perinatali. Mi diceva il professore Bonina
che avete parlato dell’herpes, e non so se avete visto che l’herpes può infettare il bambino e quindi
in questi casi si deve fare il taglio cesareo. L’agalactiae fa qualcosa del genere, può causare
meningite, e quindi la sola cosa da fare è prevenire questa infezione, andare a vedere se l’epitelio
della mucosa vaginale ospita questo streptococco ed eventualmente si fa una profilassi antibiotica,
per evitare queste gravissime possibilità di infezione del neonato durante la nascita.
Poi lo streptococcus pneumoniae, vi ricordate che morfologia ha? È un diplococco, ma è
rotondo rotondo? No, non è a chicco di caffè, quelli a chicco di caffè sono le neisseriae, che sono
diplococchi, però si dispongono a chicco di caffè e sono gram negative. Quindi sono comunque dei
diplococchi le cui cellule si dispongono a chicco di caffè, quindi hanno una zona convessa e una
concava. Invece lo streptococcus pneumoniae ha un aspetto un po’ a punta di lancia , sono
leggermente appuntiti da un lato e rotondi dall’altro, ricorda un po’ la fiamma di una candela.
Ci sono tutta una serie di paragoni dello pneumococco con un’altra cosa, per cui si parla di
lanceolato, per esempio, perché ha la forma un po’ a punta di lancia, e sono diplococchi e hanno
anche la capsula, ed è stato dimostrato studiando gli pneumococchi che la capsula è un fattore di
virulenza, non so se vi ricordate gli esperimenti che avete studiato l’anno scorso.
È stato dimostrato che i ceppi di pneumococchi non capsulati non erano virulenti, quelli capsulati
erano virulenti, e poi la cosa importante è stato dimostrare che questa capacità di sintetizzare la
capsula poteva essere trasferita da un tipo di batterio all’altro, cioè questi studi hanno portato alla
scoperta degli acidi nucleici alla fine, quindi diverse cose scoperte studiando una sola cosa, sola per
modo di dire, che è la virulenza dello pneumococco.
Quindi morfologicamente sono un po’ diversi, non si dispongono a catenelle questi. E questi danno
la polmonite lobare. Vi ricordate altri agenti di polmonite oltre lo pneumococco? Il vostro collega
si ricorda le chlamydiae, e poi ci sono i micoplasmi. Anche certi virus posso dare polmonite, però la
polmonite da pneumococco si chiama polmonite lobare perché dà un certo tipo di infiammazione a
livello polmonare che è ristretta a un lobo, che rimane separato da quelli sani, però è una patologia
comunque gravissima, si muore ancora adesso di polmonite da pneumococco.
Lo streptococcus pneumioniae può dare anche otiti, specialmente nei bambini, può dare meningiti,
di meningite da pneumococco si muore nel giro di poche ora, è difficilissimo riuscire ad intervenire,
negli ultimi anni se ne sono andati due bambini piccoli in città per colpa di uni pneumococco, sono
quelle cose per cui non c’è niente da fare.
(Domanda su come prevenire). Risposta: come prevenzione c’è un vaccino, anzi la Regione
Sicilia è una delle più attente a questo problema, per cui c’è una campagna di vaccinazione nei
bambini contro i possibili agenti di meningite, cioè pneumococchi e neissariae.
Fra le neissariae c’è la neisseria meningitidis, che è un agente eziologico di meningite batterica, e
anche questa può dare patologie gravissime, qualsiasi forma di meningite è qualcosa di
estremamente grave, e poi abbiamo un altro agente di meningite che è l’haemophilus influenzae,
da non confondere col virus influenzale. Questo è un batterio gram negativo che assomiglia un po’
all’agente eziologico della pertosse. Quindi la profilassi è la vaccinazione impiegando i diversi
ceppi di pneumococco e di neisseriae che sono più coinvolti nella patologia, non c’è altro da fare.
(Domanda: ma sono comuni commensali, qualcuno sfortunatamente dà meningite egli altri
invece no).
Risposta: si, le neissariae per esempio si, e anche lo pneumococco si può trovare nelle prime vie
aeree senza dare problemi. Infatti ci sono moltissimi studi per cercare di capire come mai qualcuno
è più fortunato degli altri, non è che sia senza tanto semplice. Per alcuni microorganismi, che poi
non hanno niente in comune tra di loro, cioè salmonella, micobatteri e laeishmaniae, e ci possiamo
mettere pure il virus influenzale, sono stati studiati moltissimo dei modelli sperimentali che hanno
permesso di capire molto bene qual è la importanza del background genetico nella interazione
dell’individuo con lo stesso microorganismo.
Cioè ci sono famiglie intere in cui ci sono infezioni da micobatteri in tutti i componenti della
famiglia, e altri gruppi famigliari, razze, gruppi di persone, gruppi etnici, che sono particolarmente
sensibili all’infezione da micobatteri e altri no.
Se andiamo nei topi, ci sono topi molto sensibili all’infezione del virus influenzale e altri che
resistono benissimo, cioè tutte queste cose nei modelli sperimentali si possono vedere molto bene
da cosa dipendono.
Per esempio certi topi non producono interferone, oppure ne producono così poco che sono molto
più sensibili all’infezione virale rispetto ad altri. Cioè non è che son immunodeficienti, ma se un
topo produce poco interferone quando viene infettato da un virus influenzale, e altre specie ne
producono di più, quello che produce meno interferone sarà quello più sensibile all’infezione di
quel particolare virus.
E questo vale per infezione da micobatteri, da laeshmaniae di un protozoo, da salmonella, che è un
enterobatteriacea, non hanno niente in comune tra di loro, però ci sono molto meccanismi naturali a
cui è dovuto quello che sarà lo sviluppo dell’infezione. Cioè se funzionano molto bene allora
l’infezione non si sviluppa; se c’è, non un vero e proprio deficit, ma un funzionamento a un livello
un po’ più basso, allora è più facile che si sviluppi un’infezione da parte dello stesso microorgnismo
in individui diversi.
Quindi per tornare al discorso che faceva lei, siamo più o meno fortunati però possono essere
caratteristiche genetiche, molto dipende dal ceppo di microorganismo che infetta, se ci si infetta con
un ceppo più virulento di altri ci sono meno probabilità di non contrarre l’infezione. C’è tutta una
serie di lavori che prendono in considerazione questo fatto, come mai individui della stessa specie
sono più o meno sensibili ad un’infezione con lo stesso microorganismo, su questo discorso di
micobatteri, salmonelle e laeshmaniae ci sono volumi interi di lavori sperimentali fatti per capire
perché un topo è resistente e un altro no, e poi si può trsferire tutto nel campo umano che
ovviamente è più difficile da valutare.
Quindi possono avere un habitat normale, per esempio per lo pneumococco malattie respiratorie,
habitat naturale, condizioni “ics” del microorganismo o dell’individuo possono modificare questa
sorta di equilibrio che si è instaurato e allora prende il sopravvento il batterio.
Poi per esempio streptococcus mutans è un agente infettivo che facilita il processo della
carie dentale, e questo è un α emolitico. Gli streptococchi che sono α emolitici vengono chiamati
viridanti perché hanno questo tipo di emolisi per cui vengono circondati sul terreno da un alone
verde di α emolisi.
Poi c’è un genere di batteri che sono abbastanza simili agli streptococchi ma ora
costituiscono un genere a parte sono gli enterococchi. Sugli enterococchi sui libri non c’è quasi
niente, però sono tra i batteri più importanti in patologia perché sono spesso agenti di infezioni
ospedaliere e hanno in comune il discorso della resistenza agli antibiotici. Sono cocchi gram
positivi, da non confondere con gli enterobatteri che sono dei bacilli gram negativi, e hanno in
comune solo l’habitat, cioè l’intestino.
Gli enterococchi normalmente sono abitanti del nostro intestino, ma se per esempio vanno a
localizzarsi a livello dell’apparato urinario, e questo può capitare, per esempio in pazienti con
problemi neurologici o in persone che hanno il catetere, allora è facile che ci possa essere
un’infezione della vescica e delle vie urinarie causata proprio dalla contaminazione con materiale
infettato, o perché chi cura il malato passa da un malato all’altro senza lavarsi le mani, cose di
questo tipo che purtroppo succedono tutti i giorni e che da medici dobbiamo imparare a non fare, e
allora ci può essere una contaminazione da parte di un microorganismo endogeno che però si trova
in un altro apparato e può dare infezione delle vie urinarie, per esempio, e spesso gli enterococchi
sono resistenti alle antibiotici.
Quindi questi microorganismi sono molto importanti anche se spesso nei libri ci sono solo poche
righe, e lo stesso discorso vale per altri di cui magari nei testi c’è poco e allora si è portati a pensare
che non siano importanti, ma non è così. Quindi gli enterococchi sono batteri veramente importanti
in patologia.
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