LETTERA DI RISPOSTA AL COMITATO NAZIONALE DI BIOETICA di Carlo Di Stanislao Presidente dell'Associazione Medica per lo Studio dell'Agopuntura Segretario del Comitato Etico della ASL 04 de L'Aquila Presidente della Commissione sulle MnC dell’Ordine dei Medici de L'Aquila Segretario dell'Osservatorio sulle MnC della Fondazione Nazionale Ignazio Silone "Occorrere aprire una doverosa riflessione una rigorosa riflessione e distinzione fra gli interventi medici destinati a curare le malattie e quelli rivolti a prendersi cura del malato"- Daniel Callahan,Setting limits: Medical goals in an aging society, 1987. Per indagare a fondo e m ettere a fuoco il carattere illusorio, e ffimero o, quantomeno, poco consistente dei fondamenti scientifici, cosa del resto suffragata da illustri scienziati i quali hanno spesso sostenuto che la scienza non si interessa di questioni m etafisiche, Feyerabend [1] parte da una domanda m olto semplice: "Che cosa ha di speciale la scienza che la rende superiore alle altre tradizioni?" La risposta lakatosiana e popperiana, m a che trova origine già in C artesio e la seguente: "La scienza e una forma di conoscenza preminente perché in e ssa si m anifesta al suo m assimo livello la razionalità, e spressa in un m etodo’ rigoroso e oggettivo, per quanto provvisorio e instabile, basato più su una palude che su solida roccia". Secondo Feyerabend, invece, non e siste alcun barlume di razionalità nella scienza, alcun m etodo privilegiato e , di conseguenza, la conoscenza scientifica si pone sullo stesso piano di altre tradizioni: come osserva l'Autore, "...la scienza e un’impresa e ssenzialmente anarchica... e una buona scienza è un'arte, non una scienza...". O sservando proprio il caso di Galileo, vessillo del cosiddetto "metodo scientifico", si può notare che soltanto chi ha avuto il coraggio di agire in m odo controinduttivo è riuscito, poi, ad ottenere dei progressi nella scienza. Atti di palese irrazionalità sono quindi, alla base del progresso scientifico, atti che, di per sé, proverebbero l'inesistenza di un qualche criterio di razionalità nella scienza. Molti filosofi post-popperiani hanno, in sintesi affermato che la filosofia della scienza che valuta il progresso del sapere a seconda dell'aumento del suo contenuto e mpirico è solo una diversa e spressione della filosofia che considera il progresso tecnologico quale valore supremo e d è , nello stesso m odo, una filosofia antiumana. Le e spressioni preclusive contenute nel documento del C omitato Nazionale di Bioetica sono perfettamente in linea con l'etnocentrismo arrogante di una m inoranza dell'umanità, che rischia di relegare il m ondo della cultura italiana nel desolante universo della deculturazione. Dovrebbero sapere esponenti illustri di un C omitato Etico Nazionale che, il settore scientifico, è oggi caratterizzato da almeno tre gravi forme di discontinuità [2]. La prima riguarda il rapporto tra la produzione di conoscenze scientifiche e la diffusione delle tecnologie che m ediano tale rapporto, dissimulando le implicazioni e tiche che un determinato progresso scientifico inevitabilmente proietta sulla società. La seconda discontinuità attiene al sapere scientifico che si trasmette nella scuola (ivi compresa l'Università). La parcellizzazione del sapere nelle diverse discipline scientifiche insegnate in questo caso ostacola la richiesta, legittima da parte dei discenti, di un'informazione attiva in ordine alla soluzione dei grandi problemi umani e d ambientali. Ma la discontinuità più grave riguarda il rapporto tra il sapere scientifico e quello pseudo-scientifico. Si afferma di solito che il crinale di demarcazione fra scienza e pseudo-scienza è la capacità di interpretare in m odo oggettivo la realtà che ci circonda. Bisognerebbe invece ricordare che la scienza come istituzione, di fatto, è stata ridotta ad offrire delle certezze al corpo sociale, e sprimere giudizi univoci anche quando ciò non sarebbe possibile, e sibire alla pubblica ammirazione risultati in miracoloso accordo con le previsioni ufficiali. E se la natura non coopera con questo programma, tanto peggio per lei. Q uesta tendenza, oggi diffusa verosimilmente m olto al di là di quel che si potrebbe supporre sulla base delle cronache recenti di casi probabili o certi di deliberata falsificazione dei dati, è evidentemente pericolosissima sia per la scienza che per la società. Una filosofia della scienza degna di considerazione dovrebbe fungere da coscienza critica della scienza nel suo farsi, tenendo vivo il dibattito sulle alternative piuttosto che consacrando in nome del "metodo" o della "razionalità scientifica" l'incidente storico del temporaneo favore goduto da una particolare opinione (che è quello che oggi prevalentemente e ssa fa). C iò che nel suo e secrabile, oscurantista, m edioevale, torchemadiano documento il C NB definisce ascentifico, il m ondo delle MnC, in molti casi ha saputo offrire una lettura più certa e d autentica, più ampia e precisa dell'uomo e delle sue necessità. Molte di queste m edicine, infatti, hanno compreso che le e spressioni oggettive e soggettive della m alattia, in definitiva, dipingono un quadro e d il compito del m edico, al pari dell'esperto d'arte, è quello di leggerne i contenuti, di individuarne l'insieme m olare unitario, dotato di relazioni interne fra tutte le sue parti e di altre fra le sue parti e d il m ondo circostante. Nel senso che alla parola conferisce Umberto Eco, quella delle MnC è una visione e nciclopedica, cioè un deposito di termini stratificati nella storia e da ricollegare sinteticamente gli uni vicini agli altri, m a non a caso, bensì seguendo linee teoriche e dottrinarie ben precise, regole che pertanto ci allontanano da ogni sospetto di magia [3]. C iò che si vuole segnalare è che, secondo i m assimi e sperti nazionali [4], la Bioetica dovrebbe innestarsi nella direzione del pluralismo e non già in quella della preclusione scientifica e culturale. Il testo del CNB è il frutto di una visione ottocentesca della medicina e della scienza. In un famoso discorso tenuto davanti all'Accademia delle Scienze di Lipsia nel 1872 il fisiologo tedesco Du Bois-Reymond, sostenendo che la conoscenza della natura pone dei limiti invalicabili, pronunciò per la prima volta la parola ignorabimus, cioè "ignoreremo": secondo lui con il m etodo scientifico non si potrà m ai arrivare a conoscere ciò che sta al di là del m ondo m ateriale. C osì venne delimitato l'ambito di ricerca della m edicina al puro aspetto m ateriale dell'uomo e della natura. C iò ha dato luogo, nel corso degli ultimi cento anni, ai grandiosi e innegabili progressi della m edicina moderna: al di là di tutti gli sviluppi delle tecniche chirurgiche, sono state scoperte nuove e importanti categorie di m edicinali (ad e sempio i sulfamidici, gli antibiotici, i cortisonici, i vaccini, i derivati ormonali, etc.) che hanno permesso di debellare m olte e gravi m alattie. O ggi questo filone di ricerca m edica è arrivato fino agli interventi sul patrimonio genetico e alla m anipolazione dei processi legati alla nascita e alla morte dell'uomo. Proprio in relazione a questi ultimi sviluppi stanno però nascendo problemi e tici di sempre più difficile soluzione. La crescente tecnicizzazione della m edicina ha portato anche, come inevitabile conseguenza, a una crescente insoddisfazione: l'uomo m alato si sente spesso m al compreso nella sua sofferenza fisica e nel suo travaglio interiore proprio da coloro che dovrebbero aiutarlo a riconquistare la salute perduta. Un'insoddisfazione determinata anche dalla definizione di linee guida diagnostiche e terapeutiche sempre più stringenti, che limitano la libertà dei m alati in un campo che m alvolentieri viene delegato ad altre persone, sia pure fornite di specifica preparazione professionale. Il titolo V (art. 32) della nostra C ostituzione e tutte e proposte di legge sulle MnC finora presentate in Parlamento, si propongono di dare concreta applicazione ai princìpi della libertà di scelta terapeutica del paziente e della libertà di cura del m edico, all'interno di un libero rapporto consensuale informato, e di fornire un quadro normativo che, prevedendo una formazione di base nelle Università e nelle scuole specializzate (senza dimenticare l'apporto storico-culturale delle scuole private), fornisca le necessarie garanzie di professionalità a tutti i cittadini che si rivolgono a questi indirizzi terapeutici. C iò che il C NB poi vuole ignorare è che m olte Società Scientifiche, nei vari campi del non convenzionale, si sono preoccupati in questi anni di garantire e favorire un'adeguata qualificazione professionale degli operatori sanitari; di promuove la ricerca nel campo degli indirizzi m etodologici, clinici e terapeutici; di vigilare sulla corretta informazione; di verificare i programmi di formazione all'esercizio della professione; infine, di ricercare una intelligente integrazione con la biomedicina. Nel suo documento il C NB giunge a conclusioni opposte rispetto a quelle e spresse da importanti studiosi e comitati anche internazionali (OMS, NIH, British Medical Society). Già nel 1999 il dott. R oberto Raschetti, incaricato dall'Istituto Superiore di Sanità di fare chiarezza sulla e ffettiva valenza delle MnC aveva scritto [5] che dalla fine del 1998, in un numero speciale, JAMA aveva focalizzato l'attenzione sulla questione, suggerendo l'esigenza di identificare m odalità di verifica che consentissero di valutare il reale impatto sulla salute del ricorso a queste terapie. Un anno dopo il BMJ e ffettuava la pubblicazione di una serie di articoli per passare in rassegna le diverse proposte terapeutiche derivanti dall'universo che non si ispira al pensiero m edico occidentale. Tutti questi segnali indicano la precisa volontà, scevra da ogni pregiudizio, di andare alla verifica puntuale di quanto ci può e ssere di valido in queste terapie indipendentemente dai paradigmi cui e sse si ispirano e senza idee aprioristiche su ciò che è o non è scientifico. Si afferma, da parte dei più ottusi detrattori, che non è criterio di validazione la numerosità delle persone che fanno ricorso ad un certo m erito terapeutico e si dimentica (volutamente) che, nella storia della m edicina ufficiale, possiamo trovare diversi e sempi di questo m odo di ragionare. Ma se vi è stata un'innovazione importante nella m edicina di questo secolo, sotto il profilo del m etodo e del principio, questa è stata lo sforzo di rendere oggettiva e pubblicamente verificabile la conoscenza sui trattamenti terapeutici, attraverso l'adozione di m odelli sperimentali di verifica, ad e vitare che pregiudizi, sedimentati da anni di pratica m ai realmente verificata, potessero risultare dannosi sotto il profilo della tutela della salute dei cittadini. Tuttavia, secondo il documento del C NB, come verificare l'efficacia di ciò che a priori è censurato? E' indispensabile quindi sottolineare con forza, all'indirizzo del C NB, che rimedio e guarigione non possono e ssere ridotti solo a clinica, perché la funzione del rimedio deriva la sua realtà dalla sua organizzazione, che non è un problema clinico, m a culturale, sociale, sanitario e d e conomico. C o m e società, non possiamo permetterci di curare ognuno o di farlo come lui ritiene più utile (e non più giusto), m a dobbiamo invece sentirci obbligati a prenderci cura di tutti. C ompito della società è di migliorare la vita nel suo insieme, di contenere il periodo di m orbilità che abitualmente affligge l'ultima parte della nostra vita, di prevenire m orti premature. Non si tratta semplicemente di procedere a un razionamento delle scarse risorse da destinare alla Sanità, m a di affrontare le scelte a partire da una chiara visione che consideri la vita umana come naturalmente limitata. La crisi e conomica che si è abbattuta su tutti i sistemi sanitari dei paesi sviluppati ci sta offrendo una preziosa occasione - anche se dolorosa - per sollevare alcuni interrogativi di fondo sulla salute e sulla vita umana, sugli obiettivi della m edicina e della sanità contemporanea. Non possiamo non seguire le argomentazioni di C allahan sui limiti "naturali", anche quando sfociano in una perorazione per il recupero di un atteggiamento rispetto alla vita ispirato alla saggezza, consapevole dei limiti: "La medicina m oderna è stata la beneficiaria della fede nel progresso e della volontà di perdonare i fallimenti della tecnologia - e questo è abbastanza insolito - forse perché abbiamo lasciato che la nostra fede e la nostra speranza si allontanassero dal senso comune. È ancora tempo di fermarsi e di capire che siamo ancora creature finite e limitate" [6]. Forse sono questi contenuti, più di altri, ad infastidire i fideisti firmatari del più volte indicato documento. R assicuriamo coloro che sono preoccupati sul fatto che la decisione e la scelta tra più metodi non costituisce una sconfitta della m edicina o una ritirata strategica, m a una scelta pragmatica, rivolta a garantire le condizioni di convenienza reciproca di un gioco a tre tra natura, scienza o società [7]. Potremmo chiamarlo un compromesso. Ma un compromesso onorevole, che implica nuove capacità da parte dei medici e dei malati, nonché nuove responsabilità degli uni come degli altri. Bibliografia 1. Feyerabend P.K.: La scienza in una società libera, Ed. Feltrinelli, Milano 1981. 2. Baimonte C.: La fruizione del sapere scientifico nella vita quotidiana, Prometheus, 2002, 19(1): 2-3. 3. Demetrio D.: Autoanalisi per non pazienti. Inquietudine e scrittura di sé, Ed. R affaello C ortina, Milano, 2003. 4. AAVV: Etica Pubblica e Bioetica, Ed. Mondatori, Milano, 2002. 5. Raschetti R.: Medicine non convenzionali efficaci per legge?, Tempo Medico, 1999, 649: 2. 6. Callahan D.: Porre dei limiti: problemi etici e antropologici, L’Arco di Giano 1994, 4: 75-86. 7. C avicchi I.: Il m alato: da paziente a e sigente, in Prodomo R . (a cura di), Le nuove dimensioni della relazione terapeutica, Macro Ed., Cesena, 1999. Indirizzo per corrispondenza Carlo Di Stanislao ASL 04 - Via Vetoio, 6 67100 L'Aquila E-mail: Tel.: 0862.368642-662 Fax.: 0862.319905