Trasformazione di società unipersonale in

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Sommario
SOMMARIO
SEZIONE «STUDI»
Studi d’Impresa
Trasformazione di società unipersonale in impresa individuale (Studio n.
545-2014/I) di DANIELA BOGGIALI e ANTONIO RUOTOLO ............................ 695
Studi Pubblicistici
Vendita forzata e attestato di prestazione energetica (alla luce delle recenti
modifiche al D.Lgs. 192/2005 di cui al D.L. 4 giugno 2013, n. 63 convertito con Legge 3 agosto 2013, n. 90 e di cui D.L. 23 dicembre 2013,
n. 145 conv. in Legge 21 febbraio 2014, n. 9) (Studio n. 263-2014/C)
di ELISABETTA GASBARRINI ....................................................................... 705
Studi Tributari
La tassazione dell’accordo conciliativo accertativo dell’usucapione di beni
immobili (Studio n. 156-2014/T) di ANNARITA LOMONACO ....................... 737
IVA - Vendita nel quinquennio dalla ultimazione di beni oggetto di intervento edilizio non esattamente inquadrabile ai fini fiscali - Rivendita di bene ultimato dal cedente: IVA o registro? (Studio n. 468-2014/T) di
FRANCESCO RAPONI ................................................................................. 753
Negoziazione dei diritti edificatori e relativa rilevanza fiscale, anche alla luce dell'art. 2643, n. 2-bis, c.c. (Studio n. 540-2014/T) di ADRIANO
PISCHETOLA ............................................................................................. 765
Profili fiscali della cancellazione delle società dal registro delle imprese in
presenza di beni immobili non liquidati (Studio n. 550-2014/T) di
THOMAS TASSANI ..................................................................................... 785
IVA - Semplificazioni edilizie D.L. 133/2014 (decreto sblocca Italia) - Vendita di fabbricato oggetto di intervento edilizio di frazionamento e di modifica di destinazione d’uso: IVA o registro? (Studio n. 851-2014/T) di
FRANCESCO RAPONI ................................................................................. 795
Società di persone - Imposte dirette: aspetti notarili (Studio n. 852-2014/T)
di FRANCESCO RAPONI ............................................................................. 805
Regolarizzazione di società di fatto derivante da comunione di azienda nei
tributi sui trasferimenti (Studio n. 853-2014/T) di THOMAS TASSANI ........ 823
Studi e Materiali - 4/2014
III
Sommario
SEZIONE «SEGNALAZIONI»
Area Scientifica - Studi Pubblicistici
I libretti di impianto ed i controlli di efficienza energetica di GIOVANNI RIZZI .. 835
D.L. 47/2014 e modifiche alla disciplina degli immobili da costruire
di GIOVANNI RIZZI ..................................................................................... 845
La disciplina dell'attività edilizia. Novità normative 2014 (c.d. decreto
"Sblocca Italia" post conversione) di GIOVANNI RIZZI .............................. 863
Indice analitico generale ..........................................................................
889
CORRETTA CATALOGAZIONE STUDI
AREA SCIENTIFICA - SETTORE STUDI PUBBLICISTICI
Si segnala che gli studi/segnalazioni approvati dalla nuova
Area Scientifica - Studi Pubblicistici sono stati convenzionalmente fino ad oggi catalogati come “civilistici”. Da questo
numero della Rivista saranno correttamente catalogati come
Studi Pubblicistici.
IV
Studi e Materiali - 4/2014
STUDI
Trasformazione di società unipersonale in
impresa individuale
Studio n. 545-2014/I
Daniela Boggiali e Antonio Ruotolo
Approvato dall’Area Scientifica - Studi d’Impresa il 9 luglio 2014
Approvato dal CNN il 9 settembre 2014
LO STUDIO IN SINTESI (ABSTRACT)
Lo studio esamina la questione delle possibilità di trasformare la società unipersonale in impresa individuale, questione risolta in senso affermativo dalla prevalente dottrina successiva alla riforma del diritto societario, ma in senso negativo
dalle poche pronunce giurisprudenziali che se ne sono occupate.
Tanto il presunto principio di tipicità della trasformazione, quanto la necessità
di fornire un’adeguata tutela dei creditori sociali non sarebbero disattesi dall’operazione in oggetto, in quanto:
- la previsione normativa della trasformazione di società in azienda individuale
costituisce una prova del fatto che il principio di continuità dei rapporti giuridici,
che caratterizza la trasformazione, può esplicare i propri effetti anche solo con
riferimento ai beni che formano oggetto del complesso aziendale, e non anche ai
soggetti titolari dello stesso, rispetto ai quali è consentita un’alterazione dell’identità soggettiva;
- la qualificazione dell’operazione in esame in termini di trasformazione eterogenea consente di tutelare adeguatamente i creditori attraverso il rimedio dell’opposizione ex art. 2500-novies c.c.
Sul piano operativo, la configurazione del passaggio da società in impresa
individuale in termini di trasformazione consente di affermare che in relazione agli
immobili eventualmente esistenti nel patrimonio della società non è configurabile
alcun tipo di trasferimento, con conseguenti riflessi pratici sia con riferimento ai
profili pubblicitari, sia con riguardo alle regole di circolazione degli immobili.
Sommario: 1. Il dibattito sulla ammissibilità della trasformazione. - 2. La presunta tassatività delle ipotesi trasformative e la continuità riferita al complesso aziendale. 3. La tutela dei creditori. - 4. Riflessi operativi della qualificazione dell’operazione
come trasformazione. - 5. Conclusioni.
Studi e Materiali - 4/2014
695
Trasformazione di società unipersonale in impresa individuale - Studio n. 545-2014/I
1. IL DIBATTITO SULLA AMMISSIBILITÀ DELLA TRASFORMAZIONE
Il tema della possibilità di trasformare una società unipersonale in impresa in
titolarità individuale presenta un rilevante interesse pratico: la qualificazione di
tale operazione in termini di trasformazione consentirebbe, infatti, al socio unico
che intenda proseguire l’attività come imprenditore individuale, di continuare a
gestire la medesima impresa senza essere costretto a liquidare preventivamente i rapporti giuridici ad essa afferenti, per poi procedere alla loro ricostituzione,
probabilmente in termini identici, procedimento che risulterebbe altrimenti necessario al fine di riprendere la medesima attività in precedenza esercitata in
forma societaria.
Una simile soluzione consentirebbe, inoltre, di beneficiare del principio della
continuità dei rapporti giuridici ai fini, ad esempio, della conservazione di licenze
amministrative relative all’impresa svolta, ed eventualmente anche ai fini del
trattamento fiscale 1.
La questione, però, è allo stato estremamente controversa.
Prima della riforma del diritto societario, la disciplina della trasformazione
e l’interpretazione assolutamente prevalente non lasciavano spazio alla possibilità di riconoscere natura trasformativa al passaggio da società ad impresa
individuale 2.
Dopo il D.Lgs. 17 gennaio 2003, n. 6, la qualificazione normativa, come trasformazione societaria, del passaggio da società di capitali a comunione di
azienda e viceversa viene interpretata, da una parte consistente della dottrina,
come un implicito riconoscimento della possibilità di trasformare la società di
capitali unipersonale in impresa individuale, in forza del ricorso alla applicazione
analogica della norma 3.
1
Sul punto, Tassani, La "trasformazione" di società in impresa individuale tra riforma societaria
e regimi fiscali, in Rass. trib., 2005, 1933 ss.; Basilavecchia, Applicazione dell’imposta di registro in
caso di trasformazione di società di persone in ditta individuale, in Studi e materiali, 2005, 1424; Id.,
"Trasformazione" di società di persone in ditta individuale, in Corr. Trib., 2005, 3265; Lomonaco,
Per l’Agenzia delle entrate la cd. trasformazione di società di persone in impresa individuale sconta
l’imposta fissa di registro, Segnalazione novità prassi interpretative, in CNN Notizie del 13 aprile
2006.
2
Sarale, Trasformazione e continuità d’impresa, Milano, 1996, 289 ss.; IBBA, La società a responsabilità limitata con unico socio, Torino, 1995, 45.
3
Maltoni, I limiti all’autonomia privata nelle trasformazioni eterogenee, in Riv. not., 2003, 1381 ss.; Id.,
La trasformazione eterogenea: in generale, in Maltoni - Tassinari, La trasformazione delle società,
Milano, 2005, 229 ss.; Guerrera, Trasformazione, fusione e scissione, in AA.VV., Diritto delle società. Manuale breve, Milano, 2012, 437; Tassani, La "trasformazione" di società in impresa individuale
tra riforma societaria e regimi fiscali, cit., 1933 ss.; Sarale, sub art. 2500-septies c.c., in Il nuovo diritto societario. Commentario, diretto da Cottino - Bonfante - Cagnasso - Montalenti, Bologna,***,
2004, 2273; Genovese, La trasformazione eterogenea, in Il nuovo diritto societario. Prime riflessioni su alcuni contenuti di disciplina, a cura di Genovese, Torino, 2004, 57; Cetra, Le trasformazioni
“omogenee” ed “eterogenee”, in Il nuovo diritto delle società. Liber Amicorum Gian Franco Campobasso, diretto da Abbadessa - Portale, Torino, 2006, 4, 140 ss. In senso contrario, De Angelis, La
trasformazione nella riforma del diritto societario, in Società, 2003, 383 ss.; ID., Trasformazioni eteroge(segue)
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Studi e Materiali - 4/2014
Studi d’Impresa
Sul fronte della giurisprudenza si registrano, tuttavia, pronunce di merito di
segno negativo, nelle quali si esclude la possibilità della trasformazione da società di capitali o di persone in impresa individuale e viceversa, in quanto le
norme in tema di trasformazione, ancorché eterogenea, presuppongono sempre che essa interessi enti plurisoggettivi e dotati di patrimonio separato, elementi che mancano, invece, nell’impresa individuale 4.
L’inammissibilità della trasformazione da e in impresa individuale si fonderebbe sulle seguenti argomentazioni:
- la trasformazione, operazione caratterizzata dal principio della continuità
dei rapporti giuridici sancito dall’art. 2498 c.c., avrebbe carattere eccezionale, in
quanto consente il passaggio tra diverse tipologie di enti derogando al normale
procedimento di estinzione e costituzione degli stessi 5;
- le tipologie degli enti per i quali è consentito ricorrere alla trasformazione,
espressamente previste dal legislatore, sarebbero tutte caratterizzate dal ricorrere di almeno uno dei seguenti requisiti: la plurisoggettività e la separazione
patrimoniale (che invece non ricorrono nel caso di impresa individuale);
- il passaggio da società a impresa individuale consentirebbe di evitare il
procedimento di liquidazione delle società che, invece, è, almeno per le società
di capitali, formalmente inderogabile;
- il carattere “atipico” di tale operazione impedirebbe ai creditori di essere
consapevoli delle conseguenze di tale trasformazione e, laddove ne ricorrano i
presupposti, di esercitare il diritto di opposizione.
nee: sottintesi e reticenze della legge di riforma, in Società, 2005, 1220; Franch, sub art. 2500septies c.c., in Trasformazione - fusione, scissione, a cura di Bianchi, nel Commentario alla riforma
delle società, diretto da Marchetti - Bianchi - Ghezzi - Notari, Milano, 2006, 260 ss.; Santosuosso,
Della trasformazione, in Società di capitali. Commentario, a cura di Niccolini - Stagno d’Alcontres,
Napoli, 2004, 1900 ss.; Pavone La Rosa, Comunione d’azienda e società di capitali: ammissibilità di una
trasformazione, in Giur. comm., 2005, 147 ss. Sul punto, v. anche Paolini - Ruotolo, Trasformazione di
s.r.l. unipersonale in impresa individuale. (Quesito n. 13-2006/I), in Studi e materiali, 2007, 881.
4
Trib. Mantova, 28 marzo 2006, in Vita Not., 2006, 1438, in Giur. comm., 2007, 1132, in Riv.
dir. impr., 2006, 401; App. Torino, 14 luglio 2010, in Foro pad., 2011, 583; in Notariato, 2011, 26;
in Riv. not., 2011, 425; Trib. Piacenza, decr. 22 dicembre 2011 (in Riv. dir. comm., 2013, II, 445,
con nota critica di Sacco Ginevri, Sull’ammissibilità della trasformazione eterogenea di società di
capitali in impresa individuale; in Giur. comm., 2012, II, 1033 ss., con nota di Carraro, In tema di
trasformazioni eterogenee innominate; in Società, 2012, 1013 ss., con nota di Divizia - Olivieri, La
trasformazione in impresa individuale; in Notariato, 2012, 268 ss., con nota di Bello, Trasformazione
atipica di s.r.l. unipersonale in impresa individuale; in Riv. not., 2013, II, 121 ss. con nota di Timpano, La trasformazione da e in impresa individuale, sia essa omogenea o eterogenea, è sempre
inammissibile).
5
In sostanza, la giurisprudenza, anche con riferimento a questa ipotesi, sembra seguire
quell’orientamento - invero comune anche ad alcune pronunce dei giudici amministrativi (Tar Toscana, sent. 16 novembre 2004, n. 5282, in Giorn. dir. amm., 2005, 2, 178, che si rifà a Cons. Stato
parere 20 dicembre 2000, n. 288; Tar Lazio Roma, sez. I ter, ord. 29 gennaio 2009, n. 460; Tar
Piemonte, sez. I, 31 maggio 2012, n. 781. Su tali questioni, v. Ruotolo, La trasformazione degli enti
no profit, in Studi e materiali, 2010, 825 ss.) - che ritiene tassative le fattispecie trasformative
espressamente elencate nel codice civile.
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Trasformazione di società unipersonale in impresa individuale - Studio n. 545-2014/I
Ciascuno di tali argomenti si presta, tuttavia, ad una serie di considerazioni
critiche, dovendosi tener presente che, mentre la richiamata giurisprudenza di
segno negativo si occupa tanto del passaggio da società a impresa individuale
quanto di quello inverso, nel presente contributo si esamineranno esclusivamente le “trasformazioni” da società in impresa individuale in quanto maggiormente rilevanti per l’attività notarile.
2. LA PRESUNTA TASSATIVITÀ DELLE IPOTESI TRASFORMATIVE E LA
CONTINUITÀ RIFERITA AL COMPLESSO AZIENDALE
Quanto alla natura eccezionale della trasformazione ed alla conseguente
inapplicabilità ai casi non espressamente contemplati, si può in contrario obiettare come il legislatore non dia una definizione di trasformazione e, pertanto,
in assenza di un’apposita nozione, dovrebbero essere suscettibili di rientrare
nella disciplina della trasformazione tutte le fattispecie che producano effetti
compatibili con quelli tipici delle fattispecie di trasformazione espressamente
disciplinate 6.
Invero, quello della tassatività, è un argomento cui fa ricorso anche la giurisprudenza amministrativa per negare la natura trasformativa del passaggio tra
enti del libro I, senza tener tuttavia nella debita considerazione la circostanza
che ai medesimi risultati può pervenirsi attraverso l’approdo intermedio allo
schema societario 7.
Occorre, tuttavia, tenere presente che la stessa giurisprudenza ha, in altre
occasioni, disatteso il presunto principio della tassatività delle ipotesi di trasformazione, ammettendo espressamente la trasformazione atipica di società a
partecipazione locale in azienda speciale 8.
Invero, la presunta tassatività avrebbe ragion d’essere ove della trasformazione dovesse essere rinvenirsi una definizione univoca, mentre la riforma del 2003
dà alla vicenda una pluralità di significati, tutti relativi al principio di continuità, che
6
Tantini, La trasformazione di comunione d’azienda in società, le inquietudini del giurista e la
magia delle parole, in Contr. e impr. 2008, 814; Simonetto, Trasformazione e fusione delle società,
in Commentario del codice civile, diretto da Scialoja - Branca, Bologna - Roma, 1976, 9; Pugliatti,
Grammatica e Diritto, Milano, 1978, 164-165; Spada, Dalla Trasformazione delle società alle trasformazioni degli enti e oltre, in Scritti in onore di Vincenzo Buonocore, III, Diritto Commerciale, Società, t. 3, Milano, 2005, 3893; Maltoni, in Maltoni - Tassinari, La trasformazione, Milano, 2005, 9.
7
Tar Toscana, sent. 16 novembre 2004, n. 5282, in Giornale dir. amm., 2005, 2, 178, che si rifà
a Cons. Stato parere 20 dicembre 2000, n. 288, il quale afferma la tassatività delle fattispecie trasformative previste dagli artt. 2498 ss. c.c., con la conseguenza che non potrebbe mai darsi una
trasformazione diretta fra enti del libro I del codice. Più recentemente, Tar Lazio Roma, sez. I ter,
ord. 29 gennaio 2009, n. 460; Tar Toscana 24 novembre 2011, in cui si trattava espressamente di
trasformazione da associazione riconosciuta in fondazione e Tar Piemonte, sez. I, 31 maggio 2012,
n. 781.
8
Corte dei Conti, sez. Autonomie, delibera 21 gennaio 2014 n. 2. L’ipotesi è infatti inversa rispetto a quella positivamente disciplinata dal legislatore.
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Studi d’Impresa
va tuttavia di volta in volta adattato alla fattispecie concreta (continuità soggettiva
fra enti o continuità nella destinazione di un complesso di beni organizzato).
La mancata definizione normativa dell’operazione di trasformazione consente,
in sostanza, di far rientrare in tale fenomeno tutte le fattispecie che presentino caratteristiche compatibili con quelle espressamente menzionate dal legislatore.
Con particolare riferimento all’impresa individuale, si può rilevare come le
sue peculiari caratteristiche, rinvenibili tanto nell’assenza di separazione patrimoniale, quanto nell’unisoggettività, siano presenti anche in altre delle tipologie
espressamente ammesse alla trasformazione, quali, da un lato, la comunione
d’azienda e, dall’altro, le società unipersonali.
Proprio con riferimento all’ipotesi di trasformazione da e in comunione
d’azienda, si è rilevato come in tal caso la continuità dei rapporti giuridici si riferisca esclusivamente all’azienda come complesso organizzato di beni suscettibile di una destinazione all’esercizio di attività d’impresa, ma non al soggetto titolare della medesima, rispetto al quale si determina una situazione di discontinuità. Questi, infatti, muta, come accade necessariamente in ogni vicenda traslativa e a differenza di quanto avviene nelle altre ipotesi di trasformazione 9.
Il principio di continuità dei rapporti giuridici è destinato ad operare, quindi,
anche soltanto in riferimento ai beni che formano oggetto di tali rapporti, quale il
complesso aziendale, e non ai soggetti titolari del medesimo rispetto ai quali
può realizzarsi, analogamente a quanto avverrebbe in caso di passaggio da e in
impresa individuale, una situazione di discontinuità.
Si potrebbe, quindi, ipotizzare che anche in caso di passaggio da società in
impresa individuale viene rispettato il principio della continuità dei rapporti giuridici, in quanto nonostante in questa fattispecie venga meno l’identità del soggetto
titolare del complesso aziendale, quest’ultimo rimane destinato al perseguimento
del medesimo scopo, circostanza che giustificherebbe la prosecuzione in tutti i
rapporti attivi e passivi dell’ente trasformato ai sensi dell’art. 2498 c.c.
Non sembra, poi, che possa darsi decisiva rilevanza alla circostanza che la
titolarità dell’impresa sia individuale, considerati tanto l’espressa cittadinanza
delle società unipersonali sin dal D.Lgs. 3 marzo 1993, n. 88; quanto il fatto che
al medesimo risultato si potrebbe pervenire attraverso una cessione strumentale della quota della società, la quale verrebbe poi trasformata in comunione di
azienda tra gli ex soci, ed un successivo trasferimento della quota di comproprietà sul complesso dei beni organizzati in favore dell’originario unico socio,
con la conseguenza che, attraverso questo tortuoso percorso, avremmo ancora, come esito dell’operazione, una impresa in titolarità individuale.
9
Ancorché l’operazione sia qualificabile come trasformazione, la discontinuità sul piano soggettivo rende in tale ipotesi necessaria la trascrizione dell’atto nel caso di azienda comprendente beni
immobili, per il tramite dell’art. 2645 c.c. (Maltoni, in Maltoni - Tassinari, La trasformazione delle società, cit., 305).
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Trasformazione di società unipersonale in impresa individuale - Studio n. 545-2014/I
3. LA TUTELA DEI CREDITORI
Si è detto come, tra le obiezioni sollevate in ordine alla ammissibilità della
trasformazione in discorso vi sia, da un lato, quella dell’atipicità del procedimento che non consentirebbe ai creditori di aver la consapevolezza delle conseguenze dell’operazione e, dall’altro lato, almeno nel passaggio da società a impresa, la mancanza della tutela garantita dalla liquidazione del patrimonio sociale secondo le regole codicistiche.
La prima obiezione non appare convincente, posto che la prospettata ipotesi
non si differenzia da quella tipizzata che vede coinvolti più soggetti (trasformazione da e in comunione di azienda). A ragionare diversamente, allora, si dovrebbe negare qualsiasi trasformazione che non rientri nelle ipotesi espressamente previste dal legislatore, compresa, ad esempio, la trasformazione diretta
da società di persone in società consortile o cooperativa: non rientrando esse
nelle fattispecie tipizzate, il creditore non sarebbe in grado di valutare
l’esistenza di un diritto di opposizione ad esso spettante, dato che l’art. 2500novies c.c., non contempla queste ipotesi.
Invero l’atipicità riguardo ai soggetti che si trasformano non esclude in alcun
modo una tipicità degli effetti dell’operazione, considerato che, come si è detto,
la cessione della partecipazione sociale prima di procedere alla trasformazione
creerebbe il presupposto per la trasformazione eterogenea in comunione
d’azienda espressamente contemplata dal legislatore; e, per l’ipotesi inversa,
laddove l’imprenditore individuale (o l’esclusivo titolare di una azienda) cedesse
a terzi una quota della stessa, si creerebbe il presupposto per una successiva
trasformazione “tipica” in società. Ipotesi, entrambe, che nella sostanza non differiscono in alcun modo da quella in esame.
Quanto, poi, alla presunta inderogabilità del procedimento di liquidazione
delle società, è proprio la disciplina della trasformazione a stabilire i casi nei
quali esso non occorra, individuando altresì i meccanismi di tutela dei terzi idonei a sopperire all’assenza della liquidazione.
Laddove, infatti, la trasformazione implica una modifica della causa del contratto (è il caso del passaggio tra società di persone o di capitali, da un lato, e i
consorzi, società consortili, cooperative, enti del Libro I, dall’altro), oppure la
cessazione dell’attività d’impresa senza l’instaurarsi di una procedura di liquidazione dei creditori (è il caso del passaggio da società in comunione d’azienda),
il rimedio posto a tutela dell’interesse dei creditori è quello dell’opposizione ex
art. 2500-novies c.c. 10.
L’opposizione dei creditori si ha, in sostanza, o nel caso di modifica dello
scopo (passaggio dallo scopo di lucro in senso stretto, inteso quale ripartizione
degli utili dell’attività economica, allo scopo altruistico, mutualistico o consortile
10
700
Maltoni, I limiti all’autonomia privata nelle trasformazioni eterogenee, cit., 1381 ss.
Studi e Materiali - 4/2014
Studi d’Impresa
e viceversa); o in quello del radicale mutamento della struttura organizzativa
dell’ente (inteso vuoi come soggetto, vuoi come complesso di beni organizzato
e quindi connotato da una particolare destinazione) che implichi, come nel caso
tipizzato della comunione d’azienda, la cessazione o l’avvio dell’attività di impresa in forma societaria.
Laddove vi fosse un passaggio da società in impresa individuale, vi sarebbe
continuazione sia nell’attività d’impresa che nello scopo di lucro in senso stretto,
che non risulterebbe variato, ma si approderebbe ad un modello organizzativo
che non prevede più alcun procedimento di liquidazione (formale o sostanziale)
per la cessazione dell’attività, con una evidente modifica dei presidi posti a tutela dei creditori.
Tale ultima circostanza consentirebbe, quindi, di qualificare l’operazione in
esame in termini di trasformazione eterogenea e, conseguentemente, di ritenere operante l’istituto dell’opposizione dei creditori ex art. 2500-novies c.c., superando così le obiezioni legate alla possibile elusione del procedimento di liquidazione, anch’esso mancante laddove una società venga trasformata in comunione d’azienda.
L’ordinamento riconosce, addirittura, al creditore di inibire, attraverso lo
strumento dell’opposizione, l’operazione di trasformazione; ma non è, questa,
l’unica tutela dell’interesse dei creditori che l’ordinamento accorda in tali ipotesi.
Occorre, infatti, tenere presente che l’art. 2500-septies, comma 2, c.c., per la
trasformazione eterogenea delle società di capitali rinvia, nei limiti della compatibilità, all’art. 2500-sexies c.c., il cui comma 4 prevede che «i soci che con la
trasformazione assumono responsabilità illimitata, rispondono illimitatamente
anche per le obbligazioni sociali sorte anteriormente alla trasformazione».
Conseguentemente, nel nostro caso, l’ex socio che sia oggi diventato imprenditore individuale in forza della trasformazione eterogenea, verrebbe comunque a rispondere illimitatamente per le pregresse obbligazioni della società
trasformata 11.
Sembra opportuno segnalare come l’acquisto della responsabilità illimitata per
le obbligazioni sociali anteriori alla trasformazione costituisca un efficace strumento alternativo - rispetto alla liquidazione - ai fini della tutela dei creditori, laddove si
consideri che l’art. 2495, comma 2, c.c., per l’ipotesi di scioglimento e cancellazione della società prevede che i creditori sociali non soddisfatti nella liquidazione
«possono far valere i loro crediti nei confronti dei soci, fino alla concorrenza delle
somme da questi riscosse in base al bilancio finale di liquidazione».
La responsabilità illimitata per le obbligazioni anteriori alla trasformazione, che
in caso di trasformazione eterogenea da società di capitali è sancita dall’art. 2500septies, comma 2, c.c., si ha anche laddove la trasformazione in impresa individuale dovesse riguardare una società di persone rimasta con un unico socio.
11
In tal senso, v. anche Maltoni, in Maltoni - Tassinari, La trasformazione delle società, cit., 371.
Studi e Materiali - 4/2014
701
Trasformazione di società unipersonale in impresa individuale - Studio n. 545-2014/I
In quest’ultimo caso, infatti, per le obbligazioni anteriori opera il normale regime di responsabilità proprio delle società di persone, secondo cui i soci rispondono solidalmente e illimitatamente per le obbligazioni sociali.
Laddove, poi, l’ente trasformato sia una s.a.s. rimasta con un unico accomandante, si deve tener presente che la limitazione di responsabilità per le obbligazioni sociali viene meno o laddove l’accomandante abbia di fatto gestito la
società, oppure laddove sia scaduto il termine massimo di sei mesi della carica
dell’amministratore provvisorio nominato per effetto del venir meno di tutti gli
accomandatari.
4. RIFLESSI OPERATIVI DELLA QUALIFICAZIONE DELL’OPERAZIONE COME
TRASFORMAZIONE
La qualificazione della vicenda in termini di trasformazione si può ovviamente riflettere anche su taluni profili legati all’eventuale presenza di beni immobili
nel patrimonio della società trasformanda.
Va ricordato, infatti, che l’operazione è diretta a conservare e a potenziare
un organismo vitale senza che questo perda la propria individualità: essa, quindi, costituisce una modificazione strutturale e organizzativa di una società che
non comporta di solito la creazione di un nuovo ente distinto dal primo 12.
Considerato che sussiste una continuità tra la società prima e dopo la trasformazione, continuità che investe tutti i rapporti giuridici, in relazione agli immobili
sociali esistenti nel patrimonio della società non è configurabile alcun tipo di trasferimento; non ricorrendo, quindi, alcun “mutamento di legittimazione da segnalare”, ne dovrebbero conseguire una serie di riflessi operativi sia con riferimento
ai profili pubblicitari, sia con riguardo alle regole di circolazione degli immobili.
In particolare, con riguardo alla trascrizione, va ricordato come la sua funzione
primaria consista nella risoluzione dei conflitti tra più aventi causa (funzione strumentale al fine della opponibilità ai terzi della vicenda circolatoria che all’atto si ricollega) e non nel fornire notizie sulle vicende riguardanti il patrimonio immobiliare.
Inoltre, poiché la tassatività delle norme sulla trascrizione va riguardata sotto
il profilo degli effetti, l’art. 2645 c.c. - che è norma di chiusura dell’intero sistema
pubblicitario e che ammette la trascrizione di atti o provvedimenti diversi da
quelli elencati all’art. 2643 c.c., ma produttivi degli stessi effetti in relazione a
beni immobili o a diritti immobiliari - può essere in via generale utilmente invocato a sostegno della tesi della intrascrivibilità dell’atto di trasformazione stante la
mancata produzione degli effetti tipici di cui all’art. 2643 c.c. 13.
12
Ex multis: Simonetto, sub artt. 2498 - 2550 c.c. in Commentario del codice civile, diretto da
Scialoja - Branca, Bologna - Roma, 1976, spec. 14; Tantini, voce Trasformazione di società I) dir.
comm., in Enc. giur., vol. XXXI, Roma, 1994.
13
La dottrina non ha mancato di evidenziare che la trascrizione della trasformazione non presenterebbe né efficacia costitutiva perché la trasformazione produce effetti dall’iscrizione nel regi(segue)
702
Studi e Materiali - 4/2014
Studi d’Impresa
Peraltro, ove si reputasse soggetto a trascrizione l’atto di trasformazione, si
dovrebbero considerare soggetti alla stessa formalità, per non creare una disparità interna al sistema, anche gli atti che attestano il mutamento dei dati
identificativi di una persona fisica, ossia in caso di modificazione del proprio cognome ex artt. 84 ss. D.P.R. 3 novembre 2000, n. 396 o, ancora, di rettificazione di attribuzione di sesso ex Legge 14 aprile 1982, n. 164.
È appena il caso di aggiungere che i problemi connessi al mancato aggiornamento delle risultanze della pubblicità immobiliare possono essere superati
attraverso il codice fiscale della società il quale è insuscettibile di cambiamento
come si desume dall’art. 4 D.P.R. 29 settembre 1973, n. 605.
Quindi, in generale, deve ritenersi che l’atto di trasformazione non sia soggetto a trascrizione 14, mentre è previsto l’obbligo della volturazione catastale 15.
Tali conclusioni dovrebbero allora valere anche per la trasformazione in discorso, da società in impresa individuale: in tal senso può ricordarsi come
l’operazione risulti comunque evidenziata nel registro delle imprese, sicché il
duplice riscontro dei registri immobiliari e di quello delle imprese consentirebbe
di risalire dal soggetto a favore del quale è trascritto - in ipotesi - l’ultimo acquisto del bene (la società) all’attuale forma che esso riveste (l’imprenditore individuale) 16.
stro delle imprese, né efficacia dichiarativa perché il conflitto tra l’avente causa dalla società ante
trasformazione e la società trasformata si risolve sempre a favore del primo, né, infine, efficacia sotto il profilo della continuità perché lo strumento deputato a rendere note ai terzi le vicende della società commerciali è il registro delle imprese (Mariconda, Effetti della fusione sugli immobili e principi
della trascrizione, in Notariato, 1995, 128 ss.; Montesano, Nota a Trib. Roma 15 dicembre 1994,
decr., in Società, 1995, 1062 ss.; Vigo, Pubblicità immobiliare e trasformazione, fusione e scissione
di società, in Riv. dir. comm., 1999, 605; Tondo, Abusivismo edilizio e fusione tra società, in Consiglio Nazionale del Notariato, Studi e materiali 3, 1989 - 91, Milano, 1992, 156. Contra, Picciau, sub
art. 2506, in Trasformazione - Fusione - Scissione, a cura di L.A. Bianchi, in Commentario alla riforma delle società, diretto da P. Marchetti - L.A. Bianchi - M. Notari, Milano, 2006, 1025).
14
Ed in tal senso si esprime la prevalente giurisprudenza Cass. 12 novembre 1997 n. 11180;
Trib. Roma, 15 dicembre 1994; Trib. Messina, 13 maggio 1992; Comm. trib. centr., 6 novembre
1979 n. 2747.
15
V. art. 1, comma 276, della Legge 24 dicembre 2007, n. 244, per cui sono soggetti all’obbligo
della voltura - ex art. 3 del D.P.R. n. 650/1972, quindi con obbligo a carico del notaio - gli atti soggetti ad iscrizione nel registro delle imprese che comportino qualsiasi mutamento nell’intestazione
catastale dei beni immobili di cui siano titolari persone giuridiche, anche se non direttamente conseguenti a modifica, costituzione o trasferimento di diritti reali (V., sul punto, Boggiali - Ruotolo, Dal
15 ottobre obbligo di volturazione per gli atti societari, in CNN Notizie del 9 agosto 2012).
16
Va peraltro di passaggio osservato come a diversa conclusione si debba però pervenire con
riferimento all’ipotesi di trasformazione progressiva di comunione di azienda in società: il principio di
continuità s’è visto operare solo con riferimento al complesso aziendale, ma non ai soggetti titolari
del medesimo rispetto ai quali si realizza una situazione di discontinuità la cui esistenza potrebbe
essere non certificata in maniera esaustiva dal Registro delle Imprese, tenuto conto che i comunisti
non sono soggetti a tale forma di pubblicità. La creazione di un nuovo soggetto giuridico (che si ha
nel solo caso di trasformazione di comunione di azienda e non, invece, nell’ipotesi inversa di passaggio da società in comunione d’azienda o in impresa in titolarità individuale) determina dunque
una situazione assimilabile a quelle previste nell’art. 2643 sotto il profilo del mutamento del centro di
imputazione dei rapporti giuridici attivi e passivi, e quindi anche sotto il profilo della titolarità dei sin(segue)
Studi e Materiali - 4/2014
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Trasformazione di società unipersonale in impresa individuale - Studio n. 545-2014/I
Per effetto dei suesposti principi, non sembrerebbe poi applicabile alla trasformazione in discorso la normativa:
- in tema di condono edilizio (art. 40 Legge 28 febbraio 1985, n. 47; art. 46
D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380);
- e di trasferimento dei terreni (art. 30 D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380) che
hanno entrambe riguardo a “gli atti tra vivi, sia in forma pubblica sia in forma
privata, aventi ad oggetto trasferimento o costituzione o scioglimento della comunione di diritti reali”;
- nonché quella sulla conformità catastale (art. 29, comma 1-bis, Legge 27
febbraio 1985, n. 52, che ha riguardo a «Gli atti pubblici e le scritture private autenticate tra vivi aventi ad oggetto il trasferimento, la costituzione o lo scioglimento di comunione di diritti reali su fabbricati già esistenti, ad esclusione dei
diritti reali di garanzia, …»);
- sulla prestazione energetica (art. 6, comma 3, D.Lgs. 19 agosto 2005,
n. 192, che fa rifermento ai «contratti di compravendita immobiliare, negli atti di
trasferimento di immobili a titolo oneroso»);
- nonché a quelle relative alla prelazione dello Stato per la circolazione dei
beni culturali (art. 60 D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, che si riferisce a «i beni
culturali alienati a titolo oneroso o conferiti in società»).
5. CONCLUSIONI
Va dato atto, quindi, che, dalla riforma ad oggi, i precedenti giurisprudenziali,
che spesso si fondano su considerazioni poco persuasive, non appaiono favorevoli ad una soluzione positiva della questione.
E, tuttavia, paiono ormai particolarmente significative le argomentazioni sostanziali a sostegno della possibilità di una trasformazione in impresa in titolarità individuale, tenuto conto anche del fatto che, diversamente opinando, si corre
il rischio di pervenire a risultati incongrui riconoscendo una piena continuità alla
sola vicenda trasformativa che riguardi la contitolarità di un complesso di beni
organizzati ma non concretamente utilizzati per l’attività di impresa, e negandola invece all’unico socio che intenda continuare ad utilizzare l’azienda in veste
di impresa individuale.
Si tratta, beninteso, di una soluzione che, ancorché appaia ormai ammissibile, riguarda una questione a tutt’oggi controversa, e che quindi presuppone una
prudente ponderazione dei rischi ad essa connessi anche per ciò che concerne
i profili operativi.
goli beni che sono compresi nel complesso aziendale. Se l’operazione in esame è valutata sotto
l’aspetto soggettivo, l’effetto che la stessa produce può essere considerato analogo a quelli propri
degli atti di cui all’art. 2643. In tale prospettiva può quindi argomentarsi, a differenza di tutte le altre
ipotesi di trasformazione, la necessità della trascrizione, per il tramite dell’art. 2645 c.c. (Maltoni, in
Maltoni - Tassinari, La trasformazione delle società, cit., 305).
704
Studi e Materiali - 4/2014
Vendita forzata e attestato di prestazione
energetica (alla luce delle recenti modifiche al
D.Lgs. 192/2005 di cui al D.L. 4 giugno 2013, n. 63
convertito con Legge 3 agosto 2013, n. 90
e di cui D.L. 23 dicembre 2013, n. 145 conv. in
Legge 21 febbraio 2014, n. 9)
Studio n. 263-2014/C
Elisabetta Gasbarrini
Approvato dall’Area Scientifica - Studi Pubblicistici il 15 maggio 2014
Approvato dal CNN il 20 giugno 2014
LO STUDIO IN SINTESI (ABSTRACT)
La disciplina contenuta nel D.Lgs. 192/2005 origina dalla necessità di dare attuazione a quanto prescritto dalla normativa europea che, nel perseguimento di
una maggiore efficienza energetica degli edifici sul territorio degli Stati membro, è
certamente rivolta a disciplinare la sola attività negoziale/contrattuale di circolazione dei beni immobili, lasciando al diritto interno dei singoli Stati membro la regolamentazione della materia in termini di procedimenti giudiziari.
Nel nostro sistema interno nazionale, la vendita coattiva per l’attuazione (forzata e giudiziale) del diritto di credito insoddisfatto è tradizionalmente regolata da
una disciplina speciale: quanto al contenuto, alla forma, ai mezzi di impugnazione
e alla stabilità del provvedimento giudiziale che la attua; pertanto, una disciplina
destinata a regolare una vendita negoziale e a sanzionare una sola o entrambe le
parti di una compravendita consensuale non può considerarsi automaticamente
applicabile ad essa e, in assenza di espressi ed inequivocabili indici normativi,
l’indagine interpretativa deve tenere conto della delicata e particolare materia processuale/giudiziale che coinvolge interessi pubblici il cui bilanciamento non a caso
è riservato in esclusiva al legislatore nazionale.
Né nell’originaria formulazione dell’art. 6 del D.Lgs. 192/2005 né nelle riformulazioni che si sono succedute fino a quella attualmente vigente (dal 22 febbraio
2014) sono, a nostro parere, rinvenibili sicuri indici della volontà del legislatore
nazionale (unico legittimato a regolare la materia processuale) di attrarre ed includere nella disciplina prevista (e adeguatamente sanzionata) anche le vendite
forzate attuate a mezzo di decreto di trasferimento in ambito giudiziale.
La espressa estensione (da ultimo) dell’obbligo di allegazione dell’attestato di
prestazione energetica agli “atti di trasferimento a titolo oneroso” ben può essere
Studi e Materiali - 4/2014
705
Vendita forzata e attestato di prestazione energetica - Studio n. 263-2014/C
interpretata come semplicemente intesa a ricomprendere tutta una serie di atti
(sempre contrattuali) che nel linguaggio interno nazionale potevano non ritenersi
ricompresi nel termine precedentemente utilizzato di “vendita”.
Sembrano piuttosto rinvenibili diversi indizi sia sul piano letterale che su quello
sistematico nel senso della non estensione alle vendite forzate giudiziali degli obblighi e delle sanzioni ivi previsti:
- il riferimento espresso ad una “clausola” contenente una certa dichiarazione
dell’acquirente;
- il riferimento espresso al “contratto” a proposito dell’obbligo di allegazione;
- il principio di legalità e tipicità delle sanzioni amministrative in generale e,
quindi, la loro non estensibilità a soggetti diversi da quelli indicati nella norma di
legge (le parti della vendita) che, però, nel caso di vendita forzata, non possono ritenersi in alcun modo responsabili del contenuto del provvedimento del giudice
con cui viene effettuato il trasferimento (in forma di decreto);
- la complessiva disciplina della vendita forzata che si caratterizza, tra l’altro,
per essere coattiva e funzionale all’attuazione del diritto di credito, secondo uno
statuto che tiene conto di interessi di ordine pubblico di grado almeno pari a quelli
perseguiti dalla normativa in ambito energetico.
Come è stato in altre sedi rilevato, la disciplina in ambito energetico è oggetto
di sempre più intensa attenzione in ambito europeo, come in continua evoluzione
è anche il processo di riavvicinamento delle discipline nazionali in ambito di circolazione di immobili e di attuazione coattiva e giudiziaria del diritto di credito, ma allo stato attuale dell’evoluzione normativa interna ed europea non ci sembra si
possa dubitare del fatto che la vendita attuata a mezzo di provvedimento giudiziale nell’ambito dell’esecuzione forzata come disciplinata dal legislatore italiano goda di uno statuto del tutto speciale sottratto a quello della vendita contrattuale che
è, appunto, oggetto del D.Lgs. 192/2005.
E se anche non si volesse escludere a priori un’interpretazione che ritenesse
applicabile anche al trasferimento in ambito giudiziale coattivo la normativa in
tema di dotazione e di allegazione dell’attestato di prestazione energetica (contrariamente a quanto qui sostenuto), le eventuali violazioni non potrebbero comunque mai determinare l’applicabilità delle sanzioni amministrative ivi previste,
infatti:
- non si vede come possa applicarsi la sanzione prevista per la violazione
dell’obbligo di dotazione (a carico del solo proprietario nel caso di vendita) a chi
subisce coattivamente l’alienazione del proprio bene;
- non sembrano applicabili agli organi della procedura o al creditore procedente le responsabilità civili conseguenti alla violazione degli obblighi di informativa
precontrattuale previsti in ambito energetico (informazioni e consegna della documentazione in fase di trattativa), in quanto, una volta esaurite le eventuali contestazioni su presunte irregolarità della vendita, non è comunque data la responsabilità per vizi nella vendita forzata;
- né sembrano irrogabili alle parti della vendita (visto che il decreto di trasferimento è atto unilaterale del giudice e non contratto) le sanzioni amministrative
previste per la violazione dell’obbligo di inserimento della clausola (con la quale
l’acquirente dichiara di avere ricevuto le informazioni e la documentazione tra cui
l’attestato) o dell’obbligo di allegazione (“al contratto”) dell’attestato di prestazione
energetica, previsti dall’art.6 per i “contratti di compravendita” e gli “atti di trasferimento di immobili a titolo oneroso”, se il decreto di trasferimento è atto del Giudice delle Esecuzioni sul cui contenuto le parti non possono incidere.
706
Studi e Materiali - 4/2014
Studi Pubblicistici
Quanto, infine, all’obbligo di inserimento delle caratteristiche energetiche del
bene offerto in vendita in caso di annuncio con i mezzi di pubblicità commerciali e
alla sanzione prevista in caso di sua violazione a carico del “responsabile
dell’annuncio”, come sopra già meglio esplicitato, si è pervenuti per esclusione a
sole due letture possibili:
- la prima, a nostro avviso preferibile, secondo cui la disposizione andrebbe
letta in coordinamento con tutte le altre, e, quindi, rivolta alle sole vendite consensuali;
- la seconda che propone una frattura tra questa e tutte le altre disposizioni
dell’articolo 6 (e che presuppone che il responsabile dell’annuncio sia in grado di
conoscere se il bene sia stato dotato di attestato), secondo cui, ogni volta che dalla documentazione agli atti risulti la dotazione, l’annuncio dovrebbe indicare le caratteristiche energetiche del bene.
Forse il decreto previsto per l’adeguamento del D.M. 26 giugno 2009 destinato
a prevedere, tra l’altro, la definizione di uno schema di annuncio di vendita per
esposizione nelle agenzie immobiliari (!) potrà fornire ulteriori argomenti a favore
della prima (o della seconda) interpretazione proposta, ma è certamente opportuno, anche in un’ottica di efficienza del sistema che il professionista eventualmente
delegato alla vendita, prima di effettuare gli adempimenti pubblicitari, verifichi
sempre se l’attestato di prestazione energetica sia agli atti e ne tenga conto nella
redazione dell’avviso di vendita.
Le conclusioni fin qui raggiunte non escludono naturalmente che l’applicazione
delle norme di diritto processuale, nei diversi istituti e nelle diverse fasi del procedimento, possano comportare diversi e specifici obblighi degli ausiliari del Giudice, in ottemperanza alle direttive ed istruzioni da questi loro impartite, nel rispetto
dei principi che governano la materia delle vendite forzate.
La riflessione è importante per chiarire che il principio di corretta informazione
delle caratteristiche dei beni posti in vendita è, comunque, presente con proprie
peculiarità anche nella vendita forzata, ma con ricadute in caso di sua violazione
sulla validità degli atti processuali secondo la disciplina della stabilità della vendita
forzata, che dipendono dalla gravità del difetto di informazione e dal momento in
cui lo stesso è fatto valere.
Pertanto, la valutazione circa l’estensione di discipline pensate per la vendita
consensuale a quella coattiva giudiziale, pur in alcuni casi opportuna sul piano
della competitività della vendita forzata, deve sempre tenere conto e della natura
coattiva della vendita forzata e dei meccanismi processuali che governano il
processo esecutivo e che rimettono al Giudice dell’Esecuzione, in assenza di
un’espressa previsione normativa diversa, la direzione del processo.
Non a caso la Costituzione riserva la materia del diritto processuale (che regola l’attività giudiziaria) in esclusiva al legislatore nazionale, in considerazione del
delicato e necessario bilanciamento degli interessi in gioco sempre di ordine pubblico e di livello nazionale.
Sommario: 1. Premessa. - 2. Conclusioni raggiunte nel vigore della formulazione del
D.Lgs. 192/2005 vigente fino al 3 agosto 2013. Esclusione della vendita forzata
dal perimetro di applicazione del D.Lgs. 192/2005. - 3. Le novità apportate dal
D.L. 63/2013 convertito in Legge 90/2013 e il bilanciamento degli interessi in gioco da parte del legislatore statale. - 4. I nuovi artt. 6 e 15 del D.Lgs. 192/2005 a
Studi e Materiali - 4/2014
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Vendita forzata e attestato di prestazione energetica - Studio n. 263-2014/C
seguito delle novità apportate dal D.L. 63/2013 convertito in Legge 90/2013. Argomenti a favore della non applicazione della disciplina prevista alla vendita forzata a mezzo di decreto di trasferimento. - 5. Consequenziale irrilevanza rispetto
alle vendite forzate attuate a mezzo di decreto di trasferimento ex art. 586 c.p.c.
del comma 8 dell’art. 1 del D.L. 145/2013. - 6. Il D.L. 23 dicembre 2013, n. 145
(c.d. “destinazione Italia”) oggi convertito con Legge 21 febbraio 2014, n. 9 e la
disciplina attualmente vigente in tema di allegazione dell’APE agli atti di trasferimento a titolo oneroso. Argomenti a favore della non applicazione della disciplina
prevista alla vendita in sede di espropriazione forzata a mezzo di decreto di trasferimento. - 7. Opportunità della dotazione dei beni posti in vendita in sede esecutiva dell’attestato di prestazione energetica sotto il profilo della competitività
della vendita forzata e opportunità dell’allegazione dell’attestato di prestazione
energetica agli atti al decreto di trasferimento (o della sua consegna
all’aggiudicatario) sotto il profilo dell’economia del sistema. - 8. Conclusioni.
1. PREMESSA
Alla luce delle modifiche normative che da ultimo hanno interessato la materia, prima reintroducendo l’obbligo di allegazione del documento attestante la
prestazione energetica degli edifici agli atti di compravendita a pena di loro nullità, poi, in un susseguirsi (in alcuni casi non coordinato) di provvedimenti normativi, volti a correggere la formulazione dell’art. 6 del D.Lgs. 192/2005 1 (anche disciplinando materie specifiche e diverse), limitando o rinviando gli effetti di tale
sanzione, e sollecitati dai numerosi quesiti che pervengono in ordine all’applicabilità o meno della riformulata disciplina anche alle “vendite forzate”, pare
estremamente utile in questo momento riprendere l’argomento già a suo tempo
affrontato nello studio del CNN n. 12-2011/E, “Certificazione energetica ed
1
Ci riferiamo al fatto che:
- la legge di stabilità (27 dicembre 2013 n. 147) all’art. 1, comma 139, lett. a), intervenendo non
sull’art. 6 del D.Lgs. 192/2005, ma sul D.L. 63/2013 (che lo aveva a suo tempo modificato), aveva
anteposto un inciso («A decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto di adeguamento di cui
al comma 12») al comma 3-bis dell’art. 6 del D.Lgs. 192/2005 che poche ore prima un altro D.L. (il
n. 145/2013 oggi convertito in legge) aveva abrogato proprio a partire dal 24 dicembre 2013;
- il decreto mille proroghe (D.L. 30 dicembre 2013 n. 151 in vigore dal 31 dicembre 2013, ma
non convertito in legge) in data successiva alla predetta abrogazione richiamava all’art. 2, comma 5,
lo stesso comma 3-bis dell’art. 6 del D.Lgs. 192/2005 in materia di dismissioni del patrimonio pubblico, per escluderne l’applicazione (nullità del contratto) oltre che per stabilire che l’attestato potesse essere acquisito successivamente.
Si veda da ultimo la segnalazione su CNN Notizie del 10 gennaio 2014 Decreto “Destinazione
Italia”, Legge di Stabilità, Decreto Milleproroghe e certificazione energetica, a cura di A. Ruotolo e
M.L. Cenni e già in CNN Notizie del 24 dicembre 2013 Il Decreto “Destinazione Italia” - Le novità in
materia di certificazione energetica, di G. Rizzi.
708
Studi e Materiali - 4/2014
Studi Pubblicistici
espropriazione forzata” 2 per verificare se le conclusioni allora raggiunte possano considerarsi ancora attuali e con quali conseguenze pratiche.
Il momento è particolarmente propizio ad una riflessione in quanto il D.L.
145/2013, è stato ora convertito 3 nella sua formulazione definitiva e risultano di
fatto eliminati dal panorama normativo quei 2 riferimenti al comma 3-bis dell’art. 6
del D.Lgs. 192/2005 4, che avevano creato non pochi problemi di coordinamento e
dubbi interpretativi in quanto entrati in vigore in data successiva a quella della
abrogazione del medesimo comma 3-bis oggetto di loro disciplina 5, infatti:
- in sede di conversione del D.L. 145/2013 (con la Legge 9/2014 6) è stato
abrogato il riferimento al comma 3-bis, inopportunamente contenuto nella Legge 147/2013 7,
- il D.L. 151/2013, che all’art. 2 prevedeva “Disposizioni in materia di immobili pubblici” e richiamava la disciplina del comma 3-bis 8, non è stato convertito
ed è decaduto dal 28 febbraio 2014.
Ora, a prescindere dalla effettiva cronologia dei testi in vigore e in un’ottica di
semplificazione, l’argomento che qui interessa, con particolare riguardo alle disposizioni di cui all’art. 6 del D.Lgs. 192/2005, verrà analizzato solo alla luce:
- della disciplina in vigore fino al 24 dicembre 2013 e
- della disciplina attualmente in vigore a partire dal 22 febbraio 2014.
A completare il quadro normativo, pare poi utile ricordare quanto previsto dal
comma 8 dell’art. 1 del medesimo D.L. 145/2013 (convertito in Legge 9/2014) a
proposito delle violazioni al previgente comma 3-bis (mancata allegazione
dell’APE), commesse anteriormente al 24 dicembre 2013, ovvero che:
«Su richiesta di almeno una delle parti o di un suo avente causa, la stessa
sanzione amministrativa di cui al comma 3 dell'articolo 6 del decreto legislativo
n. 192 del 2005 si applica altresì ai richiedenti, in luogo di quella della nullità del
contratto anteriormente prevista, per le violazioni del previgente comma 3-bis
dello stesso articolo 6 commesse anteriormente all'entrata in vigore del presente decreto, purché la nullità del contratto non sia già stata dichiarata con sentenza passata in giudicato».
2
Approvato in data 20 gennaio 2012 e pubblicato su CNN Notizie del 22 marzo 2012.
Con Legge 21 febbraio 2014 n. 9 (pubblicata in Gazzetta Ufficiale 21 febbraio 2014, n. 43).
4
Che il D.L. 145/2013 aveva abrogato a partire dalla sua entrata in vigore (24 dicembre 2013),
ma a cui 2 provvedimenti entrati in vigore successivamente (la legge di stabilità e il D.L. 151 del
2013) facevano espresso riferimento.
5
Se pure il notariato aveva già suggerito la migliore interpretazione nel senso della non reviviscenza del comma 3-bis.
6
All’art. 7-ter.
7
Legge di stabilità, alla lett. a) del comma 139 dell’art. 1 modificava il D.L. 4 giugno 2013, n. 63,
convertito con modificazioni dalla Legge 3 agosto 2013, n. 90, disponendo che il comma 3-bis del
presente articolo, non più previsto dal D.L. 23 dicembre 2013, n. 145, fosse modificato come segue:
«A decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto di adeguamento di cui al comma 12, l'attestato di prestazione energetica deve essere allegato al contratto di vendita, agli atti di trasferimento
di immobili a titolo gratuito o ai nuovi contratti di locazione, pena la nullità degli stessi contratti».
8
Per esonerarne/correggerne l’applicazione in casi di dismissioni di beni pubblici.
3
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Vendita forzata e attestato di prestazione energetica - Studio n. 263-2014/C
La disposizione, infatti, incide significativamente e con effetto retroattivo sulla disciplina vigente fino al 24 dicembre 2013 e non può essere ignorata nel tentativo di definire il se e il come la normativa energetica si applichi alla vendita
forzata (quando attuata a mezzo di decreto di trasferimento ex art. 586 c.p.c.
nell’ambito di un procedimento espropriativo).
Ma andiamo con ordine, prendendo a base della riflessione le conclusioni
già raggiunte nel vigore della normativa vigente fino al 3 agosto 2013 per poi
verificare se le modifiche ad esse apportate abbiano inciso sul complessivo
quadro di riferimento fino ad includere nell’oggetto della normativa anche le
vendite forzate attuate a mezzo di un provvedimento giudiziario quale il decreto
di trasferimento ex art. 586 c.p.c.
2. CONCLUSIONI RAGGIUNTE NEL VIGORE DELLA FORMULAZIONE DEL
D.LGS. 192/2005 VIGENTE FINO AL 3 AGOSTO 2013. ESCLUSIONE
DELLA VENDITA FORZATA DAL PERIMETRO DI APPLICAZIONE DEL
D.LGS. 192/2005
In occasione del precedente studio del CNN n. 12-2011/E, “Certificazione
energetica ed espropriazione forzata” 9 a cui si rimanda per il dettaglio delle argomentazioni, alla luce della normativa in quel momento vigente, nonostante
alcune diverse opinioni espresse 10, si era giunti ad escludere la vendita forzata
in sede espropriativa dal perimetro di applicazione del D.Lgs. 192/2005 in base
al seguente percorso logico:
1. la normativa europea 11, cui quella nazionale debba dare attuazione, è rivolta a regolamentare le sole vendite in ambito commerciale/negoziale in funzione strumentale agli obiettivi primari perseguiti (di risparmio energetico) 12 oltre
che in un’ottica di tradizionale 13 tutela della trasparenza del mercato 14;
9
Approvato in data 22 marzo 2012.
Soprattutto relativamente alla legislazione vigente in alcune regioni (quali la Lombardia), nelle
quali era espressamente previsto l’obbligo di allegazione (del documento relativo alle caratteristiche
energetiche) anche al decreto di trasferimento in esito a vendita forzata.
11
In particolare la Dir. 2002/91/CE e la Dir. 31/2010/UE (cui all’epoca di redazione dello studio
non era ancora stata data a livello nazionale espressa attuazione).
12
In proposito la Dir. 2002/91/CE specifica:
- che lo Stato membro provvede «a che in fase di costruzione, compravendita o locazione di un
edificio, l’attestato di certificazione sia messo a disposizione del proprietario o che questi lo metta a
disposizione del futuro acquirente o locatario, a seconda dei casi» (art. 7, par. 1, primo periodo);
- che l’attestato comprende dati di riferimento che «consentano ai consumatori di valutare e raffrontare il rendimento energetico dell’edificio» (art. 7, par. 2);
- che «l’obiettivo di tali attestati è limitato alla fornitura di informazioni e qualsiasi effetto di tali
attestati in termini di procedimenti giudiziari o di altra natura sono decisi conformemente alle normative nazionali» (art. 7, par. 2).
13
Per la normativa europea.
14
In quanto allo stato attuale di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri:
(segue)
10
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Studi Pubblicistici
2. in ambito nazionale, esiste un riparto di competenza tra Stato e Regioni
(che pure sono tutte chiamate a dare attuazione alla legislazione europea), che
non deve essere travalicato a pena di illegittimità costituzionale 15;
3. una lettura attenta e contestualizzata del testo allora vigente del D.Lgs.
192/2005 e della sua evoluzione nel corso dei suoi primi 7 anni di applicazione
portava a ritenere che la stessa disciplina emanata a livello Statale (unica fonte
competente a regolamentare la materia processuale) fosse volta a regolamentare esclusivamente le vendite in sede negoziale/consensuale, in quanto:
- la c.d. vendita forzata, nella tradizione giuridica italiana, è istituto autonomo
e diverso dalla vendita negoziale sul piano della funzione (attuazione giudiziaria
del diritto di credito mediante vendita coattiva), della forma dell’atto di trasferimento (il provvedimento giudiziale) e della sua natura e stabilità (i mezzi e i motivi di impugnazione);
- nella disciplina di fonte statale non si è rinvenuto alcun indice espresso della volontà di uniformare la vendita giudiziale a quella negoziale, anzi,
l’evoluzione della disciplina (e degli articoli 6 e 15) ha confermato che l’oggetto
della regolamentazione Statale (in attuazione a quella europea) è stato proprio
quello (per la parte di disciplina che qui interessa 16) di gravare solo alcuni soggetti (i proprietari) di determinati obblighi, in occasione delle (sole) operazioni
commerciali di sfruttamento economico del bene da parte loro, in funzione di
stimolo al miglioramento della prestazione energetica degli edifici in vista della
monetizzazione del loro valore. L’effettività della normativa è stata perseguita
anche mediante l’individuazione di particolari doveri di informazione a tutela
dell’acquirente, sebbene sia indubbio che l’interesse protetto dalla normativa in
via primaria sia quello di censire lo stato energetico del patrimonio immobiliare
esistente negli Stati membro per la programmazione di un complessivo risparmio energetico nel territorio dell’Unione Europea.
- non sussiste una regolamentazione comune del diritto processuale che coinvolga le vendite
giudiziali degli immobili, neppure nel caso di fenomeni liquidatori transfrontalieri (anzi gli strumenti
normativi che hanno affrontato l’ambito delle procedure fallimentari transfrontaliere precisano sempre che si applicano le normativa dei singoli stati quando si tratti di liquidare beni immobili);
- le stesse Direttive nella loro formulazione lasciano intendere che non vi sia alcun obbligo di
uniformare un’ eventuale vendita in ambito giudiziale a quella commerciale/consensuale da esse direttamente disciplinate (art. 7 Dir. 2002/91/CE e art. 12, par. 7, Dir. 31/2010/UE).
15
In quanto la materia della vendita forzata in sede di espropriazione forzata è, allo stato attuale
della legislazione vigente, materia di diritto processuale riservata in esclusiva alla legislazione statale. Si vedano in proposito le argomentazioni di cui alla sentenza del Tribunale di Varese del 19 giugno 2009, in Giur. mer., 2009, 3040, anche se in relazione ad un atto della Giunta della Regione
Lombardia, qualificato come amministrativo. Nella pronuncia si parla di violazione dell’art. 117
Cost., sul riparto di competenze tra Stato e Regioni, di violazione dell’art. 3 Cost., sul principio di
eguaglianza, e di violazione dell’art. 111 Cost., sulla ragionevole durata e sui costi del processo.
16
Citare l’obbligo di dotazione in caso di costruzione e quella delle PA o dei luoghi aperti al
pubblico se c’era già.
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Vendita forzata e attestato di prestazione energetica - Studio n. 263-2014/C
D’altronde, quella di circoscrivere l’applicabilità di una normativa ai casi in
cui debba essere data pubblicità 17 al trasferimento della proprietà o alla costituzione di un diritto reale immobiliare è una tecnica per garantire effettività alla
norma che il legislatore ben conosce ed ha utilizzato anche in altri ambiti (nel
caso della disciplina urbanistica 18 che persegue l’interesse pubblico all’ordinato
sviluppo del territorio e nel caso della disciplina della conformità catastale
dei beni 19 che persegue l’interesse al corretto censimento dei beni immobili a fini tributari) coinvolgendo anche la responsabilità di altri soggetti (rispetto alle
parti), dotati di particolare qualifica e competenza, in caso di violazione della
norma 20.
Anche in questo ambito, sebbene il D.Lgs. non menzioni espressamente il
momento della stipula notarile, non mi pare si possa dubitare che il notaio,
chiamato a dare al trasferimento immobiliare la forma richiesta per la sua trascrizione, sia tenuto a verificare con le parti l’attuazione dei diversi obblighi previsti in occasione del trasferimento (dotazione, informazione, menzione, consegna e allegazione). Non a caso l’art. 2 del Decreto del Ministero dello Sviluppo
Economico del 22 novembre 2012 21 di modifica delle Linee Guida Nazionali per
la Certificazione Energetica degli Edifici (Decreto 26 giugno 2009), nel circoscrivere il campo di applicazione della normativa si riferisce in più passi e sembra dare per presupposto l’atto notarile di trasferimento 22 (mentre è chiaro che
17
E, quindi, è fisiologicamente coinvolto il notaio nell’esercizio della sua funzione di attribuzione
di pubblica fede agli atti negoziali.
18
Artt. 30 e 46 T.U. 380/2001 (già artt. 17 e 18 della Legge 47/1985) e art. 40 Legge 47/1985.
19
Art. 29, comma 1-bis, Legge 27 febbraio 1985, n. 52: «Gli atti pubblici e le scritture private autenticate tra vivi aventi ad oggetto il trasferimento, la costituzione o lo scioglimento di comunione di
diritti reali su fabbricati già esistenti, ad esclusione dei diritti reali di garanzia, devono contenere, per
le unità immobiliari urbane, a pena di nullità, oltre all'identificazione catastale, il riferimento alle planimetrie depositate in catasto e la dichiarazione, resa in atti dagli intestatari, della conformità allo
stato di fatto dei dati catastali e delle planimetrie, sulla base delle disposizioni vigenti in materia catastale…» (omissis).
20
Il conservatore ad esempio quanto alla non trascrivibilità di alcuni atti tra vivi, in forma pubblica o privata, cui non sia allegato il CDU nei casi previsti dalla legge (art. 30 T.U. 380/2001) e il notaio nel medesimo caso oltre che nei casi previsti dall’art. 46 quanto alla previsione della nullità
dell’atto tra vivi.
21
Modifica del decreto 26 giugno 2009, recante: «Linee guida nazionali per la certificazione
energetica degli edifici».
22
Art. 2 «Modifiche all'Allegato A del decreto ministeriale 26 giugno 2009. 1. Il paragrafo 2
dell'allegato A del decreto ministeriale 26 giugno 2009 è sostituito dal seguente:
«2. (Campo di applicazione). Ai sensi del decreto legislativo 192/2005, la certificazione energetica si applica agli edifici delle categorie definite in base alla destinazione d'uso dall'art. 3 del decreto del Presidente della Repubblica 26 agosto 1993, n. 412, indipendentemente dalla presenza di
impianti tecnologici esplicitamente o evidentemente destinati a uno dei servizi energetici di cui è
previsto il calcolo delle prestazioni.
A titolo esemplificativo e non esaustivo, sono esclusi dalla applicazione delle presenti Linee
guida, a meno delle porzioni eventualmente adibite a uffici e assimilabili, purché scorporabili agli effetti dell'isolamento termico: box, cantine, autorimesse, parcheggi multipiano, depositi, strutture stagionali a protezione degli impianti sportivi e altri edifici a questi equiparabili in cui non è necessario
garantire un confort abitativo.
(segue)
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Studi e Materiali - 4/2014
Studi Pubblicistici
nella vendita forzata, la presenza del notaio, in qualità di delegato alle operazioni di vendita, è del tutto eventuale, restando la delega notarile delle operazioni di vendita alternativa a quella ad altro professionista oltre che allo svolgimento delle stesse avanti al Giudice delle Esecuzioni e restando il decreto di
trasferimento atto del Giudice dell’Esecuzione).
Inoltre, può essere utile osservare che vi è solitamente corrispondenza tra
l’esclusione dall’applicazione di una certa disciplina all’atto negoziale di costituzione di diritti reali di garanzia sui beni immobili (ipoteca volontaria) e la medesima esclusione al trasferimento coattivo dei predetti beni immobili in sede giudiziale in attuazione del diritto di credito insoddisfatto 23.
Se è vero, infatti, che anche gli atti costitutivi di ipoteca volontaria su un bene immobile coinvolgono:
- il notaio quale pubblico ufficiale istituzionalmente preposto ad attribuire
pubblica fede all’atto negoziale sottostante, prima,
- il conservatore nel suo momento costitutivo in sede di iscrizione nei Registri Immobiliari, poi,
e se è vero che anche quello della costituzione di ipoteca volontaria potrebbe essere considerato dal legislatore, al pari della vendita, un momento di valorizzazione del proprio patrimonio da parte del proprietario del bene e, quindi,
un’occasione per regolarizzare o rendere conforme ad una prescrizione il bene,
il fatto che il legislatore abbia escluso l’applicabilità delle singole disposizioni a
questo tipo di atto è sempre indicativo del bilanciamento degli interessi in gioco
compiuto in sede normativa e della prevalenza dell’interesse allo snello esercizio del sistema creditizio rispetto a quelli perseguiti di volta in volta dalla singola
normativa.
Risulta, dunque, perfettamente armonica al sistema normativo interno
l’esclusione della “vendita forzata” dalle prescrizioni di cui al D.Lgs. 192/2005 se
si osserva la mancata inclusione, nel perimetro di applicazione della disciplina
sulla dotazione ed allegazione dell’attestato di prestazione, degli atti di costituSono altresì esclusi dall'obbligo di certificazione energetica al momento dei passaggi di proprietà:
a) i ruderi, previa esplicita dichiarazione di tale stato dell'edificio nell'atto notarile di trasferimento
di proprietà;
b) immobili venduti nello stato di "scheletro strutturale", cioè privi di tutte le pareti verticali esterne o di elementi dell'involucro edilizio, o "al rustico", cioè privi delle rifiniture e degli impianti tecnologici, previa esplicita dichiarazione di tale stato dell'edificio nell'atto notarile di trasferimento di proprietà. Resta fermo l'obbligo di presentazione, prima dell'inizio dei lavori di completamento, di una
nuova relazione tecnica di progetto attestante il rispetto delle norme per l'efficienza energetica degli
edifici in vigore alla data di presentazione della richiesta del permesso di costruire, o denuncia di
inizio attività, comunque denominato, che, ai sensi dell'art. 28, comma 1, della legge 9 gennaio1991,n.10,il proprietario dell'edificio, o chi ne ha titolo, deve depositare presso le amministrazioni competenti contestualmente alla denuncia dell'inizio dei lavori…» omissis.
23
Sia la norma in tema di conformità catastale (art. 29, comma 1-bis, Legge 52/1985) sia gli
artt. 17 e 18 della Legge 47/1985 che oggi gli artt. 46 e 30 del T.U. 380/2001 escludono dal loro
campo di applicazione e dalle nullità irrogate gli atti costitutivi di diritti reali di garanzia.
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zione volontaria di ipoteca immobiliare 24 e si riflette sul fatto che la vendita in
sede forzata è un’attività strumentale all’attuazione coattiva del diritto di credito
già sufficientemente accertato (e insoddisfatto), in un ambito (quello giurisdizionale) sottratto alla disciplina dei negozi inter vivos;
4. in ambito processuale di vendita forzata dei beni pignorati (ai sensi degli
art. 555-598 c.p.c.), l’interesse al “maggior realizzo possibile”, comune alle parti
contrapposte del processo esecutivo (i creditori e l’esecutato e/o il debitore) in
funzione della soddisfazione del diritto di credito, deve tenere conto nella fase
della vendita anche dell’interesse dei c.d. “terzi” (rispetto alle parti del processo), cioè gli interessati all’acquisto e gli aggiudicatari/acquirenti.
L’interesse dei terzi è, infatti, preso in considerazione nel tessuto normativo
che regola la vendita forzata:
- di origine recente quanto all’individuazione del contenuto della perizia di
stima 25 e all’introduzione del concetto di vendita “competitiva” 26;
- di tradizione più antica (ma rafforzata di recente 27) quanto al principio di tutela dei terzi aggiudicatari 28 e quanto al sistema delle impugnazioni della vendita
forzata e della stabilità della stessa (stabilità che trova il suo fondamento anche
nel principio di economia processuale).
Sebbene, infatti, l’art. 173-bis disp. att. c.p.c. 29 ci descriva dettagliatamente il
contenuto della perizia di stima, è ovvio che l’opportunità/necessità che la vendita
24
Nessuno dubita che la normativa, qui oggetto di approfondimento, in tema di obblighi e sanzioni nel caso di loro violazione non riguardi affatto gli atti costitutivi di ipoteca sui beni immobili.
25
Introduzione dell’art. 173-bis disp. att. c.p.c. in occasione della riforma del processo civile del
2005.
26
Concetto testualmente introdotto in ambito fallimentare (con la riforma del 2007), che individua lo schema della miglior vendita possibile secondo un criterio elastico che fa riferimento a concetti quali: la trasparenza, la pubblicità e l’apertura della vendita al maggior pubblico possibile, ecc.
(P. D’Adamo, Studio CNN n. 5-2007/E, Le procedure competitive all’interno della riforma della liquidazione dell’attivo, approvato dalla Commissione Esecuzioni Immobiliari e Attività Delegate il 7
marzo 2008).
27
Si pensi all’introduzione dell’art. 187-bis disp. att.c.p.c. in occasione della riforma del c.p.c. del
2005.
28
Talora tale interesse coincide con l’interesse del creditore al maggior realizzo possibile e alla
stabilità della vendita (art. 2919 c.c. quanto all’inopponibilità all’acquirente di ciò che non è opponibile al creditore procedente, art. 2922 c.c. quanto all’esclusione della garanzia per vizi) talaltra è indipendente dall’interesse del creditore (art. 2929 c.c. quanto all’inopponibilità all’aggiudicatario dei vizi
di regolarità del procedimento anteriori al provvedimento di autorizzazione alla vendita).
29
Art. 173-bis. (Contenuto della relazione di stima e compiti dell'esperto). «L'esperto provvede
alla redazione della relazione di stima dalla quale devono risultare:
1) l'identificazione del bene, comprensiva dei confini e dei dati catastali;
2) una sommaria descrizione del bene;
3) lo stato di possesso del bene, con l'indicazione, se occupato da terzi, del titolo in base al
quale è occupato, con particolare riferimento alla esistenza di contratti registrati in data antecedente
al pignoramento;
4) l'esistenza di formalità, vincoli o oneri, anche di natura condominiale, gravanti sul bene che
resteranno a carico dell'acquirente, ivi compresi i vincoli derivanti da contratti incidenti sulla attitudine edificatoria dello stesso o i vincoli connessi con il suo carattere storico-artistico;
(segue)
714
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Studi Pubblicistici
sia competitiva (per il raggiungimento del maggior realizzo possibile) ben può
suggerire al creditore procedente di chiedere e/o al G.E. di disporre (in attuazione del suo potere di direzione di cui all’art. 175 c.p.c.) ulteriori adempimenti
ed, in particolare, anche l’acquisizione dell’attestato di prestazione energetica,
laddove se ne rinvenga l’utilità/opportunità in occasione della vendita.
Dire che la dotazione (nel singolo caso o anche in generale) possa essere
opportuna per un miglior realizzo dalla vendita nell’interesse di tutte le parti del
processo (perché il bene può divenire maggiormente appetibile) e nell’interesse
dei terzi offerenti (che avranno un’informazione più trasparente prima e potranno acquistare un bene già dotato dopo) è cosa ben diversa dal dire che la disciplina prevista dal D.Lgs. 192/2005 si applichi alla vendita in sede forzata.
In proposito si è ricordato che, sul piano della validità e dei mezzi di impugnazione della vendita forzata, un’eventuale mancanza della dotazione di attestato di prestazione energetica, quand’anche fosse stata disposta dal G.E., non
sembra poter determinare una nullità del provvedimento di autorizzazione alla
vendita tale da inficiare la successiva aggiudicazione, ma una mera irregolarità
da far valere eventualmente con opposizione agli atti esecutivi da chi vi ha interesse nel consueto termine dei 20 giorni.
5. quanto infine all’obbligo, a suo tempo previsto 30, di inserire negli annunci
dal 1° gennaio 2012 l’indice di prestazione energetica, si era a suo tempo cercato di evidenziare come:
- nessun obbligo poteva comunque essere imputato, in ambito processuale,
al responsabile della pubblicazione laddove il bene non fosse stato dotato della
certificazione energetica o, comunque, dalla documentazione in atti non risultassero le caratteristiche energetiche dei beni pignorati;
- nessuna sanzione espressa era stata, comunque, prevista dalla legislazione statale (unica fonte competente a stabilire sanzioni che potessero interferire
5) l'esistenza di formalità, vincoli e oneri, anche di natura condominiale, che saranno cancellati
o che comunque risulteranno non opponibili all'acquirente;
6) la verifica della regolarità edilizia e urbanistica del bene nonché l'esistenza della dichiarazione di agibilità dello stesso previa acquisizione o aggiornamento del certificato di destinazione urbanistica previsto dalla vigente normativa.
L'esperto, prima di ogni attività, controlla la completezza dei documenti di cui all'articolo 567,
secondo comma, del codice, segnalando immediatamente al giudice quelli mancanti o inidonei.
L'esperto, terminata la relazione, ne invia copia ai creditori procedenti o intervenuti e al debitore,
anche se non costituito, almeno quarantacinque giorni prima dell'udienza fissata ai sensi dell'articolo 569 del codice, a mezzo posta elettronica certificata ovvero, quando ciò non è possibile, a mezzo
telefax o a mezzo posta ordinaria.
Le parti possono depositare all'udienza note alla relazione purché abbiano provveduto, almeno
quindici giorni prima, ad inviare le predette note al perito, secondo le modalità fissate al terzo comma; in tale caso l'esperto interviene all'udienza per rendere i chiarimenti». In vigore dal 1° marzo
2006.
30
Comma 8 dell’art. 6 del D.Lgs. 192/2005, nella versione vigente fino al 3 agosto 2013 ed oggetto
del precedente studio CNN n. 12-2011/E.
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Vendita forzata e attestato di prestazione energetica - Studio n. 263-2014/C
con l’attuazione della disciplina processuale) a carico di alcun soggetto nel caso
di violazione del predetto obbligo.
Pertanto, anche ammessa l’eventuale sussistenza di un obbligo di inserimento dell’indice di prestazione energetico nell’annuncio commerciale (quando
risultante dagli atti del processo) a carico del cancelliere o del delegato o del
gestore dell’annuncio commerciale, escluso che a livello di normativa regionale
potessero essere previste sanzioni amministrative a carico degli uffici giudiziari
(cioè in un ambito - il diritto processuale - di esclusiva competenza statale), si
era evidenziato che un’eventuale omissione avrebbe potuto presumibilmente
essere rilevata, salvo casi patologici 31, nei soli ristretti termini di impugnazione
dell’aggiudicazione o del decreto di trasferimento (i 20 giorni previsti per la proposizione dell’opposizione agli atti esecutivi), da parte delle parti del processo o
dell’offerente aggiudicatario (avendone interesse) non essendo data, una volta
trasferito il bene, la garanzia per vizi nel caso di vendita forzata.
3. LE NOVITÀ APPORTATE DAL D.L. 63/2013 CONVERTITO IN LEGGE
90/2013 E IL BILANCIAMENTO DEGLI INTERESSI IN GIOCO DA PARTE DEL
LEGISLATORE STATALE
Il D.L. 63/2013 convertito in Legge 90/2013 (con vigenza dal 4 agosto 2013)
ha inciso significativamente sia sul contenuto complessivo del D.Lgs.
n. 192/2005, in generale, che sulla parte relativa alla vendita dei beni immobili,
in particolare, e la sua disciplina, salvo alcune disposizioni di cui si dirà nel prosieguo, per quel che interessa (obblighi e sanzioni in tema di prestazione energetica dei beni in occasione della loro vendita) è ancora attuale e vigente.
Non solo, ma l’ultimissima normativa (il D.L. 145/2013 conv. in Legge
9/2014) nel rimodulare alcuni obblighi si è anche preoccupata di regolare (al
comma 8 dell’art. 1) la violazione dell’obbligo di allegazione dell’attestato al
“contratto” verificatasi prima della sua entrata in vigore, consentendo alle parti o
a un loro avente causa una sorta di sanatoria della “nullità del contratto” (se non
ancora dichiarata con sentenza passata in giudicato) mediante la richiesta di
applicazione del medesimo regime sanzionatorio oggi previsto per il caso di violazione dell’obbligo di allegazione (in sostituzione appunto della precedente
sanzione della “nullità del contratto”).
Risulta, pertanto, indispensabile sia per comprendere l’evoluzione normativa
che ha determinato la formulazione attuale della disposizione sia per sgombrare
il campo dal dubbio che il predetto comma 8 dell’art. 1 del D.L. 145/2013 32
possa riguardare anche trasferimenti avvenuti in ambito giudiziale ex art. 586
c.p.c., nel periodo che va dal 4 agosto 2013 al 24 dicembre 2013, esaminare
31
32
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Idonei a far ricadere il vizio in un caso di aliud pro alio.
Oggi convertito in legge.
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dettagliatamente anche la predetta disciplina (comma 3-bis dell’art. 6, vigente
fino al 24 dicembre 2013), sebbene oggi superata (dal nuovo comma 3 del medesimo art. 6) e verificare se la stessa, nel periodo di vigenza, possa avere inciso o meno sulle conclusioni già raggiunte nel precedente studio (non applicabilità alle vendite forzate giudiziali degli obblighi disciplinati in occasione della vendita di beni immobili e delle sanzioni previste in caso di loro violazione dal
D.Lgs. 192/2005), per poi, solo in un secondo momento e alla luce di tale esame, verificare se l’assetto normativo attuale (definito dai successivi provvedimenti normativi), si sia mantenuto nel solco dell’originaria interpretazione data,
secondo cui la disciplina in materia di attestazione energetica e sua allegazione
alla compravendita è rivolta a regolare solo atti negoziali inter vivos 33, o le modifiche attuate abbiano inciso così significativamente da attrarre nel perimetro di
applicazione degli obblighi e delle sanzioni ivi previste anche le vendite forzate
attuate a mezzo di provvedimento giudiziale in sede espropriativa.
Le novità apportate dal D.L. 63/2013 convertito in Legge 90/2013, per quel
che qui interessa, sono state 34:
1. a proposito dell’obbligo di dotazione:
a) la sostituzione della parola “vendita” alla formula “atto di trasferimento a titolo oneroso” (art. 6, attuale comma 2 che sostituisce il precedente comma 1-bis);
b) l’introduzione di una sanzione amministrativa (nuova) a carico del “proprietario” nel caso di violazione dell’obbligo di dotazione in occasione della
“vendita” (art. 15);
2. a proposito dell’obbligo di informazione all’acquirente:
a) l’introduzione dell’obbligo (nuovo) del “proprietario” di produrre l’attestato,
di renderlo disponibile al potenziale acquirente all’avvio delle “trattative” e di
consegnarglielo alla loro fine (nuovo art. 6, comma 2);
b) la riformulazione dell’obbligo (già precedentemente previsto) di inserimento “nel contratto di vendita” della clausola con cui l’acquirente dia atto di aver ricevuto le informazioni e la documentazione (comprensiva dell’attestato) in ordine alla prestazione energetica del bene;
3. a proposito dell’obbligo di allegazione del documento energetico all’atto di
vendita:
la reintroduzione dell’obbligo (relativamente nuovo, in quanto già precedentemente previsto, ma poi abrogato 35) di allegazione dell’APE al “contratto di
vendita” pena la “nullità del contratto”;
33
Sembra insistere sul c.d. “presupposto contrattuale” anche G. Rizzi, studio CNN n. 6572013/C, La certificazione energetica (dall’attestato di certificazione all’attestato di prestazione energetica), del 19 settembre 2013.
34
Si veda G. Rizzi, studio CNN n. 657-2013/C, La certificazione energetica (dall’attestato di certificazione all’attestato di prestazione energetica), del 19 settembre 2013, cit.
35
L'art. 6, commi 3 e 4, e l'art. 15, commi 8 e 9, D.Lgs. 192/2005 nella formulazione che prevedeva l’obbligo di allegazione a pena di nullità furono dall'art. 35 del D.L. 25 giugno 2008, n. 112,
convertito nella Legge 21 agosto 2008, n. 133.
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4. a proposito dell’obbligo di inserimento, in caso di offerta di vendita, negli
annunci “tramite tutti i mezzi di comunicazione commerciale” delle caratteristiche energetiche dei beni offerti:
a) la riformulazione, appunto, dell’obbligo di inserimento («gli indici di prestazione energetica dell’involucro e globale dell’edificio o dell’unità immobiliare
e la classe energetica corrispondente» anziché semplicemente «l’indice di prestazione energetica contenuto nell’attestato di certificazione energetica», gli
«annunci tramite tutti i mezzi di comunicazione commerciali» anziché «gli annunci commerciali» 36);
b) l’introduzione di una sanzione amministrativa (nuova) a carico del responsabile dell’annuncio (tramite i mezzi di comunicazione commerciale) di un’offerta
di vendita (art. 15, comma 10) e previsione di un Decreto successivo (art. 6,
comma 12) che predisponesse l’adeguamento delle Linee Guida 37 alle nuove
disposizioni prevedendo, tra l’altro, la definizione di uno «schema di annuncio di
vendita per esposizione nelle agenzie immobiliari che renda uniformi le informazioni sulla qualità energetica degli edifici fornite ai cittadini».
Sul piano del bilanciamento dei contrapposti interessi in gioco, che spetta al
legislatore statale, ci pare che la nuova formulazione del D.Lgs. 192/2005, risultante dalle modifiche di cui al D.L. 63/2013 conv. in Legge 90/2013, in attuazione della Dir. 2010/31/UE, rispetto alla precedente:
A. nel suo complesso, avuto riguardo a tutte le modifiche apportate, abbia
posto l’accento su un ridimensionato rapporto tra competenza statale e regionale o degli enti territoriali locali:
- è stato espressamente ribadito che la normativa di cui al D.Lgs. 192/2005
contiene “i principi fondamentali della materia” “vincolanti per la legislazione regionale” 38;
- l’omogeneità di attuazione della normativa su tutto il territorio nazionale è
stata descritta come obiettivo e finalità della disciplina e dell’attività degli Enti
territoriali 39;
- le funzioni delle Regioni e delle autonomie locali sono essenzialmente attuative dei controlli (per la parte già di loro competenza), della raccolta di dati e
del monitoraggio (dello stato di attuazione e dell’impatto sugli utenti e sul mercato immobiliare, ecc.), oltre che di elaborazione di programmi e proposte migliorative piuttosto che di produzione di legislazione integrativa.
B. nello specifico, per quanto riguarda la disciplina della vendita dei beni
immobili, nei suoi riformulati artt. 6 e 15, non abbia evidenziato in alcun passaggio la volontà di estendere (o confermare) un obbligo di dotazione e di
36
Art. 6, nuovo comma 8, che sostituisce il precedente comma 2-quater.
Nazionali per la certificazione energetica approvate con il D.M. 26 giugno 2009 (già modificate dal D.M. 22 novembre 2012) e che continuano a trovare piena applicazione anche se alcune disposizioni sono state trasfuse nel D.Lgs. 192/2005 v. Rizzi, cit., par. 1.2.
38
Art. 17 del D.Lgs. 192/2005.
39
Tra gli altri: art. 1, comma 2, lett. h), art. 9, comma 2.
37
718
Studi e Materiali - 4/2014
Studi Pubblicistici
informazione (sanzionato da specifiche conseguenze sul piano della validità
dell’atto o della responsabilità del venditore) alle vendite coattive in ambito giudiziario 40 (cioè in un ambito sostanzialmente diverso da quello degli atti negoziali inter vivos cui è certamente rivolta la normativa comunitaria), anzi la riperimetrazione dell’obbligo di dotazione al caso di “vendita” anziché di “atto di trasferimento a titolo oneroso” unitamente all’individuazione del “proprietario” come
soggetto responsabile di un obbligo di informazione nella fase delle “trattative”
41
, il preciso riferimento al “contratto di vendita” e alla “clausola” da inserirvi 42, alla “allegazione al contratto di vendita” e alla sanzione della “nullità del contratto”
(contrattuale) 43, unitamente anche alla previsione di cui alle Linee Guida (che
sembra dare per presupposto l’atto notarile di trasferimento della proprietà 44) e
a quella di cui al comma 12 dell’art. 6 che fa riferimento ad uno schema di annuncio 45 per esposizione nelle agenzie immobiliari hanno fornito ulteriore conferma all’interpretazione già a suo tempo adottata (nel vigore della precedente
disciplina) secondo cui, appunto, la disciplina di cui agli articoli 6 e 15 del D.Lgs.
192/2005 non è rivolta a disciplinare le vendite forzate in sede di espropriazione
giudiziale, ma (solo) la vendita in sede negoziale di mercato 46.
Ma proviamo ad esaminare più da vicino ciascun gruppo di disposizioni contenute nei riformulati artt. 6 e 15 del D.Lgs. 192/2005.
40
Le parole usate depongono in senso opposto e il continuo riferimento al “proprietario” e alla
terminologia propria della Direttiva fa pensare ad una preponderante volontà di attuare la disciplina
europea che, come già dimostrato, è rivolta alle sole vendite di natura commerciale con esclusione
di quelle in ambito giudiziario.
Inoltre, può essere utile segnalare che la locuzione "vendita, anche in forma coattiva," originariamente contenuta nello "Schema di decreto-legge per il recepimento della Direttiva 2010/31/UE
del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 maggio 2010, sulla prestazione energetica nell'edilizia, per la definizione delle procedure d'infrazione avviate dalla Commissione europea e proroga incentivi", non è stata riproposta nel testo del decreto poi approvato e convertito.
41
Art. 6, comma 2.
42
Art. 6, comma 3.
43
Art. 6, comma 3-bis.
44
Par. 2 dell’allegato A, nel quale ripetutamente, a proposito delle esclusioni si fa riferimento ad
apposita dichiarazione “nell’atto notarile di trasferimento di proprietà”.
45
Lett. c): «la definizione di uno schema di annuncio di vendita o locazione, per esposizione
nelle agenzie immobiliari, che renda uniformi le informazioni sulla qualità energetica degli edifici fornite ai cittadini».
46
G. Rizzi parla di “presupposto contrattuale” nello studio CNN n. 657-2013/C, La certificazione
energetica (dall’attestato di certificazione all’attestato di prestazione energetica), del 19 settembre
2013, cit.
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Vendita forzata e attestato di prestazione energetica - Studio n. 263-2014/C
4. I NUOVI ARTT. 6 E 15 DEL D.LGS. 192/2005 A SEGUITO DELLE NOVITÀ
APPORTATE DAL D.L. 63/2013 CONVERTITO IN LEGGE 90/2013.
ARGOMENTI A FAVORE DELLA NON APPLICAZIONE DELLA DISCIPLINA
PREVISTA ALLA VENDITA FORZATA A MEZZO DI DECRETO DI
TRASFERIMENTO
Mi pare sia difficile dubitare che alcune delle disposizioni contenute negli
artt. 6 e 15, nella riformulata versione vigente fino al 24 dicembre 2013, erano
(e in parte, in quanto tuttora vigenti, sono) rivolte a disciplinare certamente la
sola vendita consensuale.
Si tratta:
- dell’obbligo a favore del potenziale acquirente e a carico del “proprietario”
di produzione e messa a disposizione all’inizio delle trattative e di consegna alla
loro fine dell’attestato di prestazione energetica in caso di “vendita” 47, la cui violazione, non espressamente sanzionata, può essere inquadrata nella lesione
del dovere di lealtà e buona fede nella conduzione delle trattative con conseguente eventuale responsabilità “contrattuale o precontrattuale” dell’alienante
per eventuali vizi.
Osserviamo, però, che nella vendita forzata non vi è un proprietario che
svolge trattative e non è prevista per espressa disposizione normativa la garanzia per vizi. Dunque la nuova formulazione della norma è sembrata confermare
il perimetro (circoscritto agli atti negoziali) della disciplina già a suo tempo individuato;
- dell’obbligo di inserimento “nel contratto di vendita” di apposita “clausola”
con cui l’acquirente rilascia una certa dichiarazione di aver ricevuto le informazioni e la documentazione, comprensiva dell’attestato 48, la cui violazione (allora
non espressamente sanzionata) poteva essere ritenuta rilevante ancora una
volta in chiave di responsabilità contrattuale nei rapporti tra alienante e acquirente (oltre che in chiave di obbligo informativo da parte del notaio rogante 49).
47
Art. 6, comma 2: «Nel caso di vendita, di trasferimento di immobili a titolo gratuito o di nuova
locazione di edifici o unità immobiliari, ove l'edificio o l'unità non ne sia già dotato, il proprietario è
tenuto a produrre l'attestato di prestazione energetica di cui al comma 1. In tutti i casi, il proprietario
deve rendere disponibile l'attestato di prestazione energetica al potenziale acquirente o al nuovo locatario all'avvio delle rispettive trattative e consegnarlo alla fine delle medesime; in caso di vendita o
locazione di un edificio prima della sua costruzione, il venditore o locatario fornisce evidenza della
futura prestazione energetica dell'edificio e produce l'attestato di prestazione energetica entro quindici giorni dalla richiesta di rilascio del certificato di agibilità».
48
Secondo Rizzi, studio CNN n. 657-2013/C, cit., par. 4.1 la clausola ha ragione di esistere in
quanto si riferisce all’obbligo di consegna dell’attestato alla fine delle trattative, obbligo autonomo e
precedente rispetto all’obbligo di allegazione dell’attestato al contratto di vendita.
49
A proposito dell’informativa circa la conformità degli impianti in un caso per certi aspetti analogo si veda lo Studio CNN n. 710-2008/C di M. Ruotolo, I limiti di incidenza della normazione secondaria statale e della legislazione regionale sulla disciplina privatistica del rapporto contrattuale (a
(segue)
720
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Studi Pubblicistici
Nella vendita forzata, però, non vi è un “contratto”, ma un provvedimento
giudiziale coattivo che prescinde dal consenso del proprietario, non sarebbero
previste dichiarazioni dell’acquirente da inserire nel provvedimento giudiziario di
trasferimento 50 e, come già detto, non è data ai sensi dell’art. 2922 c.c. la responsabilità contrattuale per vizi, ma solo per opinione e giurisprudenza uniforme quella per evizione nella quale viene fatto rientrare il solo caso limite del c.d.
aliud pro alio 51;
- dell’obbligo di allegazione al “contratto di vendita” a pena di “nullità del contratto”.
Le parole utilizzate non hanno lasciato adito ad interpretazioni estensive al
di fuori dell’ambito negoziale vero e proprio 52. La vendita giudiziale coattiva in
ambito espropriativo forzato a mezzo di decreto di trasferimento non ha né la
struttura (provvedimento giudiziale senza parti) né i requisiti (l’alienante è coartato quindi ne manca il consenso) del contratto, conosce vizi e rimedi diversi da
quelli propri del negozio giuridico e il suo regime di stabilità dipende appunto
dalla sua natura di provvedimento giudiziale.
Vi erano, poi, due disposizioni (tuttora vigenti nella formulazione allora introdotta) che, sebbene potessero, senza particolari difficoltà, essere interpretate in
coordinamento con il resto della disciplina dettata (a nostro avviso prevista per
le sole vendite negoziali), hanno suscitato in qualcuno il dubbio sulla loro estensione a tutte le vendite e non solo a quelle “contrattuali”.
Si tratta:
- dell’obbligo di dotazione, (tuttora) previsto genericamente dal primo periodo del secondo comma dell’art. 6 in caso di “vendita” (e non più in caso di atto
proposito della normativa regolamentare sulla garanzia di conformità degli impianti e della legislazione regionale sul certificato energetico), in CNN Notizie del 20 febbraio 2009.
50
Se pure, è onesto ricordare che nella prassi dei tribunali è possibile vedere inserite nel testo
del decreto di trasferimento il richiamo a dichiarazioni dell’acquirente documentate agli atti (richiesta
di agevolazione prima casa, dichiarazione di acquisto come bene personale, ecc.).
51
Dunque la formulazione della norma sembrava aver confermato il perimetro (circoscritto ai
soli atti negoziali) della disciplina, sia in base ad un’interpretazione letterale (l’uso del termine “contratto” e “clausola”) sia in relazione al fatto che l’obbligo di inserimento sembrasse rivolto
all’alienante (o al notaio rogante) in chiave informativa.
52
Anzi si è perfino dubitato che in ambito di compravendita contrattuale la disposizione dovesse
ritenersi rigidamente applicabile laddove il trasferimento di beni immobili non fosse riferibile ad una
precisa ed espressa volontà negoziale. G. Rizzi, nello studio CNN n. 657-2013/C, La certificazione
energetica (dall’attestato di certificazione all’attestato di prestazione energetica), del 19 settembre
2013, cit. distingue dalle altre l’ipotesi di trasferimento contrattuale quella relativa ai diritti condominiali che seguono il bene principale, escludendola dall’obbligo di dotazione e di allegazione ( e conseguentemente dagli obblighi di informazione che gli sono propedeutici) in quanto vista come effetto
legale dell’atto negoziale principale: «Come si è già avuto modo di osservare, gli obblighi di dotazione/allegazione sorgono con la stipula di un atto traslativo (c.d. presupposto "contrattuale") e
quindi non possono che riguardare i beni che le parti intendono trasferire e non anche enti immobiliari il cui trasferimento avviene ex lege, a prescindere da qualsiasi manifestazione di volontà delle
parti».
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721
Vendita forzata e attestato di prestazione energetica - Studio n. 263-2014/C
di trasferimento a titolo oneroso), gravante il proprietario del bene con previsione, in caso di sua violazione, di una sanzione amministrativa a suo carico,
- dell’obbligo di inserimento negli annunci tramite tutti i mezzi di comunicazione commerciali dell’indice energetico e della classe corrispondente
dell’edificio o dell’unità immobiliare in caso di offerta di vendita, obbligo la
cui violazione determina espressamente (ma con formulazione sibillina) una
sanzione amministrativa a carico del “responsabile dell’annuncio” (art. 15,
comma 10).
Per quanto riguarda l’obbligo di dotazione ci sembra potessero deporre a favore di un’interpretazione restrittiva riferita alla sola vendita negoziale (o ai trasferimenti a titolo negoziale inter vivos) non tanto la lettera della legge che nella
nuova formulazione, tuttora vigente, parla di “vendita” (e non più di “nel caso di
trasferimento a titolo oneroso”) 53, quanto piuttosto:
- l’intenzione del legislatore, ricavabile dalla tecnica della formulazione che
ha posto l’obbligo di dotazione a carico del “proprietario” e che quindi sembrerebbe escludere il caso della vendita forzata nella quale il proprietario resta del
tutto estraneo al trasferimento 54;
- il fatto che l’obbligo di dotazione sembrava essere 55 funzionale e strettamente collegato all’informazione al potenziale acquirente descritta nei commi
successivi dell’art. 6 56 e alla successiva allegazione dell’attestato all’atto di
53
Se è vero che l’oscillazione da un termine all’altro in questo caso sia dipesa più dall’origine
della fonte comunitaria (che parla sempre di “vendita” per indicare il trasferimento commerciale/negoziale a titolo oneroso) che non da una reale volontà di eliminare l’obbligo di dotazione negli
altri casi di trasferimento di beni immobili che nel nostro sistema sono considerati ad essa omogenei sotto molti aspetti (quali la permuta, il conferimento di beni in società). In tal senso G. Rizzi, studio CNN n. 657-2013/C, La certificazione energetica (dall’attestato di certificazione all’attestato di
prestazione energetica), del 19 settembre 2013, cit., par. 2.3.
54
Così come accade per altre discipline che nel perseguire un interesse pubblico (quali quella
sulla conformità urbanistica e quella sulla conformità catastale dei beni immobili), gravano di responsabilità il privato in occasione della commercializzazione del bene.
55
Se si volesse, invece, ritenere che la vendita del bene sia ricostruita, nell’impianto della disciplina, come occasione per monitorare e censire il patrimonio immobiliare esistente e che il riferimento al “proprietario” possa essere letto estensivamente come riferito a chiunque disponga la
vendita in sua vece, sarebbe comunque necessario domandarsi se l’interesse di ordine pubblico al
“censimento del patrimonio immobiliare esistente” e alla “diffusione di una cultura di rispetto energetico” sia o meno prevalente rispetto a qualunque altro interesse pure di ordine pubblico che possa
venire in gioco in questo caso, quale quello, perseguito in ambito giudiziale e di espropriazione forzata, alla soddisfazione del diritto di credito (e di quello ipotecario in particolare) nel rispetto del
principio di separazione dei poteri e di autonomia dell’attività giudiziale rispetto all’attività amministrativa di irrogazione delle sanzioni.
56
Si legge nello studio di Rizzi, studio CNN n. 657-2013/C, cit., par. 2.3, a proposito
dell’interpretazione della parola vendita che se la “ratio” della norma che impone la dotazione (e la
successiva allegazione all’atto) dell’attestato di prestazione energetica è quella di assicurare all'acquirente (ora anche a titolo gratuito) una completa informazione circa la prestazione energetica,
nonché di fornire raccomandazioni per il miglioramento del rendimento energetico dell'edificio,
l’obbligo di dotazione (che appare funzionale all’obbligo di allegazione introdotto proprio dalla legge
90/2013 di conversione del D.L. 63/2013) dovrebbe ritenersi sussistere in occasione della stipula di
tutti gli atti inter vivos comportanti il trasferimento, a titolo “oneroso”, di edifici.
722
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Studi Pubblicistici
trasferimento che veniva (e viene tuttora) testualmente identificato in un
“contratto”.
Mentre ci pare restino validi gli argomenti sistematici già utilizzati nel vigore
della precedente disciplina:
- dell’autonomia e distinzione tradizionale del sistema processuale da quello
negoziale e della vendita forzata rispetto a quella negoziale,
- della prevalenza dell’interesse allo snello esercizio del credito e della sua attuazione rispetto ad altri interessi perseguiti dalla normativa nella materia energetica, prevalenza desumibile dal fatto che la norma, pur rivolta al proprietario nel
momento in cui dispone del suo bene e pur coinvolgendo di fatto la responsabilità
del notaio rogante (nullità contrattuale), non include nel suo perimetro applicativo
l’atto negoziale di costituzione volontaria di ipoteca immobiliare.
Preme, inoltre osservare che, anche a voler ammettere un virtuale obbligo di
dotazione nel caso di vendita forzata, la sua violazione sembrerebbe risultare
priva di sanzione sul piano amministrativo, in quanto:
- il principio di imputabilità, valido anche per le sanzioni amministrative, porta
ad escludere la sanzionabilità del proprietario, quando tale soggetto, come nella
vendita coattiva, subisce un’attività altrui e resta del tutto estraneo all’atto di trasferimento;
- i principi di tipicità e di legalità 57 delle sanzioni amministrative portano ad
escludere la sanzionabilità di altro soggetto in luogo del proprietario
dell’immobile (il Giudice dell’Esecuzione che non ha ordinato la dotazione o che
ha autorizzato la vendita o che ha emesso il decreto di trasferimento senza di
essa 58; il perito che non vi ha provveduto nonostante l’incarico ricevuto; il cancelliere o il delegato che abbiano provveduto alla pubblicità dell’avviso in difetto
di dotazione e il delegato che abbia proceduto all’aggiudicazione ciò nonostante; il creditore procedente che ha dato impulso alla vendita).
Per quanto riguarda, infine, l’inserimento dell’indice di prestazione e della
classe energetica negli annunci tramite tutti i mezzi di comunicazione commerciali, la disposizione, nella formulazione che è tuttora vigente, è forse quella che
57
Art. 1 della Legge 689/2011. Tra le altre Corte cost. 28/1996 quanto alla competenza della
legge regionale a stabilire sanzioni nelle materie in cui ha competenza legislativa; Cass., sez. II, 2
maggio 2007, n. 11826 e già Cass., sez. I, 22 gennaio 2004, n. 1081, quanto all’esclusione che
una circolare esplicativa di una legge possa estendere l’applicazione di una sanzione amministrativa ad una condotta non prevista dalla legge (in virtù del principio di legalità delle sanzioni amministrative ex art. 1 Legge 689/1981); Cass., sez. II, 26 aprile 2006, n. 9584 e Cass., sez. I, 18 gennaio
2005, n. 936, quanto all’esclusione che una fonte secondaria possa stabilire sanzioni amministrative, ma solo integrare i precetti di legge già sufficientemente determinati (a proposito di elementi
tecnici, ad esempio). L’art. 1, comma 2, Legge 689/2011 (che ricalca l’art. 14 disp. prel.) sancisce il
divieto dell’analogia. Si veda R. Giovagnoli - M. Fratini, Le sanzioni amministrative, Milano, 2009, 52
ss. La violazione del principio di legalità è rilevabile d’ufficio nel giudizio di opposizione alla sanzione amministrativa.
58
Né può essere invocato per l’autorità giudiziaria, il disposto di cui all’art. 4 della medesima
legge che si riferisce ad ipotesi diverse, quelle nelle quali vi sia un ordine dell’autorità contra legem
e l’autore operi in esecuzione di un ordine.
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Vendita forzata e attestato di prestazione energetica - Studio n. 263-2014/C
più interessa il notaio (il quale, in qualità di professionista delegato, è tenuto agli
adempimenti pubblicitari di cui al n. 2 del comma 2 dell’art. 591-bis c.p.c. e che,
pertanto, potrebbe essere considerato il responsabile dell’annuncio). Essa si
presta a molteplici letture che così possiamo riassumere:
1. la disposizione non solo è indipendente da qualsiasi altra prescrizione
dell’art. 6 ma, addirittura, determina un (automatico) obbligo di dotazione quando si intenda utilizzare la pubblicità commerciale, anche nei casi in cui la dotazione non sarebbe altrimenti prevista.
Questa interpretazione non sembra percorribile perché la tutela del mercato,
nell’impianto della normativa europea e in quella nazionale, è strumentale alla
realizzazione dell’obiettivo primario della dotazione e non il contrario 59;
2. la disposizione è parzialmente indipendente da qualsiasi altra prescrizione
contenuta dall’art. 6 e (senza introdurre un obbligo di dotazione dove esso non
sia altrimenti previsto) si limita a statuire che, laddove il bene sia dotato di attestato, gli annunci di offerta di vendita tramite tutti i mezzi di comunicazione
commerciali 60 debbano sempre contenere questa informazione a prescindere
dal sussistere degli obblighi di dotazione e di informazione di cui all’art. 6 del
D.Lgs. 192/2005.
Questa interpretazione è quella che più si avvicina al contenuto testuale della Direttiva che si è voluto attuare 61;
3. la disposizione è strettamente collegata alla sussistenza dell’obbligo di
dotazione che sorge in caso di commercializzazione negoziale dei beni immobili
(e ai conseguenti obblighi di informazione sulla prestazione energetica del bene
previsti nei commi 2, 3 e 3-bis del nuovo art. 6) e lo anticipa nel caso di offerta
di vendita al pubblico con mezzi commerciali 62. La disposizione si applicherebbe, pertanto, ai soli casi di vendita negoziale (per i quali è previsto l’obbligo di
dotazione) e va letta in unico contesto all’interno dell’art. 6 destinato a disciplinare, appunto, la sola vendita commerciale e contrattuale. La ratio potrebbe essere quella (presente anche nella previsione dell’obbligo di allegazione a pena
di nullità del contratto) di coinvolgere e responsabilizzare altri soggetti specializ59
Questa interpretazione (mi pare di fantasia e mai sostenuta da alcuno) non ha senso perché
contraddice alla disciplina nel suo complesso e finisce per invertire l’impianto della Direttiva e
della disciplina nazionale che è quello di utilizzare la tutela del mercato e degli utenti finali in funzione strumentale alla realizzazione graduale (in un corretto rapporto costi-benefici) degli obiettivi
prefissati.
60
Intendendo l’aggettivo “commerciali” riferito ai mezzi di comunicazione e non agli annunci.
61
Art. 12, par. 4, Dir. 2010/31/UE: «Gli stati membri dispongono che, in caso di offerta in vendita o locazione di:
- edifici aventi un attestato di prestazione energetica,
- unità immobiliari aventi un attestato di prestazione energetica,
l’indicatore di prestazione energetica che figura nell’attestato di prestazione energetica
dell’edificio o dell’unità immobiliare, secondo il caso, sia riportato in tutti gli annunci dei mezzi di
comunicazione commerciali».
62
Senza bisogno di proporre un’ulteriore lettura possibile, quella secondo cui l’aggettivo “commerciali” sarebbe riferito agli annunci di vendita e non ai mezzi di comunicazione.
724
Studi e Materiali - 4/2014
Studi Pubblicistici
zati nel settore immobiliare nell’attuazione delle finalità della disciplina e
nell’opera di informazione a favore di un mercato immobiliare che tenga conto
della qualità energetica dei beni;
mentre non pare proponibile un’interpretazione che, nel ritenere obbligatoria
la dotazione, anche nel caso di vendita forzata, e in assenza di una sanzione
per la sua violazione (non il proprietario che subisce la vendita coattiva, ma
neppure il Giudice delle Esecuzioni o il perito incaricato in quanto la sanzione
amministrativa è di stretta interpretazione), scarichi sul solo “responsabile
dell’annuncio” le conseguenze della violazione della prescrizione per mancata
disponibilità del dato da inserire (per mancata dotazione dell’immobile).
Ricordiamo, infatti, che il gestore dei siti accreditati o del quotidiano scelto
per la pubblicità obbligatoria, così come il professionista delegato o il cancelliere, sono tenuti ad eseguire la pubblicità su ordine del G.E. che dirige e coordina
tutte le operazioni di vendita e questi secondi, in particolare, predispongono
l’avviso di vendita in accordo alla stima del bene e alla documentazione in atti
privi del potere di disporre integrazioni alla documentazione presente nel fascicolo processuale o di sostenere spese senza l’autorizzazione del G.E.
Scartate, quindi, la prima e l’ultima interpretazione restano meritevoli di attenzione solo la seconda e la terza lettura.
La seconda lettura ipotizzata propone una frattura tra il contenuto di tutto
l’art. 6 e il suo comma 8.
Valorizzando una presupposta finalità di generale promozione e diffusione
della cultura del risparmio energetico (anche a prescindere dagli obblighi di dotazione e informazione al potenziale acquirente, previsti nel resto della norma),
in adesione a quanto effettivamente contenuto nella Direttiva Europea (ma per
le vendite negoziali), secondo tale interpretazione, ogni qual volta di fatto (e a
prescindere dalla sussistenza di un obbligo) il bene da porsi in vendita sia stato
dotato di attestato di prestazione energetica e agli atti risultano gli indici e la
classe energetici 63, il responsabile dell’annuncio dovrebbe darne indicazione
nell’annuncio commerciale di offerta di vendita.
Una sua eventuale omissione, oltre che determinare un’irregolarità della
vendita, potrebbe esporre a responsabilità amministrativa il responsabile
dell’annuncio che in alcuni casi potrebbe essere il delegato, ma in altri lo stesso
cancelliere (o il soggetto gestore della pubblicità incaricato di effettuarla).
Come altrove già detto, non ci pare, però, che sussistano indici per ritenere
che nel bilanciamento degli interessi in gioco e, al di fuori di quanto prescritto
dalla normativa europea, il legislatore statale abbia inteso regolare anche gli
63
Da questo punto di vista si potrebbe immaginare una futura applicazione sistematica della disposizione quando si raggiungerà l’obiettivo della realizzazione del catasto degli edifici, degli attestati di prestazione energetica e dei relativi controlli pubblici di cui all’art. 6, comma 12, 8), lett. d) e
sarà possibile reperire i dati da pubblicizzare mediante sua semplice consultazione.
Studi e Materiali - 4/2014
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Vendita forzata e attestato di prestazione energetica - Studio n. 263-2014/C
annunci della vendita giudiziale coattiva, vincolando l’attività degli uffici giudiziari coinvolti (ed esponendoli a responsabilità amministrativa).
L’ultima lettura possibile (e a nostro avviso preferibile) è, infine, quella che
colloca la singola disposizione nel contesto di tutta la disciplina di cui agli artt. 6
e 15 del D.Lgs. 192/2005, cioè nell’ambito della sola vendita negoziale, anticipando l’obbligo di dotazione dell’attestato e di rilascio delle informazioni circa le
caratteristiche energetiche dei beni al momento della pubblicità dell’offerta di
vendita, se si scelgano mezzi commerciali di pubblicità.
Ci pare che questa ultima interpretazione, sia nella formulazione del D.Lgs.
192/2005 in vigore fino al 24 dicembre 2013 sia in quella successiva che verremo nel prosieguo ad analizzare:
- meglio rispetti il tenore letterale delle disposizioni;
- sia più aderente alla ratio principale della normativa che è quella di dare attuazione alla Direttiva Comunitaria che non impone alcuna scelta in ambito giudiziario o processuale 64;
- non escluda che, in una logica non di obbligatorietà, ma di opportunità e
discrezionalità rimessa al Giudice delle Esecuzioni (che dirige e coordina il procedimento) e nel rispetto dello spirito che ha animato a suo tempo la riformulazione dell’art. 173 disp. att. c.p.c. (secondo il principio di trasparenza e di competitività della vendita giudiziale nell’interesse alla sua efficienza, caratterizzata
dall’apertura ad un più ampio mercato e da una maggiore tutela dell’affidamento
dei terzi), i Giudici delle Esecuzioni possano disporre la dotazione dell’attestato
di prestazione energetica o l’acquisizione delle informazioni energetiche già
esistenti sui beni da porsi in vendita e la loro corretta pubblicizzazione, laddove
il rapporto costi-benefici lo suggerisca 65;
- sia coerente con il collocamento della disposizione, ma anche dotata di
quella elasticità che consente alla materia processuale e giudiziale un adattamento all’evoluzione interpretativa e normativa della materia, evitando di inserire un momento di criticità automatica nell’ambito di una vendita, quella forzata a
mezzo di decreto di trasferimento giudiziale, certamente soggetta a disciplina
specifica di almeno pari ordine pubblico.
Resterebbe l’invito prudente, rivolto al professionista delegato, ad inserire
comunque e sempre, nell’annuncio di vendita effettuato con i mezzi commerciali,
64
Art. 7, par. 2, Dir. 91/2002/CE: «l’obiettivo di tali attestati è limitato alla fornitura di informazioni e qualsiasi effetto di tali attestati in termini di procedimenti giudiziari o di altra natura sono decisi
conformemente alle normative nazionali» e art. 12, par. 7, Dir. 31/2010/UE «L’obiettivo degli attestati di certificazione è limitato alla fornitura di informazioni e qualsiasi effetto di tali attestati in termini di procedimenti giudiziari o di altra natura sono decisi conformemente alle norme nazionali».
65
Pensiamo a realtà territoriali in cui i beni o il singolo bene abbia una buona prestazione energetica idonea ad incidere sul suo valore di stima o ad un futuro nel quale gli enti territoriali stipulino
convenzioni per contenere il costo di questi attestati come previsto e auspicato dal nuovo art. 10,
comma, 2 lett. b) valutazione dell’impatto sugli utenti finali dell’attuazione della legislazione di settore in termini di adempimenti burocratici, oneri posti a loro carico e servizi resi art. 9, comma 3-bis,
lett. b) attivazione di accordi con le parti sociali interessate alla materia.
726
Studi e Materiali - 4/2014
Studi Pubblicistici
le caratteristiche energetiche dell’edificio (se e come risultanti dall’elaborato peritale in atti) ad evitare qualsiasi contestazione sulla regolarità della vendita e in
un’ottica di corretta e trasparente informazione ai terzi.
5. CONSEQUENZIALE IRRILEVANZA RISPETTO ALLE VENDITE FORZATE
ATTUATE A MEZZO DI DECRETO DI TRASFERIMENTO EX ART. 586 C.P.C.
DEL COMMA 8 DELL’ART. 1 DEL D.L. 145/2013
La disamina fin qui compiuta, a proposito della normativa di cui al D.Lgs.
192/2005, dopo le correzioni apportatevi dal D.L. 69/2013 ma prima delle ultime
modifiche, ci pare utile, oltre che per la sua (parziale) attuale vigenza e per
comprendere l’evoluzione della normativa e le ragioni delle successive modifiche, per sgomberare il campo dal dubbio che il comma 8 dell’art. 1 del D.L.
145/2013, oggi convertito in legge, possa ritenersi applicabile anche ai decreti
di trasferimento ex art. 586 c.p.c. emessi fino al 24 dicembre 2013 senza alcun
riferimento alle caratteristiche energetiche dei beni trasferiti e senza allegazione
dell’attestato di prestazione energetica.
Come ci pare di avere dimostrato, la disciplina relativa all’obbligo di allegazione dell’APE al contratto a pena di sua nullità (in vigore fino al 24 dicembre
2013) non può essere considerata come rivolta ai provvedimenti di natura giudiziale e coattiva quali il decreto di trasferimento ex art. 586 c.p.c. in esito ad
espropriazione forzata e, pertanto, se mai ci fosse bisogno di riaffermarlo, si
vuole qui sottolineare che non si potrà porre mai e comunque (a prescindere
dall’interpretazione che si voglia dare all’attuale, riformulata disciplina oggi vigente), una questione di applicabilità della sanzione della nullità contrattuale né
una questione di applicabilità oggi della sanzione amministrativa (in luogo di
quella della nullità) di cui al comma 8 dell’art. 1 del D.L. 145/2013, ai decreti di
trasferimento ex art. 586 c.p.c. emessi fino al 24 dicembre 2013, senza alcun riferimento alle caratteristiche energetiche dei beni trasferiti e senza allegazione
dell’attestato di prestazione energetica 66.
Tale indicazione, oltre che tranquillizzare i delegati che abbiano curato le
operazioni di vendita nel caso di immobili comunque dotati dell’attestato di prestazione energetica (che se i beni non fossero stati dotati nemmeno si potrebbe
porre il problema), è rivolta a rassicurare anche i notai che siano richiesti di stipulare in un momento successivo atti dispositivi che presuppongano la validità
di un trasferimento anteriore effettuato a mezzo di decreto di trasferimento in
sede espropriativa forzata (successive rivendite, costituzione di diritti reali di garanzia sui beni acquistati, ecc.).
66
Prescritta dall’art. 6 del D.Lgs. 192/2005, ma per i (soli) atti negoziali tra vivi/ “contratti”.
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Vendita forzata e attestato di prestazione energetica - Studio n. 263-2014/C
6. IL D.L. 23 DICEMBRE 2013, N. 145 (C.D. “DESTINAZIONE ITALIA”)
OGGI CONVERTITO CON LEGGE 21 FEBBRAIO 2014, N. 9 E LA DISCIPLINA
ATTUALMENTE VIGENTE IN TEMA DI ALLEGAZIONE DELL’APE AGLI ATTI DI
TRASFERIMENTO A TITOLO ONEROSO. ARGOMENTI A FAVORE DELLA NON
APPLICAZIONE DELLA DISCIPLINA PREVISTA ALLA VENDITA IN SEDE DI
ESPROPRIAZIONE FORZATA A MEZZO DI DECRETO DI TRASFERIMENTO
Lasciando sullo sfondo il susseguirsi di provvedimenti che hanno determinato non pochi dubbi interpretativi circa la data di entrata in vigore della nuova
formulazione del comma 3 (e dell’abrogazione del comma 3-bis) dell’art. 6 del
D.Lgs. 192/2005, oggi vigente (a partire dal 22 febbraio 2014) veniamo finalmente ad esaminare l’ultima riformulazione della disciplina di nostro interesse.
L’art. 6 del D.Lgs. 192/2005 è rimasto immutato per quanto riguarda:
- l’obbligo di dotazione dell’attestato di prestazione energetica,
- l’obbligo di informazione ai potenziali acquirenti consistente nella produzione e messa disposizione dell’attestato durante le trattative 67 e nella sua consegna alla loro fine,
- l’obbligo di inserimento dell’indice di prestazione energetica e della classe
energetica corrispondente, negli annunci tramite mezzi di comunicazione commerciali (se pure leggermente riformulato);
Le modifiche rilevanti hanno invece riguardato:
- l’obbligo di informazione 68 attuato mediante l’inserimento nell’atto di trasferimento di una clausola (già prevista) «con la quale l'acquirente o il conduttore
dichiarano di aver ricevuto le informazioni e la documentazione, comprensiva
dell'attestato, in ordine alla attestazione della prestazione energetica degli edifici».
Tale obbligo è stato riformulato mediante:
a) la sostituzione della formula 69 “nei contratti di vendita” con quella “nei contratti di compravendita immobiliare, negli atti di trasferimento di immobili a titolo
oneroso…”;
b) l’introduzione di una (nuova) sanzione amministrativa pecuniaria in caso
di omessa dichiarazione a carico delle parti in solido e in parti uguali tra loro.
Novità, dunque, quanto all’estensione dell’obbligo, quanto ai suoi destinatari
e quanto ai responsabili della sua violazione e trasformazione di quella che
sembrava una norma a tutela del contraente/acquirente, con conseguenze sul
67
Si è già osservato che l’eventuale violazione di questo obbligo in ambito contrattuale sembrerebbe inquadrarsi nella lesione del dovere di lealtà e buona fede nella conduzione delle trattative
68
Fermo quello a favore del potenziale acquirente e a carico del “proprietario” di produzione e
messa a disposizione all’inizio delle trattative e di consegna alla loro fine dell’attestato di prestazione energetica.
69
Per quel che qui interessa, dunque, espungendo dalla discussione la regolamentazione degli
atti di trasferimento a titolo gratuito.
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Studi Pubblicistici
piano della responsabilità civile tra le parti dell’atto (o tutt’al più tra le parti e il
notaio che avesse omesso di esercitare i propri doveri di informativa 70) in una
norma a tutela di un interesse pubblico i cui destinatari e responsabili sono i
contraenti in posizione paritaria (in solido e in parti uguali).
- l’obbligo di allegazione dell’attestato di prestazione energetica (APE)
all’atto di trasferimento (già previsto a pena di nullità del contratto in quanto
reintrodotto 71 e vigente fino al 24 dicembre 2013).
Tale obbligo è stato riformulato, con disciplina identica a quella di cui sopra
circa la clausola contenente la dichiarazione dell’acquirente, mediante:
a) la sostituzione della formula 72 “nei contratti di vendita” con quella “nei contratti di compravendita immobiliare, negli atti di trasferimento di immobili a titolo
oneroso...”;
b) la sostituzione della precedente sanzione della nullità contrattuale con
una (nuova) sanzione amministrativa pecuniaria in caso di omessa allegazione
a carico delle parti in solido e in parti uguali tra loro.
La modifica merita una riflessione se si considera che la sanzione della nullità contrattuale (precedentemente prevista), sebbene più grave sul piano degli
effetti, risultava tecnicamente inapplicabile ad un trasferimento effettuato a
mezzo di provvedimento giudiziale, mentre la sanzione amministrativa oggi prevista (a carico delle parti in solido) potrebbe teoricamente preoccupare
l’acquirente da vendita forzata e, conseguentemente, il notaio delegato delle
operazioni di vendita che in sede di redazione della bozza del decreto di trasferimento, prima, e in sede di registrazione, poi, dovrebbe interrogarsi sul punto
(inserimento della clausola e allegazione dell’attestato).
Ci pare che il nodo da scogliere in proposito sia, dunque, stabilire:
- se la nuova formulazione dell’obbligo di inserimento della clausola e di allegazione dell’APE all’atto di trasferimento dei beni a titolo oneroso sia idonea o
meno ad attrarre nel proprio campo di applicazione anche le vendite forzate
giudiziali, ovvero:
- se tra “gli atti di trasferimento di immobili a titolo oneroso” possano/debbano rientrare anche i trasferimenti attuati con provvedimento giudiziale
in ambito espropriativo.
In proposito si osserva quanto segue:
- l’obbligo di allegazione è accostato a quello di inserimento di una clausola
contenente la dichiarazione dell’acquirente,
- il legislatore continua a parlare di allegazione “al contratto” della copia
dell’attestato di prestazione energetica,
70
Sul ruolo informativo del notaio (se pur nella vigenza della disciplina energetica anteriore) si
veda S. Metallo, Studio CNN n. 334-2009/C, La certificazione energetica degli edifici dal 1° luglio
2009, approvato dalla Commissione studi civilistici il 16 giugno 2009.
71
Dal D.L. 63/2013 convertito in Legge 90/2013.
72
Per quel che qui interessa, dunque, espungendo dalla discussione la regolamentazione degli
atti di trasferimento a titolo gratuito.
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Vendita forzata e attestato di prestazione energetica - Studio n. 263-2014/C
- vengono assoggettate al pagamento d una sanzione amministrativa pecuniaria da euro 3.000,00 a euro 18.000,00, in solido e in parti uguali, le parti (del
contratto di compravendita immobiliare e dell’atto di trasferimento di immobili a
titolo oneroso),
- la disposizione persegue e protegge l’interesse pubblico al censimento degli edifici e della loro prestazione energetica non più indirettamente, tutelando
un contraente o la trasparenza del mercato immobiliare, bensì direttamente
coinvolgendo le parti della compravendita o dell’atto di trasferimento e rendendole tutte responsabili del rispetto della disposizione,
- mentre è certo che l’allargamento dell’obbligo di allegazione agli “atti di trasferimento di immobili a titolo oneroso” abbia inteso attrarre nel suo campo di
applicazione (e in quello di inserimento della clausola contenente la dichiarazione dell’acquirente) tutti quei trasferimenti negoziali che nella sintassi del legislatore interno non erano automaticamente ricompresi nella formula “vendita” 73
(direttamente derivante dal linguaggio delle direttive europee), non è esplicito
né può considerarsi automatico che la formulazione ampia sia stata pensata per
ricomprendere anche tutti i trasferimenti attuati a mezzo di provvedimento giudiziale, in particolare quelli coattivi in caso di espropriazione forzata 74;
- la disposizione, infatti, non riguarda il caso di atto negoziale di costituzione
di un diritto reale di garanzia sui beni immobili (ipoteca volontaria);
- non sussistono indici normativi per ritenere che gli interessi di ordine pubblico perseguiti dalla disciplina in materia energetica siano sovraordinati ad altri
interessi di ordine pubblico perseguiti da altre normative 75, in particolare (in
questo caso) quelli che governano o a cui è funzionale la vendita forzata giudiziale in sede esecutiva: tutela del diritto di credito in generale e tutela della trasparenza e stabilità della vendita forzata in particolare, autonomia della funzio73
Casi che i più attenti commentatori ritenevano rientrare nel perimetro applicativo della disciplina in via interpretativa (G. Rizzi, studio CNN n. 657-2013/C, cit.).
74
In quanto non richiesto dalle direttive europee (come già detto, l’art. 7, par. 2, Dir. 2002/91/CE
e l’art. 12, par. 7, Dir. 31/2010/UE sono espliciti nell’escludere dall’ambito prescrittivo delle Direttive
effetti in ambito giudiziario) e in quanto l’impianto della disposizione tradisce l’intenzione del legislatore di regolare gli atti negoziali in forma di contratto.
75
L’intenzione del legislatore di posporre gli interessi perseguiti dal D.Lgs. 192/2005 ad altri interessi di ordine pubblico diversi anche in casi che avrebbero dovuto naturalmente esservi attratti è
stata, tra l’altro, di recente testimoniata dall’inserimento di una deroga espressa a questa medesima
normativa, nel caso di vendite in occasione della dismissione di “immobili pubblici”, anche se poi la
previsione è decaduta perché contenuta in un D.L. non convertito in legge nei termini. Il D.L. 30 dicembre 2013 n. 151 (oggi decaduto), prevedeva al suo art. 2, (oltre alla deroga alle prescrizioni in
tema di conformità catastale dei beni di cui ai commi 14 e 15 dell’art. 19 del D.L. 78/2010 conv. in
Legge 122/2010) l’esonero dall’obbligo, a pena di nullità, di allegazione dell’APE al contratto di vendita nel caso di dismissione di immobili pubblici. Si segnala che il legislatore ha di recente ripreso
per queste vendite molte delle prescrizioni e delle deroghe già previste per le alienazioni immobiliari
effettuate in ambito giudiziario coattivo (si pensi all’art. 3 del D.L. 30 novembre 2013, n.133 convertito in Legge 29 gennaio 2014, n. 5, che disciplina deroghe al regime delle nullità in ambito urbanistico e la riapertura dei termini per il condono).
730
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Studi Pubblicistici
ne giurisdizionale da quella amministrativa, durata ragionevole del processo ed
economia processuale.
Inoltre, se è vero che la disposizione ha assunto un connotato più pubblicistico rispetto al passato, non si può ignorare che nel nostro sistema la sanzione
amministrativa presuppone sempre una volontarietà o consapevolezza della
violazione o quantomeno la capacità di poter adempiere l’obbligo che si assume
violato, mentre è noto che né l’esecutato (proprietario e parte alienante nel trasferimento coattivo) né l’acquirente (l’offerente aggiudicatario) hanno alcun potere di incidere sul contenuto del decreto di trasferimento del giudice.
Essendo la sanzione amministrativa di stretta interpretazione, non potrebbe
neppure ritenersi che ne siano destinatari i Giudici delle Esecuzioni o il professionista delegato che si limita a predisporre la sola bozza del decreto ex art.
586 c.p.c.
Riteniamo, pertanto, che in virtù:
- della struttura complessiva della disposizione (la previsione di una sanzione amministrativa a carico delle parti dell’atto);
- dell’assenza di un dato letterale inequivoco che comporti l’estensione della
normativa oltre a quanto richiesto dalle stesse direttive europee (la materia contrattuale),
- della presenza di elementi letterali che lasciano, invece, intendere la volontà specifica di regolare il solo ambito negoziale/contrattuale dei trasferimenti
immobiliari (l’allegazione “al contratto”),
sia corretto interpretare le modifiche apportate come il frutto dell’intenzione
del legislatore di voler mitigare la precedente sanzione prevista (della nullità
contrattuale) riportando la violazione e la sua sanzione in un ambito diverso da
quello dell’invalidità e dell’inefficacia dell’atto 76.
La nullità contrattuale, infatti, non solo non era richiesta dalle direttive europee, ma finiva per provocare incertezze e criticità in un ambito, quello della circolazione dei beni, dove le ragioni della sicurezza e gli interessi di ordine pubblico da tutelare sono evidentemente risultati essere (alla luce di una rivisitazione dell’argomento da parte del legislatore) di grado pari (o superiore) a quelli
perseguiti dalla disciplina in ambito energetico.
Quanto alla formula “negli atti di trasferimento immobiliare a titolo oneroso”
inserita in occasione dell’eliminazione della sanzione della nullità del contratto,
la stessa può semplicemente essere letta come dettata dalla necessità di chiarire che la disciplina (in tema di clausola e allegazione) andasse estesa a tutta
una serie di atti negoziali che nel linguaggio normativo interno non erano automaticamente ricompresi nella formula precedente di “contratto di vendita” 77.
76
Con le note conseguenti anche dal punto di vista del notaio rogante l’atto.
Si veda quanto già scritto da G. Rizzi nello studio CNN n. 657-2013/C approvato dall’Area
Scientifica - studi pubblicistici 19 settembre 2013, La certificazione energetica (dall’attestato di certificazione energetica all’attestato di prestazione energetica), in CNN Notizie n. 191 del 25 ottobre
(segue)
77
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7. OPPORTUNITÀ DELLA DOTAZIONE DEI BENI POSTI IN VENDITA IN SEDE
ESECUTIVA DELL’ATTESTATO DI PRESTAZIONE ENERGETICA SOTTO IL
PROFILO DELLA COMPETITIVITÀ DELLA VENDITA FORZATA E OPPORTUNITÀ
DELL’ALLEGAZIONE DELL’ATTESTATO DI PRESTAZIONE ENERGETICA AGLI
ATTI AL DECRETO DI TRASFERIMENTO (O DELLA SUA CONSEGNA
ALL’AGGIUDICATARIO) SOTTO IL PROFILO DELL’ECONOMIA DEL SISTEMA
Se l’analisi fin qui compiuta porta ad escludere dal perimetro di applicazione
della disciplina del D.Lgs. 192/2005 i trasferimenti della proprietà effettuati in
sede esecutiva forzata a mezzo di decreto di trasferimento, in base a tutte le
argomentazioni già viste, ciò non esclude che sul piano dell’opportunità il Giudice dell’Esecuzione nell’esercizio del suo potere di direzione possa stabilire:
- che il perito stimatore doti l’immobile dell’attestato anche ai fini di una più
completa informazione relativa ai beni pignorati,
- che l’avviso di vendita destinato alla pubblicità contenga le informazioni
energetiche prescritte per il caso di “offerta di vendita” dal comma 8 dell’art. 6,
- che l’attestato stesso sia consegnato all’acquirente o sia allegato al decreto
di trasferimento.
Tali disposizioni giudiziali circa le modalità della vendita potranno trovare la
loro ratio nelle particolari caratteristiche del bene (ad es. un immobile di buona
classe energetica, della quale è quindi opportuno dare informazione) o semplicemente nella considerazione che un bene offerto in vendita con gli stessi elementi informativi previsti per le vendite negoziali potrà essere più facilmente
commerciabile.
Una volta poi che il bene sia stato dotato dell’attestato e che lo stesso sia
stato allegato alla perizia di stima, appare antieconomico lasciare il documento
nel fascicolo processuale anziché consegnarlo all’acquirente o allegarlo al decreto di trasferimento.
Da questo punto di vista sono condivisibili le istruzioni di alcuni Tribunali nel
senso di dotare i beni pignorati dell’attestato di prestazione energetica, incaricandone il perito in sede di stima, e di allegare, poi, lo stesso documento al decreto di trasferimento, in un’ottica di maggiore competitività della vendita, senza
2013, cit. a proposito dell’interpretazione del termine “vendita” di cui all’obbligo di dotazione «Si ritiene, pertanto, che sia opportuno procedere - anche sulla scorta delle conclusioni cui si è pervenuti
in precedenza in ordine all’interpretazione del termine “vendita”, all’applicazione della disciplina in
commento in occasione della stipula di tutti gli atti inter vivos comportanti il trasferimento, a titolo
“oneroso”, di edifici; sicuramente se ne deve ammettere l’applicazione anche all’atto di permuta,
quanto meno argomentando ex art. 1555 c.c. (“le norme stabilite per la vendita si applicano alla
permuta, in quanto con questa compatibili”); ma sarà, per i motivi sopra indicati, opportuno inserire
la dichiarazione di ricevuta informativa anche in tutti gli altri atti traslativi a titolo oneroso, quali ad
esempio, la datio in solutum, l’assegnazione di alloggi da parte di cooperative, il vitalizio, il conferimento in società, l’ assegnazione a soci in sede di liquidazione, ecc.)».
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Studi Pubblicistici
che ciò, però, comporti l’applicazione dell’apparato sanzionatorio previsto dalla
disciplina in materia energetica per le sole vendite negoziali e consensuali 78.
8. CONCLUSIONI
La disciplina contenuta nel D.Lgs. 192/2005 origina dalla necessità di dare
attuazione a quanto prescritto dalla normativa europea che, nel perseguimento
di una maggiore efficienza energetica degli edifici sul territorio degli Stati membro, è certamente rivolta a disciplinare la sola attività negoziale / contrattuale di
circolazione dei beni immobili, lasciando al diritto interno dei singoli Stati membro la regolamentazione della materia in termini di procedimenti giudiziari 79.
Nel nostro sistema interno nazionale, la vendita coattiva per l’attuazione
(forzata e giudiziale) del diritto di credito insoddisfatto è tradizionalmente regolata da una disciplina speciale: quanto al contenuto, alla forma, ai mezzi di impugnazione e alla stabilità del provvedimento giudiziale che la attua; pertanto, una
disciplina destinata a regolare una vendita negoziale e a sanzionare una sola o
entrambe le parti di una compravendita consensuale non può considerarsi automaticamente applicabile ad essa e, in assenza di espressi ed inequivocabili
78
La comunicazione del Giudice delle Esecuzioni Immobiliari del Tribunale di Firenze, in data
16 settembre 2013, prima delle ultimissime modifiche normative, parlava di interpretazione “comunitariamente orientata” a proposito dell’applicabilità della nuova disciplina anche alle vendite forzate.
In essa è stato disposto che i beni posti in vendita siano sempre dotati di APE e che lo stesso sia allegato al decreto di trasferimento. Tali istruzioni operative sono state date in un momento in cui
nessuna sanzione amministrativa era prevista per la violazione dell’allegazione dell’APE all’atto di
trasferimento a carico delle parti in solido.
Quanto, poi, all’invito da parte del Presidente della Sezione Fallimenti del Tribunale di Milano in
data 24 gennaio 2014 che parla di “regolarizzazione dei decreti di trasferimento” ed è rivolto ai curatori, lo stesso è stato impartito a seguito della lettera del 21 gennaio 2014 dell’Agenzia delle Entrate
- Capo Area dell’Ufficio Territoriale di Milano 1, indirizzata alla Cancelleria Sezione Fallimentare del
Tribunale di Milano, la quale, sul presupposto che anche i decreti di trasferimento rientrino negli “atti
di trasferimento a titolo oneroso” di cui alla nuova formulazione dell’art. 6, comma 3, del D.Lgs.
192/2005, e dopo aver richiamato:
- l’obbligo di inserimento della clausola con la quale l’acquirente dichiara di aver ricevuto le informazioni e la documentazione in ordine alla prestazione energetica dei beni,
- l’obbligo di allegazione di copia dell’APE all’atto,
- la sanzione amministrativa prevista in caso di violazione e la sua competenza alla contestazione in sede di registrazione,
ha invitato la Cancelleria della sezione Fallimentare ad integrare “la documentazione carente”,
entro i termini per la loro registrazione.
Ci pare che l’interpretazione data dall’Agenzia delle Entrate di Milano meriti un qualche approfondimento, per verificare, in particolare, se la stessa non abbia risentito anche del complessivo assetto legislativo della Regione Lombardia in materia energetica, piuttosto che della nuova dizione
del comma 3 dell’art. 6.
La questione ha una sua rilevante importanza se si consideri che le gli Uffici Territoriali
dell’Agenzia delle Entrate dovranno adottare criteri uniformi sul piano nazionale nella contestazione
delle violazioni e nella irrogazione delle sanzioni previste dalla normativa.
79
Le direttive escludono espressamente l’estensione ai procedimenti giudiziari che restano regolati dal solo diritto interno.
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Vendita forzata e attestato di prestazione energetica - Studio n. 263-2014/C
indici normativi, l’indagine interpretativa deve tenere conto della delicata e particolare materia processuale/giudiziale che coinvolge interessi pubblici il cui bilanciamento non a caso è riservato in esclusiva al legislatore nazionale.
Né nell’originaria formulazione dell’art. 6 del D.Lgs. 192/2005 né nelle riformulazioni che si sono succedute fino a quella attualmente vigente (dal 22 febbraio 2014) sono, a nostro parere, rinvenibili sicuri indici della volontà del legislatore nazionale (unico legittimato a regolare la materia processuale) di attrarre
ed includere nella disciplina prevista (e adeguatamente sanzionata) anche le
vendite forzate attuate a mezzo di decreto di trasferimento in ambito giudiziale.
La espressa estensione (da ultimo) dell’obbligo di allegazione dell’attestato
di prestazione energetica agli “atti di trasferimento a titolo oneroso” ben può essere interpretata come semplicemente intesa a ricomprendere tutta una serie di
atti (sempre contrattuali) che nel linguaggio interno nazionale potevano non ritenersi ricompresi nel termine precedentemente utilizzato di “vendita”.
Sembrano piuttosto rinvenibili diversi indizi sia sul piano letterale che su
quello sistematico nel senso della non estensione alle vendite forzate giudiziale
degli obblighi e delle sanzioni ivi previsti:
- il riferimento espresso ad una “clausola” contenente una certa dichiarazione dell’acquirente;
- il riferimento espresso al “contratto” a proposito dell’obbligo di allegazione;
- il principio di legalità e tipicità delle sanzioni amministrative in generale e,
quindi, la loro non estensibilità a soggetti diversi da quelli indicati nella norma di
legge (le parti della vendita) che, però, nel caso di vendita forzata, non possono
ritenersi in alcun modo responsabili del contenuto del provvedimento del giudice con cui viene effettuato il trasferimento (in forma di decreto);
- la complessiva disciplina della vendita forzata che si caratterizza, tra l’altro,
per essere coattiva e funzionale all’attuazione del diritto di credito, secondo uno
statuto che tiene conto di interessi di ordine pubblico di grado almeno pari a
quelli perseguiti dalla normativa in ambito energetico 80.
Come è stato in altre sedi rilevato, la disciplina in ambito energetico è oggetto di sempre più intensa attenzione in ambito europeo, come in continua evoluzione è anche il processo di riavvicinamento delle discipline nazionali in ambito
di circolazione di immobili e di attuazione coattiva e giudiziaria del diritto di credito, ma allo stato attuale dell’evoluzione normativa interna ed europea non ci
sembra si possa dubitare del fatto che la vendita attuata a mezzo di provvedimento giudiziale nell’ambito dell’esecuzione forzata come disciplinata dal legislatore italiano goda di uno statuto del tutto speciale sottratto a quello della
vendita contrattuale che è, appunto, oggetto del D.Lgs. 192/2005.
80
L’attuazione coattiva e giudiziale delle ragioni del credito insoddisfatto, l’affidamento dei terzi
nelle procedure giudiziali, la stabilità dei risultati ottenuti in ambito giudiziale (una volta esauriti i suoi
mezzi di impugnazione), il principio di autonomia tra i poteri dello stato.
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Studi e Materiali - 4/2014
Studi Pubblicistici
E se anche non si volesse escludere a priori un’interpretazione che ritenesse applicabile anche al trasferimento in ambito giudiziale coattivo la normativa
in tema di dotazione e di allegazione dell’attestato di prestazione energetica
(contrariamente a quanto qui sostenuto), le eventuali violazioni non potrebbero
comunque mai determinare l’applicabilità delle sanzioni amministrative ivi previste, infatti:
- non si vede come possa applicarsi la sanzione prevista per la violazione
dell’obbligo di dotazione (a carico del solo proprietario nel caso di vendita) a chi
subisce coattivamente l’alienazione del proprio bene;
- non sembrano applicabili agli organi della procedura o al creditore procedente le responsabilità civili conseguenti alla violazione degli obblighi di informativa precontrattuale previsti in ambito energetico (informazioni e consegna
della documentazione in fase di trattativa), in quanto, una volta esaurite le eventuali contestazioni su presunte irregolarità della vendita, non è comunque data
la responsabilità per vizi nella vendita forzata;
- né sembrano irrogabili alle parti della vendita (visto che il decreto di trasferimento è atto unilaterale del giudice e non contratto) le sanzioni amministrative
previste per la violazione dell’obbligo di inserimento della clausola (con la quale
l’acquirente dichiara di avere ricevuto le informazioni e la documentazione tra
cui l’attestato) o dell’obbligo di allegazione (“al contratto”) dell’attestato di prestazione energetica, previsti dall’art. 6 per i “contratti di compravendita” e gli “atti
di trasferimento di immobili a titolo oneroso”, se il decreto di trasferimento è atto
del Giudice delle Esecuzioni sul cui contenuto le parti non possono incidere.
Quanto, infine, all’obbligo di inserimento delle caratteristiche energetiche del
bene offerto in vendita in caso di annuncio con i mezzi di pubblicità commerciali
e alla sanzione prevista in caso di sua violazione a carico del “responsabile
dell’annuncio”, come sopra già meglio esplicitato, si è pervenuti per esclusione
a sole due letture possibili 81:
- la prima, a nostro avviso preferibile, secondo cui la disposizione andrebbe
letta in coordinamento con tutte le altre, e, quindi, rivolta alle sole vendite consensuali;
- la seconda che propone una frattura tra questa e tutte le altre disposizioni
dell’art. 6 (e che presuppone che il responsabile dell’annuncio sia in grado di
conoscere se il bene sia stato dotato di attestato), secondo cui, ogni volta che
dalla documentazione agli atti risulti la dotazione, l’annuncio dovrebbe indicare
le caratteristiche energetiche del bene.
Forse il decreto previsto per l’adeguamento del D.M. 26 giugno 2009 destinato a prevedere, tra l’altro 82, la definizione di uno schema di annuncio di vendita per esposizione nelle agenzie immobiliari (!) potrà fornire ulteriori argomenti a
81
Escludendo qualsiasi responsabilità nel caso in cui dalla documentazione agli atti il bene non
risulti essere stato dotato di attestato di prestazione energetica.
82
Art. 6, comma 12, lett. c) del D.Lgs. 192/2005.
Studi e Materiali - 4/2014
735
Vendita forzata e attestato di prestazione energetica - Studio n. 263-2014/C
favore della prima (o della seconda) interpretazione proposta, ma è certamente
opportuno, anche in un’ottica di efficienza del sistema che il professionista
eventualmente delegato alla vendita, prima di effettuare gli adempimenti pubblicitari, verifichi sempre se l’attestato di prestazione energetica sia agli atti e ne
tenga conto nella redazione dell’avviso di vendita.
Le conclusioni fin qui raggiunte non escludono naturalmente che l’applicazione delle norme di diritto processuale, nei diversi istituti e nelle diverse fasi
del procedimento, possano comportare diversi e specifici obblighi degli ausiliari
del Giudice, in ottemperanza alle direttive ed istruzioni da questi loro impartite,
nel rispetto dei principi che governano la materia delle vendite forzate.
La riflessione è importante per chiarire che il principio di corretta informazione delle caratteristiche dei beni posti in vendita è, comunque, presente con proprie peculiarità anche nella vendita forzata, ma con ricadute in caso di sua violazione sulla validità degli atti processuali secondo la disciplina della stabilità
della vendita forzata, che dipendono dalla gravità del difetto di informazione e
dal momento in cui lo stesso è fatto valere.
Pertanto, la valutazione circa l’estensione di discipline pensate per la vendita
consensuale a quella coattiva giudiziale, pur in alcuni casi opportuna sul piano
della competitività della vendita forzata, deve sempre tenere conto e della natura coattiva della vendita forzata e dei meccanismi processuali che governano il
processo esecutivo e che rimettono al Giudice dell’Esecuzione, in assenza di
un’espressa previsione normativa diversa, la direzione del processo.
Non a caso la Costituzione riserva la materia del diritto processuale (che regola l’attività giudiziaria) in esclusiva al legislatore nazionale, in considerazione
del delicato e necessario bilanciamento degli interessi in gioco sempre di ordine
pubblico e di livello nazionale.
736
Studi e Materiali - 4/2014
La tassazione dell’accordo conciliativo
accertativo dell’usucapione di beni immobili
Studio n. 156-2014/T
Annarita Lomonaco
Approvato dall’Area Scientifica - Studi Tributari il 30 ottobre 2014
Approvato dal CNN il 13-14 novembre 2014
LO STUDIO IN SINTESI (ABSTRACT)
Scopo del presente studio è quello di verificare, in primo luogo, in base a quali
criteri vada tassato l’accordo conciliativo di accertamento dell’usucapione di beni
immobili - considerato che sotto il profilo fiscale non è rilevante di per sé l’acquisto
a titolo originario per usucapione ma l’atto che lo accerta -, individuando le imposte al cui ambito applicativo esso vada eventualmente ricondotto, le relative aliquote e la base imponibile, per poi esaminare il regime applicabile tenuto conto
delle agevolazioni previste dall’art. 17, commi 2 e 3, D.Lgs. 28/2010 per gli accordi di conciliazione nell’ambito del procedimento di mediazione.
Con riguardo all’imposta di registro, si ritiene di privilegiare un’interpretazione
sistematica della norma antielusiva di cui all’art. 8, Nota II-bis, della tariffa, parte
prima, D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, tale da giustificare l’assoggettamento degli
accordi in esame all’imposta secondo le disposizioni di cui all’art. 1 della tariffa,
relative agli atti di trasferimento immobiliare a titolo oneroso.
L’accordo conciliativo accertativo dell’usucapione di beni immobili sarebbe
soggetto, quindi, all’imposta di registro secondo il sistema di tassazione introdotto
dall’art. 10 D.Lgs. 23/2011 per i trasferimenti immobiliari a titolo oneroso, ma tale
regola di tassazione deve essere coordinata con le agevolazioni previste dall’art.
17, commi 2 e 3, D.Lgs. 28/2010 per gli accordi di conciliazione nell’ambito del
procedimento di mediazione, così come individuati anche nella possibile sequenza documentale (di modo che l’accordo formato alla presenza del mediatore possa essere “completato” dall’autentica notarile o da un atto notarile che reiteri in
forma pubblica la medesima volontà negoziale manifestata nell’accordo stesso).
Con riguardo all’imposta sul valore aggiunto, l’accordo conciliativo accertativo
dell’usucapione, in caso di usucapito soggetto passivo IVA, potrebbe essere considerato rilevante agli effetti del suddetto tributo quale destinazione del bene a finalità estranee all’impresa o all’esercizio di un’arte o professione (se il bene era
stato in precedenza acquistato operando la detrazione dell’imposta).
Sommario: 1. Premessa. - 2. L’interpretazione sistematica del dato normativo
nell’ambito dell’imposta di registro. - 3. Gli orientamenti sulla tassazione delle
sentenze di accertamento dell’usucapione. - 4. L’usucapione nell’IVA e nelle
Studi e Materiali - 4/2014
737
Accordo conciliativo accertativo usucapione di beni immobili - Studio n. 156-2014/T
imposte dirette. - 5. Le agevolazioni di cui all’art. 17, commi 2 e 3, D.Lgs.
28/2010. - 6. Segue: e l’art. 10 D.Lgs. 23/2011. - 7. Sintesi conclusiva. Gli accordi
di mediazione che accertano l’usucapione di beni immobili nel sistema delle
imposte indirette.
1. PREMESSA
La legge di conversione del c.d. decreto del fare (Legge 9 agosto 2013, n. 98,
di conv. del D.L. 21 giugno 2013, n. 69) ha, tra le varie disposizioni, modificato
l’art. 2643 c.c., inserendovi il n. 12-bis relativo alla trascrivibilità degli accordi di
mediazione che accertano l’usucapione (cfr. art. 84-bis D.L. 69/2013 cit.).
Più precisamente l’art. 2643 n. 12-bis c.c. prevede l’obbligo di trascrizione
per «gli accordi di mediazione che accertano l’usucapione con la sottoscrizione
del processo verbale autenticata da un pubblico ufficiale a ciò autorizzato».
Si tratta di una disposizione che consente di superare i contrasti emersi in
giurisprudenza ed in dottrina in ordine all’ammissibilità di un accordo di accertamento dell’usucapione, e nella specie, di un accordo conciliativo diretto a tale
accertamento, ed alla sua trascrivibilità 1.
L’effettiva portata della norma, anche in ragione della sua collocazione
nell’ambito dell’art. 2643 c.c., è già stata oggetto di un ampio approfondimento
nello studio n. 718-2013/C (Krogh, La trascrizione dell’accordo conciliativo
accertativo dell’usucapione 2), attraverso un’indagine volta a verificare gli effetti
sostanziali tra le parti e nei confronti dei terzi di un accordo relativo all’accertamento dell’usucapione e gli effetti della pubblicità del medesimo accordo
all’interno del sistema della circolazione degli immobili.
Si rinvia, pertanto, al suddetto studio per ogni considerazione in ordine
all’inquadramento teorico dell’accordo di mediazione che accerta l’usucapione, da
intendere, in estrema sintesi, quale atto - diverso dalla transazione - avente ad
oggetto l’accertamento fra le parti dei presupposti previsti dalla legge per il perfezionamento dell’usucapione (con effetti preclusivi, rispetto ai fatti accertati, tra le
parti ed i loro aventi causa), il quale si inserisce nella logica della circolazione dei
diritti a titolo derivativo perché frutto di un atto rimesso alla volontà delle parti,
soggiacendo (a differenza della sentenza di accertamento dell’usucapione) alle
regole di cui agli artt. 2644 e 2650 c.c. in caso di conflitti con terzi aventi causa.
Scopo del presente studio è, invece, quello di verificare, in primo luogo, in
base a quali criteri vada tassato l’accordo - considerato che sotto il profilo fiscale, come meglio vedremo in seguito, non è rilevante di per sé l’acquisto a titolo
originario per usucapione ma l’atto che lo accerta -, individuando le imposte al
1
In ordine a tali contrasti v. Krogh, Ammissibilità di un accordo conciliativo ai sensi del D.Lgs. 4
marzo 2010, n. 28, avente ad oggetto il riconoscimento di un acquisto a titolo di usucapione e sua
trascrivibilità, Studio n. 3-2012/M, in Studi e materiali, 2013, 263 ss.
2
In Studi e materiali, 2014, 233 ss.
738
Studi e Materiali - 4/2014
Studi Tributari
cui ambito applicativo esso vada eventualmente ricondotto (imposte di registro,
ipotecaria e catastale, iva, imposte sui redditi), le relative aliquote e la base imponibile, per poi esaminare il regime applicabile tenuto conto delle agevolazioni
previste dall’art. 17, commi 2 e 3, D.Lgs. 28/2010 per gli accordi di conciliazione
nell’ambito del procedimento di mediazione.
2. L’INTERPRETAZIONE SISTEMATICA DEL DATO NORMATIVO NELL’AMBITO
DELL’IMPOSTA DI REGISTRO
L’usucapione, quale modo di acquisto della proprietà a titolo originario, non
è oggetto di specifiche disposizioni tributarie, non costituendo di per sé il presupposto di alcun tributo 3.
Sono, invece, presenti alcune norme che fanno riferimento all’usucapione
quale oggetto di un atto accertativo dello stesso, e più precisamente quale oggetto di provvedimenti giudiziali.
Infatti, nell’ambito dell’imposta di registro, l’art. 8 della tariffa, parte prima, del
D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, alla Nota II-bis dispone che «i provvedimenti giudiziali che accertano l’acquisto per usucapione della proprietà di beni immobili o
di diritti reali di godimento sui beni medesimi sono soggetti all’imposta secondo
le disposizioni dell’art. 1 della tariffa», cioè all’imposta prevista per i negozi traslativi immobiliari.
Si tratta di una disposizione introdotta dall’art. 23, comma 2, D.L. 69/1989,
conv. in Legge 154/1989, per una chiara finalità antielusiva 4, attesa la possibile
utilizzazione di tali provvedimenti accertativi, aventi natura dichiarativa, per eludere l’applicazione delle più gravose aliquote previste per i trasferimenti immobiliari 5.
Nella relazione governativa al disegno di legge di conversione del D.L. 69
cit. si legge, infatti, che «si è provveduto a contrastare il fenomeno elusivo relativo ai trasferimenti di diritti reali immobiliari attuati mediante il ricorso a giudizi
che si esauriscono con sentenze dichiarative dell’avvenuta usucapione, anziché
mediante esplicite manifestazioni di autonomia negoziale» 6.
3
Così Cardarelli, voce Usucapione, II, (diritto tributario), in Enc. giur., XXXVII, Roma.
Per le medesime finalità il D.L. 69/1989 aveva modificato anche il D.P.R. 643/1972 riconoscendo analoga rilevanza alle sentenze dichiarative dell’usucapione agli effetti dell’Invim. In ordine
ai dubbi interpretativi sollevati dalla disposizione v. Cardarelli, op. cit., 1 ss.; Alemanno, Appunti sul
nuovo regime tributario dell’usucapione, in Il fisco, 1989, 2415 ss.
5
Cfr. Fantozzi - Tinelli, Il regime tributario del processo civile, Torino, 1994, 118 s., i quali evidenziano come la scelta del legislatore di forzare il diritto civile di fronte a rischi di vuoto normativo
nel campo tributario sia legato all’impossibilità di verificare la reale esistenza dei presupposti
dell’usucapione, e, quindi, di discernere l’usucapione “reale” da quella “elusiva” o “fittizia”.
6
Citata in Osnato, Disposizioni urgenti in materia fiscale. Testo del d.l. 2 marzo 1989, n. 69,
coordinato con la legge di conversione 27 aprile 1989, n. 154 (artt. 23, 24), in Leggi civ. comm.,
1990, 1179.
4
Studi e Materiali - 4/2014
739
Accordo conciliativo accertativo usucapione di beni immobili - Studio n. 156-2014/T
Inoltre, sempre nell’ambito del testo unico dell’imposta di registro, l’art. 26,
quarto comma, estende la presunzione di liberalità, stabilita per i trasferimenti
immobiliari tra coniugi o parenti in linea retta, ai provvedimenti che accertano
l’usucapione pronunciati tra i medesimi soggetti, provvedimenti che, pertanto,
sarebbero soggetti all’imposta di donazione qualora quest’ultima fosse più elevata rispetto «all’ammontare complessivo dell’imposta di registro e di ogni altra
imposta dovuta per il trasferimento» (comma 1). Ed anche questa disposizione
trova la sua ratio nella possibilità che i suddetti provvedimenti «hanno di costituire un espediente per eludere le ordinarie imposte di trasferimento» 7.
Un’interpretazione sistematica di questo dato normativo induce a ritenere
che il medesimo regime debba essere applicato anche agli accordi conciliativi
aventi ad oggetto l’accertamento dell’usucapione di beni immobili, ricorrendo
per essi la stessa ratio anti elusiva. Ed a tal fine appare irrilevante il riferimento
che le disposizioni fanno ai soli provvedimenti giudiziali, potendo esso trovare
spiegazione considerando che, fino all’introduzione del n. 12-bis nell’art. 2643
c.c., questa era l’unica forma di atto accertativo dell’usucapione espressamente
disciplinata dal nostro ordinamento, agli effetti della pubblicità immobiliare.
In altri termini, le disposizioni in esame, seppure riferite ad un’altra tipologia
(giudiziale), sono pur sempre dirette ad individuare le regole di tassazione di un
atto avente ad oggetto l’accertamento dell’usucapione, in ragione di una finalità
antielusiva che è evidentemente legata non alla “forma” (giudiziale) ma alla “sostanza” dell’atto, ossia all’accertamento dell’usucapione.
E ciò porta a concludere, quindi, che, ai fini dell’individuazione del regime
applicabile agli accordi di mediazione accertativi dell’usucapione, rispetto ad
una tassazione secondo i principi di cui all’art. 20 D.P.R. 131/1986 sulla base
della natura e degli effetti giuridici dell’atto, sia prevalente la finalità antielusiva,
già espressa dal legislatore, che giustifica l’assoggettamento degli accordi stessi all’imposta secondo le disposizioni di cui all’art. 1 della tariffa, relative agli atti
di trasferimento immobiliare a titolo oneroso.
3. GLI ORIENTAMENTI SULLA TASSAZIONE DELLE SENTENZE DI
ACCERTAMENTO DELL’USUCAPIONE
La conclusione circa l’estensione agli accordi di mediazione accertativi
dell’usucapione delle regole di tassazione dei provvedimenti giudiziali, di cui alla
Nota II-bis all’art. 8 cit., comporta la necessità di indagare più nel dettaglio quali
ne siano le conseguenze applicative, specie per ciò che concerne l’individuazione delle aliquote e delle agevolazioni, nonché la determinazione della base
imponibile.
7
740
Circ. 10 giugno 1989, n. 37/220391.
Studi e Materiali - 4/2014
Studi Tributari
A tal fine appare utile effettuare una breve ricognizione degli orientamenti che
si sono consolidati con riguardo alle sentenze di accertamento dell’usucapione.
È bene, però, premettere che i principi ivi affermati non possono essere
considerati in ogni caso validi tout court anche rispetto agli accordi di mediazione accertativi dell’usucapione, poiché questi ultimi per alcuni effetti rientrano
nella logica circolatoria degli acquisti a titolo derivativo, in quanto frutto di un atto rimesso alla libera determinazione delle parti 8.
a) Le disposizioni dell’art. 1 della tariffa e l’applicabilità delle agevolazioni
È stata a lungo dibattuta la questione se l’equiparazione delle sentenze di
accertamento dell’usucapione agli atti traslativi, ai fini della tassazione
nell’ambito dell’imposta di registro, potesse giustificare anche l’applicazione alle
prime delle disposizioni di favore previste per i secondi, quali le agevolazioni
c.d. prima casa e le agevolazioni per la piccola proprietà contadina di cui alla
Legge 604/1954.
Inizialmente l’orientamento prevalente, accolto sia dalla giurisprudenza che
dalla amministrazione finanziaria, era volto a negare l’applicabilità dei suddetti
regimi di favore, in quanto espressamente riservati agli atti traslativi a titolo oneroso e non suscettibili di applicazione analogica, anche considerata la differente
natura delle fattispecie.
Affermava, infatti, l’Amministrazione finanziaria che la disciplina di cui alla
Nota II-bis dell’art. 8 cit. «non induce, …, ad un’automatica applicazione di qualunque legge o norma, anche di carattere speciale, che regola gli atti di trasferimento a titolo oneroso, dal momento che è sempre necessario verificare quale
sia l’effettivo significato e la concreta portata di ogni legge o norma di carattere
sostanziale emanata in materia e controllare se essa sia riferibile o meno alla
specie di atti presi in considerazione» 9.
Successivamente la giurisprudenza ha mutato orientamento, ammettendo
con riguardo in particolare alle agevolazioni prima casa che «poiché la sentenza dichiarativa dell’usucapione viene equiparata per legge ai trasferimenti di cui
all’art. 1 della tariffa non si vede per quale ragione non si debbano applicare le
agevolazioni che a tale articolo fanno riferimento» 10 con riguardo all’imposta di
registro.
8
Si veda anche Krogh, La trascrizione dell’accordo conciliativo accertativo dell’usucapione,
Studio n. 718-2013/C, del 24 ottobre 2013.
9
Circ. 16 ottobre 1997, n. 267/E.
10
Cass., 16 dicembre 2008, n. 29371, Cass., 15 gennaio 2010, n. 581. Per un excursus dei vari
orientamenti v. Montesano, Applicabilità delle agevolazioni “prima casa” agli acquisti per usucapione, in Il fisco, 2009, 1-3239 ss.; Servidio, Usucapione di immobili abitativi e agevolazioni “prima casa”, in Il fisco, 2010, 1-6459 ss.; Busani, Le condizioni di applicabilità delle agevolazioni “prima casa” agli acquisti per usucapione, in Corr. trib., 2010, 2893 ss. Si veda altresì Fedele, Le sentenze
che accertano l’usucapione immobiliare e le imposte sui trasferimenti della ricchezza: equiparazioni
o rinvii?, in Riv. dir. trib., 2009, II, 686 s., il quale evidenzia come, in sostanza, sarebbero operanti
tutte le articolazioni disciplinari di cui all’art. 1 della tariffa. Non potrebbero, invece, secondo l’A.,
(segue)
Studi e Materiali - 4/2014
741
Accordo conciliativo accertativo usucapione di beni immobili - Studio n. 156-2014/T
Orientamento favorevole che è stato accolto, sempre limitatamente
all’imposta di registro, anche dall’Agenzia delle entrate 11, la quale ha riconosciuto l’applicabilità delle agevolazioni “prima casa” in presenza delle condizioni
stabilite dalla legge, la cui sussistenza deve essere verificata da parte
dell’Amministrazione finanziaria con riferimento alla data della sentenza 12.
Con riguardo, invece, all’applicabilità dell’agevolazione per la proprietà contadina, di cui alla Legge 604/1954 (non più vigente 13), le argomentazioni della
giurisprudenza a sostegno del suo mutamento di opinione sono state fondate
per lo più sulla considerazione per cui, in virtù di una interpretazione costituzionalmente orientata, è ragionevole escludere che l’elenco degli atti agevolati 14 - i
quali, peraltro, non appartengono ad una sola categoria - abbia carattere tassativo, stante anche il favor dimostrato dal legislatore per l’usucapione speciale
per la piccola proprietà rurale (v. art. 4 Legge 346/1976), dovendosi pertanto ritenere ugualmente favorito anche l’acquisto per usucapione nell’ipotesi più generale di formazione della piccola proprietà contadina 15.
Si è espressa in senso favorevole anche l’Agenzia delle entrate 16, ma sempre con riguardo alle disposizioni agevolative di cui alla Legge 604/1954.
L’applicabilità delle agevolazioni, secondo gli orientamenti appena ricordati,
sarebbe limitata all’imposta di registro in quanto l’equiparazione di cui alla Nota
II-bis all’art. 8 cit. non consentirebbe di estendere alle sentenze accertative
dell’usucapione le agevolazioni di cui godono gli atti di trasferimento a titolo
oneroso con riferimento ad imposte diverse da quella di registro 17.
estendersi alle sentenze discipline non desumibili dal citato art.1 ma da altre disposizioni estranee
al rinvio disposto nella Nota II-bis all’art. 8 cit. Per la piccola proprietà contadina si vedano, invece,
le argomentazioni di cui infra nel testo.
11
Ris. 20 marzo 2012 n. 25/E.
12
Si legge nella ris. n. 25/E cit. che le dichiarazioni di cui alle lett. a), b) e c) della Nota II-bis
all’art. 1 della tariffa cit. devono essere dedotte dagli interessati nell’atto introduttivo o nel corso del
giudizio per l’intervenuta usucapione. Di recente la ris. 17 ottobre 2014, n. 90/E, sulla scorta anche
della giurisprudenza di legittimità, ha precisato che, qualora le dichiarazioni necessarie per fruire
dell’agevolazione non siano state rese nella sentenza o negli atti del procedimento, sia possibile
«un’integrazione dell’atto giudiziario, con dichiarazione autenticata nelle firme da autorità anche diversa da quella che aveva redatto il provvedimento giudiziario, da allegare al provvedimento stesso
nelle more della sua registrazione».
13
Applicabile agli atti posti in essere per la formazione e l’arrotondamento della piccola proprietà contadina fino al 31 dicembre 2009.
14
Invece la nuova disciplina introdotta dall’art. 2, comma 4-bis, D.L. 30 dicembre 2009, n. 194,
conv. in Legge 26 febbraio 2010, n. 25, ha ad oggetto espressamente “i trasferimenti a titolo oneroso” di terreni agricoli. Sul tema in generale v. Petteruti - Podetti, Agevolazioni per il coltivatore diretto e per lo IAP a seguito del c.d. decreto Mille-proroghe del 2010, Studio n. 49-2010/T, in Studi e
materiali, 2010, 571 ss.; Petteruti, Le disposizioni valevoli dal 2011 per la proprietà coltivatrice, studio n. 20-2011/T, in Studi e materiali, 2011, 591 ss.
15
Cass., 16 giugno 2010, n. 14520; Cass., 19 maggio 2008, n. 12609. V. altresì Cass., 25 marzo 2011, n. 6916.
16
Ris. 8 novembre 2013, n. 77/E.
17
Cass., n. 29371/2008 cit.
742
Studi e Materiali - 4/2014
Studi Tributari
Tale esclusione sembra essere affermata nel presupposto che le imposte
ipotecaria e catastale siano dovute per le sentenze dichiarative dell’usucapione
in misura proporzionale.
Ed in tal senso risulta essere l’opinione prevalente 18.
b) La base imponibile e le accessioni
La base imponibile è rappresentata dal valore venale dell’immobile usucapito alla data di passaggio in giudicato della sentenza di accertamento
dell’usucapione, ivi comprese, secondo i principi di cui all’art. 934 c.c. 19, le accessioni. In particolare in giurisprudenza si afferma che l’imposta di registro è
applicabile anche al fabbricato già insistente sul suolo all’epoca del compimento
dell’usucapione (o meglio alla data a partire dalla quale è certo l’avvenuto perfezionamento dell’usucapione) nel caso in cui la sentenza ne menzioni la presenza, e dia implicitamente o esplicitamente atto dei presupposti di cui all’art.
934 c.c., in modo da evidenziare l’inerenza della declaratoria all’edificazione 20.
c) Gli effetti della riforma di cui all’art. 10 D.Lgs. 23/2011
A seguito delle modifiche apportate alla tassazione degli atti di trasferimento
immobiliare a titolo oneroso dall’art. 10 D.Lgs. 14 marzo 2011, n. 23, a decorrere dal 1° gennaio 2014, agli atti dell’autorità giudiziaria che accertino l’acquisto
per usucapione «è applicabile l’imposta di registro con le aliquote del 9, del 2 o
del 12% previste dall’articolo 1 della Tariffa, per un importo minimo di 1000 euro.
18
Cfr. Agenzia delle entrate, ris. 2 agosto 2007, n. 201/E; Cardarelli, op. cit., 4; Id., Imposte ipotecarie, in Riv. notar., 1991, 1160 s. Contra Fedele, op. cit., 692 s., secondo il quale le imposte ipotecaria e catastale sarebbero dovute in misura fissa, considerato che la Nota II-bis all’art. 8 cit. non
contiene un’equiparazione dei provvedimenti in esame agli atti traslativi a titolo oneroso (equiparazione che in linea di principio esprime l’intento di assoggettare la fattispecie equiparata ad ogni profilo disciplinare riguardante la fattispecie di riferimento), ma un mero rinvio operante ai soli fini della
determinazione delle aliquote applicabili ai suddetti provvedimenti, i quali ad ogni altro effetto andrebbero considerati per la loro natura dichiarativa. Nello stesso senso Mastroiacovo, Imposte ipocatastali in misura ordinaria nell’acquisto per usucapione, in Corr. trib., 2010, 1013 ss.
19
Circ. 16 ottobre 1997, n. 267/E, la quale, sulla scorta del parere dell’Avvocatura generale dello
Stato, esclude l’applicabilità dell’art. 24 D.P.R. 131/1986 ai provvedimenti accertativi dell’usucapione,
in quanto si tratta di una norma riferibile ai trasferimenti a titolo derivativo, non avente natura impositiva
ma antielusiva, volta ad evitare che le parti, simulando la cessione del solo bene principale, evitino la
tassazione delle accessioni e delle pertinenze, che pure andranno ad aggiungersi al patrimonio del
cessionario per effetto degli istituti che disciplinano la proprietà immobiliare. Per tale ragione si ritiene
che non debbano essere conteggiati nella base imponibile della sentenza quegli ulteriori beni (costruzioni) sussistenti al momento del relativo passaggio in giudicato ma non in essere al momento di maturazione dell’usucapione, in quanto gli stessi sono acquisiti al proprietario del suolo per accessione e
non in virtù dell’usucapione. Vedi Cass., 7 agosto 2000, n. 10372.
20
Cass., 23 ottobre 2000, n. 13973; Cass., 9 aprile 2003, n. 5590, Cass., 9 maggio 2003, n.
7110. Si veda altresì Cass., 12 maggio 2003 n. 7224. In dottrina, tra gli altri, Gareffa, Usucapione,
accessione ed imposta di registro, in Riv. notar., 2001, 173 ss.; Marcheselli, La tassazione della
sentenza di accertamento dell’usucapione di terreni ed accessioni, in Corr. trib., 2003, 2316 ss.;
Ianniello, Tassato il fabbricato solo se “menzionato” nella sentenza di usucapione del suolo, in GT,
2004, 365 ss.
Studi e Materiali - 4/2014
743
Accordo conciliativo accertativo usucapione di beni immobili - Studio n. 156-2014/T
In relazione a tali atti trovano applicazione le imposte ipotecaria e catastale nella misura di 50 euro ciascuna ed opera il “principio di assorbimento” di cui
all’articolo 10, comma 3, del decreto» 21.
4. L’USUCAPIONE NELL’IVA E NELLE IMPOSTE DIRETTE
Agli effetti dell’imposta sul valore aggiunto, rientrando nel relativo ambito di
applicazione gli atti che importano l’effetto giuridico del trasferimento della proprietà ovvero la costituzione o il trasferimento di diritti reali di godimento, si ritiene comunemente che ne resti escluso l’acquisto per usucapione, «in quanto
acquisto che si attua al di fuori ed indipendentemente da un rapporto di successione con un dante causa» 22.
Si potrebbe perciò ritenere che anche l’accordo di conciliazione in esame,
che accerti l’usucapione nei confronti di un usucapito soggetto passivo IVA, sia
escluso dal campo di applicazione di quest’ultimo tributo, restando sempre assoggettato all’imposta di registro.
Tuttavia la peculiare natura di tale accordo, comunque rimesso alla volontà
delle parti e destinato ad inserirsi nella logica della circolazione dei diritti a titolo
derivativo, potrebbe invece indurre a concludere che allo stesso debba attribuirsi rilevanza ai fini IVA, quale destinazione a finalità estranee all’impresa (o
all’esercizio di un’arte o professione), nei limiti in cui il bene sia stato in precedenza acquistato operando la detrazione dell’imposta.
Più precisamente, ai sensi dell’art. 2, comma 2, n. 5, D.P.R. 26 ottobre 1972,
n. 633, è assimilata alle cessioni di beni «la destinazione di beni all’uso o consumo personale o familiare dell’imprenditore o di coloro i quali esercitano
un’arte o una professione o ad altre finalità estranee alla impresa o all’esercizio
dell’arte o della professione, anche se determinata da cessazione dell’attività,
con esclusione di quei beni per i quali non è stata operata all’atto dell’acquisto
la detrazione dell’imposta di cui all’art. 19»; operazione che si considera effettuata ai sensi dell’art. 6, comma 2, lett. c) del medesimo decreto «all’atto del
prelievo dei beni».
Si tratta di una disposizione volta ad evitare salti di imposta, assicurando la
neutralità del tributo, la quale se da un lato impone che un’operazione non venga tassata più di una volta, dall’altro lato comporta anche che un bene o un servizio non possa essere immesso in consumo senza applicazione dell’IVA.
21
Agenzia delle entrate, circ. 21 febbraio 2014, n. 2/E.
Mandò - Mandò, Manuale dell’imposta sul valore aggiunto, Milano, 2011, 16. Cfr. altresì Castaldi, Le operazioni imponibili, in L’imposta sul valore aggiunto, Giur. sistem. dir. trib., diretta da F.
Tesauro, Torino, 2001, 44; Filippi, L’imposta sul valore aggiunto, in Tratt. dir. trib., diretto da Amatucci, Padova, 2001, 234; Cordeiro Guerra, L’imposta sul valore aggiunto, in Russo, Manuale di diritto tributario, parte speciale, Milano, 2002, 216; Forte, Il nuovo manuale dell’IVA 2014, Santarcangelo di Romagna, 2014, 40.
22
744
Studi e Materiali - 4/2014
Studi Tributari
La fattispecie impositiva della “destinazione di beni a finalità estranee
all’impresa” è stata oggetto di approfondimenti da parte della dottrina - specie
con riguardo all’imposizione sui redditi nel cui ambito la stessa rileva agli effetti
dell’individuazione dei ricavi e delle plusvalenze 23 - la quale le riconosce prevalentemente un’ampia portata, ricomprendendo tutte le ipotesi di fuoriuscita dei
beni dal regime d’impresa 24, indipendentemente dalla natura degli atti (o fatti)
mediante i quali tale distacco si realizza. In altri termini, la fattispecie impositiva
avrebbe una funzione “di chiusura”, ricorrendo qualora si verifichi un fenomeno
di oggettiva sottrazione del bene all’impresa ed al suo regime 25.
In tale ottica, seppure l’acquisto per usucapione sia “subito” dall’usucapito, si
potrebbe intendere l’accordo conciliativo che lo accerti, “dichiarando” la titolarità
del bene in capo all’usucapiente, quale atto che determina una sottrazione oggettiva del bene al circuito IVA, da assoggettare, pertanto, al tributo al momento
dell’accordo stesso 26, secondo le regole stabilite per le cessioni di beni 27.
Con riguardo alle imposte sui redditi, fermo restando che come già detto
l’usucapione non è presupposto di imposta 28, va ricordato che secondo
l’Amministrazione finanziaria 29 la rivendita nei cinque anni di fabbricati e terreni
23
Cfr. artt. 85, comma 2, e 86, comma 3, D.P.R. 917/1986.
Nell’imposta sul valore aggiunto la destinazione extraimprenditoriale e l’autoconsumo possono, però, essere meglio spiegati in relazione all’esigenza di parificare l’onere tributario su tutti i beni
che comunque giungono al consumo, e pertanto la fattispecie rileva anche quando si concreti
nell’esercizio di arte o professione. Cfr. Silvestri, Destinazione a finalità estranee all’impresa e principio di inerenza nelle imposte sui redditi, in Riv. dir. fin. e scienza delle finanze, 1998, 488 s.
25
Secondo una tesi la destinazione prescinderebbe anche da profili intenzionali o volitivi. In tal
senso cfr. Miccinesi, I componenti positivi del reddito di impresa. Ricavi, plusvalenze, sopravvenienze, dividendi ed interessi, in Imposta sul reddito delle persone fisiche, II, Torino, 1994, 630 ss.;
Stevanato, Inizio e cessazione dell’impresa nel diritto tributario, Padova, 1994, 182 ss. Cfr. altresì
Comelli, IVA comunitaria 2000, Padova, 2000, 315 ss., secondo il quale «fino a che permane la destinazione all’organizzazione aziendale obiettivamente considerata non si può ipotizzare alcuna
forma di passaggio al consumo».
A parere di Falsitta, La tassazione delle plusvalenze e sopravvenienze nelle imposte sui redditi,
Padova, 1986, 60, «l’atto di destinazione è considerato dalla legge presupposto di imponibilità …
perché, col distacco dall’azienda, il bene subisce un mutamento di utilizzazione economica e di
condizione giuridica, … Tale mutamento di destinazione può aver luogo mediante un atto di acquisto o un atto di alienazione, l’uno e l’altro non sono però indispensabili». Secondo il medesimo A.
(op. cit., 96), però, «per aversi destinazione a fini extraimprenditoriali dei beni occorre una volontà
spontaneamente indirizzata a recidere il vincolo di strumentalità che lega i beni all’esercizio
dell’impresa». Si veda altresì Fedele, Il regime fiscale di successioni e liberalità, in Tratt. breve delle
successioni e donazioni, II, Padova, 2010, 652 s.; Id., Riorganizzazione delle attività produttive e
imposizione tributaria, in Riv. dir. trib., 2000, 489, secondo il quale la “destinazione” implica un atto
di natura organizzatoria risultante da comportamenti concludenti o da atti che lo presuppongono
necessariamente.
26
È necessario che la destinazione «si manifesti in modo oggettivamente certo e determinato». In
tal senso v. Digregorio Natoli, Autoconsumo di beni e servizi: riflessi tributari, in Il fisco, 2011, 2193.
27
L’art. 18, comma 3, D.P.R. 633/1972 stabilisce, però, che per queste operazioni la rivalsa non
sia obbligatoria.
28
V. Cardarelli, op. cit., 1, secondo il quale l’usucapione sarebbe titolo mediato per
l’imputazione dei redditi fondiari dal momento del suo compimento.
29
Ris. 31 marzo 2003, n. 78/E.
24
Studi e Materiali - 4/2014
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Accordo conciliativo accertativo usucapione di beni immobili - Studio n. 156-2014/T
agricoli acquistati per usucapione non evidenzia un plusvalore tassabile ai sensi
dell’art. 67, comma 1, lett. b) D.P.R. 917/1986, in quanto l’acquisto per usucapione deriva da una situazione di fatto alla quale l’ordinamento riconduce, in
presenza di determinati presupposti, l’effetto di acquisire a titolo originario la
proprietà del bene, tipologia di acquisto che unitamente al tempo richiesto per il
compimento dell’usucapione risulterebbe concettualmente incompatibile con
l’intento speculativo che sarebbe sotteso all’art. 67 cit. Diversamente, invece,
per le cessioni a titolo oneroso di terreni edificabili acquistati per usucapione, attesa la rilevabilità di plusvalori tassabili “in ogni caso”, ossia anche a prescindere dal tempo della cessione e dalla onerosità o gratuità del precedente acquisto.
In tal caso il valore iniziale da assumere ai fini del calcolo della plusvalenza,
secondo l’Agenzia delle entrate, sarebbe rappresentato dal «valore venale del
bene alla data in cui è passata in giudicato la sentenza dichiarativa dell’usucapione», tenuto conto che «le sentenze dichiarative di usucapione ai fini dell’imposta
di registro sono soggette a tassazione come trasferimenti, …, e che quindi hanno
un valore dichiarato e liquidato» 30.
5. LE AGEVOLAZIONI DI CUI ALL’ART. 17, COMMI 2 E 3, D.LGS. 28/2010
Le regole di tassazione sopra delineate devono essere poi coordinate con le
agevolazioni previste dall’art. 17, commi 2 e 3, D.Lgs. 28/2010, da ritenersi ancora applicabili anche agli accordi di conciliazione soggetti all’imposta di registro prevista per gli atti traslativi a titolo oneroso 31.
In particolare il comma 2 dispone che «tutti gli atti, documenti e provvedimenti relativi al procedimento di mediazione sono esenti dall’imposta di bollo e
da ogni spesa, tassa o diritto di qualsiasi specie e natura».
Inoltre, il successivo comma 3 stabilisce che «il verbale di accordo è esente
dall’imposta di registro entro il limite di valore di 50.000 euro, altrimenti l’imposta
è dovuta per la parte eccedente».
Si tratta di disposizioni che presentano diverse problematiche interpretative,
le quali sono state oggetto di analisi nell’ambito del “Manuale della mediazione
civile e commerciale, Il contributo del Notariato alla luce del D.Lgs. 28/2010” 32,
al quale si rinvia per ogni approfondimento.
30
Sul tema cfr. Basilavecchia - Cignarella, Plusvalenze immobiliari: lo stato dell’arte, Studio 452011/T, in Studi e materiali, 2012, 185 s.; Raponi, Plusvalenze immobiliari: aspetti notarili, Studio
21-2012/T, in Studi e materiali, 2012, 861.
31
Cfr. Studio n. 1011-2013/T, La tassazione dei trasferimenti immobiliari a titolo oneroso dal 1°
gennaio 2014, a cura dell’Area scientifica- Settore studi tributari, in Studi e materiali, 2014, 204, e la
Circ. dell’Agenzia delle entrate n. 2/E del 21 febbraio 2014.
32
Manuale curato nell’ambito delle attività istituzionali della commissione conciliazione del CNN,
da M.L. Cenni - E. Fabiani - M. Leo.
746
Studi e Materiali - 4/2014
Studi Tributari
In questa sede appare solo utile riepilogare in estrema sintesi alcune delle
conclusioni ivi raggiunte, tenendo conto, successivamente, anche delle regole
di tassazione degli atti traslativi immobiliari a titolo oneroso introdotte dall’art. 10
D.Lgs. 23/2011.
In breve, dunque:
- il riferimento testuale contenuto nell’art. 17, comma 3 cit. è al verbale - che
di per sé, attesta solo l’esito del procedimento di mediazione (positivo, se è stato raggiunto dalle parti un accordo) - ma evidentemente la disciplina agevolativa
è riferita all’accordo di conciliazione quale negozio di autonomia privata 33. Agli
effetti fiscali esso, quindi, va registrato ed assoggettato a tassazione, al netto
dell’esenzione di valore, secondo le regole stabilite nel testo unico dell’imposta
di registro, per cui l’accordo di conciliazione formato con l’intervento del mediatore in quanto scrittura privata non autenticata deve essere registrato dalle parti
in termine fisso, cioè di regola entro 20 giorni dalla sottoscrizione 34, ai sensi
dell’art. 10, lett. a) D.P.R. 131/1986 35, salvo che si tratti di atti riconducibili
all’obbligo di registrazione in caso d’uso (indicati nella parte seconda della tariffa del testo unico dell’imposta di registro) 36;
33
L’accordo di conciliazione non necessariamente deve consistere in una transazione (nelle
sue possibile “forme” della transazione pura, mista o complessa, novativa), potendo venire in rilievo
la causa anche di altri negozi tipici o di uno o più negozi atipici (ferma restando la valutazione in ordine alla meritevolezza degli interessi ai sensi dell’art. 1322 c.c.), aventi efficacia sia immediatamente traslativa sia solo obbligatoria. Inoltre, l’accordo non deve necessariamente incidere sul rapporto giuridico controverso, potendo avere ad oggetto altre situazioni giuridiche sostanziali di cui le
stesse parti siano titolari. Diffusamente sul tema Fabiani - Leo, L’accordo di conciliazione, in Manuale della mediazione civile e commerciale, Il contributo del Notariato alla luce del D.Lgs. n.
28/2010, Napoli, 2012, 285 ss.
34
In ordine all’irrilevanza dell’omologazione ai fini dell’individuazione del dies a quo del termine
per la registrazione v. Lomonaco - Mastroiacovo, L’accordo di conciliazione. Profili fiscali, in Manuale della mediazione civile e commerciale, Il contributo del Notariato alla luce del D.Lgs. n. 28/2010,
cit., 397 nt. 36.
35
L’obbligo di registrazione in termine fisso e di pagamento delle relative imposte grava sulle
parti contraenti, restando estraneo il mediatore, il quale nell’ambito della procedura di mediazione
svolge un ruolo che non è riconducibile ad alcuna delle figure di terzi coinvolti ai sensi della legge di
registro nell’obbligo di registrazione (si pensi ai pubblici ufficiali o ai cancellieri), né tantomeno è parte del contratto concluso. Lomonaco - Mastroiacovo, op. cit., 394 s.
36
Si pensi ad esempio, oltre all’ipotesi di accordi che contengano esclusivamente disposizioni
relative ad operazioni soggette ad IVA, agli accordi di conciliazione di valore non eccedente la franchigia di 50.000 euro. L’art. 2 della parte seconda della tariffa, D.P.R. 131/1986 prevede che siano
soggette a registrazione in caso d’uso le «scritture private non autenticate - ad eccezione dei contratti di locazione immobiliare - quando l'ammontare dell'imposta risulti inferiore a 200,00 euro». Dal
tenore della disposizione appare ragionevole ritenere che rientri in questa ipotesi l’accordo entro
franchigia. Del resto, benché l’art. 2 trovi sicuramente la sua ratio originaria con riferimento a fattispecie di valore esiguo, che perciò manifestano una capacità contributiva colpita attraverso
un’imposizione proporzionale inferiore all’imposta minima, ora di 200 euro, la sua applicazione anche a fattispecie che potrebbero avere invece un valore non esiguo, tenuto conto che la franchigia
per l’esenzione è di 50.000 euro, sembra comunque coerente con la funzione di semplificazione cui
è improntata l’introduzione nel nostro ordinamento del procedimento di mediazione. Vedi Lomonaco
- Mastroiacovo, op. cit., 394.
Studi e Materiali - 4/2014
747
Accordo conciliativo accertativo usucapione di beni immobili - Studio n. 156-2014/T
- l’accordo negoziale di conciliazione può comporsi in una sequenza documentale 37, di modo che l’accordo formato alla presenza del mediatore possa
essere “completato” dall’autentica notarile o da un atto notarile che reiteri in
forma pubblica la medesima volontà negoziale manifestata nell’accordo stesso,
ai fini, ad esempio, della sua opponibilità erga omnes o per sanare alcuni vizi di
invalidità 38;
- ne consegue, con riguardo all’ambito applicativo dell’art. 17, comma 3, che
agli effetti dei benefici fiscali ivi previsti, l’esenzione per il valore fino a 50.000
euro debba intendersi riferita all’accordo di conciliazione così come individuato
anche nella possibile sequenza documentale, in quanto la capacità contributiva
che giustifica il prelievo va valutata unitariamente e sistematicamente in ragione
del presupposto che, appunto, il legislatore ha inteso agevolare. E pertanto se
si è voluto porre un limite di valore - peraltro in modo simile a quanto disposto
anche rispetto ad altre forme di conciliazione previste nel nostro ordinamento al di sotto del quale escludere la debenza dell’imposta di registro, per incentivare il ricorso alla mediazione, defatigando la giustizia, e consentire alle parti di
addivenire in tempi brevi ad una stabilità dei propri rapporti patrimoniali attraverso la realizzazione di un certo assetto negoziale con l’intervento di un terzo,
il beneficio fiscale non può che coprire la piena realizzazione di tale volontà negoziale, anche qualora, quindi, per tale realizzazione sia necessario articolare
l’accordo nella sequenza documentale di cui sopra;
- pertanto, la registrazione dell’atto notarile che reitera ed «assorbe» il contenuto dell’accordo di conciliazione (non registrato dalle parti) 39, manifestando la
medesima capacità contributiva, comporta l’applicazione dell’imposta di registro
al netto della franchigia ai sensi dell’art. 17, comma 3 cit. 40;
37
L’atto notarile può anche rappresentare l’adempimento di un obbligo a contrarre assunto con
l’accordo. Ampiamente sulla sequenza documentale e l’intervento del notaio Fabiani - Leo, op. cit.,
297 ss. e Lomonaco - Mastroiacovo, op. cit., 397 ss.
38
Sulla configurabilità della ripetizione dell’accordo di conciliazione e sui suoi limiti v. Fabiani Leo, op. cit., 302 ss.
39
Laddove invece l’accordo di conciliazione, nella forma della scrittura privata non autenticata,
fosse già stato registrato dalle parti, il successivo atto notarile che ne autentichi le sottoscrizioni o
che ne ripeta la medesima volontà negoziale in altra forma, non può scontare un’imposizione proporzionale perché se da un lato è evidente che l’autentica è priva di contenuto patrimoniale, è altresì chiaro che l’atto di ripetizione manifesta la medesima capacità contributiva dell’atto negoziale di
parte già registrato e tassato, e quindi non può essere oggetto di nuova imposizione. La forma
dell’atto determinerebbe quindi di per sé la soggezione all’imposta in misura fissa, ai sensi dell’art.
11 della tariffa, parte prima, D.P.R. 131/1986, salvo ritenere tale imposta non dovuta in base
all’esenzione genarle del secondo comma dell’art. 17 D.Lgs. 28/2010. Lomonaco - Mastroiacovo,
op. cit., 398 e 408 s.
40
Qualora all’atto notarile sia allegato l’accordo di conciliazione, formato alla presenza del mediatore, in ragione del disposto di cui all’art.11, comma 7, D.P.R. n.131/1986, la richiesta di registrazione varrà anche per l’allegato. Tuttavia, nel caso in cui si proceda alla registrazione dell’atto notarile oltre il termine previsto per la registrazione in termine fisso dell’accordo, resta da valutare
l’eventuale profilo sanzionatorio in capo alle parti (Lomonaco - Mastroiacovo, op. cit., 399).
748
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Studi Tributari
- con riguardo alle modalità di determinazione della base imponibile
dell’accordo (da intendersi, come detto, anche nella sequenza documentale), atteso che l’esenzione di cui al terzo comma dell’art.17 è disposta per l’imposta di
registro «entro il limite di valore di 50.000 euro, altrimenti l’imposta è dovuta per la
parte eccedente», la necessità di liquidare - seppur solo astrattamente - l’imposta
per una parte eccedente comporta che il “valore dell’accordo” debba essere unitariamente determinato secondo i criteri dell’imposta di registro, in ragione del
negozio posto in essere con l’accordo di conciliazione, e sottoposto a tassazione
per la parte eccedente la franchigia (ed in quest’ottica potrebbe apparire compatibile lo stesso sistema del prezzo valore, il quale importerebbe l’unitaria determinazione del valore dell’accordo sulla base della rendita catastale 41);
- l’ambito di applicazione del 3° comma dell’art. 17 D.Lgs. 28/2010 è testualmente limitato all’imposta di registro (e più precisamente all’imposta di registro proporzionale). Al fine di stabilire invece quale sia la sorte degli altri tributi
che potrebbero colpire l’eventuale capacità contributiva manifestata
dall’accordo di conciliazione, deve considerarsi il disposto dell’art. 17 comma 2
D.Lgs. 28/2010 cit., dovendosi in primo luogo ritenere che anche l’accordo di
conciliazione (inteso nella sequenza documentale sopra indicata) sia riconducibile agli «atti … del procedimento di mediazione» di cui al suddetto comma 2. In
secondo luogo, con riferimento all’individuazione dei tributi interessati
dall’esenzione occorre valutare se dal tenore della disposizione sia possibile ricavare una norma che abbia un contenuto più ampio avente ad oggetto
un’esenzione generale dalle imposte e tasse che siano riferibili all’accordo di
conciliazione (in quanto «atto … del procedimento di mediazione»), rispetto alla
quale il successivo comma 3 costituisce disciplina derogatoria con riferimento
all’imposta di registro proporzionale. In altri termini, l’accordo di conciliazione, al
pari degli altri “atti, documenti e provvedimenti del procedimento di mediazione”
è esente dall’imposta di bollo e da ogni tassa (ad esempio, la tassa ipotecaria)
di qualsiasi specie e natura (e quindi ragionevolmente anche l’imposta fissa di
registro) ed esente dall’imposta di registro proporzionale limitatamente al valore
di 50.000 euro, individuato al terzo comma dell’art. 17;
- residua il dubbio se sia possibile, in via interpretativa, ampliare ulteriormente l’ambito applicativo dell’esenzione generale considerandovi ricomprese anche le altre imposte 42 comunque riconducibili alla capacità contributiva espressa
dalla ricchezza manifestata dall’atto (accordo di conciliazione), quali le imposte
ipotecaria e catastale. Questa soluzione potrebbe essere supportata sia da un
argomento testuale, in quanto l’espressione “tasse e diritti di qualsiasi natura e
41
Lomonaco - Mastroiacovo, op. cit., 402 e 406 s. con riguardo all’ipotesi in cui l’accordo di
conciliazione si articoli nella sequenza documentale di cui sopra nel testo, comportando l’intervento
del notaio.
42
Dovrebbe ritenersi senz’altro esclusa dall’esenzione di cui all’art. 17, comma 2, l’IVA, non solo in ragione dei vincoli comunitari, ma anche in virtù dell’alternatività con l’imposta di registro proporzionale (Lomonaco - Mastroiacovo, op. cit., 410).
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Accordo conciliativo accertativo usucapione di beni immobili - Studio n. 156-2014/T
specie” si presta ad un’individuazione residuale di un ambito, per l’appunto, volutamente non determinato, sia da un precedente legislativo (art. 19 della Legge
6 marzo 1987, n. 74), di formulazione pressoché identica, interpretato in tal
senso dalla Corte costituzionale e dall’amministrazione finanziaria 43.
6. SEGUE: E L’ART. 10 D.LGS. 23/2011
Qualora l’accordo di conciliazione abbia ad oggetto un negozio traslativo a
titolo oneroso di beni immobili o comunque un negozio da assoggettare a tassazione, come nel caso dell’accertamento dell’usucapione, secondo le disposizioni dell’art. 1 della tariffa parte prima cit., ai sensi dell’art. 17, comma 3 cit. lo
stesso è esente dall’imposta di registro proporzionale entro il limite di valore di
50.000 euro, mentre per l’eccedenza è dovuta l’imposta di registro tenuto conto
della disciplina introdotta dall’art. 10 D.Lgs. 23/2011 44.
Ne deriva, tra l’altro, che l’imposta di registro proporzionale di cui all’art. 1 della
tariffa cit., liquidata rispetto al valore eccedente 50.000 euro, non possa comunque essere inferiore a 1000 euro (ex art. 10, comma 2, D.Lgs. 23/2011).
Si osserva, inoltre, che se da un lato l’esenzione dall’imposta bollo, dalle
tasse ipotecarie e dai tributi speciali catastali prevista dal comma 3 dell’art. 10
cit. si “sovrappone” all’esenzione di cui all’art. 17, comma 2 cit., dall’altro lato la
prima potrebbe avere un diverso ambito applicativo, poiché l’esenzione di cui
all’art. 17, comma 2 riguarda gli atti e documenti del procedimento di mediazione, mentre quella di cui all’art. 10, comma 3 cit. potrebbe essere riferita anche a
«gli atti e formalità direttamente conseguenti» (se posti in essere per effettuare
gli adempimenti presso il catasto ed i registri immobiliari) rispetto all’accordo di
conciliazione, pur se non riconducibili in senso stretto al procedimento di mediazione.
Il comma 3 dell’art. 10 dispone anche che gli atti assoggettati all'imposta di
cui ai commi 1 e 2 (ossia gli atti assoggettati all’imposta proporzionale di cui
all’art. 1 della tariffa cit. o all’imposta nella misura minima di 1000 euro), e tutti
gli atti e le formalità direttamente conseguenti posti in essere per effettuare gli
adempimenti presso il catasto ed i registri immobiliari, sono soggetti a ciascuna
delle imposte ipotecaria e catastale nella misura fissa di euro cinquanta.
Il coordinamento di questa norma con le agevolazioni di cui all’art. 17 cit. per
gli accordi di conciliazione recanti trasferimenti immobiliari a titolo oneroso merita qualche riflessione, laddove non fosse accolta la tesi, prospettata nel precedente paragrafo, secondo la quale l’esenzione di cui al comma 2 dell’art. 17
comprende anche le imposte ipotecaria e catastale.
43
In questi termini v. Lomonaco - Mastroiacovo, op. cit., 408 ss.
In ordine all’interpretazione delle disposizioni introdotte dall’art. 10 D.Lgs. 23/2011 cit. si rinvia
allo Studio n. 1011-2013/T, La tassazione dei trasferimenti immobiliari a titolo oneroso dal 1° gennaio 2014, cit., ed alla Circ. dell’Agenzia delle entrate n. 2/E del 21 febbraio 2014.
44
750
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Studi Tributari
E più precisamente, qualora queste ultime fossero ritenute dovute per detti
accordi di conciliazione, le stesse sembrerebbero doversi applicare in via ordinaria in misura proporzionale (con l’importo minimo di 200 euro) nel caso di accordi di valore fino a 50.000 euro, i quali essendo esenti dall’imposta di registro
resterebbero fuori dall’applicazione del comma 3 dell’art. 10 cit. (perché esso
si applica a «gli atti assoggettati all’imposta di cui ai commi 1 e 2»). La base
imponibile dovrebbe essere individuata, in via ordinaria, nel valore venale del
bene 45.
Nell’ipotesi in cui, invece, la base imponibile dei suddetti accordi conclusi in
sede di mediazione ecceda il valore di 50.000 euro, poiché per l’eccedenza
l’imposta di registro deve essere applicata secondo le nuove regole di tassazione degli atti di cui all’art. 1 della tariffa, cit., appare problematico stabilire in base
a quale criterio applicare le imposte ipotecaria e catastale, attesi i “due sistemi”
diversi (cioè imposte proporzionali per gli accordi fino a 50.000 euro, con il minimo di 200 euro, e imposte fisse nella misura di 50 euro ciascuna in caso di
valore eccedente la franchigia).
La coesistenza dei due “sistemi” non sembra, però, compatibile con la disciplina del testo unico delle imposte ipotecaria e catastale, perché l’applicazione
delle stesse in misura proporzionale dovrebbe comunque avvenire sull’intero
valore del bene e non limitatamente alla parte sotto franchigia.
D’altro canto l’applicazione delle imposte proporzionali non appare compatibile con il nuovo sistema e con l’art. 10, comma 3, D.Lgs. 23/2011.
Sembra perciò preferibile ritenere che, laddove l’accordo di conciliazione sia
di valore superiore ai 50.000 euro, siano applicabili solo le imposte ipotecaria e
catastale nella misura di 50 euro, in ragione dell’unitarietà dell’atto negoziale,
assoggettato, sia pure limitatamente al valore che eccede i 50.000 euro,
all’«imposta di cui ai commi 1 e 2» dell’art. 10 cit. (ossia all’imposta di registro
proporzionale di cui all’art. 1 della tariffa, nella misura minima di 1000 euro).
7. SINTESI CONCLUSIVA. GLI ACCORDI DI MEDIAZIONE CHE ACCERTANO
L’USUCAPIONE DI BENI IMMOBILI NEL SISTEMA DELLE IMPOSTE INDIRETTE
In ragione dell’interpretazione sistematica del dato normativo relativo
all’imposta di registro, tenuto conto anche degli orientamenti formatisi con riguardo alla tassazione delle sentenze (in quanto compatibili, considerato che
l’accordo di conciliazione recante l’accertamento dell’usucapione per alcuni effetti segue la logica degli atti relativi alla circolazione immobiliare), può in sintesi
concludersi che:
- l’accordo in oggetto sarebbe soggetto, in linea di principio, all’imposta di registro secondo il sistema di tassazione introdotto dall’art. 10 D.Lgs. 23/2011 per i
45
Vedi art. 2, comma 2, D.Lgs. 31 ottobre 1990, n. 347.
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Accordo conciliativo accertativo usucapione di beni immobili - Studio n. 156-2014/T
trasferimenti immobiliari a titolo oneroso, da coordinare con le agevolazioni di
cui all’art. 17, commi 2 e 3, D.Lgs. 28/2010;
- potrebbe ritenersi applicabile l’agevolazione per la proprietà contadina (fatta salva dall’art. 10, comma 4 D.Lgs. 23 cit.) in quanto - sebbene non possano
ritenersi valide tout court le medesime argomentazioni addotte dalla giurisprudenza e dalla prassi amministrativa a sostegno dell’estensibilità alle sentenze
accertative dell’usucapione dell’agevolazione prevista, per gli atti diretti alla
formazione e arrotondamento della piccola proprietà contadina, dalla previgente
Legge 604/1954 - la stessa appare inquadrabile nell’ambito del sistema di tassazione dei trasferimenti a titolo oneroso, al quale va ricondotta la tassazione
dell’accordo in esame;
- la base imponibile dovrebbe essere determinata con riferimento al valore
del bene al tempo dell’accordo stesso, tenendo conto anche delle accessioni
avvenute fino a quel momento, ai sensi dell’art. 24 D.P.R. 131/1986 (da ritenersi applicabile anche all’accordo di conciliazione accertativo dell’usucapione in
ragione di quanto già evidenziato con riguardo alla sua “vicinanza” per taluni effetti alla logica della circolazione dei diritti a titolo derivativo, perché frutto di un
atto rimesso alla volontà delle parti; ragione per cui non sembrano estensibili
tout court le conclusioni sostenute con riguardo alle sentenze di accertamento);
- determinando la base imponibile dell’accordo ai sensi dall’art. 43 D.P.R.
131/1986, sarebbe da valutare l’applicabilità del criterio del c.d. prezzo-valore,
eccetto i casi in cui l’operazione “mascheri” una vendita occultandone il corrispettivo;
- l’accordo dovrebbe essere esente dall’imposta di registro proporzionale entro il limite di valore di 50.000 euro, scontando invece per la parte eccedente
l’imposta proporzionale prevista per gli atti traslativi a titolo oneroso, nella misura minima di 1000 euro;
- l’accordo dovrebbe essere esente dall’imposta di bollo, dalla tassa ipotecaria e dai tributi speciali catastali;
- l’accordo, se si ritenesse di non accogliere la tesi secondo la quale le imposte ipotecaria e catastale sono esenti ai sensi dell’art. 17, comma 2, D.Lgs.
28/2010, se di valore fino alla franchigia dovrebbe scontare le suddette imposte
in via ordinaria in misura proporzionale. Nel caso, invece, di accordo avente valore superiore a 50.000 euro le stesse dovrebbero spettare solo nella misura
fissa di 50 euro ciascuna.
L’accordo, in caso di usucapito soggetto passivo IVA, potrebbe essere considerato rilevante agli effetti del suddetto tributo quale destinazione del bene a
finalità estranee all’impresa o all’esercizio di un’arte o professione (se il bene
era stato in precedenza acquistato operando la detrazione dell’imposta).
752
Studi e Materiali - 4/2014
IVA - Vendita nel quinquennio dalla ultimazione di
beni oggetto di intervento edilizio non
esattamente inquadrabile ai fini fiscali - Rivendita
di bene ultimato dal cedente: IVA o registro?
Studio n. 468-2014/T
Francesco Raponi
Approvato dall’Area Scientifica - Studi Tributari il 30 ottobre 2014
Approvato dal CNN nella seduta del 13-14 novembre 2014
LO STUDIO IN SINTESI (ABSTRACT)
Lo studio esamina, ai fini della individuazione della relativa disciplina fiscale, la
fattispecie della vendita nel quinquennio dalla ultimazione di beni oggetto di intervento edilizio non esattamente inquadrabile ai fini fiscali né come manutenzione
straordinaria (lett. b) e neppure quale intervento di restauro o risanamento conservativo (lett. c) o di ristrutturazione edilizia (lett. d).
Si individua la soluzione muovendo dalla analisi combinata dei dati catastali,
della qualifica del cedente e del tipo di intervento edilizio.
Lo studio offre infine dei suggerimenti pratici e affronta la questione connessa
della qualificazione fiscale della rivendita del bene ultimato dal cedente.
Sommario: Introduzione. - 1. Problematica. - 1.1. Casi dubbi. - 2. Vendita nel quinquennio dalla ultimazione di beni oggetto di intervento edilizio non esattamente inquadrabile né come manutenzione straordinaria (lett. b) e neppure quale intervento di
restauro o risanamento conservativo (lett. c) o di ristrutturazione edilizia (lett. d):
IVA o Registro? - 2.1. Soluzione desumibile dalla analisi combinata dei dati catastali - della qualifica del cedente - del tipo di intervento edilizio. - 2.1.1. Classamento catastale. - 2.1.2. Definizione di impresa di ripristino. - 2.1.3. Gli interventi
edilizi - titolo abilitativo. - 3. Soluzioni. - 3.1 Suggerimenti pratici. - 3.2. Certificazione - perizia - dichiarazione del direttore dei lavori. - 4. La rivendita del bene ultimato dal cedente. Conclusione.
Studi e Materiali - 4/2014
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Vendita nel quinquennio di beni oggetto di intervento edilizio - Studio n. 468-2014/T
INTRODUZIONE
Lo studio intende offrire un criterio orientativo per stabilire se siano soggette
a IVA o a registro le cessioni di fabbricati 1 che, per gli interventi edilizi su di essi
effettuati da parte del cedente, non siano chiaramente riconducibili né nell’area
impositiva dell’imponibilità né in quella della esenzione 2.
1. PROBLEMATICA
L’art 10 del D.P.R. IVA, infatti, non definisce con certezza assoluta i confini
di tutte le fattispecie imponibili; per alcune la rilevanza o meno per l’imponibilità
dipenderà anche da quanto prescritto dalle norme urbanistiche 3, per altre ancora dalla scelta 4 del cedente 5 o del cessionario 6. Non emerge alcun dubbio soltanto circa l’individuazione degli atti “obbligatoriamente imponibili” e degli “atti
certamente esenti”, nonché delle cessioni, relativamente alle quali, la specificazione del tipo di intervento, sia riportata espressamente e oggettivamente nel
corpo dei relativi titoli abilitativi 7.
1
Poste in essere da un soggetto passivo IVA.
La questione è discussa anche sul piano urbanistico. In relazione a talune fattispecie, per ragioni legate alla debenza degli oneri di urbanizzazione, si discute sull’inquadramento degli interventi
nella lett. b) piuttosto che nelle lett. c) o d).
I dubbi sussistono a esempio sulle differenze tra la ristrutturazione edilizia ex lett. d) art 3
D.P.R. 380/2001 caratterizzata dalla trasformazione dell’immobile e la manutenzione straordinaria
la cui caratteristica è l’innovazione (Su tali questioni Tar Lombardia 6.5.2014, n. 468).
3
Per un completo e dettagliato scenario normativo (precedente al D.L. 133/2014) si rinvia allo
Studio n. 893-2013/C a cura Area Scientifica - Studi Pubblicistici Studio CNN 893/2013 Est. Rizzi.
4
M. Basilavecchia, Problematiche concernenti il nuovo sistema di alternatività tra Iva e imposte sui
trasferimenti della ricchezza, in Novità e Problemi nell’imposizione Tributaria relativa agli immobili,
Quaderni della Fondazione Italiana per il Notariato, 2006, 102 riteneva al contrario che l’alternatività
non è mai influenzata dall’opzione del contribuente tra il regime di esenzione e quello della imponibilità.
L’autore faceva l’esempio delle cessioni di beni strumentali rispetto alle quali l’opzione non incide
sull’imposta di registro che rimane dovuta in misura fissa così come le ipocatastali rinforzate sono
sempre dovute a prescindere dalla opzione. Va osservato tuttavia che oggi l’opzione per l’IVA è consentita anche nella cessione di beni residenziali ragione per cui tale posizione può ritenersi superata.
Non possono inoltre negarsi i riflessi seppur indiretti che tali scelte determinano. L’imposta da applicare a una cessione immobiliare infatti dipende da diversi fattori variabili. Dai soggetti coinvolti, dalla natura dei beni che formano oggetto delle transazioni, dal momento in cui siano poste in essere e dalle
scelte che volta per volta vengono effettuate dagli stessi interessati.
5
In ordine alla possibilità di effettuare la dichiarazione di opzione per l’applicazione dell’IVA effettuata dal solo costruttore o dall’impresa di ripristino se riferita a un bene abitativo venduto dopo 5
anni dalla ultimazione e da chiunque se riferita a un bene strumentale. M. Basilavecchia, op. cit.,
102 precisa che l’opzione costituisce l’esercizio di un diritto potestativo. L’opzione deve essere
espressamente manifestata e non è permanente; non vincola cioè il soggetto che la eserciti anche
per le altre vendite che dovesse compiere, rispetto alle quali potrà anche non essere effettuata.
6
Relativamente alla destinazione di beni strumentali a pertinenza. La destinazione a pertinenza
rileva in via autonoma e prioritaria rispetto alla dichiarazione di opzione. Prima ancora della dichiarazione di opzione la destinazione del bene a pertinenza potrà far ritenere l’atto esente.
7
Il contenuto della concessione e all’autorizzazione edilizia era rigidamente determinato dalla
(segue)
2
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Studi e Materiali - 4/2014
Studi Tributari
Al contrario, la qualificazione fiscale non risulterà agevole, con riferimento ad
altre fattispecie, sia per la mancanza di tale ultimo elemento, qualificante non
solo sul piano formale 8, ma anche per la non chiara definizione del tipo di lavori
che siano stati eseguiti sul bene oggetto di cessione.
1.1. Casi dubbi
In particolare si tratta della vendita di fabbricati oggetto di interventi edilizi
non esattamente inquadrabili né come manutenzione straordinaria (lett. b) e
neppure quale intervento di restauro o risanamento conservativo (lett. c) o di ristrutturazione edilizia (lett. d) e della cessione di fabbricati ultimati dal cedente
(che li aveva acquistati in corso di costruzione).
La problematica non ha trovato una soluzione sul piano normativo, neanche
a seguito della entrata in vigore del recente D.L. 133/2014. Anzi, ulteriori difficoltà interpretative sono state alimentate proprio dai precedenti provvedimenti
legislativi, introduttivi della segnalazione certificata inizio attività 9, e dalle leggi
regionali 10 in materia urbanistica.
Neanche il Fisco ha fornito indicazioni precise da cui muovere, e i pochi documenti di prassi editi hanno alimentato ulteriormente le incertezze 11.
È richiesta dunque all’interprete un’ulteriore attività qualificativa per la collocazione delle cessioni in discussione tra quelle imponibili oppure tra quelle esenti.
Si cercherà di dare un contributo in tal senso muovendo da una lettura
dell’art. 10 del D.P.R. IVA, correlata alla disciplina urbanistica di cui al D.P.R.
380/2001 (T.U. dell’Edilizia) 12 e al recente D.L. 21 giugno 2013, n. 69 noto come
“decreto del fare” 13.
legge (così G.C. Mengoli, Manuale di Diritto Urbanistico, 3, Milano, 1992, 621). Il contenuto della
“scia” invece non è predeterminato, essendo un atto soggettivamente ed oggettivamente privato rispetto al quale il soggetto pubblico non è più titolare di un potere autorizzatorio. In merito alla “dia”
si veda N. Centofanti, Diritto Urbanistico, Padova 2008, 519 (non determina la formazione di un titolo abilitativo Cons. Stato, sez. IV, 26 luglio 2004, n. 5323). Lo stesso concetto può essere espresso
in relazione alla Scia rispetto alla quale ci si avvale di una modulistica non vincolante.
8
In tal senso A. Busani, Immobili, Guida Fiscale, Milano, 2014, 1370 ove si evidenzia
l’opportunità di munirsi di una dichiarazione del Comune sulla natura dei lavori e dall’altro si ricorda
il potere della A.F. di accertare anche l’effettiva natura dei lavori.
9
Introdotta D.L. 78 del 2010 convertito dalla Legge 122 del 1990. Le difficoltà derivano dalla possibilità di effettuare tramite la Scia sia interventi edilizi riconducibili alla lett. b) Manutenzione Straordinaria, che
inquadrabili nella lett. c) Restauro e Risanamento Conservativo e lett. d) ristrutturazione minore.
10
A. Sandulli,Testo Unico dell’Edilizia, Milano, 2009, 11 analizza i più significativi interventi della
legislazione concorrente delle Regioni in materia urbanistica.
11
Circ. 22 del 2013 in merito alla cessione del bene ultimato.
12
Entrato in vigore il 30 giugno 2003.
13
Convertito con Legge 9 agosto 2013, n. 98 in vigore dal 21 agosto 2013.
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Vendita nel quinquennio di beni oggetto di intervento edilizio - Studio n. 468-2014/T
2. VENDITA NEL QUINQUENNIO DALLA ULTIMAZIONE DI BENI OGGETTO
DI INTERVENTO EDILIZIO NON ESATTAMENTE INQUADRABILE NÉ COME
MANUTENZIONE STRAORDINARIA (LETT. B) E NEPPURE QUALE
INTERVENTO DI RESTAURO O RISANAMENTO CONSERVATIVO (LETT. C)
O DI RISTRUTTURAZIONE EDILIZIA (LETT. D) 14: IVA O REGISTRO?
L’inquadramento fiscale dei casi a confine, tra le fattispecie rientranti nella lett.
b) e quelle ricomprese nelle lett. c) e d) dell’art. 3 del TU Edilizia, è di notevole
rilevanza per la categoria notarile, specie per le responsabilità che ne possono
derivare 15 sul piano fiscale 16.
Alle esigenze di certezza del notaio, e degli operatori fiscali in generale, si
contrappone invece, come visto, la non necessaria prescrizione nei titoli abilitativi di un contenuto formale minimo e nello specifico della espressa collocazione
del tipo di intervento da eseguirsi in una delle lettere ex art. 3 D.P.R. 380/2001.
Anzi la questione è ulteriormente alimentata dal frequente utilizzo di una terminologia descrittiva dei lavori da eseguirsi, non sempre coincidente con il testo normativo.
Vediamo dunque come è possibile orientarsi.
2.1. Soluzione desumibile dalla analisi combinata dei dati catastali
- della qualifica del cedente - del tipo di intervento edilizio
Come emergerà meglio più avanti, la soluzione risulterà quella di calare la
singola fattispecie concreta nelle varie fattispecie astratte, urbanistiche e fiscali,
cercando di trarne elementi utili per la definizione del caso dubbio. Ciò potrà
avvenire mediante l’utilizzo congiunto e combinato dei dati catastali e degli elementi caratterizzanti la qualifica del cedente, nonché verificando, caso per caso,
se sia possibile trarre valide indicazioni dal titolo abilitativo edilizio.
Se esaurita tale prima analisi i dubbi permarranno, sarà opportuno concentrare la ricerca sul titolo di provenienza, sulle prescrizioni dettate in materia urbanistica e infine, e se del caso, ricorrere a certificazioni e/o perizie tecniche.
2.1.1. Classamento catastale
La prima attività da compiere, dunque, è l’accertamento della categoria catastale dei beni interessati.
14
Esempio: La società Alfa ha eseguito su un fabbricato di sua proprietà, che intende vendere,
lavori di “adeguamento “degli impianti” alle nuove normative mediante una SCIA. Non è precisato
se trattasi di lavori ex lett. b) (arg. ex Cons. Stato, 7 aprile 1989 e Tar Lazio, 20 marzo 1991, n. 567)
o di cui alla lett. c) (arg. ex Circ. AE n. 57 del 1998).
15
Quesito n. 127-2011/T est. Raponi. Il Notaio sarà direttamente responsabile per l’imposizione
principale.
16
Anche in relazione alle difficoltà derivanti dalla necessità di ricorrere per la qualificazione degli
interventi agli elaborati progettuali nonché alle relazioni tecniche illustrative.
756
Studi e Materiali - 4/2014
Studi Tributari
Come noto, infatti, secondo il fisco la soluzione delle problematiche, deve essere
vagliata con riferimento alla disciplina catastale, prima ancora dell’approfondimento
degli altri aspetti indicati dallo stesso legislatore fiscale.
A tal proposito l’Agenzia delle entrate ha ribadito più volte 17 che, nella disciplina IVA, la distinzione tra fabbricati abitativi e fabbricati strumentali si basa su
un criterio oggettivo legato alla classificazione catastale degli stessi, a prescindere dal loro effettivo utilizzo 18 19.
Il concetto è stato amplificato al punto da ritenere l’ordinamento catastale
autonomo e prevalente su quello urbanistico. Tale conclusione, peraltro, in parte contrastata dalla giurisprudenza di legittimità più recente 20, è stata sostenuta
- con riferimento a diverse fattispecie 21 22 23.
Rispetto alle cessioni in discussione, dunque, già solo i rilievi di natura catastale
possono risultare decisivi per la qualificazione per l’esenzione o per l’imponibilità.
Se i dubbi non fossero del tutto risolti, l’analisi andrà proseguita con l’approfondimento della qualifica del cedente.
2.1.2. Definizione di impresa di ripristino
La soluzione dei casi in discussione, come cessioni imponibili, potrebbe infatti risultare agevole, solo se fosse possibile stabilire con certezza la qualifica
del soggetto cedente quale impresa di ripristino. Il problema però è che tale verifica non è sempre semplice.
L’art. 10 D.P.R. IVA non indica infatti una definizione esplicita dell’impresa che
esegua lavori ex lett. c), d) e f) art. 3 D.P.R. 38/2001, ma si limita ad arricchire con
una definizione sostanziale il concetto più ampio di impresa espresso nell’art. 1 e
nell’art. 4 D.P.R. IVA.
17
Da ultimo ris. n. 8 del 2014, Circ. n. 22 del 2013 e anche Circ. n. 27 del 2006.
Circ. Agenzia Territorio n. 4 del 2006.
La piena autonomia della disciplina catastale è desumibile dal Decreto del Ministro delle Finanze 19 aprile 1994, n. 701 nonché dai conseguenti modelli del programma informatico denominato “DOCFA”, utilizzati per le dichiarazioni delle unità immobiliari, dove non risulta riscontrabile alcun
riferimento a norme diverse da quelle di settore.
20
Cass., 14 febbraio 2014, n. 3458 e Cass., 11 novembre 2013, n. 27690 in www.sistemailfisco.it.
21
In materia di Residenza Turistico Alberghiera. I beni censiti con la categoria catastale A2, saranno ceduti come unità abitative, essendo alle stesse completamente equiparate. V. Italia Oggi del
2 gennaio 2014. Per coerenza la stessa Amministrazione ha dovuto ritenere superata la Ris. n. 321
del 2002 che considerava gli A2 come beni strumentali all’esercizio dell’impresa. La Ris. n. 18 del
22 febbraio 2012 tuttavia non equipara le abitazioni destinate a RTA alle unità abitative in relazione
alla detrazione IVA relativa alle spese di ristrutturazione degli immobili.
22
Immobili adibiti a attività agrituristica. Il mantenimento della categoria catastale D10 (uso ricettivo) è legato esclusivamente all’effettivo esercizio dell’attività agricola e agrituristica a prescindere da
eventuali variazioni sotto il profilo urbanistico (Legge 20 febbraio 2006, n. 96 legge sull’agriturismo).
23
Appartamento A2 utilizzato in parte come ufficio l’uso misto benché suffragato da un eventuale
provvedimento urbanistico consente il mantenimento della categoria catastale compatibile con le abitazioni. Si pensi alla cessione di un A2 acquistato da un’impresa e oggetto di intervento di modifica di
destinazione senza opere a uso ufficio. Ci troviamo di fronte a un A2 che avrebbe dovuto essere censito come A10 ma che viene venduto come A2.
18
19
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Vendita nel quinquennio di beni oggetto di intervento edilizio - Studio n. 468-2014/T
Per un corretto inquadramento, si potrebbe rinviare a quanto sostenuto in
materia di impresa costruttrice 24, la cui disciplina è comune per larghi tratti con
quella propria delle imprese in argomento 25.
Al pari delle imprese di nuova edificazione 26, infatti, anche per le imprese di
ripristino si potrà argomentare l’irrilevanza dell’attività svolta in via principale e
l’occasionalità 27 nella assunzione di tale specifica veste 28.
Inoltre, così come la qualificazione di impresa costruttrice è legata alla costruzione dell’immobile 29, anche l’impresa di ripristino non si qualifica per un ri- - conoscimento formale, ma dipende dal tipo di lavori eseguiti 30 31 32 33.
24
Studio 102-2012/T, 13, Novità e questioni aperte in tema di cessioni di fabbricati in ambito
Iva, Estensori A. Lomonaco - N. Forte.
25
Cosi P. Centore, Codice Iva Nazionale e Comunitaria commentato, II ed., Milano, 2012, 444.
26
Mentre però per le imprese di costruzione, sia esso frutto di una attività continuativa o occasionale, l’oggetto stesso, che si concretizza in una “nuova costruzione”, basta a qualificare da solo la disciplina sul piano fiscale non è così rispetto alle imprese di ripristino. Tale conclusione emerge anche dalla
lettura combinata dell’art. 10, n. 8-bis e 8-ter e degli interventi normativi che si sono succeduti a partire
dal D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 entrato in vigore il 30 giugno 2003 per finire con l’ultimo D.L. 21 giugno
2013, n. 69 (“decreto del fare”) convertito con Legge 9 agosto 2013, n. 98 in vigore dal 21 agosto 2013.
27
Il legislatore ha arricchito il concetto di impresa di cui all’art. 1 del D.P.R. IVA cui è ascrivibile
anche l’impresa di ripristino, con una definizione sostanziale.
28
Circ. n. 22, cit., 2 ha precisato che solo gli interventi elencati nell’art. 3, comma 1, lett. c), d) e
f) del Testo Unico Edilizia (D.P.R. 380/2001) consentono al soggetto che li ha eseguiti, anche occasionalmente, di assumere il ruolo di imprese di rispristino.
29
A. Lomonaco - N. Forte, op. cit., 13 evidenziano correttamente come la qualificazione di impresa costruttrice sia una qualità ricollegata a un dato di fatto ovvero alla costruzione dell’immobile.
30
Lo scenario appena descritto pur evidenziando caratteristiche comuni delle imprese in argomento non consente tuttavia di giungere anche alla conclusione che tutte le cessioni che le stesse
pongano in essere abbiano lo stesso trattamento fiscale. Si pensi alla differenza tra vendita, effettuata nel quinquennio, di un bene strumentale “nuovo” oggetto di nuova edificazione, che è regolata
con l’aliquota del 22%, rispetto alla analoga vendita di un bene strumentale anch’esso “nuovo” realizzato con un intervento di ristrutturazione edilizia regolato dalla lett. d) dell’art. 3 mediante demolizione e successiva ricostruzione di un fabbricato, che sconta invece l’IVA nella misura del 10% trattandosi di una vendita di bene recuperato ai sensi della Tabella A parte III n. 127 quinquiesdescecies D.P.R. IVA. Tale definizione dinamica di impresa nella accezione di cui all’art. 10 nn. 8-bis e 8ter è stata fatta propria anche dal Fisco. Circ. n. 22 del 28 giugno 2013, 2.
31
La cessione di beni oggetto di recupero offre l’occasione per una riflessione sull’aliquota IVA
ridotta applicabile nel caso in cui riguardi beni strumentali. La norma di carattere generale dice che
la cessione di beni strumentali sconta l’aliquota ordinaria del 22%. L’imposta, tuttavia, riguardo ai
beni strumentali può essere applicata in misura ridotta del 10% a) con riferimento ai fabbricati con le
caratteristiche di cui alla “legge Tupini” n. 127-undecies della Tabella A parte III allegata al D.P.R.
633/1972; b) qualora oggetto della cessione sia un fabbricato recuperato dall’Impresa con un intervento ex lett. c), d) o f). Anzi va precisato che in tale ultimo caso, l’aliquota ridotta del 10% si renderà applicabile oltre che alle cessioni di fabbricati oggetto di interventi di recupero su beni in degrado
ai sensi della Tabella A parte III n. 127-quinquiesdescecies D.P.R. IVA, anche alle vendite riguardanti beni recuperati che non si trovavano in situazione di degrado. Dunque tutte le cessioni di beni
strumentali poste in essere da un’impresa di ripristino sconteranno l’imposta IVA ridotta del 10%.
Partendo da tale premessa sarà applicabile l’aliquota del 10% anche alla cessione del bene strumentale che sia stato realizzato a seguito di intervento di ristrutturazione edilizia (art. 3, comma 1,
lett. d) comportante la totale demolizione e successiva ricostruzione del fabbricato.
32
In tal senso Circ. n. 8 del 2009 cit.
33
Circ. n. 22 del 2013, 3 e Circ. n. 8 del 2009, par. 6.4.
758
Studi e Materiali - 4/2014
Studi Tributari
A ogni buon conto si deve sottolineare che le imprese in questione hanno ulteriori proprie caratteristiche, dipendenti dal tipo di intervento edilizio posto in
essere, nonché dalla titolarità del bene che ne abbia formato oggetto.
L’Agenzia delle Entrate 34 ha precisato, a tal proposito, che le imprese di ripristino sono quelle che acquistano un fabbricato e eseguono o fanno eseguire
(anche occasionalmente) sullo stesso gli interventi edilizi elencati dall’art. 3, lett.
c), d) e f) del D.P.R. 380/2001. Inoltre ha aggiunto che solo gli “interventi di recupero” sugli immobili, di cui alle lett. c), d) e f) fanno assumere il ruolo di impresa di ripristino a chi li abbia eseguiti e che, come per le imprese costruttrici,
deve trattarsi di un’impresa che sia in possesso di idoneo titolo abilitativo edilizio a se intestato o volturato 35 36.
Il quadro offerto fa emergere la considerazione che “qualsiasi impresa”, che
volta per volta realizzi quel tipo di interventi, possa essere qualificata come impresa di ripristino, dovendosi, come visto, prescindere dall’attività principale effettivamente svolta. Nel contempo che non può essere considerata tale,
l’impresa che prima della vendita esegua sul bene oggetto di cessione solo interventi descritti nelle lett. a) e b) dell’art. 3 TU edilizia 37.
L’impresa di ripristino infine deve essere necessariamente titolare di un diritto reale di godimento sul bene che sarà ceduto; la qualifica quindi non potrà essere estesa all’impresa che si limiti solo a eseguire i lavori su beni altrui, benché
riconducibili a uno degli interventi di “edilizia pesante”.
L’analisi della qualifica del cedente comporta dunque di pari passo la verifica
degli interventi eseguiti, e soprattutto del relativo titolo abilitativo.
34
Circ. n. 22 del 28 giugno 2013.
Il riferimento è alla Circ. n. 22 del 28 giugno 2013 relativamente alla individuazione del concetto di “impresa di ripristino” (costruttore) come il titolare del provvedimento abilitativo. In secondo
luogo alla Circ. n. 36 del 19 dicembre 2013 che trattando di fotovoltaico apre la breccia per applicazioni che se generalizzate sarebbero a dir poco preoccupanti.
36
Esempio: La società Alfa che produce vernici vende, nel quinquennio dalla ultimazione dei lavori, un appartamento di civile abitazione realizzato, da un’impresa terza, su una porzione dismessa
dello stabilimento di sua proprietà. La società Alfa, che normalmente non avremmo definito come
impresa di ripristino (non operando nel settore dell’edilizia), potrà essere definita tale se al termine
dell’approfondimento in chiave fiscale risulti avere le caratteristiche richieste dal sistema. Attenzione
però ciò vale solo con riferimento alla prima immissione in consumo del bene. Benché intestataria
formale del provvedimento la società originariamente costruttrice non potrà assoggettare a IVA la
rivendita di un bene da essa costruito, venduto, riacquistato e poi di nuovo rivenduto cosi come potrà assoggettare a IVA solo la rivendita della metà in caso di costruzione effettuata da due imprese
e rivendita fatta solo da una delle due. Nello stesso senso Studio 102-2012, cit., 14 e N. Forte, Il
Nuovo Manuale dell’Iva 2014, Santarcangelo di Romagna (RN), 2014, 501.
37
Quanto detto consente di individuare un quadro di sintesi distinguendo l’impresa che effettui
l’intervento su un proprio fabbricato, l’impresa che recuperi un proprio bene in degrado e infine
l’impresa che acquistato un fabbricato in costruzione prima della cessione come bene finito proceda
a ultimarlo (Circ. n. 8 del 2009 e Circ. n. 22 del 2013, 2).
35
Studi e Materiali - 4/2014
759
Vendita nel quinquennio di beni oggetto di intervento edilizio - Studio n. 468-2014/T
2.1.3. Gli interventi edilizi - titolo abilitativo
Diventa importante stabilire in particolare se i titoli abilitativi utilizzati possano
fornire un ulteriore supporto per facilitare l’inquadramento fiscale dei casi dubbi 38.
Se per esempio un fabbricato sia stato oggetto di interventi di attività edilizia
totalmente libera 39 o di attività edilizia libera eseguita previa comunicazione inizio lavori 40, la sua cessione nel quinquennio, potrebbe essere qualificata come
esente, nel caso abbia a oggetto una abitazione o sua pertinenza, e/o imponibile solo su opzione se riferita a un bene strumentale. Non si potrà trattare né di
una nuova costruzione 41 né di un intervento che possa qualificare il cedente
come impresa di ripristino 42.
Se, invece, prima della cessione, il fabbricato sia stato oggetto di interventi
- di attività edilizia soggetta a permesso di costruire 43 44 45, si dovrebbe concludere
per la diversa soluzione della imponibilità obbligatoria, in quanto verosimilmente
ci troveremo di fronte a un cantiere riguardante lavori di “ristrutturazione edilizia
ex lett. d) art. 3”, “nuove costruzioni ex lett. e) art. 3” oppure relativi a una “ristrutturazione urbanistica ex lett. f) art. 3” 46.
38
Vista anche l’indicazione dei relativi titoli negli atti di cessione. Non sempre necessaria così
Studio Cnn 893/2013, cit., par. 3.2, 11 e par. 5.4, 36.
39
Vi rientra a esempio la manutenzione ordinaria art. 3, comma 1, lett. a), D.P.R. 380/2001 (Interventi per i quali non è richiesto alcun titolo abilitativo né alcuna comunicazione da farsi). Non occorre alcuna menzione in atto anche perché non si ha nulla da menzionare.
40
C.I.L - C.I.L.A. o C.I.A.L (vi rientra a esempio la manutenzione straordinaria art. 3, comma 1, lett.
b), D.P.R. 380/2001 che ora ricomprende anche l’accorpamento e il frazionamento nei limiti di cui
all’art. 17 D.L. 133/2014); (interventi per i quali non è richiesto alcun titolo abilitativo ma solo una previa
comunicazione di inizio lavori) (non occorre alcuna menzione in atto a pena di nullità perché si tratta di
provvedimenti edilizi sull’esistente diversi dalla ristrutturazione maggiore o dalla nuova costruzione) (la
menzione benché non obbligatoria sul piano civilistico sarà opportuna sul piano fiscale).
41
Nulla toglie inoltre che le attività di edilizia libera e quelle soggette a Cila siano poste in essere
dallo stesso costruttore dopo aver eseguito l’intervento iniziale. Esempio: L’impresa Alfa dopo aver ultimato l’abitazione, nei cinque anni successivi compie sul medesimo bene ulteriori lavori di manutenzione straordinaria. L’atto di vendita posto in essere nel quinquennio risulterà comunque imponibile.
42
La vicenda si risolverà allo stesso modo in caso di vendita di bene su cui siano state effettuate opere di manutenzione ordinaria.
43
Relativa a interventi ex lett. e), f) e d) (nuova costruzione lett. e)= ristrutturazione urbanistica lett.
f) = ristrutturazione edilizia lett. d) che portino a un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente e che comportino aumento di unità immobiliari, modifiche del volume, dei prospetti o delle superfici, o limitatamente alla zona A anche le modifiche di destinazione d’uso.= interventi che comportino modifiche della sagoma di immobili vincolati (occorre la menzione in atto a pena di nullità).
44
Oppure -attività edilizia soggetta a D.I.A. o super-D.I.A. che oggi a seguito del D.L. 133/2014
sopravvive solo ove prevista in sostituzione del permesso di costruire (Interventi per i quali si può ricorrere alla D.I.A. in via alternata o sostitutiva rispetto al permesso a costruire) (occorre la menzione in atto a pena di nullità).
45
O realizzati a mezzo “super dia” sostitutiva.
46
La cessione dei beni che ne abbiamo formato oggetto se posta in essere da un soggetto IVA
rileverà per l’IVA a norma dell’art. 10, n. 8-bis e 8-ter.
760
Studi e Materiali - 4/2014
Studi Tributari
Qualche riserva potrebbe sussistere nelle sole ipotesi in cui il “permesso di
costruire” 47 venisse utilizzato come strumento alternativo alla SCIA, e nel caso
in cui l’attività non sia facilmente riconducibile a una di quelle che qualificherebbero la cessione per l’imponibilità.
I dubbi maggiori sussisterebbero soprattutto se si volesse trarre qualche indicazione utile dall’utilizzo della SCIA 48 49, ciò non solo perché con tale titolo è
50
possibile effettuare sia interventi di manutenzione straordinaria che attività di
restauro e risanamento conservativo, ma anche perché oggi, a seguito del dl
133/2014, la SCIA ha sostituito a tutti gli effetti la D.I.A.
Anche Il ricorso al titolo abilitativo allora non può dirsi esaustivo.
3. SOLUZIONI
La soluzione dunque non può essere rinvenuta con certezza solo dall’analisi
degli elementi più sopra approfonditi e dal loro utilizzo congiunto e combinato.
Occorrerà, se del caso, effettuare un’ulteriore ricostruzione della fattispecie
concreta, muovendo anche dal titolo di provenienza e dalle prescrizioni dettate
in materia urbanistica in esso contenute e/o da prevedere, e infine ricorrendo a
certificazioni e/o perizie tecniche.
3.1. Suggerimenti pratici
Argomentando in tal modo occorrerà effettuare una sequenza di verifiche alla luce della legislazione nazionale e di quella regionale.
L’atto di cessione andrà osservato nel suo insieme mediante una sua analisi
complessiva e non segmentata, e soprattutto coerente con le prescrizioni urbanistiche che obbligatoriamente dovranno essere recepite.
Tale attività potrà condurre a integrarne il contenuto con precisazioni di natura fiscale e a verificare che le eventuali perizie e dichiarazioni, cui si ricorra,
siano coerenti tra loro e che non si pongano in contrasto con l’oggetto 51; oppure
47
Art. 22, comma 7, D.P.R. 380/2001. Il permesso di costruire può essere ancora oggi utilizzato
in luogo della SCIA Studio n. 893-2013, par. 5.1.E.
48
In particolare vi rientrano gli interventi non riconducibili nell’elenco di cui all’art. 10 soggetti a
permesso a costruire.
49
Manutenzioni straordinarie che riguardino parti strutturali dell’edificio lett. b) restauro e risanamento conservativo lett. c); ristrutturazione edilizia (per immobili non soggetti a vincoli) lett. d)
demolizione e ricostruzione (con la stessa volumetria preesistente) lett. d); ma anche ristrutturazioni
minori = mutamenti di destinazione d’uso funzionali = inoltre singoli interventi quali il frazionamento,
l’accorpamento = l’ampliamento del fabbricato senza creare nuovi organismi (si veda art. 17 D.L.
133/2014).
50
La SCIA ha natura residuale Studio n. 893-2013, par. 5.1.A.
51
Se dal contenuto dell’atto e da altri elementi sia desumibile una certa realtà sul piano urbanistico e catastale, la perizia o la dichiarazione del direttore dei lavori non potrà farne emergere una
diversa sul piano fiscale.
Studi e Materiali - 4/2014
761
Vendita nel quinquennio di beni oggetto di intervento edilizio - Studio n. 468-2014/T
ancora a utilizzare le risultanze delle prescrizioni urbanistiche 52, visto che la tassazione dell’atto dipende dal suo contenuto 53.
Potrà infatti risultare opportuna la menzione di alcuni titoli abilitativi che invece sul piano civilistico potrebbe risultare facoltativa 54 55.
Per completare il quadro si dovrebbe infine procedere anche all’analisi
dell’atto di provenienza 56, e in particolare della descrizione del bene e delle prescrizioni urbanistiche in esso riportate. Appare evidente infatti che determinate
conclusioni potranno essere argomentate solo se coerenti con la situazione che
aveva il bene all’origine.
Che fare se i dubbi dovessero permanere?
3.2. Certificazione - perizia - dichiarazione del direttore dei lavori
In caso di dubbio ulteriore, e in ogni caso anche in via precauzionale, si potrà richiedere che l’effettiva natura dei lavori sia fatta risultare da una dichiarazione/certificazione rilasciata dal Comune 57, oppure da una perizia redatta da un tecnico. Potrebbe essere ritenuta utile a tal fine una dichiarazione del direttore dei lavori.
In ogni caso occorrerà prestare attenzione ai risvolti fiscali che possono derivare dall’intero contenuto del rogito, e ricordare che il Fisco conserva sempre il
potere di accertare anche l’effettiva natura dei lavori 58.
4. LA RIVENDITA DEL BENE ULTIMATO DAL CEDENTE. CONCLUSIONE
Lo scenario fin qui descritto consente anche di prendere posizione in ordine
al secondo caso in discussione, relativo all’inquadramento fiscale della rivendita
del bene ultimato dal cedente.
Muoviamo da un esempio.
Esempio
Un soggetto passivo IVA acquista un bene in corso di costruzione, lo completa e lo rivende nel quinquennio dopo l’ultimazione. Il cedente potrà operare
52
Art. 46 D.P.R. 380/2001.
Art. 3-ter D.Lgs. 463/1997 (Circ. n. 6 del 5 febbraio 2003). È consentito agli uffici di controllare
la regolarità dell'autoliquidazione "in base agli elementi desumibili dall'atto": il controllo dell'ufficio in
tale fase è dunque limitato al contenuto dell'atto con la conseguenza che non può fare riferimento a
elementi esterni allo stesso, neanche se già in suo possesso.
54
Studio CNN 893-2013/C, cit., 11 e 36. Lo Studio precisa che le menzioni facoltative è opportuno che siano previste per rappresentare nel rogito la storia urbanistico edilizia dell’edificio.
55
Esempio: Se la società Alfa avesse effettuato a mezzo SCIA un intervento di restauro e risanamento conservativo, la relativa menzione negli atti traslativi o divisionali sul piano civilistico sarebbe facoltativa; viceversa sul piano fiscale sarebbe quanto mai indicata per la relativa qualificazione nell’area IVA o registro.
56
Per la più ampia rilevanza dell’atto di provenienza N. Forte, op. cit., 518.
57
Cosi A. Busani, op. cit., 1370.
58
A. Busani, op. cit., 1371.
53
762
Studi e Materiali - 4/2014
Studi Tributari
nel sistema IVA qualificandosi come impresa di ripristino e ritenere l’operazione
imponibile o l’atto sarà esente?
La soluzione preferibile è quella desumibile dalla natura del bene e dall’oggetto dell’intervento, nonché, come si vedrà, dalla considerazione che i fabbricati
in costruzione non sono tutti uguali e che rileva il loro stato di avanzamento al
momento della cessione.
L’amministrazione, invece, sembrerebbe concludere 59 che, in ogni caso, la
cessione del fabbricato nel quinquennio, effettuata dall’impresa che lo abbia ultimato, dopo averlo acquistato in corso di costruzione, sia equiparabile alla cessione effettuata dall’impresa costruttrice, e dunque sempre obbligatoriamente
imponibile. L’Amministrazione si limita a precisare che l’ultimazione debba essere stata eseguita (anche a mezzo terzi e/o occasionalmente) dal medesimo
soggetto che abbia acquistato il bene in costruzione e che sia anche in possesso di idoneo titolo abilitativo edilizio a se intestato o volturato 60.
Il Fisco 61 muove dal criterio in forza del quale, l’IVA si applica fino all’immissione
del bene al consumo 62, e quindi prescindendo dalla entità dei lavori, la cessione
successiva alla ultimazione, che sia posta in essere entro cinque anni, risulterà
sempre imponibile.
Bisogna al contrario muovere dalla constatazione che i fabbricati in costruzione
non sono tutti uguali 63; rileverà in maniera diversa l’ipotesi che la società acquisti
un fabbricato in costruzione i cui lavori siano in una fase molto avanzata, proceda
alla ultimazione e poi alla rivendita, rispetto alla diversa fattispecie nella quale la
società acquisti uno scheletro di fabbricato, e una volta ultimato lo venda 64 65.
59
Circ. n. 22 del 2103.
I provvedimenti abilitativi minori infatti consistendo in una comunicazione non si intestano; tuttavia tale assunto non reggerebbe di fronte alla D.I.A.
61
Per l’Agenzia delle Entrate dunque l’impresa costruttrice e l’impresa che completi e rivenda si
equivalgono sul piano fiscale. Circ. n. 22 del 2013, cit., 2.
62
Desumibile dal fatto che la cessione da parte di un soggetto passivo IVA di un fabbricato non ultimato va assoggettata sempre a IVA perché esclusa dall’ambito applicativo dell’art. 10 nn. 8-bis e 8-ter. Alla stessa conclusione si giungerà anche con riferimento alla cessione di fabbricati in corso di ristrutturazione a condizione che i lavori di ristrutturazione siano stati “effettivamente” effettuati. Circ. n. 12 del 2007.
63
Esempio: Una società acquista dei locali commerciali in corso di costruzione; mancano i controsoffitti, sono solo da completare gli impianti e pavimentare. Presenta una CILA e nel quinquennio
rivende detti locali. Se si seguisse la tesi del Fisco l’atto sarebbe soggetto a IVA obbligatoriamente;
al contrario seguendo la tesi contraria la vendita sarà esente e soggetta a IVA solo su opzione con
applicazione del reverse charge (se acquirente sia un soggetto passivo). Viceversa se il provvedimento occorrente per il completamento fosse uno di quelli che giustificano lavori edilizi che qualificano il cedente come un’impresa di ripristino (dia, superdia, permesso) la rivendita nel quinquennio
sarebbe obbligatoriamente imponibile.
64
Esempio: La società Alfa srl acquista un fabbricato a destinazione abitativa in via di ultimazione ma ancora non completamente finito. Presenta una CILA; ultimati i lavori e accatastati i singoli
appartamenti come civili abitazioni con categoria A2 procede alla loro vendita nel quinquennio dalla
data di ultimazione, come sarà tassato l’atto? Con IVA o esente e quindi soggetto a registro? La soluzione del problema non può non dipendere dal tipo di intervento edilizio e da come lo stesso caratterizzi l’individuazione della qualifica del soggetto costruttore e/o di ripristino.
65
L’Amministrazione in passato aveva individuato il soggetto costruttore argomentando dalla
(segue)
60
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Vendita nel quinquennio di beni oggetto di intervento edilizio - Studio n. 468-2014/T
Si deve allora osservare, e non solo per esigenze di inquadramento sistematico, che ai fini fiscali va verificato volta per volta il tipo di intervento edilizio che
è stato posto in essere dall’impresa cedente, la quale non potrà essere qualificata come impresa di ripristino solo perché abbia ultimato la costruzione. A tal
fine potrebbe essere sufficiente un’attività edilizia di manutenzione straordinaria
e la successiva rivendita sarà esente o imponibile, solo su opzione, a seconda
dei beni trattati. Se invece fosse necessario uno degli interventi elencati nell’art.
3, lett. c), d) o f), D.P.R. 380/2001 la rivendita nel quinquennio risulterebbe
sempre imponibile 66.
CONCLUSIONE
La soluzione dei casi dubbi risulterà dall’utilizzo combinato di più attività e
comunque mediante un’analisi da compiersi caso per caso.
Rimane l’incertezza per l’operatore fiscale derivante dalla prevalenza del sistema catastale su quello urbanistico e dal non allineamento, su talune materie,
della disciplina urbanistica nazionale con quella regionale 67.
Si deve dunque auspicare un intervento legislativo di coordinamento 68.
Circ. ministeriale n. 182 dell’11 luglio 1996 e dalla Circ. ministeriale n. 27 del 4 agosto 2006 possono essere individuate le seguenti tipologie di società costruttrice e/o ristrutturatrice: - Impresa che
anche occasionalmente e anche tramite appaltatori svolge attività di produzione di immobili per la
successiva vendita (C.M. 2 agosto 1973, n. 45) - Impresa che ha realizzato interventi di recupero di
cui alle lett. c), d) , e) dell'art. 31 della Legge 457/1978 - Impresa cooperativa edilizia che costruisce
alloggi da assegnare ai soci.
66
In tal senso Quesito CNN n. 14-2012, Est. Raponi.
67
Centofanti, op. cit., 11 parla di aspetti contraddittori dovuti al non coordinamento fra le autorità
che operano sul territorio.
68
Un primo risultato è rappresentato dall’art. 17 D.L. 133/2014 che ha riscritto il comma 5
dell’art. 6 TU D.P.R. 380/2001 relativo agli atti di aggiornamento catastale prevedendo in capo
all’amministrazione comunale un obbligo di inoltro della comunicazione di inizio lavori ai competenti
uffici della Agenzia delle Entrate.
764
Studi e Materiali - 4/2014
Negoziazione dei diritti edificatori
e relativa rilevanza fiscale, anche alla luce
dell’art. 2643, n. 2-bis, c.c.
Studio n. 540-2014/T
Adriano Pischetola
Approvato dall’Area Scientifica - Studi Tributari il 18 giugno 2014
Approvato dal CNN il 2-3 ottobre 2014
LO STUDIO IN SINTESI (ABSTRACT)
Lo studio si propone (dopo la “tipizzazione” delle fattispecie negoziali in materia
di diritti edificatori delineate dalla novella recata dal comma 3 art. 5 del D.L. 13
maggio 2011 n.70 convertito in Legge 12 luglio 2011 n. 106, che ha introdotto
nell’art. 2643 c.c. il n. 2-bis) di riflettere sui relativi profili fiscali, senza condizionamenti rispetto alle pregresse linee di pensiero già elaborate con riferimento alla
“cessione di cubatura” e soprattutto prendendo atto della varietà morfologica dei
nuovi strumenti di pianificazione del territorio quali la perequazione, la compensazione e gli incentivi premiali di capacità edificatoria e delle correlative inferenze
sul versante fiscale.
Peraltro, proprio l’indagine sulla natura giuridica della fattispecie già nota come “cessione di cubatura” - in qualche modo da considerare quale “prodromo”
della categoria generale dei negozi di diritti edificatori - mette subito in evidenza la
ricaduta che sul piano fiscale hanno avuto ed hanno tuttora le diverse congetture
elaborate da parte della Giurisprudenza di legittimità e dall’Amministrazione Finanziaria da un lato (che si è espressa in relazione alla cubatura in termini di “diritto strutturalmente assimilabile alla categoria dei diritti reali immobiliari di godimento”) e altra parte della medesima Giurisprudenza (sostenuta anche da quella
amministrativa) che hanno al contrario individuato in essa efficacia e colorazione
solo obbligatorie, esaltando il ruolo conclusivo e determinante del provvedimento
abilitativo edilizio emesso dalla pubblica autorità, il solo che attribuisca consistenza alle situazioni giuridiche generate dall’attività negoziale delle parti del contratto.
Anche in materia di negoziazione di diritti edificatori, in qualche modo “tipizzati”
dalla norma di cui all’art. 2643 n. 2-bis c.c. (introdotto dal D.L. 70/2011), l’indagine
sulla loro natura giuridica è pregiudiziale rispetto a qualsiasi individuazione del relativo regime fiscale; e segnatamente sul punto le opinioni espresse in dottrina (dalla
natura di diritti reali tipici o atipici, a quella di “beni immateriali di origine immobiliare”, all’altra di meri interessi legittimi “pretensivi” o di mera “chance edificatoria”,
ecc...) così come dalla Giurisprudenza amministrativa, pur dopo l’emanazione del
D.L. 70/2011, sono tra esse alquanto differenziate con evidenti diverse ripercussioni
sul consequenziale regime fiscale, rilevandosi comunque che la mera collocazione
Studi e Materiali - 4/2014
765
Negoziazione dei diritti edificatori e relativa rilevanza fiscale - Studio n. 540-2014/T
del nuovo n. 2-bis nell’alveo dell’art. 2643 c.c. (sia pure dettato in materia di trascrizione) non pare costituire di per sé comprova e fondamento ineluttabili della realità
di tali diritti, in quanto già l’ordinamento conosce ipotesi di trascrizione di contratti sicuramente con efficacia obbligatoria o dubbiosamente reale.
Da quanto sopra detto si capisce bene che le inferenze sul piano fiscale - sia
per quanto attiene alle imposte indirette che a quelle dirette - appaiono condizionate dalla linea di pensiero cui si reputa di poter accedere.
Al riguardo è essenziale riflettere sulla circostanza per cui, con riferimento alle
nuove politiche di pianificazione del territorio, la realità delle disparate situazioni
giuridiche da esse ingenerate potrebbe non costituirne più un tratto identitario e
costitutivo (per l’assoluta distanza che si può interporre tra il fondo “originante” il
diritto edificatorio e quello “accipiente” destinato ad accoglierlo ma anche, in generale, per la probabile assenza di quella “immediatezza” che è tipica dei diritti
reali, dovendosi al contrario tenere in debita considerazione tutto il procedimento
amministrativo finalizzato a dare concreta esplicazione a quel diritto); sicché anche l’interprete sul piano fiscale deve trarne coerenti e convergenti conclusioni,
che possono essere anche diverse rispetto a quelle cui in tempi addietro si era
pervenuti con riguardo alla “cessione di cubatura”.
Sommario: 1. Il dibattito sulla ammissibilità della trasformazione. - 2. In materia di “cessione di cubatura”. - 3. Segnatamente in materia di “diritti edificatori”. - 3.1. La “vexata
quaestio” della natura giuridica dei diritti edificatori. - 4. Le inferenze sul piano fiscale. - 4.1 Nelle imposte indirette. - 4.2. Nelle imposte dirette. - 5. Conclusioni.
1. IL DIBATTITO SULLA AMMISSIBILITÀ DELLA TRASFORMAZIONE
Il tema della possibilità di trasformare una società unipersonale in impresa in
L’attenzione che si vuole in questa sede porre al tema al vaglio è certamente
sorretta dalla rilevanza della novella legislativa recata dal comma 3 art. 5 del
D.L. 13 maggio 2011, n. 70 convertito in Legge 12 luglio 2011, n. 106, che ha
introdotto nell’art. 2643 c.c. il n. 2-bis, per effetto del quale, come è noto, risultano soggetti a trascrizione nei registri immobiliari i contratti che trasferiscono,
costituiscono o modificano diritti edificatori comunque denominati, previsti da
norme statali o regionali ovvero da strumenti di pianificazione territoriale.
Soprattutto - nella prospettiva da cui muove il presente contributo - pare doveroso (dopo la “tipizzazione” delle fattispecie negoziali delineate dalla novella)
riflettere sui relativi profili fiscali, soprattutto per il rischio di non indugiare in una
lettura ed interpretazione (ripetesi, sul piano fiscale) della novella stessa solo ripetitive ed omologhe di quelle già proposte sia dalla dottrina, quanto dalla Giurisprudenza e dall’Amministrazione Finanziaria stessa con riferimento ad altra
figura negoziale: quella della c.d. “cessione di cubatura” 1.
1
In generale sulle problematiche afferenti l’argomento della cessione di cubatura cfr. in dottrina
ex multis: Cimmino, La cessione di cubatura nel diritto civile, in Riv. not., 2003, 5, 1113; Leo, Tra(segue)
766
Studi e Materiali - 4/2014
Studi Tributari
A prescindere infatti dalla questione se quest’ultima fattispecie possa o meno costituire una sorta di “prodromo” o di prototipo delle figure negoziali ora tipizzate dal nuovo disposto di cui al n. 2-bis dell’art. 2643 c.c. (argomento che di
per sé si pone fuori dagli scopi del presente contributo e la cui trattazione in
ogni caso non recherebbe apprezzabili vantaggi alla sua articolazione), pare indiscutibile che l’elemento (o gli elementi) di novità indotto dal disposto in questione (sia su di un piano di ricostruzione dei profili identitari delle fattispecie da
esso previste sia su di un piano di rilevanza tributaria che da siffatta ricostruzione ne possano derivare) esige una più attenta rivalutazione degli stessi risultati
già acquisiti (in materia interpretativa ed applicativa dei dati normativi esistenti e
delle convinzioni formatesi prima della novella) con riferimento al modello negoziale basico costituito dalla “cessione di cubatura”, anche per verificare se essi
possano (o meno) essere utilizzati indifferentemente anche in relazione alle ipotesi negoziali aventi ad oggetto “diritti edificatori” (ex art. 2643 n. 2-bis c.c.) o richiedano una profonda rivisitazione (se non addirittura impongano la ricerca di
criteri diversi e/o alternativi).
2. IN MATERIA DI “CESSIONE DI CUBATURA”
Eppure per meglio comprendere contenuti e contorni di una possibile evoluzione delle acquisizioni cui si era pervenuti prima della novella, non si può qui
non rilevare le forti perplessità (con relativi orientamenti concettuali ondivaghi)
da sempre sollevate (ad esempio) in ordine alla natura giuridica stessa della
“cessione di cubatura”: una problematica, peraltro tuttora aperta, affrontata con
diversificati accenti da parte di dottrina e giurisprudenza e, di regola, con non
pochi affanni. Talvolta, come è noto, si è sottolineato il profilo obbligatorio della
convenzione traslativa della cubatura, talaltra quello reale, e così pure, talvolta
si è enfatizzato il ruolo assorbente e costitutivo dell’intervento pubblicistico ai fini del rilascio del titolo abilitativo edilizio, talaltra si è qualificato siffatto ruolo
come uno degli elementi, benché essenziale, di un’unica fattispecie a formazione progressiva che si avvia con la stipula della convenzione traslativa e si conclude con il rilascio del titolo stesso.
sferimento di cubatura, in Dizionario enciclopedico del notariato, Aggiornamento, V, Roma, 2002,
710; C.N.N. (Estensore Leo), Il trasferimento di cubatura (29.9.1999), in Studi e materiali, 6.2, Milano, 2001, 669; Patti - Russo, La cessione di cubatura tra diritto privato e diritto pubblico, in Vita not.,
2001, 3, 1675; Candian, Trasferimento di volumetria, in Dig. disc. priv., sez. civ., Aggiornamento, I,
Torino, 2000, 735; Mori, La cessione di cubatura, in Casi e Questioni di diritto privato per la pratica
notarile, parte prima, Milano, 1995; Grassano, La cessione di cubatura, in Riv. Not. 1992, 5, 1069;
Di Vita, La cessione di cubatura, in Comitato Regionale Notarile della Sicilia, Diritti reali limitati Argomenti di interesse notarile, Nuovi Quaderni di Vita Notarile, XI, Palermo, 1990; Candian, Il
contratto di trasferimento di volumetria, Milano, 1990; Ceccherini, Il c.d. trasferimento di cubatura,
Milano, 1985.
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767
Negoziazione dei diritti edificatori e relativa rilevanza fiscale - Studio n. 540-2014/T
Peraltro le conseguenze di tali incertezze, riscontrabili nei diversi orientamenti
dottrinari 2 e giurisprudenziali 3, puntualmente hanno avuto sensibili ricadute anche
sul versante fiscale. Ciò perché accedendo alla teoria del diritto di superficie peraltro isolata e collegata solo ad un remoto precedente giurisprudenziale 4 come a quella della “rinunzia” abdicativa o traslativa, o a quella, che ha riscosso
maggiori consensi, della servitù “non aedificandi” o “altius non tollendi” (qualora
il “tradens” fosse un soggetto non passivo IVA) era (ed è) giocoforza ritenere
applicabili i criteri ordinari di tassazione con le aliquote dell’imposta di registro di
cui all’art. 1 parte prima all. “A” del D.P.R. 131/1986; se al contrario si riteneva
(e si ritiene) di poter accedere alla qualificazione della fattispecie al vaglio quale
negozio ad effetti meramente obbligatori, si sarebbe potuto (e si potrebbe) ritenere applicabile il disposto dell’art. 9 della tariffa stessa (che assoggetta ad aliquota del 3% gli atti diversi da quelli altrove indicati nella tariffa aventi per oggetto prestazioni a contenuto patrimoniale). Se infatti si reputi che il “cedente” la
volumetria altro non fa - attraverso il c.d. “trasferimento di cubatura” - se non
obbligarsi a prestare il proprio consenso affinché la cubatura inerente il proprio
fondo (o parte di essa) venga attribuita dalla P.A. (o computata da questa) in
esubero ed in aggiunta a quella pertinente al fondo di titolarità del cessionario,
senza opporsi al rilascio di un titolo abilitativo edilizio a favore di quest’ultimo
per una volumetria “maggiorata”, si sarebbe potuto (e si potrebbe) ritenere più
congrua una imposizione della fattispecie che valorizzi il solo profilo “obbligatorio” e non quello traslativo-costitutivo (in effetti mancante qualora l’atto non contenga alcuna dichiarazione negoziale in tal senso).
Il forte limite, in aggiunta, che siffatta modulazione negoziale riscontrava (prima della novella) era quello della inopponibilità ai terzi che siffatta ultima ricostruzione teorica sollevava; la qual cosa induceva operatori e soggetti dell’ordinamento ad “adottare” lo schema negoziale della costituzione di servitù, suscettibile di trascrizione nei registri immobiliari a tenore del disposto di cui all’art. 2643, n. 4) c.c.
Da parte sua l’Amministrazione Finanziaria con riferimento alla problematica
al vaglio ha assunto da sempre una posizione alquanto granitica (forse giustificata proprio dalla incertezza degli orientamenti cui si è accennato e in assenza
di un riferimento normativo espresso e “tipizzato”), ritenendo che la cessione di
cubatura integrasse (ed integri) un «acquisto di un diritto strutturalmente assimilabile alla categoria dei diritti reali immobiliari di godimento» 5 con correlativa
2
Dei quali vedi una fedele ricostruzione in Patti - Russo, op. cit., 1675 ss.
Cfr. anche per questi ultimi Leo, Il trasferimento di cubatura, cit., 689 ss.
4
Cfr. Cass., 1 giugno 1953 n. 1655 citata da Picco-Marocco, I così detti trasferimenti di cubatura, in Riv. not., 1974, 626.
5
Cfr. la Ris. n. 250948/76 del 17 agosto 1976 e ciò perchè, precisa l’estensore «la volontà dei
privati contraenti, nel porre in essere il trasferimento di una delle facoltà in cui si estrinseca il diritto
di proprietà, e cioè quella di costruire, modifica il limite di edificabilità fissato dal piano regolatore per
i singoli appezzamenti, con la conseguente compressione del diritto di proprietà del cedente e il correlativo aumento dell’edificabilità sull’area del cessionario».
3
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Studi Tributari
soggezione della convenzione così stipulata ai criteri canonici di liquidazione di
cui all’art. 1 parte prima del T.U. 131/1986, evocando una ricostruzione teorica
elaborata dalla Suprema Corte di Cassazione già dagli anni ’70 (e poi via via in
parte riconfermata) 6 ed inaugurata per mere motivazioni di carattere fiscale 7.
Del che se ne trova ulteriore conferma nella Ris. n. 233/E del 20 agosto
2009 in materia di rilocalizzazione degli edifici interessati dalla realizzazione di
opere pubbliche stradali, ferroviarie e idrauliche ai sensi della L.R. dell’Emilia
Romagna 1 dicembre 1998, n. 38.
Questa legge all’art. 1 prevede infatti che gli edifici funzionali all’agricoltura e
ricadenti in zone territoriali omogenee E, che debbono essere demoliti in conseguenza di provvedimenti espropriativi connessi alla realizzazione di opere
pubbliche stradali o ferroviarie o idrauliche, possono essere ricostruiti al di fuori
delle zone di rispetto, in aree contigue e della medesima proprietà anche in deroga alle limitazioni derivanti dal Piano regolatore generale; l’art. 2 poi stabilisce
che i proprietari che, a seguito di convenzione, abbiano ceduto all’ente che rea6
Cass., 6 luglio 1972, n. 2235, in Riv. leg. fisc., 1973, 766 e in Rass. Avv. Stato, 1972, I, sez. 5;
Cass., 6 marzo 1973, n. 641, in Riv. not., 1973, 1165; ivi, 1974 (solo massima), 114 con nota di R.
Triola; Cass., 21 marzo 1973, n. 802 in Riv. leg. fisc., 1973, 2200 e in Foro it., 1973, I, 2117; Cass.,
30 aprile 1974, n. 1231, in Riv. not., 1975, 547 con nota di M. Di Paolo e in Giust. civ., 1974, I,
1424, con nota di R. Triola; Cass., 22 gennaio 1975, n. 250, in Riv. leg. fisc., 1975, 1595; Cass., 21
maggio 1975, n. 2017, in Riv. leg. fisc., 1975, 2288; Cass., 20 ottobre 1975, n. 3416, in Riv. leg.
fisc., 1976, 585; Cass., 8 ottobre 1976, n. 3334, in Riv. not., 1977, 1006; Cass., 20 ottobre 1976, n.
3639, Riv. leg. fisc., 1977, 1146; e poi più di recente Cass., 14 dicembre 1988, n. 6807 in Corr.
giur., 1989, 276 con nota di V. De Lorenzi, in Giur. imp., 1989, I, 164, con nota di R. Zampini e in
Giur. it., 1989, I, 1, con nota di A. Chianale; in cui la Suprema Corte afferma che attraverso la cessione di cubatura «si attua un trasferimento assimilabile, negli e ai fini previsti dalla legge tributaria,
al trasferimento di un diritto reale immobiliare in quanto il proprietario dell’area cui ineriva la cubatura ceduta perde il diritto di costruire sulla medesima e tale diritto viene acquistato dal proprietario
del fondo cui la cubatura è trasferita»; nonché Cassaz. 14 maggio 2007 n.10979 leggibile in Banca
dati Leggi d’Italia, secondo cui la «cessione di cubatura (non definibile altrimenti che quale facoltà
inerente al diritto di proprietà e, in quanto tale, avente sicure caratteristiche di realità), mentre è assoggettabile ad imposta di registro (giacchè, in base alla relativa disciplina, è suscettibile
d’imposizione ogni atto di trasferimento di diritti reali immobiliari, inclusa la rinunzia agli stessi) - non
è assoggettabile ad Invim, posto che, ai sensi del D.P.R. n. 643 del 1972, art. 2, tale imposta è applicabile soltanto al trasferimento di alcuni diritti immobiliari tipici, senza che, alla luce della lettera
della legge, si possano creare assimilazioni o analogie con figure giuridiche ivi non menzionate (v.
Cass., 7417/03)»: quest’ultima sentenza desta interesse in quanto, pur sopponendola ai soli fini
dell’imposta di registro, sembra non addivenire ad una automatica assimilazione tra il concetto di
“cubatura” e quello di diritto reale immobiliare (escludendo di conseguenza l’applicazione dell’ormai
abrogata imposta INVIM). Analogamente in tale ultimo senso v. Cass. civ., sez. V, 14 maggio 2003,
n. 7417 leggibile in Banca dati Leggi d’Italia.
7
Annota Leo, in Il trasferimento di cubatura, Studio CNN n. 1763, cit., 690 ss. che le conclusioni
cui pervenne la Suprema Corte nel filone giurisprudenziale cui si fa cenno nel testo ed inaugurato
negli anni ’70 furono dettate eminentemente da preoccupazioni di carattere fiscale, e cioè se l’atto
di trasferimento della cubatura potesse fruire o meno delle agevolazioni di cui alla Legge 2 luglio
1949, n.408 (c.d. Legge Tupini) a fronte del diverso orientamento tenuto dall’A.F. per la quale siffatto trasferimento doveva considerarsi porsi al di fuori della previsione della menzionata legge e pertanto da tassare secondo i criteri ordinari di cui all’art. 1 parte prima all. “A “ della tariffa allegata alla
legge di registro.
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Negoziazione dei diritti edificatori e relativa rilevanza fiscale - Studio n. 540-2014/T
lizza l’opera stradale, ferroviaria o idraulica la proprietà di edifici residenziali, il
cui uso abitativo divenga oggettivamente incompatibile con l’opera stessa, possono costruire un nuovo edificio ad uso residenziale. Ai detti proprietari viene di
fatto, pertanto, attribuita una potenzialità edificatoria pari, per superficie, volume
e destinazione, a quella dell’edificio preesistente, demolito in seguito al provvedimento di esproprio o ceduto all’ente che realizza l’opera.
Orbene in caso di cessione di questo diritto di “rilocalizzazione” dell’edificio a
terzi l’A.F. ha ritenuto che la concessione dello ius aedificandi, suscettibile di
essere ceduto appunto al proprietario di un altro terreno, non abbia la funzione
di ristorare la perdita fisica o funzionale dell’immobile divenuto inagibile (esistendo allo scopo già l’indennità di esproprio o il prezzo corrisposto dall’ente
che acquisisce il fabbricato), bensì quella di mantenere inalterata la potenzialità
edificatoria del terreno sul quale l’edificio insisteva.
Sicché ha ritenuto che per la connessione ravvisabile tra il diritto di localizzazione e la potenzialità edificatoria del terreno la cessione a titolo oneroso di tale
diritto configuri un’ipotesi negoziale analoga alla cessione di cubatura, assoggettata a tassazione con gli ordinari criteri impositivi, come cessione della “facoltà di
costruire” distaccata dal diritto dominicale del proprietario e quindi con applicazione delle aliquote di cui all’art. 1 della Tariffa Parte Prima del TUR 8.
Eppure l’opinione che la cessione di cubatura realizzava (e realizzi) il trasferimento «di un diritto strutturalmente assimilabile alla categoria dei diritti reali
immobiliari di godimento» non può dirsi assolutamente pacifica (né in dottrina né
in giurisprudenza), essendo stata avversata dalla Suprema Corte di Cassazione
stessa, anche di recente. Basti qui ricordare solo che con sentenza n. 20623 del
29 settembre 2009 i giudici di legittimità hanno ritenuto che l’accordo preliminare
diretto alla cessione della cubatura «non richiede la forma scritta ad substantiam, perché se ne deve escludere la natura di contratto traslativo di un diritto
reale», ... e inoltre che «Nella cessione di cubatura si è in presenza di una fattispecie a formazione progressiva in cui confluiscono, sul piano dei presupposti,
dichiarazioni private nel contesto di un procedimento di carattere amministrativo;
a determinare il trasferimento di cubatura, tra le parti e nei confronti dei terzi, è
esclusivamente il provvedimento concessorio, discrezionale e non vincolato,
che, a seguito della rinuncia del cedente, può essere emanato dall’ente pubblico
a favore del cessionario, non essendo configurabile tra le parti un contratto traslativo», richiamando all’uopo quanto la Corte medesima aveva già affermato in
precedenti sentenze. 9 Ed ipotizza la natura solo “obbligatoria” dell’atto traslativo
8
In linea di massima all’assimilazione della cubatura con siffatti diritti reali è pervenuto anche
un precedente studio del CNN n. 24/2002/T Cessione di cubatura e trattamento tributario dei trasferimenti dei terreni edificabili, in Studi e Materiali, 2003, 1, 136 ss.
9
Cass., sez. II, 22 febbraio 1996, n. 1352 secondo cui «tale accordo… ha una efficacia soltanto
obbligatoria tra i suoi sottoscrittori, giacché, sul piano pubblicistico a rilevare è la rinuncia,
all’utilizzazione della volumetria, che il cedente, aderente al progetto edilizio presentato dal cessionario, abbia manifestato al Comune. Infatti, a determinare il trasferimento di cubatura tra le parti e
(segue)
770
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di cubatura anche il giudice amministrativo: in particolare l’Adunanza plenaria del
Consiglio di Stato n. 3 del 23 aprile 2009 si è espressa al riguardo in termini di
“fattispecie negoziale atipica ad effetti obbligatori in base ai quali un’area viene
destinata a servire al computo dell’edificabilità di altro fondo”.
3. SEGNATAMENTE IN MATERIA DI “DIRITTI EDIFICATORI”
Lo scenario entro il quale si colloca il tema al vaglio si è poi profondamente
caratterizzato (sia pure senza poter prescindere, come era ovvio, dalla querelle
concettuale solo appena tratteggiata nel paragrafo che precede) con
l’introduzione della novella di cui s’è accennato all’esordio di queste note.
Essa si propone - per espressa dichiarazione del legislatore stesso (ex art.
5, comma 3, D.L. 13 maggio 2011 n. 70 convertito dalla Legge 12 luglio 2011,
n. 106 ) - di “garantire certezza nella circolazione dei diritti edificatori”.
È evidente l’intenzione del legislatore di ipotizzare una metodologia pubblicitaria solenne e affidabile afferente, in modo ampio e onnicomprensivo, a tutte
quelle vicende e situazioni giuridiche connesse con l’utilizzo della capacità edificatoria e con la circolazione di essa per effetto di contratti ad essa relativi.
In una prospettiva che ora va ben al di là di quella elaborata con riferimento
alla sola cessione di cubatura e avendo riguardo al processo di transizione dalla
“micropianificazione ad iniziativa privata” a modelli di c.d. amministrazione concordata (in riferimento ai quali assumono pregio e rilievo altre forme interattive
tra amministrazioni locali e cittadini finalizzate alla pianificazione del territorio), il
legislatore della novella pone l’attenzione anche a nuove vicende giuridiche e
nuove realtà urbanisticamente rilevanti, connesse con politiche statali e regionali di salvaguardia del territorio e di più equa ripartizione della capacità edificatoria nell’ambito di determinati ambiti territoriali (e non più solo delle “zone”, di
cui tratta la legge urbanistica n. 150 del ’42) 10: basti pensare alla c.d. perequanei confronti dei terzi, è esclusivamente il provvedimento concessorio, discrezionale e non vincolato, che, a seguito della rinuncia, può essere emanato dall’ente pubblico a favore del cessionario»e
ancora Cass., sez. II, 12 settembre 1998, n. 9081 secondo cui «a "cessione di cubatura" si realizza
in virtù del solo provvedimento amministrativo di concessione edilizia, che ha effetto verso i terzi e
tra le parti… non è necessario, all’uopo, un atto negoziale con effetti obbligatori o reali, essendo
sufficiente l’adesione al progetto da parte di colui che cede la propria cubatura»
10
Si indicano di seguito le Regioni che, a quanto consta, hanno legiferato in materia e i rispettivi
provvedimenti emanati: Toscana (Legge 3 gennaio 2005, n. 1, che ha sostituito l’originaria Legge
16 gennaio 1995, n. 5); Emilia Romagna (24 marzo 2000 n. 20); Basilicata (11 agosto 1999, n. 23);
Lazio (22 dicembre 1999, n. 38); Puglia (27 luglio 2001, n. 20); Calabria (16 aprile 2002, n. 19);
Campania (22 dicembre 2004 n. 16); Veneto 23 aprile 2004, n. 11); Lombardia (11 marzo 2005, n.
12); Umbria (22 febbraio 2005, n. 11); Provincia di Trento (11 novembre 2005, n.16 sostituita dalla
Legge 4 marzo 2008, n. 1); Friuli Venezia Giulia (23 febbraio 2007, n. 20); Provincia di Bolzano (2
luglio 2007, n. 3 a modifica della Legge 11 agosto 1997, n. 13 art. 55-bis).
Di siffatte metodiche intercettiamo qualche traccia anche nella legislazione statale: ad es.
nell’art. 11, comma 5, D.L. 25-6-2008 n. 112 convertito in Legge 6 agosto 2008, n. 133, è sancito,
sotto la rubrica “Piano Casa”, che al fine di incentivare l’edilizia residenziale sociale sia prevista la
(segue)
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Negoziazione dei diritti edificatori e relativa rilevanza fiscale - Studio n. 540-2014/T
zione (che può attuarsi per così dire sia in via generalizzata o “estesa”, “a priori”, quanto in via successiva, parziale e postuma, e quindi “a posteriori” rispetto
alla formazione delle opzioni di pianificazione territoriale), alla compensazione 11,
alle incentivazioni premiali 12.
Qui solo en passant 13 - per i particolari fini perseguiti nelle presenti note - si
può precisare che la “perequazione” si prefigge lo scopo di realizzare un’equa
ripartizione tra più proprietari dei vantaggi e oneri derivanti dalla trasformazione
in senso edificatorio di determinate aree e quindi di evitare sperequazioni tra
proprietari attraverso la modulazione dei diritti edificatori e della titolarità delle
possibilità del trasferimento di «diritti edificatori in favore dei promotori degli interventi di incremento
del patrimonio abitativo»; di «incrementi premiali di diritti edificatori finalizzati alla dotazione di servizi e spazi (pubblici)»; della «cessione, in tutto o in parte, dei diritti edificatori come corrispettivo per
la realizzazione di unità abitative di proprietà pubblica da destinare alla locazione a canone agevolato, ovvero da destinare alla alienazione in favore delle categorie sociali svantaggiate».
Inoltre il comma 21 art. 1 della Legge 308/2004 (già recante delega al Governo per il riordino, il
coordinamento e l’integrazione della legislazione in materia ambientale) stabilisce che «Qualora,
per effetto di vincoli sopravvenuti, diversi da quelli di natura urbanistica, non sia più esercitabile il diritto di edificare che sia stato già assentito a norma delle vigenti disposizioni, è in facoltà del titolare
del diritto chiedere di esercitare lo stesso su altra area del territorio comunale, di cui abbia acquisito
la disponibilità a fini edificatori».
11
In tema di perequazione e compensazione, si vedano, nella letteratura giuridica, Mazzarelli,
Proprietà e piano, in Annali 1998-1999, Università degli Studi della Tuscia, Viterbo, 2000, 9 ss., in
particolare 17 ss., Urbani, I problemi giuridici della perequazione urbanistica, in Riv. giur. urb., 2002,
587 ss., Police, Gli strumenti di perequazione urbanistica: magia evolutiva dei nomi, legalità ed effettività, in Riv. giur. edil., 2004, II, 3 ss., Crosetti, Evoluzione del regime d’uso dei suoli e nuovi
strumenti di perequazione urbanistica, in Quad. reg., 2004, 547 ss., Perongini, Profili giuri-dici della
pianificazione urbanistica perequativa, Milano, 2005.
12
Va precisato qui con chiarezza che lo strumento classico del PRG (il piano regolatore generale,
quello che secondo l’art. 7 della Legge n. 1150 dovrebbe indicare, tra le altre cose, la rete delle principali vie di comunicazione stradali, ferroviarie e navigabili e dei relativi impianti; la divisione in zone del
territorio comunale con la precisazione delle zone destinate all’espansione dell’aggregato urbano e la
determinazione dei vincoli e dei caratteri da osservare in ciascuna zona; le aree destinate a formare
spazi di uso pubblico o sottoposte a speciali servitù, ecc.) vive una fase di avanzata crisi, almeno nel
suo stereotipo. A questo stereotipo, come è noto, in molti comuni - e ben prima della spinta federalista
- si è sostituito il modulo bifasico, quello che attua la distinzione tra pianificazione strutturale e pianificazione operativa, modulo che ha consentito e consente nella prima fase di raccogliere le indicazioni di
massima circa la pianificazione territoriale, stabilendo principi-guida e individuando strategie, obiettivi,
finalità, e nella seconda fase, quella della pianificazione operativa, che ha consentito e consente di valutare in concreto l’adattabilità delle opzioni di astratta pianificazione alle reali esigenze di sviluppo anche economico di determinate aree del territorio comunale piuttosto che di altre, sulla base dei concreti
bisogni dei cittadini che occupano quel territorio, creando così un canale più diretto tra questi e
l’apparato istituzionale. Non a caso la pianificazione operativa coincide con lo strumento di più snella
attuazione dello stesso mandato elettorale affidato a chi è posto ai vertici delle istituzioni comunali, al
punto che nella legge regionale della Toscana n. 5 del 1995 viene definita “piano del sindaco”.
13
Per una trattazione più meticolosa e ragionata di tutte le problematiche anche civilistiche connesse con il tema al vaglio si rinvia a G. Trapani, Studio CNN n. 671-2009/C, Dalla cessione di cubatura alle operazioni sui crediti di cubatura: evoluzione o mutazione del diritto, in Studi e Materiali,
2011, 2, 401: nonché dello stesso A. Normative speciali e circolazione dei diritti edificatori, in Notariato, 2012, 4, 411 ss.
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Studi Tributari
aree 14; che la compensazione è uno strumento che svolge una piena funzione di ristoro per eliminare le conseguenze pregiudizievoli derivanti dalla imposizione dei
vincoli sia in senso economico che indennitario e che le incentivazioni di volumetria
generano talora uno speciale credito edilizio, e cioè una quantità volumetrica edificabile riconosciuta dalla pubblica amministrazione quale “ristoro urbanistico” 15.
Dal ricorso a queste nuove forme di pianificazione territoriale così come di
sviluppo e riqualificazione di aree edificabili o destinate ad opere di urbanizzazione e servizi, è evidente come possano scaturire altrettanto nuove situazioni
giuridiche soggettive a favore dei soggetti coinvolti nelle operazioni perequative,
compensative o incentivanti e che dette situazioni possano essere soggette ad
ulteriore circolazione nell’ambito di un vero e proprio “mercato volumetrico” attraverso le fasi del distacco dalle proprietà originarie (c.d. “decollo” dal fondo
“sorgente”), del successivo “volo” (e quindi del “transito” della capacità edificatoria connessa a quelle situazioni, anche a favore di soggetti non necessariamente proprietari di alcun lotto) e infine dell’atterraggio della potenzialità edificatoria
su di un fondo diverso da quello di originario “decollo”, detto “accipiente”, e che
si estingue al momento del rilascio del permesso di costruire 16.
14
Si può dire, con buon margine di approssimazione e mutuando un esempio che è stato proposto da autorevole dottrina (E. Boscolo, Le perequazioni e le compensazioni, in Riv. giur. urb.,
2010, 1, 104 ss.), che mentre nei piani tradizionali, un solo fondo è beneficiato della capacità volumetrica derivante dalla sua utilizzazione edificatoria in misura 1mc/1mq e contestualmente altri 4
fondi sono assoggettati a vincoli per la realizzazione delle opere infrastrutturali o quale verde privato, nei piani ispirati ai modelli perequativi, invece, lo sviluppo volumetrico è ripartito equamente tra i
cinque lotti a ciascuno dei quali verrà assegnato un indice perequativo 0,2mc/1mq, con contestuale
identificazione di un solo fondo sul quale avverrà la concentrazione edificatoria e delle aree da destinare a verde o ad infrastrutture.
Segnatamente nella Legge regionale della Lombardia n. 12/2005 all’art. 11 è prevista (ai commi
1, 2 e 3) la possibilità di una perequazione “parziale” (mediante ripartizione di diritti edificatori con
un identico indice di edificabilità fra i proprietari interessati ad interventi di trasformazione urbanistica) e di una perequazione c.d. “estesa” (mediante attribuzione a tutte le aree del Comune, ad eccezione di quelle destinate all’agricoltura e di quelle estranee alla trasformazione urbanistica, di un
identico indice di edificabilità territoriale con contestuale regolamentazione della cessione gratuita al
Comune di aree destinate alla realizzazione delle opere di urbanizzazione ovvero di servizi ed attrezzature pubbliche da effettuarsi all’atto della utilizzazione dei diritti edificatori). Così come è previsto, per i proprietari di aree destinate ad interventi di interesse pubblico o generale e non disciplinate da piani o atti di programmazione, che agli stessi siano attribuite aree in permuta o diritti edificatori trasferibili su aree edificabili.
Soprattutto al comma 4 del detto art. 11 si stabilisce che i diritti edificatori attribuiti a titolo perequativo o compensativo siano commerciabili e che i comuni istituiscano appositi registri delle cessioni di siffatti diritti, aggiornati e resi pubblici secondo modalità stabilite dagli stessi comuni.
15
Il credito può nascere a fronte della esecuzione di quegli interventi edilizi che possono determinare un credito edilizio oppure come compensazione dell’esproprio da effettuarsi mediante recupero da parte del cedente di adeguata capacità edificatoria. Il titolare del credito potrà alternativamente o “incassare” il credito utilizzando per se stesso, su un proprio bene, la volumetria che il credito gli riconosce oppure potrà trasferire il credito a terzi.
16
È forse utile rilevare come, proprio con riferimento ai fenomeni che qui si tratta, ad esempio
nella città di Milano è stato istituito il Registro delle cessioni (vedi delibera di giunta n. 890 del 10
maggio 2013).
(segue)
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Negoziazione dei diritti edificatori e relativa rilevanza fiscale - Studio n. 540-2014/T
Pare superfluo sottolineare come, a fronte di uno scenario così frastagliato e
in movimento, anche l’interprete, alla ricerca di uno o più criteri-guida affidabili
per l’applicazione del corretto regime impositivo di tutte le diversamente modulabili fattispecie negoziali in cui si possono rifrangere o che possano essere ingenerate dalle dette operazioni di pianificazione, di sviluppo e di riqualificazione
del territorio, avverta da un lato l’inadeguatezza di un’assimilazione strutturale
tout court delle situazioni giuridiche soggettive cui si accennava ai “diritti reali
immobiliari” (come l’A.F. si è indotta da sempre a fare sulla scia delle convinzioni espresse nella Ris. n. 250948/76 del 17 agosto 1976) e dall’altra la necessità inderogabile di tenere sempre desta l’attenzione solo verso “la intrinseca
natura e gli effetti giuridici degli atti”, scolpiti dall’art. 20 del D.P.R. 131/1986
quali criteri indefettibili (e al contempo perimetro necessario e sufficiente) di
ogni valutazione di tipo fiscale.
3.1. La “vexata quaestio” della natura giuridica dei diritti edificatori
Non pare pertanto ininfluente nell’ottica delle presenti note accennare a tale
“intrinseca natura”, e per farlo la strada maestra è quella di indagare, per quanto possibile, proprio sulla natura giuridica di siffatti diritti edificatori, per potere
argomentare - come si rilevava - anche in ordine al regime impositivo delle vicende negoziali che li abbiano ad oggetto.
È sembrato così potersi argomentare 17 che proprio la novella “de qua” contenga ed implichi uno sforzo di definitiva qualificazione della natura giuridica
della categoria dei diritti edificatori nel senso di una loro realità “tipica”. Non
avrebbe avuto senso - si è osservato - “coniare” il nuovo n. 2-bis (dell’art. 2643
c.c.) per consentire la trascrizione dei negozi traslativi, costitutivi o modificativi
È stato osservato al riguardo dalla stampa specializzata (G. Inzaghi, Milano scambia le aree urbane, in sole24ore di lunedì 15 luglio 2013, n. 192, 7 inserto Norme e Tributi) che la città di Milano
mediante il Pgt (Piano di governo del territorio) ha introdotto una peculiare forma di perequazione
urbanistica su base diffusa.
Il Comune assegnerebbe a tutte le aree già edificate un indice di «Utilizzazione territoriale unico»,
pari a 0,35 metro quadrato/metro quadrato e, al contempo, un indice di utilizzazione territoriale massimo, pari a un metro quadrato/metro quadrato. Per colmare la differenza tra i due valori si ricorrerebbe
proprio all’istituto della perequazione urbana, attuando così una forma di premialità. Ciò consente previa cessione delle aree gratuite al Comune per realizzare servizi ed attrezzature pubbliche intese
come “pertinenze indirette” o “aree di decollo” - che i relativi diritti edificatori - dopo il “decollo” - possano essere collocati sull’intero territorio comunale edificabile e, in particolare, nelle aree di «atterraggio»,
che non sviluppino già l’indice massimo pari a 1 metro quadrato/metro quadrato.
Nel detto Registro delle cessioni devono essere indicati tra l’altro, le aree di decollo, le aree di
atterraggio, le quantità di diritti edificatori generati e il successivo trasferimento e sfruttamento, con i
connessi dati catastali e dati proprietari. La registrazione avviene d’ufficio o su richiesta
dell’interessato. Il Registro è tenuto dal responsabile del servizio gestione pianificazione generale
che, al momento dell’annotazione, rilascia al proprietario un certificato attestante il numero progressivo di annotazione, l’entità dei diritti edificatori e gli estremi dell’atto dal quale derivano i diritti.
Del registro è prevista la libera consultazione anche su Internet.
17
L. Restaino, Natura giuridica dei diritti edificatori. Profili ipotecari, catastali e fiscali (del 13 novembre 2013), leggibile all’indirizzo http://www.e-glossa.it/.
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di siffatti diritti se questi non dovessero presentare profili di realità “tipica” (a ben
riflettere esisterebbero già ipotesi, come quella del n. 1 e del n. 10 dello stesso
menzionato articolo, che consentono di trascrivere contratti traslativi o di conferimento della proprietà o di altri diritti reali immobiliari).
Salvo poi a meglio definire tale (presunta) realità se “in re propria” o “in re
aliena” e verificare se si possa accedere o meno alla definizione di tali diritti
come posti “a metà strada tra il diritto di proprietà e il diritto di superficie”: definizione e verifica, va detto qui per inciso, assolutamente problematiche, data
l’assenza di una qualificazione certa in senso normativo della “nuova” fattispecie in questione e data anche la difficoltà di concepire un diritto di tal fatta con
riferimento a quelle ipotesi in cui i diritti edificatori risultano (magari temporaneamente) scissi e separati rispetto alla proprietà di un terreno (dal quale pure
risultano originati) e che possono - come dire - “vivere di vita autonoma” anche
con riguardo al lotto (sia “sorgente” che “ricevente”). Anche la possibilità di qualificare siffatti diritti come una sorta di “pertinenza” tra cosa mobile (il diritto o la
potenzialità edificatoria e cosa immobile (il terreno da cui promana), come tale
suscettibile di separati atti e rapporti giuridici ex art. 812 c.c., o addirittura come
“frutti” pendenti 18, sembra eccessivamente centrata su di una supposta “fisicità”
del diritto edificatorio che sarebbe da giustificare con adeguatezza di argomenti.
Del resto non può revocarsi in dubbio che la mera collocazione del nuovo n.
2-bis nell’alveo dell’art. 2643 c.c. (e sia pure in materia di trascrizione) non può
costituire di per sé comprova e fondamento ineluttabili della realità di tali diritti,
in quanto già l’ordinamento conosce ipotesi di trascrizione di contratti sicuramente con efficacia obbligatoria o dubbiosamente reale (v. le ipotesi di cui ai n.
8 e 12 19 del medesimo art. 2643 c.c., come pure quella del contratto preliminare
ex art. 2645-bis c.c.).
I dubbi (in effetti non pochi e non peregrini sulla effettiva natura “reale” di tali
diritti) hanno indotto allora a mettere piuttosto in evidenza come siffatti diritti
possano integrare un “bene” 20 in sé apprezzabile su di un piano economico e
quindi anche giuridico 21, riducendosi la rilevanza del rapporto con il bene fisico
18
In tal senso si esprime P. Urbani, Conformazione della proprietà, diritti edificatori e modelli di
destinazione dei suoli, in Urb. e app., 2006, 908, 10.
19
Rispettivamente il contratto di locazione ultranovennale e il contratto di anticresi.
20
Si esprimono in questo senso sia Trapani, Normative speciali e circolazione dei diritti edificatori, cit., 428; quanto A. Gambaro, I beni, in Trattato di dir. civ. e comm., diretto da A. Cicu - F. Messineo - L. Mengoni, 2012, 126 ss.; così come E. Bergamo, La cessione dei diritti edificatori, in Corr.
mer., 2102, 2, 119: secondo quest’ultimo Autore in particolare «sono note le ricostruzioni effettuate
e che hanno portato all’affermazione che la cubatura, in quanto tale, è in sé stessa bene in senso
giuridico ed in quanto tale è un elemento idoneo a formare oggetto di diritto. Si è affermato, infatti,
che la cubatura, quale bene giuridico autonomo, non urta con il principio del numero chiuso dei diritti reali, non costituendo essa stessa un diritto, bensì un bene in sé, bene, dotato di una sua apprezzabilità economica, che può costituire oggetto di accordo tra privati ed in particolare oggetto di diritti
reali».
21
Secondo A. Gambaro, op. cit., 135 i diritti edificatori sarebbero «beni immobili virtuali oggetto
di proprietà o di diritto di superficie, e quindi soggetti a tutte le regole in materia di circolazione di di(segue)
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Negoziazione dei diritti edificatori e relativa rilevanza fiscale - Studio n. 540-2014/T
(terreno) da cui quei diritti promanano solo quanto alla loro “origine”: da cui
l’espressione efficace e simbolica del diritto edificatorio come “bene immateriale
di origine immobiliare”, che viene definito «certamente lecito e possibile, e comunque astrattamente dotato delle caratteristiche di cui all’art. 1346 c.c. e quindi determinato o determinabile». A sostegno di questa tesi si evocano le fattispecie (diverse quanto ai contenuti ma simili quanto agli effetti) delle c.d. quotelatte (che in base alla normativa speciale contemplata dall’art. 10 della Legge
468/1992 spettano al produttore, nella sua qualità di conduttore dell’azienda
agricola, con possibilità di cederla o affittarla ad altro produttore, anche per singole annate, senza alienare l’azienda stessa) o del c.d. diritto al reimpianto del
vitigno 22 (anch’esso alienabile a favore di altri viticoltori “con o senza terra”) 23 24,
fattispecie che lascerebbero intendere come sia senz’altro possibile argomentare in termini di “bene immateriale” idoneo alla circolazione: la medesima categoria concettuale applicabile al diritto edificatorio.
Su posizioni affatto diverse si attesta peraltro altra autorevole dottrina 25 la quale, esaltando il ruolo determinante della P.A. (solo a giudizio discrezionale della
quale sarebbe possibile ottenere quel titolo abilitativo edilizio che di fatto “attualizza” il diritto edificatorio) ed inscrivendo la fase negoziale (quale che ne sia la modalità di articolazione) avente ad oggetto quel diritto nell’ambito di un procedimento amministrativo più ampio e complesso che si conclude e si compie per effetto
dell’attività perfezionativa della P.A. stessa, evoca il concetto di “chance edificatoria”. Più specificamente la situazione giuridica soggettiva ascrivibile al titolare del
diritto edificatorio sarebbe quella propriamente qualificabile in termini di interesse
legittimo “pretensivo”, inteso come interesse che attiene ad una situazione giuridica soggettiva correlata a beni della vita patrimonialmente valutabili: ciò in quanto,
ritti immobiliari…»; in ogni caso l’A. aveva già espresso in altro suo contributo (Compensazione urbanistica e mercato dei diritti edificatori. Alcuni prolegomeni, in La libera circolazione dei diritti edificatori nel Comune di Milano ed altrove, Milano, 2012, 187) l’opinione per cui i diritti edificatori possano essere qualificati come beni a se stanti separabili dal bene suolo anche in assenza della costituzione di un diritto di superficie.
22
Previsto dalla normativa UE, segnatamente dal Regolamento del 18 febbraio 1980 n. 456/80.
23
Cfr. sul punto Trapani, Normative speciali e circolazione dei diritti edificatori, cit., 431-432.
24
Secondo L. Restaino, op. cit., oltre le fattispecie ricordate nel testo sarebbe degna di nota anche altra fattispecie a conferma della possibile ambulatorietà di diritti e situazioni giuridiche attive
indipendentemente dal terreno cui esse ineriscono o dal quale promanano, e all’uopo l’A. evoca «i
diritti all’aiuto previsti dal regolamento CE n. 1782/2003, regolamento che prevede l’erogazione di
un sussidio agli agricoltori legato esclusivamente all’estensione della superficie aziendale complessivamente destinata ad attività agricola, prescindendo dalla quantità della produzione e, in linea di
massima, anche dal tipo di coltivazione in essa esercitato. Segnatamente l’art. 46 del Regolamento
citato prevede espressamente la possibilità che l’agricoltore a cui tali quote sono state assegnate, in
alternativa a chiederne il pagamento, le trasferisca “unicamente ad altro agricoltore stabilito nello
stesso Stato membro”; il secondo paragrafo dell’art. 46 dispone poi che “i diritti all’aiuto possono
essere trasferiti a titolo oneroso o mediante qualsiasi altro trasferimento definitivo, con o senza terra. L’affitto o altri tipi di cessione sono consentiti soltanto se al trasferimento dei diritti all’aiuto si accompagni il trasferimento di un numero equivalente di ettari ammissibili».
25
Gazzoni, Cessione di cubatura, “volo” e trascrizione, in www.judicium.it.
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Studi Tributari
ripetesi, l’esplicazione in concreto di tale diritto presupporrebbe comunque
un’attività adesiva da parte della P.A. consistente nel rilascio del titolo abilitativo
edilizio. La negoziazione di siffatta “chance” insomma atterrebbe ad una situazione giuridica (affine a quella creditizia e senza confondersi con essa) seppure soltanto “sperata”, una sorta di “aspettativa di diritto”, che di per sé potrebbe essere
oggetto anche di un contratto che si perfezioni con il solo consenso delle parti (vista l’ampia formulazione di cui all’art. 1376 c.c. per il quale i contratti ad effetti
reali possono avere ad oggetto, oltre il trasferimento della proprietà di una cosa
determinata, anche il trasferimento di “un altro diritto”).
4. LE INFERENZE SUL PIANO FISCALE 26
Se pertanto - come si desume dalla regola sopra accennata ex art. 20 del
TUR n. 131/1986 27 - non si può prescindere (nella individuazione di un criterio
impositivo coerente e credibile) dalla “intrinseca natura e dagli effetti giuridici”
delle fattispecie aventi ad oggetto il trasferimento, la costituzione o la modifica
di diritti edificatori, ne deriva (come corollario di quanto si è venuti sin qui esponendo soprattutto con riguardo alla incerta natura giuridica dei diritti edificatori)
che tale criterio può assumere connotazioni e contenuti diversi a seconda della
valutazione che di quella natura giuridica l’interprete si trovi a formulare.
È evidente la forte discrasia - segnatamente quanto al trattamento fiscale
degli atti di cessione di siffatti diritti - che ne deriverebbe dall’aderire all’una piuttosto che ad altra o ad altre linee di pensiero.
4.1. Nelle imposte indirette
Se infatti (per limitarsi all’ambito dell’imposta di registro e dell’ancillare imposta ipotecaria) a fronte di atti dalla colorazione causale sicuramente onerosa, si
volesse ritenere che il diritto edificatorio sia un diritto soggettivo (segnatamente
reale, tipico o atipico) o comunque un diritto (per riprendere la formulazione di
cui alla Ris. 250948/76 del 17 agosto 1976) «strutturalmente assimilabile alla
categoria dei diritti reali immobiliari di godimento» (come sostiene parte della
dottrina, e come ha sostenuto parte della Giurisprudenza con riferimento però
alla più specifica fattispecie della cessione di cubatura, e così come innanzi si è
più ampiamente illustrato), la relativa fattispecie sarebbe tassata con le gravose
aliquote di cui all’art. 1 della tariffa Parte prima allegata al D.P.R. 131/1986, per
26
Sul tema sia consentito il richiamo a A. Pischetola, La circolazione di cubatura, di crediti edilizi e di diritti edificatori: profili fiscali, in www.adrianopischetola.it, e in Fisco, 2011, 17, 2664.
27
Regola che come ricorda l’A.F. stessa nella Circ. n. 3E/2008 «sebbene enunciata in materia
di imposta di registro, deve considerarsi applicabile in linea di principio anche per le altre imposte
indirette (risoluzione 1° agosto 2000, n. 126/E; risoluzione 26 aprile 1988, n. 310088)».
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Negoziazione dei diritti edificatori e relativa rilevanza fiscale - Studio n. 540-2014/T
l’imposta di registro, e con l’imposta ipotecaria di euro 50,00 di cui all’art. 10,
comma 3, del D.Lgs. 23/2011 (con assorbimento dell’imposta di bollo e della
tassa ipotecaria).
Ma se al contrario (come qui pare preferibile) si accedesse alla ricostruzione
teorica che identifica nel diritto edificatorio una mera “chance” (e quindi un interesse legittimo come tale tutelato dall’ordinamento, o anche una sorta di aspettativa di diritto in senso lato ma non un vero e proprio diritto soggettivo reale) o, parimenti, un “bene immateriale di origine immobiliare” (diversi comunque, sia la
prima che il secondo, da un diritto reale immobiliare) si dovrebbe coerentemente
optare per l’applicazione dell’imposta di registro con l’aliquota del 3% (ex art. 2
della tariffa parte prima allegata al TUR, ove è prevista appunto la tassazione di
beni “diversi” da quelli - immobili e diritti reali immobiliari di godimento - da quelli
indicati nello stesso art. 1, comma 1 o ex art. 9 che afferisce alle prestazioni a
contenuto patrimoniale, qualora si esaltasse la colorazione solo “obbligatoria” dei
negozi aventi ad oggetto tali diritti 28) nonché dell’imposta ipotecaria in misura fissa
di euro 200,00 (proprio in assenza di un effetto traslativo o costitutivo di diritti reali
immobiliari ai sensi dell’art. 4 della tariffa allegata al T.U. n. 347/1990), senza alcun assorbimento quanto all’imposta di bollo e alla tassa ipotecaria.
Quanto all’imposta catastale (e sempreché si ipotizzasse una qualche metodologia operativa che consentisse di individuare i diritti edificatori come - appunto - beni a sé stanti rispetto al terreno da cui promanano e che soprattutto ne
consentisse la pubblicizzazione negli archivi catastali 29) si dovrebbe optare, anche stavolta, per la sola imposta nella misura minima di euro 50,00 (optando
per la “realità” dei diritti negoziati) e nella misura fissa di euro 200,00 in caso
28
Del resto già con riferimento alla cessione del c.d. “credito edilizio” di cui alla Legge regionale
del Veneto 23 aprile 2004 n. 11 (che - giusta artt. 36 e 37 - prevede che dalla demolizione delle
opere incongrue, dall’eliminazione degli elementi di degrado, o dalla realizzazione degli interventi di
miglioramento della qualità urbana, paesaggistica, architettonica e ambientale, tutti individuati nel
Piano di assetto territoriale, così come a seguito delle compensazioni che permettono ai proprietari
di aree ed edifici oggetto di vincolo preordinato all’esproprio di recuperare adeguata capacità edificatoria, su altre aree e/o edifici, può scaturire un credito edilizio) era sembrato legittimo argomentare in termini di applicazione di imposta di registro con aliquota del 3% (tre per cento) opinando per
la non realità della situazione giuridica (”cubatura”) oggetto di cessione cfr. M. Leo. - V. Mastroiacovo, Ufficio studi Consiglio Nazionale del Notariato, Quesito n. 254-2007/T e 661-2007/C, In tema di
"Cessione crediti edilizi - Tassazione", in Studi e Materiali, 2008, 1, 477-478.
29
Qualcuno (v. L. Restaino, op. cit.; M. Brambilla, Come la circolazione dei diritti edificatori può
essere identificata catastalmente, in La Libera circolazione dei diritti edificatori nel Comune di Milano e altrove, Milano, 2012, 79 ss.) al riguardo ha proposto l’istituzione di una nuova categoria catastale “fittizia” (F/7) che identificherebbe i diritti edificatori, senza necessità di redigere planimetria alcuna; il Comune trasmetterebbe al Catasto una nota con cui “creare” al catasto fabbricati una particella (la medesima già presente al catasto terreni e identificante il terreno da cui quei diritti si originano), con i medesimi identificativi ed intestatari; tale particella verrebbe poi soppressa al momento
in cui il nuovo fabbricato realizzato anche grazie all’utilizzo dei diritti edificatori acquisiti verrebbe introdotto con tipo mappale nel catasto fabbricati ed ivi denunciato. Tale doppia intestazione (al catasto terreni e fabbricati) permetterebbe anche di assolvere alle imposte diverse (dirette ed indirette)
dovute in relazione ai diversi cespiti cui attengono (terreno, da un alto, e diritti edificatori dall’altro).
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contrario 30, ciò in quanto, in quest’ultima ipotesi, la negoziazione non sarebbe
produttiva di alcun effetto traslativo o costitutivo di diritti reali immobiliari, a tenore di quanto statuisce il comma 2, art. 10 del T.U. n. 347/1990.
Va qui peraltro precisato che laddove la negoziazione dei diritti edificatori
non comporti alcun evento traslativo/costitutivo ma solo “modificativo” (il che è
espressamente previsto da quanto dispone il n. 2-bis dell’art. 2643 c.c.), riguardando per ipotesi la entità del diritto edificatorio già trasferito, gli ambiti o gli
eventuali termini entro i quali il diritto può essere speso, oppure (laddove esistano) gli estremi di iscrizione nel registro dei crediti edilizi, ecc. … e comunque
in assenza di una prestazione a contenuto patrimoniale, saranno dovute evidentemente solo le imposte di registro ed ipotecaria nella misura fissa di euro
200,00 cadauna (senza alcun assorbimento quanto all’imposta di bollo e a tasse ipotecarie).
Quanto all’imposta di donazione e successione (applicabile ai sensi dell’art.
1 del T.U. 346/1990 «ai trasferimenti di beni e diritti...» senza altra specificazione e quindi anche ai diritti edificatori ancorché qualificabili come beni a sé stanti
diversi dai diritti reali immobiliari), la qualificazione della natura giuridica dei diritti in questione in detto ultimo senso comporterebbe (ai fini della determinazione della base imponibile) il riferimento (anziché ai criteri di cui all’art. 14 del T.U.
346/1990 dettati per i beni immobili e i diritti reali immobiliari) all’unico criterio
del “valore in comune commercio” di cui all’art. 19, ove si tratta appunto dei
«beni e diritti ... diversi da quelli contemplati nell’art. 9, comma 2 31 e negli articoli
da 14 a 18» 32.
In ambito Iva la formula generica e onnicomprensiva di cui all’art. 2 del
D.P.R. 633/1972 (per cui costituiscono cessione di beni gli atti a titolo oneroso
che importano trasferimento della proprietà ovvero costituzione o trasferimento
di diritti reali di godimento su beni di ogni genere) sembra, invece, non essere
idonea a sottrarre all’ambito applicativo di siffatta imposta gli atti traslativi di diritti edificatori. Ciò anche perché, secondo una classificazione operata in dottrina 33, oggetto dell’imposta al vaglio sono anche beni immateriali, ancorché “generici” (per distinguerli da quelli “nominati” 34), tra i quali i diritti in questione potrebbero essere annoverati accedendo a quella parte della dottrina prima ricordata che prescinde dalla realità.
30
Con o senza assorbimento del tributo speciale catastale rispettivamente nel primo e nel secondo caso.
31
Quest’ultimo afferente a danaro, gioielli e mobilia presuntivamente ricompresi nell’attivo ereditario.
32
Dettati per la valutazione della base imponibile rispettivamente (l’art. 14) per immobili e diritti
reali immobiliari, (l’art. 15) per aziende, navi ed aeromobili, (l’art. 16) per azioni e obbligazioni, altri
titoli e quote sociali, (l’art. 17) per rendite e pensioni, (l’art. 18) per crediti.
33
Cfr. N. Forte, Il nuovo manuale dell’IVA 2014, Bologna, 2014, 39.
34
La cui cessione integra le “prestazioni di servizi” di cui è menzione all’art. 3, comma 2, n. 2)
del D.P.R. 633/1972.
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Intuitivamente invece per gli atti solo modificativi, pur posti in essere da un
soggetto passivo Iva, si fuoriesce dall’ambito applicativo di detta imposta in
mancanza di alcun effetto traslativo/costitutivo e quindi dell’elemento oggettivo,
rientrando nell’ambito dell’imposta di registro da corrispondere in misura proporzionale o fissa a seconda se venga dedotta in contratto o meno una prestazione a contenuto patrimoniale.
4.2. Nelle imposte dirette
Anche con riguardo a siffatte imposte (e specialmente con riguardo al regime impositivo delle plusvalenze) non possono essere ignorate le particolarità
con cui si atteggiano le nuove forme di pianificazione territoriale, e l’indagine
sulla effettiva natura giuridica dei diritti edificatori deve essere più serrata, soprattutto per i forti dubbi che sia le une quanto l’altra ingenerano sulla “realità”
degli stessi.
È peraltro ben nota la posizione assunta dall’A.F. che, fondandosi sempre
sulla supposta assimilabilità strutturale dei diritti edificatori ai diritti reali immobiliari, sia con Ris. n. 233/E del 20 agosto 2009 (cui innanzi già si è accennato)
quanto con Circ. n. 1/E del 15 febbraio 2013, ha argomentato (rispettivamente)
per la imponibilità delle plusvalenze emergenti da cessione dei diritti di “rilocalizzazione” (ritenuta analoga alla cessione di cubatura) e per la speculare possibilità di accedere alla possibilità di fruire delle disposizioni sulla rivalutazione
dei terreni ex art. 7 della Legge 448/2001 35 ove la negoziazione avvenga al di
fuori dell’ambito imprenditoriale.
È evidente che siffatta ultima possibilità suppone logicamente la qualificazione dei diritti edificatori quali situazioni giuridiche sovrapponibili a quelle di cui
è menzione nel’art. 67, comma 1, lett. a) e b) del Tuir e quindi a diritti reali immobiliari su terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria 36.
35
Al riguardo giova ricordare che l’art. 1, comma 156, della Legge 27 dicembre 2013, n. 147 (in
Suppl. ord. n. 47 alla Gazzetta Ufficiale n. 302 del 27 dicembre 2013), ha modificato il disposto
dell’art. 2, comma 2, del D.L. 24 dicembre 2002, n. 282, convertito in Legge 21 febbraio 2003, n. 27
(dettato appunto sulla riapertura di termini in materia di rivalutazione di beni di impresa e di rideterminazione di valori di acquisto); e ha, più precisamente, prorogato al 30 giugno 2014 il termine per
la redazione ed il giuramento della perizia, da utilizzarsi per la rideterminazione del valore di acquisto dei terreni agricoli o edificabili posseduti alla data del 1° gennaio 2014.
36
Anche nella denegata ipotesi che il diritto edificatorio sia qualificabile come una facoltà ricompresa nel diritto a suo tempo acquistato, sarebbe peraltro arduo ipotizzare un “prezzo di acquisto”
del diritto trasferito da computare come termine di riferimento per il calcolo della plusvalenza stessa,
costituita dalla differenza tra il corrispettivo percepito e quel prezzo, aumentato di ogni altro costo
inerente, ai sensi dell’art. 68 del Tuir. Di regola infatti il prezzo di acquisto si riferisce al bene o al diritto acquistato nella sua originaria unitarietà e non anche ad una sola delle facoltà in esso per ipotesi ricomprese.
A soli fini descrittivi, nella consapevolezza dell’assenza, di regola, di strumenti di definizione certa
della entità del “prezzo di acquisto”, si può qui ricordare come l’A.F. con Ris. n. 210/E del 22 maggio
2008 abbia ritenuto in una fattispecie in parte analoga (si trattava di una rinuncia a servitù di distanza,
generativa, a giudizio, dell’A.F., di plusvalenza imponibile) che «il prezzo di acquisto origina(segue)
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Studi Tributari
Anzi, per precisione, nella ricordata Circ. n. 1E/2013 si afferma che tali diritti
“godono del medesimo regime pubblicitario dei diritti reali su beni immobili” e
che pertanto ciò solo di per sé legittimerebbe l’utilizzo della procedura fiscale di
rivalutazione.
Il punto è che resta sempre sullo sfondo la supposta assimilazione strutturale di cui si diceva e che anzi questa viene data per acquisita, sembrando che
non rilevi l’importanza di una sua formale giustificazione.
Ma se al contrario, anche con riferimento alle imposte di cui qui si tratta, si
adombrasse il dubbio della incerta natura reale dei diritti al vaglio, ne potrebbe
risultare modificato anche il quadro impositivo. E invero la supposta “plusvalenza” potrebbe non ingenerarsi affatto qualora il diritto edificatorio potesse essere
qualificato come “bene immateriale” in sé 37 o potrebbe essere al più incisa ai
sensi dell’art. 67, lett. l) D.P.R. 917/1986 (come reddito derivante dalla assunzione di obblighi di fare, non fare o permettere) laddove si volesse ritenere che
il “cedente” del diritto edificatorio, nel trasferirlo a terzi, s’impegna a non utilizzarlo in proprio, a vantaggio dell’accipiente 38.
Pare intuitivo inoltre, e stavolta nell’ambito del regime d’impresa, che la negoziazione del diritto edificatorio possa ingenerare un ricavo ex art. 85 del Tuir
(qualora il diritto rappresenti un bene al cui scambio è diretta l’attività d’impresa)
o una plusvalenza patrimoniale ex art. 86, corrispondente alla differenza fra il
corrispettivo conseguito e costo non ammortizzato del diritto trasferito (qualora
lo stesso rappresenti un bene “patrimoniale”, iscritto in bilancio fra le immobilizzazioni materiali), con facoltà di optare per la rateizzazione della plusvalenza in
un massimo di cinque esercizi, qualora il possesso del bene (o, meglio, del diritto) si sia protratto per almeno tre anni 39.
Nell’ambito del detto regime poi e ai fini della determinazione dell’esercizio
di competenza, bisognerebbe coerentemente stabilire quando si possa intendere conseguito il corrispettivo di un’eventuale cessione dei diritti edificatori, e cioè
se alla stipula dell’atto di cessione o alla data di rilascio del provvedimento amministrativo, l’unico, come si è innanzi rilevato, che secondo parte della dottrina
rio…debba essere estrapolato dal prezzo complessivo di acquisizione dell’immobile e di costituzione
della servitù a suo tempo pagato da colui che…rinuncia alla servitù. Al riguardo può essere utilizzato
un criterio di tipo proporzionale, fondato sul rapporto tra il valore complessivo attuale dell’immobile e
della rinuncia alla servitù e il corrispettivo percepito per la rinuncia alla servitù».
Il che - sia detto per inciso - richiederebbe una difficoltosa e fors’anche sempre contestabile valorizzazione attuale della rinuncia siffatta e quindi il rischio della esposizione a probabili successivi
accertamenti dei valori ipotizzati da parte dell’Amministrazione.
37
G. Borriero - G. Rebecca, (Cessione di terreni: ulteriori aspetti, in Fisco, 2003, 2, 201) ritengono addirittura che la cessione di cubatura realizzi una sorta di “deminutio” del valore patrimoniale
effettivo del lotto da cui si distacca (come avviene per esempio per la cessione del diritto di escavazione delle cave) e quindi non genererebbe alcun reddito imponibile né plusvalente.
38
V. sul punto Studio CNN n. 21-2012/T, Plusvalenze immobiliari: aspetti notarili, approvato dalla Commissione studi tributari il 18 aprile 2012 (Estensore Raponi), in www.notariato.it, anche per le
altre problematiche connesse con il tema in oggetto in materia di imposte dirette.
39
Ex art. 86, comma 4 del Tuir.
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Negoziazione dei diritti edificatori e relativa rilevanza fiscale - Studio n. 540-2014/T
e della giurisprudenza di legittimità determini la produzione dell’effetto traslativo
(e stavolta a prescindere dalla natura giuridica del diritto così trasferito). Ciò in
quanto il disposto dell’art. 109, comma 2, lett. a) del Tuir opera al riguardo un
distinguo e stabilisce che laddove l’effetto traslativo si verifichi in tempi successivi alla stipula dell’atto, l’esercizio di competenza per l’individuazione del reddito d’impresa sarà quello del momento di produzione dell’effetto stesso; altrimenti, appunto, coincide con quello di stipula dell’atto 40.
5. CONCLUSIONI
A ben riflettere, conclusivamente, la codificazione nell’ambito delle norme
codicistiche di pubblicità immobiliare delle astratte figure negoziali aventi ad oggetto diritti edificatori - così come recata dal nuovo n. 2-bis) dell’art. 2643 c.c. per la ragioni sopra illustrate, non ha avuto il significato (anche con riguardo alla
ratio legis della novella) di sancire la realità di tali diritti in senso oggettivo e
draconiano. Anzi, il legislatore, come già detto, ha legittimato anche per tali figure negoziali il ricorso allo strumento della trascrizione immobiliare solo per "garantire certezza nella circolazione dei diritti edificatori", tanto svariate e diversamente modulate nella prassi sono tali fattispecie, anche per effetto delle numerose e differenziate legislazioni regionali in materia. C’era bisogno allora di
una sorta di “reductio ad unum” (almeno sotto il profilo pubblicitario) in quanto il
modulo, di fatto abusato e talora anche forzoso, della “servitus inaedificandi”
(cui si è fatto ricorso nella prassi professionale per dare pubblicità immobiliare a
situazione che diversamente non l’avrebbero avuta) non poteva più contenere
tutte le articolate e complesse fattispecie negoziali connesse o collegate con i
diritti edificatori. Il che, al contrario di quanto non si possa pensare, può essere
stato determinato proprio dalla convinzione che siffatti diritti non erano e non
sono assimilabili con certezza a quelli immobiliari (per i quali già esisteva un
collaudato sistema di pubblicità immobiliare): diversamente, forse, non vi sarebbe stato nemmeno necessità di una norma ad hoc come quella introdotta dal
legislatore con il D.L. 70/2011 e si sarebbe potuto continuare ad utilizzare i vecchi percorsi di pubblicità immobiliare.
Ma se ciò non è di fatto più coerente anche con le sopravvenute mutazioni
indotte dalle legislazioni (statale e regionali) e dalle nuove politiche di pianificazione del territorio e se soprattutto la colorazione della realità delle disparate situazioni giuridiche ingenerate da esse non ne costituisce più un tratto identitario
assorbente (per l’assoluta distanza che si può interporre tra il fondo “originante”
così come rispetto a quello - eventualmente - “servente”), anche l’interprete sul
piano fiscale deve trarne coerenti e convergenti conclusioni, che possono essere
40
Sul punto cfr. G. Andreani - A. Tubelli, Plusvalenze e minusvalenze da cessione di diritti edificatori, in Bilancio e reddito d’impresa, 2011, 11, 7.
782
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Studi Tributari
anche diverse da quelle cui in tempi addietro si era pervenuti con riguardo alla
“cessione di cubatura”.
In quest’ultima fattispecie infatti di regola la utilitas connessa con la volumetria maggiorata di cui beneficiava (e può beneficiare) il cessionario aveva (e può
avere) come suo presupposto logico la inerenza con il fondo (normalmente contiguo a quello “beneficiato”) da cui la volumetria si distacca per accorparsi a
quella del fondo destinatario della maggiorazione volumetrica.
Adesso, in forza della concreta esplicazione delle politiche perequative,
compensative o incentivanti cui si è accennato nelle superiori osservazioni, tale
inerenza è solo un dato eventuale, ma non connaturale, essenziale ed identitario delle fattispecie negoziali relative ai diritti edificatori: il dato invece ineludibile
è quello della “potenziale ambulatorietà” e quindi un dato esattamente contrario
a quello della “inerenza”, tant’è che il diritto edificatorio, una volta generato e
originato da un certo fondo, potrebbe costituire una mera utilità economica in
testa a soggetti che in relazione a quel fondo non vantano e non vanteranno
mai alcun legame o vincolo di contatto e che potranno immettere sul mercato il
corrispondente controvalore disinteressandosi (e non avendo alcun potere di
disposizione) del terreno o dei terreni da cui il diritto promana.
Inoltre, proprio in ragione del fatto che il diritto edificatorio costituisce solo
una sorta di presupposto perché poi la P.A., nell’esercizio delle sue facoltà e
valutazioni discrezionali, possa poi provvedere all’emanazione del titolo abilitativo edilizio consentendo a quel diritto di trovare concreta esplicazione, si potrebbe anche dubitare del fatto che siffatto diritto presenti la colorazione della
“immediatezza”.
Sicché il difetto di due degli elementi qualificativi e costitutivi del diritto reale
(che sono proprio l’immediatezza e l’inerenza secondo l’insegnamento tradizionale 41) non consentirebbero quella operazione concettuale di assimilazione “strutturale” tra i diritti qui al vaglio e quelli reali che sta alla base delle consequenziali
convinzioni applicate nell’ambito del diritto tributario. Non a caso in recenti pronunce (successive al D.L. 70/2011) del giudice amministrativo 42 (forse più sensibile alle questioni proprie del diritto urbanistico) la stessa fattispecie della cessione
di cubatura viene qualificata come sorta di «contratto atipico ad effetti obbligatori,
avente natura di atto preparatorio finalizzato al trasferimento di volumetria, che si
realizza soltanto con il provvedimento amministrativo» o ancora «accordo … che
ha efficacia solo obbligatoria tra i suoi sottoscrittori, mentre il trasferimento di cubatura fra le parti e nei confronti dei terzi è determinato esclusivamente dal provvedimento concessorio, discrezionale e non vincolato...» 43.
41
Cfr. F. Messineo, Manuale di diritto civile e commerciale, Milano, 1965, 239.
Cfr. Sentenza Tar Lombardia, Milano, del 26 luglio 2012, n. 2097, leggibile sul sito
http://www.giustizia-amministrativa.it/.
43
Tar Campania, Napoli, sez. VI, 9 gennaio 2014, n. 106 leggibile in Banca dati Leggi d’Italia.
42
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Dall’analisi ragionata della “presunta assimilazione strutturale” di cui s’è detto 44 d’altra parte ci si accorge con evidenza che essa viene “recepita” da
quell’orientamento (nemmeno maggioritario) della Suprema Corte innanzi evocato 45 in base al quale la cubatura costituirebbe un diritto a sé stante trasferita,
in caso di cessione, definitivamente all’acquirente, a beneficio del fondo di costui. Ancora una volta pertanto viene posta a fondamento di tale opzione la situazione di relatività e di collegamento (inerenza) tra il fondo da cui quel diritto
promana e quello a cui beneficio viene destinata: situazione che, come più volte
osservato, non è dato riscontrare quale tratto distintivo e costitutivo della generica categoria del “diritto edificatorio”, soprattutto se riguardata con riferimento a
tutte le diverse morfologie tipologiche ipotizzate o ipotizzabili in base alle nuove
tecniche di pianificazione territoriale. Inoltre la teoria dell’“assimilazione strutturale” prescinde del tutto dalla complessità procedimentale in cui il negozio di diritti edificatori va a collocarsi, finendo per concentrare ogni valutazione su di un
solo segmento (quello negoziale) dell’intera procedura e senza possibilità di valutare se il diritto edificatorio in sé abbia la dignità stessa di “diritto” o, come innanzi si è rilevato, non concorra a definire piuttosto un interesse legittimamente
tutelato, cadenzato e calibrato soprattutto sull’atto finale e conclusivo di quel
procedimento (il rilascio del titolo abilitativo edilizio da parte della P.A.) che solo
dà ad esso consistenza ed efficacia sul piano giuridico.
Di tutto ciò, in estrema conclusione, l’interprete non può non farsi carico anche sul piano fiscale, eventualmente ripensando in funzione degli obiettivi perseguiti dalle nuove metodologie urbanistiche, le categorie concettuali finora utilizzate, ai fini della individuazione del corretto regime impositivo afferente alle
fattispecie negoziali relative ai nuovi diritti edificatori ed ipotizzando come non
peregrino un trattamento fiscale a ciò adeguato (segnatamente nell’ambito
dell’imposta di registro accedendo all’applicazione dell’aliquota - 3% - prevista
per i beni “diversi” da quelli immobiliari ex art. 2 della tariffa Parte prima allegata
al D.P.R. 131/1986 o, con effetti similari quanto al relativo carico fiscale, prevista dall’art. 9 della medesima tariffa in generale per gli atti aventi per oggetto
prestazioni a contenuto patrimoniale) 46.
44
E testuale nella Ris. 20 agosto 2009, n. 233/E sopra ricordata.
Soprattutto sentenze n. 6807/1988 e 10979/2007 già citate.
Rimane peraltro impregiudicata l’applicazione di eventuali regimi impositivi speciali [come
quello disegnato dall’art. 20 della Legge 28 gennaio 1977, n. 10 (c.d. Legge Bucalossi) che richiama
il trattamento premiale di cui all’art. 32, comma 2 D.P.R. 601/1973 - e quindi l’applicazione
dell’imposta di registro in misura fissa e l’esenzione da imposte ipocatastali] laddove ne dovessero
ricorrere i presupposti; né quanto qui in argomento ha riferimenti diretti o indiretti con la portata
del disposto di cui all’art. 10, comma 4 del D.Lgs. 23/2011 (statuente soppressione di agevolazioni
ed esenzioni fiscali, anche se previste da leggi speciali), in quanto il presente contributo ha inteso
valutare il fenomeno dei negozi aventi ad oggetto diritti edificatori solo in una prospettiva impositiva
generale.
45
46
784
Studi e Materiali - 4/2014
Profili fiscali della cancellazione delle società
dal registro delle imprese in presenza
di beni immobili non liquidati
Studio n. 550-2014/T
Thomas Tassani
Approvato dall’Area Scientifica - Studi Tributari il 30 ottobre 2014
Approvato dal CNN nella seduta del 13-14 novembre 2014
LO STUDIO IN SINTESI (ABSTRACT)
Lo Studio esamina il caso delle società cancellate dal registro delle imprese in
presenza di beni immobili non liquidati né assegnati, che risultano intestati alla
società estinta nei pubblici registri.
La problematica fiscale è connessa all’inquadramento civilistico, in base al
quale i beni non liquidati devono ritenersi trasferiti per successione in capo ai soci,
in regime di contitolarità.
Ai fini tributari, ciò determina la realizzazione della fattispecie impositiva nelle
imposte sui redditi e nell’Iva, al momento della estinzione del soggetto, per destinazione a finalità estranee dei beni di impresa.
Qualora gli ex soci, successivamente alla estinzione, pongano in essere atti di
tipo ricognitivo, anche ai fini della formalità delle trascrizioni immobiliari, si ritiene
che non si determini una imposizione proporzionale, nelle imposte sui trasferimenti. L’imposizione proporzionale di registro sarà possibile solo qualora si tratti
di atti in senso proprio dichiarativi, oltre che per eventuali atti traslativi.
In termini procedimentali, gli uffici fiscali potranno accertare destinazione a finalità estranee dei beni non liquidati entro i termini ordinari di decadenza che decorreranno considerando realizzata la fattispecie al momento della cancellazione
della società dal registro delle imprese.
Sommario: 1. Premessa. - 2. La portata estintiva della cancellazione della società dal
registro delle imprese ed il rapporto successorio tra società estinta ed ex soci. - 3.
Rilevanza fiscale della successione società-soci in relazione ai beni immobili non
liquidati. - 3.1. Nelle imposte sui redditi e nell’Iva. - 3.2. Nei tributi sui trasferimenti. - 3.3. Segue: beni non liquidati e successivi atti ricognitivi o dichiarativi. - 3.4. Il
successivo trasferimento dei beni immobili non liquidati. - 4. I poteri di accertamento dell’Amministrazione finanziaria.
Studi e Materiali - 4/2014
785
Cancellazione delle società dal registro delle imprese - Studio n. 550-2014/T
1. PREMESSA
L’effettuazione della fase di liquidazione, con successiva cancellazione della
società (di capitali o di persone) dal registro delle imprese, può determinare il
verificarsi di fattispecie in cui, successivamente alla data di cancellazione, uno o
più beni immobili risultano ancora intestati alla società nei registri immobiliari.
Beni che non risultano essere stati né liquidati (in quanto non trasferiti a terzi
durante la fase liquidatoria), né assegnati ai soci, con conseguente mancata indicazione degli stessi nel bilancio finale di liquidazione (e nel piano di riparto).
In relazione a simili fattispecie, ci proponiamo di esaminare le seguenti problematiche fiscali:
a) la possibile realizzazione di fattispecie impositive al momento della cancellazione della società dal registro delle imprese;
b) la possibile rilevanza fiscale di un eventuale atto ricognitivo della comproprietà dei beni da parte degli ex soci, redatto ai fini delle trascrizioni immobiliari,
successivamente alla estinzione della società;
c) i poteri di accertamento degli uffici fiscali in relazione ai diversi momenti di
rilevanza impositiva 1.
2. LA PORTATA ESTINTIVA DELLA CANCELLAZIONE DELLA SOCIETÀ DAL
REGISTRO DELLE IMPRESE ED IL RAPPORTO SUCCESSORIO TRA SOCIETÀ
ESTINTA ED EX SOCI
L’indagine dei riflessi fiscali della fattispecie in esame richiede, in via preliminare,
di individuare gli effetti giuridici della cancellazione dal registro delle imprese, con riferimento sia alla società sia alle situazioni giuridiche ricostruibili in capo ai soci.
L’affermazione della portata estintiva della cancellazione delle società dal
registro delle imprese costituisce un sicuro approdo interpretativo di diritto
commerciale 2, in relazione sia alle società di capitali sia alle società di persone.
Per le prime, l’art. 2495 c.c. sancisce l’effetto costitutivo della cancellazione,
speculare a quello della iscrizione nel registro delle imprese; per le seconde, si ritiene applicabile la medesima regola, pur considerando il valore di pubblicità dichiarativa della iscrizione nel registro delle imprese per tali tipologie societarie.
1
Una più ampia riflessione, sui temi oggetto del presente studio, è compiuta anche in T. Tassani, Estinzione delle società e residui attivi da liquidazione: profili fiscali, in Rass. trib., 2014, 1012 ss.
2
Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno scandito i passaggi del percorso interpretativo con due blocchi di sentenze, quelle del febbraio 2010 (sentt. nn. 4060, 4061, 4062 del 22 febbraio 2010, in Giur. comm., 2011, 917 ss., con nota di A. Zorzi, Cancellazione ed estinzione della
società tra problemi di diritto intertemporale, questioni di giurisdizione fallimentare, cessazione
dell’impresa e fusione per incorporazione) e del marzo 2013 (sentt. nn. 6070, 6071, 6072 del 12
marzo 2013, in Dir. fall., 2013, 528 ss., con nota di R. Tiscini, Cancellazione della società dal registro delle imprese e sua estinzione. Le Sezioni Unite chiudono il cerchio.
786
Studi e Materiali - 4/2014
Studi Tributari
L’effetto estintivo risulta, inoltre, strutturalmente stabile, non potendo essere
messo in discussione neppure in presenza di rapporti societari (attivi o passivi)
non definiti al momento della cancellazione 3.
Oltre che in caso di dichiarazione di fallimento avvenuta entro un anno dalla
cancellazione 4, gli effetti estintivi possono venire meno solo quando il Giudice
del Registro delle imprese, esercitando i poteri di cui all’art. 2191 c.c., ordini la
cancellazione dell’iscrizione della cancellazione, che tuttavia presuppone che la
società abbia continuato, nonostante la cancellazione, ad esercitare l’attività di
impresa 5.
Ne consegue la piena legittimità, sul piano sistematico, di fattispecie di società cancellate dal registro delle imprese (e, quindi, estinte) con rapporti giuridici pendenti, nel senso che l’ordinamento ammette che tali situazioni giuridiche
“sopravvivano” alla estinzione del suo titolare.
Rapporti che possono essere passivi 6 o attivi, in questo secondo caso trattandosi di beni o diritti che, durante la fase di liquidazione, non sono stati oggetto né di trasferimento a terzi (o di altre vicende giuridiche in grado di comportarne la estinzione, come per esempio la compensazione o la rinuncia), né di attribuzione ai soci.
La mancata liquidazione di tali beni e diritti, che non dovrebbero allora trovare ingresso nel bilancio finale di liquidazione 7, fa sì che si possa parlare di residui attivi o di beni e diritti non liquidati 8.
Se la cancellazione della società dal registro delle imprese segna il momento ultimo di vita dell’ente, ciò significa che eventuali residui attivi non possono
3
F. Fimmanò, Le Sezioni Unite pongono la “pietra tombale” sugli “effetti tombali” della cancellazione delle società di capitali, in Società, 2013, 536 ss.
4
Ex art. 10, legge fallimentare. La reviviscenza della società dichiarata fallita costituisce, a giudizio delle Sezioni Unite, una “eccezione alla regola generale”, destinata ad operare solo nel contesto del fallimento, in base ad una “fictio iuris”. Sul tema, Cataldo, Gli effetti della cancellazione delle
società per i creditori, in Fall., 2010, 1401 ss.; R. Tiscini, op. cit., 528; G.P. Alleca, Le Sezioni Unite
e l’estinzione delle società a seguito della cancellazione, in Riv. dir. civ., 2010, 637 ss.
5
La soluzione è affermata chiaramente dalla giurisprudenza di legittimità e sostenuta dalla prevalente dottrina. Sul tema, M.P. Ferrari, La “cancellazione della cancellazione” della società dal registro delle imprese, in Società, 2013, 503 ss.
6
In relazione al tema della responsabilità degli ex soci per i debiti fiscali della società estinta, si
rinvia a T. Tassani, La responsabilità di soci, amministratori e liquidatori per i debiti fiscali della società, in Rass. trib., 2012, 359 ss., anche per ulteriori riferimenti bibliografici.
7
Qualora nel bilancio finale di liquidazione fosse indicato un bene o un diritto che non è stato
alienato o comunque estinto, lo stesso dovrebbe essere inserito nel piano di riparto e quindi essere
oggetto di assegnazione in natura tra i soci. Conseguentemente, non si potrebbe parlare di “residui
attivi” perché la situazione giuridica non sarebbe più riferibile alla società nel momento in cui questa
è cancellata dal registro delle imprese. Su questi aspetti G. Niccolini, Appunti sui bilanci di liquidazione, in Riv. dott. comm., 2013, 603 ss.; S. Casamassima, I bilanci di liquidazione nelle società per
azioni, in Riv. not., 2003, 69 ss.
8
Nella dottrina giuscommercialistica si parla anche, spesso con scarso rigore terminologico, di
sopravvenienze e/o sopravvivenze attive. Peraltro, come si vedrà in seguito, l’unica distinzione oggi
realmente rilevante, con riferimento alle situazioni giuridiche societarie non liquidate, pare essere
quella tra beni e diritti, da una parte, e mere aspettative e diritti di credito non liquidi, dall’altra.
Studi e Materiali - 4/2014
787
Cancellazione delle società dal registro delle imprese - Studio n. 550-2014/T
[più] essere ricondotti alla sfera giuridica del soggetto societario, ormai irrimediabilmente estinto.
Secondo la giurisprudenza di legittimità, la cancellazione della società dal
registro delle imprese dà luogo ad un fenomeno successorio 9.
I soci subentrano nella titolarità dei rapporti societari, ancora pendenti al
momento della estinzione della società, per l’operare di un meccanismo di tipo
derivativo-successorio, solo in parte analogo a quello delle persone fisiche.
Con riferimento ai residui attivi, la vicenda di tipo successorio determina il
trasferimento ai soci, in regime di “contitolarità o comunione indivisa”, dei diritti
e dei beni non liquidati 10.
3. RILEVANZA FISCALE DELLA SUCCESSIONE SOCIETÀ-SOCI IN RELAZIONE
AI BENI IMMOBILI NON LIQUIDATI
Con riferimento al caso dei beni immobili non liquidati, il riferimento che la
giurisprudenza opera al meccanismo “di tipo successorio” per descrivere il trasferimento degli stessi ai soci, potrebbe far pensare ad una possibile applicazione dell’imposta sulle successioni.
Conseguenze che tuttavia è da escludere in radice perché lo spostamento
patrimoniale non risulta riconducibile ad un trasferimento “a causa di morte”.
Per quanto riguarda le altre imposte, occorre preliminarmente osservare
come non sia ravvisabile un atto della società cui ricondurre il trasferimento di
beni e diritti agli ex soci, il trasferimento patrimoniale rappresentando, infatti, un
effetto legale 11 della estinzione del soggetto societario.
A meno di non ritenere che l’atto cui ricondurre tali effetti, e quindi da prendere in considerazione ai fini della imposizione, sia quello di iscrizione della
cancellazione della società dal registro delle imprese. Non pare tuttavia che tale
9
Cass., SS.UU., sentt. nn. 6070-1-2/2013; Cass., sentt. nn. 4060-1-2/2010, cit.; Cass., sez.
trib., ord. 3 novembre 2011, n. 22863; Cass., sent. 6 maggio 2012, n. 7676. In questo senso, si è
espressa anche l’Agenzia delle Entrate: Ris. AE 27 luglio 2011, n. 77/E.
10
Occorre tuttavia sottolineare come, in base al più recente orientamento delle Sezioni Unite della
Corte di Cassazione (sent. 1 febbraio 2013, n. 6070) sia necessario operare un discrimine tra tipologie
di situazioni giuridiche attive, la cancellazione dal registro delle imprese potendo determinare
l’estinzione di alcune di queste, in quanto “univoca manifestazione di volontà” di rinuncia alle stesse da
parte della società. La rinuncia, in particolare, si configurerebbe per le mere pretese, ancorché azionate od azionabili in giudizio, cui non corrisponda la possibilità di individuare, nel patrimonio sociale, “un
diritto o un bene definito”, che allora non potrebbe essere considerato nel bilancio finale. Inoltre, per i
diritti di credito non liquidi, per i quali sarebbe necessaria un’attività ulteriore (giudiziale o extragiudiziale) per renderli liquidi, il mancato svolgimento di tale attività necessaria per poterlo inserire nel bilancio
finale, starebbe ad indicare una volontà di rinuncia da parte della societàcit. Su questi aspetti, che non
saranno esaminati nel presente studio, si rinvia a D. Boggiali - A. Ruotolo, La cancellazione dal registro
delle imprese produce l’effetto dell’estinzione della società e la “successione” dei soci nelle sopravvenienze attive, in Riv. not., 2013, 954 ss.; C. Consolo - F. Godio, Le sezioni unite sull’estinzione di società: la tutela creditoria “ritrovata” (o quasi), in Corr. giur., 2013, 691 ss.
11
D. Boggiali - A. Ruotolo, op. cit., 954 ss.
788
Studi e Materiali - 4/2014
Studi Tributari
soluzione possa essere sostenibile, tale atto avendo una portata costitutiva o
dichiarativa (a seconda della tipologia societaria) con effetti estintivi, ma non un
contenuto di attribuzione patrimoniale in senso proprio.
L’assenza di un atto della società avente ad oggetto i beni e i diritti che si trasferiscono ai soci, impone valutazioni diverse a seconda delle imposte considerate.
3.1. Nelle imposte sui redditi e nell’Iva
Nelle imposte sui redditi ed in quella sul valore aggiunto, il trasferimento dei
beni della società estinta agli ex soci, quale effetto della successione, risulta
comunque in grado di integrare la fattispecie impositiva della destinazione a finalità estranee, ai sensi degli artt. 85, comma 2 e 86, comma 1, lett. c), Tuir e
dell’art. 2, comma 1, n. 5, D.P.R. 633/1972) 12.
Secondo l’interpretazione prevalente, la fattispecie impositiva avrebbe una
funzione “di chiusura” del regime fiscale di impresa, dovendo applicarsi ad ogni
ipotesi in cui il bene fuoriesce da tale regime impositivo, comprendendo anche
fattispecie in cui è assente uno specifico atto volontario di destinazione, come
quelle derivanti dalla cessazione dell’attività di impresa 13.
Le sole ipotesi in cui la cancellazione risulta inidonea a realizzare la fattispecie
impositiva della destinazione a finalità estranee sono quelle in cui è dichiarato il fallimento della società (entro un anno dalla cancellazione) e in cui vi sia la successiva
“cancellazione della cancellazione” da parte del giudice del registro delle imprese.
In entrambe le situazioni, infatti, si determina la ricostituzione del patrimonio
societario con la conseguenza di fare venire meno (ex post) gli effetti traslativi
nei confronti dei soci 14.
Al di fuori di questi casi, la cancellazione dal registro delle imprese è idonea
a provocare l’emersione, quale ultimo momento di “esistenza fiscale” della so12
La valutazione della base imponibile in caso di destinazione a finalità estranee va effettuata considerato il valore normale, ai fini delle imposte sui redditi (artt. 85, comma 2 e 86, comma 3, Tuir) e il criterio
del “prezzo di acquisto” o “di costo” dei beni o di beni simili, ai fini Iva (art. 13, comma 2, lett. c), D.P.R.
633/1972). Occorre sottolineare che l’attuale sistema prevede l’irrilevanza delle minusvalenze in caso di
assegnazione ai soci o destinazione a finalità estranee, come notato da G. Zizzo, L’imposta sul reddito
delle società, in G. Falsitta, Manuale di diritto tributario. Parte speciale, Padova, 2013, 486.
13
In questo senso, M. Miccinesi, Le plusvalenze d’impresa. Inquadramento teorico e profili ricostruttivi, Milano, 1993, 148 ss. Sul tema, in generale, A. Fedele, Riorganizzazione delle attività produttive e imposizione tributaria, in Riv. dir. trib., 2000, 1 489. Nell’Iva, l’art. 2, comma 2, n. 5), D.P.R.
633/1972 prevede l’imposizione per la destinazione a finalità estranee, anche se determinata da cessazione dell’attività, “con esclusione di quei beni per i quali non è stata operata, all’atto dell’acquisto, la
detrazione dell’imposta”. Il successivo n. 6) non dispone la stessa esclusione per le ipotesi di assegnazioni ai soci, delineando una diversità di regime sicuramente rilevante. Tuttavia, la prassi amministrativa è nel senso di considerare, a questi fini, l’assegnazione ai soci quale ipotesi di destinazione a finalità estranee, con conseguente esclusione da imposta nel caso in cui il bene di impresa non abbia consentito la detrazione, neppure parziale, dell’Iva in ragione del suo acquisto presso un soggetto privato
(Ris. Ag. Ent., n. 191/E del 23 luglio 2009; Ris. Ag. Ent., n.194/E del 17/6/2002).
14
A. Zorzi, Cancellazione della società dal registro delle imprese, estinzione della società e tutela dei creditori, in Giur. comm., 2002, II, 116; G.P. Alleca, op. cit., 637 ss.
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Cancellazione delle società dal registro delle imprese - Studio n. 550-2014/T
cietà, di materia imponibile riferibile alla società medesima e quindi di un debito
di imposta maggiore di quello (eventualmente) dichiarato ed assolto nella fase
della liquidazione.
I descritti riflessi impositivi della vicenda giuridica derivante dalla destinazione a finalità estranee sono poi in grado di estendersi ai soci, perché il debito di
imposta della società (Iva o Ires) si trasmette in capo a questi in virtù del rapporto di successione (intra vires, in caso di socio di capitali) 15.
Per quanto attiene ai soci, inoltre, pare possibile affermare che l’arricchimento
derivante dal subentro, a seguito della successione, nella titolarità dei beni e diritti
non liquidati sia in grado di realizzare in capo a questi una specifica fattispecie
impositiva, quale reddito di partecipazione 16.
Infatti, l’arricchimento dei singoli è riconducibile alla posizione dagli stessi rivestita all’interno della società, il rapporto societario costituendo la fonte del
reddito, dato che il trasferimento si realizza nell’ultimo momento di esistenza
della compagine societaria. Inoltre, l’elemento della “percezione” degli utili da
parte del socio, sembra potersi determinare anche indipendentemente dalla
esistenza di un formale atto di attribuzione 17.
3.2. Nei tributi sui trasferimenti
A differenza delle imposte sui redditi e dell’Iva, nei tributi sui trasferimenti
(imposta di registro, ipotecaria e catastale) l’effetto legale del trasferimento,
connesso alla vicenda successoria/estintiva, non risulta assumere rilevanza ai
fini della tassazione.
L’assenza di un atto cui riferire gli effetti giuridici del trasferimento di ricchezza da un soggetto (società estinta) all’altro (il socio) impedisce, infatti, la realizzazione del presupposto d’imposta 18.
15
Gli uffici fiscali potranno quindi recuperare l’Ires non assolta dalla società in base all’art. 36,
D.P.R. 602/73 mentre, per l’Iva, dovranno avvalersi degli artt. 2312 e 2495 c.c.
16
E, quindi, reddito di capitale o reddito di impresa a seconda della qualifica soggettiva del socio. Sul tema F. Menti, Gli utili da partecipazione nella disciplina delle imposte sui redditi, Parma,
2002, 154 ss. Con riferimento alle attribuzioni ai soci di società trasparenti, si ritiene che
l’eccedenza tassabile sia comunque qualificabile come “reddito di impresa”, per effetto del regime di
trasparenza. Sul tema, si rinvia a P. Boria, Il principio di trasparenza nella imposizione delle società
di persone, Milano, 1996, 230 ss.
17
L’art. 47, comma 7, Tuir fa inoltre riferimento al valore normale dei beni “ricevuti” dai soci in
caso di, tra le altre ipotesi, “liquidazione” di società. Con riferimento alle società di persone, l’art. 17,
comma 1, lett. l), Tuir prevede la tassazione dei redditi compresi nel valore normale dei beni “assegnati” ai soci e lo stesso termine è utilizzato dall’art. 20-bis, Tuir. Non si ritiene tuttavia di dovere interpretare in modo diverso le due norme in relazione alla fattispecie qui in esame, valorizzando il
principio che è alla base della scelta legislativa, testimoniato anche dal rinvio che quest’ultima disposizione opera all’art. 47, comma 7, Tuir.
18
Si vedano G. Fransoni, Il presupposto dell’imposta di registro fra tradizione ed evoluzione, in
Rass. trib., 2013, 955 ss.; D. Mazzagreco, Commento all’art. 1 D.Lgs. 347/1990, in Commentario breve alle leggi tributarie, a cura di G. Falsitta - A. Fantozzi - G. Marongiu - G. Moschetti (a cura di), IV,
(segue)
790
Studi e Materiali - 4/2014
Studi Tributari
Potrebbe, dunque, risultare fiscalmente preferibile procedere ad una cancellazione della società con residui attivi (in particolare, immobili), piuttosto che ad
una formale assegnazione degli stessi al termine della liquidazione, per evitare
l’imposizione proporzionale nei tributi sui trasferimenti 19.
Se, in questo modo, si apre la strada a possibili valutazioni di convenienza
da parte dei contribuenti, occorre però circoscrivere le ipotesi potenzialmente
interessate, visto che, per il principio generale di alternatività, l’individuazione di
una fattispecie rilevante ai fini Iva (quale è l’assegnazione) comunque determinerebbe il tendenziale non assoggettamento alle imposte proporzionali di registro, ipotecaria e catastale 20.
Imposte, queste ultime, che invece sarebbero dovute qualora l’eventuale assegnazione riguardasse beni fuori dal campo applicativo Iva perché esclusi (es.
terreni non suscettibili di utilizzazione edificatoria, art. 2, comma 3, lett. c),
D.P.R. 633/1972) o perché non è stata operata la detrazione a monte (acquisto
da privati, art. 2, comma 2, n. 5, D.P.R. 633/1972); oppure nelle ipotesi che derogano al principio di alternatività, rappresentate dalle cessioni di fabbricati
esenti Iva ex art. 10, n. 8-bis ed 8-ter, D.P.R. 633/1972 (art. 40, comma 1,
D.P.R. 131/1986; art. 10, comma 1 ed art. 1-bis, Tariffa, D.Lgs. 347/1990) 21.
3.3. Segue: beni non liquidati e successivi atti ricognitivi o dichiarativi
L’automaticità del mutamento di titolarità giuridica dei beni e diritti è connesso al meccanismo successorio, non essendo necessario alcun ulteriore atto per
consolidare tale effetto.
Tanto che, secondo parte della dottrina, per quanto riguarda i beni immobili
non liquidati, non vi sarebbe neppure bisogno dell’atto di trascrizione, dovendosi fare riferimento, per ciò che attiene alla titolarità, “alle risultanze storiche del
Padova, 2011, 1077 ss.; E.M. Bartolazzi Menchetti, Commento all’art. 10 D.Lgs. 347/1990, in Codice
delle Leggi Tributarie, a cura di A. Fedele - G. Mariconda - V. Mastroiacovo, Torino, 2014, 847 ss.
19
Sulla tassazione delle assegnazioni societarie nel tributo di registro, modellata dal legislatore
in modo speculare a quella sui conferimenti (quindi con tendenziale imposizione proporzionale nelle
sole ipotesi di assegnazioni di immobili), si rinvia a A. Di Pietro - C. Longo, in Atti societari ed imposizione indiretta, a cura di A. Di Pietro, Padova, 2005, 73 ss.; A. Piscitello, Commento all’art. 50
D.P.R. 131/1986, in Codice delle leggi tributarie, a cura di A. Fedele - G. Mariconda - V. Mastroiacovo, cit., 262 ss.; Studio CNN n. 74/11, Profili fiscali del recesso dalla società e dell’assegnazione
di beni ai soci, Estensore F. Raponi, del 16/12/2011, in www.notariato.it.
20
Sul punto, anche N. Forte, Il nuovo manuale dell’Iva 2014, Rimini, 1267 ss. Sul principio di alternatività, G. Fransoni, op. ult. cit., 955 ss.; P. Boria, Il sistema tributario, Milano, 2008, 844; M.P. Nastri,
Il principio di alternatività tra imposta sul valore aggiunto e imposta di registro, Torino, 2012, 80 ss.
21
Anche l’ipotesi di cui all’art. 10, n. 27-quinquies, D.P.R. 633/1972, configura una operazioni
esente assoggettata ad imposta proporzionale di registro ex art. 40, comma 1, D.P.R. 131/1986).
Sulla individuazione delle diverse fattispecie di cessioni di fabbricati abitativi e strumentali esenti Iva
(art. 10, n. 8-bis ed 8-ter, D.P.R. 633/1972) e tassati in modo proporzionale nell’imposta di registro
e/o in quelle ipotecaria e catastale, si rinvia a N. Forte, A. Lomonaco, Novità e questioni aperte in
tema di cessioni di fabbricati in ambito Iva, in Studi e mat., 2012, 1211 ss.; Circ. Ag. Ent. 29 maggio
2013, n. 18/E; M.P. Nastri, op. ult. cit., 167 ss.
Studi e Materiali - 4/2014
791
Cancellazione delle società dal registro delle imprese - Studio n. 550-2014/T
registro delle imprese al momento della cancellazione della società”; potendo in
questo modo superare il problema della “continuità della trascrizione” 22.
A livello operativo, per esigenze di certezza giuridica, può però ravvisarsi
l’esigenza di redigere, in particolare con riferimento ai beni immobili, un atto che
abbia una portata ricognitiva, in grado di formalizzare la situazione proprietaria,
anche in vista di successivi trasferimenti 23.
Per quanto attiene le conseguenze impositive, sembra necessario distinguere
due ipotesi.
La prima ipotesi è quella di un atto che si limiti alla mera ricognizione della
situazione giuridica conseguente alla estinzione della società, formalizzando la
titolarità del bene nonché (in caso di pluralità di soci) la quota di ognuno nella
comunione 24.
In questo caso, l’assenza di effetti di modificazione della realtà giuridica (apprezzabili in termini di rafforzamento, specificazione e affievolimento) 25 non può
che condurre ad una tassazione solo fissa dell’atto stesso, nelle imposte di registro, ipotecaria e catastale 26.
A meno che non si ritenga, ma la soluzione non risulta accettabile, che anche il solo effetto ricognitivo, non espressivo di una volontà negoziale diretta alla produzione di effetti, possa connotare gli atti dichiarativi ricompresi nell’art. 3,
Tariffa allegata D.P.R. 131/1986 27.
La seconda ipotesi è quella di un atto che, pur senza mutare il contenuto dei
diritti coinvolti, produca un effetto di specificazione del contenuto della situazione giuridica, per esempio perché sostituisce lo stato di comunione pro quota
con quello di proprietà esclusiva sui singoli beni. In questo caso, vi sarà
senz’altro una imposizione proporzionale di registro connessa alla natura dichiarativa (art. 3, Tariffa D.P.R. 131/1986) 28.
22
Così, D. Boggiali - A. Ruotolo, op. cit., 954 ss.
G. Iaccarino, Sopravvenienze attive alla cancellazione della società: soluzioni operative dopo
l’ultimo orientamento della Cassazione, in Società, 2009, 544 ss.; L. Ballerini, Società di capitali
cancellata dal registro delle imprese e pubblicità immobiliare, in Riv. not., 2014, 222 ss.
24
Sul tema, F. Fimmanò - F. Angiolini, Gli effetti della cancellazione della società alla luce delle
pronunce delle Sezioni Unite della Cassazione, in Riv. not., 2010, n. 6, 1465 ss.
25
A. Falzea, voce Efficacia giuridica, in Enc. Dir., XIV, Milano, 1965, 495.
26
Gli atti che si “esauriscono in una mera declaratoria della situazione preesistente” o che si limitano a “certificare, formalizzare una situazione già esistente, senza nulla aggiungere o togliere alla realtà giuridica preesistente”, sarebbero esclusi da imposizione proporzionale (A. Contrino, Sub
art. 3 Tariffa, in Commentario breve alle leggi tributarie, cit., 1014; V. Uckmar - R. Dominici, Registro
(imposta di), in Noviss. Dig. it., Torino, 1996, XII, 106). Sul tema, A. Contrino, Note sulla nozione di
“atto di natura ricognitiva” nel tributo di registro, in Rass. trib., 2011, 662 ss.; E.M. Bartolazzi Menchetti, sub art. 3 Tariffa, in Codice delle leggi tributarie, cit., 460 ss.
27
Si veda A. Uricchio, in D’Amati, La nuova disciplina dell’imposta di registro, Torino, 1989, 482.
In ogni caso, anche la qualificazione dell’atto come dichiarativo, conduce alla imposizione fissa nelle imposte ipotecaria e catastale, essendo l’atto diverso da quelli traslativi o costitutivi di diritti reali
relativi a beni immobili. Su questi aspetti, anche M. Basilavecchia, La tassazione degli atti ricognitivi
presentati dai notai, in Corr. trib., 2014, 637 ss.
28
In questo caso, si tratterà di un atto di divisione e sarà altresì necessario, per determinare il
(segue)
23
792
Studi e Materiali - 4/2014
Studi Tributari
3.4. Il successivo trasferimento dei beni immobili non liquidati
La cancellazione della società dal registro delle imprese, per effetto del
meccanismo di tipo successorio, determina il mutamento della titolarità giuridica
dei beni e diritti non liquidati, che entrano nel patrimonio degli ex soci.
Ciò significa che eventuali fattispecie impositive connesse al trasferimento di
tali beni e diritti, realizzate dopo la estinzione della società, saranno da ricondurre esclusivamente alla sfera giuridica degli ex soci.
Significativi sono gli effetti soprattutto qualora gli ex soci non siano imprenditori (individuali o societari), perché i trasferimenti non saranno ricompresi nel
regime di impresa, con conseguente esclusione ai fini Iva, possibile applicazione delle imposte proporzionali di registro, ipotecaria e catastale (sussistendo gli
ulteriori presupposti) e possibile realizzazione di fattispecie reddituali diverse da
quella del reddito di impresa.
4. I POTERI DI ACCERTAMENTO DELL’AMMINISTRAZIONE FINANZIARIA
In primo luogo, risulta necessario valutare, dal punto di vista accertativo, la
destinazione a finalità estranee dei beni d’impresa derivante dalla estinzione
della società.
Al fine di far valere la responsabilità dei soci (e, in talune ipotesi, dei liquidatori) per i debiti fiscali non assolti dalla società estinta 29, il problema operativo,
per gli uffici fiscali, è quello di accertare la realizzazione delle fattispecie impositive, in quanto relative a beni e diritti che non sono indicati nel bilancio di liquidazione, né nelle dichiarazioni relative al periodo liquidazione.
L’Amministrazione finanziaria, per accertare la fattispecie impositiva della
destinazione a finalità estranee, dovrebbe attivare ulteriori poteri di controllo,
entro il termine decadenziale previsto per l’emissione dell’atto di accertamento.
peso impositivo nel tributo di registro, determinare la presenza o meno di conguagli. Sul tema, A.
Fedele, La collazione e l’imposta di registro sulla divisione, in Rass. trib., 1987, 1459 ss.; A. Contrino, Sub art. 3 Tariffa, in Commentario breve alle leggi tributarie, cit., 1017 ss.
29
Si ritiene che l’accertamento del debito di imposta possa avvenire direttamente in capo agli ex
soci in qualità di successori della società, ai sensi degli artt. 2312, 2495 c.c. e, ai fini Ires, 36, D.P.R.
602/72. In relazione al procedimento per l’accertamento dei debiti societari pregressi, in ipotesi di
società cancellate dal registro delle imprese, il D.Lgs. recante disposizioni in materia di semplificazioni fiscali (ex art. 7, Legge 11 marzo 2014, n. 23, c.d. “delega fiscale”), di imminente pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, contiene importanti novità. La bozza di decreto legislativo prevede infatti
che “ai soli fini della liquidazione, accertamento e riscossione dei tributi e contributi, sanzioni e interessi, l’estinzione della società di cui all’art. 2495 del codice civile ha effetto trascorsi cinque anni
dalla richiesta di cancellazione dal registro delle imprese”. Le modifiche legislative proposte delineano una “sopravvivenza fiscale” delle società cancellate dal registro delle imprese, riferibile tuttavia alle sole posizioni procedimentali connesse ai debiti fiscali non assolti, mentre sembrerebbero
inalterati gli effetti di ordine sostanziale (estinzione del soggetto, vicenda successoria, trasferimento
di beni e diritti ai soci), così come le connesse fattispecie impositive.
Studi e Materiali - 4/2014
793
Cancellazione delle società dal registro delle imprese - Studio n. 550-2014/T
Termine che, è bene sottolinearlo, decorre considerando il momento in cui la
fattispecie impositiva si realizza, ossia quello in cui è avvenuta la cancellazione
delle società dal registro delle imprese.
Individuato il periodo di imposta in cui la fattispecie si è realizzata, si individua, di conseguenza, l’anno in cui la dichiarazione è stata presentata (o doveva
esserlo) per fare decorrere i termini di cui agli artt. 43 D.P.R. 600/1973 e 57
D.P.R. 633/1972.
Peraltro, con riferimento ai beni immobili ed i mobili registrati, gli uffici fiscali
possono ricorrere alla iscrizione nei pubblici registri e quindi risalire, in questo
modo, alla vicenda estintivo-successoria.
Ovviamente, la situazione diventa ancora più “visibile” qualora gli ex soci
pongano in essere, successivamente alla estinzione, atti ricognitivi (vedi paragrafo precedente) e/o procedano alla vendita degli immobili.
Tuttavia, simili vicende sono del tutto distinte dalla precedente vicenda impositiva della destinazione a finalità estranee.
Conseguentemente, anche eventuali atti ricognitivi successivi non potranno
essere presi a riferimento dagli uffici fiscali per far decorrere da quel momento il
termine di decadenza per l’accertamento di plusvalenze ed operazioni Iva, che
rimane comunque fissato alla data della cancellazione della società dal registro
delle imprese.
In secondo luogo, a parte possibili responsabilità individuabili in capo al liquidatore per il comportamento colposo o doloso che ha condotto alla mancata
liquidazione del bene 30, ci si deve anche chiedere se la fattispecie in esame
possa evidenziare profili di elusività.
Si è visto come, in relazioni a talune fattispecie, il trasferimento dei beni agli
ex soci quale effetto legale della estinzione della società realizza un carico impositivo più tenue rispetto a quello che si avrebbe avuto qualora gli stessi beni
fossero stati oggetto di atto di assegnazione.
Dato che l’assegnazione, in numerose ipotesi, comporta l’applicazione delle
imposte proporzionali di registro (oltre che ipo-catastali) che invece non sono
dovute se l’effetto giuridico non è riconducibile ad un atto.
Considerando la struttura del principio generale antielusivo del divieto di
abuso del diritto, potrebbe astrattamente ipotizzarsi la contestazione, da parte
della Agenzia delle Entrate, della inopponibilità fiscale della operazione, soprattutto in presenza di successivi atti “ricognitivi”, tanto da consigliare comportamenti estremamente prudenti a livello operativo.
30
Il liquidatore può essere chiamato dall’Agenzia delle Entrate a rispondere del debito fiscale che non
è stato assolto in seguito al suo comportamento negligente, ai sensi dell’art. 36 D.P.R. 602/73 e degli artt.
2312 e 2195 c.c. Per quanto attiene possibili conseguenze sanzionatorie della violazione fiscale della società, posta in essere dal liquidatore, a parte la responsabilità personale delle sanzioni penali, per le sanzioni amministrative occorre considerare sia l’art. 11, D.Lgs. 472/1997 sia l’art. 7 D.L. 269/2003 (riferibilità
esclusiva alla persona giuridica delle sanzioni amministrative tributarie). Sul tema, L. Ambrosi, La responsabilità dell’amministratore nelle violazioni tributarie, in Fisco, 2014, 3846 ss.
794
Studi e Materiali - 4/2014
IVA - Semplificazioni edilizie D.L. 133/2014
(decreto sblocca Italia) - Vendita di fabbricato
oggetto di intervento edilizio di frazionamento e di
modifica di destinazione d’uso: IVA o registro?
Studio n. 851-2014/T
Francesco Raponi
Approvato dall’Area Scientifica - Studi Tributari il 30 ottobre 2014
Approvato dal CNN nella seduta del 13-14 novembre 2014
LO STUDIO IN SINTESI (ABSTRACT)
Lo studio approfondisce in chiave fiscale le novità in materia di edilizia contenute nel decreto legge noto come “Sblocca Italia”.
Si analizzano la modifica di destinazione d’uso e il frazionamento edilizio indicando l’inquadramento fiscale delle vendite di fabbricati oggetto di tali tipologie di
intervento.
Si trattano infine i casi ancora dubbi indicandone il relativo trattamento fiscale.
Sommario: Introduzione. - 1. Il decreto Sblocca Italia: le novità in materia edilizia di rilevanza fiscale. - 1.1. Considerazioni di sintesi. - 2. Le soluzioni sul piano fiscale. 2.1. Modifica di destinazione d’uso. - 2.1.1. Disciplina fiscale. - 2.2. Frazionamento.
- 2.2.1. I casi ancora dubbi. - Conclusioni.
INTRODUZIONE
Il Decreto “Sblocca Italia” 1 ha modificato le definizioni di manutenzione
straordinaria e di mutamento di destinazione d’uso 2, incidendo in via indiretta
anche sulla disciplina IVA delle cessioni di fabbricati ultimati il cui regime 3
1
D.L. 133/2014 è in vigore dal 13 settembre 2014 ed è stato convertito con la Legge di conversione n. 164 del 11.11.2014.
2
Per l’inquadramento della vigente normativa edilizia G. Rizzi, La disciplina dell’attività edilizia.
Novità normative 2014 (D.L. 133/2014 - cd. “Sblocca Italia”), in CNN Notizie del 15 ottobre 2014.
3
Per l’esenzione o l’imponibilità.
Studi e Materiali - 4/2014
795
Semplificazioni edilizie D.L. 133/2014 (decreto sblocca Italia) - Studio n. 851-2014/T
dipende, come noto, dalla sussistenza e dalla natura di un intervento edilizio
eseguito sul bene interessato 4 5.
La nuova normativa, come si vedrà, muovendo dalla necessità di sburocratizzare alcuni passaggi, e di creare nuove occasioni per rivitalizzare il mercato,
ha prodotto l’effetto di espandere il concetto di manutenzione straordinaria 6 di
cui all’art. 3 lett. b) del D.P.R. 380/2001. Tutto ciò, ferme rimanendo le regole
dettate dall’art. 10 lett. 8-bis e 8-ter del D.P.R. 633 del 1972, comporta anche
l’ampliamento delle fattispecie esenti, producendo l’effetto di far transitare alcune di esse dalla sfera della imponibilità a quella della esenzione.
Se ciò conduce a conseguenze non propriamente in linea con l’intento di ridurre gli oneri per cittadini e imprese, nello stesso tempo risolve alcuni casi 7 la
cui disciplina fiscale, per l’esenzione o per l’imponibilità, si poneva in dubbio. La
nuova dettagliata normativa edilizia consente, infatti, di individuare con maggiore certezza la disciplina fiscale delle cessioni di fabbricati oggetto di intervento
edilizio di frazionamento e di modifica di destinazione d’uso, la cui collocazione
in una delle tipologie elencate nell’art. 3 D.P.R. Edilizia non sia riportata espressamente nel corpo dei relativi titoli abilitativi 8.
È opportuno sottolineare che in passato la questione era particolarmente
controversa, sia in materia urbanistica 9, per la diversa legislazione regiona-
4
Per un completo e dettagliato scenario della normativa urbanistica precedente al decreto
133/2014 si rinvia allo Studio n. 893/2013/C a cura Area Scientifica - Studi Pubblicistici Studio CNN
n. 893/2013 Est. Giovanni Rizzi.
5
Nello specifico l’art. 10 n. 8-bis e-8 ter qualifica per l’imponibilità gli interventi edilizi ex art. 3
D.P.R. 380 del 2001 lett. c), d) e f) anche in relazione al momento in cui vengono effettuate le cessioni. Gli interventi edilizi che qualificano le cessioni esenti sono quelli ex lett. a) e lett. b) del medesimo art. 3. G. Rizzi, La disciplina, cit., 4 precisa che il decreto ha anche che le attività di manutenzione straordinaria possano compiersi mediante il nuovo titolo abilitativo della “comunicazione inizio
lavori asseverata”.
6
Non è più necessario rispettare volumi e superfici delle singole unità; basta il rispetto della volumetria complessiva.
7
La questione era discussa anche sul piano urbanistico. In relazione a talune fattispecie, per
ragioni legate alla debenza degli oneri di urbanizzazione, si discute sull’inquadramento degli interventi nella lett. b) piuttosto che nelle lett. c) o d).
I dubbi sussistono a esempio sulle differenze tra la ristrutturazione edilizia ex lett. d) art. 3
D.P.R. 380 del 2001 caratterizzata dalla trasformazione dell’immobile e la manutenzione straordinaria la cui caratteristica è l’innovazione (su tali questioni Tar Lombardia, 6 maggio 2014, n. 468).
8
In Tal senso A. Busani, Immobili, Guida Fiscale, Milano, 2014, 1370 ove si evidenzia
l’opportunità di munirsi di una dichiarazione del Comune sulla natura dei lavori e dall’altro si ricorda
il potere della A.F. di accertare anche l’effettiva natura dei lavori.
9
Legge n. 12 del 2005 Regione Lombardia considerava già il frazionamento urbanistico (al ricorrere di talune condizioni) come attività di manutenzione straordinaria.
Legge Regione Veneto n. 34 del 10 agosto 2012 qualificava il frazionamento di unità immobiliare anche come manutenzione straordinaria oltre che ristrutturazione edilizia.
La legge Regione Emilia Romagna n. 15 del 30 luglio 2013 art. 32 introduceva la distinzione tra
frazionamento di unità immobiliari connesso o meno a opere di ristrutturazione edilizia. Dal punto di
vista fiscale le conseguenze erano logicamente desumibili.
796
Studi e Materiali - 4/2014
Studi Tributari
le 10, che in materia fiscale. Non aveva giovato in tal senso né il legislatore con il
recente “decreto del fare” D.L. 21 giugno 2013, n. 69 11, né il Fisco 12, i cui pochi
documenti di prassi 13 editi avevano anzi alimentato ulteriormente le incertezze.
Di sicuro, invece, il nuovo scenario consentirà anche alla stessa Agenzia delle
Entrate di rivisitare in senso critico il proprio orientamento 14.
1. IL DECRETO SBLOCCA ITALIA: LE NOVITÀ IN MATERIA EDILIZIA DI
RILEVANZA FISCALE
Il Decreto n. 133/2014 ha introdotto, come visto, un’importante modifica alla
nozione di manutenzione straordinaria e ha provveduto alla definizione di mutamento d’uso rilevante e non rilevante.
In relazione alla prima novità, l’art. 17 15 amplia il contenuto della lett. b)
dell’art. 3 del D.P.R. 380/2001 includendo nella definizione di manutenzione
straordinaria anche il frazionamento o l’accorpamento di unità immobiliari con
esecuzione di opere 16.
In particolare la fascia delle opere di manutenzione straordinaria è stata ampliata a condizione che non sia modificata la volumetria complessiva degli edifici 17 interessati e che ne sia mantenuta l’originaria destinazione d’uso 18; ora per-
10
G. Rizzi, La disciplina, cit., 12 ricorda che in precedenza la disciplina del mutamento di destinazione d’uso era rimessa alle Regioni. La legislazione nazionale non avevo preso posizione né
sulla qualificazione urbanistica né sulla disciplina del mutamento d’uso.
Bisogna sottolineare che l’art. 23 ter del decreto “Sblocca Italia” consente ancora in materia di
mutamento di destinazione d’uso una diversa previsione delle leggi regionali. A. Sandulli, Testo
Unico dell’Edilizia, Milano, 2009, 11 analizza i più significativi interventi della legislazione concorrente delle Regioni in materia urbanistica.
11
Convertito con Legge 9 agosto 2013, n. 98 in vigore dal 21 agosto 2013.
12
Tuttavia, a onor del vero, bisogna sottolineare che, l’Amministrazione ha assunto tali posizioni
in occasione di risposte a quesiti su altre problematiche.
13
La Ris. n. 58 del 2008 in merito alla vendita del bene frazionato e la Circ. n 8 del 2009 con riferimento alla vendita oggetto di modifica di destinazione d’uso.
14
Circ. n. 57 del 24.2.1998 il “frazionamento” e la “modifica di destinazione d’uso” erano sempre
da ricomprendersi nella categoria della “ristrutturazione edilizia”. In questo senso si esprime anche
la Regione Lazio Parere del 27.03.2006 prot. n. 51964.
15
D.L. 133/2014 (Legge 164 del 2014).
16
In tal modo si pagano solo i contributi per gli oneri di urbanizzazione e non anche il contributo
di costruzione. Inoltre la previsione della Cila in luogo del permesso a costruire (con esclusione degli interventi strutturali) consente un notevole risparmio di tempo. Si vedano però i riflessi negativi
per le imprese dipendenti dalla espansione della esenzione (su cui infra).
17
E non più i volumi e le superfici delle singole unità immobiliari.
18
Il decreto si è spinto oltre. L’art. 17 prevede infatti anche l’integrazione della lettera “e bis”
dell’art. 6 del D.P.R. 380 del 2001 mediante la previsione dell’utilizzo della Comunicazione Inizio
Lavori Asseverata anche per le attività di frazionamento e accorpamento non riguardanti interventi
su parti strutturali.
Studi e Materiali - 4/2014
797
Semplificazioni edilizie D.L. 133/2014 (decreto sblocca Italia) - Studio n. 851-2014/T
tanto la modifica della superficie o del volume della singola unità costituisce
un’attività di manutenzione straordinaria 19.
La seconda novità 20 riguarda le nuove definizioni di mutamento d’uso urbanisticamente rilevanti e non rilevanti. Viene considerata modifica della destinazione
ogni forma di utilizzo dell’immobile o della singola unità immobiliare diversa da
quella originaria, ancorché non accompagnata dall’esecuzione di opere edilizie. È
fatta salva solo l’eventuale diversa previsione da parte delle leggi regionali.
In particolare si stabilisce che il mutamento d’uso è “rilevante” sul piano urbanistico solo se comporta il passaggio ad una diversa categoria funzionale tra
quelle elencate nel decreto 21.
A esempio, benché sicuramente entrambe potranno essere qualificate come
attività strutturali, perché compiute con opere, non costituirà una modifica di destinazione rilevante il passaggio da civile abitazione a residenza speciale per
anziani, intesa come abitazione collettiva, mentre risulterà come variazione
d’uso rilevante la modifica di destinazione da albergo a supermercato.
1.1. Considerazioni di sintesi
Da un’interpretazione più letterale che sistematica possono trarsi alcune
considerazioni.
La prima, che il cambio d’uso “non rilevante”, ovvero ogni forma di utilizzo
dell’immobile diversa da quella originaria, all’interno della stessa categoria funzionale è sempre ammesso, il tutto salvo diversa previsione da parte delle leggi
regionali e da parte degli strumenti urbanistici comunali.
Inoltre, che la modifica di destinazione d’uso, normalmente 22, non costituisce
un’ipotesi di manutenzione straordinaria ex lett. b) dell’art. 3 del D.P.R. 380/2001.
19
G. Rizzi, La disciplina, cit., 5 precisa che pertanto devono ora ritenersi escluse dalla manutenzione straordinaria solo le opere che andranno a alterare la volumetria complessiva degli edifici
20
Introdotta con la previsione di un art. 23 ter nel TU D.P.R. 380 del 2001.
21
La destinazione residenziale può essere articolata tra abitazioni e abitazioni collettive (residenze speciali per anziani, collegi, conventi).
La destinazione turistico ricettiva comprende, oltre agli alberghi, le pensioni e i camping, anche
le strutture ricreative (cinema, sale convegni, centri benessere, palestre, discoteche, stabilimenti
balneari) che richiedono grandi superfici e, se fossero invece assimilate al commerciale, rischierebbero una tendenziale riconversione in strutture di vendita.
La destinazione terziario-direzionale può essere articolata in attività direzionali (sedi di enti e
società pubblici e privati), attività di servizio alle imprese ed alle persone (studi professionali) e strutture specializzate per servizi privati (cliniche, scuole e centri di formazione).
La destinazione commerciale può comprendere, oltre alle strutture di vendita (negozi e supermercati), i pubblici esercizi (bar, ristoranti) e l’artigianato di servizio non molesto (lavanderie, officine
di riparazioni auto, calzolai) integrabile con la residenza.
La destinazione produttiva può comprendere, oltre alle industrie e ai laboratori per la produzione di beni, l’artigianato di servizio non integrabile con la residenza (carrozzerie, lavanderie industriali), i depositi (di merci e di mezzi) e le strutture di vendita all’ingrosso.
22
G. Rizzi, La disciplina, cit., 13 «Se l’intervento consiste in opere per sostituire parti anche
strutturali dell’edificio tali però da non alterare la volumetria complessiva dell’edificio, si sarà pur
sempre in presenza di un intervento di manutenzione straordinaria, in quanto il cambio di destina(segue)
798
Studi e Materiali - 4/2014
Studi Tributari
Tale concetto è desumibile dalla precisazione contenuta nell’art. 17 lett. a) n. 2
del D.L. 133/2014 che condiziona la collocazione degli interventi di frazionamento
e accorpamento nell’ambito della manutenzione straordinaria al “mantenimento
della originaria destinazione del bene”.
Rimangono in piedi però alcune questioni, la cui soluzione in chiave urbanistica condiziona anche la relativa applicazione sul piano fiscale.
In particolare, sulla collocazione del frazionamento e accorpamento che si
realizzino con opere minime, esclusivamente interne, unitamente alla modifica
della originaria 23 destinazione d’uso, senza anche comportare un aumento della
volumetria complessiva del fabbricato.
2. LE SOLUZIONI SUL PIANO FISCALE
Cerchiamo di fare il punto.
Le nuove disposizioni raggiungono il risultato di un’edilizia con meno vincoli,
e sul piano fiscale, consentono di offrire soluzioni più sicure in merito alla specifica disciplina delle cessioni di fabbricati su cui siano stati eseguiti gli interventi
edilizi interessati.
Come emergerà meglio più avanti, le conclusioni risulteranno più agevoli
con riferimento all’accorpamento e al frazionamento 24 rispetto all’altra ipotesi di
mutamento d’uso; il legislatore infatti ne ha solo fornito un’espressa definizione,
nell’ottica della semplificazione edilizia, ma, non potendone chiarire la collocazione in uno degli interventi “tipici”, ha lasciato aperto il campo alla relativa qualificazione sul piano fiscale.
2.1. Modifica di destinazione d’uso
La rinnovata definizione della modifica di destinazione d’uso 25 ha ulteriormente connotato tale tipologia di intervento che sul piano fiscale ha trovato la
sua collocazione muovendo dalla distinzione tra la variazione di destinazione
d’uso strutturale con esecuzione di opere edilizie e il mutamento solo funzionale
eseguito senza opere.
zione d’uso, all’interno della medesima categoria funzionale, non è più considerato rilevante ai fini
urbanistici».
23
Su cui si veda infra.
24
Solo rispetto ai primi è ora più certa la collocazione in via indiretta della relativa cessione tra
gli atti esenti.
25
La questione è anzi ancora più complessa in quanto su tale materia hanno e avranno competenza anche i comuni In tal senso infatti si veda art. 23 ter del D.L. 133/2014. A esempio già la Regione Sicilia prevedeva in conformità a quanto prescritto dall’ultimo comma dell’art. 25 della L.
47/1985, fu emanata la L. R. 37/1985 il cui art. 10 demanda ai Comuni di individuare, negli strumenti urbanistici gli ambiti del proprio territorio da assoggettare a regolamentazione per il cambio di destinazione d’uso.
Studi e Materiali - 4/2014
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Semplificazioni edilizie D.L. 133/2014 (decreto sblocca Italia) - Studio n. 851-2014/T
A seguito dell’introduzione delle nuove definizioni di mutamento rilevante e
non rilevante, ora anche la relativa disciplina fiscale risulta più definita.
Va premesso che, come noto, la disciplina dell’imposta sul valore aggiunto
in materia di cessione di fabbricati è basata sulla sussistenza e sulla tipologia
dell’intervento edilizio posto in essere sul bene interessato prima della sua cessione. Tale impianto non è stato modificato.
Pertanto anche l’inquadramento fiscale delle alienazioni di beni poste in essere dopo una modifica di destinazione d’uso, non potrà prescindere dalla verifica dell’esecuzione e della natura delle opere edilizie poste in essere e dunque
continuerà a essere orientato tra la modifica strutturale e quella solo funzionale.
A tal riguardo, infatti, la nuova definizione, basata sulla rilevanza urbanistica
della variazione, ha una incidenza limitata.
Il nuovo criterio opera piuttosto sulla individuazione dei relativi titoli abilitativi
senza entrare nel merito della natura delle opere edilizie eventualmente connesse alla variazione d’uso.
L’inquadramento fiscale della cessione a seguito di modifica senza opere
(funzionale) non ha subito modifiche; sia con riferimento alla variazione che
comporti l’assegnazione dell’immobile a una diversa categoria (rilevante) sia
che si realizzi mediante una forma di utilizzo della singola unità immobiliare, diversa da quella originaria, ma all’interno della stessa categoria (non rilevante).
In entrambi i casi ciò che conta è che non siano state eseguite opere e che
dunque il soggetto passivo cedente non potrà mai qualificarsi come impresa di
ripristino.
Maggiori difficoltà emergono invece con riferimento alla modifica di destinazione d’uso “strutturale”, in quanto, anche sul piano fiscale rileverà la tipologia
di intervento concretamente posto in essere 26. In particolare il problema riguarda la variazione d’uso che segua opere edilizie minime, tali da non alterare la
volumetria complessiva dell’edificio.
L’art. 17 del D.L. 133/2014 consente ora di individuare, a parità di intervento
edilizio di mutamento strutturale, fattispecie qualificabili o meno come manutenzione straordinaria, a seconda se comportino solo una variazione all’interno della medesima categoria funzionale, oppure si realizzino mediante il passaggio da
una ad un’altra categoria funzionale. Il mutamento d’uso rilevante non potrà mai
essere qualificato come un’ipotesi di manutenzione straordinaria 27.
Ad esempio 28 il passaggio da laboratorio artigianale a ufficio non costituisce
una modifica di destinazione rilevante e quindi se effettuato con opere edilizie
minime, anche se consistenti nella sostituzione di parti anche strutturali
26
27
d’uso.
28
800
Manutenzione straordinaria, restauro, ristrutturazione.
In quanto la legge prescrive che si debba in ogni caso mantenere l’originaria destinazione
G. Rizzi, La disciplina, cit., 13 fa l’esempio di mutamento da laboratorio artigianale a ufficio.
Studi e Materiali - 4/2014
Studi Tributari
dell’edificio tali però da non alterare la volumetria complessiva dell’edificio, costituirà un’ipotesi di manutenzione straordinaria.
Invece la modifica di destinazione da albergo a supermercato comportando
una variazione d’uso rilevante benché compiuta con un intervento edilizio di minore portata non potrà costituire attività di manutenzione straordinaria.
Più avanti verrà indicata la disciplina fiscale nel regime IVA della alienazione
nel quinquennio del bene dopo che sia stato interessato da tale ultima tipologia
di intervento.
2.1.1. Disciplina fiscale
Tracciamo dunque il quadro fiscale della vendita del bene oggetto di modifica di destinazione d’uso.
La cessione, posta in essere nel quinquennio dalla ultimazione, che abbia a
oggetto un fabbricato risultato di un mutamento d’uso strutturale, risulterà imponibile ex art. 10 nn. 8-bis e 8-ter 29 nel caso in cui sia preceduta 30 dalla esecuzione di opere edilizie qualificabili ex lett. c), d) e f) dell’art. 3 D.P.R. 380/2001.
Risulterà invece esente se l’intervento edilizio realizzato sia un’attività di
manutenzione straordinaria ex lett. b) del medesimo art. 3, che comporti cioè
una modifica di destinazione non rilevante 31.
L’inquadramento fiscale risulterà invece più difficile con riferimento alla cessione di un immobile realizzato a seguito di una modifica di destinazione d’uso
solo funzionale 32 e di quella avente a oggetto un fabbricato che sia il risultato di
un mutamento strutturale che si realizzi con opere minime (diverse da quelle ex
lett. c, d o f) ma che comportino anche il passaggio ad un’altra categoria funzionale e che dunque non sia qualificabile come manutenzione straordinaria.
La soluzione preferibile è quella di considerare esenti sia la prima che la seconda ipotesi di cessione, benché poste in essere nel quinquennio.
Vediamo perché.
La modifica d’uso solo funzionale, sia essa rilevante che non rilevante sul
piano urbanistico, e il mutamento strutturale eseguito con opere minime che
comporti anche il passaggio ad un’altra categoria funzionale 33, non sono collo-
29
La variazione d’uso strutturale è soggetta a permesso di costruire o a super dia e viene qualificata come interventi di ristrutturazione maggiore ex lett. d). Non si può tuttavia escludere che in taluni casi siano configurabili come opere di ristrutturazione minore soggette a S.C.I.A. Sul punto si
veda Studio CNN 893, cit., 53 e 54.
30
Facendo attenzione a distinguere gli interventi strutturali dagli interventi su parti strutturali
dell’edificio ricompresi questi ultimi tra le attività di manutenzione straordinaria.
31
Che consenta di rimanere all’interno della medesima categoria funzionale mantenendo
l’originaria destinazione d’uso del bene.
32
ed è soggetta a S.C.I.A V. studio CNN 893, cit., 54.
33
Come visto invece il mutamento con opere minime non rilevante è una ipotesi di manutenzione straordinaria.
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Semplificazioni edilizie D.L. 133/2014 (decreto sblocca Italia) - Studio n. 851-2014/T
cabili, con la certezza richiesta dall’art. 10 del D.P.R. IVA, in nessuno degli interventi elencati nell’art. 3 del Testo Unico edilizia 34 35.
Anzi proprio dal tenore dell’art. 10 n. 8-bis e n. 8-ter si può argomentare che
le cessioni in esame rilevano come fattispecie esenti, in quanto il legislatore tributario non si è limitato solo a rinviare alle norme edilizie.
Il riferimento diretto alle lett. c), d) e f) 36 dell’art. 3 da una parte e quello indiretto alle lett. a) e b) del medesimo articolo dall’altra 37, indica un criterio di classificazione, di più ampia portata, da cui è possibile individuare due scenari impositivi distinti connessi alla natura strutturale 38 o meno dell’intervento.
Il primo relativo alle cessioni imponibili, che seguano cioè solo le attività edilizie strutturali disciplinate nelle lett. c), d) e f), e l’altro, relativo alle cessioni
esenti, che non sono solo quelle aventi a oggetto beni su cui siano state eseguite attività edilizie di manutenzione ordinaria e/o di manutenzione straordinaria,
rispettivamente elencate nelle lett. a) e b) dell’art. 3.
Tra gli atti esenti, infatti, possono ricomprendersi anche tutte quelle altre
cessioni il cui oggetto non sia esattamente inquadrabile in uno degli interventi
tipici elencati nel medesimo art. 3 del D.P.R. 380/2001.
Per tale ragione dunque, le vendite, effettuate nel quinquennio, aventi a oggetto fabbricati su cui siano stati eseguiti interventi non ascrivibili a nessuna delle categorie elencate, e che si collocano in uno spazio intermedio sul piano urbanistico 39, saranno esenti e non obbligatoriamente imponibili 40.
Tale soluzione consente anche di risolvere le problematiche afferenti il frazionamento.
2.2. Frazionamento
La tipologia di intervento comportante il frazionamento 41 di unità immobiliari,
a seguito del decreto Sblocca Italia, può avere la natura di manutenzione
straordinaria ex lett. b) dell’art. 3 D.P.R. 380/2001 42 oppure risultare da un intervento di ristrutturazione edilizia ex lett. d), quando non sia autonomo, ma ri-
34
La circ. n. 8 del 2009 qualifica come imponibile la cessione in caso di ristrutturazione per modifica della destinazione d’uso.
35
Su cui si veda Quesito 12 cit.
36
E alla lett. e) il cui rinvio è assorbito dal riferimento alle nuove costruzioni.
37
Formulata invece nella Tabella A parte III n. 127-quinquiesdescecies D.P.R. IVA.
38
Diverso rispetto agli interventi su parti strutturali che rientrano tra le ipotesi di manutenzione
straordinaria benché non eseguibili a seguito di una semplice CIL.
39
Frazionamento con opere minime e modifica d’uso funzionale.
40
Occorrerà sempre verificare la effettiva portata dell’intervento, e comunque prestare attenzione alla classificazione catastale del bene oggetto di modifica.
41
Le conclusioni valgono anche per l’ipotesi meno frequente dell’accorpamento di unità immobiliari.
42
G. Rizzi, La disciplina, cit., 7 parla a tal proposito di interventi autonomi di frazionamento delle
unità.
802
Studi e Materiali - 4/2014
Studi Tributari
compreso in un insieme sistematico di opere portante ad un organismo edilizio
in tutto o in parte diverso dal precedente.
La prima tipologia, si riferisce a singoli interventi autonomi comportanti
l’esecuzione di opere minime rientranti nella manutenzione straordinaria ex lett.
b); la cessione del bene che ne abbia formato oggetto non potrà essere ritenuta
imponibile, benché effettuata nel quinquennio, ma sempre esente 43.
Il secondo tipo di intervento, riguardante un “frazionamento effettuato a seguito di una attività di “ristrutturazione maggiore” 44, collocandosi tra le ipotesi ex
lett. c) o lett. d) dell’art. 3, consentirà invece di ritenere imponibile l’atto di vendita che sia posto in essere nel quinquennio.
2.2.1. I casi ancora dubbi
La nuova disciplina, tuttavia, non risolve ancora in modo chiaro i dubbi sulla
collocazione, in uno degli interventi tipici, del frazionamento e accorpamento
che si realizzino con opere minime, esclusivamente interne, unitamente alla
modifica della originaria destinazione d’uso, senza anche comportare un au- - mento della volumetria complessiva 45 46 47 48.
Esempio: Un’abitazione (destinazione residenziale) viene trasformata in ristorante (destinazione commerciale). La società proprietaria intende vendere il
bene dopo aver eseguito lavori di scarsa portata urbanistica e relativa modificazione d’uso rilevante.
La questione nasce perché il novellato art. 3, lett. b) del D.P.R. 380/2001 non
ricomprende nell’ambito degli interventi di manutenzione straordinaria, il frazionamento e l’accorpamento cui si accompagni una modifica di destinazione d’uso
rilevante, a seguito della quale non sia mantenuta l’originaria destinazione.
43
Solo per i beni strumentali sarà possibile esercitare l’opzione per l’IVA.
Soggetto a permesso di costruire o a super dia a seconda se trattasi di ristrutturazione minore
o ristrutturazione maggiore Tale intervento è accompagnato dalla esecuzione di opere comportanti
sostanziale modifica dell’intero edificio e in particolare delle parti comuni. Per definire la qualificazione dell’una o dell’altra ipotesi di frazionamento bisognerà indagare se l’intervento non sia connesso ad un insieme sistematico di opere edilizie che portino ad un organismo edilizio in tutto o in
parte diverso dal precedente e che il frazionamento non sia accompagnato da opere edilizie che si
qualifichino come una ristrutturazione edilizia non comportando neanche aumento della volumetria
complessiva dell’edificio.
45
Tale ultimo intervento edilizio, infatti, pur comportando una trasformazione parziale
dell’edificio, non può essere ricondotto alla manutenzione straordinaria, di cui alla lettera b), in
quanto tale categoria non ammette la modifica di destinazione d’uso originaria. Non può neppure
essere considerato come un intervento di ristrutturazione edilizia, di cui alla lettera d), in quanto
mancherebbe l’insieme sistematico di opere edilizie che connota tale intervento. Pur portando al risultato di un organismo in tutto o in parte diverso dal precedente.
46
Su tale distinzione N. Centofanti, Diritto Urbanistico, Padova, 2008, 523.
47
M.A. Sandulli, Testo Unico dell’Edilizia, Milano, 2009, 44/45 La manutenzione straordinaria
non può riguardare la realizzazione di opere strutturali ma solo la sostituzione di parti strutturali.
48
Cons. Stato, sez. V, 12 marzo 1992, n. 211, in Riv. giur. edil., I, 1992, 629 e N. Assini - P.
Mantini, Manuale di Diritto Urbanistico, Milano, 2007, 3a ed., 738, 739 e 740 evidenziano che gli interventi ex lett. c) comprendono il rinnovo degli elementi costitutivi dell’edificio.
44
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Semplificazioni edilizie D.L. 133/2014 (decreto sblocca Italia) - Studio n. 851-2014/T
Tali interventi che si collocano con maggiore difficoltà sul piano urbanistico,
consentono invece un più agevole inquadramento fiscale 49 della cessione del
bene che ne abbia formato oggetto.
Non possono infatti qualificarsi di manutenzione straordinaria e neanche essere considerati come attività di ristrutturazione edilizia, in quanto mancherebbe
l’insieme sistematico di opere, pur portando al risultato di un organismo in tutto
o in parte diverso dal precedente.
Sul piano fiscale dunque non potendosi collocare né tra le ipotesi ex lett. b)
e neanche tra quelle ex lett. c) e d) dell’art. 3 consentiranno di ritenere la cessione che li abbia a oggetto sempre esente 50 e non imponibile, benché effettuata nel quinquennio.
Tra le ipotesi di cessione esenti rientrano infatti non solo quelle che si eseguano esclusivamente a seguito di interventi ex lett. a) e b), ma anche tutte
quelle che riguardino beni oggetto di attività edilizie, come quella in esame, non
ascrivibili a nessuna delle categorie elencate, e che si collocano dunque in uno
spazio intermedio sul piano urbanistico.
CONCLUSIONI
Le recenti novità, che certamente saranno apprezzate sul piano delle semplificazioni, non comportano anche una totale riduzione degli “oneri” 51 come invece era negli intenti del legislatore.
L’espansione della fascia delle attività di manutenzione straordinaria ha come effetto anche il corrispondente aumento delle fattispecie di cessione esenti.
Tutto ciò per le imprese, in relazione alla disciplina IVA, si traduce in un maggior carico fiscale e finanziario 52.
49
È opportuno precisare che il concetto di “originaria destinazione” non può essere letto in maniera distinta rispetto alla nuova disciplina dettata dal nuovo art. 23 ter del D.P.R. edilizia. Ci si deve
riferire alla originaria destinazione nel senso più oltre disciplinato dallo stesso decreto nel senso che
il mantenimento di una destinazione all’interno della medesima categoria funzionale realizza il requisito minimo anziché alla diversa soluzione che farebbe leva sul termine “originaria” che darebbe
rilievo anche alle modifiche all’interno della medesima categoria. A esempio la modifica d’uso da
Albergo a Residenza oggi non costituisce una modifica di destinazione d’uso. A seconda della soluzione, eventuali frazionamenti e/o accorpamenti connessi potranno o meno costituire un’attività di
manutenzione straordinaria a seconda se possa dirsi conservata o meno l’originaria destinazione.
50
Solo per i beni strumentali sarà possibile esercitare l’opzione per l’IVA.
51
Intendendo per tali non solo quelli meramente edilizi.
52
L’impresa che ceda un fabbricato in regime di esenzione dall’IVA dovrà infatti prestare attenzione alla eventuale rettifica della detrazione e/o alle limitazioni della detrazione per effetto del prorata.
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Studi e Materiali - 4/2014
Società di persone - Imposte dirette:
aspetti notarili
Studio n. 852-2014/T
Francesco Raponi
Approvato dall’Area Scientifica - Studi Tributari il 30 ottobre 2014
Approvato dal CNN nella seduta del 13-14 novembre 2014
LO STUDIO IN SINTESI (ABSTRACT)
Lo studio approfondisce il regime delle imposte dirette nelle società di persone
in relazione agli aspetti più rilevanti per la professione notarile e in particolare alle
attività negoziali più frequenti in prossimità della fine dell’anno/esercizio sociale.
Nello specifico si analizzano i conferimenti di danaro, di beni immobili e il conferimento d’azienda.
Viene approfondita inoltre la tematica del principio di trasparenza e dunque
della imputazione del reddito e delle perdite.
Lo studio prosegue con l’analisi più dettagliata delle cessioni di quote nelle
società personali. In particolare vengono trattati i riflessi fiscali dell’atto di modifica
di partecipazione agli utili e della compagine sociale con l’ingresso di un nuovo
socio, delle cessioni di quote effettuate a favore di terzi non soci e della cessione
di quote tra gli stessi soci esistenti.
Viene dedicato uno spazio autonomo alla problematica piuttosto frequente
della cessione di quote al valore nominale.
Lo studio si conclude con l’analisi sul piano tributario dello scioglimento e della
liquidazione della società di persone.
Sommario: 1. Introduzione. - 1.1. Come incide la tassazione delle imposte dirette nella
scelta tra società di persone e società di capitali? - 1.2. Quali sono le fattispecie che
interessano l’attività notarile?. - 2. La costituzione. - 2.1. I conferimenti generano
materia imponibile in capo al socio che li effettua? a) Conferimento in danaro;
b) Conferimenti di beni immobili; b1) determinazione base imponibile; b2) riflessi
sulle dirette di accertamenti eseguiti sulle indirette; c) Conferimento d’azienda. - 2.2.
Il conferimento genera reddito tassabile in capo alla società conferitaria? - 2.3. La
restituzione del conferimento genera reddito tassabile in capo al socio? - 3. L’attività
sociale - reddito prodotto. - 3.1. In che modo viene tassato il reddito prodotto dalle
società di persone? - 3.2. Come opera il principio di trasparenza nella attribuzione
del reddito in capo ai soci? - 3.3. Come si ripartiscono le perdite fiscali tra i soci? 3.4. Come si attribuiscono le perdite nelle società in accomandita semplice? -
Studi e Materiali - 4/2014
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Società di persone - Imposte dirette: aspetti notarili - Studio n. 852-2014/T
4. Cessioni di quote nelle società personali. - 4.1. Atto di modifica di partecipazione
agli utili. - 4.2. Modifica della compagine sociale con l’ingresso di un nuovo socio cessioni di quote effettuate a favore di terzi non soci. - 4.3. Cessione di quote tra gli
stessi soci esistenti. - 4.4. La cessione di quote al valore nominale. - 5. Scioglimento e liquidazione della società. - 5.1. Come si tassa il reddito delle società di persone in caso di liquidazione volontaria? - 5.2. Distribuzione di residuo attivo nelle società di persone. - 5.3. Profili fiscali della continuazione dell’attività imprenditoriale
da parte dell’unico socio come imprenditore individuale.
1. INTRODUZIONE
Uno studio sulle imposte dirette in materia di società di persone, potrebbe
apparire non attuale, in un momento nel quale si evidenzia la necessità di una
riforma della relativa normativa civilistica 1 che comporterà inevitabili implicazioni
anche di carattere fiscale.
Tuttavia un aggiornamento sul relativo assetto normativo può offrire lo spunto per riflessioni propositive nonché, in attesa delle novità, giovare nella scelta
del tipo 2.
Il tema viene trattato approfondendo solo alcune problematiche fiscali più
strettamente notarili, relative alla società in nome collettivo e alla società in
accomandita semplice 3.
1
La recente stampa di settore si è espressa più volte in tal senso Società di persone, la riforma
è ormai urgente, O. Cagnasso, Italia Oggi del 15 settembre 2014 e Società di persone dimenticate Regole vecchie di 70 anni, L. De Angelis, Italia Oggi del 15 settembre 2014.
2
Negli ultimi 5 anni si segnala (fonte Italia Oggi del 15 settembre 2014, 4) un incremento del
4,59% del numero delle società semplici iscritte nel registro imprese a fronte di una variazione negativa del - 9,73% delle s.n.c. e del - 3,47% delle s.a.s. Una delle ragioni può dipendere dal fatto
che i soci illimitatamente responsabili di società di persone sono coobbligati solidali per il pagamento dei debiti tributari della società ai sensi dell’art. 46 D.P.R. n. 602/1973 e che l’amministrazione finanziaria può rivolgersi a tutti i soci i quali hanno nei confronti del fisco una responsabilità solidale e
illimitata anche se sussidiaria. Trova tuttavia applicazione anche per i debiti tributari il beneficio di
escussione ex art. 2304 c.c. (così Cass., 8 maggio 2003, n. 7000).
3
Viene trascurata la determinazione del reddito delle società semplici che non producono reddito d’impresa in quanto ad esse è vietato esercitare attività commerciali (art. 2249 c.c.). Le società
semplici possono, invece, produrre direttamente redditi fondiari, redditi di lavoro autonomo, redditi di
capitale e redditi diversi che verranno determinati con le regole dettate dal legislatore fiscale per le
persone fisiche. La presunzione assoluta dettata dal comma 2 dell’art. 65 Tuir non si applica dunque alle società semplici; i beni appartenenti alle stesse non si considerano relativi all’impresa (L.
Abritta - L. Cacciapaglia - V. Carbone - E. De Fusco - F. Sirianni, Testo unico delle imposte sui redditi, Milano, 2009, I, 1136). Sulla fiscalità della società semplice N. Montuori, Società semplice e
mera detenzione di beni fruttiferi: considerazioni in merito al raccordo tra la fiscalità della società e
dei soci, in Fisco, n. 34 del 24 settembre 2007, 5019.
Per un veloce inquadramento si veda anche Risposta a quesito n. 538-2014T Est. F. Raponi.
806
Studi e Materiali - 4/2014
Studi Tributari
1.1. Come incide la tassazione delle imposte dirette nella scelta
tra società di persone e società di capitali?
La scelta se intraprendere una nuova attività, o proseguirne una già esistente, con l’utilizzazione di una società di persone o una società di capitali, è condizionata principalmente dalla corrispondente disciplina civilistica 4. Nel contempo però giocano un ruolo importante anche le specifiche ricadute fiscali, dipendenti in particolare dalla diversa imposizione del relativo reddito conseguito.
Nelle società di persone 5 la tassazione avviene per trasparenza 6, direttamente
in capo ai soci, a prescindere dalla effettiva percezione del reddito; si applica
l’imposta sul reddito delle persone fisiche i cui effetti sono progressivi, in quanto il
suo ammontare cresce in relazione all’incremento della base imponibile 7.
Nelle società di capitali, invece, la tassazione è proporzionale non è progressiva. Sembrerebbe più vantaggioso, allora, optare per tali società, ma bisogna tenere in considerazione che l’imposizione si completerà con la tassazione
in capo ai soci della distribuzione dei dividendi.
La scelta sul piano fiscale dunque, non è facile 8, in quanto per entrambe le
tipologie operano le stesse regole sulla determinazione del reddito d’impresa 9,
la medesima disciplina delle società di comodo e addirittura, per alcune società
di capitali 10, lo stesso regime di tassazione per trasparenza 11 12.
La valutazione pertanto va fatta caso per caso, tenendo tra l’altro in considerazione le particolarità dei diversi regimi fiscali, di deducibilità degli interessi pas-
4
Non solo per il diverso profilo in termini di responsabilità dei soci ma anche per la gestione societaria; più snella e meno costosa per le società personali e con maggiori formalismi ma maggiori
garanzie nelle società di capitali.
5
A norma dell’art. 6, comma 3 Tuir i redditi delle società in nome collettivo e in accomandita
semplice da qualsiasi fonte provengano e quale che sia l’oggetto sociale sono considerati redditi
d’impresa e sono determinati unitariamente secondo le norme relative a tali redditi.
6
Su cui si veda infra par. 3.
7
Comporta una maggiore incidenza percentuale del prelievo a mano a mano che si incrementa
il reddito a disposizione del contribuente G. Falsitta, Manuale di Diritto Tributario, Parte Speciale,
Padova, 2008, 55 e stesso Autore nuova edizione Padova, 2014,136.
8
Inoltre risulta complicata dall’attività di accertamento posta in essere dalla Agenzia delle entrate, in merito alla attribuzione di utili direttamente in capo ai soci, nelle società a responsabilità limitata a ristretta base partecipativa e familiare che indurrebbe a far propendere direttamente per una
società di persone. La tassazione per trasparenza è regolata dagli artt. 115 e 116 Tuir.
9
Anche in forza dell’art. 6, comma 3, Tuir.
10
In particolare le S.r.l. a base societaria ristretta e partecipate da sole persone fisiche.
11
Circ. n. 49 del 29 novembre 2004 sia le s.p.a. che le s.r.l., al ricorrere di particolari condizioni
possono esercitare l’opzione per la trasparenza in virtù del quale , al pari delle società personali, il
reddito è imputato a ciascun socio indipendentemente dall’effettiva percezione, proporzionalmente
alla sua quota di partecipazione agli utili.
12
Di sicuro almeno ne risulterà facilitata la trasformazione di società di capitali “trasparente” in società personali (e viceversa). Non si applicherà l’art. 170 Tuir con l’obbligo di distinguere due diversi
periodi d’imposta perché non si realizzerà un passaggio dal campo Ires al campo Irpef e viceversa.
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Società di persone - Imposte dirette: aspetti notarili - Studio n. 852-2014/T
sivi 13, del reddito diverso che si forma in capo al socio per l’uso privato non remunerato di un bene d’impresa (commi 36-terdecies ss. dell’art. 2 D.L. 138/2011) 14,
nonché del calcolo del valore fiscale della quota da utilizzare per la determinazione
delle plusvalenze e/o dei differenziali da rimborso, basato su diversi presupposti 15.
1.2. Quali sono le fattispecie che interessano l’attività notarile?
Il ruolo del Notaio rispetto all’argomento in esame non è mai stato posto al
centro del dibattito anche se il suo intervento può risultare comunque decisivo.
Rilevano al riguardo, ad esempio, la disciplina fiscale dei conferimenti,
delle cessioni di quote a un corrispettivo pari al valore nominale, di quelle stipulate
l’ultimo giorno dell’anno, nonché degli effetti della liquidazione di utili in natura.
Tali fattispecie, peraltro, sono state oggetto di accertamenti, proprio in materia di imposte dirette, da parte della Agenzia delle Entrate, ragione per cui se ne
impone un approfondimento 16.
È opportuno premettere che le conclusioni cui si perverrà, in relazione ad alcuni degli argomenti, potranno risultare comuni anche nella corrispondente disciplina delle società di capitali.
L’analisi muoverà dalla fase costitutiva, per poi analizzare le fattispecie proprie dell’attività sociale. Si proseguirà con lo sviluppo delle problematiche sulle
cessioni di quote, concludendo infine con la trattazione delle questioni proprie
della fase di liquidazione.
2. LA COSTITUZIONE
2.1. I conferimenti generano materia imponibile in capo al socio
che li effettua?
La risposta dipende dalla natura del bene conferito.
a) Conferimento in danaro
Il conferimento in danaro non genera materia imponibile in capo al socio,
13
Regolato dall’art. 96 Tuir per le società di capitali e dall’art. 61 Tuir per gli altri soggetti. Il carico fiscale sulle società di capitali, soprattutto per le start up, può risultare anticipato in quanto gli
stessi interessi passivi a norma dell’art. 96 possono subire una limitazione temporanea alla deducibilità che invece non sussiste per le società personali. In relazione a queste ultime tuttavia, anche
se la loro deduzione non è limitata dalla dimensione del reddito operativo lordo (Rol), gli interessi
passivi possono risultare non deducibili fiscalmente in quanto non inerenti dovendo soggiacere al
soddisfacimento del criterio generale della inerenza all’attività svolta.
14
Con un vantaggio a favore del socio di società personali (Circ. n. 36 del 24 settembre 2012).
15
Su cui infra par. 5.2.
16
In conclusione verranno offerti dei cenni sulla disciplina fiscale della fase di liquidazione, con
particolare riguardo alla liquidazione della quota in natura. Sul divieto di ripartizione anticipata dei
beni sociali tra i soci ex art. 2280 c.c. (Giovanni Cremona - Paolo Monarca - Nicola Tarantino, Società di persone e di capitali. Aspetti fiscali, civilistici e contabili, Milano, 2008, 126). Sulla non inderogabilità di tale divieto (Cass., 27 gennaio 1992, n. 860 in Cremona, op. cit., 127)16, e alla prosecuzione della attività da parte dell’unico socio rimasto, sotto forma di impresa individuale.
808
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Studi Tributari
anche se costituisce un elemento da cui il Fisco può desumere l’esistenza di altri redditi fiscalmente rilevanti.
È opportuno ricordare infatti, che dal conferimento in danaro, l’A.F. può trarre indicazioni sulla disponibilità di somme che può avere incidenza ai fini del
calcolo del redditometro 17 18.
b) Conferimenti di beni immobili
Al contrario invece i conferimenti di beni immobili possono generare materia
imponibile in capo al soggetto conferente, a seconda della sua qualifica, sia
come redditi diversi ex art 67 Tuir 19, generando plusvalenze tassabili, che come
componenti positive, nel reddito di impresa complessivo ex art 81 Tuir 20.
Il regime delle plusvalenze immobiliari nei conferimenti, è esattamente speculare a quello proprio dei trasferimenti a titolo oneroso 21, la cui disciplina, con
le relative limitazioni e eccezioni, sia soggettive che oggettive, risulterà dunque
completamente ad essi applicabile.
b1) Determinazione base imponibile
È opportuno al riguardo chiedersi come si determina la relativa base imponibile.
In assenza di un corrispettivo in danaro, si incontrano maggiori difficoltà a
determinare un valore da sottoporre a imposizione 22, ragione per la quale, il legislatore tributario 23 ha fatto riferimento al metodo del valore normale, ovvero «il
prezzo o corrispettivo mediamente praticato per i beni e i servizi della stessa
specie o similari, in condizioni di libera concorrenza e al medesimo stadio di
commercializzazione». Tale ammontare, normalmente 24 coincidente con la base
imponibile su cui calcolare le imposte indirette, emergerà dall’atto 25 e, preferibilmente, anche se non obbligatoriamente, da una perizia ad esso allegata 26.
b2) Riflessi sulle dirette di accertamenti eseguiti sulle indirette
Muovendo da tali presupposti è importante segnalare il recente orientamento 27
della giurisprudenza di legittimità 28 che ritiene applicabile anche ai conferimenti
17
Circ. n. 49/e del 3 agosto 2007 par. 3.2 Il conferimento in danaro è considerato “incremento
patrimoniale” e costituisce oggetto di segnalazione centralizzata.
18
Potrà apparire opportuno far emergere la provenienza delle disponibilità utilizzate. A esempio
che il conferimento in danaro sia stato posto in essere con provvista fornita dei genitori.
19
Per i soggetti privati non esercenti arti e/o professioni. Su tali argomenti Plusvalenze Immobiliari: aspetti notarili, Studio CNN n. 21-2012/T, Est. F. Raponi.
20
Per gli imprenditori e per le società.
21
L’art. 9, comma 5 Tuir dice che le disposizioni relative alle cessioni a titolo oneroso valgono
anche per i conferimenti in società.
22
La contropartita è rappresentata dalla assegnazione di quote (o azioni) della società conferitaria.
23
Art. 9, comma 2 ultimo periodo del Tuir.
24
Muovendo dal presupposto che il valore normale possa essere disatteso dal fisco, potrebbe
risultare opportuno indicare anche più valori, differenti, in relazione alle diverse imposte, oltre quelle
dirette, che si applicheranno alle singole fattispecie.
25
L’art. 2295 c.c. a fini civilistici parla di “modo di valutazione”.
26
Nelle società di persone non vige l’obbligo di cui agli artt. 2343 c.c. e 2465 c.c.
27
Si ricorda che invece la giurisprudenza di merito e parte della dottrina sono di parere opposto
specie in materia di trasferimento di azienda.
28
Cass., 4 giugno 2014, n. 12462, in Banca Dati Il Fisco.
Studi e Materiali - 4/2014
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Società di persone - Imposte dirette: aspetti notarili - Studio n. 852-2014/T
immobiliari il principio della unicità degli accertamenti. Il valore di mercato, determinato in via definitiva ai fini dell’imposta di registro, secondo tale tesi, può essere
legittimamente utilizzato dall’amministrazione finanziaria come presunzione grave
e precisa 29 in materia di accertamento delle imposte sui redditi; sia per la determinazione della plusvalenza che ai fini dell’accertamento sintetico del reddito.
c) Conferimento d’azienda
Il conferimento d’azienda, invece, caratterizzato dalla neutralità fiscale e dalla tassazione delle plusvalenze rinviata al successivo momento dell’eventuale
realizzo 30 31, non genera particolari problemi in ordine alle imposte dirette.
2.2. Il conferimento genera reddito tassabile in capo alla società
conferitaria?
A differenza di quanto, come visto, accade per i soci, i conferimenti non generano invece materia imponibile per la società conferitaria e, come vedremo,
neanche in capo ai soci in caso di restituzione degli stessi.
L’art. 88 Tuir, infatti, dice testualmente che non sono considerate sopravvenienze attive i versamenti in danaro o in natura fatti a fondo perduto o in conto
capitale alle società di cui all’art. 73 Tuir e quindi, in forza del rinvio ex art. 56,
comma 1, Tuir, anche alle società in nome collettivo e in accomandita semplice.
Tutti gli apporti dei soci in conto capitale dunque, compresi i conferimenti,
non concorrono a formare il reddito della società che li riceva 32; siano essi effettuati in danaro che in natura.
2.3. La restituzione del conferimento genera reddito tassabile in
capo al socio?
In caso opposto, di restituzione dei conferimenti ai soci, vale parimenti la regola che non generandosi nuova ricchezza 33 non si realizza materia imponibile
da tassare. L’art. 47, comma 5 Tuir precisa a tal proposito che non costituiscono utili le somme e i beni ricevuti dai soci a titolo di ripartizione di riserve di capitale ovvero la riserva sovrapprezzo di emissione delle azioni o quote, la riserva
da interessi di conguaglio versati dai sottoscrittori di nuove (azioni) o quote, la
29
Ai sensi dell’art. 38, comma 3 D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600.
L’argomento in chiave più strettamente notarile è trattato in F. Raponi - T. Tassani, Soluzioni fiscali per la circolazione gratuita dell’azienda, Fondazione Italiana per il Notariato e Problematiche giuridiche e fiscali in tema di trasferimento di azienda, Atti del convegno del 23-24 aprile 2010, 70 ss.
31
Art. 176 Tuir - da tenersi distinta rispetto invece alle plusvalenze conseguite in caso di cessione di azienda art. 86 Tuir.
32
Trattandosi di conferimento di patrimonio. Sul punto in maniera approfondita V. Mastroiacovo,
La rilevanza delle vicende abdicative nella disciplina sostanziale dei tributi, Torino, 2012, 86.
33
G. Falsitta, op. cit., ed. 2008, 4.
30
810
Studi e Materiali - 4/2014
Studi Tributari
riserva da versamenti fatti dai soci a fondo perduto o in conto capitale e la riserva da saldi di rivalutazione monetaria 34 35.
3. L’ATTIVITÀ SOCIALE - REDDITO PRODOTTO
3.1. In che modo viene tassato il reddito prodotto dalle società di
persone?
Il reddito delle società personali, se residenti nel territorio dello Stato, secondo il principio di trasparenza di cui all’art. 5 del Tuir, va imputato direttamente a ciascun socio e indipendentemente dalla percezione, proporzionalmente alla sua quota di partecipazione agli utili 36 37.
Le società di persone non sono soggetti passivi ai fini dell’Irpef 38 e dell’Ires 39
benché siano soggetti fiscalmente autonomi 40; infatti devono comunque procedere alla determinazione del proprio reddito, che andrà assoggettato a IRAP 41,
e saranno obbligate alla presentazione della dichiarazione dei redditi 42.
3.2. Come opera il principio di trasparenza 43 nella attribuzione del
reddito in capo ai soci?
Il reddito prodotto dalla società potrà essere direttamente imputato al socio,
soltanto quando questi mantenga il proprio diritto alla percezione degli utili 44, e
in una misura predeterminata.
34
Circ. AE n. 36 del 2004.
Si esprime un principio di carattere generale: la restituzione al socio da parte della società di
quanto lo stesso aveva conferito non costituisce materia imponibile. In tal senso Direzione Regionale Emilia Romagna nota 11489 del 6 marzo 2007.
36
M. Leo, Le Imposte Sui Redditi nel testo unico, tomo I, 106, Milano, 2010: l’incremento di ricchezza che giustifica l’imposizione tributaria ricade direttamente sul socio.
37
L’eventuale accertamento di un maggior reddito a carico della società si trasferisce automaticamente a carico dei soci.
38
M. Leo, op. cit., 105.
39
A meno che non siano residenti nel territorio dello Stato art. 73, comma 1, lett. d) Tuir.
40
Il reddito delle società di persone, e assimilate (arg. ex art. 5, comma 3 del Tuir), costituisce un reddito prodotto in forma associata. Per inquadrarne il sistema di tassazione occorre muovere dallo scenario
normativo di riferimento che è costituito dall’art. 5 del Tuir che disciplina il principio di tassazione per trasparenza, dall’art. 20 bis del Tuir che qualifica espressamente i redditi dei soci delle società personali come “redditi di partecipazione” (L. Abritta, op. cit., 48 precisa che la configurazione del reddito di partecipazione deriva dalla immediata e diretta attribuzione ai soci del reddito conseguito dalla società), dall’art. 56,
comma 1 del Tuir che assimila le società in nome collettivo e le società in accomandita semplice, ai fini
della determinazione del reddito d’impresa, alle società e agli enti soggetti passivi Ires nonché dagli artt.
72, 73 e 81 del Tuir che rappresentano, ai fini Ires, le fondamenta della imposizione diretta della società.
41
Imposta regionale sulle attività produttive - D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446 e successive
modifiche e integrazioni.
42
Dalla dichiarazione emergeranno distintamente il reddito da ripartire sui soci e l’imponibile Irap.
43
C. Pessina - C. Bollo, Il regime della tassazione per trasparenza, in Fisco, 8 dicembre 2003, n. 45.
44
Su cui infra par. 4 ss. L’AF ha precisato che l’intestazione delle quote a una società fiduciaria non
(segue)
35
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Società di persone - Imposte dirette: aspetti notarili - Studio n. 852-2014/T
La disposizione di cui al comma 2 dell’art. 5 del Tuir afferma al riguardo due
presunzioni.
La prima, che le quote di partecipazione agli utili si presumono proporzionate al valore dei conferimenti dei soci.
La seconda, che se il valore dei conferimenti non risulta determinato, le quote di partecipazione agli utili si presumono uguali.
Quale è il ruolo del Notaio nello scenario impositivo attuale?
Il legislatore ha ritagliato uno spazio importante anche all’attività notarile in
tale sistema impositivo benché si verta in materia di imposte dirette.
A tal proposito è infatti stabilito che l’atto pubblico o la scrittura privata autenticata, di data anteriore all’inizio del periodo d’imposta, rappresentano il solo
mezzo per vincere la prima presunzione, che le quote di partecipazione agli utili
si presumono proporzionate al valore dei conferimenti dei soci.
Tramite l’intervento del notaio dunque sarà possibile determinare una partecipazione agli utili non proporzionale al valore dei conferimenti.
È discusso invece se sia o meno necessario l’intervento notarile anche per
superare la seconda presunzione della uguaglianza delle quote di partecipazione agli utili quando il valore dei conferimenti non risulta determinato.
In tal caso 45 per superare la presunzione di uguaglianza, secondo un orientamento 46 sarebbe sufficiente una semplice scrittura privata registrata. Secondo tale
tesi l’intervento del Notaio, dunque, si imporrebbe solo per far valere un sistema
di ripartizione degli utili diverso da quello di ripartizione del capitale sociale 47.
Si ritiene preferibile, invece, e non solo per ragioni di inquadramento sistematico dell’art. 5 Tuir, ma anche per esigenze di maggiore certezza e di pubblicità, ricorrere all’atto pubblico o alla scrittura privata autenticata anche per
determinare una diversa partecipazione agli utili in caso di conferimenti il cui valore non risulti determinato.
Non si comprenderebbe infatti il motivo della scelta di vincolare maggiormente solo una diversa distribuzione degli utili in presenza di conferimenti con
valore determinato, rispetto alla diversa ipotesi che invece necessiterebbe più
dell’altra il rispetto di un maggiore formalismo.
modifica il soggetto d’imposta passivo che rimane sempre il fiduciante. Ris. n. 136 del 7 dicembre 2006.
45
Come nel caso di conferimenti di soli servizi da parte dei soci che può determinare indeterminatezza degli stessi.
46
Così M. Leo, op. cit., 110.
47
È necessario comunque che risultino soddisfatte la condizione che si tratti di società di persone residenti nel territorio dello Stato e che i soci siano soggetti, persone fisiche o società, fiscalmente obbligati al pagamento delle imposte. Le società di persone non residenti infatti a norma del
combinato disposto degli artt. 5 e 73 del Tuir sono esse stesse soggetto passivo ires. L. Abritta, op.
cit., 45 sottolinea che al riguardo la lett. d) del comma 3 stabilisce che si considerano residenti le
società che per la maggior parte del periodo d’imposta hanno la sede legale o la sede
dell’amministrazione o l’oggetto principale nel territorio dello Stato.
812
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Studi Tributari
3.3. Come si ripartiscono le perdite fiscali tra i soci?
Come accade per gli utili, anche le perdite prodotte dalla società di persone
vanno attribuite ai soci 48, che risultano tali alla chiusura del periodo d’imposta 49,
in proporzione alle quote di partecipazione 50.
Le quote di partecipazione al reddito, quindi, sono quelle risultanti dall’atto
costitutivo o documento equipollente 51 anteriore al periodo d’imposta 52.
3.4. Come si attribuiscono le perdite nelle società in accomandita
semplice?
Come visto, le medesime proporzioni su cui ci si basa per la ripartizione degli utili, devono essere rispettate anche per l’imputazione delle perdite (art. 8
Tuir); tuttavia per le perdite della società in accomandita semplice che eccedano il capitale sociale la disposizione si applica solo nei confronti dei soci accomandatari 53. Il legislatore tributario ha operato un allineamento della disciplina
fiscale a quella civilistica (art. 2313 c.c.).
4. CESSIONI DI QUOTE NELLE SOCIETÀ PERSONALI
Il regime della tassazione delle cessioni di quote in materia di società personali riflette per le linee generali la disciplina dettata dagli artt. 67 e 68 Tuir.
Tuttavia la diretta imputazione del reddito da una parte, e le regole civilistiche sulla responsabilità illimitata dall’altra, offrono delle ulteriori casistiche meritevoli di approfondimento specie in relazione al non necessario allineamento tra
le quote di partecipazione al capitale e agli utili.
Sotto tale profilo rilevano la modifica della sola partecipazione agli utili, la variazione della compagine sociale con l’ingresso di un nuovo socio, la cessione di
quote tra gli stessi soci esistenti, nonché la cessione di quote al valore nominale.
48
In caso di usufrutto sulle quote all’usufruttuario va imputato il reddito e competono gli obblighi
dichiarativi. Ris. n. 61 del 16 maggio 2006.
49
Per anno solare sempre senza eccezioni. Cremona, op. cit., 214.
50
L’art. 8 del Tuir stabilisce infatti, che, nel caso in cui la società consegua una perdita fiscale,
anch’essa sia ripartita tra i soci in proporzione alla partecipazione agli utili stabilita dall’art. 5.
51
Atto pubblico o scrittura privata autenticata di data anteriore. Secondo un orientamento, su
cui infra, ad eccezione del caso di variazione dei soci in corso d’anno.
52
Ris. n. 60 del 16 maggio 2005 ha precisato che le perdite fiscali di una società di capitali che
si trasformi in società di persone non possono essere attribuite pro quota ai soci della stessa.
L’argomento, benché contrastato, è stato sostenuto dall’Agenzia delle Entrate muovendo dalla doppia considerazione che l’art. 8 del Tuir (che consentirebbe il trasferimento) si riferisce solo alle società di persone e che nel caso opposto, di trasformazione di società di persone in società di capitali, non sarà possibile trasmettere le perdite alla società di capitali che risulterà dalla trasformazione.
M. Parpiglia - F. Grillo, Trasformazione di società di capitali in società di persone e riporto perdite:
un dubbio risolto o una nuova questione aperta, in Fisco, 6 giugno 2005, n. 23, 3490.
53
Ris. n. 152 del 4 ottobre 2001.
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4.1. Atto di modifica di partecipazione agli utili
Per trattare l’argomento muoviamo da un esempio:
Tizio, Caio e Sempronio sono soci della Tizio s.n.c. e detengono il capitale
nella misura rispettivamente del 50%, 25% e 25%. Partecipano agli utili in ugual
misura proporzionalmente al capitale sociale detenuto.
Il 31 dicembre 2014 convengono che ferma rimanendo la loro partecipazione al capitale sociale venga modificata solo la misura di partecipazione agli utili
che verranno ripartiti in tre quote del 33.33% cadauna.
Dunque a esempio, a seguito della modifica, Tizio deterrà una quota di capitale
del 50% e parteciperà agli utili per il 33.33%; gli altri soci a fronte di una partecipazione pari al 25% riceveranno utili per il 33,33%. La nuova misura opererà solo per i
redditi prodotti dal 2015 e non anche per i redditi prodotti nel 2014.
Vediamo perché.
La risposta è offerta dal legislatore. Se, nel corso dell’anno, ferma rimanendo la compagine sociale, è stata modificata solo la misura delle quote di partecipazione agli utili, i relativi effetti si produrranno solo nel periodo di imposta
successivo 54 e solo se la variazione sia stata convenuta con atto pubblico o
scrittura privata autenticata 55.
4.2. Modifica della compagine sociale con l’ingresso di un nuovo
socio - cessioni di quote effettuate a favore di terzi non soci
Anche nella cessione di quote effettuata a favore di terzo non socio si pone il
problema della individuazione del soggetto cui imputare il reddito conseguito
nell’esercizio in corso al momento della cessione. Il problema è ancora più attuale in relazione alle cessioni poste in essere in prossimità della fine dell’anno.
Anche in questa ipotesi opera la medesima soluzione già indicata. Il reddito
dell’anno in corso è attribuito al nuovo socio; dunque la disposizione sulla imputazione del reddito e delle perdite non opera nei confronti dei soci che abbiano
perso tale qualità nel corso dell’anno.
La variazione in corso d’anno, a seguito di donazione/cessione di quote, recesso o esclusione, aumento di capitale sociale, comporta l’attribuzione
dell’intero reddito dell’anno, solo ai soci risultanti alla chiusura dell’esercizio e
che siano tali al momento dell’approvazione del rendiconto. Tali operazioni sul
piano fiscale hanno efficacia immediata 56; gli utili e le perdite in sostanza sono
54
L’intero reddito dell’anno sarà attribuito solo ai soci risultanti alla chiusura dell’esercizio e che
siano tali al momento dell’approvazione del rendiconto.
55
In tal senso la prassi dell’Ae Circ. n. 49 del 22 novembre 2004, 6; Rebecca - Tessaro, Quote
di società di persone. Cessione Infrannuale. Ripartizione degli utili, in La Settimana Fiscale, n. 3 del
18 gennaio 2001, 4.
56
Cass., 16 dicembre 2003, n. 19238.
814
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Studi Tributari
imputati ai soli soggetti che abbiano la qualità di socio all’atto di approvazione
del rendiconto 57.
La vicenda ha generato delle perplessità 58 perché si potrebbe prestare a
operazioni elusive.
Ai nuovi soci, dunque, benché potranno essere divenuti tali solo da poco
tempo 59, deve essere attribuito il reddito calcolato in base alla loro quota per
l’intero periodo d’imposta 60 61, anche, beninteso, per il periodo precedente al loro
ingresso nella compagine sociale 62.
Esempio:
Tizio e Caio sono soci della Tizio s.n.c. e detengono il capitale nella misura
rispettivamente del 50% ognuno. Partecipano agli utili in ugual misura proporzionalmente al capitale sociale detenuto.
Il 31 dicembre 2014 Tizio cede il 25% del capitale sociale al nuovo socio
Sempronio. La misura di partecipazione agli utili proporzionalmente al capitale
sociale risulterà quindi per Tizio e Sempronio pari al 25% e per Caio pari al
50%. La nuova percentuale di distribuzione degli utili opererà già per i redditi
prodotti nel 2014 63.
4.3. Cessione di quote tra gli stessi soci esistenti
Non è altrettanto agevole la soluzione della problematica della imputazione
del reddito a seguito di cessione di quote tra gli stessi soci esistenti.
Muoviamo da un esempio:
Tizio, Caio e Sempronio sono soci della Tizio s.n.c. e detengono il capitale
nella misura rispettivamente del 50%, 25% e 25%. Partecipano agli utili in ugual
misura proporzionalmente al capitale sociale detenuto.
Il 31 dicembre 2014 Tizio cede parte della sua quota agli altri due soci, in
modo che i tre soci risultino ciascuno titolare di un terzo del capitale sociale. Di
conseguenza verrà anche mutata la misura della partecipazione agli utili che
proporzionalmente al capitale sociale verranno imputati a ognuno dei soci nella
misura del 33.33%.
57
M. Leo, op. cit., 108 - Nello stesso senso Cass., 15 ottobre 1994, n. 8423 e Cass., 16 dicembre 2003, n. 19238.
58
M. Leo, op. cit., 108.
59
Anche l’ultimo giorno dell’anno entro la mezzanotte.
60
Non è possibile l’accordo tra le parti volto a mantenere l’obbligazione tributaria per l’anno in
corso in capo al cedente (Cass., 27 aprile 1999, n. 4200).
61
Ris. n. 157 del 17 aprile 2008 tratta di un’ipotesi particolare di subentro riguardante il caso di
decesso di un socio, e qualora la sua eredità non sia stata ancora accettata, affermando che il reddito prodotto dalla società debba essere interamente imputato solamente ai soci superstiti, senza
tener conto dei chiamati all’eredità.
62
G. Rebecca, Ancora sulla cessione infrannuale di quote di società di persone, in Corr. trib., n.
33 del 1988; M. Leo, op. cit., 121.
63
Così Cotto - Odetto - Valente, “Tuir” Guide e soluzioni Ipsoa, a cura di Eutekne, Milano, 2012,
103; Rebecca - Tessaro, op. cit., 2; Cass., 23 febbraio 1994, n. 8423.
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È discusso se la nuova percentuale di distribuzione degli utili opererà anche
per i redditi prodotti nel 2014 e non solo per i redditi prodotti dal 2015.
Si contrappongono due interpretazioni.
La prima 64 sostiene che gli effetti fiscali della cessione di quote tra i soci esistenti si produrranno solo a partire dall’anno successivo, come nel caso in cui si
stipuli un atto modificativo della sola ripartizione degli utili.
Ai fini dell’attribuzione del reddito ai soci deve farsi riferimento alla situazione
quale risulta al termine del periodo d’imposta, a prescindere dai cambiamenti intervenuti nella compagine sociale nel corso dello stesso 65 66.
Le due fattispecie, della mera diversa distribuzione di utili e della cessione di
quote tra soci esistenti 67, dunque, si equivarrebbero in relazione alla imputazione del reddito in capo ai soci.
In particolare anche l’amministrazione ritiene che le modifiche nelle quote di
partecipazioni agli utili dei soci non legate a variazioni della originaria compagine sociale hanno efficacia solo a partire dal periodo d’imposta successivo 68. I
redditi dell’anno in corso andrebbero imputati secondo la ripartizione esistente
prima della cessione.
La giustificazione è ispirata a ragioni di cautela fiscale onde evitare che la
cessione di quote in prossimità della chiusura del periodo d’imposta venga
utilizzata per canalizzare l’imputazione del reddito imponibile sui soci che liquidano l’Irpef con applicazione di aliquote progressive comparativamente più
basse 69.
64
M. Leo, op. cit., 108; L. Abritta, op. cit., 51; AE circ. n. 40 del 2004, 62; Tuir, a cura Eutekne,
cit., 103.
65
Così la nuova ripartizione tra i soci esistenti (al pari di quanto accade in caso di nuovo socio
entrato in società nel mese di dicembre) consentirà di attribuire proporzionalmente alle “nuove” quote di partecipazione il reddito prodotto dalla società nell’intero periodo d’imposta. Tale impostazione
è stata accolta dalla giurisprudenza sulla base della considerazione che il diritto da parte del socio
alla percezione degli utili si concretizza con l’approvazione del rendiconto (ex art. 2262 c.c.) e che la
produzione del reddito da parte della società non è necessariamente continua ed uniforme nel tempo, e quindi non è possibile accedere ad una quantificazione frazionata che rifletta l’effettiva produzione del reddito stesso (Cass., n. 19238/2003; Cass., n. 8423/1994).
66
Si osserva peraltro che partendo da questa considerazione, in caso di trasferimento a titolo
oneroso, si avrà probabile considerazione anche della quota di reddito maturata ai fini della determinazione del prezzo di scambio. La soluzione sarebbe estensibile a tutte le fattispecie in cui al
momento del rendiconto la “composizione” è cambiata anche a prescindere dall’ingresso o meno di
un nuovo socio.
67
Che comporta una diversa distribuzione degli utili.
68
Circ. 49 del 2004, cit., 61 e Istruzioni compilazione Modello Unico ove il concetto è desumibile
da riferimento alla compagine sociale.
69
Ulteriore argomento a supporto di tale tesi risiede nella considerazione che il prezzo dovrebbe già contenere la capitalizzazione degli utili riferiti all’esercizio in corso. Tale aspetto diventa ancora più decisivo con riferimento alla data della avvenuta cessione; ci sarà probabilmente differenza
di prezzo tra una cessione di quota conclusa a gennaio rispetto ad una identica effettuata a dicembre. In relazione alla data di conclusione bisognerebbe però prestare attenzione al momento di approvazione del rendiconto.
816
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La seconda interpretazione 70 ritiene invece che la nuova ripartizione del reddito operi immediatamente, con decorrenza dall’esercizio in corso. Gli utili saranno imputati ai soci in misura calcolata in base alla nuova distribuzione anche
per l’intero periodo d’imposta in corso e non solo per quello relativo all’anno
successivo 71.
Nell’esempio dunque la nuova misura varrà già dal 2014. Si ritiene che non
sarebbe giustificabile una disparità di trattamento tra socio “nuovo” e socio
“vecchio”.
Tale soluzione è inoltre sostenuta muovendo dal disposto dell’art. 5 Tuir ove
non risulta definito il concetto di mutazione della compagine sociale, su cui si
basa la precedente ricostruzione, nonché dalle difficoltà di individuazione del
soggetto cui effettivamente imputare il reddito quando, a seguito della cessione,
dal Registro Imprese risulterà una diversa ripartizione 72 rispetto a quella che si
vorrebbe far valere sul piano fiscale.
Potrà giovare sotto tale profilo un’ulteriore considerazione basata sul criterio
proporzionale di ripartizione degli utili. L’art. 5 Tuir nella sostanza dice che la
modifica che faccia passare da una distribuzione proporzionale degli utili a una
non proporzionale, opera solo dall’esercizio successivo a quello in cui viene posta in essere. Al contrario avrà immediata efficacia sul piano fiscale la modifica
della misura della partecipazione che non incida sul criterio di proporzionalità
nella distribuzione degli utili, anche se dipendente da una cessione di quota tra i
soci esistenti oltre che relativa all’ingresso di un nuovo socio.
Considerando che la prassi negoziale è orientata maggiormente per tale ultima ricostruzione è opportuna una valutazione prudente delle singole situazioni
che potrebbero profilarsi.
4.4. La cessione di quote al valore nominale
Inquadriamo la fattispecie.
La cessione in argomento è quella che come noto si conclude con il versamento al cedente di un corrispettivo di ammontare pari al valore nominale delle
quote cedute. La vicenda è sotto osservazione da parte dell’Agenzia delle
Entrate.
Cosa contesta il fisco?
70
Rebecca - Tessaro, op. cit., 6.
Secondo un’ulteriore lettura si dovrebbe prevedere un’imputazione proporzionale al numero
dei giorni in cui dante causa ed avente causa hanno rivestito la qualità di soci, sottintendo una produzione lineare del reddito nel tempo. Si arriverebbe a ipotizzare la redazione di due distinti rendiconti sociali per lo stesso anno, corrispondenti ai periodi di possesso del cedente e del cessionario
e dunque al solo fine di determinare le quote di reddito a ciascuno spettanti.
72
In definitiva la stessa Agenzia delle Entrate basandosi sulle sole risultanze del Registro delle
Imprese incontrerebbe delle difficoltà nella applicazione della prima soluzione relativa alla efficacia sul
piano fiscale degli atti di cessione tra soci esistenti con decorrenza dal periodo di imposta successivo.
71
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Recenti accertamenti della Agenzia delle Entrate hanno indicato delle criticità nel sistema, dipendenti da una osservazione oggettiva della situazione patrimoniale delle società interessate.
Il fisco tende a ricorrere al criterio del valore economico del complesso
aziendale che le quote cedute rappresentano e non ritenendo vincolante l’uso
del termine corrispettivo di cui all’art. 68 Tuir giustifica gli accertamenti proprio
con la “occultazione di corrispettivo”. In particolare l’Amministrazione finanziaria
ritiene che il valore della cessione di quota conclusa al nominale, in presenza di
presunzione grave, precisa e concordante ai sensi dell’art. 38 D.P.R. 600/1973
vada rideterminato e la relativa plusvalenza versata ex artt. 67 e 68 Tuir.
Si sostiene a tal proposito che il capitale sociale non sia rappresentativo dell’intero valore aziendale in quanto non contiene utili e riserve di utili accantonati
che si renderanno disponibili direttamente in capo agli acquirenti. La situazione si
complica ulteriormente in presenza di beni immobili, specie se non gravati da mutui.
In questa sede va prima di tutto sottolineato che la problematica è diversa
da quella scaturente dalla riqualificazione del contratto di cessione di quota come cessione di azienda 73.
Nel caso in questione infatti non è in discussione la qualificazione del negozio,
ma solo l’emersione o meno di una plusvalenza da cessione in capo al cedente.
L’evoluzione dei mercati da una parte e soprattutto la recente rinnovata attività di accertamento da parte della Agenzia delle Entrate, non consentono più di
affrancarci dal trattare il tema.
Il risultato potrà essere solo quello di un contributo alla trattazione, con lo
scopo principale di evitare generalizzazioni, che rischiano di penalizzare anche
operazioni che effettivamente e realmente sono concluse al nominale, offrendo
la conclusione di analizzare le situazioni caso per caso mediante un’analisi separata e segmentata delle diverse fattispecie.
In tale ottica possiamo distinguerle in base ai soggetti interessati, all’attività svolta dalla società, da quanto tempo la società interessata operi e al tipo di società.
a) i soggetti
La vicenda risulterà sicuramente più “sospetta” nel caso in cui la cessione avvenga tra estranei piuttosto che tra appartenenti al medesimo nucleo familiare.
È opportuno ricordare infatti che nella pratica spesso gli aggiustamenti di
quote di società tra familiari si effettuano con atti a titolo oneroso al valore nominale anziché con donazioni, anche e soprattutto per esigenze di maggiore
stabilità suggerite dal mercato e spesso su indicazione, se non addirittura su richiesta del sistema bancario.
b) attività svolta
Anche in relazione all’attività va formulata una riflessione più avanzata.
73
Studio n. 170-2011/T, Sulla riqualificabilità come cessione d’azienda della cessione dell’intero
capitale di una s.r.l., Est. Puri, nonché T. Tassani, I confini dell’abuso del diritto ed il caso del conferimento d’azienda come successiva cessione della partecipazione, in Riv. dir. trib., 2011, I, 351.
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Studi e Materiali - 4/2014
Studi Tributari
La cessione al valore nominale si giustifica di meno in relazione a società
che svolgano attività immobiliare, specie se patrimonializzate, rispetto a quelle
che invece esercitano altre attività più operative e meno statiche.
Rispetto alla prime, il fisco potrà più facilmente contestare che patrimoni anche
importanti siano trasferiti, tramite le quote, con un corrispettivo solo pari al nominale.
Riguardo alle società operative, invece, andrebbero analizzate le varie diverse situazioni, da cui potrebbe addirittura scaturire anche un valore delle quote inferiore al valore nominale. Il tutto con particolare riferimento alle società
personali per le problematiche connesse alla responsabilità illimitata 74 e alle situazioni debitorie che addirittura scoraggerebbero gli acquirenti.
c) storicità della società interessata
Un’ulteriore considerazione è quella di basare le valutazioni muovendo dalla
data di inizio attività della società interessata.
Appare evidente che la cessione di quote al valore nominale è più giustificabile rispetto a una società appena costituita.
d) tipo di società
Il particolare regime di calcolo del corrispettivo dettato per le società personali ex art. 68, comma 6, Tuir consente di ritenere più credibile la vendita al
nominale riguardanti le quote di tali società. Non è da escludere infatti che la
maggiorazione del costo fiscale della quota e la diminuzione dello stesso, cui si
riferisce la norma, possano portare a un calcolo coincidente con tale valore.
5. SCIOGLIMENTO E LIQUIDAZIONE DELLA SOCIETÀ
5.1. Come si tassa il reddito delle società di persone in caso di
liquidazione volontaria? 75
Ai sensi dell’art. 182 Tuir la liquidazione è considerata un unico periodo di
imposta al termine del quale va redatto un bilancio finale da cui emergerà il
reddito d’impresa da assoggettare a tassazione 76.
In forza del principio di trasparenza anche il reddito da liquidazione verrà automaticamente imputato ai soci in dipendenza della liquidazione 77 78.
74
Arg. ex artt 2269 e 2293 c.c.
Cremona, op. cit., 509.
76
Sono previste particolari modalità per la determinazione del reddito di periodo e per il riporto
delle perdite fiscali.
77
L’eventualità che nel corso della liquidazione si proceda alla distribuzione degli utili maturati è
piuttosto improbabile sussistendo la regola generale in base alla quale i liquidatori non possono ripartire tra i soci neppure parzialmente i beni sociali finché non siano pagati i creditori sociali o non
siano accantonate somme per pagarli (art. 2280 c.c.). Sarebbe dunque possibile solo quando la liquidazione non pone problemi di solvenza e previa concessione delle dovute garanzie per i creditori
che non siano stati ancora soddisfatti.
78
L’art. 20 bis Tuir come visto qualifica anche tale reddito come reddito di partecipazione, rispetto al quale è anche consentita la tassazione separata al ricorrere di determinate condizioni.
75
Studi e Materiali - 4/2014
819
Società di persone - Imposte dirette: aspetti notarili - Studio n. 852-2014/T
La vicenda potrà interessare sotto diversi profili, alcuni dei quali sono già
stati oggetto di altri approfondimenti cui si permette di rinviare 79. In questa sede
preme invece soffermarsi su due aspetti.
Il primo concernente la disciplina della distribuzione di riserve di utili e di riserve di capitale, nonché del capitale stesso.
L’altro riguardante la continuazione dell’attività imprenditoriale da parte
dell’unico socio nella forma dell’impresa individuale.
5.2. Distribuzione di residuo attivo nelle società di persone
La distribuzione di riserve di utili e del capitale nella fase di liquidazione delle
società personali 80, a seguito dell’approvazione finale del piano di riparto, è caratterizzata da alcune attività fiscalmente rilevanti, non solo per la società che la
esegua, ma anche per il socio interessato, e soprattutto se la liquidazione avvenga in natura. L’analisi va dunque effettuata distinguendo i due profili di imposizione, anche se in dipendenza della applicazione del principio di trasparenza le due vicende potrebbero incrociarsi.
a) la società
Mentre la liquidazione di una somma di danaro non genera in capo alla società che la eroga un componente di reddito, al contrario potrebbe realizzarsi
materia imponibile quando la liquidazione avvenga in natura.
La rilevanza fiscale emergerà diversamente nel caso in cui la liquidazione avvenga con beni merce generando ricavi, rispetto al caso in cui venga effettuata
mediante beni strumentali facendo conseguire (eventuali) plusvalenze 81. Il reddito
che produrrà la società verrà comunque attribuito ai soci per trasparenza.
b) socio- soggetto persona fisica non imprenditore.
La vicenda impositiva che interessa il socio va distinta invece, caso per caso,
in relazione alla qualificazione e alla emersione o meno di un reddito tassabile.
Va sottolineato infatti che la liquidazione potrà avere solo valore patrimoniale,
come nel caso di ripartizione di capitale, riserve o fondi assimilati al capitale sociale 82, non producendosi nuova ricchezza non risulterà rilevante sul piano impo79
Profili fiscali del recesso dalla società e dell’assegnazione di beni ai soci, Studio CNN n. 742011/T, Est. Raponi; Assegnazione di beni immobili a soci persone fisiche non esercenti attività
d’impresa, Studio CNN n. 103-2012/T, Est. F. Raponi.
Atti della Fondazione Italiana del Notariato - Formazione telematica Iva - gli atti di assegnazione
014, inedito a cura di F. Raponi.
80
Giuseppe Tinelli, Commentario al testo Unico delle Imposte sui redditi, Padova, 2009, 365 ss.
81
Va considerata anche la possibilità che gli amministratori della società possano optare per un
cambio di regime fiscale a esempio mediante la “trasformazione” di un bene strumentale in bene merce.
82
La vicenda riguarda la fattispecie descritta nel comma 5 dell’art. 47 Tuir ovvero quando
l’assegnazione di beni in natura avvenga mediante la corrispondente utilizzazione di riserve o fondi assimilati al capitale sociale che per tale motivo hanno natura patrimoniale e non reddituale. In tali fattispecie è possibile individuare la natura di entrata patrimoniale per la società che riceve dette somme assimilata al capitale. Per questo motivo tali ammontari non concorrono a formare il reddito della società e
l’eventuale successiva distribuzione non costituisce per i soci reddito tassabile bensì semplice restitu(segue)
820
Studi e Materiali - 4/2014
Studi Tributari
sitivo. Anche se il controvalore fosse rappresentato da un bene in natura 83 la vicenda si risolverebbe nello stesso modo (purché il bene abbia un valore normale
esattamente pari all’ammontare del capitale e/o delle riserve di capitale liquidate).
La liquidazione inoltre potrà essere effettuata con la distribuzione di riserve
di utili.
Occorrerà distinguere se avvenga in danaro oppure in natura.
La prima modalità riguardando utili che sono stati già tassati per imputazione
in capo al socio, non genererà normalmente 84 ulteriore materia imponibile.
L’art. 8 del D.M. 23 aprile 2004 in materia di società di capitali che tassano per
trasparenza enuncia tale principio cui può darsi valenza di carattere generale.
La liquidazione del residuo attivo in natura invece potrà far emergere materia
imponibile.
Anche se si volesse sostenere che il bene oggetto della liquidazione sia stato comunque acquistato con utili già tassati 85, l’eventuale liquidazione in natura
potrà comunque far conseguire un reddito tassabile, in forza del combinato disposto degli artt. 47, comma 7 e 20 bis del Tuir 86 norma dettata appositamente
per le società personali 87.
Il valore normale del bene, ovvero l’ammontare liquidato al socio, infatti, potrà risultare maggiore rispetto al valore fiscale della quota.
Attenzione però per le società di persone e quelle di capitali che tassano per
trasparenza vige un regime di calcolo del valore fiscale della quota particolare e
complesso.
La determinazione del costo fiscalmente riconosciuto di una partecipazione in
una società di persone, obbedisce allo stesso criterio, sia in caso di cessione di
quota (art. 68, comma 6, Tuir), come valore da sottrarre al corrispettivo, che nella
emersione della eccedenza da tassare come utile, ex art. 47, comma 7 e 20-bis
Tuir.
In entrambi i casi 88 infatti, opererà la modalità di calcolo di cui all’art. 68,
comma 6 Tuir in base alla quale il costo fiscale della quota va incrementato e/o
diminuito, in dipendenza degli utili nonché delle perdite, maturati in capo alla
zione del “ capitale”. Un’applicazione pratica di quanto sostenuto si potrà avere ad esempio nel caso di
delibera che assegni un bene a un socio a seguito della restituzione di versamenti in conto capitale.
83
L’attribuzione del bene si configura come una modalità di liquidazione.
84
L’unica eccezione è data dalla distribuzione di fondi in sospensione d’imposta.
85
Quindi potrebbe dirsi che il bene sia a sua volta già “tassato”.
86
Gli utili percepiti in natura dai soci non rientrano tra i redditi di capitale ma tra i redditi di impresa; benché liquidati in natura, sono assoggettati a tassazione in base al principio di trasparenza
e assolti in base al principio di competenza, a prescindere dal momento della loro percezione.
87
Per le società di capitali argomentando dall’art. 44 Tuir sarà possibile qualificare il reddito in
capo al socio assegnatario come un reddito di capitale il cui pagamento verrà assolto secondo il
principio di cassa ovvero al momento in cui sarà percepito.
88
L. Abritta, op. cit., Tomo I, 449.
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Società di persone - Imposte dirette: aspetti notarili - Studio n. 852-2014/T
società e tassati sul socio per trasparenza. La regola vale anche per i ricavi e/o
le plusvalenze conseguiti dalla società che liquidi il bene in natura 89.
Il risultato potrà condurre a una sorta di non completa incidenza fiscale in
capo al socio, perché la stessa componente (plusvalenza) agirà sia in senso
positivo che negativo elidendosi 90.
Corollario finale. Nelle imposte dirette la liquidazione in natura o l’assegnazione
ai soci di beni in natura è più vantaggiosa per il socio di società personali rispetto
a quello di società di capitali che non tassano per trasparenza.
5.3. Profili fiscali della continuazione dell’attività imprenditoriale da
parte dell’unico socio come imprenditore individuale 91
La liquidazione presenta infine dei rilevanti profili fiscali in caso di continuazione dell’attività come impresa individuale da parte del socio che sia rimasto unico.
Nello specifico la vicenda può riguardare i casi di mancata ricostituzione della pluralità dei soci 92, oppure fare seguito alla morte di uno dei due, o dipendere
da recesso o esclusione di uno dei soci, o ancora dall’acquisto da parte di uno
solo dei soci di tutte le quote sociali.
Allo scioglimento della società di persone potrebbe far seguito la continuazione dell’attività da parte del solo socio superstite 93.
La fattispecie sul piano fiscale viene ricondotta dal Fisco e dalla dottrina prevalente a una ipotesi di assegnazione di azienda al socio 94 all’esito della quale
la società che si scioglie non conseguirà alcuna plusvalenza a condizione che
a) Il socio unico continui l’attività sotto forma di impresa individuale;
b) mantenga inalterati i valori dei beni ai fini fiscali.
In pratica vige lo stesso principio di neutralità fiscale proprio del conferimento di azienda regolato dall’art 176 del Tuir; si realizza in definitiva un conferimento rovesciato.
89
In capo al socio.
In ossequio al divieto di doppia tassazione.
91
F. Raponi, Relazione inedita incontro CNN - Agenzia delle Entrate, presentazione Guida tassazione atti notarili, Roma, Hotel Parco dei Principi, 2012.
92
Non si può tuttavia escludere la possibilità di configurare una fattispecie simile anche nelle
società di capitali, nelle quali sia ipotizzabile una continuazione in forma di impresa individuale di
un’azienda precedentemente condotta.
93
Ipotesi peraltro è facilitata dalla deroga alla fase di liquidazione che nelle società di persone
come sappiamo può essere omessa Anche riguardo alle società di capitali la soluzione negoziale
prescelta potrebbe determinare la estinzione della società e la prosecuzione dell’attività da parte del
socio che verosimilmente sarà un socio unico. Esaurita la fase della liquidazione si procederà alla
attuazione del piano di riparto: l’azienda sociale può in tal caso essere assegnata al socio con trasferimento dei rapporti ad essa inerenti. La vicenda assume particolare importanza anche in relazione al problema della esatta individuazione dell’oggetto della assegnazione.
94
Circ. n. 54 del 19 giugno 2002.
90
822
Studi e Materiali - 4/2014
Regolarizzazione di società di fatto derivante da
comunione di azienda nei tributi sui trasferimenti
Studio n. 853-2014/T
Thomas Tassani
Approvato dall’Area Scientifica - Studi Tributari il 30 ottobre 2014
Approvato dal CNN nella seduta del 13-14 novembre 2014
LO STUDIO IN SINTESI (ABSTRACT)
Lo studio esamina le problematiche fiscali dell’atto di regolarizzazione di una
società di fatto derivante da comunione di azienda.
L’atto di regolarizzazione può avere un contenuto composito, da cui dipende
anche il regime impositivo.
In primo luogo, tale atto assume una portata ricognitiva e riproduttiva del contratto, stipulato per fatti concludenti, di costituzione della società di fatto. Da questo punto di vista, si giustifica la portata “enunciativa” della regolarizzazione ai fini
dell’imposta di registro, ai sensi dell’art. 22 TUR.
Tuttavia, l’atto può contenere ulteriori previsioni negoziali, come, in particolare,
determinare il trasferimento della proprietà dei beni immobili compresi nell’azienda
(precedentemente conferiti in godimento infranovennale) oppure della proprietà
della stessa azienda (conferita in godimento infranovennale al momento della costituzione della società di fatto).
A seconda del contenuto dell’atto di regolarizzazione, si potranno determinare
conseguenze differenti nelle imposte di registro, ipotecaria e catastale salvo, tuttavia, l’imposizione che è in ogni caso fissa (nelle diverse imposte) per la specifica
fattispecie della regolarizzazione, derivante da comunione ereditaria di azienda,
registrata entro un anno dalla apertura della successione.
Sommario: 1. Premessa. - 2. Natura giuridica e contenuto dell’atto di regolarizzazione. 3. La regolarizzazione delle società di fatto nell’imposta di registro. - 4. Segue: La
regolarizzazione di società di fatto con azienda contenente beni immobili. - 5. La
regolarizzazione delle società di fatto nelle imposte ipotecaria e catastale.
1. PREMESSA
A livello operativo, si assiste spesso alla “evoluzione” di situazioni di mera
contitolarità di azienda (o ramo di azienda) in società di fatto che, in un momento successivo, vengo regolarizzate ed iscritte nel registro delle imprese.
Studi e Materiali - 4/2014
823
Regolarizzazione di società di fatto - Studio n. 853-2014/T
I due profili, della comunione di azienda e della società, non sono completamente sovrapponibili perché, secondo la migliore interpretazione, la mera
contitolarità del complesso aziendale non di per sé sufficiente per delineare una
società di fatto, essendo invece necessario l’esercizio, in forma comune,
dell’attività economica 1.
Quando ciò accade, data l’inconfigurabilità della figura della “comunione di
impresa” 2, si deve ritenere concluso, per fatti concludenti, un contratto di società
di persone.
In questo quadro, il successivo, ed eventuale, atto di regolarizzazione della
società di fatto risponde soprattutto alla esigenza di riprodurre per iscritto il contratto societario concluso, con la forma dell’atto pubblico o della scrittura privata
autenticata, al fine di consentirne l’iscrizione nel registro delle imprese 3.
In questo studio, verranno esaminati i profili fiscali nelle imposte sui trasferimenti (imposte di registro, ipotecaria e catastale) dell’atto di regolarizzazione
delle società di fatto 4, considerando le diverse possibili variabili negoziali 5.
2. NATURA GIURIDICA E CONTENUTO DELL’ATTO DI REGOLARIZZAZIONE
È noto come la società di fatto non costituisca un tipo societario a sé stante,
bensì una particolare modalità di conclusione del contratto societario, che non
avviene tramite un espresso accordo, bensì per fatti concludenti.
A seconda della tipologia dell’attività esercitata, la conclusione del contratto
societario per fatti concludenti è idoneo a costituire una società in nome colletti1
I comproprietari dell’azienda potrebbero infatti limitarsi ad una breve attività di conservazione,
finalizzata alla vendita o all’affitto del complesso aziendale, senza quindi dar luogo alla nascita di
una società di fatto. Si veda V. Vacirca, I rapporti tra società e comunione e le questioni connesse
all’ammissibilità delle figure della comunione d’azienda e della comunione d’impresa, nota a Corte
Cass., sent. n. 3028/2009, in Notariato, 2009, 1233 ss.
2
Secondo l’interpretazione prevalente di diritto commerciale. Si rinvia, anche per riferimenti bibliografici, a G. D’Attorre, Comunione d’impresa, società di fatto e trattamento dei creditori, in Giur.
comm., 2010, 656 ss.
3
Sul punto, V. Salafia, Società di fatto e registro delle imprese, in Società, 2014, 525 ss.
4
Come si vedrà, le considerazioni relative alla società di fatto debbono valere anche per le società costituite in base ad un contratto verbale. Nel senso di una assimilazione tra società di fatto e
società costituite verbalmente, Palumbo, Le società in generale e le società di persone, Milano,
2004, 53; Cass., sentt. nn. 3275/1996; 4569/1992; 3028/2009. In parte differente è invece la ricostruzione qualora la regolarizzazione riproduca un contratto societario già stipulato per iscritto (società irregolari), perché in questa circostanza si è in presenza di un atto tendenzialmente già assoggettato ad imposizione. Di questa fattispecie non ci occuperemo nel presente studio.
5
Per quanto attiene alle conseguenze fiscali del passaggio generazionale di impresa connesso
alle fattispecie esaminate (nelle imposte sui redditi, nell’Iva e nell’imposta sulle successioni e donazioni), sia consentito rinviare a T. Tassani, Profili fiscali del passaggio generazionale d’impresa, in
Studi e materiali, 2012, 137 ss. Si richiama inoltre la Ris. Ag. Ent., n. 341/E/2007 che, ai fini delle
imposte dirette, ritiene applicabile alla regolarizzazione della società di fatto (derivante da comunione di azienda) il regime di neutralità fiscale della trasformazione societaria.
824
Studi e Materiali - 4/2014
Studi Tributari
vo (se l’attività è commerciale) o una società semplice irregolare (se l’attività
non è commerciale), con applicazione del relativo statuto giuridico 6.
In questa prospettiva, appare evidente come l’atto di regolarizzazione presupponga la già venuta ad esistenza della società. La regolarizzazione non
può, quindi, essere considerata quale momento di “costituzione” del soggetto
societario.
La regolarizzazione si sostanzia, invece, nella riproduzione e nella enunciazione, in forma di atto pubblico o scrittura privata autenticata, dell’accordo sociale già perfezionatosi con il negozio di attuazione 7.
Da questo punto di vista, l’atto di regolarizzazione presenta profili di mero
“accertamento” del contenuto del negozio concluso in forma verbale, che risultano utili (anche ai fini fiscali) per determinare quale sia stato l’oggetto del conferimento al momento della nascita della società di fatto.
Tuttavia, l’atto di regolarizzazione potrebbe avere un contenuto non solo riproduttivo/accertativo ma, anche, costitutivo/traslativo di diritti, che ovviamente
occorre valutare ai fini della imposizione.
Si pensi all’ipotesi, su cui ci soffermeremo, del bene immobile compreso
nell’azienda, da intendersi (pena nullità) conferito in godimento al momento della costituzione della società di fatto e, che, nell’atto di regolarizzazione, è trasferito in proprietà alla società.
Infine, i soci potrebbero anche prevedere di iscrivere la società nel registro
delle imprese operando contestualmente la trasformazione della compagine
originaria in un diverso tipo sociale.
Simile ipotesi è qualificabile in termini di “regolarizzazione” solo accedendo
ad una nozione ampia dell’istituto, visto che sarà direttamente la società risultante dall’atto di trasformazione ad essere iscritta nel registro delle imprese,
senza che l’effetto di regolarizzazione riguardi, in senso proprio, l’originaria società di persone.
3. LA REGOLARIZZAZIONE DELLE SOCIETÀ DI FATTO NELL’IMPOSTA DI
REGISTRO
L’art. 4, comma 1, lett. e), Tariffa D.P.R. 131/1986 (TUR) dispone
l’applicazione dell’imposta in misura fissa per la «regolarizzazione di società di
fatto, derivanti da comunione ereditaria di azienda, tra eredi che continuano in
forma societaria l’esercizio dell’impresa», qualora l’atto di regolarizzazione sia
registrato «entro un anno dall’apertura della successione» (nota II).
6
Per tutti, G.F. Campobasso, Diritto commerciale, Diritto delle società, Torino, 1999, 58 ss.
In questi termini, A. Fedele, Osservazioni in tema di “regolarizzazione” delle società di fatto, in
Rass. trib., 1985, 92-3.
7
Studi e Materiali - 4/2014
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Regolarizzazione di società di fatto - Studio n. 853-2014/T
La previsione della imposizione fissa per la fattispecie della regolarizzazione, entro un anno, della società di fatto derivante da comunione ereditaria di
azienda 8, richiede di essere confrontata con il regime ordinario di tassazione, ricostruibile nelle altre ipotesi.
«In ogni altro caso di regolarizzazione», prevede la norma, «l’imposta si applica a norma dell’art. 22» TUR.
Il richiamo all’art. 22 TUR risulta coerente con la ricostruzione dell’atto di regolarizzazione di società di fatto (o di una società costituita verbalmente) quale
atto che riproduce ed enuncia il contenuto dell’accordo societario, su cui ci siamo soffermati nel paragrafo precedente.
L’enunciazione del precedente contratto verbale 9 comporta l’applicazione sia
dell’imposta sulle disposizioni enunciate, sia della sanzione ex art. 69 TUR, in
quanto il contrato verbale di conferimento di azienda rientra tra gli atti da assoggettare a registrazione in termine fisso, ex art. 3, comma 1, lett. b), TUR 10.
Per quanto attiene la misura della imposizione, se l’atto di regolarizzazione
contiene l’enunciazione di un conferimento di azienda, il tributo sarà in misura
fissa (ex art. 4, comma 1, lett. a), n. 3, Tariffa, TUR). L’importo fisso rappresenterà inoltre la base per commisurare la sanzione amministrativa (dal 120 al
240%) ai sensi dell’art. 69 TUR 11.
A simile conclusione impositiva (imposta fissa e sanzione) si deve giungere
ogni qual volta la società di fatto sia stata costituita tramite il conferimento di
una azienda, non solo, quindi, nella ipotesi di comunione di azienda derivante
da successione ereditaria 12.
Tuttavia, per quest’ultima fattispecie, il sistema prevede in ogni caso la sola
imposizione fissa (senza applicazione di sanzioni), qualora la regolarizzazione
avvenga entro l’anno dall’apertura della successione 13.
8
La disposizione è presente sin dalla entrata in vigore del TUR e l’importo del tributo è sempre
stato modulato in modo coincidente con l’imposizione prevista per il conferimento di azienda (che
inizialmente era con aliquota proporzionale dell’1%).
9
Dal punto di vista fiscale, peraltro, “si classificano tra i contratti verbali anche i c.d. negozi di
attuazione”, come quello di costituzione di società di fatto: A. Fedele, op. ult. cit., 91.
10
Cfr. A. Busani, L’imposta di registro, Milano, 2009, 487.
11
Sanzione che non deve ritenersi dovuta nella ipotesi in cui il conferimento di azienda nella
società di fatto sia già stato enunciato (con relativa applicazione della sanzione) in un precedente
atto registrato.
12
La comunione può essersi costituita per effetto di una donazione o perché l’azienda è stata
acquistata congiuntamente a titolo oneroso.
13
Si ritiene inoltre che, tanto nell’imposta di registro quanto nelle imposte ipotecaria e catastale,
le disposizioni consentano «l’applicazione della misura fissa dei tributi nei casi in cui la regolarizzazione di società di fatto derivanti da comunioni ereditarie di azienda sia stata “registrata” entro un
anno dall’apertura della successione, con ciò facendo chiaramente emergere l’interesse del legislatore ad attribuire una data certa alla regolarizzazione, non già alla costituzione della società, né al
momento della trascrizione dei beni». In questo senso, in relazione ad una ipotesi in cui la regolarizzazione era stata registra entro un anno e, dopo due anni, le parti avevano depositato la costituzione di società semplice al fine di poter procedere alla trascrizione e voltura degli immobili a favore
della stessa, V. Mastroiacovo, Risposta a quesito n. 740-2014/T “Imposte potecaria e catastale in
(segue)
826
Studi e Materiali - 4/2014
Studi Tributari
In questo senso, il legislatore ha sostanzialmente tipizzato (anche ai fini delle imposte ipotecaria e catastale) la specifica fattispecie giuridica, compiendo
una equiparazione tra regolarizzazione (derivante da comunione ereditaria) avvenuta entro l’anno e conferimento di azienda 14.
Potrebbero, infine, ipotizzarsi ipotesi di regolarizzazioni di società di fatto
non derivanti da situazioni di contitolarità dell’azienda, in cui la enunciazione
non riguarderebbe, allora, conferimenti di azienda (o di rami di azienda), bensì
singoli beni.
In ogni caso, se l’atto di regolarizzazione comporta la enunciazione del conferimento di singoli beni mobili o di denaro, l’imposizione è comunque quella
fissa di registro (ex art. 4, comma 1, lett. a), n. 5, TUR) ma senza alcuna sanzione, dato che il contratto verbale non rientrerebbe tra quelli da assoggettare
ad imposizione in termine fisso ex artt. 3 e 22 TUR.
Mentre non risulta possibile, pena nullità, che la costituzione della società di
fatto sia avvenuta con il conferimento della proprietà (o altro di diritto reale) di
beni immobili, visto il requisito imprescindibile della forma scritta per il trasferimento (art. 1350 c.c.). Il conferimento di tali beni (al di fuori del contesto di una
azienda) 15 può invece intendersi come effettuato a titolo di godimento infranovennale 16 e l’imposizione nel registro sarà fissa ex art. 4, comma 1, lett. a), n. 5,
senza applicazione di sanzioni.
4. SEGUE: LA REGOLARIZZAZIONE DI SOCIETÀ DI FATTO CON AZIENDA
CONTENENTE BENI IMMOBILI
Qualche osservazione ulteriore deve essere svolta in relazione alla ipotesi in
cui nell’azienda siano presenti beni immobili.
La costituzione della società per fatti concludenti (o per contratto verbale) risulta incompatibile con il conferimento della proprietà (e di altri diritti reali) dei beni
immobili presenti nella azienda, pena nullità dello stesso atto di conferimento 17.
misura fissa per la trascrizione e voltura degli immobili a favore di società regolarizzata con scrittura
privata non autenticata a suo tempo registrata, in CNN Notizie del 25 novembre 2014.
14
Come dimostra il fatto che l’importo del tributo dovuto per questa particolare fattispecie è
sempre stato corrispondente alla imposizione prevista per il conferimento di azienda. La ratio della
norma, come si legge nella Circ. Min. n. 37 del 10/6/1986, è quella di «consentire agli eredi, entro
un ragionevole lasso di tempo fissato in un anno di valutare l’opportunità di continuare o meno in
comune l’attività dell’impresa, senza dover corrispondere, dopo avere assolto di regola l’imposta di
successione anche l’imposta di registro per la costituzione della società».
15
Sul conferimento di azienda in società di fatto, contenente immobile, si veda il paragrafo successivo.
16
Si rinvia, sul punto, agli approfondimenti svolti nel paragrafo successivo.
17
P. Spada, La regolarizzazione delle società di fatto, in Giur. comm., I, 1983, 618. L’attuale
orientamento prevalente ritiene che la mancanza di forma scritta per il conferimento della proprietà
dell’immobile in società possa determinare la nullità dell’intero contratto societario solo qualora in
sua mancanza la società non si sarebbe costituita. Sul tema, anche per riferimenti giurisprudenziali
(segue)
Studi e Materiali - 4/2014
827
Regolarizzazione di società di fatto - Studio n. 853-2014/T
In dottrina, si ritiene che il contratto verbale costitutivo della società di fatto
possa essere interpretato quale apporto in godimento infranovennale
dell’immobile 18 (sempre che il conferimento in proprietà non appaia in concreto
indispensabile per lo svolgimento dell’attività sociale), anziché quale conferimento in proprietà 19.
Se è vero che in giurisprudenza sembra prevalere un orientamento scettico rispetto alla possibilità di far leva sul principio della conservazione del negozio per
circoscrivere l’efficacia del patto societario 20, al tempo stesso si afferma la necessità di una indagine, caso per caso, in ordine alla «volontà del socio conferente di
trasferire alla società il semplice godimento ovvero il diritto di proprietà» 21.
In questa prospettiva, assume un ruolo fondamentale lo stesso atto di regolarizzazione perché, avendo un contenuto tipicamente riproduttivo (del contratto
sociale stipulato per fatti concludenti o verbalmente) e quindi accertativo, tale
atto rappresenta la fonte principale per ricostruire la volontà dei soci al momento della nascita della società di fatto.
È, dunque, specifico compito dell’atto di regolarizzazione quello di definire a
quale titolo sia avvenuto il conferimento, da parte dei soci, dell’azienda e degli
immobili in essa contenuti.
A livello operativo, possono configurarsi due principali situazioni:
a) l’atto di regolarizzazione ricostruisce l’originario conferimento di azienda
quale conferimento in proprietà per i beni e diritti per i quali non sono richieste
particolari formalità e quale conferimento in godimento infranovennale per gli
immobili.
In questa ipotesi, se l’atto di regolarizzazione si limita a riprodurre in forma
qualificata l’atto societario senza mutare la titolarità giuridica dei rapporti,
l’imposizione di registro sarà quella che si è già descritta (imposta fissa e sanzione).
Se, invece, l’atto di regolarizzazione prevede il trasferimento della titolarità
dei beni immobili in precedenza conferiti in godimento (che vengono conseguentemente intestati alla società nei pubblici registri, in base all’atto stipulato),
vi è un effetto traslativo 22 derivante dal contenuto negoziale dell’atto stipulato.
Effetto che, anche quando non sia espressamente indicato, potrebbe ricavarsi da clausole come quelle che prevedono la variazione nell’intestazione
e bibliografici, G. Vidiri, Contratto (verbale) costitutivo di società di fatto e conferimenti immobiliari,
in Giust. civ., 2002, 1331 ss.
18
O del bene mobile registrato.
19
F. Galgano, Comunione d’impresa, società di fatto e conferimento immobiliare, in Contr.impr.,
1988, 694 ss.; Campobasso, op. cit., 59; Graziani, Diritto delle società, Napoli, 1962, 80 ss.; Angelici, La società nulla, Milano, 1975, 422; Spada, op. cit., 609 ss.
20
Si veda la giurisprudenza citata da G. Vidiri, op. cit.
21
V. Vacirca, op. cit.
22
Lo stesso deve ritenersi con riferimento alla costituzione di diritti reali di godimento.
828
Studi e Materiali - 4/2014
Studi Tributari
presso i pubblici registri dei beni immobili inizialmente conferiti (in godimento)
insieme all’azienda 23.
In queste ipotesi, trattandosi di conferimento in società della proprietà di singoli beni immobili, realizzato al momento e per effetto dell’atto di regolarizzazione, vi sarà l’applicazione dell’imposta di registro in misura proporzionale, secondo le aliquote di cui all’art. 1, Tariffa, TUR 24.
Conseguenza impositiva che invece si evita in ogni caso qualora si tratti di
regolarizzazione di società di fatto derivante da comunione ereditaria di azienda, effettuata entro l’anno dall’apertura della successione, considerato lo specifico regime impositivo previsto dall’art. 4, nota II, lett. e), Tariffa TUR, su cui ci
siamo già soffermati.
b) l’atto di regolarizzazione ricostruisce l’originario conferimento di azienda
quale conferimento in godimento infranovennale della stessa azienda (non solo
dei singoli beni immobili) 25.
In questa ipotesi, se l’atto di regolarizzazione si limita a riprodurre in forma qualificata l’atto societario senza mutare la titolarità giuridica dei rapporti, l’imposizione
di registro sarà quella che si è già descritta (imposta fissa e sanzione).
Se l’atto di regolarizzazione prevede il trasferimento alla società della proprietà (o diritto reale di godimento) della azienda, vi sarà senza dubbio un effetto traslativo ulteriore rispetto a quello ricognitivo e riconducibile all’atto stipulato,
qualificabile in termini di conferimento di azienda.
L’ipotesi è diversa da quella esaminata in precedenza perché, in questo caso,
l’effetto traslativo non riguarda solo la proprietà dei beni immobili ma dell’intera
azienda; risulta dunque necessario che l’atto di regolarizzazione sia redatto nel
modo più chiaro possibile, sia per quanto attiene la rappresentazione del conferimento originario sia con riferimento all’innovativo contenuto negoziale.
L’effetto traslativo dell’atto di regolarizzazione ricostruibile in termini di conferimento (della proprietà o diritto reale di godimento) dell’azienda, determina
l’applicazione la sola imposta di registro in misura fissa, essendosi realizzata la
fattispecie di cui all’art. 4, lett. a), n. 3, Tariffa, TUR.
Rispetto alle due ipotesi descritte, possono ipotizzarsi diverse variabili, con
conseguenze fiscali che sono in ogni caso determinabili considerando l’atto di
23
Si veda, per diverse tipologie di clausole dell’atto di regolarizzazione, C. Caccavale - F. Tassinari,
La regolarizzazione delle società irregolari di fatto nella legge n. 662/1996, in Notariato, 1997, 269 ss.
24
Naturalmente, qualora si tratti di beni immobili acquistati dalla società di fatto (e non, invece,
conferiti in godimenti dai soci al momento della costituzione) non si determinerà alcun effetto traslativo al momento della regolarizzazione della società, visto che i beni già erano nella sfera giuridica
del soggetto societario, con conseguente irrilevanza ai fini impositivi. Sulla piena validità, anche ai
fini fiscali, degli acquisti di beni (mobili ed immobili) effettuati dalla società di fatto e sul profilo della
possibile trascrizione nei pubblici registri, si rinvia a A. Fedele, op. cit., 101 ss.; C. Caccavale - F.
Tassinari, op. cit., 275. Per quanto attiene i profili nelle imposte sui redditi e nell’Iva, L. Massuoccolo, I beni delle società di fatto, in Riv. giur. trib., 2001, 1411 ss.
25
Soluzione pienamente legittima ed a cui giunge, “interpretando” un contratto verbale di società, la Corte di Cassazione nella sentenza n. 3028/2009.
Studi e Materiali - 4/2014
829
Regolarizzazione di società di fatto - Studio n. 853-2014/T
regolarizzazione sia nella portata “ricognitiva” dell’originario patto sociale sia per
quanto attiene l’eventuale contenuto traslativo/costitutivo.
Un’ultima considerazione deve essere svolta con riferimento alla ipotesi in
cui l’atto di regolarizzazione comporti la trasformazione della società.
È noto come la trasformazione sia tassata con la sola imposizione fissa nel
tributo di registro (art. 1, lett. c), Tariffa, TUR), sul presupposto che l’atto stipulato si configuri quale mera modifica statutaria.
Se, invece, l’atto prevede, contestualmente alla trasformazione, il conferimento della proprietà (o altro diritto reale) di singoli beni immobili (originariamente conferiti solo in godimento), l’innovativo effetto traslativo non potrà non
determinare una imposizione anche proporzionale, analogamente a quanto descritto in precedenza 26.
5. LA REGOLARIZZAZIONE DELLE SOCIETÀ DI FATTO NELLE IMPOSTE
IPOTECARIA E CATASTALE
Nel testo unico delle imposte ipotecaria e catastale (D.Lgs. 31 ottobre 1990
n. 347), l’art. 4 della tariffa, prevede che l'imposta ipotecaria è dovuta in misura
fissa per le trascrizioni di «atti di regolarizzazione di società di fatto derivanti da
comunione ereditaria di azienda registrati entro un anno dall'apertura della successione», ma la relativa nota aggiunge che «se gli atti di regolarizzazione di
cui contro sono registrati dopo un anno dall'apertura della successione si applica l'imposta proporzionale indicata dall'articolo 1» 27.
Inoltre, l'art. 10, comma 2 D.Lgs. 347/1990 dispone l’applicazione dell’imposta
catastale in misura fissa per le volture «eseguite in dipendenza di atti di regolarizzazione di società di fatto, derivanti da comunione ereditaria di azienda registrati entro un anno dall'apertura della successione».
La fattispecie della regolarizzazione di società di fatto derivante da comunione
ereditaria di azienda realizzata entro l’anno dall’apertura della successione è tipizzata anche in tale contesto normativo, con la previsione dell’imposizione solo
fissa, analogamente a quanto previsto nel tributo di registro.
Occorre svolgere alcune osservazioni e distinzioni, in base al possibile contenuto dell’atto di regolarizzazione.
Se la costituzione di una società di fatto non può determinare il conferimento
della proprietà di beni immobili alla società, ciò significa che simile effetto traslativo (o la costituzione di diritti reali di godimento), a cui sono riconducibili le for26
Nei registri immobiliari, in tali ipotesi, si ritiene che la trascrizione avvenga contro le persone
fisiche e direttamente a favore della società risultante dalla trasformazione: N.A. Cimmino, La trascrizione immobiliare, Milano, 2012, 209.
27
Per determinare la misura ordinaria di applicazione delle imposte ipotecaria e catastale, occorre considerare le innovazioni recate dall’art. 10, D.Lgs. n. 23/2011 a decorrere dal 1° gennaio
2014.
830
Studi e Materiali - 4/2014
Studi Tributari
malità della trascrizione e della voltura a favore della società, può essere realizzato dallo stesso atto di regolarizzazione.
Viceversa, qualora dall’atto di regolarizzazione non derivino effetti traslativi/costituitivi relativi ai beni immobili precedentemente conferiti in godimento, vi
sarà totale irrilevanza ai fini dei tributi in esame 28.
Al tempo stesso, la portata riproduttiva ed enunciativa dell’atto di regolarizzazione è in grado di acquistare una notevole importanza, perché è sulla base di questo
che è possibile ricostruire il contenuto dell’originario accordo sociale e, conseguentemente, qualificare la fattispecie impositiva successivamente realizzatasi.
Così come fatto in precedenza, sembra importante distinguere due ipotesi
principali.
a) l’atto di regolarizzazione ricostruisce l’originario conferimento di azienda quale conferimento in proprietà per i beni e diritti per i quali non sono richieste particolari formalità e quale conferimento in godimento infranovennale per gli immobili.
Se l’atto di regolarizzazione determina il trasferimento di beni immobili in precedenza conferiti in godimento (che vengono conseguentemente intestati alla società nei pubblici registri, in base all’atto stipulato), verrà realizzato il presupposto
impositivo per l’applicazione dei tributi in esame nella misura ordinaria 29.
Conseguenza che può evitarsi solo in caso di regolarizzazione di società di
fatto derivante da comunione ereditaria di azienda, se effettuata entro l’anno
dall’apertura della successione.
b) l’atto di regolarizzazione ricostruisce l’originario conferimento di azienda
quale conferimento in godimento infranovennale della stessa azienda.
Se l’atto di regolarizzazione determina il trasferimento della proprietà della
azienda (contenente immobili), tale effetto traslativo, ulteriore rispetto a quello
ricognitivo, deve però essere ricostruito, anche ai fini delle imposte ipotecaria e
catastale, quale conferimento (della proprietà) dell’azienda.
In quanto tale, l’imposizione in detti tributi (oltre che, lo si è visto in precedenza, nell’imposta di registro) non può che essere fissa, ai sensi dell’art. 10,
commi 2 e 4, Tariffa, D.Lgs. n. 347/1990 30.
28
Ad uguale conclusione deve giungersi qualora la società di fatto abbia acquistato beni immobili
che nell’atto di regolarizzazione sono specificati come già nella proprietà della società medesima.
29
Alla stessa conseguenza si deve giungere qualora al momento della costituzione della società non vi sia stato conferimento di azienda ma di singoli beni immobili che, inizialmente conferiti in
godimento, sono poi trasferiti nella proprietà della società al momento della regolarizzazione.
30
Nel senso della alternativa tra i due differenti regimi impositivi, derivanti dalla diversa configurazione della fattispecie negoziale, deve essere a nostro avviso letta la Ris. Min. n. 341/E/2007. Sul punto, anche A. Lomonaco, Imposte ipotecaria e catastale applicabili in caso di regolarizzazione di società
di fatto con conferimento di azienda comprendente beni immobili, in Studi e materiali, 2011, 317 ss.; V.
Mastroiacovo, Non è soggetto ad imposizione il passaggio generazionale dell’azienda, in Corr. trib.,
2008, 330; Petrelli, Regime fiscale dei conferimenti in società ed enti, in Studi e materiali, 2003, 630 ss.
Studi e Materiali - 4/2014
831
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05/11/14 16:09
SEGNALAZIONI
I libretti di impianto ed i controlli di efficienza
energetica
Segnalazione novità normative
Giovanni Rizzi
Approvato dall’Area Scientifica - Studi Pubblicistici il 1° ottobre 2014
Con Decreto Ministero Sviluppo Economico 20 giugno 2014, pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale n. 153 del 4 luglio 2014, è stato prorogato al 15 ottobre 2014
il termine per adeguare i modelli di libretto ed i rapporti di efficienza energetica
degli impianti termici e di climatizzazione (il termine era stato inizialmente fissato al 1° giugno 2014).
L’intera disciplina in tema di controllo dell’efficienza energetica degli impianti
e in tema di libretti degli impianti ha grande rilevanza anche per l’attività notarile, in quanto il rispetto delle prescrizioni discendenti da detta disciplina incide
sulla validità degli attestati di certificazione e/o di prestazione energetica da allegare agli atti traslativi a titolo oneroso.
La validità massima dell’attestato di certificazione e/o prestazione energetica
di un edificio, fissata dalla legge in 10 anni, è, infatti, subordinata al rispetto delle prescrizioni per le operazioni di controllo di efficienza energetica dei sistemi
tecnici dell’edificio, in particolare per gli impianti termici, comprese le eventuali
necessità di adeguamento, previste dalle normative vigenti. Nel caso di mancato rispetto delle predette disposizioni, l’attestato energetico decade il 31 dicembre dell’anno successivo a quello in cui è prevista la prima scadenza non rispettata per le predette operazioni di controllo di efficienza energetica; al fine di
consentire il controllo, circa la sussistenza di detta condizione, cui è subordinata
la validità dell’attestato di prestazione energetica, la normativa vigente prescrive
che i libretti di impianto debbano essere allegati, in originale o in copia,
all’attestato di certificazione prestazione energetica (così dispone l’art. 6 del
D.M. 26 giugno 2009 di approvazione delle Linee guida Nazionali, per quanto
riguarda l’attestato di certificazione energetica e l’art. 6, comma 5, D.Lgs.
192/2005, nel testo in vigore dal 6 giugno 2013, per quanto riguarda l’attestato
di prestazione energetica).
Appare, pertanto, opportuno, in vista della scadenza del 15 ottobre prossimo, fare il punto della disciplina in tema di controllo dell’efficienza energetica
degli impianti e in tema di libretto di impianto, disciplina dettata, oltre che dai
decreti ministeriali sopra citati, dal D.P.R. 16 aprile 2013, n. 74, pubblicato in
Gazzetta Ufficiale n. 149 del 27 giugno 2013.
Studi e Materiali - 4/2014
835
Libretti di impianto e controlli di efficienza energetica
Al riguardo necessitano due precisazioni:
i) in primo luogo va confermata l’opinione che il Notaio non sia tenuto a fare
alcun accertamento sulla sussistenza delle condizioni alle quali è subordinata la
validità di un attestato energetico, dovendo, invece, limitarsi a controllare la data di rilascio ed il rispetto del termine decennale di validità. Tale accertamento,
infatti, richiede competenze e conoscenze tecniche (circa la tipologia di controlli
sull’efficienza energetica da effettuare con riguardo ai diversi impianti e circa le
relative scadenze) che il Notaio non possiede. Spetterà al proprietario (alienante o locatore) dichiarare e garantire in atto che non si è verificata nessuna delle
condizioni incidenti sulla validità dell’attestato energetico prodotto, in relazione a
quanto prescritto dall’art. 6, comma 5, D.Lgs. 192/2005. Sul piano operativo si
consiglia di inserire in atto apposita dichiarazione in tal senso dell’alienante e/o
del locatore (una sorta di “dichiarazione di vigenza” simile a quella prevista dalla
legge per il caso di allegazione del certificato di destinazione urbanistica) 1;
ii) in secondo luogo va precisato che l’art. 10 del suddetto D.P.R. 16 aprile
2013, n. 74 limita l’applicazione delle disposizioni in esso contenute ai territori
per i quali le Regioni o le Province autonome non abbiano ancora adottato propri provvedimenti in materia di certificazione energetica, in conformità alle direttive comunitarie. La stessa norma, peraltro, stabilisce che al fine di garantire
un’applicazione omogenea sull’intero territorio nazionale dei principi fondamentali in materia di efficienza energetica, Regioni e Province autonome debbono
assicurare la coerenza dei loro provvedimenti con i contenuti del decreto in
questione.
1. CHI È IL RESPONSABILE DELLA MANUTENZIONE E DEL CONTROLLO DI
EFFICIENZA DELL’IMPIANTO?
L’esercizio, la conduzione, il controllo, la manutenzione dell’impianto termico
e il rispetto delle disposizioni di legge in materia di efficienza energetica sono
affidati al responsabile dell’impianto; sono responsabili dell’impianto, tenuti a
mantenere in esercizio gli impianti ed a provvedere affinché siano eseguite le
operazioni di controllo e manutenzione previste dalla normativa vigente, il proprietario dell’edificio (nel quale sono installati gli impianti), il conduttore, nel caso
di locazione o l’amministratore di condominio, in caso di codominio, i quali, peraltro, possono delegare dette funzioni ad un terzo. La delega al terzo responsabile non è consentita nel caso di singole unità immobiliari residenziali in cui il
generatore o i generatori non siano installati in locale tecnico esclusivamente
1
In questo senso La disciplina nazionale della certificazione energetica. Guida operativa 2014,
aggiornamento allo studio civilistico n. 657-2013/C, (Estensore G. Rizzi), approvato dall’Area scientifica - Studi pubblicistici il 15 maggio 2014 e dal CNN nella seduta del 19/20 giugno 2014 (pubblicato nel CNN Notizie n. 123 del 30 giugno 2014).
836
Studi e Materiali - 4/2014
Segnalazioni novità normative - Studi Pubblicistici
dedicato. In tutti i casi in cui nello stesso locale tecnico siano presenti generatori
di calore oppure macchine frigorifere al servizio di più impianti termici, può essere delegato un unico terzo responsabile. In caso di impianti non conformi alle
disposizioni di legge, la delega non può essere rilasciata, salvo che nell’atto di
delega sia espressamente conferito l’incarico di procedere alla loro messa a
norma. Il delegante deve porre in essere ogni atto, fatto o comportamento necessario affinché il terzo responsabile possa adempiere agli obblighi previsti
dalla normativa vigente e garantire la copertura finanziaria per l’esecuzione dei
necessari interventi nei tempi concordati (art. 6, comma 1 e comma 2, D.P.R.
16 aprile 2013, n. 74).
Il responsabile o, ove delegato, il terzo responsabile rispondono del mancato
rispetto delle norme relative all’impianto termico, in particolare in materia di sicurezza e di tutela dell’ambiente. L’atto di assunzione di responsabilità da parte
del terzo, anche come destinatario delle sanzioni amministrative deve essere
redatto in forma scritta contestualmente all’atto di delega (art. 6, comma 3,
D.P.R. 16 aprile 2013, n. 74).
È prevista un’apposita scheda (la n. 3) del libretto dell’impianto per la nomina del terzo responsabile dell’impianto.
Presso ogni impianto termico al servizio di più unità immobiliari residenziali e
assimilate, il proprietario o l’amministratore espongono una tabella contenente,
fra le altre indicazioni, anche le generalità ed il recapito del responsabile
dell’impianto termico (art. 4, comma 7, D.P.R. 16 aprile 2013, n. 74).
2. DA CHI DEBBONO ESSERE EFFETTUATE LE OPERAZIONI DI CONTROLLO
E DI MANUTENZIONE DEGLI IMPIANTI?
Le operazioni di controllo e di manutenzione degli impianti devono essere
eseguite da ditte abilitate ai sensi del decreto del Ministro dello sviluppo economico 22 gennaio 2008, n. 37 (art. 7, comma 1, D.P.R. 16 aprile 2013, n. 74).
3. CON QUALI MODALITÀ E PERIODICITÀ DEBBONO ESSERE EFFETTUATE
LE OPERAZIONI DI CONTROLLO E DI MANUTENZIONE DEGLI IMPIANTI?
Le operazioni di controllo e di manutenzione degli impianti devono essere
eseguite in conformità alle prescrizioni e con la periodicità contenute nelle istruzioni tecniche per l’uso e la manutenzione rese disponibili dall’impresa installatrice dell’impianto ai sensi della normativa vigente, ovvero in caso di mancanza
o indisponibilità di tali istruzioni, conformemente alle prescrizioni e con la periodicità contenute nelle istruzioni tecniche relative allo specifico modello elaborate
dal fabbricante ai sensi della normativa vigente (art. 7, comma 1, D.P.R. 16
aprile 2013, n. 74).
Studi e Materiali - 4/2014
837
Libretti di impianto e controlli di efficienza energetica
Qualora l’impresa installatrice non abbia fornito proprie istruzioni specifiche,
o queste non siano più disponibili, le operazioni di controllo ed eventuale manutenzione degli apparecchi e dei dispositivi facenti parte dell’impianto termico
devono essere eseguite conformemente alle prescrizioni e con la periodicità
contenute nelle istruzioni tecniche relative allo specifico modello elaborate dal
fabbricante ai sensi della normativa vigente (art. 7, comma 2, D.P.R. 16 aprile
2013, n. 74).
Le operazioni di controllo ed eventuale manutenzione delle restanti parti
dell’impianto termico e degli apparecchi e dispositivi per i quali non siano disponibili né reperibili le istruzioni del fabbricante, devono essere eseguite secondo
le prescrizioni e con la periodicità prevista dalle normative UNI e CEI per lo
specifico elemento o tipo di apparecchio o dispositivo (art. 7, comma 3, D.P.R.
16 aprile 2013, n. 74).
4. COME POSSONO GLI UTENTI (RESPONSABILI DEGLI IMPIANTI)
CONOSCERE LE MODALITÀ E LA PERIODICITÀ IN BASE AI QUALI DEBBONO
ESSERE EFFETTUATE LE OPERAZIONI DI CONTROLLO E DI MANUTENZIONE
DEGLI IMPIANTI?
È compito degli installatori e dei manutentori degli impianti termici, abilitati ai
sensi del decreto del Ministro dello Sviluppo Economico 22 gennaio 2008, n.
37, definire e dichiarare esplicitamente al committente o all’utente, in forma
scritta e facendo riferimento alla documentazione tecnica del progettista
dell’impianto o del fabbricante degli apparecchi:
a) quali siano le operazioni di controllo e manutenzione di cui necessita
l’impianto da loro installato o manutenuto, per garantire la sicurezza delle persone e delle cose;
b) con quale frequenza dette operazioni vadano effettuate.
(art. 7, comma 4, D.P.R. 16 aprile 2013, n. 74).
5. CHE COSA È IL LIBRETTO DI IMPIANTO?
Il libretto di impianto è una vera propria "carta di identità" dell’impianto termico per la climatizzazione e la produzione di acqua calda sanitaria, e ne traccia
la storia dal momento della sua installazione ed accensione, passando per le
varie manutenzioni e sostituzioni di componenti, per arrivare sino alla dismissione e demolizione. È costituito da più schede (numerate) da usare e assemblare in funzione delle componenti dell’impianto.
Al responsabile dell’impianto è data facoltà di selezionare e fare compilare e
aggiornare le sole schede del libretto pertinenti alla tipologia dell’impianto termico al quale il libretto stesso si riferisce (art. 3, comma 5, D.M. 10 febbraio 2014).
838
Studi e Materiali - 4/2014
Segnalazioni novità normative - Studi Pubblicistici
Nel caso di integrazioni dell’impianto con componenti o apparecchi aggiuntivi, il
libretto è aggiornato mediante compilazione delle sole schede pertinenti agli interventi eseguiti. Nel caso di dismissione dell’impianto senza sostituzione di
componenti o apparecchi, le relative schede sono conservate dal responsabile
dell’impianto per almeno 5 anni dalla data di dismissione (art. 3, comma 6, D.M.
10 febbraio 2014).
Nel libretto oltre ai dati identificativi dell’impianto (ubicazione, destinazione,
tipologia dei generatori, responsabile dell’impianto, ecc.) vanno riportare le caratteristiche delle singole componenti dell’impianto (modello, data di installazione, data di sostituzione, potenza, ecc.).
Vanno inoltre riportati:
- i risultati della prima verifica effettuata dall’installatore e delle verifiche periodiche successive effettuate dal manutentore (con riguardo alle singole componenti dell’impianto);
- gli interventi di controllo dell’efficienza energetica (indicando la data del
controllo, l’identificativo del manutentore e se sono state formulate raccomandazioni e/o prescrizioni; copia del rapporto di controllo dell’efficienza energetica
deve essere allegata al libretto);
- i risultati delle ispezioni periodiche effettuate a cura dell’ente competente (il
tecnico incaricato dall’ente competente deve rilasciare al responsabile
dell’impianto un Rapporto di prova che deve essere conservato in allegato al libretto);
- i consumi registrati nei vari esercizi (con riguardo alle singole componenti
dell’impianto).
I modelli dei Libretti di impianto sono stati approvati con decreto del Ministro
dello sviluppo economico 10 febbraio 2014, pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 55
del 7 marzo 2014 (con successivo D.M. Decreto Ministero Sviluppo Economico 20
giugno 2014, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 153 del 4 luglio 2014, è stato
prorogato al 15 ottobre 2014 il termine, per adeguare i modelli di libretto, già fissato dal suddetto D.M. 10 febbraio 2014 nel 1° giugno 2014). Detti modelli sono scaricabili a cura degli interessati dal sito internet del Ministero Sviluppo Economico.
È prevista la facoltà per le Regioni e le Province autonome di apportare integrazioni ai modelli di libretto di impianto approvati col suddetto D.M. 10 febbraio
2014 (art. 7, comma 6, D.P.R. 16 aprile 2013, n. 74). In questo caso le eventuali
integrazioni del libretto, apportate dalle Regioni o dalle Province autonome sono
predisposte sotto forma di scheda aggiuntiva con numerazione coerente con quella della sezione del libretto cui afferiscono (art. 3, comma 3, D.M. 10 febbraio
2014).
Il libretto può essere reso disponibile anche in formato PDF, o elettronico, editabile ai fini della sua compilazione e aggiornamento in forma elettronica. In questo
caso, copia conforme del file, stampata su carta, deve essere resa disponibile in
sede di ispezione da parte dell’autorità competente (art. 3, comma 7, D.M. 10 febbraio 2014).
Studi e Materiali - 4/2014
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Libretti di impianto e controlli di efficienza energetica
6. QUALI IMPIANTI DEBBONO ESSERE MUNITI DEL LIBRETTO DI IMPIANTO?
L’art. 7, comma 5, D.P.R. 16 aprile 2013, n. 74 dispone che «gli impianti
termici per la climatizzazione o produzione di acqua calda sanitaria devono essere muniti di un libretto di impianto per la climatizzazione».
Il libretto di impianto è, pertanto, prescritto per tutti gli impianti termici per la
climatizzazione sia invernale (impianti di riscaldamento) che estiva (impianti di
raffrescamento) nonché per gli impianti di produzione di acqua calda sanitaria
(esclusi quelli dedicati esclusivamente alla produzione di acqua calda sanitaria
a servizio di singole unità immobiliari ad uso residenziale ed assimilate, che
l’art. 2, comma 1, lett. l-tricies), D.Lgs. 19 agosto 2005, n. 192 esclude dal novero degli “impianti termici”).
A sua volta l’art. 2, comma 1, lett. l-tricies), D.Lgs. 19 agosto 2005, n. 192
definisce “impianto termico” l’impianto tecnologico destinato ai servizi di climatizzazione invernale o estiva degli ambienti, con o senza produzione di acqua
calda sanitaria, indipendentemente dal vettore energetico utilizzato, comprendente eventuali sistemi di produzione, distribuzione e utilizzazione del calore
nonché gli organi di regolarizzazione e controllo. Sono compresi negli impianti
termici gli impianti individuali di riscaldamento. Non sono considerati impianti
termici apparecchi quali: stufe, caminetti, apparecchi di riscaldamento localizzato ad energia radiante; tali apparecchi, se fissi, sono tuttavia assimilati agli impianti termici quando la somma delle potenze nominali del focolare degli apparecchi al servizio della singola unità immobiliare è maggiore o uguale a 5 kW.
7. DA QUANDO GLI IMPIANTI TERMICI PER LA CLIMATIZZAZIONE O
PRODUZIONE DI ACQUA CALDA SANITARIA DEVONO ESSERE MUNITI DEL
LIBRETTO DI IMPIANTO, REDATTO IN CONFORMITÀ AL MODELLO
APPROVATO COL SUCCITATO D.M. 10 FEBBRAIO 2014?
Il termine a partire dal quale gli impianti termici per la climatizzazione o produzione di acqua calda sanitaria devono essere muniti del libretto di impianto,
redatto in conformità al modello approvato col succitato D.M. 10 febbraio 2014,
è quello del 15 ottobre 2014 (per effetto della proroga portata dal D.M. 20 giugno 2014).
Per gli impianti esistenti alla data del 15 ottobre 2014 (data non prorogata
espressamente dal D.M. 20 giugno 2014 ma strettamente collegata all’entrata
in vigore della nuova disciplina), i “libretti di centrale” ed i “libretti di impianto”,
già compilati e conformi rispettivamente ai modelli riportati negli allegati I e II del
D.M. 17 marzo 2003, devono essere allegati al libretto (art. 3, comma 8, D.M.
10 febbraio 2014).
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Studi e Materiali - 4/2014
Segnalazioni novità normative - Studi Pubblicistici
8. IN CASO DI TRASFERIMENTO DI EDIFICIO DOTATO DI IMPIANTI TERMICI
PER LA CLIMATIZZAZIONE O PRODUZIONE DI ACQUA CALDA SANITARIA VI È
A CARICO DELL’ALIENANTE UN OBBLIGO DI CONSEGNA AL CESSIONARIO
DEL LIBRETTO DI IMPIANTO?
SI. L’art. 7, comma 5, D.P.R. 16 aprile 2013, n. 74 dispone, espressamente,
che in caso di trasferimento a qualsiasi titolo dell’immobile o dell’unità immobiliare i libretti di impianto devono essere consegnati all’avente causa, debitamente aggiornati, con gli eventuali allegati.
Può essere opportuno inserire in atto (a partire dal 15 ottobre 2014) apposita
clausola con la quale dare atto dell’avvenuta consegna dall’alienante al proprio
avente causa del libretto di impianto con i relativi allegati (ad. es. gli eventuali
rapporti di controllo di efficienza energetica se obbligatori in relazione alla potenza degli impianti di dotazione dell’edificio trasferito).
9. CHE COSA È IL RAPPORTO DI CONTROLLO DI EFFICIENZA
ENERGETICA?
Si tratta del rapporto che attesta i risultati del controllo di efficienza energetica. Deve essere redatto dall’operatore che effettua il controllo al termine delle
relative operazioni.
Il rapporto va redatto in conformità agli appositi modelli approvati con decreto del Ministro dello sviluppo economico 10 febbraio 2014, pubblicato in Gazzetta Ufficiale 7 marzo 2014 n. 55 (con successivo D.M. Decreto Ministero Sviluppo Economico 20 giugno 2014, pubblicato nella G.U. n. 153 del 4 luglio 2014, è
stato prorogato al 15 ottobre 2014 il termine di entrata in vigore della disciplina
relativa al rapporto di controllo di efficienza energetica già fissato dal D.M. 10
febbraio 2014 nel 1° giugno 2014). In particolare sono previsti quattro diversi
modelli a seconda del tipo di impianto:
- rapporto di controllo di efficienza energetica TIPO 1 (gruppi termici);
- rapporto di controllo di efficienza energetica TIPO 2 (gruppi frigo);
- rapporto di controllo di efficienza energetica TIPO 3 (scambiatori);
- rapporto di controllo di efficienza energetica TIPO 4 (cogeneratori).
Una copia del Rapporto è rilasciata al responsabile dell’impianto, che lo
conserva e lo allega al libretto di impianto; altra copia è trasmessa a cura del
manutentore o terzo responsabile all’indirizzo indicato dalla Regione o Provincia
autonoma competente per territorio, con la cadenza indicata, con riguardo alle
diverse tipologie di impianto, nell’Allegato A al D.P.R. 16 aprile 2013 n. 74.
I predetti rapporti di efficienza energetica prevedono una sezione, sotto forma di check-list, in cui riportare i possibili interventi atti a migliorare il rendimento energetico dell’impianto in modo economicamente conveniente.
Studi e Materiali - 4/2014
841
Libretti di impianto e controlli di efficienza energetica
10. PER QUALI IMPIANTI SONO PREVISTI L’OBBLIGO DI EFFETTUARE IL
CONTROLLO DI EFFICIENZA ENERGETICA E L’OBBLIGO DI REDIGERE IL
RELATIVO RAPPORTO?
Mentre l’obbligo di dotazione del libretto di impianto è prescritto per tutti gli
impianti termici per la climatizzazione sia invernale che estiva nonché per gli
impianti di produzione di acqua calda sanitaria, l’obbligo di effettuare il controllo
di efficienza energetica e di redigere il relativo rapporto riguarda solo:
- gli impianti termici di climatizzazione invernale di potenza termica utile nominale maggiore di 10 kW;
- gli impianti di climatizzazione estiva di potenza termica utile nominale
maggiore di 12 kW.
(art. 8, comma 1, D.P.R. 16 aprile 2013, n. 74).
Pertanto per stabilire se un impianto è soggetto all’obbligo di effettuare il
controllo di efficienza energetica e di redigere il relativo rapporto bisogna aver
riguardo alla sua potenza nominale (l’obbligo di dotazione del libretto di impianto prescinde, invece, dalla potenza nominale dell’impianto).
Sono esclusi anche gli impianti termici alimentati esclusivamente con fonti
rinnovabili di cui al D.Lgs. 3 marzo 2011, n. 28, fermo restando l’obbligo di
compilazione del libretto di impianto (art. 2, comma 1, D.M. 10 febbraio 2014).
11. IN COSA CONSISTE IL CONTROLLO DI EFFICIENZA ENERGETICA?
Il controllo di efficienza energetica riguarda:
a) il sottosistema di generazione;
b) la verifica della presenza e della funzionalità dei sistemi di regolazione
della temperatura centrale e locale nei locali climatizzati;
c) la verifica della presenza e della funzionalità dei sistemi di trattamento
dell’acqua, dove previsti.
(art. 8, comma 1, D.P.R. 16 aprile 2013, n. 74).
12. QUANDO SI DEVE PROCEDERE AL CONTROLLO DI EFFICIENZA
ENERGETICA?
I controlli di efficienza energetica devono essere realizzati in occasione degli
interventi di controllo ed eventuale manutenzione di cui al precedente punto 3
(art. 8, comma 1, D.P.R. 16 aprile 2013, n. 74).
I controlli di efficienza energetica debbono, inoltre, essere realizzati:
a) all’atto della prima messa in esercizio dell’impianto, a cura
dell’installatore;
842
Studi e Materiali - 4/2014
Segnalazioni novità normative - Studi Pubblicistici
b) nel caso di sostituzione degli apparecchi del sottosistema di generazione,
come per esempio il generatore di calore;
c) nel caso di interventi che non rientrino tra quelli periodici, ma tali da poter
modificare l’efficienza energetica.
(art. 8, comma 3, D.P.R. 16 aprile 2013, n. 74).
13. QUALI SANZIONI SONO PREVISTE PER IL CASO DI VIOLAZIONE DELLA
DISCIPLINA IN TEMA DI LIBRETTO DI IMPIANTO E DI CONTROLLO DI
EFFICIENZA ENERGETICA?
In caso di violazione della disciplina in tema di libretto di impianto e di controllo di efficienza energetica si applicano le sanzioni previste dall’articolo 15,
comma 5, del D.Lgs. 19 agosto 2005, n. 182, a carico di proprietario, conduttore, amministratore di condominio e terzo responsabile, e comma 6, a carico
dell’operatore incaricato del controllo e manutenzione (art. 11, D.P.R. 16 aprile
2013, n. 74).
Pertanto:
- per le violazioni poste in essere dal proprietario, conduttore, amministratore
di condominio e terzo responsabile si applica la sanzione pecuniaria da
€ 500,00 ad € 3.000,00;
- per le violazioni poste in essere dall’operatore incaricato del controllo e
manutenzione si applica la sanzione pecuniaria da € 1.000,00 ad € 6.000,00.
Studi e Materiali - 4/2014
843
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25/07/14 12:14
D.L. 47/2014 e modifiche alla disciplina degli
immobili da costruire
Segnalazione novità normative
Giovanni Rizzi
Approvato dall’Area Scientifica - Studi Pubblicistici il 1° ottobre 2014
Sommario: 1. La nullità della clausola di rinuncia. - 2. La fideiussione. - 3. La assicurazione indennitaria decennale. - 4. Il contenuto del contratto preliminare. - 5. Le altre modifiche contenute nel D.L. 28 marzo 2014, n. 47.
1. LA NULLITÀ DELLA CLAUSOLA DI RINUNCIA
Il D.Lgs. 20 giugno 2005, n. 122, di attuazione alla Legge 2 agosto 2004, n.
210 recante delega al governo per la tutela dei diritti patrimoniali degli acquirenti
di immobili da costruire, ha introdotto nel nostro ordinamento un “pacchetto” articolato di tutele a favore dell’acquirente di immobile da costruire. Tale pacchetto comprende:
i) l’obbligo posto a carico del costruttore di consegnare all’acquirente una fideiussione a garanzia di tutte le somme o comunque dei corrispettivi incassati
dal costruttore stesso sino al trasferimento della proprietà o di altro diritto reale
di godimento (artt. 2 e 3);
ii) l’obbligo posto a carico del costruttore di consegnare all’acquirente una
polizza assicurativa indennitaria di durata decennale a garanzia dell’obbligo posto a carico dello stesso di risarcire gli eventuali danni materiali e diretti
dell’immobile derivanti da rovina totale o parziale o da gravi difetti costruttivi
(art. 4);
iii) l’obbligo di conformare il contratto preliminare, nonché qualsiasi altro contratto comunque diretto al successivo trasferimento della proprietà o di diverso
diritto reale di godimento, ad un contenuto “minimo” fissato dal legislatore (con
previsione di specifiche allegazioni) (art. 6);
iv) l’ampliamento dei soggetti legittimati a richiedere la suddivisione del mutuo fondiario in quote ed il corrispondente frazionamento della garanzia ipotecaria e la previsione, nel caso di inerzia della Banca, di un procedimento sostitutivo con l’intervento del Notaio (art. 7);
v) l’impedimento posto a carico del Notaio di procedere alla stipula di atti di
compravendita, se prima o contestualmente alla stipula, non si sia proceduto al-
Studi e Materiali - 4/2014
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D.L. 47/2014 e modifiche alla disciplina degli immobili da costruire
la suddivisione del finanziamento in quote o al perfezionamento di un titolo per
la cancellazione o frazionamento dell’ipoteca o del pignoramento (art. 8);
vi) il diritto di prelazione a favore dell’acquirente, privato dell’immobile dallo
stesso già adibito ad abitazione principale per sé o per parente di primo grado,
nel caso di vendita all’incanto dell’immobile stesso nell’ambito di procedura
esecutiva (art. 9);
vii) l’esclusione dalla revocatoria fallimentare per immobili che l’acquirente
(per sé ovvero per suoi parenti ed affini entro il terzo grado) si sia impegnato ad
abitare, se trasferiti a “giusto prezzo” (art. 10);
viii) la possibilità per l’acquirente di escutere la garanzia fideiussoria prima
che il curatore comunichi la scelta tra l’esecuzione o lo scioglimento del contratto (art. 11).
Scopo della normativa in commento, è quello di tutelare il “contraente debole”, rimediando alle inevitabili “asimmetrie contrattuali” che si registrano quando
diversi sono i “rapporti di forza” tra le parti contrattuali, asimmetrie per compensare le quali, pertanto, il legislatore è intervenuto imponendo l’osservanza di determinate regole di comportamento che possano garantire un “riequilibrio” tra le
contrapposte posizioni e quindi rapporti più equi tra le parti.
La disciplina di tutela, peraltro, non si applica ad ogni atto negoziale avente
per oggetto un fabbricato da costruire o in corso di costruzione, ma solo se ricorrono tutti i presupposti (soggettivi, oggettivi e contrattuali) di applicazione
della normativa in commento così come previsti dal D.Lgs. 20 giugno 2005, n.
122, presupposti, peraltro, non sempre delineati con precisione 1.
I presupposti di applicabilità della nuova disciplina di tutela, così come definiti dall’art. 1 del decreto in commento sono i seguenti:
a) Presupposto soggettivo: riguarda le parti del contratto; è richiesto che a
vendere o a promettere di vendere sia un costruttore che agisce nell’esercizio di
impresa e che ad acquistare o a promettere di acquistare sia una persona fisica.
b) Presupposto oggettivo: deve trattarsi di “immobili da costruire” ossia di
immobili per i quali, da un lato, «sia già stato richiesto il permesso di costrui»
re ma che dall’altro «siano ancora da edificare o per i quali la costruzione non
risulti essere stata ultimata versando in stadio tale da non consentire ancora il
rilascio del certificato di agibilità».
Per quanto riguarda la tipologia di fabbricato la disposizione di cui all’art. 1
non fa distinzioni di sorta: la nuova disciplina di tutela si applica, pertanto, a
prescindere dalla destinazione d’uso del fabbricato da costruire che potrà indifferentemente essere residenziale, commerciale, produttiva, direzionale, ecc.,
con la eccezione delle fattispecie contemplate dall’art. 9 (relativa al diritto di prelazione) e dall’art. 10 (relativa alla esenzione della revocatoria fallimentare) che
1
Vedasi al riguardo lo Studio 5813/C approvato dalla Commissione Studi Civilistici il 23 luglio
2005: Il Dlgs. 122 del 2005: la garanzia fideiussoria ed i presupposti di applicazione della nuova
normativa, (Estensore: G. Rizzi), Studi e Materiali, Milano, 2005, 1033 ss.
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Segnalazioni novità normative - Studi Pubblicistici
fanno espresso riferimento ad immobili che l’acquirente si impegni (art. 10) o
abbia già adibito (art. 9) ad abitazione propria (o di parenti in primo grado, per
l’art. 9, di parenti ed affini fino al terzo grado per l’art. 10), limitando pertanto il
proprio ambito di applicazione ad immobili a destinazione residenziale.
Esiste poi un terzo presupposto per l’applicazione della normativa in commento che potremmo definire “presupposto contrattuale”. Tale presupposto, peraltro, non è unico e valido per tutte le fattispecie disciplinate dal D.Lgs.
122/2005 e non è “ricavabile” in via generale dell’art. 1 del decreto: l’art. 1 alla
lett. a) parla infatti, con riguardo all’acquirente, di «persona fisica che sia promissario acquirente o che acquisti un immobile da costruire ovvero che abbia
stipulato ogni altro contratto, compreso quello di leasing, che abbia o possa
avere per effetto l’acquisto o comunque il trasferimento non immediato della
proprietà o della titolarità di un diritto reale di godimento su di un immobile da
costruire» con ciò ricomprendendo ogni fattispecie contrattuale (preliminare,
acquisto ad effetti immediati, acquisto ad effetti differiti) avente per oggetto immobili da costruire (la definizione di cui alla lett. b) dell’art. 1 relativa al costruttore venditore é del tutto speculare). Il presupposto contrattuale va quindi verificato ed individuato con riguardo alla disciplina specifica dettata per ciascuna singola fattispecie. Ad esempio, con riguardo specifico alla garanzia fideiussoria, la
normativa in commento si applica solo in caso di stipula di contratti che abbiano
come finalità il trasferimento non immediato della proprietà o di un altro diritto di
godimento su un immobile da costruire o di un atto avente le medesime finalità.
Così dispone l’art. 2, del decreto.
In passato ci si era chiesti se le tutele discendenti dal D.Lgs. 20 giugno
2005, n. 122 rientrassero nella disponibilità delle parti e quindi se la parte acquirente (ossia la parte nel cui interesse erano previste dette tutele) potesse rinunciare alle stesse.
La questione si poneva soprattutto per quelle forme di tutela che esigono
uno specifico comportamento (spesso comportante oneri economici) da parte
del venditore (consegna della fideiussione, per la tutela sub a), consegna della
polizza indennitaria decennale, per la tutela sub b), conformazione del contenuto del preliminare ai requisiti di legge, per la tutela sub c), per le quali si poteva
prospettare un interesse del venditore (“parte forte” del contratto) ad essere dispensato dagli oneri imposti dalla normativa in commento.
La questione non si poneva invece per tutti quei casi in cui la tutela consiste
in una facoltà riconosciuta all’acquirente, a prescindere da qualsiasi comportamento “collaborativo” del venditore [si pensi alle tutele di cui sub iv), sub vi), sub
vii) e sub viii)], casi nei quali la tutela discende direttamente dall’ordinamento,
senza che vi sia alcun interesse delle parti ad escluderla, oppure nel caso del
divieto di stipula posto a carico del Notaio rogante (tutela sub v), in quanto la disposizione precettiva, in questo caso, si rivolge direttamente al Notaio, senza
alcuna “mediazione” consentita alle parti.
Studi e Materiali - 4/2014
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D.L. 47/2014 e modifiche alla disciplina degli immobili da costruire
In dottrina, già all’indomani dell’entrata in vigore del D.Lgs. 20 giugno 2005,
n. 122, si era ritenuto di escludere la possibilità per l’acquirente di rinunciare alle tutele discendenti da detto decreto 2.
Tale posizione di “chiusura” a qualsiasi possibile forma di rinuncia alle tutele
dal D.Lgs. 20 giugno 2005, n. 122 ora è stata espressamente sancita anche dal
legislatore. L’art. 10-quater, comma 1, D.L. 28 marzo 2014, n. 47, convertito
con Legge 23 maggio 2014, n. 80, infatti, introduce all’art. 5 del D.Lgs. 20 giugno 2005 n. 122, dopo il comma 1, un nuovo comma 1-bis che così dispone:
«L’acquirente non può rinunciare alle tutele previste dal presente decreto; ogni
clausola contraria è nulla e deve intendersi come non apposta».
La nuova norma riguarda, peraltro, le sole clausole di rinuncia alla tutela,
sancendone la nullità.
Non incide, invece, sulla disciplina sostanziale delle tutele medesime, che
rimane invariata. Quindi se una tutela non viene di fatto applicata, senza che vi
sia stata una preventiva rinuncia dell’acquirente, formalizzata con apposita
clausola contrattuale, il contratto sarà valido, nullo, o risolubile a seconda della
disciplina dettata per la specifica tutela non applicata.
In caso, invece, di clausola di rinuncia alla tutela, inserita nel corpo dell’atto,
detta clausola sarà senz’altro nulla. Tuttavia la nullità della stessa non si estenderà all’intero contratto, dovendosi intendere come “non apposta” (si ha, nel caso di specie, un’applicazione del principio sancito dall’art. 1419 c.c.).
Di seguito una breve sintesi della disciplina in vigore con riguardo alle tre
forme di tutela che, per i motivi sopra illustrati, potrebbero maggiormente essere
interessate dalla nuova norma in commento.
2. LA FIDEIUSSIONE
Verificandosi i presupposti di applicabilità della disciplina in commento, quali
sopra illustrati, il “costruttore” prima o al più tardi all’atto della stipula del contratto, dovrà consegnare all’“acquirente” una fideiussione, rilasciata da una banca o
da un’impresa di assicurazione o da intermediario finanziario a ciò abilitato 3, a
garanzia di un importo pari alle somme e/o al valore di ogni altro eventuale corrispettivo che il costruttore abbia già riscosso o, secondo i termini e le modalità
stabilite in detto contratto, debba ancora riscuotere dall’acquirente prima del
2
Vedasi, con riguardo specifico, all’obbligo di consegna della fideiussione, lo Studio 5813/C approvato dalla Commissione Studi Civilistici il 23 luglio 2005: Il Dlgs. 122 del 2005: la garanzia fideiussoria ed i presupposti di applicazione della nuova normativa, (Estensore: G. Rizzi), cit., 1059.
3
Sui requisiti che debbono possedere gli intermediari finanziari a seguito delle modifiche apportate al Testo Unico Bancario (D.Lgs. 1 settembre 1993, n. 385) con l’eliminazione dell’autonomo
elenco degli intermediari finanziari già previsto dall’art. 107 suddetto TUB vedasi Ufficio studi C.N.N.
Quesito di impresa n. 1000-2013/I, (Estensori: A. Paolini, A. Ruotolo, D. Boggiali), pubblicato in
CNN Notizie del 4 dicembre 2013.
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Studi e Materiali - 4/2014
Segnalazioni novità normative - Studi Pubblicistici
trasferimento della proprietà o di altro diritto reale di godimento. La garanzia
pertanto dovrà “coprire”:
- le somme che il costruttore abbia già riscosso o i valori 4 che il costruttore
abbia già acquisito al momento della stipula del contratto.
- le somme che, in base al contratto, il costruttore debba riscuotere o i valori
che il costruttore debba acquisire dopo la stipula del contratto ma prima che si
verifichi il trasferimento della proprietà o del diverso diritto reale di godimento.
La garanzia non riguarderà invece somme e valori che il costruttore è invece
destinato a riscuotere e/o acquisire solo nel momento in cui si verifichi il trasferimento della proprietà dell’edificio o di altro diritto reale sullo stesso.
Sono inoltre escluse:
- le somme per le quali è pattuito che debbano essere erogate da un soggetto mutuante 5;
- i contributi pubblici già assistiti da autonoma garanzia 6.
Se è previsto l’accollo del mutuo (o di quota frazionata del mutuo) stipulato
dal costruttore:
- la garanzia non riguarderà quelle somme che l’acquirente si è impegnato a
pagare mediante accollo del mutuo stipulato dal costruttore, accollo da perfezionare nel momento in cui verifichi il trasferimento a favore dell’acquirente della proprietà dell’edificio o di altro diritto reale sullo stesso;
- la garanzia invece dovrà “coprire” anche quelle somme che l’acquirente
abbia pagato mediante accollo del mutuo stipulato dal costruttore, qualora detto
accollo venga perfezionato in momento precedente a quello in cui è previsto il
trasferimento a favore dell’acquirente della proprietà dell’edificio o di altro diritto
reale sullo stesso (con assunzione da parte del “costruttore” della veste di “terzo datore di ipoteca”).
L’art. 1, D.Lgs. 20 giugno 2005, n. 122, prevede espressamente che la fideiussione possa essere rilasciata «anche secondo quanto previsto dall’art.
1938 c.c.» a norma del quale la «fideiussione può essere prestata anche per
un’obbligazione condizionale o futura con la previsione in quest’ultimo caso
dell’importo massimo». Scopo del richiamo operato dal decreto è quello di consentire il rilascio di polizze fideiussorie a contenuto “progressivo”, volte cioè a
4
Ad esempio il valore dell’area edificabile nel caso di permuta di area edificabile con unità da
costruire.
5
In tale fattispecie si è, ad esempio, fatta rientrare l’ipotesi del mutuo erogato all’acquirentemutuatario garantito da ipoteca iscritta dal venditore, terzo datore di ipoteca: avendo su tali somme
il venditore già prestato garanzia ipotecaria dovrebbe, essere esentato dall’obbligo di prestare ulteriori garanzie. Tale ipotesi, peraltro, non trova il conforto della dottrina.
6
Tale previsione è stata introdotta nel testo definitivo del decreto delegato in accoglimento di
un’osservazione della Commissione del Senato come riconosciuto nella Relazione illustrativa al decreto; nella stessa relazione si precisa che si è ritenuto di esonerare dall’obbligo di garanzia «le fattispecie per le quali già vi sia un’autonoma garanzia, giacché in tal caso non vi sarebbe ragione per
imporre al costruttore un onere ulteriore rispetto a quello già posto in essere, come accade ad
esempio per le garanzie fideiussorie dei contributi pubblici».
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D.L. 47/2014 e modifiche alla disciplina degli immobili da costruire
garantire gli importi via via effettivamente riscossi dal costruttore entro il limite
massimo costituito dall’intero importo che il costruttore dovrà incassare prima
del trasferimento della proprietà o del diritto reale (la garanzia, infatti, in caso di
escussione riguarda il rimborso solo di quanto effettivamente versato
dall’acquirente); il tutto, ovviamente, per contenere i costi della polizza medesima. Infatti appare inutile garantire, da subito, somme non ancora incassate materialmente dal costruttore, e che pertanto, in caso di “situazione di crisi” comunque non vanno rimborsate all’acquirente 7.
Si ritiene, in relazione a quanto disposto dall’art. 2, comma 1, e dall’art. 3,
ult. comma, D.Lgs. 20 giugno 2005, n. 122, che la fideiussione debba essere rilasciata con durata fissata sino al momento del trasferimento della proprietà o
del diverso diritto reale di godimento, in quanto questo è il momento sino al
quale, in base alla normativa in commento, l’acquirente deve essere tutelato e
garantito. Nel caso venga, invece, rilasciata una fideiussione con scadenza a
termine “fisso”, tale termine non deve in alcun modo precedere quello indicato
in contratto come momento del verificarsi dell’effetto traslativo; ad esempio in
un contratto preliminare, il termine di durata della fideiussione non potrà precedere il termine fissato per la stipula del contratto definitivo. Qualora sia prevista
la facoltà per le parti di prorogare il termine contrattualmente previsto per il prodursi dell’effetto traslativo, dovrà anche essere previsto che, l’esercizio di tale
facoltà sia subordinato alla preventiva proroga del termine di scadenza della fideiussione, affinché tale ultimo termine vada a scadere sempre in un momento
successivo o quantomeno coincidente con quello del trasferimento della proprietà.
In caso di violazione della disciplina relativa all’obbligo di consegna della fideiussione, l’art. 2, D.Lgs. 20 giugno 2005, n. 122, prevede espressamente la
nullità del contratto.
La nullità, peraltro, può essere fatta valere solo dall’acquirente “tutelato” (c.d.
“nullità relativa”): il costruttore inadempiente, pertanto, non potrà “sfruttare” il
suo inadempimento per chiedere la nullità di un contratto della cui stipula si è
pentito.
Deve ritenersi applicabile la sanzione della nullità anche nel caso in cui la
garanzia fideiussoria prestata non presenti tutte le caratteristiche prescritte dalla
legge; ad esempio:
- nel caso di garanzia prestata solo per parte delle somme da garantire (in
questa fattispecie può pertanto ricondursi anche quella del “prezzo simulato”);
7
In questo senso si è espressa anche la Relazione illustrativa al decreto ove si è chiarito che
«in accoglimento di un’osservazione formulata da entrambe le Commissioni parlamentari si è precisato che le parti possano convenire di utilizzare anche lo schema tipico della fideiussione per obbligazione futura previsto dall’art. 1938 c.c. con ciò consentendo che il valore della fideiussione possa
essere rapportato ai versamenti effettivamente avvenuti e non stimato sull’intero valore del bene
promesso in vendita, così da inserire quel concetto di progressività che è oggetto dei suggerimenti
provenienti dalle citate commissioni parlamentari».
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Studi e Materiali - 4/2014
Segnalazioni novità normative - Studi Pubblicistici
- nel caso di garanzia prestata da soggetto diverso da quelli indicati dalla
legge;
- nel caso di polizza rilasciata senza la previsione della rinuncia al beneficio
della preventiva escussione del debitore principale.
Non è previsto negli artt. 2 e 3, D.Lgs. 20 giugno 2005, n. 122, alcun adempimento di carattere formale in relazione alla garanzia fideiussoria ed in particolare non è previsto alcun obbligo di menzionare gli estremi della fideiussione nel
contratto. Tale obbligo è invece previsto nel successivo art. 6 che nella rubrica
reca il titolo “contenuto del contratto preliminare” ma che nel dispositivo poi
estende il proprio ambito di applicazione ad «ogni altro contratto che ai sensi
dell’art. 2 sia comunque diretto al successivo acquisto in capo a persona fisica
della proprietà o di altro diritto reale su immobile da costruire», e quindi in pratica a tutti quei contratti ad effetti traslativi non immediati cui fanno riferimento le
disposizioni degli artt. 1 e 2 ed ai quali si applica la disciplina di tutela in commento. In particolare l’art. 6, comma 1, lett. g), stabilisce che il contratto preliminare ed ogni altro contratto che sia comunque diretto al successivo acquisto in
capo a persona fisica della proprietà o di altro diritto reale su immobile da costruire, devono contenere gli estremi della fideiussione di cui all’art. 2. Tuttavia
detta disposizione non prevede la sanzione della nullità per il caso di omissione
di taluna delle menzioni nella stessa previste. In dottrina si discute sulla sanzione applicabile in caso di violazione delle prescrizioni dell’art. 6 (vedi in appresso); si ritiene, peraltro, di escludere la sanzione della nullità, neppure relativa,
con la conseguenza che il contratto sarà e rimarrà valido qualora la garanzia fideiussoria sia stata di fatto rilasciata, a prescindere dalla circostanza che la
stessa sia stata o meno menzionata in atto. Quando invece il legislatore ha
chiesto la menzione degli estremi della fideiussione a pena di nullità lo ha detto
espressamente: si pensi alla disciplina in tema di “multiproprietà”, dettata
dall’art. 72-bis, comma 3, D.Lgs. 6 settembre 2005, n. 206 (Codice del Consumo), che così dispone: «Delle fideiussioni deve farsi espressa menzione nel
contratto di multiproprietà a pena di nullità».
L’acquirente, come già ricordato, stante la disposizione dell’art. 5, comma 1bis, D.Lgs. 20 giugno 2005, n. 122, introdotta dall’art. 10-quater, comma 1, D.L.
28 marzo 2014, n. 47, non può rinunciare preventivamente alla garanzia fideiussoria. Un’eventuale clausola di rinuncia inserita in contratto è nulla e deve
intendersi come non apposta, con la conseguenza che:
- la rinuncia dell’acquirente alla polizza fideiussoria non avrà alcun effetto, e
della stessa non potrà avvalersi la parte venditrice
- il contratto stipulato è nullo, ma non tanto per la presenza della clausola
nulla di rinuncia (come già detto la nullità della clausola non si estende all’intero
contratto, ex art. 1419 c.c.) ma per la mancata consegna della fideiussione; si
tratterà di “nullità relativa” in quanto potrà essere fatta valere solo
dall’acquirente “tutelato”.
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Con riguardo a questa specifica nullità un quesito si impone: se il preliminare
stipulato è nullo a sensi dell’art. 2, D.Lgs. 20 giugno 2005, n. 122, per omessa
consegna della fideiussione (fattispecie alla quale va equiparata quella della fideiussione non conforme alla legge) è ugualmente possibile stipulare il contratto definitivo? ovvero la nullità del preliminare (seppur relativa) si estende anche
al definitivo?
Non è certo, questa, la sede per affrontare la problematica della “autonomia
causale” del definitivo rispetto al preliminare. Ne è possibile dare una risposta
certa ad una questione che ha diviso dottrina e giurisprudenza. È del tutto evidente che se si segue la tesi della piena autonomia strutturale e funzionale del
contratto definitivo rispetto al preliminare, in base alla quale è al momento della
formazione del consenso definitivo, e non a quello relativo al contratto preliminare, che bisogna fare riferimento per valutare la validità del contratto stipulato
in esecuzione del preliminare, nessun impedimento sussisterebbe alla stipula
del definitivo anche nel caso di preliminare nullo per omessa consegna della fideiussione, salva, peraltro, la possibilità per l’acquirente di chiedere
l’annullamento del contratto definitivo così stipulato in caso di “errore di diritto”
ossia nel caso in cui lo stesso riesca a dimostrare che la ragione unica o principale, che lo ha indotto a stipulare il definitivo, sia stato l’erroneo convincimento
sulla validità del preliminare che lo obbligava a concludere quel contratto.
Diversa è invece la prospettiva aderendo all’opposta tesi della funzione “solutoria” del definitivo, in base alla quale il contratto definitivo altro non sarebbe
che mero atto di esecuzione di una volontà che già si è formata in tutta la sua
interezza in occasione della stipula del preliminare, con la conseguenza che
ogni causa di invalidità o di inefficacia del preliminare si trasmetterebbe necessariamente anche al definitivo.
Ma anche a prescindere dall’accoglimento dell’una o dell’altra delle due tesi
sopra esposte, sembra del tutto plausibile la tesi di chi, con riguardo specifico
alla fattispecie in oggetto, ritiene che una volta stipulato il contratto definitivo si
abbia una sorta di “sanatoria implicita” del contratto preliminare nullo per
l’omessa consegna della fideiussione. È chiaro, infatti, che se la fideiussione,
nel caso di stipula di un preliminare, deve garantire il promissario acquirente per
le somme dallo stesso anticipate, sino al momento del trasferimento della proprietà (vedi art. 3, comma 7, D.Lgs. 20 giugno 2005, n. 122) e se la nullità relativa costituisce, a sua volta, lo strumento a disposizione del promissario acquirente per rendere effettivo il diritto ad ottenere questa garanzia, ne discende
che una volta avvenuto il trasferimento della proprietà e venuti meno “i rischi”
che richiedevano l’attivazione della garanzia fideiussoria, debbano venire meno
anche tutte le conseguenze negative previste per il caso in cui la garanzia non
sia stata prestata. Pertanto se è stato stipulato un preliminare senza consegna
della fideiussione, e come tale affetto da nullità relativa, ha un senso far valere
detta nullità prima di un possibile “tracollo” del costruttore, e ciò al fine di sciogliersi dal rapporto contrattuale viziato ed ottenere o la restituzione di quanto
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versato o la stipula di altro preliminare accompagnato dalla consegna della fideiussione. Ma se il promissario acquirente non ha agito per chiedere la nullità
del preliminare e ciò nondimeno stipula l’atto definitivo, non vi è più motivo per
far valere una nullità che non ha più ragion d’essere, visto che il promissario
acquirente ha comunque raggiunto l’obiettivo prefissato (ossia l’acquisto della
proprietà). In pratica la stipula del definitivo, determinando l’effetto traslativo della proprietà, priverebbe un’eventuale azione di nullità della sua funzione economico/sociale (essendo venuto meno il “rischio” da tutelare) e quindi del suo
fondamento giuridico e pertanto determinerebbe una sorta di “sanatoria” o
“convalida” automatica del contratto preliminare “nullo” (si rammenta al riguardo
che quella dell’art. 2, D.Lgs. 20 giugno 2005, n. 122 è pur sempre una “nullità
relativa” posta nell’interesse di una sola parte, e per la quale, in dottrina, non si
esclude la possibilità di una “sanatoria” e/o “convalida”).
In base a tutte queste considerazioni si ritiene, pertanto, possibile per il Notaio ricevere un atto definitivo di compravendita, in esecuzione di un preliminare
nullo per omessa consegna della fideiussione ex art. 2, D.Lgs. 20 giugno 2005,
n. 122; senza considerare il fatto che il più delle volte sarà interesse proprio
dell’acquirente stipulare al più presto l’atto definitivo, specie se lo stesso ha anticipato gran parte del corrispettivo. Un eventuale tracollo del costruttore, proprio perché manca la fideiussione, lo lascerebbe privo di qualsiasi tutela, né
l’azione di nullità potrebbe, in caso di dissesto totale, fargli riavere le somme
sborsate. La disposizione in commento quindi va letta nel senso che deve fornire una tutela all’acquirente e non certo nel senso di penalizzare l’acquirente,
impedendogli la stipula del definitivo dopo aver rischiato tutte le somme anticipate per non aver ricevuto la polizza fideiussoria!
Né tale soluzione sembra contrastare con la disposizione dell’art. 5, comma
1-bis, del decreto, che vieta la rinuncia alla tutela fideiussoria. La fattispecie da
ultimo considerata (rinuncia dell’acquirente a far valere la nullità del preliminare
per mancata consegna della fideiussione attraverso la stipula del definitivo),
proprio perché può costituire l’“ultima spiaggia” per l’acquirente per salvare “il
salvabile”, è ben diversa dalla fattispecie della rinuncia “preventiva” alla fideiussione, formalizzata con apposita clausola inserita nel contratto preliminare, della
quale è ora sancita la nullità.
3. LA ASSICURAZIONE INDENNITARIA DECENNALE
L’art. 4, D.Lgs. 20 giugno 2005, n. 122, impone l’obbligo al costruttore di fornire garanzia per il risarcimento al quale fosse tenuto a seguito di danni materiali e diretti all’immobile, compresi i danni a terzi, a sensi dell’art. 1669 c.c., derivanti da rovina totale o parziale oppure da gravi difetti costruttivi delle opere,
per vizio del suolo o per difetto della costruzione, che si siano manifestati successivamente alla stipula del contratto definitivo di compravendita o dell’atto definitivo di assegnazione.
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La garanzia prescritta, consiste, in particolare, in una polizza assicurativa indennitaria a beneficio dell’acquirente con durata decennale e con effetto dalla
data di ultimazione dei lavori. La polizza dovrà invece essere consegnata dal
costruttore all’atto del trasferimento della proprietà, anche se destinata ad operare a partire dalla data di ultimazione dei lavori.
La garanzia, inoltre, è dovuta a prescindere da una “situazione di crisi” in cui
incorra il costruttore, essendo destinata ad operare all’emergere di vizi e difformità dell’edificio realizzato.
I presupposti (“soggettivo” ed “oggettivo”) per l’applicazione della disposizione di cui all’art. 4 in commento, sono quelli di cui all’art. 1, D.Lgs. 20 giugno
2005, n. 122, sopra già illustrati.
Per quanto riguarda il “presupposto contrattuale” la disciplina legislativa appare confusa e mal formula, così da sollevare molti dubbi circa i presupposti di
applicabilità della disposizione in commento, in ordine alla fattispecie contrattuale stipulata 8.
La norma, infatti, esordisce parlando di consegna della polizza “all’atto del
trasferimento della proprietà”: ciò potrebbe far ritenere che tale specifica tutela
si applichi a qualsiasi contratto che abbia come effetto il trasferimento della
proprietà di immobili da costruire.
Alla fine peraltro la norma parla di danni manifestatisi «successivamente alla
stipula del contratto definitivo di compravendita o di assegnazione»: ciò potrebbe far ritenere che tale specifica tutela si applichi solo in presenza della “sequenza preliminare/definitivo”.
Ma ancora l’art. 5, che richiama espressamente l’art. 4 in commento, parla di
«contratti aventi per oggetto il trasferimento non immediato della proprietà o di
altro diritto reale di godimento»: ciò potrebbe far ritenere che tale specifica disciplina si applichi ai contratti ad effetti traslativi non immediati in genere e non
solo in presenza della “sequenza preliminare/definitivo”.
Pur tra i molteplici dubbi testè evidenziati, si ritiene di dover dare “prevalenza” al disposto dell’art. 5 e limitare comunque l’ambito di applicazione della
norma in commento ai contratti ad effetti traslativi non immediati. In caso contrario si verificherebbe una disparità di trattamento tra chi stipula simili contratti
e chi stipula, invece, un contratto ad effetti traslativi immediati, difficilmente giustificabile: infatti in caso di immobile da costruire per il quale la richiesta di titolo
edilizio sia stata fatta prima del 21 luglio 2005 la polizza dovrebbe essere consegnata solo in caso di stipula, dopo il 21 luglio, di contratto ad effetti traslativi
immediati ma non anche nel caso di stipula di contratto ad effetti reali non immediati. Probabilmente il legislatore ha voluto subordinare (senza peraltro ben
esplicitarlo nella norma) la consegna di questa polizza agli stessi presupposti
8
Vedasi al riguardo lo Studio 5812/C approvato dalla Commissione Studi Civilistici il 20 luglio
2005: Il Dlgs. 122 del 2005: assicurazione indennitaria, frazionamento del mutuo, revocatoria fallimentare e le altre novità legislative, (Estensore: G. Rizzi), Studi e Materiali, Milano, 2005, 1009 ss.
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previsti per la fideiussione di cui all’art. 2 (ove si dice espressamente che «la fideiussione deve essere consegnata in caso di contratti che abbiano come finalità il trasferimento non immediato della proprietà»). Si vogliono così tutelare coloro che acquistano un bene quando il bene ancora non esiste e che devono
quindi “confidare” sulla correttezza e professionalità del venditore nell’esplicazione dell’attività edificatoria. La soluzione proposta va peraltro accolta col “beneficio
di inventario” data la non felice formulazione normativa.
Da quanto detto in ordine al presupposto contrattuale, discende, peraltro, un
legittimo quesito: come si può conciliare il fatto che tra i presupposti vi sia la stipula di un contratto ad effetti traslativi non immediati avente per oggetto beni immobili da costruire (sempre con i benefici del “dubbio” sopra evidenziati) con la circostanza che nell’art. 4 in commento la consegna della polizza assicurativa dal costruttore all’acquirente è prevista «all’atto del trasferimento della proprietà»?
In realtà l’art. 4 contempla una fattispecie “a formazione progressiva” così
congegnata:
- presupposto per la consegna della polizza assicurativa indennitaria è la
stipula di un contratto ad effetti traslativi non immediati;
- il momento in cui tale polizza deve essere materialmente consegnata dal
costruttore all’acquirente è quello in cui avviene il trasferimento della proprietà;
- gli effetti della polizza decorreranno invece dal momento dell’ultimazione
dei lavori, momento che potrebbe essere anche successivo a quello del trasferimento della proprietà.
Non è prevista dall’art. 4 del decreto alcuna sanzione per il caso di mancata
prestazione di questa polizza assicurativa (al contrario di quanto previsto
dall’art. 2 che sanziona con la nullità “relativa” relativa la mancata consegna
della fideiussione), e quindi bisogna escludere che la mancata prestazione di
questa polizza indennitaria possa, in qualsiasi modo, incidere sulla validità del
contratto.
Resta, ovviamente, fermo, per l’acquirente il rimedio della risoluzione per
inadempimento ex artt. 1453 ss. c.c.; in caso di violazione dell’obbligo posto
dall’art. 4 in commento, l’acquirente potrà certamente diffidare il venditore ad
adempiere entro un congruo termine ex art. 1454 c.c., con dichiarazione che
decorso, inutilmente detto termine, senza che sia stata consegnata la polizza
assicurativa indennitaria, il contratto s’intenderà senz’altro risolto. E, nel caso di
specie, deve ritenersi sempre verificata la condizione di cui all’art. 1455 c.c.,
stante la grande rilevanza, per una adeguata tutela dell’acquirente, che il D.Lgs.
20 giugno 2005, n. 122, ha riconosciuto alla consegna di detta polizza, per cui
l’inadempimento dell’obbligo della sua consegna non può in alcun modo considerarsi di “scarsa importanza” avuto riguardo all’interesse dell’acquirente.
L’importanza di questo adempimento è stata ora confermata proprio dalla
disposizione dell’art. 5, comma 1-bis, D.Lgs. 20 giugno 2005, n. 122, introdotta
dall’art. 10-quater, comma 1, D.L. 28 marzo 2014, n. 47, in base alla quale
l’acquirente non può rinunciare preventivamente alla polizza indennitaria.
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Un’eventuale clausola di rinuncia inserita in contratto è nulla e deve intendersi
come non apposta, con la conseguenza che:
- la rinuncia dell’acquirente alla polizza fideiussoria non avrà alcun effetto, e
della stessa non potrà avvalersi la parte venditrice;
- il contratto stipulato rimane peraltro valido, in quanto, da un lato, la nullità
della clausola non si estende all’intero contratto, ex art. 1419 c.c., e, dall’altro,
l’art. 4 del decreto non prevede alcuna sanzione per il caso di mancata prestazione della polizza indennitaria;
- resta, comunque, ferma la possibilità per l’acquirente di chiedere la risoluzione del contratto stipulato per inadempimento di “non scarsa importanza” ai
sensi dell’art. 1453 c.c. (il venditore non potrà opporsi alla richiesta di risoluzione richiamandosi alla clausola di rinuncia inserita nel contratto che, come detto,
deve ritenersi come non apposta).
Da segnalare che non è previsto alcun obbligo di menzione in atto degli
estremi di tale polizza assicurativa indennitaria, neppure nell’art. 6 del D.Lgs. 20
giugno 2005, n. 122 che invece prescrive che il contratto preliminare ed ogni altro contratto che sia comunque diretto al successivo acquisto in capo a persona
fisica della proprietà o di altro diritto reale su immobile da costruire, devono contenere gli estremi della fideiussione di cui all’art. 2.
4. IL CONTENUTO DEL CONTRATTO PRELIMINARE
Con il D.Lgs. 20 giugno 2005, n. 122 il legislatore, tra le varie forme di tutela
introdotte a favore dell’acquirente di immobile da costruire, ha previsto anche
l’obbligo di conformare il contratto preliminare, nonché qualsiasi altro contratto
comunque diretto al successivo trasferimento della proprietà o di diverso diritto
reale di godimento, ad un contenuto “minimo” La disciplina sul punto è dettata
dall’art. 6 del decreto suddetto.
Scopo della norma è garantire all’acquirente una corretta e completa informazione sul contenuto del contratto che è chiamato a stipulare.
Verificandosi i presupposti (soggettivo ed oggettivo) di cui all’art. 1, D.Lgs. 20
giugno 2005, n. 122, sopra già illustrati, il contratto preliminare dovrà contenere:
a) le indicazioni previste all’articolo 2659, comma 1, n. 1) e all’articolo 2826,
comma 1, del codice civile;
b) la descrizione dell’immobile e di tutte le sue pertinenze di uso esclusivo
oggetto del contratto;
c) gli estremi di eventuali atti d’obbligo e convenzioni urbanistiche stipulati
per l’ottenimento dei titoli abilitativi alla costruzione e l’elencazione dei vincoli
previsti;
d) le caratteristiche tecniche della costruzione, con particolare riferimento alla struttura portante, alle fondazioni, alle tamponature, ai solai, alla copertura,
agli infissi ed agli impianti;
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e) i termini massimi di esecuzione della costruzione, anche eventualmente
correlati alle varie fasi di lavorazione;
f) l’indicazione del prezzo complessivo da corrispondersi in danaro o il valore
di ogni altro eventuale corrispettivo, i termini e le modalità per il suo pagamento,
la specificazione dell’importo di eventuali somme a titolo di caparra; le modalità
di corresponsione del prezzo devono essere rappresentate da bonifici bancari o
versamenti diretti su conti correnti bancari o postali indicati dalla parte venditrice
ed alla stessa intestati o da altre forme che siano comunque in grado di assicurare la prova certa dell’avvenuto pagamento;
g) gli estremi della fideiussione di cui all’articolo 2 del D.Lgs. 20 giugno
2005, n. 122;
h) l’eventuale esistenza di ipoteche o trascrizioni pregiudizievoli di qualsiasi tipo sull’immobile con l’indicazione del relativo ammontare, del soggetto a cui favore risultano e del titolo dal quale derivano, nonché la pattuizione espressa degli
obblighi del costruttore ad esse connessi e, in particolare, se tali obblighi debbano
essere adempiuti prima o dopo la stipula del contratto definitivo di vendita;
i) gli estremi del permesso di costruire o della sua richiesta se non ancora rilasciato, nonché di ogni altro titolo, denuncia o provvedimento abilitativo alla
costruzione;
l) l’eventuale indicazione dell’esistenza di imprese appaltatrici con la specificazione dei relativi dati identificativi.
Non precisa la disposizione dell’art. 6, D.Lgs. 20 giugno 2005, n. 122, quali
siano le conseguenze della mancanza nel preliminare di taluno degli elementi
sopra indicati (nullità, annullabilità, facoltà per l’acquirente di recedere, risoluzione ecc.).
Sul punto le opinioni manifestate, in prima battuta, dai commentatori della
nuova normativa sono state le più disparate.
Queste, in proposito, le conclusioni che sono state proposte nel precedente
studio del Consiglio Nazionale del Notariato 9:
a) la nullità: innanzitutto di nullità si potrà parlare solo nel caso di mancanza
di quelle menzioni che attengono all’individuazione dell’oggetto del contratto,
mancanza tale da determinare l’indeterminatezza dell’oggetto, con conseguente
nullità del contratto a sensi dell’art. 1418, comma 2, c.c.; si deve, invece, escludere, per la violazione dell’art. 6 del decreto, la sanzione della nullità dell’atto, a
sensi dell’art. 1418, comma 1, c.c.; tale norma dispone, infatti, che il contratto è
nullo quando è contrario a norme imperative (c.d. nullità virtuale). Dottrina e giurisprudenza hanno, peraltro, ritenuto ricorrere la figura della nullità virtuale nei
casi di negozi stipulati in violazione di norme che siano dirette alla tutela di un
interesse pubblico e generale. Ma non sembra che, nel caso di specie, la norma
9
Trattasi dello Studio 5814/C approvato dalla Commissione Studi Civilistici il 20 luglio 2005: Il
Dlgs. 122 del 2005: il contenuto del contratto preliminare, (Estensore: G. Rizzi), Studi e Materiali,
Milano, 2005, 977 ss.
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dell’art. 6, D.Lgs. 20 giugno 2005, n. 122, sia diretta alla tutela di un interesse
pubblico e generale. Gran parte delle menzioni richieste sono chiaramente poste a tutela di una delle parti del contratto. Tutto ciò trova esplicita conferma anche nella Relazione illustrativa al decreto ove si afferma che «allo scopo di rendere più trasparente l’operazione negoziale e consentire al promissario acquirente una completa rappresentazione, così da porsi al riparo da possibili pregiudizi conseguenti ad una stesura approssimativa e lacunosa del testo contrattuale, in attuazione dell’articolo 3 lettera m) della legge delega, sono stati compiutamente disciplinati i contenuti del contratto ed i relativi allegati».
Inoltre quando il legislatore, nel richiedere un requisito formale da osservare
nella stipula del contratto, ha sanzionato la mancanza di tale requisito con la
nullità del contratto stesso, lo ha detto espressamente (vedasi al riguardo l’art.
1351 c.c. proprio in tema di preliminare). Ed ancora, nello stesso D.Lgs. 20 giugno 2005, n. 122, il legislatore delegato quando ha voluto sanzionare con la
nullità la mancata osservanza di un obbligo posto dal decreto medesimo lo ha
detto espressamente: vedasi al riguardo l’art. 2 ove la mancata consegna della
fideiussione porta alla nullità (seppur relativa) del contratto 10.
b) l’annullabilità: l’annullabilità del contratto potrà essere invocata solo in
presenza dei presupposti di legge di cui agli artt. 1425 ss. c.c. Pertanto solo se
il promissario acquirente sarà in grado di dimostrare che il suo consenso sia
stato dato per errore, e che tale errore, sempre che possa considerarsi “essenziale” ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 1429 c.c., sia stato determinato proprio dalla mancanza di taluno degli elementi prescritti dalla norma in commento,
potrà chiedere l’annullamento del contratto a norma dell’art. 1427 c.c. Pertanto
la mancanza di una qualsiasi delle menzioni prescritte dall’art. 6, D.Lgs. 20 giugno 2005, n. 122, non determina di per sé l’annullabilità del contratto.
c) la rinegoziazione del contratto: appare plausibile ritenere che in caso di
violazione della norma in commento sorga, in prima battuta, un obbligo di rinegoziare il contenuto del contratto in modo da adeguarlo alle prescrizioni di legge. La fonte di quest’obbligo andrebbe individuata negli artt. 1374 e 1375 c.c. 11.
10
Nel senso di ammettere la nullità solo nel caso in cui a seguito dell’omissione si verifichi
l’indeterminatezza o l’indeterminabilità dell’oggetto del contratto e di escludere invece che la «mancata inserzione di una qualsiasi delle menzioni obbligatorie previste dall’art. 6 sia di per sé causa di
nullità dell’intero contratto, anche quando il suo oggetto risulti determinato o determinabile secondo
le regole codicistiche» in quanto altrimenti «ne discenderebbe una dilatazione del tutto irragionevole
ed il più delle volte antitetica agli interessi dell’acquirente, dell’area delle nullità del contratto, con
conseguente abbassamento anziché un’elevazione del livello di tutela dell’acquirente», si è espresso Luminoso, I contenuti necessari del contratto preliminare e degli altri contratti diretti al successivo trasferimento della proprietà di un immobile da costruire e dei relativi allegati, Atti del Convegno
Paradigma, Milano 29 giugno 2005.
11
In questo senso Baralis, Considerazioni sparse sulla bozza di decreto delegato conseguente
alla l. 210/2004, in Riv. not., 2005, 746.
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Parte della dottrina 12 e la giurisprudenza maggioritaria 13 sono ormai orientate nel
senso di attribuire all’istituto della buona fede, la funzione di strumento di intervento “creativo”: quindi non più la buona fede da considerare come mero strumento di valutazione del comportamento delle parti in sede di esecuzione del
contratto, ma la buona fede da considerare come regola di comportamento delle parti contrattuali, con possibilità di costruire obblighi integrativi rispetto a quelli già fissati convenzionalmente. Il dovere, discendente dall’art. 1375 c.c., in relazione anche al disposto di cui al precedente art. 1374 c.c., secondo il quale il
contratto obbliga le parti a quanto è nel medesimo espresso ma anche a tutte le
conseguenze che ne derivano secondo la legge, porterebbe quindi a ritenere
sussistente l’obbligo, in capo alla parte promittente venditrice, di procedere alla
“rinegoziazione” del contratto nei termini sopra descritti. È ovvio che questa non
può essere l’unica conseguenza per il caso di violazione della disposizione
dell’art. 6, D.Lgs. 20 giugno 2005, n. 122.
d) la risoluzione del contratto: se il rimedio della rinegoziazione non dovesse
sortire effetto alcuno, e quindi dovesse fallire il rimedio destinato ad operare in “prima battuta”, il promissario acquirente, a fronte del reiterato inadempimento del costruttore, potrà ricorrere al rimedio di cui all’art. 1453 c.c. e quindi potrà richiedere:
- o l’adempimento del contratto nonché il risarcimento del danno subito;
- ovvero la risoluzione del contratto, salvo, sempre, il diritto al risarcimento
del danno,
Il ricorso all’art. 1453 c.c. si fonderebbe, nel caso di specie, su un duplice
inadempimento imputabile al costruttore promittente venditore:
- sull’inadempimento dell’obbligo di “rinegoziazione” del contratto, che come
sopra detto discende dagli artt. 1375 e 1374 c.c.
- sull’inadempimento dell’obbligo posto a carico del promittente venditore di
conformare il contratto a quel contenuto minimo considerato dal legislatore (con
l’art. 6 in commento) indispensabile per assicurare «al promissario acquirente
una completa rappresentazione» (delle caratteristiche e qualità del bene in
vendita, dei possibili vincoli od oneri esistenti, del contenuto delle obbligazioni
reciproche, ecc.), «così da porsi al riparo da possibili pregiudizi conseguenti ad
una stesura approssimativa e lacunosa del testo contrattuale».
Esistono nel nostro ordinamento altre disposizioni che sanzionano espressamente la mancata comunicazione alla controparte di talune circostanze inerenti l’oggetto del contratto particolarmente rilevanti, prevedendo la possibilità di
richiedere la risoluzione del contratto. Emblematica, sotto questo profilo, è la disposizione dell’art. 1482 c.c., la quale prevede per l’appunto la risoluzione del
contratto nel caso in cui la cosa venduta risulti gravata da garanzie reali o da
12
Bianca, La nozione di buona fede quale regola di comportamento contrattuale, in Riv. dir. civ.,
1983; Franzoni, Degli effetti del contratto, in Comm. Schlesinger, Milano, 1998; Rodotà, Le fonti di
integrazioni del contratto, Milano, 1969.
13
Cass., 10 ottobre 2003, n. 15150; Cass., 8 febbraio 1999, n. 1078.
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vincoli derivanti da pignoramento o da sequestro non dichiarati dal venditore e
dal compratore stesso ignorati, qualora la cosa non venga liberata nel termine
fissato dal giudice. Nello stesso senso si pone anche la disposizione dell’art.
1489 c.c., la quale prevede che se la cosa venduta è gravata da oneri o da diritti reali o personali non apparenti che ne diminuiscono il libero godimento e se
gli stessi non sono stati dichiarati nel contratto e sono ignorati dall’acquirente, lo
stesso può chiedere la risoluzione del contratto o la riduzione del prezzo. E non
a caso tra gli elementi che l’art. 6, comma 1, D.Lgs. 20 giugno 2005, n. 122,
stabilisce debbano essere contenuti nel preliminare, vi sono anche le garanzie
reali ed i vincoli derivanti da pignoramento o da sequestro e comunque tutti i
vincoli e gli oneri derivanti da trascrizioni pregiudizievoli di qualsiasi tipo, compresi quelli derivanti da convenzioni urbanistiche (lett. h e c). La sanzione, pertanto, per la violazione di tale “dovere di conformazione/informazione”, può essere, a buona ragione, rinvenuta, in conformità a quanto già previsto dagli artt.
1482 e 1489 c.c., nella richiesta di risoluzione del contratto ovvero nella richiesta del risarcimento del danno (e nei casi previsti dall’art. 1489 c.c. anche nella
richiesta di riduzione del prezzo). La risoluzione, peraltro, sulla base del principio generale in materia, desumibile dall’art. 1455 c.c., potrebbe essere richiesta
solo in presenza di un inadempimento del promittente venditore che non sia di
“scarsa importanza” e quindi solo se l’elemento omesso debba considerarsi essenziale nella formazione del processo volitivo del promissario acquirente, e
pertanto nel caso in cui, se conosciuto quell’elemento, il promissario acquirente
non avrebbe concluso il contratto o lo avrebbe concluso a condizioni differenti.
Se invece l’inadempimento sia di “scarsa importanza” il promissario acquirente
potrà pur sempre richiedere il risarcimento del danno.
Il promissario acquirente, come già ricordato, stante la disposizione dell’art.
5, comma 1-bis, D.Lgs. 20 giugno 2005, n. 122, introdotta dall’art. 10quater, co.
1, D.L. 28 marzo 2014, n. 47, non può rinunciare preventivamente al diritto di
vedere conformato il contratto preliminare, al contenuto prescritto dall’art. 6 del
decreto. Un’eventuale clausola di rinuncia inserita in contratto è nulla e deve intendersi come non apposta, con la conseguenza che:
- la rinuncia del promissario acquirente non avrà alcun effetto, e della stessa
non potrà avvalersi il promittente venditore;
- il contratto stipulato non potrà, comunque, essere considerato nullo, per la
presenza della clausola nulla di rinuncia, in quanto, come già detto, la nullità
della clausola non si estende all’intero contratto, ex art. 1419 c.c.;
- se il contratto è stato, peraltro, stipulato in violazione del disposto dell’art. 6,
D.Lgs. 20 giugno 2005, n. 122, qualora tale violazione non sia così grave da determinare la nullità del contratto per indeterminatezza dell’oggetto o l’annullabilità
del contratto per errore essenziale, ricorrendo le condizioni sopra illustrate, e qualora la violazione stessa non sia di “scarsa importanza” avuto riguardo
all’interesse del promissario acquirente, quest’ultimo, qualora non intenda comunque adempiere il contratto accontentandosi del solo risarcimento dei danni
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subiti, potrà procedere ai sensi dell’art. 1454 c.c., e quindi diffidare il promittente
venditore ad adempiere, ossia a procedere alla rinegoziazione del contratto preliminare (al fine di conformarlo alle prescrizioni dell’art. 6) entro un congruo termine (non inferiore a quindici giorni), con dichiarazione che decorso, inutilmente
detto termine, senza che si sia proceduto alla rinegoziazione, il contratto
s’intenderà senz’altro risolto. Il promittente venditore, infatti, non potrà opporsi alla
domanda di risoluzione o di risarcimento del danno richiamandosi alla clausola di
rinuncia inserita nel contratto che, come detto, deve ritenersi come non apposta.
5. LE ALTRE MODIFICHE CONTENUTE NEL D.L. 28 MARZO 2014, N. 47
L’art. 10-quater, D.L. 28 marzo 2014, n. 47, convertito con Legge 23 maggio
2014, n. 80 non si è limitato a modificare l’art. 5 del D.Lgs. 20 giugno 2005, n.
122, sancendo il divieto per l’acquirente alla rinuncia delle tutele previste dal
decreto medesimo, ma ha modificato altre due disposizioni del D.Lgs. 20 giugno 2005, n. 122:
i) l’art. 9 del decreto nel senso di riconoscere all’acquirente il diritto di prelazione previsto in detta norma anche nel caso di immobile che lo stesso abbia
adibito a abitazione principale del proprio coniuge (in precedenza era previsto
tale diritto solo se l’acquirente avesse adibito l’immobile ad abitazione principale
per sé o per un proprio parente in primo grado).
Pertanto a seguito di tale modifica all’acquirente che, a seguito della “situazione di crisi” in cui sia stato coinvolto il “costruttore”, venga privato dell’immobile,
qualora lo stesso venga successivamente venduto all’incanto (nell’ambito di procedura esecutiva individuale o concorsuale) è riconosciuto il diritto di prelazione
nell’acquisto dell’immobile al prezzo definitivo raggiunto nell’incanto anche in
esito alle eventuali offerte ai sensi dell’art. 584 c.p.c., a condizione che:
- l’immobile sia stato materialmente consegnato all’acquirente medesimo;
- l’immobile sia stato, dall’acquirente, adibito ad abitazione principale per sé,
o del proprio coniuge, o per un proprio parente in primo grado.
Per quanto la norma faccia espressamente riferimento all’incanto non sembra dubitabile che il diritto di prelazione dalla stessa previsto sussista anche in
ipotesi di vendita senza incanto 14.
Ai fini dell’esercizio del diritto di prelazione, l’autorità che procede alla vendita dell’immobile (previa comunicazione della predetta condizione anche
nell’avviso di vendita) provvede a dare comunicazione all’acquirente, con atto
14
Vedasi al riguardo lo Studio 5812/C approvato dalla Commissione Studi Civilistici il 20 luglio
2005: Il Dlgs. 122 del 2005: assicurazione indennitaria, frazionamento del mutuo, revocatoria fallimentare e le altre novità legislative, (Estensore: G. Rizzi), cit., 1009 ss. Per quanto riguarda il caso
di delega delle operazioni di vendita si rinvia anche a quanto scritto in Consiglio Nazionale del Notariato, Le operazioni delegate nel processo di espropriazione forzata immobiliare, Percorso operativo, Verona, 2007, 42, 115 e 148.
Studi e Materiali - 4/2014
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D.L. 47/2014 e modifiche alla disciplina degli immobili da costruire
notificato a mezzo ufficiale giudiziario, della definitiva determinazione del prezzo
entro dieci giorni dall’adozione del relativo provvedimento (da intendersi come il
verbale di aggiudicazione), con indicazione di tutte le condizioni alle quali la
vendita dovrà essere conclusa (condizioni di vendita, termini e modalità di saldo
del prezzo) e l’invito ad esercitare la prelazione. L’acquirente deve esercitare il
diritto di prelazione, a pena di decadenza, entro il termine di dieci giorni dalla ricezione della comunicazione offrendo, con atto notificato a mezzo ufficiale giudiziario all’autorità che procede alla vendita dell’immobile, condizioni uguali a
quelle comunicategli. La prelazione spetta all’acquirente anche nel caso in cui
abbia escusso la fideiussione di cui all’art. 2, D.Lgs. 20 giugno 2005, n. 122.
Tuttavia qualora l’acquirente abbia acquistato l’immobile, per effetto
dell’esercizio del diritto di prelazione, ad un prezzo inferiore alle somme riscosse in sede di escussione della fideiussione, la differenza deve essere restituita
al fideiussore, qualora l’immobile acquistato abbia consistenza e caratteristiche
tipologiche e di finitura corrispondenti a quelle previste nel contratto stipulato
con il costruttore. Ove non ricorra tale condizione, l’eventuale eccedenza da restituire al fideiussore deve risultare da apposita stima. È escluso, in ogni caso, il
diritto di riscatto nei confronti dell’aggiudicatario.
ii) l’art. 10 del decreto nel senso di prevedere la sottrazione dalla azione revocatoria fallimentare per il trasferimento di immobili qualora l’acquirente si impegni a stabilirvi, entro i dodici mesi successivi alla data di acquisto o di ultimazione degli stessi, la residenza anche del proprio coniuge (in precedenza era
prevista tale sottrazione solo se l’acquirente si fosse impegnato a stabilire la residenza propria o di suoi parenti o affini entro il terzo grado).
Pertanto a seguito di tale modifica non sono soggetti all’azione revocatoria
prevista dall’articolo 67 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e successive
modificazioni gli atti a titolo oneroso che hanno come effetto il trasferimento della proprietà o di altro diritto reale di godimento di immobili da costruire a condizione che:
- si tratti di immobili ad uso abitativo (la fattispecie in oggetto ha, pertanto, un
ambito applicativo, per quanto riguarda la tipologia degli immobili più ristretto rispetto a quello delle altre fattispecie previste dal D.Lgs. 122/2005, con la eccezione del diritto di prelazione di cui all’art. 9 pure limitato alle sole tipologie residenziali);
- si tratti di immobili nei quali l’acquirente si impegni a stabilire, entro dodici
mesi dall’acquisto o dall’ultimazione degli stessi, la residenza propria, o del proprio coniuge, o di suoi parenti o affini entro il terzo grado;
- si tratti di atti posti in essere al giusto prezzo da valutarsi alla data della stipula del preliminare.
Non sono, altresì, soggetti alla azione revocatoria i pagamenti dei premi e
delle commissioni relativi ai contratti di fideiussione e di assicurazione indennitaria previsti dagli artt. 3 e 4, D.Lgs. 20 giugno 2005, n. 122, qualora effettuati
nell’esercizio dell’attività d’impresa nei termini d’uso.
862
Studi e Materiali - 4/2014
La disciplina dell’attività edilizia.
Novità normative 2014
(c.d. decreto “Sblocca Italia”
post conversione)
Segnalazione novità normative
Giovanni Rizzi
Approvato dall’Area Scientifica - Studi Pubblicistici il 21 novembre 2014
Sommario: 1. Premessa. - 2. L’attività edilizia libera previa comunicazione inizio lavori
(art. 6, comma 2, T.U. D.P.R. 380/2001) . - 3. La manutenzione straordinaria, la
ristrutturazione edilizia e gli interventi di frazionamento e di accorpamento delle
unità immobiliari. - 4. Interventi di conservazione. - 5. Modifiche alla disciplina del
permesso di costruire. - 6. La segnalazione certificata di inizio attività. - 7. Il mutamento di destinazione d’uso. - 8. La dichiarazione “alternativa” di conformità ed
agibilità. - 9. Il permesso di costruire convenzionato. - 10. Modifica alla disciplina
in materia di sanzioni. - 11. Il regolamento edilizio “unificato” . - 12. Modifiche alla
Legge 17 agosto 1942, n. 1150.
1. PREMESSA
La vigente disciplina dell’attività edilizia trova la sua fonte nel Testo Unico
delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, di cui al D.P.R.
6 giugno 2001, n. 380 (di seguito T.U. D.P.R. 380/2001) entrato in vigore il 30
giugno 2003 (e più precisamente nella PARTE I del suddetto Testo Unico per
l’appunto rubricata “ATTIVITÀ EDILIZIA” comprendente gli articoli da 1 a 51).
Il T.U. D.P.R. 380/2001 successivamente alla sua entrata in vigore ha subito
ricorrenti modifiche.
Le ultime modifiche apportate al T.U. D.P.R. 380/2001 sono contenute
nell’art. 17 D.L. 12 settembre 2014, n. 133 (c.d. “decreto Sblocca Italia”) (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 212 del 12 settembre 2014) in vigore dal 13
settembre 2014, nel testo modificato in sede di conversione in legge, disposta
con Legge 11 novembre 2014, n. 164 (pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 262
dell’11 novembre 2014) in vigore dal 12 novembre 2014 (di seguito D.L.
133/2014).
Studi e Materiali - 4/2014
863
La disciplina dell’attività edilizia. Novità normative 2014
2. L’ATTIVITÀ EDILIZIA LIBERA PREVIA COMUNICAZIONE INIZIO LAVORI
(ART. 6, COMMA 2, T.U. D.P.R. 380/2001)
Il D.L. 133/2014 è tornato a modificare la disciplina in materia di attività edilizia libera dettata dall’art. 6, T.U. D.P.R. 380/2001 (disciplina che era stata integralmente riscritta dal D.L. 25 marzo 2010, n. 40 convertito con Legge 22 maggio 2010, n. 73).
In particolare il D.L. 133/2014:
i) ha modificato il primo comma dell’art. 6, T.U. D.P.R. 380/2001, ampliando
gli interventi di attività “totalmente” libera (per la quale non servono né provvedimenti né comunicazioni di qualsiasi genere). Per effetto di una modifica introdotta in sede di conversione, si è stabilito che possono essere eseguiti senza
alcun titolo abilitativo (fatte comunque salve le prescrizioni degli strumenti urbanistici comunali e le altre normative di settore, come ad es. le norme antisismiche, di sicurezza, antincendio, ecc. ecc.) anche gli interventi di installazione delle pompe di calore aria-aria di potenza termica utile nominale inferiore a 12Kw,
interventi, a tal fine, da ritenersi ricompresi nella manutenzione ordinaria.
ii) ha riscritto il quarto comma dell’art. 6, T.U. D.P.R. 380/2001, relativo alla
particolare disciplina da applicare agli interventi di cui al comma 2, lett. a) (manutenzione straordinaria) e lett e-bis (interventi in locali destinati ad attività di
impresa). Per tali interventi, infatti, non è sufficiente la semplice comunicazione
di inizio dei lavori prevista per tutti le altre ipotesi contemplate nel comma 2, essendo, invece, richiesto che l’interessato debba trasmettere all’amministrazione
comunale l’elaborato progettuale ed una comunicazione di inizio dei lavori asseverata da un tecnico abilitato, il quale deve attestare, sotto la propria responsabilità, che i lavori sono conformi agli strumenti urbanistici approvati e ai regolamenti edilizi vigenti, nonché che sono compatibili con la normativa in materia
sismica e con quella sul rendimento energetico nell’edilizia e che non vi è interessamento delle parti strutturali dell’edificio [che è, ora, condizione per assoggettare gli interventi di cui al comma 2, lett. a) e di cui al comma 2 lett e-bis alla
comunicazione inizio lavori, come in appresso specificato sub ii) e sub iii]; la
comunicazione deve contenere, inoltre, i dati identificativi dell’impresa alla quale
si intende affidare la realizzazione dei lavori. In precedenza, invece, la norma in
commento prevedeva che l’interessato unitamente alla comunicazione di inizio
dei lavori dovesse trasmettere all’amministrazione comunale una relazione tecnica, provvista di data certa e corredata degli opportuni elaborati progettuali a
firma di tecnico abilitato, che doveva asseverare, sotto la propria responsabilità,
che i lavori erano conformi agli strumenti urbanistici approvati ed ai regolamenti
edilizi vigenti e che per essi la normativa statale e regionale non prevedeva il rilascio di un titolo abilitativo. La modifica apportata dal D.L. 133/2014 si colloca
sicuramente in un processo di maggiore semplificazione per gli interventi edilizi
di minore impatto; non più due documenti e relativi allegati grafici (comunicazione inizio lavori più relazione asseverata più elaborati progettuali) bensì un
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Studi e Materiali - 4/2014
Segnalazioni novità normative - Studi Pubblicistici
unico documento e relativo allegato grafico (la comunicazione di inizio dei lavori
asseverata più elaborato progettuale).
iii) ha modificato il comma 2, lett. a), dell’art. 6, T.U. D.P.R. 380/2001, ridefinendo gli interventi di manutenzione straordinaria da assoggettare alla comunicazione di inizio dei lavori asseverata di cui al precedente punto ii); deve trattarsi di interventi di manutenzione straordinaria [ivi compresa l’apertura di porte interne o lo spostamento di pareti interne] che non riguardino, peraltro, le parti
strutturali dell’edificio. In precedenza la comunicazione di inizio dei lavori accompagnata dalla relazione tecnica riguardava gli interventi di manutenzione
straordinaria [ivi compresa l’apertura di porte interne o lo spostamento di pareti
interne] sempre che non riguardassero le parti strutturali dell’edificio, non comportassero aumento del numero delle unità immobiliari e non implicassero incremento dei parametri urbanistici. Rispetto al passato, pertanto, anche interventi di manutenzione straordinaria che comportino aumento delle unità immobiliari ovvero che implichino incremento dei parametri urbanistici possono fruire
della procedura semplificata di cui all’art. 6, comma 2, T.U. D.P.R. 380/2001.
Solo gli interventi di manutenzione straordinaria che riguardano parti strutturali
dell’edificio sono soggetti a S.C.I.A., per effetto della disposizione residuale di
cui all’art. 22, comma 1, T.U. D.P.R. 380/2001; tutti gli altri interventi, comunque
riconducibili alla manutenzione straordinaria, di carattere non strutturale, sono,
invece, soggetti alla comunicazione di inizio dei lavori asseverata.
iv) ha modificato il comma 2, lett. e-bis), dell’art. 6, T.U. D.P.R. 380/2001,
precisando che anche gli interventi edilizi di cui al suddetto comma 2, lett. ebis), per poter fruire della procedura semplificata della comunicazione di inizio
dei lavori asseverata, non debbono riguardare le parti strutturali. Pertanto, a seguito della modifica apportata, ci si può avvalere della comunicazione di inizio
dei lavori asseverata per le modifiche interne di carattere edilizio sulla superficie
coperta dei fabbricati adibiti ad attività d’impresa, sempre che non riguardino le
parti strutturali, ovvero per le modifiche della destinazione d’uso dei locali adibiti
ad esercizio di impresa.
v) ha riscritto il quinto comma dell’art. 6, T.U. D.P.R. 380/2001 relativo agli atti
di aggiornamento catastale. Si prevede, ora, che con riguardo a tutti gli interventi
di cui all’art. 6, comma 2, T.U. D.P.R. 380/2001, la comunicazione di inizio dei lavori (sia la comunicazione “semplice” che la comunicazione “asseverata”), laddove integrata con la comunicazione di fine dei lavori, è valida anche ai fini
dell’aggiornamento dei registri catastali ai sensi dell’art. 17, comma 1, lett. b),
R.D.L. 13 aprile 1939, n. 652 1, convertito con Legge 11 agosto 1939, n. 1249, e,
1
Così dispone art. 17, R.D.L. 13 aprile 1939, n. 652, convertito con Legge 11 agosto 1939, n.
1249: «Il nuovo catasto edilizio urbano è conservato e tenuto al corrente, in modo continuo ed anche con verificazioni periodiche, allo scopo di tenere in evidenza per ciascun Comune o porzione di
Comune, le mutazioni che avvengono:
a) rispetto alla persona del proprietario o del possessore dei beni nonché rispetto alla persona
che gode di diritti reali sui beni stessi;
(segue)
Studi e Materiali - 4/2014
865
La disciplina dell’attività edilizia. Novità normative 2014
stante le suddette finalità, la stessa deve essere tempestivamente inoltrata da
parte dell’amministrazione comunale ai competenti uffici dell’Agenzia delle entrate. In precedenza il suddetto quinto comma prevedeva che fosse l’interessato a
provvedere alla presentazione degli atti di aggiornamento catastale nei termini di
legge. Con la modifica apportata dal D.L. 133/2014 è, ora, lo stesso sportello unico per l’edilizia che, nel ricevere la comunicazione di inizio dei lavori, laddove integrata con la comunicazione di fine dei lavori (quest’ultima previsione è stata introdotta in sede di conversione in legge del decreto), deve attivare il procedimento di aggiornamento catastale. La norma, peraltro, non chiarisce come debba essere effettuato, concretamente, l’aggiornamento degli atti catastali, una volta attivato il relativo procedimento. Innanzitutto per effetto della modifica apportata in
sede di conversione è stato chiarito che, comunque, il procedimento di aggiornamento catastale potrà essere attivato solo dopo che sia stata presentata anche la
comunicazione di fine lavori. Infatti, era difficile pensare che si potesse procedere
all’avvio del procedimento di aggiornamento catastale contestualmente alla presentazione della comunicazione di inizio dei lavori (ossia prima che fossero state
eseguite le opere modificative), e quindi nell’impossibilità di redigere la planimetria catastale aggiornata. Considerato, peraltro, che non è certo compito degli Uffici comunali predisporre tale planimetria, è lecito ritenere che spetti sempre
all’interessato o presentare la planimetria aggiornata al Comune, unitamente alla
comunicazione di fine lavori (con la conseguenza che sarà poi il Comune a trasmettere la planimetria aggiornata al Catasto) ovvero presentare tale planimetria
direttamente al Catasto, una volta conclusi i lavori (e trasmettendo al Comune,
unitamente alla comunicazione di fine lavori, la ricevuta di avvenuta presentazione degli atti di aggiornamento catastale); in sostanza l’unica novità rispetto al
passato consiste in questo compito affidato allo sportello unico per l’edilizia di
“accertare” e quindi assicurare che, in un modo o nell’altro, a seguito degli interventi ex art. 6 T.U. D.P.R. 380/2001, si sia proceduto anche all’aggiornamento dei
dati catastali.
vi) ha riscritto il sesto comma dell’art. 6, T.U. D.P.R. 380/2001 attribuendo alle Regioni a statuto ordinario la facoltà:
- di estendere la disciplina di cui all’art. 6, T.U. D.P.R. 380/2001 (attività edilizia
libera) a interventi edilizi ulteriori rispetto a quelli previsti nei commi primo e secondo del suddetto art. 6 (disposizione questa già prevista anche in precedenza);
- di disciplinare con legge le modalità per l’effettuazione dei controlli (disposizione questa che è andata a sostituire le precedenti disposizioni contenute
nelle lettere b) e c) del sesto comma, nella quali si faceva riferimento alla relab) nello stato dei beni, per quanto riguarda la consistenza e l’attribuzione della categoria e della
classe.
Le tariffe possono essere rivedute in sede di verificazione periodica od anche in dipendenza di
circostanze di carattere generale o locale nei modi e nei termini da stabilirsi con regolamento, salvo
quanto è disposto nel successivo articolo 25».
866
Studi e Materiali - 4/2014
Segnalazioni novità normative - Studi Pubblicistici
zione tecnica prevista dal quarto comma, ora eliminata, con la riscrittura di detto
quarto comma; vedi sopra sub i);
vii) ha modificato il settimo comma dell’art. 6, T.U. D.P.R. 380/2001, innalzando l’importo della sanzione pecuniaria ivi prevista da € 258 ad € 1.000 (previsione inserita in sede di conversione in legge del decreto) e prevedendo
l’applicazione della suddetta sanzione pecuniaria di € 1.000 oltre che nel caso
di mancata trasmissione della comunicazione di inizio dei lavori “semplice” (di
cui all’art. 6, comma 2, T.U. D.P.R. 380/2001) anche nel caso di mancata trasmissione della comunicazione di inizio dei lavori asseverata (di cui all’art. 6,
comma 4, T.U. D.P.R. 380/2001, nel testo modificato dal D.L. 133/2014). È, invece, confermata la disposizione che prevede la riduzione di detta sanzione di
due terzi se la comunicazione è effettuata spontaneamente quando l’intervento
è in corso di esecuzione.
3. LA MANUTENZIONE STRAORDINARIA, LA RISTRUTTURAZIONE EDILIZIA E
GLI INTERVENTI DI FRAZIONAMENTO E DI ACCORPAMENTO DELLE UNITÀ
IMMOBILIARI
La manutenzione straordinaria
Il D.L. 133/2014 non si è limitato ad intervenire sulla disciplina della manutenzione straordinaria con riferimento al titolo abilitativo (ossia alla comunicazione di inizio lavori asseverata), ma è altresì intervenuto ampliando la fattispecie stessa della “manutenzione straordinaria”:
i) da un lato escludendo dall’ambito della manutenzione straordinaria solo le
opere e le modifiche necessarie per rinnovare e sostituire parti anche strutturali
degli edifici, e per realizzare ed integrare i servizi igienico-sanitari e tecnologici,
se ed in quanto tali da alterare la volumetria complessiva degli edifici; in precedenza erano escluse le opere e le modifiche che alterassero i volumi e le superfici delle singole unità immobiliari; ora invece l’esclusione opera solo in caso di
alterazione della volumetria complessiva degli edifici; la modifica della superficie o del volume della singola unità è, invece, divenuta, a tali fini, irrilevante;
ii) dall’altro includendo nell’ambito della manutenzione straordinaria anche i
seguenti interventi edilizi:
- il frazionamento delle unità immobiliari con esecuzione di opere, anche se
comportante la variazione delle superfici delle singole unità immobiliari nonché
del carico urbanistico purché non sia modificata la volumetria complessiva degli
edifici e si mantenga l’originaria destinazione d’uso;
- l’accorpamento delle unità immobiliari con esecuzione di opere, anche se
comportante la variazione delle superfici delle singole unità immobiliari nonché
del carico urbanistico purché non sia modificata la volumetria complessiva degli
edifici e si mantenga l’originaria destinazione d’uso.
Studi e Materiali - 4/2014
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La disciplina dell’attività edilizia. Novità normative 2014
A seguito della modifica apportata, gli interventi di manutenzione straordinaria di cui all’art. 3, comma 1, lett. b), T.U. D.P.R. 380/2001 debbono essere così
definiti:
«le opere e le modifiche necessarie per rinnovare e sostituire parti anche
strutturali degli edifici, nonché per realizzare ed integrare i servizi igienicosanitari e tecnologici, sempre che non alterino la volumetria complessiva degli
edifici e non comportino modifiche delle destinazioni di uso; nell’ambito degli interventi di manutenzione straordinaria sono ricompresi anche quelli consistenti
nel frazionamento o accorpamento delle unità immobiliari con esecuzione di
opere, anche se comportante la variazione delle superfici delle singole unità
immobiliari nonché del carico urbanistico purché non sia modificata la volumetria complessiva degli edifici e si mantenga l’originaria destinazione d’uso».
Pertanto si è sicuramente fuori dall’ambito della manutenzione straordinaria
ogniqualvolta vi sia un’alterazione della volumetria complessiva dell’edificio o
quando via sia una modifica della destinazione d’uso.
Lo stesso D.L. 133/2014 ha previsto per gli interventi di manutenzione straordinaria, secondo la nuova definizione discendente dalle modifiche apportate all’art.
3, comma 1, lett. b), T.U. D.P.R. 380/2001, l’obbligo di corrispondere il contributo
concessorio di cui all’art. 16, T.U. D.P.R. 380/2001, peraltro in forma ridotta, dovendo lo stesso essere commisurato alla sola incidenza delle opere di urbanizzazione (esclusa la quota commisurata al costo di costruzione) e ciò al ricorrere delle
seguenti due condizioni (introdotte in sede di conversione del decreto in legge):
- che si tratti di opere di manutenzione straordinaria comportanti aumento
del carico urbanistico;
- che si tratti di opere dalle quali derivi un aumento della superficie calpestabile
(in questo senso l’art. 17, comma 4, T.U. D.P.R. 380/2001, nel testo modificato dal D.L. 133/2014).
La modifica è diretta conseguenza del rilevante ampliamento della fattispecie della manutenzione straordinaria (che ora ricomprende anche interventi incidenti sul carico urbanistico, come ad esempio gli interventi di frazionamento
delle unità immobiliari). In sede di conversione in legge del decreto, si è opportunamente limitato l’obbligo di corrispondere il contributo concessorio (in forma
ridotta) ai soli interventi di manutenzione straordinaria comportanti aumento del
carico urbanistico ed aumento della superficie calpestabile, in quanto l’obbligo
indifferenziato, per tutti gli interventi di manutenzione straordinaria, come era
previsto nella versione originaria del decreto, sarebbe stato oltremodo penalizzante per tutti quegli interventi, già in passato riconducibili nell’ambito della manutenzione straordinaria, per i quali era escluso l’obbligo di corresponsione del
contributo concessorio 2.
2
Una modifica in questo senso era stata da noi auspicata nel precedente commento del decreto “Sblocca Italia” (La disciplina dell’attività edilizia. Novità normative 2014 (D.L. 133/2014 - c.d.
“Sblocca Italia”, in CNN Notizie n. 191 del 15 ottobre 2014).
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Segnalazioni novità normative - Studi Pubblicistici
La ristrutturazione edilizia
Da segnalare che è stata, anche, modificato, sempre nell’ottica della semplificazione del procedimento edilizio, l’art. 10, comma 1, lett. c), T.U. D.P.R.
380/2001, nel senso di escludere dall’ambito della ristrutturazione edilizia c.d.
“maggiore”, gli interventi edilizi [che portino ad un organismo edilizio in tutto o in
parte diverso dal precedente] comportanti «aumento di unità immobiliari, modifiche del volume o delle superfici». Rimangono, a tal fine rilevanti, solo gli interventi edilizi [che portino ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal
precedente] comportanti «modifiche della volumetria complessiva degli edifici o
dei prospetti».
Conseguentemente gli interventi di ristrutturazione edilizia c.d. “maggiore”, per
i quali è richiesto il permesso di costruire o, in alternativa, la c.d. super-D.I.A., sono attualmente quelli che portino ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente e che comportino modifiche della volumetria complessiva degli
edifici o dei prospetti [e non più anche l’aumento delle unità immobiliari, modifiche
del volume o delle superfici], ovvero che, limitatamente agli immobili compresi
nelle zone omogenee A, comportino mutamenti della destinazione d’uso, nonché
gli interventi che comportino modificazioni della sagoma di immobili sottoposti a
vincoli ai sensi del D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 e s.m.i.
Si rammenta che già il D.L. 21 giugno 2013, n. 69 convertito con Legge 9
agosto 2013 n. 98 (art. 30, comma 1, lett. a) aveva modificato la disciplina dettata dal T.U. in materia edilizia in tema di ristrutturazione, e ciò con riguardo agli
interventi di demolizione e ricostruzione, eliminando la condizione del rispetto
della “sagoma” e ricomprendendovi anche la ricostruzione di edifici già crollati,
ferma restando la disciplina previgente solo per gli interventi di demolizione e ricostruzione aventi per oggetto fabbricati sottoposti ai vincoli storico/culturali ed
ambientali/paesaggistici di cui al D.Lgs. 22 gennaio 2004 n. 42 (vennero, di
conseguenza, modificati sia l’art. 3, comma 1, lett. d), T.U. D.P.R. 380/2001 che
l’art. 10, comma 1, lett. c) T.U. D.P.R. 380/2001, sopra citato) 3.
Questa, riepilogando, la disciplina “edilizia” oggi in vigore con riguardo agli
interventi di ristrutturazione edilizia:
i) sono soggetti a permesso di costruire o, in alternativa, su opzione
dell’interessato, a super-D.I.A. (per effetto del richiamo all’art. 10, comma 1, lett.
c) T.U. D.P.R. 380/2001 operato dall’art. 22, comma 3, medesimo T.U. D.P.R.
380/2001) i seguenti interventi di ristrutturazione (c.d. “maggiore”):
- gli interventi di ristrutturazione edilizia che portino ad un organismo edilizio
in tutto o in parte diverso dal precedente e che comportino modifiche della volumetria complessiva degli edifici o dei prospetti, ovvero che, limitatamente agli
3
G. Rizzi, La disciplina dell’attività edilizia. Novità normative a seguito della conversione in legge del D.L. 69/2013 (c.d. Decreto del fare), in CNN Notizie n. 160 del 2 settembre 2013.
Studi e Materiali - 4/2014
869
La disciplina dell’attività edilizia. Novità normative 2014
immobili compresi nelle zone omogenee A, comportino mutamenti della destinazione d’uso;
- gli interventi che comportino modificazioni della sagoma solo se hanno per
oggetto immobili sottoposti a vincoli ai sensi del D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42;
ii) sono, invece, soggetti a S.C.I.A. (per effetto della disposizione residuale di
cui all’art. 22, comma 1, T.U. D.P.R. 380/2001) gli interventi di ristrutturazione
edilizia (c.d. “minore”) che portino ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente e che comportino:
- aumento delle unità immobiliari,
- modifiche del volume o delle superfici delle singole unità immobiliari (senza
che vi sia modifica della volumetria complessiva dell’edificio),
- modificazioni della sagoma sempreché abbiano per oggetto immobili non
sottoposti a vincoli ai sensi del D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42,
interventi, tutti, che prima delle modifiche introdotte dal D.L. 69/2013 e successivamente dal D.L. 133/2014, erano, invece, riconducibili alla ristrutturazione
c.d. “maggiore” e quindi soggetti a permesso di costruire o, in alternativa, su
opzione dell’interessato, a super-D.I.A.
Gli interventi di frazionamento e accorpamento delle unità immobiliari.
Precisazione
È opportuno precisare che solo gli interventi “autonomi” di frazionamento o
di accorpamento delle unità immobiliari, ossia i singoli interventi edilizi comportanti l’esecuzione di opere minime per ottenere la fisica separazione o
l’accorpamento delle unità immobiliari, possono essere ricondotti alla fattispecie
della “manutenzione straordinaria”. Se ed in quanto interventi non autonomi, ma
ricompresi in un “insieme sistematico di opere” portante ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente, si sarà in presenza di un intervento qualificabile di “ristrutturazione edilizia” e non di manutenzione straordinaria.
Ovviamente la riconducibilità all’una o all’altra qualificazione dell’intervento,
comporta anche diverse conseguenze in ordine al titolo edilizio abilitativo:
i) se qualificabili come interventi di manutenzione straordinaria (interventi autonomi di frazionamento delle unità) gli stessi sono soggetti a comunicazione di
inizio dei lavori asseverata, secondo la disciplina dettata dall’art. 6, comma 4,
T.U. D.P.R. 380/2001 (nuovo testo);
ii) se qualificabili come interventi di ristrutturazione edilizia (frazionamento
delle unità nell’ambito di un insieme sistematico di opere portante da un organismo edilizio in tutto o in parte diverso da quello precedente) gli stessi sono soggetti a S.C.I.A., se si tratta di ristrutturazione edilizia c.d. “minore” (ferma, sempre, restando la facoltà per l’interessato di richiedere il rilascio del permesso di
costruire ai sensi dell’art. 22, comma 7, T.U. D.P.R. 380/2001), ovvero a permesso di costruire o, in alternativa, su opzione dell’interessato, a super-D.I.A.,
se si tratta di ristrutturazione edilizia c.d. “maggiore”.
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Segnalazioni novità normative - Studi Pubblicistici
L’incidenza sulla circolazione immobiliare
Per quanto riguarda la rilevanza, ai fini della circolazione immobiliare, degli
interventi di manutenzione straordinaria e degli interventi di ristrutturazione c.d.
“minore” (tra i quali oggi rientra la maggior parte degli interventi di accorpamento e/o frazionamento delle unità immobiliari esistenti), si rammenta che, trattandosi di interventi considerati di basso impatto urbanistico (e per i quali è, conseguentemente, sufficiente la presentazione della comunicazione di inizio dei lavori asseverata ovvero della S.C.I.A.), non è mai messa in discussione la commerciabilità dei beni che siano stati oggetto di simili interventi edilizi.
La menzione negli atti traslativi o divisionali degli estremi dei titoli edilizi sulla
cui base si è proceduto all’intervento di manutenzione straordinaria o di ristrutturazione edilizia “minore” (comunicazione di inizio dei lavori asseverata ovvero
S.C.I.A.) è, pertanto, facoltativa (per la storia urbanistico edilizia dell’edificio) e
comunque la sua mancanza non incide mai sulla validità dell’atto.
Se si tratta, invece, di interventi riconducibili alla ristrutturazione c.d. “maggiore” (tra i quali oggi potrebbero rientrare anche interventi di accorpamento e/o
frazionamento non autonomi), vi è l’obbligo, a pena di nullità, di indicare in atto
gli estremi del permesso di costruire o della super-D.I.A., come si evince dalla
disposizione dell’art. 46, comma 5-bis, T.U. D.P.R. 380/2001.
4. INTERVENTI DI CONSERVAZIONE
Il D.L. 133/2014 ha inserito nel T.U. D.P.R. 380/2001 una nuova norma (l’art.
3-bis) che disciplina la nuova figura degli “interventi di conservazione”, riguardante immobili riconosciuti non più compatibili con gli indirizzi di pianificazione
comunale, e per i quali necessita un intervento di riqualificazione da formalizzare con apposito piano urbanistico.
In pratica la norma prevede:
i) innanzitutto che lo strumento urbanistico debba individuare gli edifici esistenti non più compatibili con gli indirizzi della pianificazione;
ii) l’acquisizione di detti edifici al patrimonio comunale attraverso
l’espropriazione;
iii) in alternativa all’espropriazione, l’adozione da parte del Comune di misure volte a favorire la riqualificazione delle aree attraverso forme di compensazione incidenti sull’area interessata e senza aumento della superficie coperta,
rispondenti al pubblico interesse e comunque rispettose dell’imparzialità e del
buon andamento dell’azione amministrativa (ad esempio ricorrendo alla c.d.
“volumetria premiale”, ossia riconoscendo una maggiore volumetria o diritti edificatori liberamente commerciabili al proprietario che si obblighi a procedere alla
ristrutturazione e riqualificazione degli immobili in attuazione di apposito Piano
di recupero);
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La disciplina dell’attività edilizia. Novità normative 2014
iv) che nelle more dell’attuazione del piano (di recupero o riqualificazione urbanistica) il proprietario possa eseguire solo interventi di carattere conservativo
(manutenzione ordinaria, manutenzione straordinaria, restauro e risanamento
conservativo, ristrutturazione) ad eccezione della demolizione e successiva ricostruzione se non giustificata da obiettive ed improrogabili ragioni di ordine
statico od igienico sanitario.
5. MODIFICHE ALLA DISCIPLINA DEL PERMESSO DI COSTRUIRE
Proroga del permesso di costruire
Viene riscritto l’intero comma secondo dell’art. 15, T.U. D.P.R. 380/2001. Innanzitutto si dispone che Il termine per l’inizio dei lavori non può essere superiore ad un anno dal rilascio del titolo; quello di ultimazione, entro il quale
l’opera deve essere completata, non può superare tre anni dall’inizio dei lavori
(in ciò confermando la disposizione previgente). Dopodiché si prevede che decorsi tali termini il permesso decade di diritto per la parte non eseguita, tranne
che, anteriormente alla scadenza, venga richiesta una proroga. La proroga può
essere accordata, con provvedimento motivato, per fatti sopravvenuti, estranei
alla volontà del titolare del permesso, oppure in considerazione della mole
dell’opera da realizzare, delle sue particolari caratteristiche tecnico-costruttive,
o di difficoltà tecnico-esecutive emerse successivamente all’inizio dei lavori, ovvero quando si tratti di opere pubbliche il cui finanziamento sia previsto in più
esercizi finanziari.
Con la nuova norma la proroga può essere richiesta solo prima della scadenza. Una volta decorsi i termini il permesso di costruire decade di diritto per
la parte non eseguita.
Viene inoltre disciplinata una specifica ipotesi in cui la proroga deve comunque essere accordata. Si tratta del nuovo comma 2-bis, dell’art. 15, T.U. D.P.R.
380/2001, introdotto dal D.L. 133/2014, che così dispone: «la proroga dei termini per l’inizio e l’ultimazione dei lavori è comunque accordata qualora i lavori
non possano essere iniziati o conclusi per iniziative dell’amministrazione o
dell’autorità giudiziaria rivelatesi poi infondate».
Si rammenta, al riguardo, che il D.L. 69/2013, in considerazione del grave
stato di crisi che sta conoscendo il settore dell’edilizia, ha previsto una proroga
indifferenziata, ex lege, di 2 anni dei termini di inizio e ultimazione lavori di cui
all’art. 15, T.U. D.P.R. 380/2001, come indicati nei titoli abilitativi rilasciati o comunque formatisi antecedentemente al 21 agosto 2013 (art. 30, comma 3, D.L.
69/2013). La proroga non opera automaticamente, ma su istanza di parte: la
norma infatti richiede, per l’attivazione della proroga, la “preventiva comunicazione del soggetto interessato” e subordina la proroga stessa al verificarsi di tutte le seguenti condizioni:
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Segnalazioni novità normative - Studi Pubblicistici
- che non vi sia diversa disciplina regionale (che la norma fa, espressamente, “salva”);
- che i termini indicati nei titoli abilitativi rilasciati non siano già decorsi al
momento della comunicazione dell’interessato;
- che i titoli abilitativi da prorogare non risultino in contrasto, al momento della comunicazione dell’interessato, con nuovi strumenti urbanistici approvati o
adottati.
Contributo concessorio
Il D.L. 133/2014 interviene anche sulla disciplina del contributo concessorio.
Innanzitutto viene assegnato al contributo il ruolo di strumento incentivante del
recupero dell’esistente rispetto alla costruzione ex novo. Infatti si prevede che:
i) l’incidenza degli oneri di urbanizzazione primaria e secondaria è stabilita
nelle tabelle parametriche adottate dalla regione o in loro mancanza direttamente dai Comuni in relazione, anche alla differenziazione tra gli interventi, al fine di
incentivare, in modo particolare nelle aree a maggiore densità del costruito,
quelli di ristrutturazione edilizia di cui all’art. 3, comma 1, lett. d), T.U. D.P.R.
380/2001 anziché quelli di nuova costruzione;
ii) al fine di incentivare il recupero del patrimonio edilizio esistente, per gli interventi di ristrutturazione edilizia di cui all’art. 3, comma 1, lett. d), T.U. D.P.R.
380/2001, i comuni hanno comunque la facoltà di deliberare che i costi di costruzione ad essi relativi siano inferiori ai valori determinati per le nuove costruzioni (in precedenza era previsto che tali costi non superassero i valori determinati per le nuove costruzioni);
iii) al fine di agevolare gli interventi di densificazione edilizia, per la ristrutturazione, il recupero e il riuso degli immobili dismessi o in via di dismissione, il
contributo di costruzione è ridotto in misura non inferiore al venti per cento rispetto a quello previsto per le nuove costruzioni nei casi non interessati da varianti urbanistiche, deroghe o cambi di destinazione d’uso comportanti maggior
valore rispetto alla destinazione originaria. I comuni definiscono, entro novanta
giorni dall’entrata in vigore della nuova disposizione, i criteri e le modalità applicative per l’applicazione della relativa riduzione (nuovo art. 17, comma 4-bis,
T.U. D.P.R. 380/2001, introdotto dal D.L. 133/2014).
In sede di conversione in legge del decreto è stata inserita anche una nuova
norma che prevede una sorta di contributo straordinario da corrispondere
nell’ambito del contributo concessorio (anche mediante cessione di aree o immobili da destinare a servizi di pubblica utilità, edilizia residenziale sociale od
opere pubbliche), e da determinarsi in relazione al maggior valore generato da
interventi su aree o immobili in variante urbanistica, in deroga o con cambio di
destinazione d’uso. In particolare si prevede che l’incidenza degli oneri di urbanizzazione primaria e secondaria è stabilita nelle tabelle parametriche adottate
dalla regione o in loro mancanza direttamente dai Comuni in relazione anche alla valutazione del maggior valore generato da interventi su aree o immobili in
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La disciplina dell’attività edilizia. Novità normative 2014
variante urbanistica, in deroga o con cambio di destinazione d’uso. Tale maggior valore, calcolato dall’amministrazione comunale, è suddiviso in misura non
inferiore al 50 per cento tra il comune e la parte privata ed è erogato da
quest’ultima al comune stesso sotto forma di contributo straordinario, che attesta l’interesse pubblico, in versamento finanziario, vincolato a specifico centro di
costo per la realizzazione di opere pubbliche e servizi da realizzare nel contesto
in cui ricade l’intervento, cessione di aree o immobili da destinare a servizi di
pubblica utilità, edilizia residenziale sociale od opere pubbliche. Sono comunque fatte salve le diverse disposizioni delle legislazioni regionali e degli strumenti urbanistici generali dei Comuni (nuovo art. 16, comma 4, lett. d-ter e
comma 4-bis T.U. D.P.R. 380/2001, introdotto dal D.L. 133/2014).
Procedimento per il rilascio del permesso di costruire
L’art. 20, T.U. D.P.R. 380/2001, prevede che a fronte della domanda per il rilascio di un permesso di costruire, completa di tutta la documentazione a tal fine richiesta:
i) lo sportello unico comunica entro dieci giorni al richiedente il nominativo
del responsabile del procedimento;
ii) entro sessanta giorni dalla presentazione della domanda, il responsabile
del procedimento cura l’istruttoria e valutata la conformità del progetto alla normativa vigente, formula una proposta di provvedimento, corredata da una dettagliata relazione, con la qualificazione tecnico-giuridica dell’intervento richiesto.
Detto termine può essere interrotto una sola volta dal responsabile del procedimento, entro trenta giorni dalla presentazione della domanda, esclusivamente
per la motivata richiesta di documenti che integrino o completino la documentazione presentata e che non siano già nella disponibilità dell’amministrazione;
iii) il provvedimento finale è adottato dal dirigente o dal responsabile
dell’ufficio, entro il termine di trenta giorni dalla proposta di cui sub ii). Il termine
è di quaranta giorni nel caso di comunicazione dei motivi ostativi
all’accoglimento della domanda, ai sensi dell’art. 10 bis Legge 7 agosto 1990 n.
241 (essendo riconosciuto all’istante il termine di dieci giorni per presentare
proprie osservazioni);
iv) decorso inutilmente il termine per l’adozione del provvedimento conclusivo, ove il dirigente o il responsabile dell’ufficio non abbia opposto motivato diniego, sulla domanda di permesso di costruire si intende formato il silenzioassenso, fatti salvi i casi in cui sussistano vincoli ambientali, paesaggistici o storico culturali.
Anche sul procedimento per il rilascio del permesso di costruire è intervenuto il D.L. 133/2014. È ora previsto che I termini di cui sub ii) «sono raddoppiati
nei soli casi di progetti particolarmente complessi secondo la motivata risoluzione del responsabile del procedimento»; così, infatti, dispone l’attuale comma 7,
del suddetto art. 20, T.U. D.P.R. 380/2001, nel testo modificato dal D.L.
133/2014 (in precedenza, invece, il raddoppio dei termini era previsto, oltre che
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Segnalazioni novità normative - Studi Pubblicistici
per i progetti particolarmente complessi, secondo la motivata risoluzione del responsabile del procedimento, anche, ed in ogni caso, per i comuni con più di
100.000 abitanti); in sede di conversione in legge del decreto, si è precisato che
la previsione relativa al raddoppio dei termini non si applica ai Comuni obbligati
all’esercizio in forma associata della funzione fondamentale della pianificazione
urbanistica ed edilizia, prima che sia decorso un anno dalla data di entrata in
vigore della legge di conversione del decreto medesimo.
Permesso di costruire in deroga agli strumenti urbanistici
Il D.L. 133/2014 amplia la fattispecie del permesso di costruire in deroga,
ammettendo la richiesta di permesso di costruire, anche in deroga alle destinazioni d’uso, per gli interventi di ristrutturazione edilizia, attuati anche in aree industriali dismesse, e ciò previa deliberazione del Consiglio comunale che ne attesta l’interesse pubblico, a condizione che il mutamento di destinazione d’uso
non comporti un aumento della superficie coperta prima dell’intervento di ristrutturazione, fermo restando, nel caso di insediamenti commerciali, quanto disposto dall’art. 31, comma 2, del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla Legge 22 dicembre 2011, n. 214, e successive modificazioni
(norma che, richiamandosi alla disciplina della Unione Europea, stabilisce che
costituisce principio generale dell’ordinamento nazionale la libertà di apertura di
nuovi esercizi commerciali sul territorio senza contingenti, limiti territoriali o altri
vincoli di qualsiasi altra natura, esclusi quelli connessi alla tutela della salute,
dei lavoratori, dell’ambiente, ivi incluso l’ambiente urbano, e dei beni culturali).
In precedenza il T.U. D.P.R. 380/2001 (art. 14, comma 1) prevedeva la possibilità di rilascio del permesso di costruire in deroga agli strumenti urbanistici generali esclusivamente per edifici ed impianti pubblici o di interesse pubblico,
previa deliberazione del consiglio comunale, nel rispetto comunque delle disposizioni in materia di beni soggetti ad interesse culturale o a vincolo ambientale e
paesaggistico.
6. LA SEGNALAZIONE CERTIFICATA DI INIZIO ATTIVITÀ
L’art. 49, comma 4-bis, D.L. 31 maggio 2010, n. 78, convertito con Legge 30
luglio 2010 n. 122, ha sostituito il previgente testo dell’art. 19, L. 7 agosto 1990,
n. 241, sostituendo la figura della “dichiarazione di inizio attività” in precedenza
disciplinata in detta norma con la nuova figura della “Segnalazione certificata di
inizio attività”; peraltro la denuncia di inizio attività in campo edilizio non trovava
la sua disciplina nella disposizione “generale” dell’art. 19, L. 241/1990 (poi riscritta dall’art. 49, comma 4-bis, D.L. 78/2010) ma nelle disposizioni specifiche
di cui agli artt. 22 e 23, T.U. D.P.R. 380/2001 (disposizioni che invece non erano state modificate dall’art. 49, comma 4-bis, D.L. 78/2010 sopra citato). In relazione proprio alla specificità della disciplina dettata con riguardo alle D.I.A. in
materia edilizia dal T.U. D.P.R. 380/2001, rispetto alla disciplina generale della
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La disciplina dell’attività edilizia. Novità normative 2014
Legge 241/1990, molti Comuni, all’indomani dell’entrata in vigore della Legge
122/2010 di conversione del D.L. 78/2010 avevano sollevato più di un dubbio
circa l’applicabilità della S.C.I.A. in materia edilizia, ritenendo ancora applicabile
l’istituto della D.I.A.
Per dirimere ogni incertezza al riguardo, si rese necessario un nuovo intervento legislativo; il D.L. 13 maggio 2011, n. 70 convertito con Legge 12 luglio
2011, n. 106 dettò, infatti, una disposizione di carattere “interpretativo” con la
quale si precisò:
- che la S.C.I.A. sostituisce la D.I.A. per tutti gli interventi edilizi di cui all’art.
22, comma 1 e comma 2, del T.U. D.P.R. 380/2001;
- che troverà, al contrario, ancora applicazione la D.I.A. (o meglio, utilizzando l’espressione adottata nella prassi, la super-DIA) laddove la stessa sia, in
base alla normativa statale o regionale, alternativa o sostitutiva rispetto al permesso di costruire (ad esempio per gli interventi di cui all’art. 22, comma. 3,
T.U. D.P.R. 380/2001 o a quelli previsti dalle leggi regionali);
- che, comunque, le Regioni con propria legge possono ampliare l’ambito
delle fattispecie per le quali si può ricorrere alla D.I.A. in via alternativa o sostitutiva al permesso di costruire (fattispecie alle quali, pertanto, non si applicherà
la nuova disciplina in materia di S.C.I.A.);
- che nei casi in cui sussistano vincoli storico/culturali e ambientali/paesaggistici, la S.C.I.A. non sostituisce gli atti di autorizzazione o nulla osta,
comunque denominati, delle amministrazioni preposte alla tutela dell’ambiente
e del patrimonio culturale.
La disciplina dettata in materia di S.C.I.A. ha subito, successivamente, ulteriori modifiche per effetto dell’entrata in vigore del D.L. 69/2013 (art. 30, comma
1, lett. e - lett. f), che ha ampliato l’ambito di applicazione della S.C.I.A. in ordine
alle varianti a permessi di costruire ex art. 22, comma 2, T.U. D.P.R. 380/2001,
ed ha modificato le modalità di acquisizione dei pareri e nulla osta prescritti dalla legge.
Anche il D.L. 133/2014 interviene in materia di S.C.I.A. e lo fa:
- innanzitutto, per recepire nell’art. 22, T.U. D.P.R. 380/2001, le modifiche
terminologiche previste dal D.L. 13 maggio 2011, n. 70; infatti il D.L. 133/2014
stabilisce che ai commi 1 e 2 dell’art. 22, T.U. D.P.R. 380/2001, le parole “denuncia di inizio attività” sono sostituite dalle seguenti “segnalazione certificata di
inizio attività” e le parole “denunce di inizio attività” sono sostituite dalle seguenti
“segnalazioni certificate di inizio attività”;
- in secondo luogo per precisare, con la modifica dell’art. 24, comma 3, T.U.
D.P.R. 380/2001, che è tenuto a richiedere il rilascio del certificato di agibilità,
ricorrendone i presupposti di legge, oltre al soggetto titolare del permesso di
costruire ed al soggetto che ha presentato la denuncia di inizio attività, anche il
soggetto che ha presentato la segnalazione certificata di inizio attività;
- in terzo luogo per precisare che, comunque, l’espressione “denuncia di inizio attività”, ovunque ricorra nel T.U. D.P.R. 380/2001, ad eccezione degli artt. 22,
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Segnalazioni novità normative - Studi Pubblicistici
23 e 24 (per i quali già vi è specifica disposizione) è sostituita dall’espressione
“segnalazione certificata di inizio attività”.
Il D.L. 133/2014 introduce, inoltre, una semplificazione del procedimento con
riguardo alle varianti a permessi a costruire. Dette varianti possono essere ora
realizzate mediante presentazione di una segnalazione certificata di inizio attività a condizione, peraltro, che:
- non configurino una variazione essenziale;
- che siano conformi alle prescrizioni urbanistico-edilizie;
- che siano attuate dopo l’acquisizione degli eventuali atti di assenso prescritti
dalla normativa sui vincoli paesaggistici, idrogeologici, ambientali, di tutela del patrimonio storico, artistico ed archeologico e dalle altre normative di settore.
A fine lavori dette varianti debbono essere comunicate allo sportello unico
per l’edilizia, con attestazione del professionista.
Con la norma in commento viene, pertanto, introdotta una nuova fattispecie
di intervento edilizio soggetta a S.C.I.A., oltre a quelle già previste dalla normativa vigente.
Riepilogando questo è l’attuale ambito applicativo della S.C.I.A.:
i) Ambito ex art. 22, comma 1, T.U. D.P.R. 380/2001: il ricorso alla S.C.I.A.
è, innanzitutto, previsto per TUTTI gli interventi che:
- non siano riconducibili all’elenco di cui all’art. 10 T.U. D.P.R. 380/2001 ossia a quegli interventi soggetti al permesso di costruire (interventi di nuova costruzione, interventi di ristrutturazione urbanistica e interventi di ristrutturazione
edilizia che portino ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente e che comportino modifiche della volumetria complessiva degli edifici o
dei prospetti, ovvero che, limitatamente agli immobili compresi nelle zone omogenee A, comportino mutamenti della destinazione d’uso, nonché gli interventi
che comportino modificazioni della sagoma di immobili sottoposti a vincoli ai
sensi del D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 e s.m.i.);
- che non siano riconducibili all’elenco di cui all’art. 6 T.U. D.P.R. 380/2001
ossia agli interventi ad attività “libera” per i quali non è prescritto nessun titolo
abilitativo nonché agli interventi ad attività “libera” per i quali è peraltro richiesta
la previa comunicazione di inizio dei lavori ovvero la previa comunicazione di
inizio dei lavori asseverata;
- che siano conformi alle previsioni degli strumenti urbanistici e dei regolamenti edilizi e della disciplina urbanistico-edilizia vigente;
ii) Ambito ex art. 22, comma 2, T.U. D.P.R. 380/2001: il ricorso alla S.C.I.A.
è, inoltre, previsto, per le varianti a permessi di costruire che non incidono sui
parametri urbanistici e sulle volumetrie, che non modificano la destinazione
d’uso e la categoria edilizia e non alterano la sagoma dell’edificio qualora sottoposto ai vincoli storico/culturali e ambientali/paesaggistici di cui al D.Lgs. 22
gennaio 2004, n. 42;
iii) Ambito ex art. 22, comma 2-bis, T.U. D.P.R. 380/2001: a seguito della
modica apportata dal D.L. 133/2014, sono realizzabili mediante segnalazione
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La disciplina dell’attività edilizia. Novità normative 2014
certificata d’inizio attività e comunicate a fine lavori con attestazione del professionista, anche le varianti a permessi di costruire che non configurano una variazione essenziale, a condizione che siano conformi alle prescrizioni urbanistico-edilizie e siano attuate dopo l’acquisizione degli eventuali atti di assenso
prescritti dalla normativa sui vincoli paesaggistici, idrogeologici, ambientali, di
tutela del patrimonio storico, artistico ed archeologico e dalle altre normative di
settore;
iv) Ambito ex art. 137 T.U. D.P.R. 380/2001: sono pure soggetti a S.C.I.A.
(giusta quanto disposto dall’art. 9, comma 1 e comma 2, Legge 24 marzo 1989,
n. 122 così come modificato dall’art. 137 T.U. D.P.R. 380/2001) i seguenti interventi: - realizzazione di parcheggi al piano terra o nel sottosuolo di fabbricati
anche in deroga ai vigenti strumenti urbanistici; - realizzazione di parcheggi ad
uso esclusivo dei residenti nel sottosuolo di aree pertinenziali esterne al fabbricato purché non in contrasto con i piani urbani del traffico;
v) Le limitazioni all’uso della S.C.I.A. nei “centri storici”.
Ai sensi dell’art. 23-bis, T.U. D.P.R. 380/2001:
- all’interno delle zone omogenee A) di cui al decreto del Ministro dei lavori
pubblici 2 aprile 1968, n. 1444 (ossia nelle zone corrispondenti ai c.d. “centri
storici”), e in quelle equipollenti secondo l’eventuale diversa denominazione
adottata dalle leggi regionali, i Comuni devono individuare con propria deliberazione, che doveva essere adottata entro il 30 giugno 2014, le aree nelle quali
non è applicabile la S.C.I.A. per interventi di demolizione e ricostruzione, o per
varianti a permessi di costruire, comportanti modifiche della sagoma;
- decorso tale termine e in mancanza di intervento sostitutivo della regione ai
sensi della normativa vigente, la deliberazione di individuazione delle aree è
adottata da un Commissario nominato dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti;
- nelle restanti aree interne alle zone omogenee A) e a quelle equipollenti, gli
interventi cui è applicabile la S.C.I.A. non possono in ogni caso avere inizio prima che siano decorsi trenta giorni dalla data di presentazione della segnalazione;
vi) La facoltà di deroga: è, comunque, riconosciuta la facoltà dell’interessato
di chiedere il rilascio del permesso di costruire (senza obbligo del pagamento dl
contributo concessorio) per la realizzazione degli interventi di cui all’art. 22
commi 1 e 2, T.U. (D.P.R. 380/2001), per i quali è prevista la presentazione della S.C.I.A. In questo caso la violazione della disciplina urbanistico-edilizia non
comporta l’applicazione delle sanzioni di cui all’art. 44 T.U. D.P.R. 380/2001
(ossia delle sanzioni penali) (in questo senso l’art. 22, comma 7, T.U. D.P.R.
380/2001).
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7. IL MUTAMENTO DI DESTINAZIONE D’USO
Il D.L. 133/2014 interviene anche ad integrare la disciplina dettata dal T.U.
D.P.R. 380/2001 in tema di mutamento di destinazione d’uso. In realtà il T.U. in
materia edilizia, in precedenza, non aveva preso posizione sulla qualificazione
urbanistica e sulla disciplina “operativa” del mutamento di destinazione d’uso,
limitandosi a rimettere alle regioni il compito di disciplinare tutto ciò. Infatti l’art.
10, comma 2, T.U. D.P.R. 380/2001 così dispone: «le Regioni stabiliscono con
legge quali mutamenti, connessi o non connessi a trasformazioni fisiche,
dell’uso di immobili o di loro parti, sono subordinati a permesso di costruire o a
denuncia di inizio di attività».
Ora il D.L. 133/2014 introduce una nuova disposizione nel T.U. in materia
edilizia (l’art. 23-ter) in tema di mutamento di destinazione d’uso, distinguendo
tra mutamento di destinazione d’uso “rilevante” e mutamento di destinazione
d’uso “non rilevante”.
Costituisce mutamento rilevante della destinazione d’uso ogni forma di utilizzo dell’immobile o della singola unità immobiliare diversa da quella originaria,
ancorché non accompagnata dall’esecuzione di opere edilizie, purché tale da
comportare l’assegnazione dell’immobile o dell’unità immobiliare considerati ad
una diversa categoria funzionale tra quelle sotto elencate:
- residenziale
- turistico-ricettiva;
- produttiva e direzionale;
- commerciale;
- rurale.
Da segnalare che nel testo originario del decreto, ante conversione, era prevista quale unica categoria funzionale quella “residenziale - turistico ricettiva”
(con la conseguenza, quindi, che un’unità acconsentita con destinazione turistico alberghiera poteva essere destinata a residenza, senza che tale variazione
potesse essere considerata “mutamento rilevante”); in sede di conversione, invece, si proceduto ad un cambio di rotta, prevedendo due distinte categorie
funzionali: una “residenziale” e l’altra, distinta, “turistico-ricettiva” (con la conseguenza, quindi, che se un’unità acconsentita con destinazione turistico alberghiera viene destinata a residenza, la relativa variazione deve essere, ora, considerata “mutamento rilevante”).
Costituisce mutamento non rilevante della destinazione d’uso ogni forma di
utilizzo dell’immobile o della singola unità immobiliare, diversa da quella originaria, ma all’interno della stessa categoria funzionale (ad esempio il mutamento
da laboratorio artigianale a ufficio).
In base alla nuova disciplina, pertanto, ciò che conta, per rendere rilevante o
meno un intervento di mutamento di destinazione d’uso, è la funzione alla quale
l’immobile o la singola unità viene effettivamente destinata. Solo il passaggio
Studi e Materiali - 4/2014
879
La disciplina dell’attività edilizia. Novità normative 2014
dall’una all’altra delle categorie funzionali considerate determina o meno la rilevanza del mutamento di destinazione d’uso.
Sotto questo profilo, al fine di individuare la disciplina applicabile al mutamento di destinazione d’uso, bisogna, ora, tener conto, oltre che della tradizionale distinzione tra mutamento di destinazione d’uso strutturale (ossia accompagnato da opere) e mutamento di destinazione d’uso funzionale (senza
l’esecuzione di opere materiali) anche della nuova distinzione, introdotta dalla
norma in commento, tra mutamento di destinazione d’uso rilevante (con passaggio a diversa categoria funzionale) e mutamento di destinazione d’uso non
rilevante (nell’ambito della medesima categoria funzionale).
La nuova norma, stabilisce che le Regioni debbono adeguare la propria legislazione ai princìpi fissati nel nuovo art. 23-ter, D.L. 133/2014, entro novanta
giorni dalla data della sua entrata in vigore. Decorso tale termine, troveranno
applicazione diretta le disposizioni dell’articolo suddetto.
Da segnalare anche, che, al fine di stabilire quale sia la destinazione d’uso
di un immobile destinato a funzioni diverse, la nuova norma stabilisce che «la
destinazione d’uso di un fabbricato o di un’unità immobiliare è quella prevalente
in termini di superficie utile».
Per quanto riguarda la disciplina “operativa”, il D.L. 133/2014 prende in considerazione solo il mutamento di destinazione d’uso “non rilevante”, stabilendo
che «salva diversa previsione da parte delle leggi regionali e degli strumenti urbanistici comunali, il mutamento della destinazione d’uso all’interno della stessa
categoria funzionale è sempre consentito». Non è chiaro, peraltro, cosa si intende, in termini di titolo edilizio abilitativo, con l’espressione «è sempre consentito». In particolare trova applicazione nel caso di specie la disciplina dettata
dall’art. 6, comma 1, T.U. D.P.R. 380/2001 (attività edilizia totalmente libera)?
ovvero la disciplina dettata dall’art. 6, comma 2, T.U. D.P.R. 380/2001 (attività
edilizia libera previa comunicazione inizio lavori semplice o asseverata)? ovvero
la disciplina dettata dall’art. 22, comma 1, T.U. D.P.R. 380/2001 (attività edilizia
soggetta a S.C.I.A.)? Al riguardo bisogna distinguere a seconda che il mutamento di destinazione d’uso non rilevante sia o meno accompagnato
dall’esecuzione di opere:
i) se mutamento “funzionale” (senza opere) appare preferibile la prima delle
soluzioni sopra esposte, e quindi ritenere applicabile al mutamento di destinazione d’uso non rilevante/funzionale la disciplina dettata dall’art. 6, comma 1,
T.U. D.P.R. 380/2001 (attività edilizia totalmente libera). L’espressione “è sempre consentito” evoca, infatti, una sorta di autorizzazione preventiva ex lege,
senza necessità pertanto di alcun titolo edilizio abilitativo né di comunicazioni di
sorta, per quegli interventi che determinano un cambio di destinazione d’uso
all’interno della stessa categoria funzionale, senza l’esecuzione di alcuna opera
materiale, in quanto interventi ritenuti, per l’appunto, non rilevanti;
ii) se mutamento “strutturale” (con l’esecuzione di opere) troverà applicazione la disciplina prevista dalla vigente normativa in relazione alla tipologia di in880
Studi e Materiali - 4/2014
Segnalazioni novità normative - Studi Pubblicistici
tervento concretamente posto in essere (manutenzione straordinaria, restauro,
ristrutturazione, ecc.) senza che abbiano, peraltro, rilevanza, ai fini della qualificazione urbanistica dell’intervento, le limitazioni connesse al cambio di destinazione d’uso, da ritenersi, a tali fini, irrilevante, in quanto mutamento nell’ambito
della medesima categoria funzionale. Ad esempio se l’intervento consiste in
opere per sostituire parti anche strutturali dell’edificio tali però da non alterare la
volumetria complessiva dell’edificio, si sarà pur sempre in presenza di un intervento di manutenzione straordinaria, in quanto il cambio di destinazione d’uso,
all’interno della medesima categoria funzionale, non è più considerato rilevante
ai fini della qualificazione urbanistica dell’intervento edilizio (al contrario il mutamento di destinazione d’uso “rilevante”, con passaggio ad altra categoria funzionale, esclude sempre che un intervento edilizio, anche minimo, possa qualificarsi di manutenzione straordinaria, in quanto per tale tipologia di interventi la
legge prescrive che si debba in ogni caso «mantenere l’originaria destinazione
d’uso»).
Per gli interventi di destinazione d’uso rilevante, invece, nulla dice la nuova
norma. Anche con riguardo a detti interventi, bisogna distinguere tra:
- mutamento di destinazione funzionale (senza opere di carattere strutturale): interventi soggetti a S.C.I.A. (in virtù della norma residuale dell’art. 22,
comma 1, T.U. D.P.R. 380/2001) in quanto interventi incidenti sui parametri urbanistici;
- mutamento di destinazione strutturale (accompagnato da opere): se qualificabili come interventi di ristrutturazione c.d. “ maggiore”: interventi soggetti a
permesso di costruire (art. 10, comma 1, lett. c), T.U. D.P.R. 380/2001). È prevista in alternativa la possibilità di avvalersi della super-D.I.A. (art 22, comma 3,
lett. a), T.U. D.P.R. 380/2001); se qualificabili come interventi di ristrutturazione
c.d. “minore”: interventi soggetti a S.C.I.A. (in virtù della norma residuale
dell’art. 22, comma 1, T.U. D.P.R. 380/2001) (salva la facoltà di richiedere il
permesso di costruire, ex art. 22, comma 7, D.P.R. 380/2001).
Il tutto, salva diversa disciplina dettata, con propria legge, dalla Regione o
dal Comune con il regolamento Edilizio.
8. LA DICHIARAZIONE “ALTERNATIVA” DI CONFORMITÀ ED AGIBILITÀ
L’art. 25, comma 5-bis, T.U. D.P.R. 380/2001 (introdotto dall’art. 30, comma
1, lett. h), D.L. 21 giugno 2013, n. 69 convertito con Legge 9 agosto 2013, n.
98) prevede una forma alternativa al certificato di agibilità, ossia la dichiarazione di conformità e agibilità (rilasciata dal direttore lavori o da professionista abilitato).
In particolare la norma in commento dispone che l’interessato, in alternativa
alla proposizione della “rituale” domanda per il rilascio del certificato di agibilità
(a seguito della quale l’agibilità si potrebbe formare anche per silenzio assenso,
verificandosi le condizioni di cui all’art. 25, comma 4, T.U. D.P.R. 380/2001), al
Studi e Materiali - 4/2014
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La disciplina dell’attività edilizia. Novità normative 2014
fine di adempiere all’obbligo di richiedere l’agibilità, posto a suo carico dall’art.
24, comma 3, T.U. D.P.R. 380/2001 (e la cui violazione è punita con una sanzione amministrativa), può presentare allo Sportello Unico per l’Edilizia, la dichiarazione del direttore dei lavori o, qualora non nominato, di un professionista
abilitato, con la quale si attesta la conformità dell’opera al progetto presentato e
la sua agibilità, corredata dalla seguente documentazione:
a) richiesta di accatastamento dell’edificio che lo sportello unico provvede a
trasmettere al catasto;
b) dichiarazione dell’impresa installatrice che attesta la conformità degli impianti installati negli edifici alle condizioni di sicurezza, igiene, salubrità, risparmio energetico valutate secondo la normativa vigente.
Comunque, unitamente, alla dichiarazione del tecnico deve essere presentata allo Sportello Unico per l’Edilizia anche la seguente documentazione:
- il certificato di collaudo statico (quando lo stesso sia obbligatorio ai sensi
dell’art. 67 T.U. D.P.R. 380/2001);
- la certificazione di conformità delle opere eseguite alle norme antisismiche
(ovviamente per i soli edifici siti in zone dichiarate sismiche);
- la dichiarazione di conformità delle opere alla normativa in materia di accessibilità e di superamento delle barriere architettoniche;
- il parere dell’A.S.L. nel caso in cui non possa essere sostituito da una dichiarazione del progettista che asseveri la conformità del progetto alle norme
igienico-sanitarie.
Il successivo art. 25, comma 5-ter, T.U. D.P.R. 380/2001 (introdotto sempre
dal D.L. 21 giugno 2013 n. 69) prevedeva, anche, che le Regioni a statuto ordinario disciplinassero, con legge, le modalità per l’attuazione della procedura alternativa di dichiarazione dell’agibilità e per l’effettuazione dei controlli; per effetto della disposizione del comma 5-ter, la disciplina in commento, pertanto, non
poteva considerarsi operativa sino a che la Regione non avesse emanato la disciplina di dettaglio (in particolare la Regione avrebbe dovuto fissare, con propria legge, le modalità di redazione, formazione e rilascio della dichiarazione del
direttore lavori o del professionista abilitato, le modalità di presentazione) 4. Il
D.L. 133/2014 è intervenuto anche su questo punto stabilendo che «all’art. 25,
comma 5-ter, le parole “per l’attuazione delle disposizioni di cui al comma 5-bis”
sono soppresse». Per effetto di questa modifica, conseguentemente, diviene
immediatamente operativa la disciplina sulla dichiarazione di conformità e agibilità (rilasciata dal direttore lavori o da professionista abilitato), quale forma alternativa al certificato di agibilità, senza dover attendere la normativa di dettaglio
da parte della Regione. Alla Regione spetta, ora, solo il compito di disciplinare
le modalità per l’effettuazione dei controlli (ma non più il compito di fissare le
modalità di redazione, formazione e rilascio della dichiarazione del direttore la4
882
G. Rizzi, op. cit..
Studi e Materiali - 4/2014
Segnalazioni novità normative - Studi Pubblicistici
vori o del professionista abilitato e le modalità di presentazione). Pertanto, dalla
data di entrata in vigore del D.L. 133/2014 (13 settembre 2014), è possibile ricorrere alla nuova dichiarazione di conformità e agibilità di cui all’art. 25, comma 5-bis, T.U. D.P.R. 380/2001. Con tale procedura la dichiarazione di agibilità
dell’edificio è immediatamente efficace (ossia l’edificio è agibile dal momento in
cui viene presentata allo sportello unico per l’edilizia la dichiarazione di conformità e agibilità del direttore lavori o del professionista abilitato, alternativa alla
domanda “rituale”, senza dover attendere il rilascio del provvedimento formale
di agibilità da parte del Comune ovvero il decorso dei 30 o 60 giorni richiesti per
la formazione del silenzio assenso). Ovviamente la presentazione allo sportello
unico per l’edilizia di tale dichiarazione “alternativa” non esclude il potere del
Comune di accertare la effettiva sussistenza delle condizioni di agibilità. Sposta
solo il momento di tale controllo, che avverrà, anziché prima del formarsi
dell’agibilità, come nel caso di presentazione della domanda “rituale”, dopo la
presentazione della dichiarazione “alternativa”, e quindi dopo che l’edificio diviene agibile, con facoltà per il Comune, qualora accerti la insussistenza delle
condizioni di legge e/o di regolamento, non tanto di negare il rilascio
dell’agibilità (che si è già formata) quanto di dichiarare l’inagibilità dell’edificio. E
che un’attività di controllo (a posteriori) da parte del Comune non possa mancare è confermato dalla disposizione dell’art. 25-ter, T.U. D.P.R. 380/2001 che attribuisce alle Regioni, il compito di disciplinare, con propria legge, le modalità “di
effettuazione dei controlli”.
9. IL PERMESSO DI COSTRUIRE CONVENZIONATO
Il D.L. 133/2014 introduce nel T.U. D.P.R. 380/2001 (e più precisamente nel
titolo IV in tema di “vigilanza sull’attività urbanistico-edilizia, responsabilità e
sanzioni”) un nuovo articolo, il 28-bis, dedicato ad una nuova figura, il “Permesso di costruire convenzionato”.
Si tratta di un permesso di costruire relativo ad interventi edilizi, incidenti
sull’urbanizzazione di un determinato territorio, le cui modalità di attuazione
vengono disciplinate da apposita convenzione, da stipularsi tra il soggetto attuatore ed il Comune. La convenzione deve essere approvata con delibera del
Consiglio Comunale, salva diversa previsione regionale (che, ad esempio, potrebbe investire della relativa competenza la Giunta Comunale).
Questo nuovo strumento può essere utilizzato, in alternativa ai tradizionali
Piani Urbanistici attuativi (Piani di lottizzazione, Piani di recupero, ecc.), ogniqualvolta le esigenze di urbanizzazione possano essere soddisfatte con modalità semplificata.
La convenzione, che, a tal fine, deve essere stipulata, deve specificare gli
obblighi, funzionali al soddisfacimento di un interesse pubblico, che il soggetto
attuatore si assume ai fini di poter conseguire il rilascio del titolo edilizio, il quale
resta la fonte di regolamento degli interessi.
Studi e Materiali - 4/2014
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La disciplina dell’attività edilizia. Novità normative 2014
Sono soggetti alla stipula della convenzione:
- la cessione di aree anche al fine dell’utilizzo di diritti edificatori;
- la realizzazione di opere di urbanizzazione (va in ogni caso rispettata la disposizione dell’art. 32, comma 1, lett. g), D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163, che
estende le diposizioni dettate per i contratti pubblici anche ai contratti, di valore
superiore alla soglia stabilita dalle vigenti disposizioni in materia, relativi a lavori
pubblici da realizzarsi da parte di soggetti privati, titolari di permesso di costruire, che assumano in via diretta l’esecuzione di opere di urbanizzazione a scomputo totale o parziale del contributo concessorio);
- le caratteristiche morfologiche degli interventi;
- la realizzazione di interventi di edilizia residenziale sociale.
La convenzione può prevedere modalità di attuazione per stralci funzionali,
cui si collegano gli oneri e le opere di urbanizzazione da eseguire e le relative
garanzie. In questo caso il termine di validità del permesso di costruire convenzionato può essere modulato in relazione agli stralci funzionali previsti dalla
convenzione.
Il procedimento di formazione del permesso di costruire convenzionato è
quello previsto in generale per il rilascio del permesso di costruire e di cui all’art.
20 T.U. D.P.R. 380/2001.
Alla convenzione si applica altresì la disciplina dell’art. 11 della Legge 7
agosto 1990, n. 241 (in tema di accordo integrativo del provvedimento finale,
quale appunto è la convenzione de quo rispetto al permesso di costruire); conseguentemente:
- in accoglimento della proposta presentata dal soggetto attuatore,
l’amministrazione comunale può stipulare, senza pregiudizio dei diritti di terzi,
ed in ogni caso nel perseguimento del pubblico interesse, la convenzione integrativa del permesso di costruire;
- la convenzione deve essere stipulata per atto scritto, a pena di nullità; alla
stessa si applicano i principi del codice civile in materia di obbligazioni e contratti, in quanto compatibili;
- per sopravvenuti motivi di interesse pubblico l’amministrazione può recedere unilateralmente dalla convenzione, salvo l’obbligo di provvedere alla liquidazione di un indennizzo in relazione ad eventuali pregiudizi verificatisi in danno
del soggetto attuatore;
- la stipula della convenzione deve essere sempre preceduta da una determinazione dell’organo competente all’adozione del provvedimento finale, ossia
del permesso di costruire (del quale la convenzione costituisce un’integrazione).
10. MODIFICA ALLA DISCIPLINA IN MATERIA DI SANZIONI
In sede di conversione in legge del decreto, è stata inserita una nuova norma che va ad integrare la disciplina dettata dall’art. 31 T.U. D.P.R. 380/2001
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Segnalazioni novità normative - Studi Pubblicistici
(interventi eseguiti in assenza di permesso di costruire in totale difformità o con
variazioni essenziali). In particolare si prevede:
- che l’autorità competente, constatata l’inottemperanza all’ingiunzione a
demolire, notificata a seguito dell’accertamento dell’esecuzione di interventi in
assenza di permesso di costruire, in totale difformità dallo stesso ovvero con
variazioni essenziali, irroga una sanzione amministrativa pecuniaria di importo
compreso tra 2.000 euro e 20.000 euro, salva l’applicazione di altre misure e
sanzioni previste da norme vigenti. La sanzione, in caso di abusi realizzati sulle
aree soggette a vincolo di inedificabilità o destinate a opere e spazi pubblici ovvero ad interventi di edilizia residenziale pubblica o soggetti a vincolo paesaggistico ambientale, ivi comprese le aree soggette a rischio idrogeologico elevato o
molto elevato, è sempre irrogata nella misura massima. La mancata o tardiva
emanazione del provvedimento sanzionatorio, fatte salve le responsabilità penali, costituisce elemento di valutazione della performance individuale nonché
di responsabilità disciplinare e amministrativo contabile del dirigente e del funzionario inadempiente (nuovo comma 4-bis dell’art. 31).
I proventi delle sanzioni spettano al Comune e sono destinati esclusivamente alla demolizione e rimessione in pristino delle opere abusive e
all’acquisizione e attrezzatura di aree destinate a verde pubblico (nuovo comma
4-ter dell’art. 31).
Ferme restando le competenze delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano, le regioni a statuto ordinario possono
aumentare l’importo delle suddette sanzioni amministrative pecuniarie e stabilire che siano periodicamente reiterabili qualora permanga l’inottemperanza
all’ordine di demolizione (nuovo comma 4-quater dell’art. 31).
11. IL REGOLAMENTO EDILIZIO “UNIFICATO”
L’art. 2, comma 4, T.U. D.P.R. 380/2001, dispone che i Comuni, nell’ambito
della propria autonomia statutaria e normativa, di cui all’art. 3, D.Lgs. 18 agosto
2000, n. 267, disciplinano l’attività edilizia. A sua volta il successivo art. 4, medesimo T.U., attribuisce ai Comuni il compito di adottare il Regolamento edilizio,
regolamento che deve contenere la disciplina delle modalità costruttive, con
particolare riguardo al rispetto delle normative tecnico-estetiche, igienicosanitarie, di sicurezza e vivibilità degli immobili e delle pertinenze degli stessi. Il
D.L. 133/2014 (a seguito di modifica apportata in sede di conversione in legge)
è intervenuto sul punto (modificando l’art. 4 T.U. sopra citato), al fine di uniformare, a livello nazionale, il contenuto dei regolamenti edilizi. In pratica, mentre
sino ad ora i Comuni godevano della più ampia autonomia nell’impostazione da
dare al proprio regolamento edilizio, con la modifica in commento i regolamenti
Edilizi, in tutti i Comuni italiani, dovranno uniformarsi allo schema di regolamento edilizio tipo che verrà approvato.
Studi e Materiali - 4/2014
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La disciplina dell’attività edilizia. Novità normative 2014
A tal fine il Governo, le regioni e le autonomie locali, in attuazione del principio di leale collaborazione, dovranno concludere in sede di Conferenza unificata
accordi o intese per l’adozione di uno schema di regolamento edilizio-tipo. Tale
regolamento edilizio-tipo, che dovrà indicare i requisiti prestazionali degli edifici,
con particolare riguardo alla sicurezza e al risparmio energetico, dovrà essere
adottato dai comuni nei termini fissati dai suddetti accordi.
È stata, invece, confermata, la disposizione (già introdotta con D.L. 22 giugno 2012, n. 83 convertito con Legge 7 agosto 2012, n. 134) che prevede
l’obbligo per i comuni di inserire nel regolamento edilizio la prescrizione
dell’obbligo, ai fini del conseguimento del titolo abilitativo edilizio per gli edifici di
nuova costruzione ad uso diverso da quello residenziale con superficie utile superiore a 500 metri quadrati e per i relativi interventi di ristrutturazione edilizia,
dell’installazione di infrastrutture elettriche per la ricarica dei veicoli idonee a
permettere la connessione di una vettura da ciascuno spazio a parcheggio coperto o scoperto e da ciascun box per auto, siano essi pertinenziali o no (restano esclusi da tale disciplina gli immobili di proprietà delle amministrazioni pubbliche).
È stata, pure, confermata, la disposizione che prevede, nel caso in cui il comune intenda istituire la Commissione edilizia, che il regolamento indichi gli interventi sottoposti al preventivo parere di tale organo consultivo.
12. MODIFICHE ALLA LEGGE 17 AGOSTO 1942, N. 1150
Il D.L. 133/2014, oltre che il T.U. D.P.R. 380/2001, ha pure modificato la
Legge 17 agosto 1942 n. 1150 (Norme per l’attuazione dei piani regolatori comunali). In particolare viene introdotta una nuova disposizione nell’art. 28 della
suddetta Legge 1150/1942 (dopo il comma 6), con la quale si prevede che
l’attuazione degli interventi previsti nelle convenzioni di attuazione dei piani di
lottizzazione ovvero degli accordi similari comunque denominati dalla legislazione regionale, può avvenire anche per stralci funzionali e per fasi e tempi distinti. In tal caso per ogni stralcio funzionale nella convenzione saranno quantificati gli oneri di urbanizzazione o le opere di urbanizzazione da realizzare e le
relative garanzie purché l’attuazione parziale sia coerente con l’intera area oggetto d’intervento.
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Studi e Materiali - 4/2014
INDICE GENERALE
Indice analitico generale
INDICE ANALITICO GENERALE
ANTICRESI
– anticresi come alternativa al binomio vendita/locazione
– Studio n. 425-2014/C (Materiali) ........................................................ III-617
– anticresi come garanzia
– Studio n. 425-2014/C (Materiali) ........................................................ III-617
– anticresi come possibile alternativa per il mercato immobiliare e per
l’accesso al credito
– Studio n. 425-2014/C (Materiali) ........................................................ III-617
– anticresi “di solo godimento”: il problema della percezione dei frutti
– Studio n. 425-2014/C (Materiali) ........................................................ III-617
– anticresi nei rapporti con le banche e nell’attività bancaria
– Studio n. 425-2014/C (Materiali) ........................................................ III-617
– aspetti fiscali
– Studio n. 425-2014/C (Materiali) ........................................................ III-617
– causa del contratto di anticresi: satisfattoria e di garanzia
– Studio n. 425-2014/C (Materiali) ........................................................ III-617
– causa del contratto di anticresi: scambio di godimenti ed diritto di
godimento del creditore
– Studio n. 425-2014/C (Materiali) ........................................................ III-617
– circolazione dell’anticresi
– Studio n. 425-2014/C (Materiali) ........................................................ III-617
– locazioni concluse dall’anticresista
– Studio n. 425-2014/C (Materiali) ........................................................ III-617
– obbligo di pagare i tributi dell’immobile da parte del creditore
anticretico
– Studio n. 425-2014/C (Materiali) ........................................................ III-617
– patto marciano
– Studio n. 425-2014/C (Materiali) ........................................................ III-617
– ruolo del godimento: l’anticresi come rapporto più ampio della cessione
del credito con finalità di garanzia
– Studio n. 425-2014/C (Materiali) ........................................................ III-617
– tutela dall’inadempimento della controparte
– Studio n. 425-2014/C (Materiali) ........................................................ III-617
CERTIFICAZIONE ENERGETICA
– adeguamento normativo alla Dir. 2010/31/UE
– Studio n. 657-2013/C.......................................................................... III-475
Studi e Materiali - 4/2014
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Indice analitico generale
– certificazione energetica (dall’attestato di certificazione all’attestato di
prestazione energetica)
– Studio n. 657-2013/C ................................................................... I-3; III-475
– dichiarazione di ricevuta “informativa” dell’attestato di prestazione energetica
– Studio n. 657-2013/C ................................................................... I-3; III-475
– disciplina attualmente vigente in tema di allegazione dell’APE agli atti di
trasferimento a titolo oneroso
– Studio n. 263-2014/C ......................................................................... IV-705
– edifici da dotare di certificazione energetica a prescindere da un loro
trasferimento o locazione (c.d. presupposto oggettivo)
– Studio n. 657-2013/C.......................................................................... III-475
– edifici da dotare di certificazione energetica in occasione del trasferimento
e/o locazione (c.d. presupposto contrattuale)
– Studio n. 657-2013/C.......................................................................... III-475
– esclusioni dall’obbligo di consegna dell’attestato di prestazione energetica
– Studio n. 657-2013/C ................................................................... I-3; III-475
– libretti di impianto ed controlli di efficienza energetica
– Segnalazione Rizzi (Libretti d’impianto) ............................................ IV-835
– normativa, scopi e funzioni
– Studio n. 657-2013/C ................................................................... I-3; III-475
– obbligo di allegazione dell’attestato di prestazione energetica
– Studio n. 657-2013/C ................................................................... I-3; III-475
– obbligo di consegna dell’attestato di prestazione energetica
– Studio n. 657-2013/C ................................................................... I-3; III-475
– obbligo di dotazione dell’attestato di prestazione energetica
– Studio n. 657-2013/C ................................................................... I-3; III-475
– obbligo di informativa
– Studio n. 657-2013/C.......................................................................... III-475
– operazioni di controllo e di manutenzione degli impianti
– Segnalazione Rizzi (Libretti d’impianto) ............................................ IV-835
– opportunità della dotazione di attestato di prestazione energetica dei beni
posti in vendita in sede esecutiva sotto il profilo della competitività della
vendita forzata
– Studio n. 263-2014/C ......................................................................... IV-705
– opportunità dell’allegazione dell’attestato di prestazione energetico agli atti
al decreto di trasferimento (o della sua consegna all’aggiudicatario) sotto il
profilo dell’economia del sistema
– Studio n. 263-2014/C ......................................................................... IV-705
– rapporto di controllo di efficienza energetica
– Segnalazione Rizzi (Libretti d’impianto) ............................................ IV-835
890
Studi e Materiali - 4/2014
Indice analitico generale
– responsabile della manutenzione e del controllo di efficienza dell'impianto
– Segnalazione Rizzi (Libretti d’impianto) ............................................ IV-835
– rilascio dell’attestato di prestazione energetica a partire dal 6 giugno 2013
– Studio n. 657-2013/C.......................................................................... III-475
– sanzioni per il caso di violazione agli obblighi previsti in materia di
certificazione energetica
– Studio n. 657-2013/C.......................................................................... III-475
– sanzioni previste per il caso di violazione della disciplina in tema di libretto di
impianto e di controllo di efficienza energetica
– Segnalazione Rizzi (Libretti d’impianto) ............................................ IV-835
– soggetti certificatori
– Studio n. 657-2013/C ................................................................... I-3; III-475
– trasferimento di edificio dotato di impianti termici per la climatizzazione o
produzione di acqua calda sanitaria
– Segnalazione Rizzi (Libretti d’impianto) ............................................ IV-835
– validità temporale dell’attestato di prestazione energetica
– Studio n. 657-2013/C ................................................................... I-3; III-475
– vendita forzata e attestato di prestazione energetica (alla luce delle recenti
modifiche al D.Lgs. 192/2005 di cui al D.L. 4 giugno 2013, n. 63 conv. in
Legge 3 agosto 2013, n. 90 e di cui D.L. 23 dicembre 2013, n. 145 conv.
in Legge 21 febbraio 2014, n. 9)
– Studio n. 263-2014/C ......................................................................... IV-705
CESSIONE
– cessione “gratuita” di aree (e di opere di urbanizzazione) al comune:
trattamento fiscale dopo il D.Lgs. 23/2011
– Studio n. 248-2014/T .......................................................................... II-415
– natura giuridica degli atti di cessione “gratuita”
– Studio n. 248-2014/T .......................................................................... II-415
CONDOMINIO
– applicabilità del principio dell’apparenza giuridica nei rapporti condominiali
– Studio n. 906-2013/C .......................................................................... II-263
– contributo allo studio della riforma del condominio: temi e questioni di
interesse notarile
– Studio n. 906-2013/C .......................................................................... II-263
– controversa natura della pubblicità degli atti riguardanti il condominio
dopo la legge di riforma
– Studio n. 906-2013/C .......................................................................... II-263
– funzione del «microsistema» pubblicitario introdotto dal legislatore della
Studi e Materiali - 4/2014
891
Indice analitico generale
–
–
–
–
–
–
–
–
riforma e le aporie del sistema precedente nella individuazione dello
status di condomino
– Studio n. 906-2013/C .......................................................................... II-263
innesto legislativo del novellato art. 2659: una norma di “entificazione
giuridica” del condominio secondo una prima interpretazione
– Studio n. 906-2013/C .......................................................................... II-263
interferenze fra pubblicità ed apparenza giuridica: gli adempimenti
“pubblicitari” delle parti ed il ruolo del notaio
– Studio n. 906-2013/C .......................................................................... II-263
lineamenti generali della riforma del condominio e delimitazione del
piano di indagine
– Studio n. 906-2013/C .......................................................................... II-263
opzione ermeneutica contraria alla soggettivizzazione del condominio
nel prisma di una interpretazione sistematico-assiologica degli artt. 2659,
comma 1, n. 1 ult. cpv., 1117, 1118, 1123, comma 1, 1129, ult. comma,
1131, comma 2, 1135 n. 4, 63, comma 2, disp. att., c.c.
– Studio n. 906-2013/C .......................................................................... II-263
orientamento contrario della Cassazione a Sezione Unite e la presunta
“reviviscenza” dell’apparentia iuris a seguito della riforma del condominio
– Studio n. 906-2013/C .......................................................................... II-263
qualificazione giuridica del condominio nell’impianto originario del codice
civile del 1942: la teoria collettivistica, individualistica e mista nell’opera
degli interpreti
– Studio n. 906-2013/C .......................................................................... II-263
qualificazione giuridica del condominio nell’impianto originario del codice
civile del 1942: la teoria dell’ente di gestione nella giurisprudenza
– Studio n. 906-2013/C .......................................................................... II-263
riforma del condominio fra nuove tendenze legislative e vecchi dogmi
ermeneutici
– Studio n. 906-2013/C .......................................................................... II-263
DIRITTI EDIFICATORI
– negoziazione dei diritti edificatori e relativa rilevanza fiscale, anche alla
luce dell'art. 2643, n. 2-bis, c.c.
– Studio n. 540-2014/T ......................................................................... IV-765
– “vexata quaestio” della natura giuridica dei diritti edificatori
– Studio n. 540-2014/T ......................................................................... IV-765
DIRITTI REALI DI GODIMENTO
– rinunzia ai diritti reali di godimento
– Studio n. 216-2013/C .......................................................................... II-317
892
Studi e Materiali - 4/2014
Indice analitico generale
EDILIZIA
– agibilità
– Studio n. 893-2013/C ............................................................................. I-71
– attività edilizia libera
– Studio n. 893-2013/C ............................................................................. I-71
– attività edilizia libera previa comunicazione inizio lavori (art. 6, comma 2,
D.P.R. n 380/2001)
– Segnalazione Rizzi (Sblocca Italia) ................................................... IV-863
– attività edilizia soggetta a permesso di costruire
– Studio n. 893-2013/C ............................................................................. I-71
– attività edilizia soggetta a S.C.I.A. o a super-D.I.A.
– Studio n. 893-2013/C ............................................................................. I-71
– demolizione e successiva ricostruzione
– Studio n. 893-2013/C ............................................................................. I-71
– dichiarazione "alternativa" di conformità ed agibilità
– Segnalazione Rizzi (Sblocca Italia) ................................................... IV-863
– disciplina dell'attività edilizia. Novità normative 2014 (c.d. decreto "Sblocca
Italia" post conversione)
– Segnalazione Rizzi (Sblocca Italia) ................................................... IV-863
– interventi di conservazione
– Segnalazione Rizzi (Sblocca Italia) ................................................... IV-863
– manutenzione straordinaria, ristrutturazione edilizia e interventi di
frazionamento e di accorpamento delle unità immobiliari
– Segnalazione Rizzi (Sblocca Italia) ................................................... IV-863
– modifica alla disciplina in materia di sanzioni
– Segnalazione Rizzi (Sblocca Italia) ................................................... IV-863
– modifiche alla disciplina del permesso di costruire
– Segnalazione Rizzi (Sblocca Italia) ................................................... IV-863
– modifiche alla Legge 17 agosto 1942, n. 1150
– Segnalazione Rizzi (Sblocca Italia) ................................................... IV-863
– mutamento di destinazione d'uso
– Segnalazione Rizzi (Sblocca Italia) ................................................... IV-863
– permesso di costruire convenzionato
– Segnalazione Rizzi (Sblocca Italia) ................................................... IV-863
– piano casa
– Studio n. 893-2013/C ............................................................................. I-71
– piano nazionale per le città
– Studio n. 893-2013/C ............................................................................. I-71
– regolamento edilizio "unificato"
– Segnalazione Rizzi (Sblocca Italia) ................................................... IV-863
Studi e Materiali - 4/2014
893
Indice analitico generale
– sanatoria ex lege delle difformità marginali
– Studio n. 893-2013/C ............................................................................. I-71
– segnalazione certificata di inizio attività
– Segnalazione Rizzi (Sblocca Italia) ................................................... IV-863
– sportello unico per l’edilizia (SUE)
– Studio n. 893-2013/C ............................................................................. I-71
ENFITEUSI
– rinunzia al diritto di enfiteusi
– Studio n. 216-2013/C .......................................................................... II-317
ESECUZIONE FORZATA
– argomenti a favore della non applicazione della disciplina prevista alla
vendita forzata a mezzo di decreto di trasferimento
– Studio n. 263-2014/C ......................................................................... IV-705
– disciplina attualmente vigente in tema di allegazione dell’APE agli atti
di trasferimento a titolo oneroso
– Studio n. 263-2014/C ......................................................................... IV-705
– esclusione della vendita forzata dal perimetro di applicazione del
D.Lgs. 192/2005 (conclusioni raggiunte nel vigore della formulazione
del D.Lgs. 192/2005 vigente fino al 3 agosto 2013)
– Studio n. 263-2014/C ......................................................................... IV-705
– irrilevanza rispetto alle vendite forzate attuate a mezzo di decreto di
trasferimento del comma 8 dell’art. 1, D.Lgs. 145/2013
– Studio n. 263-2014/C ......................................................................... IV-705
– novità apportate dal D.L. 63/2013 convertito in Legge 90/2013 e
il bilanciamento degli interessi in gioco da parte del legislatore statale
– Studio n. 263-2014/C ......................................................................... IV-705
– opportunità della dotazione di attestato di prestazione energetica dei beni
posti in vendita in sede esecutiva sotto il profilo della competitività della
vendita forzata
– Studio n. 263-2014/C ......................................................................... IV-705
– opportunità dell’allegazione dell’attestato di prestazione energetico agli atti
al decreto di trasferimento (o della sua consegna all’aggiudicatario) sotto
il profilo dell’economia del sistema
– Studio n. 263-2014/C ......................................................................... IV-705
– vendita forzata e attestato di prestazione energetica (alla luce delle recenti
modifiche al D.Lgs. 192/2005 di cui al D.L. 4 giugno 2013, n. 63 conv. in
Legge 3 agosto 2013, n. 90 e di cui D.L. 23 dicembre 2013, n. 145 conv.
in Legge 21 febbraio 2014, n. 9)
– Studio n. 263-2014/C ......................................................................... IV-705
894
Studi e Materiali - 4/2014
Indice analitico generale
GLIFO
– glifo e attività notarile
– Studio n. 1-2012/DI .............................................................................
– linee guida
– Studio n. 1-2012/DI .............................................................................
– novella dell’art. 23-ter C.A.D.
– Studio n. 1-2012/DI .............................................................................
– regole tecniche
– Studio n. 1-2012/DI .............................................................................
IMMOBILI DA COSTRUIRE
– assicurazione indennitaria decennale
– Segnalazione Rizzi (D.L. 47/2014) ....................................................
– contenuto del contratto preliminare
– Segnalazione Rizzi (D.L. 47/2014) ....................................................
– D.L. 47/2014 e modifiche alla disciplina degli immobili da costruire
– Segnalazione Rizzi (D.L. 47/2014) ....................................................
– fideiussione
– Segnalazione Rizzi (D.L. 47/2014) ....................................................
– modifiche contenute nel D.L. 28 marzo 2014, n. 47
– Segnalazione Rizzi (D.L. 47/2014) ....................................................
– nullità della clausola di rinuncia
– Segnalazione Rizzi (D.L. 47/2014) ....................................................
II-425
II-425
II-425
II-425
IV-845
IV-845
IV-845
IV-845
IV-845
IV-845
IMPOSTA DI REGISTRO
– regolarizzazione delle società di fatto nell’imposta di registro
– Studio n. 853-2014/T ......................................................................... IV-823
– tassazione dell’accordo conciliativo accertativo dell’usucapione di beni
immobili: interpretazione sistematica del dato normativo nell’ambito
dell’imposta di registro
– Studio n. 156-2014/T ......................................................................... IV-737
– usucapione nell’IVA
– Studio n. 156-2014/T ......................................................................... IV-737
– vendita di fabbricato oggetto di intervento edilizio di frazionamento e
di modifica di destinazione d’uso
– Studio n. 851-2014/T ......................................................................... IV-795
– vendita nel quinquennio dalla ultimazione di beni oggetto di intervento
edilizio non esattamente inquadrabile ai fini fiscali - Rivendita di bene
ultimato dal cedente
– Studio n. 468-2014/T ......................................................................... IV-753
Studi e Materiali - 4/2014
895
Indice analitico generale
– vendita nel quinquennio dalla ultimazione di beni oggetto di intervento
edilizio non esattamente inquadrabile né come manutenzione straordinaria
e neppure quale intervento di restauro o risanamento conservativo o
di ri-strutturazione edilizia
– Studio n. 468-2014/T ......................................................................... IV-753
– vendita nel quinquennio dalla ultimazione di beni oggetto di intervento
edilizio: soluzione della questione desumibile dalla analisi combinata
dei dati catastali, della qualifica del cedente e del tipo di intervento edilizio
– Studio n. 468-2014/T ......................................................................... IV-753
– vendita nel quinquennio dalla ultimazione di beni oggetto di intervento
edilizio: suggerimenti pratici (Certificazione - perizia - dichiarazione
del direttore dei lavori)
– Studio n. 468-2014/T ......................................................................... IV-753
IMPOSTA IPOTECARIA E CATASTALE
– regolarizzazione delle società di fatto nelle imposte ipotecaria e catastale
– Studio n. 853-2014/T ......................................................................... IV-823
IMPOSTA SUL VALORE AGGIUNTO
– IVA - Semplificazioni edilizie D.L. 133/2014 (decreto sblocca Italia)
– Studio n. 851-2014/T ......................................................................... IV-795
– rilevanza fiscale della successione società-soci in relazione ai beni immobili
non liquidati nell’IVA
– Studio n. 550-2014/T ......................................................................... IV-785
– vendita di fabbricato oggetto di intervento edilizio di frazionamento e
di modifica di destinazione d’uso
– Studio n. 851-2014/T ......................................................................... IV-795
– vendita nel quinquennio dalla ultimazione di beni oggetto di intervento
edilizio non esattamente inquadrabile ai fini fiscali - Rivendita di bene
ultimato dal cedente
– Studio n. 156-2014/T ......................................................................... IV-737
– vendita nel quinquennio dalla ultimazione di beni oggetto di intervento
edilizio non esattamente inquadrabile né come manutenzione straordinaria
e neppure quale intervento di restauro o risanamento conservativo o
di ristrutturazione edilizia
– Studio n. 468-2014/T ......................................................................... IV-753
– vendita nel quinquennio dalla ultimazione di beni oggetto di intervento
edilizio: soluzione della questione desumibile dalla analisi combinata
dei dati catastali, della qualifica del cedente e del tipo di intervento edilizio
– Studio n. 468-2014/T ......................................................................... IV-753
896
Studi e Materiali - 4/2014
Indice analitico generale
– vendita nel quinquennio dalla ultimazione di beni oggetto di intervento
edilizio: suggerimenti pratici (Certificazione - perizia - dichiarazione
del direttore dei lavori)
– Studio n. 468-2014/T ......................................................................... IV-753
IMPOSTE DIRETTE
– incidenza della tassazione delle imposte dirette nella scelta tra società di
persone e società di capitali
– Studio n. 852-2014/T ......................................................................... IV-805
– natura giuridica dei diritti edificatori: le inferenze sul piano fiscale nelle
imposte dirette
– Studio n. 540-2014/T ......................................................................... IV-765
– rilevanza fiscale della successione società-soci in relazione ai beni immobili
non liquidati nelle imposte sui redditi
– Studio n. 550-2014/T ......................................................................... IV-785
– usucapione nelle imposte dirette
– Studio n. 156-2014/T ......................................................................... IV-737
IMPOSTE E TASSE
– anticresi: aspetti fiscali
– Studio n. 425-2014/C (Materiali) ........................................................ III-617
– assorbimento degli altri tributi: le regole del comma 3 dell’art. 10
D.Lgs. 23/2011
– Studio n. 1011-2013/T ......................................................................... I-181
– atti di cui all’art. 1 della tariffa
– Studio n. 1011-2013/T ......................................................................... I-181
– attività sociale - reddito prodotto
– Studio n. 852-2014/T ......................................................................... IV-805
– aumento delle imposte fisse nella misura di 200 euro: decorrenza
– Studio n. 1011-2013/T ......................................................................... I-181
– cessione “gratuita” di aree (e di opere di urbanizzazione) al comune:
trattamento fiscale dopo il D.Lgs. 23/2011: corollari ai fini del
trattamento tributario
– Studio n. 248-2014/T .......................................................................... II-415
– decreto Sblocca Italia: le novità in materia edilizia di rilevanza fiscale
– Studio n. 851-2014/T ......................................................................... IV-795
– entrata in vigore della disciplina dell’art.10 D.Lgs. 23/2011
– Studio n. 1011-2013/T ......................................................................... I-181
– imposta “minima” per gli atti di trasferimento di immobili a titolo oneroso
– Studio n. 1011-2013/T ......................................................................... I-181
– natura giuridica dei diritti edificatori: le inferenze sul piano fiscale
Studi e Materiali - 4/2014
897
Indice analitico generale
– Studio n. 540-2014/T ......................................................................... IV-765
– negoziazione dei diritti edificatori e relativa rilevanza fiscale, anche alla luce
dell'art. 2643, n. 2-bis, c.c.
– Studio n. 540-2014/T ......................................................................... IV-765
– obbligo di pagare i tributi dell’immobile da parte del creditore anticretico
– Studio n. 425-2014/C (Materiali) ........................................................ III-617
– orientamenti sulla tassazione delle sentenze di accertamento dell’usucapione
– Studio n. 156-2014/T ......................................................................... IV-737
– profili fiscali della cancellazione delle società dal registro delle imprese in
presenza di beni immobili non liquidati
– Studio n. 550-2014/T ......................................................................... IV-785
– regolarizzazione di società di fatto derivante da comunione di azienda
nei tributi sui trasferimenti
– Studio n. 853-2014/T ......................................................................... IV-823
– rilevanza fiscale della successione società-soci in relazione ai beni immobili
non liquidati
– Studio n. 550-2014/T ......................................................................... IV-785
– rilevanza fiscale della successione società-soci in relazione ai beni immobili
non liquidati nei tributi sui trasferimenti
– Studio n. 550-2014/T ......................................................................... IV-785
– rilevanza fiscale della successione società-soci in relazione ai beni non
liquidati e successivi atti ricognitivi o dichiarativi
– Studio n. 550-2014/T ......................................................................... IV-785
– rilevanza fiscale della successione società-soci in relazione al successivo
trasferimento dei beni immobili non liquidati
– Studio n. 550-2014/T ......................................................................... IV-785
– rilevanza fiscale della successione società-soci: poteri di accertamento
dell’Amministrazione finanziaria
– Studio n. 550-2014/T ......................................................................... IV-785
– società di persone - Imposte dirette: aspetti notarili
– Studio n. 852-2014/T ......................................................................... IV-805
– soppressione di esenzioni e agevolazioni
– Studio n. 1011-2013/T ......................................................................... I-181
– tassazione degli acquisti della c.d. prima casa
– Studio n. 1011-2013/T ......................................................................... I-181
– tassazione degli atti societari
– Studio n. 1011-2013/T ......................................................................... I-181
– tassazione dei trasferimenti immobiliari a titolo oneroso dal 1° gennaio
2014
– Studio n. 1011-2013/T ......................................................................... I-181
898
Studi e Materiali - 4/2014
Indice analitico generale
– tassazione dell’accordo conciliativo accertativo dell’usucapione di beni
immobili
– Studio n. 156-2014/T ......................................................................... IV-737
– tassazione delle cessioni soggette ad IVA
– Studio n. 1011-2013/T ......................................................................... I-181
– tassazione del reddito prodotto dalle società di persone
– Studio n. 852-2014/T ......................................................................... IV-805
– trasferimenti a titolo oneroso dei terreni agricoli
– Studio n. 1011-2013/T ......................................................................... I-181
– usucapione: le agevolazioni di cui all’art. 17, commi 2 e 3, D.Lgs. 28/2010 e
l’art. 10, D.Lgs. 23/2011
– Studio n. 156-2014/T ......................................................................... IV-737
– vendite di fabbricati oggetto di frazionamento edilizio
– Studio n. 851-2014/T ......................................................................... IV-795
– vendite di fabbricati oggetto di modifica di destinazione d’uso
– Studio n. 851-2014/T ......................................................................... IV-795
IMPOSTE INDIRETTE
– accordi di mediazione che accertano l’usucapione di beni immobili nel
sistema delle imposte indirette
– Studio n. 156-2014/T ......................................................................... IV-737
– natura giuridica dei diritti edificatori: le inferenze sul piano fiscale nelle
imposte indirette
– Studio n. 540-2014/T ......................................................................... IV-765
IMPRESA INDIVIDUALE
– dibattito sulla ammissibilità della trasformazione di società unipersonale in
impresa individuale
– Studio n. 545-2014/I .......................................................................... IV-695
– presunta tassatività delle ipotesi trasformative e la continuità riferita al
complesso aziendale
– Studio n. 545-2014/I .......................................................................... IV-695
– riflessi operativi della qualificazione dell’operazione come trasformazione di
società unipersonale in impresa individuale
– Studio n. 545-2014/I .......................................................................... IV-695
– trasformazione di società unipersonale in impresa individuale
– Studio n. 545-2014/I .......................................................................... IV-695
– tutela dei creditori
– Studio n. 545-2014/I .......................................................................... IV-695
IPOTECA
– rinunzia all’ipoteca legale
Studi e Materiali - 4/2014
899
Indice analitico generale
– Studio n. 947-2013/C.......................................................................... III-547
LOCAZIONI
– anticresi come alternativa al binomio vendita/locazione
– Studio n. 425-2014/C (Materiali) ........................................................ III-617
– edifici da dotare di certificazione energetica a prescindere da un loro
trasferimento o locazione (c.d. presupposto oggettivo)
– Studio n. 657-2013/C.......................................................................... III-475
– edifici da dotare di certificazione energetica in occasione del trasferimento
e/o locazione (c.d. presupposto contrattuale)
– Studio n. 657-2013/C.......................................................................... III-475
MUTUO DISSENSO
– mutuo dissenso e circolazione di immobili con provenienza donativa
– Studio n. 52-2014/C ............................................................................
– mutuo dissenso e modificazioni contrattuali
– Studio n. 52-2014/C ............................................................................
– mutuo dissenso parziale ed oggetto del contratto
– Studio n. 52-2014/C ............................................................................
– oggetto del mutuo dissenso
– Studio n. 52-2014/C ............................................................................
III-571
III-571
III-571
III-571
NOTAIO
– forma della procura e ruolo del notaio
– Studio n. 947-2013/C.......................................................................... III-547
– glifo e attività notarile
– Studio n. 1-2012/DI ............................................................................. II-425
– incidenza della tassazione delle imposte dirette nella scelta tra società di
persone e società di capitali: fattispecie che interessano l’attività notarile
– Studio n. 852-2014/T ......................................................................... IV-805
PROPRIETÀ
– rinunzia al diritto di proprietà: ammissibilità
– Studio n. 216-2013/C ..........................................................................
– rinunzia al diritto di proprietà: natura ed effetti
– Studio n. 216-2013/C ..........................................................................
– rinunzia al diritto di proprietà: trascrizione
– Studio n. 216-2013/C ..........................................................................
– rinunzia alla quota indivisa di comproprietà: ammissibilità
– Studio n. 216-2013/C ..........................................................................
– rinunzia alla quota indivisa di comproprietà: natura ed effetti
– Studio n. 216-2013/C ..........................................................................
– rinunzia alla quota indivisa di comproprietà: trascrizione
900
II-317
II-317
II-317
II-317
II-317
Studi e Materiali - 4/2014
Indice analitico generale
– Studio n. 216-2013/C .......................................................................... II-317
PUBBLICITÀ
– società tra professionisti: iscrizione nell’albo professionale
– Studio n. 224-2014/I ........................................................................... II-383
– società tra professionisti: iscrizione nel registro delle imprese
– Studio n. 224-2014/I ........................................................................... II-383
RAPPRESENTANZA
– apposizione di elementi “accidentali” alla procura
– Studio n. 947-2013/C..........................................................................
– forma della procura e ruolo del notaio
– Studio n. 947-2013/C..........................................................................
– funzione della procura
– Studio n. 947-2013/C..........................................................................
– limiti alla rappresentanza volontaria tra interesse del rappresentato e
tutela dei terzi
– Studio n. 947-2013/C..........................................................................
– potere di vendere “tutti” i diritti spettanti al rappresentato
– Studio n. 947-2013/C..........................................................................
– procura speciale a vendere
– Studio n. 947-2013/C..........................................................................
– rappresentanza tra teoria formale e teoria sostanziale
– Studio n. 947-2013/C..........................................................................
– ruolo dell’interesse del dominus nella rappresentanza
– Studio n. 947-2013/C..........................................................................
III-547
III-547
III-547
III-547
III-547
III-547
III-547
III-547
SERVITÙ
– abbandono del fondo servente
– Studio n. 216-2013/C .......................................................................... II-317
– rinunzia al diritto di servitù
– Studio n. 216-2013/C .......................................................................... II-317
SOCIETÀ
– attività sociale - reddito prodotto
– Studio n. 852-2014/T ......................................................................... IV-805
– natura giuridica e contenuto dell’atto di regolarizzazione di società di fatto
– Studio n. 853-2014/T ......................................................................... IV-823
– portata estintiva della cancellazione della società dal registro delle imprese
ed il rapporto successorio tra società estinta ed ex soci
– Studio n. 550-2014/T ......................................................................... IV-785
– profili fiscali della cancellazione delle società dal registro delle imprese in
presenza di beni immobili non liquidati
Studi e Materiali - 4/2014
901
Indice analitico generale
– Studio n. 550-2014/T ......................................................................... IV-785
– regolarizzazione delle società di fatto nell’imposta di registro
– Studio n. 853-2014/T ......................................................................... IV-823
– regolarizzazione di società di fatto con azienda contenente beni immobili
– Studio n. 853-2014/T ......................................................................... IV-823
– regolarizzazione di società di fatto derivante da comunione di azienda
nei tributi sui trasferimenti
– Studio n. 853-2014/T ......................................................................... IV-823
– regolarizzazione delle società di fatto nelle imposte ipotecaria e catastale
– Studio n. 853-2014/T ......................................................................... IV-823
– rilevanza fiscale della successione società-soci in relazione ai beni immobili
non liquidati
– Studio n. 550-2014/T ......................................................................... IV-785
– rilevanza fiscale della successione società-soci in relazione ai beni immobili
non liquidati nei tributi sui trasferimenti
– Studio n. 550-2014/T ......................................................................... IV-785
– rilevanza fiscale della successione società-soci in relazione ai beni non
liquidati e successivi atti ricognitivi o dichiarativi
– Studio n. 550-2014/T ......................................................................... IV-785
– rilevanza fiscale della successione società-soci in relazione al successivo
trasferimento dei beni immobili non liquidati
– Studio n. 550-2014/T ......................................................................... IV-785
– rilevanza fiscale della successione società-soci: poteri di accertamento
dell’Amministrazione finanziaria
– Studio n. 550-2014/T ......................................................................... IV-785
– scioglimento e liquidazione della società
– Studio n. 852-2014/T ......................................................................... IV-805
– tassazione degli atti societari
– Studio n. 1011-2013/T ......................................................................... I-181
SOCIETÀ A RESPONSABILITÀ LIMITATA
– aumenti e riduzioni nelle nuove s.r.l.
– Studio n. 892-2013/I ............................................................................
– costituzione semplificata delle s.r.l.
– Studio n. 892-2013/I ............................................................................
– cronologia degli interventi normativi in materia di s.r.l.
– Studio n. 892-2013/I ............................................................................
– nuove s.r.l.
– Studio n. 892-2013/I ............................................................................
– questioni di diritto transitorio
– Studio n. 892-2013/I ............................................................................
902
I-133
I-133
I-133
I-133
I-133
Studi e Materiali - 4/2014
Indice analitico generale
– s.r.l. con capitale inferiore a diecimila euro
– Studio n. 892-2013/I ............................................................................ I-133
– trasformazione da e in nuove s.r.l.
– Studio n. 892-2013/I ............................................................................ I-133
SOCIETÀ DI CAPITALI
– conseguimento e impossibilità di conseguimento dell’oggetto sociale
– Studio n. 237-2014/I ........................................................................... III-601
– efficacia dello scioglimento e iscrizione nel registro delle imprese
– Studio n. 237-2014/I ........................................................................... III-601
– fallimento e impossibilità di conseguimento dell’oggetto sociale
– Studio n. 237-2014/I ........................................................................... III-601
– incidenza della tassazione delle imposte dirette nella scelta tra società di
persone e società di capitali
– Studio n. 852-2014/T ......................................................................... IV-805
– incidenza della tassazione delle imposte dirette nella scelta tra società di
persone e società di capitali: fattispecie che interessano l’attività notarile
– Studio n. 852-2014/T ......................................................................... IV-805
– impossibilità di conseguimento dell’oggetto sociale: caratteri, procedimento
ed efficacia della causa di scioglimento
– Studio n. 237-2014/I ........................................................................... III-601
– impossibilità di conseguimento dell’oggetto sociale e mancata produzione
di utili
– Studio n. 237-2014/I ........................................................................... III-601
– insussistenza della causa di scioglimento e iscrizione nel registro delle
imprese dell’erronea dichiarazione del suo accertamento
– Studio n. 237-2014/I ........................................................................... III-601
– iscrizione della dichiarazione erronea
– Studio n. 237-2014/I ........................................................................... III-601
– oggetto sociale e attività
– Studio n. 237-2014/I ........................................................................... III-601
– oggetto sociale e scopo di lucro
– Studio n. 237-2014/I ........................................................................... III-601
– poteri del Conservatore del Registro delle Imprese in presenza della
illegittimità della causa di scioglimento
– Studio n. 237-2014/I ........................................................................... III-601
– profili di responsabilità degli amministratori e dei liquidatori
– Studio n. 237-2014/I ........................................................................... III-601
– rimedi alla cancellazione della società derivante da dichiarazione di
scioglimento erronea
– Studio n. 237-2014/I ........................................................................... III-601
Studi e Materiali - 4/2014
903
Indice analitico generale
– scioglimento per impossibilità di conseguimento dell’oggetto sociale
– Studio n. 237-2014/I ........................................................................... III-601
SOCIETÀ DI PERSONE
– ammissibilità della trasformazione di società unipersonali in società di persone
– Studio n. 228-2014/C.......................................................................... III-595
– cessioni di quote nelle società personali
– Studio n. 852-2014/T ......................................................................... IV-805
– incidenza della tassazione delle imposte dirette nella scelta tra società di
persone e società di capitali
– Studio n. 852-2014/T ......................................................................... IV-805
– incidenza della tassazione delle imposte dirette nella scelta tra società di
persone e società di capitali: fattispecie che interessano l’attività notarile
– Studio n. 852-2014/T ......................................................................... IV-805
– società di persone - Imposte dirette: aspetti notarili
– Studio n. 852-2014/T ......................................................................... IV-805
SOCIETÀ PER AZIONI
– limiti all’emissione del prestito obbligazionario (il nuovo comma 5 dell’art.
2412 c.c.)
– Studio n. 143-2014/C.......................................................................... III-585
– obbligazioni che danno il diritto di acquisire o sottoscrivere azioni
– Studio n. 143-2014/C.......................................................................... III-585
– obbligazioni destinate ad esser quotate
– Studio n. 143-2014/C.......................................................................... III-585
SOCIETÀ TRA PROFESSIONISTI
– clausole statutarie obbligatorie e oggetto sociale
– Studio n. 224-2014/I ...........................................................................
– denominazione sociale
– Studio n. 224-2014/I ...........................................................................
– incompatibilità
– Studio n. 224-2014/I ...........................................................................
– pubblicità
– Studio n. 224-2014/I ...........................................................................
– questioni applicative ad un anno dall’entrata in vigore
– Studio n. 224-2014/I ...........................................................................
– soci professionisti
– Studio n. 224-2014/I ...........................................................................
– soci per finalità di investimento o per prestazioni tecniche
– Studio n. 224-2014/I ...........................................................................
– s.r.l. tra professionisti unipersonale
904
II-383
II-383
II-383
II-383
II-383
II-383
II-383
Studi e Materiali - 4/2014
Indice analitico generale
– Studio n. 224-2014/I ........................................................................... II-383
– tipo sociale: modelli societari consentiti e scelta del tipo sociale
– Studio n. 224-2014/I ........................................................................... II-383
– trasformazione degli studi e associazioni professionali in STP
– Studio n. 224-2014/I ........................................................................... II-383
SOCIETÀ UNIPERSONALI
– ammissibilità della trasformazione di società unipersonali in società di persone
– Studio n. 228-2014/C.......................................................................... III-595
– dibattito sulla ammissibilità della trasformazione di società unipersonale in
impresa individuale
– Studio n. 545-2014/I .......................................................................... IV-695
– presunta tassatività delle ipotesi trasformative e la continuità riferita al complesso aziendale
– Studio n. 545-2014/I .......................................................................... IV-695
– riflessi operativi della qualificazione dell’operazione come trasformazione di
società unipersonale in impresa individuale
– Studio n. 545-2014/I .......................................................................... IV-695
– trasformazione di società unipersonale in impresa individuale
– Studio n. 545-2014/I .......................................................................... IV-695
– tutela dei creditori
– Studio n. 545-2014/I .......................................................................... IV-695
SOCIETAS UNIUS PERSONAE - SUP
– effetti dell’abbassamento degli standard di controllo e della qualità del
monitoraggio delle imprese
– Materiali Settori Internazionale e Legislativo ......................................
– fallimento del mercato e costi socio-economici
– Materiali Settori Internazionale e Legislativo ......................................
– principali raccomandazioni internazionali in tema di antiriciclaggio e
prevenzione dell’uso abusivo dello strumento societario
– Materiali Settori Internazionale e Legislativo ......................................
– proposta di direttiva SUP: possibili implicazioni, rischio di abuso e
considerazioni sull’armonizzazione del diritto nell’area UE
– Materiali Settori Internazionale e Legislativo ......................................
– recepimento della direttiva, rischio di abuso e conseguenze socioeconomiche
– Materiali Settori Internazionale e Legislativo ......................................
– SUP - scelte normative e rischio di competizione al ribasso
– Materiali Settori Internazionale e Legislativo ......................................
Studi e Materiali - 4/2014
III-661
III-661
III-661
III-661
III-661
III-661
905
Indice analitico generale
SUPERFICIE
– rinunzia al diritto di superficie
– Studio n. 216-2013/C .......................................................................... II-317
TERRENI AGRICOLI
– trasferimenti a titolo oneroso dei terreni agricoli
– Studio n. 1011-2013/T ......................................................................... I-181
TRASCRIZIONE
– accordo conciliativo accertativo dell’usucapione
– Studio n. 718-2013/C .......................................................................... II-233
– rinunzia al diritto di proprietà: trascrizione
– Studio n. 216-2013/C .......................................................................... II-317
– rinunzia alla quota indivisa di comproprietà: trascrizione
– Studio n. 216-2013/C .......................................................................... II-317
TRASFERIMENTI IMMOBILIARI
– edifici da dotare di certificazione energetica a prescindere da un loro
trasferimento o locazione (c.d. presupposto oggettivo)
– Studio n. 657-2013/C.......................................................................... III-475
– edifici da dotare di certificazione energetica in occasione del trasferimento
e/o locazione (c.d. presupposto contrattuale)
– Studio n. 657-2013/C.......................................................................... III-475
– imposta “minima” per gli atti di trasferimento di immobili a titolo oneroso
– Studio n. 1011-2013/T ......................................................................... I-181
– obbligo di allegazione dell’attestato di prestazione energetica
– Studio n. 657-2013/C ................................................................... I-3; III-475
– obbligo di consegna dell’attestato di prestazione energetica
– Studio n. 657-2013/C ................................................................... I-3; III-475
– obbligo di dotazione dell’attestato di prestazione energetica
– Studio n. 657-2013/C ................................................................... I-3; III-475
– tassazione degli acquisti della c.d. prima casa
– Studio n. 1011-2013/T ......................................................................... I-181
– tassazione dei trasferimenti immobiliari a titolo oneroso dal 1° gennaio
2014
– Studio n. 1011-2013/T ......................................................................... I-181
– tassazione delle cessioni soggette ad IVA
– Studio n. 1011-2013/T ......................................................................... I-181
– trasferimenti a titolo oneroso dei terreni agricoli
– Studio n. 1011-2013/T ......................................................................... I-181
URBANISTICA
– natura giuridica degli atti di cessione “gratuita”
906
Studi e Materiali - 4/2014
Indice analitico generale
– Studio n. 248-2014/T .......................................................................... II-415
USO E ABITAZIONE
– rinunzia ai diritti di uso e abitazione
– Studio n. 216-2013/C .......................................................................... II-317
USUCAPIONE
– accordi di mediazione accertativi dell’usucapione: orientamenti della
giurisprudenza
– Studio n. 718-2013/C .......................................................................... II-233
– accordi di mediazione che accertano l’usucapione di beni immobili nel
sistema delle imposte indirette
– Studio n. 156-2014/T ......................................................................... IV-737
– accordo conciliativo accertativo dell’usucapione come negozio con causa
transattiva in senso lato
– Studio n. 718-2013/C .......................................................................... II-233
– novità del decreto del fare in tema di accordi di mediazione accertativi
dell’usucapione
– Studio n. 718-2013/C .......................................................................... II-233
– orientamenti sulla tassazione delle sentenze di accertamento dell’usucapione
– Studio n. 156-2014/T ......................................................................... IV-737
– presupposti dell’atto di accertamento
– Studio n. 718-2013/C .......................................................................... II-233
– qualificazione giuridica dell’atto di accertamento
– Studio n. 718-2013/C .......................................................................... II-233
– rapporti tra usucapente ed usucapiti: usucapione come titolo di acquisto
originario
– Studio n. 718-2013/C .......................................................................... II-233
– tassazione dell’accordo conciliativo accertativo dell’usucapione di beni
immobili
– Studio n. 156-2014/T ......................................................................... IV-737
– tassazione dell’accordo conciliativo accertativo dell’usucapione di beni
immobili: interpretazione sistematica del dato normativo nell’ambito
dell’imposta di registro
– Studio n. 156-2014/T ......................................................................... IV-737
– trascrizione dell’accordo conciliativo accertativo dell’usucapione
– Studio n. 718-2013/C .......................................................................... II-233
– usucapione: le agevolazioni di cui all’art. 17, commi 2 e 3, D.Lgs. 28/2010 e
l’art. 10, D.Lgs. 23/2011
– Studio n. 156-2014/T ......................................................................... IV-737
– usucapione nell’IVA
Studi e Materiali - 4/2014
907
Indice analitico generale
– Studio n. 156-2014/T ......................................................................... IV-737
USUFRUTTO
– rinunzia al diritto di usufrutto
– Studio n. 216-2013/C .......................................................................... II-317
VENDITA
– anticresi come alternativa al binomio vendita/locazione
– Studio n. 425-2014/C (Materiali) ........................................................ III-617
– argomenti a favore della non applicazione della disciplina prevista alla
vendita forzata a mezzo di decreto di trasferimento
– Studio n. 263-2014/C ......................................................................... IV-705
– con patto di riscatto
– Studio n. 668-2009/C .......................................................................... II-223
– con patto di riscatto - causa tipica
– Studio n. 668-2009/C .......................................................................... II-223
– con patto di riscatto - indici identificativi
– Studio n. 668-2009/C .......................................................................... II-223
– disciplina attualmente vigente in tema di allegazione dell’APE agli atti di
trasferimento a titolo oneroso
– Studio n. 263-2014/C ......................................................................... IV-705
– esclusione della vendita forzata dal perimetro di applicazione del D.Lgs.
192/2005 (conclusioni raggiunte nel vigore della formulazione del D.Lgs.
192/2005 vigente fino al 3 agosto 2013)
– Studio n. 263-2014/C ......................................................................... IV-705
– irrilevanza rispetto alle vendite forzate attuate a mezzo di decreto di trasferimento del comma 8 dell’art. 1, D.Lgs. 145/2013
– Studio n. 263-2014/C ......................................................................... IV-705
– novità apportate dal D.L. 63/2013 convertito in Legge 90/2013 e il
bilanciamento degli interessi in gioco da parte del legislatore statale
– Studio n. 263-2014/C ......................................................................... IV-705
– opportunità della dotazione di attestato di prestazione energetica dei beni
posti in vendita in sede esecutiva sotto il profilo della competitività della
vendita forzata
– Studio n. 263-2014/C ......................................................................... IV-705
– opportunità dell’allegazione dell’attestato di prestazione energetico agli atti
al decreto di trasferimento (o della sua consegna all’aggiudicatario) sotto il
profilo dell’economia del sistema
– Studio n. 263-2014/C ......................................................................... IV-705
– rivendita del bene ultimato dal cedente
– Studio n. 468-2014/T ......................................................................... IV-753
908
Studi e Materiali - 4/2014
Indice analitico generale
– trasferimento di edificio dotato di impianti termici per la climatizzazione o
produzione di acqua calda sanitaria
– Segnalazione Rizzi (Libretti d’impianto) ............................................ IV-835
– vendita dei beni condominiali e la legittimazione del potere a disporre
– Studio n. 906-2013/C .......................................................................... II-263
– vendita forzata e attestato di prestazione energetica (alla luce delle recenti
modifiche al D.Lgs. 192/2005 di cui al D.L. 4 giugno 2013, n. 63 conv. in
Legge 3 agosto 2013, n. 90 e di cui D.L. 23 dicembre 2013, n. 145 conv.
in Legge 21 febbraio 2014, n. 9)
– Studio n. 263-2014/C ......................................................................... IV-705
– vendita nel quinquennio dalla ultimazione di beni oggetto di intervento
edilizio: suggerimenti pratici (Certificazione - perizia - dichiarazione del
direttore dei lavori)
– Studio n. 468-2014/T ......................................................................... IV-753
– verbale di assemblea condominiale e la forma della procura a vendere
i beni del condominio
– Studio n. 906-2013/C .......................................................................... II-263
Studi e Materiali - 4/2014
909
TASSAZIONE
DEGLI ATTI NOTARILI
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e successive modificazioni e integrazioni.
SEGRETERIA DI REDAZIONE
AVVERTENZA
GABRIELLA DE ANGELIS
La sezione STUDI comprende lavori approvati collegialmente dalle Commissioni del
Consiglio Nazionale del Notariato competenti per materia (Commissione studi civilistici, Commissione studi di impresa, Commissione studi tributari e Commissione affari europei ed internazionali). Alcuni di tali lavori, per la particolarità e la rilevanza degli argomenti trattati, formano oggetto di ulteriore attenzione e successiva approvazione
espressa anche da parte del Consiglio Nazionale del Notariato.
La sezione MATERIALI comprende lavori che rappresentano ed esprimono esclusivamente il pensiero dei loro autori, componenti delle suddette Commissioni.
In questa sezione sono pubblicati anche studi e ricerche sulla storia del notariato.
La sezione RISPOSTE A QUESITI comprende le risposte, di norma non
esaminate collegialmente dalle Commissioni, che l’Ufficio Studi
dà a specifici quesiti di interesse generale rivolti al Consiglio
Nazionale del Notariato.
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