OLIMPIA abstract - Scuola Superiore di Studi sulla Città e il Territorio

Scuola Superiore di Studi Sulla Città e il Territorio Università di Bologna
Corso di Laurea in Ingegneria Edile dell’Università di Bologna
Fondazione Flaminia di Ravenna
L'ARCHITETTURA DEI VILLAGGI PER LE OLIMPIADI
Alberto Pratelli, Massimo Bortolotti
abstract
Nel grande spettacolo olimpico, il tema della vita quotidiana e dell’abitare degli atleti è il più nascosto,
“riservato”. Ma ha una sua storia che è storia di attenzione, architettura, economia, urbanistica, riuso: è
insomma storia del pensiero e della ricerca, calata nella qualificazione della vita degli atleti d’eccellenza nel
mondo, ma anche delle città che attraverso l’ospitalità olimpica si trasformano e pensano al proprio futuro,
cogliendo la grande opportunità della progettazione e del successivo riuso delle strutture olimpiche.
A partire dalle prime residenze prefabbricate per gli atleti delle Olimpiadi di Parigi nel 1924 e fino agli
insediamenti di Pechino 2008, è la storia di un insediamento urbanistico nuovo: “Il Villaggio Olimpico”.
E’ un tema questo che già de Coubertin aveva previsto e che aveva portato, nel 1911, alla edizione di un
bando di concorso con tanto di progetti vincitori; progetti che non furono mai realizzati, preferendo le
organizzazioni olimpiche accogliere in alberghi, scuole, caserme o addirittura navi un numero ancora esiguo
di atleti, appartenenti a un numero di nazionalità ben ridotto rispetto all’oggi.
Ad aprire il problema in chiave nuova e sperimentale fu Parigi 1924, quando nell’enfasi del nome “Village
Olympique” per la prima volta utilizzato, alcune casette di legno con tetto a falde venivano aggregate a
formare un insediamento effimero, servito dall’ufficio postale e telefonico, dall’ufficio cambio valuta,
ristorante, edicola, barbiere. Ma tutto costava troppo e Amsterdam 1928 tornò alle navi che, trasportati gli
atleti, restavano attraccate al porto e si trasformavano in residenza. Spetta a Berlino 1936 la svolta
nell’impegno progettuale e nell’ideazione di residenze che coinvolgevano uno studio integrato che scendeva
al dettaglio negli affreschi alle pareti delle residenze atleti realizzate dagli studenti di Belle arti del Reich.
Netta era la separazione degli atleti dalle atlete, alloggiate in alberghi “a parte”, e che solo ad Helsinki 1952
furono integrate nel Villaggio Olimpico. Ma se Helsinki vide il superamento della divisione di genere, vide
invece la separazione tra Est e Ovest del mondo, con la realizzazione di due villaggi destinati appunto l’uno
agli atleti dell’Est e l’altro agli atleti dell’Ovest. Ma era compiuta la definizione della tipologia del Villaggio
olimpico, ormai sempre più vasto e articolato nelle funzioni e nei servizi, pronto ad essere difeso da
telecamere e sguardi indiscreti ma soprattutto, dopo la strage di Monaco 1972, dotato di sistemi di sicurezza
“blindati” volti alla garanzia delle vite degli atleti.
Esaurito l’aspetto storico dell’evolversi tipologico del Villaggio Olimpico, deve essere valutato il problema
del suo impatto sulla città, della sostenibilità insediativa, accanto a quello del riuso, delle strutture realizzate
e più in generale quello della riqualificazione urbana. Il tutto con un occhio aperto al nuovo secolo, che vede
per altro un modo diverso di affrontare il problema.
Alcuni esempi possono essere ritrovati nei progetti per Londra 2012, per giungere poi all’analisi delle ipotesi
architettoniche e urbanistiche presentate per la XXXI Olimpiade di Rio De Janeiro 2016.
Vediamo così che nella centenaria storia delle Olimpiadi moderne la realizzazione del Villaggio Olimpico e
le operazioni di trasformazione urbanistica ad esso correlate si sono manifestate in modi molto diversi tra
loro e sempre interessanti.
Anche se oggi lo sport ci appare innanzi tutto come un’importante forma di spettacolo, forse il più
importante tra gli spettacoli del vivere moderno, noi sappiamo che lo sport è prima di tutto vita, coscienza,
lavoro.
La vita, anche quando è tesa al livello massimo che ciascuno di noi si possa proporre, ha bisogno di riposo e
di abitare.
Un luogo per risiedere e per riposare è previsto quindi, sia nella vita che nello spettacolo.
È per questa ragione che diventa importante studiare, dei Giochi Olimpici, proprio il tema delle residenze,
quello apparentemente più nascosto e certo il meno conosciuto.
Se la residenza è il tema “povero” delle Olimpiadi, non è una buona ragione perché non debba essere
comunque risolta in maniera “alta”, poiché democrazia non vuol dire sempre trattare il quotidiano come
fosse cosa da poco, ma trattare il tutto come fosse cosa sempre importante. Inoltre si deve ricordare che si
tratta di un tema “povero” solo in apparenza - dato che è forse quello di cui si parla di meno - ma come
vedremo costituisce invece uno degli impegni progettuali ed economici più importanti dei Giochi.
È certo emozionante rivedere nella storia, dall’inizio, i tentativi e i diversi modi di realizzare il villaggio.
Il Villaggio Olimpico è dunque luogo destinato da subito ad avere due vite: la prima, breve ma intensa, è
caratterizzata dai ritmi frenetici di un gruppo di persone che rappresenta un’élite del mondo; la seconda,
dilatata nel tempo, è scandita dalla quotidianità dei suoi abitanti.
Chi però si interessa di architettura, della sua storia e dei vari tipi di riuso e recupero, è abituato a sapere che
in molti organismi edilizi la vita (proprio quella degli organismi stessi) cambia nel tempo e che le architetture
migliori e più vive sono spesso proprio quelle che hanno la capacità, già nel loro progetto, di subire
successivi cambiamenti di uso e di ceto da parte dei loro utenti e abitanti.
Per questo motivo la realizzazione di un Villaggio Olimpico viene progettata principalmente per l’utilizzo
successivo ai Giochi, come nuovo quartiere residenziale, elemento di espansione della città o frammento di
un più complesso progetto di ridisegno e riutilizzo dello spazio urbano esistente.
Sono molte le manifestazioni nel mondo che attraggono una quantità altissima di persone, che stimolano idee
e spingono architetti e committenti a dare il massimo di sé. Ma forse nessuna, per le conseguenze che qui si
sono studiate, è oggi importante come i Giochi Olimpici.
Ravenna, 31/05/2013