AIAS – ASSOCIAZIONE ITALIANA PER L’ANALISI DELLE SOLLECITAZIONI 41° CONVEGNO NAZIONALE, 5-8 SETTEMBRE 2012, UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PADOVA AIAS 2012 - 045 ANALISI ELASTOSTATICA NON LINEARE CON IL METODO DELLE CELLE C. Delpretea, F. Freschib, M. Repettob, C. Rossoa a Politecnico di Torino - Dipartimento di Ingegneria Meccanica e Aerospaziale, Politecnico di Torino - Dipartimento Energia, corso Duca degli Abruzzi, 24 – 10129 Torino contacting author: [email protected] b Sommario La necessità di indagare problemi complessi, in cui più fenomeni fisici sono coinvolti contemporaneamente, e la forte interazione tra essi, che può generare risposte non lineari del sistema, spingono alla ricerca di metodologie numeriche multiphysics in grado di esaminare la complessità dei vari aspetti. Il presente articolo descrive l’abbinamento di una tecnica di soluzione per problemi non lineari, metodo del punto fisso, e una tecnica di soluzione numerica per problemi fisici, Metodo delle Celle. Come illustrato dai risultati, l’utilizzo di queste due tecniche combinate consente di descrivere fenomeni meccanici non lineari con adeguata precisione e getta le basi per l’utilizzo di questo approccio nel campo dei problemi fisici non lineari accoppiati. Abstract The necessity to investigate complex problems, in which several physical phenomena are simultaneously involved, and the strong interaction between them, that can generate non-linear responses of the system, push the research for numerical multiphysics methodologies able to examine the complexity of the various aspects. This article describes the combination of a solution technique for non-linear problems, the fixed point method, and a numerical solution technique for physical problems, the cells method. As shown by the results, the use of these two techniques combined together allows to describe non-linear mechanical phenomena with adequate precision and can become the basis of a multiphysics approach for non-linear coupled problems. Parole chiave: Multiphysics, materiali non lineari, metodi numerici. 1. INTRODUZIONE Lo studio di fenomeni non lineari accoppiati sta diventando sempre più di attualità. In questo filone si inserisce l’utilizzo di un metodo che nasce intrinsecamente multiphysics e che consente di studiare contemporaneamente, e tenendo presente i vari mutui effetti, problemi fisici diversi. Il Metodo delle Celle nel presente lavoro è utilizzato come ambiente per lo sviluppo di una procedura non lineare di calcolo strutturale. Molte sono le tecniche numeriche che possono essere utilizzate per affrontare problematiche non lineari, normalmente nei codici a elementi finiti si adottano le strategie derivanti dal metodo Newton-Raphson e sue varianti [1-5]. Nello sviluppo del codice DualLab [10, 11], basato sul Metodo delle Celle, si è adottato quale criterio per lo studio delle non linearità il metodo iterativo del punto fisso. Tale scelta è stata fatta sulla base della necessità di inseguire la curva tensionedeformazione del materiale, in analogia con altri fenomeni fisici già studiati con il Metodo delle Celle, quali le non linearità nei modelli elettromagnetici. 41° CONVEGNO NAZIONALE – VICENZA, 5-8 SETTEMBRE 2012 2. RISOLUZIONE EQUAZIONI NON LINEARI Nella soluzione di problemi non lineari generalmente si ottiene un insieme di equazioni algebriche che può essere rappresentato nel seguente modo [2]: (1) !(a) = f " P(a) = 0 dove ‘a’ è l’insieme dei parametri della discretizzazione, ‘f’ è un vettore indipendente dai parametri e ‘P’ è un vettore dipendente dai parametri della discretizzazione. Un approccio di tipo iterativo, a partire da una soluzione nota, è il metodo più utilizzato per calcolare una risposta attendibile del problema. L’approccio incrementale diventa indispensabile se l’equazione costitutiva che lega tensioni e deformazioni è descrivibile con più curve in successione. Il problema può essere espresso come la soluzione dell’equazione: ! n+1 = !(a n+1 ) = fn+1 " P(a n+1 ) = 0 (2) che presenta una soluzione iniziale approssimata da cui far partire il calcolo espressa come: a = an; ! n = 0; (3) f = fn e che spesso si traduce in una variazione della forzante (4) fn+1 = fn + !fn Le tecniche iterative che consentono di risolvere le equazioni di tipo (2) sono da ricondurre al metodo di Newton-Raphson e sue variazioni. 2.1. Metodo Newton-Raphson Il metodo Newton-Raphson è il processo avente una più rapida convergenza per la soluzione di problemi nei quali un’unica valutazione di Ψ viene eseguita per ciascuna iterazione. Tale metodo è anche l’unico ad avere la convergenza di tipo quadratico [2]. L’equazione (2) è approssimata nel seguente modo: i ( ) " ! (a ) ! a i+1 n+1 i n+1 $ #! ' i +& ) da n % #a (n+1 (5) La matrice Jacobiana consente di valutare la variazione della soluzione nell’intorno del i-esimo step di calcolo, in tal modo è possibile stimare la correzione della funzione all’istante successivo utilizzando l’equazione: !1 da in = ( K iT ) " ( a in+1 ) (6) Dalla (6) per iterazioni successive si ricava il valore dei parametri che riducono il valore della differenza tra funzione stimata all’istante i e quella al successivo i+1 al di sotto del valore di tolleranza stabilito. Nonostante la rapida convergenza, il metodo Newton-Raphson possiede alcuni svantaggi: • si deve calcolare una matrice Jacobiana nuova a ogni interazione; • la matrice Jacobiana deve essere fattorizzata a ogni iterazione per la soluzione della (6); • la matrice Jacobiana può essere asimmetrica e quindi innescare problemi di soluzione numerica [2]. 41° CONVEGNO NAZIONALE – VICENZA, 5-8 SETTEMBRE 2012 2.2. Metodo Newton-Raphson modificato Questo metodo utilizza essenzialmente lo stesso algoritmo di calcolo del metodo Newton-Raphson ma ! . A questo punto sostituisce la matrice Jacobiana variabile K iT con un’approssimazione costante K T ! esistono diverse possibilità di scelta. La matrice K può essere scelta come la matrice corrispondente T della prima iterazione oppure una corrispondente a un passo temporale o di carico precedente. Tale metodo presenta convergenza meno rapida rispetto al metodo padre (convergenza lineare anziché quadratica) ma diversi aspetti negativi del metodo Newton-Raphson vengono meno. La convergenza non è comunque garantita quando la tangente utilizzata possiede una pendenza opposta a quella della soluzione corrente. 2.3. Metodo delle secanti Tale metodo cerca di abbinare i vantaggi del metodo Newton-Raphson classico ai vantaggi computazionali della variante di cui sopra, infatti, a ogni iterazione, la matrice Jacobiana è ricalcolata tentando un inseguimento della curva. In termini matematici: i da i-1 n = (Ks ) !1 (" i-1 !1 ! " i ) = ( K si ) #i!1 (7) Per sistemi aventi più di un grado di libertà la determinazione di K si o il suo inverso risulta essere più difficile e la soluzione può non essere unica. Differenti forme della matrice K si possono soddisfare il problema di partenza e infatti più alternative vengono utilizzate nella pratica. 2.4. Metodo del punto fisso Il problema non lineare elastico può essere formulato come: (8) K (a ) a = b dove K ( a ) è la matrice di rigidezza dipendente dalle incognite ‘a’. Il sistema può essere linearizzato considerando la matrice di rigidezza calcolata per un preciso valore delle incognite K a 0 : ( ) ( ) K a0 a = b + R (9) dove il vettore ! è detto residuo ed è necessario affinché l’uguaglianza sia valida. Dal momento che ! è incognito a priori, esso viene determinato iterativamente a partire dalla soluzione ‘a’: ( ) ( ) K a 0 a k+1 = b + R a k (10) Si può notare che la matrice di rigidezza non è aggiornata durante il processo iterativo, ma soltanto il termine noto. Il metodo del punto fisso è quindi adatto per essere risolto con metodi diretti di soluzione di problemi lineari, poiché la matrice è fattorizzata una volta sola all’inizio del processo, e ogni iterazione necessita soltanto di forward-backward substitution. 3. FORMULAZIONE NON LINEARE CON IL METODO DELLE CELLE 3.1. Formulazione lineare dell’elemento asta monodimensionale Il problema elastostatico è rappresentato dal diagramma di Tonti di Figura 1. Sono facilmente identificate le due variabili fondamentali del problema: • una di configurazione e cioè lo spostamento ‘u’ associato al nodo del complesso primale; 41° CONVEGNO NAZIONALE – VICENZA, 5-8 SETTEMBRE 2012 • una di sorgente e cioè la forza di volume applicata al volume del complesso duale. Per mezzo dell’operazione gradiente applicata al campo degli spostamenti si ottengono i valori di differenza di spostamento che insistono su ciascun lato del complesso primale, mentre per via dell’operazione di divergenza sulle forze di volume si ottengono le forze di superficie che agiscono sulle superfici del complesso duale poste in relazione con i lati del complesso primale [7-11]. L’equazione costitutiva del problema elastico è quindi ricavata legando la variazione di spostamento alle forze di superfici agenti. Il primo passo per risolvere qualsiasi problema fisico con la formulazione algebrica è quindi scrivere due equazioni topologiche differenti: una per le variabili di configurazione e una per le variabili sorgente. Le equazioni topologiche sono espresse mediante l’equilibrio per quanto riguarda le sorgenti e mediante la congruenza per quanto riguarda le variabili di configurazione. Tale procedimento induce alla definizione di due matrici: una denominata G e riferita alle variabili di configurazione e la seconda denominata D e riferita alle variabili di sorgente. Tali matrici sono delle matrici di incidenza e sono composte dalla sequenza di 0, 1, −1 definite in funzione dei complessi di celle primali e duali. Figura 1: Diagramma di Tonti per l’elastostatica. La matrice di incidenza generalizzata, scritta per le variabili di configurazione e applicata a una cella primale unidimensionale come quella mostrata in Figura 2, può essere scritta nel seguente modo: Figura 2: Elemento asta monodimensionale con relativa orientazione (discretizzazione primale). h = !u = u2 " u1 (11) da cui in forma matriciale: ') u +) h = !u = #$ "1 1 %&( 1 , = Gu *) u2 )- (12) In modo analogo l’equazione di bilancio produce una matrice di incidenza, che in base all’orientazione della cella primale e al verso entrante o uscente nella cella duale (Figura 3), è possibile scrivere nella forma di equazione (13). 41° CONVEGNO NAZIONALE – VICENZA, 5-8 SETTEMBRE 2012 Figura 3: Elemento asta monodimensionale con relativa orientazione (discretizzazione duale). " 1 % $ ' # !1 & { F1 F2 ! = {0 } } = !DT (13) Facendo riferimento al diagramma di Tonti occorre definire, oltre alle matrici di incidenza, anche i parametri utili alla definizione della matrice rappresentativa dell’equazione costitutiva del problema: • A è la matrice dei coefficienti geometrici. Nel caso di un elemento monodimensionale essa ha dimensione 1×1 e il suo valore corrisponde all’area della sezione dell’elemento; • E è la matrice che descrive il materiale. Nel caso di un elemento monodimensionale lineare elastico essa ha dimensione 1×1 e il suo valore corrisponde al valore del modulo di elasticità del materiale in studio; • P è la matrice che ci consente di passare dagli spostamenti h alle deformazioni ε. Nel caso di un elemento monodimensionale essa ha dimensione 1×1 e il suo valore corrisponde all’inverso della lunghezza dell’elemento. Note che siano tutte le matrici in questione è possibile esprimere l’equazione risolutiva del problema elastico: G T AEPGu = Fe (14) E’ quindi possibile ottenere la formulazione di rigidezza dell’elemento asta: " EA $ " % 1 G T AEPG = K = $ !1 ' AE "# !1 1 %& = $ L $ EA L # 1 & $ ! L # EA L EA L ! % ' ' ' ' & (15) 3.2. Formulazione non lineare dell’asta monodimensionale con il metodo del punto fisso La non linearità che interessa la presente trattazione è insita nel comportamento elastoplastico del materiale, pertanto il metodo del punto fisso sarà applicato alla relazione non lineare esistente tra le tensioni e le deformazioni. Pertanto considerando che la deformazione totale ! può essere suddivisa in due componenti, deformazione elastica !e e deformazione plastica ! p , il comportamento elastico può essere descritto con la relazione classica ! = E " # , mentre il comportamento plastico può essere descritto per mezzo dell’equazione di Ramberg-Osgood ! = ! 0 + K"mp , dove ! 0 rappresenta il limite di snervamento del materiale. Considerando pertanto un singolo punto nel quale è possibile determinare la deformazione, per mezzo dei due modelli sopra esposti è possibile calcolare la tensione corrispondente. Il metodo del punto fisso è quindi applicato a ogni singolo punto nell’oggetto simulato per descrivere la relazione non lineare tra tensione e deformazione. Il processo iterativo è riassunto in Figura 4, dalla quale si può comprendere il funzionamento del metodo. Dallo spostamento dei nodi si determina il valore della deformazione, si entra quindi sulla caratteristica non lineare e si determina una tensione ! p ; analogamente dalla caratteristica lineare si ottiene il valore della tensione da correggere ! fp . La differenza tra ! fp e ! p produce il residuo Ri di tensione che viene utilizzato per correggere il valore della forza applicata. A questo punto parte il processo iterativo, che ha come obiettivo ridurre il residuo al di sotto di un valore di tolleranza 41° CONVEGNO NAZIONALE – VICENZA, 5-8 SETTEMBRE 2012 imposto. Il flow-chart di Figura 5 riassume il processo iterativo per l’applicazione del metodo del punto fisso. Il vantaggio di tale tecnica è quindi quello di determinare una sola matrice di rigidezza del sistema e di riutilizzare questa in ogni iterazione, riducendo di fatto l’onere computazionale, per contro la convergenza è solitamente più lenta rispetto al caso di Newton Raphson [5]. Figura 4: Funzionamento del metodo del punto fisso applicato alla curva tensione-deformazione. In blu la curva che descrive la caratteristica non lineare del materiale e consente di calcolare ! p , in rosso la legge lineare utilizzata per calcolare la tensione ! fp . Figura 5: Flow-chart per la determinazione dello spostamento nell’elemento asta non lineare. 41° CONVEGNO NAZIONALE – VICENZA, 5-8 SETTEMBRE 2012 Per validare la procedura si è considerata un’asta della lunghezza totale (L) di 50 mm in acciaio vincolata ad un estremo e sottoposta ad una forza di trazione (F) all’estremo opposto. Le due sezioni che compongono l’asta sono state pensate in modo da generare uno stato di tensione oltre il limite di snervamento nella porzione a sezione minore, mentre nell’altra la tensione di trazione non superi lo snervamento del materiale. La geometria considerata e il modello sono visibili in Figura 6. Figura 6: Geometria e modello di asta adottata per verifica procedura. Il materiale di cui è costituita l’asta è un acciaio descritto come ! = ! 0 + K"mp = 290 + 610"0,56 p , dove la tensione di snervamento è pari a 290 MPa. In Tabella 1 è riassunta l’evoluzione delle deformazioni calcolate dopo un certo numero di iterazioni. Come visibile il valore della deformazione nei due elementi che non raggiungono la plasticizzazione rimane costante, mentre nei tre elementi plasticizzati la deformazione varia a ogni iterazione fino a giungere a un valore in cui l’errore residuo è al di sotto di una tolleranza imposta. iter ε1 x10-3 Tabella 1: Valore della deformazione elemento per elemento nel processo iterativo. 1 3 8 15 30 45 60 100 200 400 621 1,5133 1,7309 2,1800 2,6777 3,4479 3,9734 4,3466 4,9195 5,3327 5,4051 5,4068 ε2 x10-3 1,5133 1,7309 2,1800 2,6777 3,4479 3,9734 4,3466 4,9195 5,3327 5,4051 5,4068 ε3 x10-3 1,5133 1,7309 2,1800 2,6777 3,4479 3,9734 4,3466 4,9195 5,3327 5,4051 5,4068 ε4 x10-3 0,7567 0,7567 0,7567 0,7567 0,7567 0,7567 0,7567 0,7567 0,7567 0,7567 0,7567 ε5 x10-3 0,7567 0,7567 0,7567 0,7567 0,7567 0,7567 0,7567 0,7567 0,7567 0,7567 0,7567 3.3. Formulazione non lineare dell’elemento tetraedrico per mezzo del metodo del punto fisso In analogia con quanto fatto per l’asta, si è passati all’implementazione della tecnica per l’elemento tetraedrico tridimensionale. In tal caso è stato necessario mettere a punto un criterio per passare dallo stato deformativo e tensionale di ogni singolo elemento, che per il Metodo delle Celle è uniforme nell’elemento stesso, al valore di forze prodotto dal residuo calcolato ad ogni iterazione. In altre parole, essendo la caratteristica del materiale monodimensionale, si è dovuto adottare un criterio (Von Mises) per il passaggio dallo stato triassiale di tensione e deformazione a quello monoassiale e un criterio per estendere il residuo calcolato (valore monodimensionale) in tridimensione, cioè ottenere un valore di forza per ciascuna direzione e per ciascun nodo. L’ipotesi alla base di questo criterio è che le direzioni principali di tensione e deformazione rimangano parallele tra loro, in tal modo è possibile definire un fattore di scala tra le direzioni principali di tensione e di deformazione. Pertanto, una volta calcolato il tensore delle tensioni e delle deformazioni per ogni elemento utilizzando il modello lineare tridimensionale [7-11], si determinano le direzioni, le tensioni e le deformazioni principali, quindi si applica il criterio di Von Mises per valutare la deformazione equivalente con la quale entrare nella caratteristica del materiale. Utilizzando la tensione equivalente e le tensioni principali si determina un fattore di peso che caratterizza ciascuna direzione principale, lungo le quali verrà proiettato il valore del residuo. a1 = !1 ! eqVM ; a2 = !2 ; ! eqVM a3 = !3 ! eqVM (16) 41° CONVEGNO NAZIONALE – VICENZA, 5-8 SETTEMBRE 2012 Entrando con la deformazione equivalente sulla curva del materiale si determina il valore della tensione non lineare. Pertanto utilizzando la tensione non lineare e quella calcolata con il modello lineare è possibile definire il residuo in termine di tensione. Tale residuo di tensione, usando i coefficienti calcolati nelle (16) e le direzioni principali, è proiettato in un tensore delle tensioni. Quindi per mezzo delle matrici di incidenza e geometriche si determina il residuo in forza da sommare al vettore dei carichi per far partire il processo iterativo, come riassunto in Figura 7. Il residuo assume quindi un significato fisico di forza che si somma al caso lineare per compensare le non linearità del materiale. Figura 7: Flow-chart per la determinazione spostamento nell’elemento tridimensionale non lineare. Per validare tale procedura si sono messi a punto due confronti, uno puramente numerico e uno sperimentale. Il confronto numerico è stato fatto utilizzando lo stesso modello e implementandolo sia in DualLab (ambiente di sviluppo Matlab del Metodo delle Celle) sia in Abaqus 6.10. L’oggetto in esame si presenta come una barretta cilindrica della lunghezza di 100 mm presentante due sezioni differenti, per metà della sua lunghezza con diametro d1 = 20 mm e per la seconda metà diametro d2 = 20 mm. Il vincolo è applicato sulla faccia estrema di sezione maggiore della barretta, mentre la forza di 618 N è applicata sulla faccia estrema opposta di sezione minore, producendo un momento flettente sulla barretta. I risultati ottenuti sono visibili nel confronto tra le immagini di Figura 8. La procedura qui proposta porta a una stima dello spostamento massimo della barra pari a 0.392 mm, mentre Abaqus calcola uno spostamento di 0.363 mm. Per quanto riguarda le tensioni, la metodologia 41° CONVEGNO NAZIONALE – VICENZA, 5-8 SETTEMBRE 2012 qui proposta stima la tensione equivalente massima pari a 300 MPa, mentre Abaqus restituisce un valore di 292 MPa. Il confronto con la sperimentazione è stato condotto utilizzando un provino sottoposto a flessione su tre punti come visibile in Figura 9. Del materiale di cui è costituito il provino è nota la caratteristica tensione deformazione, che è stata implementata per punti in DualLab. Il provino è stato sottoposto a diverse condizioni di carico, la tolleranza imposta per il termine dell’iterazione è di 1e−8 e il modello è realizzato con 39582 gradi di libertà. Figura 8: Confronto tra modelli numerici: a sinistra il modello in DualLab, a destra il modello in Abaqus, in alto il confronto tra gli spostamenti, in basso quello tra le tensioni. Figura 9: Soluzione numerica e set-up sperimentale. Considerando per esempio una forza applicata di 4000 N, lo spostamento misurato sulla traversa risulta essere di 2.20 mm, il calcolo effettuato con DualLab produce, dopo 10 iterazioni, un risultato di 41° CONVEGNO NAZIONALE – VICENZA, 5-8 SETTEMBRE 2012 2,05 mm. Se si carica il provino con 3000 N, lo spostamento misurato risulta essere di 1.50 mm, mentre quello calcolato da DualLab, dopo 8 iterazioni, è pari a 1.39 mm. Analogamente applicando una forza di 500 N, lo spostamento misurato risulta essere di 0.24 mm, mentre il calcolato, dopo 4 iterazioni, è pari a 0.13 mm. Si nota che lo scostamento tra sperimentale e numerico potrebbe essere da ascrivere alla cedevolezza dei dispositivi di supporto del provino. Il modello presenta vincoli infinitamente rigidi, mentre la struttura reale è cedevole. 4. CONCLUSIONI Alla luce dei test effettuati è possibile affermare che la tecnica proposta è in grado di analizzare con adeguata precisione problematiche non lineari in campo meccanico strutturale. Il vantaggio di tale tecnica è quello di consentire un approccio realmente multiphysics ai problemi ingegneristici e l’introduzione di un solutore non lineare che sia in grado di affrontare tutte le non linearità presenti nei problemi fisici accoppiati apre scenari molto interessanti. Come presentato in [10, 11], applicazioni termo-strutturali di componenti meccanici risultano essere i migliori candidati per l’applicazione della tecnica qui proposta. Il passo necessario per l’analisi di un componente reale è l’introduzione di un criterio che consenta il riconoscimento del raggiunto limite di rottura del materiale, al momento non ancora contemplato dalla tecnica proposta. BIBLIOGRAFIA [1] B. 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