Esperimento sugli impulsi laser Esperimentazioni di Fisica 2 Info: www.dsf.unica.it/~michele/teaching/femto Francesco Quochi - [email protected] Michele Saba - [email protected] tel 070 675 4843 tel 070 675 4756 Laser I laser (light amplification through stimulated emission radiation) sono emettitori di radiazione elettromagnetica molto particolari. Pur essendo i laser delle sorgenti luminose così come le lampadine a incandescenza, la luce laser ha delle caratteristiche eccezionali: è coerente, direzionale e monocromatica, cioè la luce forma un fascio direzionale e collimato, di un unico colore e il campo elettromagnetico oscilla con una fase ben precisa. Dal punto di vista fisico, l’origine della luce laser è l’emissione stimolata: in presenza di un fotone, un emettitore elementare, ad esempio un atomo che si trovi in uno stato elettronico eccitato, ha una alta probabilità di emettere un fotone identico a quello già esistente, piuttosto che emetter un fotone di lunghezza d’onda, fase e direzione differenti. Il processo di duplicazione del fotone pre-esistente è detto emissione stimolata e può generare una reazione a catena e produrre una gran quantità di fotoni identici, cioè emissione laser [Svelto]. Dal punto di vista pratico, per aumentare la probabilità che i fotoni vengano duplicati e quindi ottenere emissione laser, il mezzo attivo che emette la luce è posto all’interno di una cavità ottica, nel caso più semplice due speecchi affacciati uno sull’altro che cotringono i fotoni ad attraversare avanti e indietro molte volte il mezo attivo. La luce all’interno della cavità ottica forma un’onda stazionaria, per cui l’emissione laser è possibile soltanto alle lunghezze d’onda che siano sottomultipli esatti della lunghezza della cavità. Laser impulsati Figura 1. Schema dello spettro di emissione di un laser multimodo. Lo spettro di emissione del mezzo attivo si sovrappone ad un gran numero di modi della cavità, generando luce laser in molti omdi comntemporaneamente. In una cavità laser di grandi dimensioni (ad esempio 1m) i modi per cui la lunghezza d’onda della luce visibile è un sottomultiplo della lunghezza della cavità λ n = L / n , con n intero, sono molto numerosi e molto vicini tra loro, poichè λ è tipicamente ~5 10-7 m. Il mezzo attivo può quindi emettere luce in un gran numero di modi della cavità con frequenze ω n = 2πc / λ n = 2πnc / L . Nei laser per misure di precisione si seleziona con degli accorgimenti sperimentali solo uno dei modi della cavità in modo che l’emissione avvenga solo a quella precisa lunghezza d’onda e si ottenga luce di grande purezza spettrale. L’ampiezza del campo elettrico emesso da un laser a singolo modo può essere descritta come una sinusoide di frequenza ωm: A(t ) = Am cos ω m t , dove m è l’indice del modo (un intero dell’ordine di 106). Alcuni laser invece sfruttano la possibilità di emettere luce contemporaneaente su un grande numero di modi per produrre degli impulsi luminosi di brevissima durata. Immaginiamo che il laser emetta su un numero N di modi, con la stessa ampiezza in ciascuno modo e con una fase costante in tutti i modi. Il campo elettrico totale in funzione del tempo sarà quindi la sovrapposizione di N sinusoidi: A(t ) = m= N / 2 ∑ A cos[(ω m=− N / 2 0 + mΩ )t ] , dove Ω = 2πc / L è la differenza in frequenza tra due modi successivi della cavità e ω0 è la frequenza centrale dell’emissione. L’intensità risultante I (t ) = A(t )A* (t ) si ottiene sommando: Ω ⎤ ⎡ sin 2 ⎢( N + 1) t ⎥ 2 ⎦ ⎣ (1) I (t ) = A 2 cos 2 (ω 0 t ) ⎛Ω ⎞ sin 2 ⎜ t ⎟ ⎝2 ⎠ I(t) è una funzione periodica prodotta dall’interferenza di N onde, perciò del tutto analoga nella forma e nello spirito alla figura di interferenza spaziale prodotta dalle N onde diffratte da un reticolo. Figura 2. Intensità degli impusli laser in funzione del tempo. Sono raffigurati i tre casi in cui all’emissione contribuiscano N=5, 25 e 50 modi. L’interferenza tra i modi produce un treno di impulsi, separati da un tempo T. All’aumentare del numero di modi che interferiscono gli impulsi diventano più brevie la loro intensità di picco aumenta. ⎛Ω ⎞ I(t) ha un massimo ogni volta che il denominatore sin 2 ⎜ t ⎟ si annulla, cioè ha un picco ogni ⎝2 ⎠ periodo: (2) T = 4π / Ω = 2 L / c . Il tempo T è il tempo necessario alla luce per andare una volta avanti e indietro tra gli specchi della cavità. Quindi il laser che stiamo considerando concentrerà l’intensità emessa in impulsi luminosi, producendo un impulso ogni volta che la luce compie un giro completo della cavità. Per una cavità corta gli impulsi saranno più ravvicinati, più sitanti per una cavità lunga. In una cavità lunga L=1m il periodo tra due impulsi vale T=(2 m)/(3 108 m/s)~7 10-9 s= 7 ns. La larghezza di ciascun impulso è invece dterminata da quanto rapidamente il numeratore dell’espressione (1) si annulla dopo aver raggiunto il massimo, cosa che avviene dopo un tempo: (3) ∆t = 2π /[( N + 1)Ω] = L /[( N + 1)c ] = T / 2( N + 1) La durata di ciascun impulso è quindi inversamente proporzionale al numero di modi che contribuiscono all’emissione L’emissione laser avviene su uno spettro largo ∆ω=(N+1)Ω, per cui sulla base della (3) possiamo scrivere che la durata temporale degli impulsi è l’inverso della banda spettrale ∆ν=∆ω/2π : (4) ∆t = 2π /[( N + 1)Ω] = 2π / ∆ω = 1 / ∆ν Un laser che emetta luce visibile su un intervallo di lunghezze d’onda di ~30 nm, corrispondente a una banda spettrale ∆ν~3 1013 Hz è in grado di emettere impulsi di durata ∆τ~3 10-14 s = 30 fs. Naturalmente per produrre gli impulsi è necessario che l’emissione nei diversi modi sia coerente in fase; se il campo elettrico in ciascun modo ha una fase arbitraria, l’interferenza viene distrutta e il laser non produce impulsi. Il meccanismo di interferenza appena descritto si chiama quindi agganciamento in fase o ‘mode locking’. I laser a impulsi hanno un gran numero di applicazioni pratiche: - per la ricerca in fisica i flash di luce prodotti servono a ‘fotografare’ eventi che hanno una durata comparabile alla durata dell’impulso, quindi i laser impulsati permettono di vedere processi che durano pochi femtosecondi; - la potenza di picco di un laser impulsato è enorme, tutta la luce è concentrata in brevissimi impulsi che possono bruciare o incidere materiali di ogni tipo. I laser vengono quindi utilizzati per tagliare metalli o incidere delle iscrizioni all’interno di materiali trasparenti; - in chirurgia, i laser sono usati come bisturi per via della possibilità di tagliare e cauterizzare (cioè bruciare bloccando le emorragie di sangue) allo stesso tempo. Nella chirurgia oftalmica, i laser a impulsi servono a modificare in modo molto preciso e localizzato la retina o il fondo oculare. - nelle telecomunicazioni, i laser a impulsi sono in grado di inviare grandi quantità di informazione attraverso le fibre ottiche. Misurare gli impulsi L’esperimento consisterà in: A- misurare la lunghezza degli impulsi di un laser e la banda spettrale (vale sempre la relazione (4)? Ci sono dei limiti fondamentali alla durata minima possibile per un impulso laser?) B- modificare la banda spettrale e misurare l’effetto sulla durata degli impulsi (è possibile produrre impulsi della durata voluta soltanto modificando lo spettro di un laser?). Misura diretta della durata temporale In linea di principio, si potrebbe pensare di misurarae la durata di un impolso laser con un fotodiodo veloce, cioè un rivelatore che assorbe i fotoni e produce un segnale elettrico (corrente o tensione) proporzionale al numero dei fotoni. Visualizzando su un oscilloscopio la tensione prodotta dal diodo si potrebbe ricavare la durata temporale dell’impulso. Nel nostro caso però la durata degli impulsi è talmente piccola (inferiore a 1 picosecondo) che nessun componente elettronico è in grado di rispondere tanto rapidamente. L’impulso di corrente prodotto da un diodo avrebbe una durata molto maggiore della durata dell’impulso di luce. E’ necessario quindi ricorrere ad un metodo alternativo per misurare gli impulsi, un sistema basata sul fenomeno della generazione di seconda armonica o somma di fotoni. Nel processo di somma di fotoni, due fotoni vengono sommati dando origine ad un fotone di energia pari alla somma delle energie dei due fotoni di partenza: hω + hω = h(2ω ) , dove h è la costante di Planck ridotta e ω la frequenza angolare della luce. Questo processo di conversione è possibile in materiali che esibiscono una suscettività ottica nonlineare del second’ordine del tipo χ (2) (2ω ; ω , ω ) . Il fascio di impulsi laser di cui si deve misurare la durata viene separato in due fasci secondari che vengono focalizzati sullo stesso punto del cristallo nonlineare (vedi Figura 1). Il principio della misura è il seguente: la soma di fotoni può avvenire solo quando è possibile prendere un fotone da ciascuno dei due impulsi focalizzati sul cristallo, quindi è necessario che i due impulsi arrivino contemporaneamente. Gli impulsi di un fascio sono ritardati di un tempo τ rispetto a quelli dell’altro fascio usando una linea di ritardo (realizzata variando il cammino ottico relativo tra i due fasci mediante l’uso di uno specchio traslabile). Ciò che si misura è l’intensità della somma di fotoni in funzione del ritardo tra i due impulsi. Quando il ritardo tra i due impulsi è maggiore della durata degli impulsi stessi, il segnale di somma di fotoni si annulla. Dal punto di vista matematico, il segnale di somma di fotoni è data dall’integrale di sovvrapposizione tra i due impulsi: S up (τ ) ∝ ∫ I (t ) I (t − τ )dt , dove I (t ) rappresenta profilo temporale dell’intensità degli impulsi. Operativamente, il profilo S up (τ ) è ricostruito variando lentamente il ritardo τ. La larghezza (o durata) temporale ∆t del profilo di intensità I (t ) , ovvero la durata temporale dei nostri impulsi laser, è ricavata sotto opportune ipotesi dalla larghezza temporale ∆τ della funzione S up (τ ) . Figura 3. Schema di caratterizzazione della durata temporale di impulsi laser mediante la misura dell’autocorrelazione di intensità sfruttando il principio della somma di fotoni, o “second-harmonic generation” (SHG). Misura della banda spettrale Per misurare la banda spettrale dell’emissione laser si puo’ usare un reticolo di diffrazione, che disperde la luce inviando lunghezze d’onda diverse ad angoli diversi. Per il funzionamento di un reticolo, riferitevi al testo di fisica 2 e agli appunti di esperimentazioni 2. Il massimo di diffrazione da un reticolo di passo d si ottiene per una lunghezza d’onda λ ad un angolo θ tale per cui d sin θ = mλ , con m intero. Se la sorgente laser ha una certa banda spettrale ∆ω, a cui corrisponde m una banda di lunghezze d’onda ∆λ, il reticolo genera una larghezza angolare ∆θ = ∆λ (per d cos θ ottenere questo valore della dispersione del reticolo è sufficiente derivare la condizione del massimo di diffrazione). Dalla misura della larghezza angolare del laser diffratto da un reticolo sarete quindi in grado di calcolare la banda spettrale del laser. Figura 4. Schema della misura della banda spettrale di un fascio laser. Il fascio arriva s uun reticolo e viene diffratto; l’intensità del fascio diffratto è misurata con un diodo in funzione dell’angolo di diffrazione Esperimento Alcune norme di sicurezza sull’utilizzo dei laser verranno ripetute all’entrata in laboratorio. Il laser che userete è classe 4. Non è pericoloso sulla pelle, al massimo provoca un lieve bruciore, ma è estremamente pericoloso se diretto verso l’occhio umano. Il fascio diretto o riflesso da una superficie può facilmente bruciare la retina e provocare danni irreversibili alla vista. E’ quindi estremamente importante tenere a mente le seguenti semplici norme: - mai guardare direttamente il fascio laser - non indossare orologi, anelli o altri oggetti riflettenti su mani e braccia - non chinare mai la testa a livello del tavolo ottico – i fascio laser si propaga sempre in orizzontale, se state in piedi gli occhi non posso essere colpiti dal fascio - avvisare sempre i colleghi quando si muove uno specchio o una ottica attraversata dal fascio laser, poichè si potrebbe riflettere il fascio nei loro occhi Il laser che utilizzerete è un laser Titanio-zaffiro. La cavità è lunga 3 m circa ed il mezzo attivo che mette la luce è un cristallo di zaffiro con impurezze di ioni di titanio al suo interno. Il fascio di luce prodotto dal laser verrà diretto su un reticolo di diffrazione e voi misurerete con un diodo fotorivelatore quanta intensità luminosa viene diffratta ai vari angoli. Il diodo fornisce una tensione proporzionale all’intensità luminosa che lo investe, quindi annotando la tensione in funzione della posizione del diodo potrete calcolare I(θ), da cui I(λ) e I(ν). La banda spettrale ∆ν sarà la larghezza a metà altezza della curva I(ν) e comunque può essere calcolata dirretamente dalla m ∆λ . larghezza a mezza altezza della curva I(θ) attraverso la relazione ∆θ = d cos θ Per misurare la lunghezza degli impulsi potrete utilizzare un autocorrelatore ... La seconda parte dell’esperimento consiste nel modificare la larghezza spettrale del fascio laser, filtrandolo dopo averlo disperso con il reticolo. Figura 5. Schema del sistema per filtrare i lo spettro del laser. Doopo aver disperso il laser spettralmente con un reticolo il fascio viene collimato con una lente cilindrica e poi filtrato spazialmente. Il fascio è poi riflesso indietro sul reticolo e ricomposto spettralmente. Il filtro spaziale (una fenditura) produce l’effetto di diminuire la banda spettrale del laser. Per le misure di autocorrelazione di intensità degli impulsi del laser a Titanio-Zaffiro, verrà utilizzato un autocorrelatore che si basa sul principio schematizzato in Figura 3. Lo specchio traslabile è montanto su un altoparlante che permette una modulazione periodica della differenza di cammino ottico tra i due fasci laser. Il profilo di autocorrelazione S up (τ ) è quindi misurato alla frequenza dell’altoparlante, e visualizzato su un oscilloscopio triggerato sul segnale che pilota l’altoparlante. Letture O. Svelto, Principles of Lasers, Plenum W. Demtroeder, Laser Spectroscopy, Springer-Verlag Online: nobelprize.org (2005 physics prize) www.wikipedia.com (type mode locking)