Miscellanea 10 Novembre 2004

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10 Novembre 2004
Miscellanea, sanità e non solo
a cura di [email protected]
"Indubbiamente cattivo è colui che, abusando del proprio ruolo di potere e prestigio, commette ingiustizie e
violenza a danno dei suoi simili; infinitamente più cattivo è colui che, pur sapendo dell'ingiustizia subita da
un suo simile, tacendo, acconsente a che l'ingiustizia venga commessa."
(Einstein, in A. Einstein/S. Freud - Perché la guerra – Ed. Boringhieri, 1981)
"Quando sono disperato mi ricordo che lungo tutta la storia la via della verità e dell'amore ha sempre vinto;
ci sono sempre stati tiranni e assassini, e per qualche tempo essi possono sembrare invincibili, ma alla fine
cadono sempre" (Gandhi)
Marx aveva perfettamente ragione, quando definiva lo Stato in questo modo: "Lo stato è una classe che ne
opprime un'altra mediante leggi". Padre Aldo Bergamaschi (vedi profilo -35- e articolo sul latrocinio giuridico e sociale -36).
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Ci vuole un sogno liberal - Jeremy Rifkin
Dal tempio pagano alla chiesa cristiana - Maria Milvia Morciano
Ingannevole la pubblicità del digitale terrestre – Zeus News
Pubblicate le note Aifa che regolamentano la prescrizione dei farmaci
Troppi errori: le assicurazioni rifiutano le polizze
I radiologi replicano ai tecnici: a ciascuno il suo
Aborto, oltre il 60% dei ginecologi è obiettore
Il politicamente corretto che divide destra e sinistra – Umberto Eco
Il boicottaggio mediatico di Gruber, Mussolini e Occhetto (ma solo di loro ?) - Monica Guerzoni
Perchè non possiamo non dirci laici di Eugenio Scalari - 62 anni dopo il famoso saggio di Benedetto
Croce, Scalfari pronuncia la sua convinzione, che non nega quella del suo maestro ma vuole completarla.
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Laici e credenti a confronto: all'inizio del nuovo secolo di Vincenzo Paglia, Vescovo di Terni-NarniAmelia.
Perché talvolta la guerra è giusta - Walzer, Michael
Apologo sull’onestà nel paese dei corrotti - Italo Calvino - Racconta Tangentopoli meglio di un saggio
Storica vittoria di ADUSBEF contro una delle rapine dei banchieri: restituiranno 30 MLD
Scandali finanziari, chi si occupa dei risparmiatori?
Alessandra Mussolini: il nonno è mio e lo gestisco io - M. Damilano/D. Pardo
I guai di Berlusconi non finiscono mai - Edmondo Berselli
La riforma della Giustizia - Piercamillo Davigo
Cassazione: i posteggiatori abusivi vanno sempre condannati
Ogm, una novità sorpassata - Chi inserisce un nuovo gene, magari batterico o umano in una pianta, non
può prevedere in quale parte del genoma di questa si inserirà, quante copie saranno integrate, se la sua
struttura sarà modificata, se interverranno altre mutazioni ecc. …La scienza contemporanea sta studiando
questi processi e comincia ora ad approntare strumenti che diminuiranno i livelli di imprevedibilità. –
Marcello Buiatti
Di Pietro: raccogliamo firme per il referendum contro l’aumento del finanziamento pubblico ai partiti
Il mistero della spada scomparsa…
Il condono per i ladri d'arte: ottime notizie per tombaroli, depredatori e trafficanti di antichità, collezionisti
finti e mercanti disonesti - Tutto si può dire ma non che il governo Berlusconi non abbia una certa
coerenza! – Salvatore Settis
L´offensiva religiosa nel laico Occidente - Stefano Rodotà
Rocco Buttiglione ne è sicuro: «Nascerà un nuovo movimento cristiano». Rumi e Acli contrari
all'iniziativa Buttiglione-Ferrara, Lega e Cl favorevoli - L’utilizzazione della religione da parte dei laici sa
di strumentale.
Il Corriere della Sera rompe l'omertà sulla secolare truffa del <signoraggio>
Tutti gli antidolorifici gratuiti entro un mese; in Toscana lo sono da più di un anno come i servizi di cure
palliative, fra i primi attivati in Italia.
Colesterolo: erba cinese alternativa 'verde' alle statine
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Fazio a casa e Bankitalia in bancarotta. E' possibile. - La Banca d’Italia è infatti una società privata, una
spa, che ha per soci solo delle società private, banche ed assicurazioni, a parte l’Inps, l’Istituto Nazionale
della Previdenza Sociale. I miracoli del Cavaliere - Paolo Emiliani
Spunta il << pedaggio ombra >> ed è bufera. - Nessun aggravio per gli automobilisti, a pagare sarà lo
Stato - Come è possibile che qualcuno giudichi i Cittadini italiani ridotti peggio di Pinocchio. - Pierpaolo
Benni
Emilia Romagna: la Regione fa ricco il legale. Ai consulenti quattro milioni di parcelle nel 2003. Marche:
Il trasporto pubblico fa a meno delle gare ( grazie al D.L. 268/2003 collegato alla Finanziaria 2004 ) che
naturalmente è sotto giudizio della Corte di Giustizia europea. – Pierpaolo Benni
Competitività, Italia dietro al Botswana. Scende al 47mo posto – Le colpe dell’attuale governo e dei
precedenti. - Pierpaolo Benni
Per don Gianni Baget Bozzo Forza Italia senza forze - Marco Damilano
Giornata sul Diritto Costituzionale per la tutela della salute
Il personaggio: Padre Aldo Bergamaschi (intervista)
La sola camera dei deputati costa al cittadino 2.215 Euro al minuto. Ci sono due tipi di latrocini: quello
giuridico di chi viola il codice e quello sociale che pochi vedono e c'è anche quando le leggi sono
osservate”. - Padre Aldo Bergamaschi
Free Sms - I siti che permettono di inviare sms gratuitamente.
Per la tutela del consumatore - Lanciato un portale di informazioni per la tutela dei consumatori con
aggiornamenti quotidiani. http://www.informaconsumatori.it/
La lavatrice che lava senza detersivo - Michele Piccione
Catanzaro: in manette 2 politici Psdi/FI e 3 giornalisti, indagati 2 politici An - Giovanni Luca
USA: alcuni farmacisti <credenti e cristiani> si rifiutano di consegnare le ricette se contengono
prescrizioni per la pillola anticoncezionale : la loro religione non lo consente.
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Ci vuole un sogno liberal
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Di Jeremy Rifkin da L’Espresso
L'America ha scelto. Il presidente George W. Bush passerà altri quattro anni alla Casa Bianca. E la sorpresa è
che, quando è stato chiesto agli elettori perché avessero rinnovato la loro fiducia nei confronti del presidente, la
risposta è stata: lui rappresenta i 'valori morali' nei quali crediamo e ci riconosciamo. Mentre la guerra in Iraq è
soltanto al quarto posto nella lista delle preoccupazioni degli americani.La rielezione di Bush testimonia il
fervente credo nel Sogno Americano che ancora hanno tutti coloro che vivono nel cuore profondo degli Stati
Uniti: l'area centrale e il sud del Paese. I sostenitori di Bush credono nella ricerca dell'interesse del singolo
individuo, nel libero mercato, in Dio e nella Patria. Per molti elettori Bush rappresenta ancora la tradizione della
Frontiera, i valori cristiani e il patriottismo, una combinazione che si è rivelata ancora una volta vincente agli
occhi della maggior parte degli americani.Mentre coloro che hanno votato il candidato democratico John Kerry
lo hanno fatto più per esprimere il loro dissenso nei confronti di Bush che non per adesione al programma di
Kerry. Nel corso della campagna elettorale, lo sfidante di Bush non ha offerto una forte visione morale
alternativa alla caricatura del Sogno Americano con la quale Bush ha avvolto se stesso.Adesso che la Camera e
il Senato sono saldamente nelle mani del Partito repubblicano, sarà molto importante che nei prossimi quattro
anni il presidente Bush lavori per ricostruire l'immagine dell'America e la sua personale leadership.L'America
sta andando velocemente a destra. Per certi versi, la responsabilità può essere attribuita al predecessore di Bush,
l'ex presidente Bill Clinton, che negli anni Novanta spostò il Partito democratico verso destra per catturare molti
consensi tra i repubblicani. Il risultato? L'area del centro-sinistra è stata svuotata, lasciando il Paese senza una
significativa voce alternativa.Io ho paura per la sorte degli Stati Uniti. Oggi la vittoria di Bush è la morte della
politica liberale in America. Per quasi metà degli elettori che hanno votato Kerry è svanita l'opportunità di
cambiare la direzione in cui va il Paese sia per quanto riguarda la politica estera, sia per quanto riguarda gli
affari di casa. È probabile che nei prossimi quattro anni la rabbia e la frustrazione finiscano per aumentare
ulteriormente le divisioni nel Paese. Vivremo in due Americhe molto diverse tra di loro e ogni possibilità di
riconciliazione tra queste due parti si è allontanata con la rielezione di Bush e con il rafforzamento del Partito
repubblicano al Congresso.I supporter del presidente vedono la sua rielezione come un'affermazione dei valori
morali in cui credono. Un mandato politico fondato su una visione morale può diventare un fenomeno molto
pericoloso, specialmente quando a guidare una Nazione è un uomo ispirato dalla convinzione religiosa che
l'America stia facendo il lavoro di Dio in un mondo governato dalle Forze del Male.Per i milioni di americani
che hanno votato il senatore John Kerry e il Partito democratico è arrivato il tempo di ripensare quella che deve
essere la visione politica del futuro prossimo. Non è sufficiente essere contro i valori morali contenuti nel
programma di Bush. Bisogna mettere a punto un'agenda alternativa con nuovi valori morali che possa parlare
con più forza a tutti quegli americani delusi dal risultato elettorale di oggi. E in cerca di una identità politica in
un mondo vulnerabile, complesso e sempre di più interdipendente.Nell'America del presidente Bush è in corso
una solitaria crociata morale all'interno di un mondo pieno di problemi. I democratici hanno invece bisogno di
offrire la visione etica di un mondo che sia una comunità interdipendente e che favorisca la crescita di una
coscienza globale. Forse il Sogno Europeo emergente potrà offrire una nuova speranza a milioni di americani
disincantati in cerca di una nuova identità in questa era post elettorale.
Dal tempio pagano alla chiesa cristiana
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di Maria Milvia Morciano da Periodici Elledici, Il mondo della Bibbia N. 74 p. 43 Settembre-Ottobre 2004
Molte chiese sorgono su edifici più antichi e ne riutilizzano le strutture. Gli esempi sono tantissimi: ben oltre
1400 casi, sparsi in tutta Europa, per non parlare di quelle che ne recuperano solo singoli elementi, come
colonne, architravi, capitelli. Queste architetture più di ogni altre sembrano organismi viventi, cresciuti e
sviluppati attraverso il tempo, tenendo sempre forte un legame con il luogo e le tracce preesistenti, che non
scompaiono ma si uniscono e si armonizzano, simili a un palinsesto su cui si possono leggere i segni della storia.
Il riuso non riguarda solo templi pagani, ma anche edifici di altra funzione e natura, come terme, case private,
impianti produttivi. Un caso celebre, benché tardo, è la Basilica di Santa Maria degli Angeli, progettata da
Michelangelo, che sfruttò la grande sala del tepidarium delle Terme di Diocleziano, vicino alla Stazione
Termini di Roma.
Maggiormente degni di attenzione, comunque, rimangono i templi antichi trasformati in chiese, perché talvolta
oltre alle strutture si conserva anche la memoria delle divinità adorate, che continuano a vivere negli attributi dei
santi cristiani.
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Il tempio più famoso e sacro sull'acropoli di Atene, il Partenone, realizzato tra il 447 e il 438 a.C., fu ridedicato
nel 432 alla Santa Sapienza, in greco "Aghia Sofia" ovvero il Verbo e quindi Cristo. La sapienza era la qualifica
che connotava la dea Atena, che così non fu dimenticata, ma assorbita e reinterpretata dal Cristianesimo. Nel
662 il tempio fu consacrato alla Vergine, invocata nel tempio come "Panaghia Ateniotissa", la Tutta santa di
Atene, dove Panaghia identifica la Madonna. Il culto alla Vergine Maria venne a rimpiazzare quello alla vergine
dea pagana.
Il riuso preservò da distruzione certa numerosi templi o edifici antichi che, in stato di abbandono, sarebbero stati
esposti a continue spoliazioni e distruzioni.
Il Pantheon di Roma deve il suo nome al significato di "tempio dedicato a tutti gli dei". La sua costruzione fu
iniziata nel 27 a.C. dal console Marco Agrippa, fu poi restaurato e completato nel 118 d.C. dall'imperatore
Adriano, dopo i danni subiti dagli incendi dell'80 e del 110 d.C. Nel 608 l'imperatore Foca donò il tempio a
Papa Bonifacio IV che lo consacrò al culto cristiano nel nome di Sancta Maria ad Martyres. Le grandi tegole
che coprivano originariamente il tetto e le travi che lo sorreggevano erano in bronzo dorato, come pure di bronzo
era il grandioso portone, che è rimasto, mentre le tegole furono portate via dall'imperatore Costante II nel VII
secolo e le travi da papa Urbano VIII Barberini, che le adoperò per fare il baldacchino di San Pietro e alcuni
cannoni di Castel Sant'Angelo. Questo scempio fece commentare a Pasquino, che era la voce del popolo:
"Quello che non fecero i Barbari, lo fecero i Barberini".
Il Pantheon è comunque il monumento romano passato con i minori danni attraverso i secoli, tanto che oggi lo
possiamo ammirare quasi nello stesso aspetto che aveva nell'antichità. La sua trasformazione in chiesa cristiana
lo ha preservato pressoché intatto.
L'affermazione della religione cristiana su quella pagana avvenne in modo complesso e non sempre senza
traumi: rappresentò un momento decisivo con una trasformazione radicale della società antica, materializzata
proprio in queste metamorfosi architettoniche. Ma in che modo avvennero queste trasformazioni? Quale fu il
processo che le accompagnò e quale il suo valore simbolico?
Già i padri della Chiesa, come Giustino e Tertulliano, consideravano la religione pagana opera diabolica e i suoi
dei demoni travestiti in varie forme per indurre gli uomini al peccato che, nascosti nelle statue di culto, si
nutrivano del fumo e del sangue delle offerte e delle vittime immolate. Per questo motivo, i martiri si rifiutarono
di sacrificare e l'imperatore Costantino, dal 315 -16, vietò i sacrifici con fuoco e fumo.
I luoghi di culto della vecchia religione erano quindi considerati infestati dal demonio. Fu affermata la necessità
di purificarli costruendo al loro posto un edificio cristiano. Addirittura Eusebio scrisse della necessità di
distruggere radicalmente i templi pagani, ma si tratta di una sua personale opinione, peraltro condivisa solo da
alcuni gruppi più intransigenti. In realtà il processo fu più vario e complesso.
A lungo resistettero i seguaci della vecchia religione, specie nelle classi dirigenti, e per questo motivo ci fu la
necessità di mediare con loro per non giungere ad attriti troppo profondi. Mentre in Oriente il processo fu più
radicale e distruttivo, la parte occidentale dell'Impero fu caratterizzata da maggiore cautela. Nel 408 si stabilì che
tutti i templi pagani fossero destinati ad usi civici ed entrarono nel demanio imperiale. La demolizione dei luoghi
di culto interessò soltanto quelli che sorgevano su terreni dati in affitto a privati. Conseguenza di questo
provvedimento fu l'abbandono al degrado degli antichi edifici. Nel 458 fu stabilito che gli ornamenti degli edifici
in rovina fossero riutilizzati per nuove costruzioni. Era quindi possibile ottenere la concessione imperiale di
prelevare materiale dalla proprietà demaniale. Cosa che peraltro è già testimoniata circa vent'anni prima dai
colonnati antichi riutilizzati per la basilica di San Paolo fuori le mura a Roma.
I resti della Roma pagana rappresentavano anche il simbolo del suo antico splendore, della sua potenza perduta.
Cassiodoro, ad esempio, ne parla con orgoglio e nostalgia, benché questi segni di antica gloria fossero ormai
invasi dalle ortiche.
Rimaneva nell'animo dei romani una qualche convinzione superstiziosa che causa della perdita del potere fosse
proprio l'abbandono di quelle antiche pratiche rituali, ritenute strettamente collegate alla fortuna di Roma.
Questo convincimento è raccontato da Procopio, quando di notte, durante l'assedio di Roma del 537, alcuni
cercarono di aprire le porte di Giano, come si usava in tempo di guerra. Le porte non si aprirono, bloccate dalla
ruggine, sottolineando malinconicamente la fine di un'era.
Tuttavia, sarebbe parziale definire la trasformazione dei templi pagani in chiese per il culto cristiano come un
processo voluto e determinato da una sola matrice ideologica. Le fonti agiografiche insistono sui temi della
sconfitta degli idoli, sulla potenza della croce, sull'esaugurazione, cioè il rito contrario all'inaugurazione, che
aveva segnato il momento della fondazione del tempio pagano, ma come sempre succede nei grandi mutamenti
storici, la realtà dovette essere senz'altro più sfumata. Probabilmente il significato delle fonti va recepito
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piuttosto nella volontà di evidenziare la polemica con il paganesimo, l'esaltazione della potenza insita nel credo
cristiano, del suo portato assolutamente rivoluzionario e della sua vittoria sull'idolatria.
E' necessario prevedere anche motivi d'ordine pratico: il riutilizzo di strutture già esistenti offriva indiscutibili
vantaggi economici perché riadattare costava economicamente meno della costruzione di una chiesa fin dalle
fondamenta.
I risultati delle ricerche archeologiche dimostrano infatti minor tensione e un processo più equilibrato e graduale,
che portò a sfruttare le strutture antiche per ragioni utilitaristiche. E' evidente una distinzione ben chiara tra
l'involucro architettonico e la sua funzione di tempio pagano, che poteva essere cancellata mediante riti di vero e
proprio esorcismo. Ad esempio, nella vita del vescovo Gregorio di Agrigento, si raccontano le modalità della
trasformazione del tempio della Concordia in chiesa cristiana, sul finire del VI secolo: furono scacciati i demoni
che ancora si annidavano nel luogo, piantato il segno della croce, l'edificio restituito alla sua "bellissima forma"
e quindi dedicato ai Santissimi Pietro e Paolo.
Gregorio di Agrigento seguì le stesse istruzioni che a quell'epoca papa Gregorio Magno aveva dato
all'arcivescovo Mellito, quando si recò in Inghilterra per una missione evangelizzatrice. La distruzione degli
idoli all'interno di un tempio lasciato intatto cancella il passato solo parzialmente, evitando traumi e frizioni con
le popolazioni da poco evangelizzate. Sarebbe stato più facile, infatti, per i nuovi convertiti al cristianesimo
riconoscere e abbracciare la fede cristiana all'interno di un luogo familiare.
Il risultato è una continuità armoniosa. L'aspetto esteriore degli edifici subì cambiamenti evidenti ma non
distruttivi: il riadattamento dei templi pagani in cristiani avvenne seguendo semplici accorgimenti, come la
chiusura dei colonnati esterni e l'inserimento degli arredi funzionali alla liturgia. La scansione delle navate è
impressa dalla preesistente cella del dio, che divide l'edificio longitudinalmente in tre parti. Lo spazio si
specializza e si evolve verso forme diverse in modo graduale, a partire dall'aggiunta dell'abside.
Un esempio particolarmente evidente di questo rispetto, per di più privo di componenti demoniache, riguarda le
strutture del tempio di Esculapio sull'isola Tiberina, trasformato da Ottone III, nel 998, nella chiesa dei santi
Adalberto e Paolino, poi di Bartolomeo. La caratteristica forma delle sostruzioni dell'edificio più antico, a forma
di nave, non fu cancellata, conservando memoria del mito che aveva accompagnato la nascita del famoso culto
salutare, importato a Roma da Epidauro, città dell'attuale Turchia, tra 292 e 291 a.C., in concomitanza di una
grave epidemia. La continuità tra Roma pagana e Roma cristiana si nota in modo particolare nella vera da pozzo
sistemata all'interno della chiesa, che segna l'antica fonte sacra, elemento che contraddistingueva ogni tempio di
Esculapio per le virtù curative dell'acqua.
Quindi la chiesa di San Bartolomeo ereditò ed assorbì le stesse funzioni terapeutiche del luogo pagano, così che
il dio greco fu sostituito da Christus Medicus. Sull'Isola fu fondato il Convento dei frati ospedalieri di S.
Giovanni di Dio, si insediarono la Confraternita dei Sacconi Rossi e, infine, l'attuale Ospedale Fatebenefratelli.
https://postemail.poste.it/cgi-bin/webmail.exe?E_LOGIN=mvjhj/tfejub&KPASSWD=040219B2736CD49B568C&Act_Login=1
Ingannevole la pubblicità del digitale terrestre
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L'Antitrust accoglie il ricorso di Adiconsum e Movimento di Difesa del Cittadino contro gli spot sul digitale
terrestre: sarebbero ingannevoli su copertura e gratuità.
[ZEUS News - www.zeusnews.it - News, 03-11-2004]
L'Antitrust, che è competente in materia di pubblicità ingannevole, ha accolto i ricorsi presentati dalle
associazioni dei consumatori Movimento di Difesa del Cittadino e Adiconsum (vedi rettifica) contro gli spot sul
digitale terrestre tramessi dalle reti Mediaset.
Gli spot sarebbero colpevoli di aver taciuto che il livello di copertura del digitale terrestre potrà raggiungere
forse il 70% della popolazione solo a fine 2004 e che le trasmissioni hanno ancora carattere sperimentale.
Inoltre gli spot hanno taciuto che alcuni programmi, come le partite di calcio, si potranno ricevere sul digitale
terrestre solo a pagamento, acquistando le smart card che Mediaset si appresta a commercializzare nel 2005.
Mediaset ha annunciato che ricorrerà contro la sentenza dell'Antitrust richiamandosi a una decisione invece
favorevole dell'Autority per le Comunicazioni. Non sarebbe la prima volta che le due Authority divergono,
distinguendosi l'Antitrust per rigore, mentre quella per le Comunicazioni per una particolare indulgenza nei
confronti delle imprese di telefonia e televisive.
Pubblicate le note Aifa che regolamentano la prescrizione dei farmaci
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Sono state pubblicate in Gazzetta Ufficiale le nuove Note AIFA, terza revisione delle Note CUF, che entreranno
in vigore il 19 novembre 2004.
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Complessivamente sono 41 e il contenuto regolatorio e scientifico di alcune di esse è stato profondamente
modificato. Sono state inserite cinque nuove note (Nota 9 bis - sindromi coronariche acute, Nota 79 bis - ormoni
paratiroidei, Nota 85 - farmaci per il morbo di Alzheimer, Nota 87 - farmaci per l'incontinenza urinaria, Nota 89
- antistaminici), mentre tre Note sono state eliminate (Nota 48 bis- ranitidina bismuto, Nota 55 bis aminoglicosidi inseriti nella Nota 55, nota 58 - ossigeno terapeutico in attesa di un provvedimento specifico).
Un'altra novità: alcune Note AIFA, tra le quali un esempio emblematico è rappresentato dalla Nota 13, sono
state legate a progetti di "outcome - research", che collegano assistenza e ricerca per fare in modo che la pratica
di medicina generale diventi parte strutturale del processo regolatorio.
Si consolida in questo modo una metodologia che è già stata applicata con successo ai farmaci per il morbo di
Alzheimer (Progetto CRONOS), all'impiego di interferone e ribavirina per l'epatite C (Progetto IMPROVE) e
all'uso dei farmaci biologici nell'artrite reumatoide (Progetto ANTARES).
Troppi errori: le assicurazioni rifiutano le polizze
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Troppe denunce per i camici bianchi. E le assicurazioni battono in ritirata. Colpa delle continue denuncie per
danni che costano alle compagnie il triplo di quanto incassato: per 100 euro pagati dall'assicurato se ne spendono
oltre 270. E cosi' in quattro anni il prezzo delle polizze e' lievitato del 250%. Ed e' solo l'inizio. In pochi anni,
stimano gli esperti, gli ospedali saranno subissati da richieste dei cittadini, sempre meno disposti a tollerare
anche il più piccolo disagio. A fotografare il fenomeno sociale che preoccupa medici e amministratori sanitari e'
Antonino Librici, consulente assicurativo che interviene al convegno ''Prevenzione dell'errore nella professione
medica e odontoiatrica'', organizzato dall'Ordine dei medici di Padova. Firmare una polizza e' particolarmente
difficile per alcuni specialisti, precisa Librici. Dai dati, infatti, emerge che il 50% di tutte le richieste danni si
concentra in tre aree: ortopedia e traumatologia, chirurgia generale, ostetricia e ginecologia. E in ospedale e' la
sala operatoria a 'produrre' il numero maggiore di richieste danni (32% sul numero complessivo) seguita dal
Pronto soccorso (22%). Cifre rilevanti considerando che nel periodo 1999-2000 ci sono state 32mila richieste
danni di cui 7 mila per sospetti errori diagnostici, 2.300 per errori di trasfusioni e sangue infetto e 1.600 richieste
generiche, secondo i dati del Tdm.
I radiologi replicano ai tecnici: a ciascuno il suo
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''I tecnici radiologi pensano di sostituirsi al medico radiologo. E addirittura lanciano allarmi ingiustificati che
servono solo a seminare il panico fra i pazienti. Allarmi pesanti che vengono da chi non ne ha l'autorità''. E' la
secca risposta del dottor Francesco Luca', segretario del Sindacato Nazionale Radiologi (Snr), a Giuseppe
Brancato, presidente della Federazione Nazionale dei Collegi dei Tecnici Sanitari di Radiologia Medica.
Brancato, presentando il Codice Deontologico della sua categoria, aveva detto che i pazienti sono costretti a
subire radiazioni che avrebbero potuto evitare. E ha quantificato nel 20% gli esami radiologici superflui eseguiti
negli ospedali italiani.
''E' il medico radiologo - aggiunge Luca' - che deve valutare l'utilità di un esame. Il medico radiologo sa bene
che il paziente corre un rischio, anche se minimo, di radiazioni e quindi non richiede un esame per il solo piacere
di sottoporvelo. Il tecnico é delegato dal medico radiologo ad eseguire quanto é di sua competenza. Di questo
passo, si potrebbe arrivare all'assurdo che un tecnico di radiologia consigli o dissuada un paziente dal sottoporsi
ad un esame perché lui lo ritiene giusto o inutile. I codici deontologici sono importanti ma impongono che la
loro azione rimanga entro precisi confini legislativi.
Aborto, oltre il 60% dei ginecologi è obiettore
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Il 60,4% dei ginecologi italiani, pari a 3.540, nel 2002 si é dichiarato obiettore di coscienza. Il dato si ricava
dalla relazione sullo stato di attuazione della legge sull'interruzione di gravidanza trasmessa al Parlamento dal
ministero della Salute.
Le percentuali più alte, con valori superiori al 70%, si registrano in Basilicata, Provincia di Bolzano, Veneto,
Marche, Lazio, Puglia, Abruzzo e Molise. Le tabelle indicano inoltre la cifra del 64,5% per quanto riguarda
l'Italia settentrionale, il 70,3% per l'Italia centrale, il 56,4% per l'Italia meridionale e il 42,5% per le Isole. Tra gli
anestesisti la percentuale nazionale di obiettori risulta pari al 48,6% (3.267), quella del personale non medico
ammonta al 40,4% (12.174).
Il politicamente corretto che divide destra e sinistra
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Di Umberto Eco - Ritengo che il termine "politicamente corretto" venga ormai usato in senso politicamente
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scorretto: in altre parole, un movimento di riforma linguistica ha generato degli usi linguistici devianti. Se si va a
leggere l´articolo che la Wikipedia (un´ottima e documentatissima enciclopedia on line) dedica al PC (così è
ormai designato, quando non nascano confusioni coi computer o col vecchio partito comunista) si trova anche la
storia del termine. Pare dunque che nel 1793 la Corte Suprema degli Stati Uniti (caso detto «Chisholm vs.
Georgia») argomentasse che troppo frequentemente si citava uno Stato in luogo del Popolo, per il cui bene lo
Stato esiste, e che pertanto era «not politically correct», in un brindisi, parlare di Stati Uniti in luogo di «il
Popolo degli Stati Uniti». Poi il movimento ha preso piede negli ambienti universitari americani agli inizi degli
anni Ottanta del secolo scorso, come (cito sempre da Wikipedia) alterazione del linguaggio intesa a ovviare a
ingiuste discriminazioni (reali o pretese) e ad evitare offese in modo da trovare sostitutivi eufemistici per usi
linguistici che riguardano differenze di razza, genere, orientamento sessuale o disabilità, religione e opinioni
politiche. Tutti sappiamo che la prima battaglia del PC si è combattuta per eliminare epiteti offensivi nei
confronti della gente di colore, non solo l´infame nigger ma anche negro, parola che in inglese si pronuncia nigro
e che suona come un prestito dallo spagnolo ed evoca i tempi dello schiavismo. Da cui prima l´adozione di black
e poi, con successiva correzione, african-american. Questa faccenda della correzione è importante perché
sottolinea un elemento importante del PC. Il problema non è di decidere "noi" (che stiamo parlando) come
chiamare gli "altri", ma di lasciar decidere agli altri come vogliono essere chiamati, e se il nuovo termine
continua in qualche modo a turbarli, accettare la proposta di un terzo termine. Se tu non ti trovi in una certa
situazione non puoi sapere quale sia il termine che turba e offende coloro che vi si trovano; quindi devi accettare
la loro proposta. Il caso tipico è quello della decisione di usare in italiano non vedente invece di cieco. Si può
legittimamente ritenere che non vi sia nulla di offensivo nel termine cieco e che l´usarlo non diminuisca, anzi
rafforzi, il senso di rispetto e solidarietà che si deve agli appartenenti a questa categoria (c´è sempre stata una
certa nobiltà nel parlare di Omero come del gran veggente cieco); ma se gli appartenenti alla categoria si
ritengono più a proprio agio con non vedente siamo tenuti a rispettare il loro desiderio. Era pesante l´epiteto di
spazzino per chi faceva quell´onesto lavoro? Ebbene, se la categoria lo desidera, useremo operatore ecologico.
Per amore di paradosso, il giorno che gli avvocati si sentissero disturbati da questo appellativo (magari per l´eco
di termini spregiativi come avvocaticchio o avvocato delle cause perse) e chiedessero di essere designati come
operatori legali, sarà educato attenersi a quest´uso. Perché gli avvocati non si sognerebbero mai di cambiare
denominazione (vi immaginate Gianni Agnelli che avesse chiesto di essere nominato come l´Operatore Legale
Agnelli)? Perché, risposta ovvia, gli avvocati sono socialmente considerati e godono di eccellenti condizioni
economiche. Il punto è pertanto che spesso la decisione PC può rappresentare un modo di eludere problemi
sociali ancora irrisolti, mascherandoli attraverso un uso più educato del linguaggio. Se si decide di chiamare le
persone in carrozzella non più handicappati e neppure disabili, ma diversamente abili, e poi non gli si
costruiscono le rampe d´accesso ai luoghi pubblici, evidentemente si è ipocritamente rimossa la parola, ma non il
problema. Del pari si dica della bella sostituzione di disoccupato con nullafacente a tempo indefinito o di
licenziato con in transizione programmata tra cambiamenti di carriera. E si veda in proposto il libro recente di
Edoardo Crisafulli, Igiene verbale. Il politicamente corretto e la libertà linguistica edito da Vallecchi, che mette a
nudo tutte le contraddizioni, i pro e i contro di questa tendenza. Questo spiega perché una categoria richiede il
cambio del nome e dopo un poco, restate intatte alcune condizioni di partenza, esige una nuova denominazione,
in una fuga in avanti che potrebbe non finire più se, oltre al nome, non cambia anche la cosa. Ci sono addirittura
dei salti all´indietro, dove una categoria richiede il nuovo nome, ma poi nel proprio linguaggio privato mantiene
quello antico, o vi ritorna, a titolo di sfida (Wikipedia osserva che in alcune gang giovanili afro-americane si usa
spavaldamente il termine nigger, ma naturalmente guai se ad usarlo non fosse uno dei loro - un poco come
accade con le barzellette sugli ebrei o sugli scozzesi o sui cuneesi, che possono raccontare solo ebrei, scozzesi e
cuneesi). Talora il PC può sfiorare addirittura un razzismo latente. Ricordo benissimo che nel dopoguerra, molti
italiani ancora diffidenti nei confronti degli ebrei, ma che non volevano mostrarsi razzisti, per dire di qualcuno
che era ebreo dicevano, dopo una esitazione infinitesimale, che era un israelita. Non sapevano che gli ebrei erano
orgogliosi di essere riconosciuti come ebrei, anche se (e in parte proprio perché) il termine era stato usato come
insulto dai loro persecutori. Un altro caso imbarazzante è stato quello delle lesbiche: per lungo tempo chi voleva
apparire corretto aveva timore a usare questo termine, così come non usava i dispregiativi consueti per gli
omosessuali, e timidamente parlava di saffiche; poi si è scoperto che, tra gli omosessuali, se gli uomini volevano
essere chiamati gay, le donne si definivano tranquillamente come lesbiche (anche a causa del pedigrée letterario
del termine), e pertanto era correttissimo chiamarle così. Talora il PC ha veramente mutato, e senza troppi
traumi, gli usi linguistici. E´ sempre più frequente, quando si fanno esempi generali, evitare di parlare al
maschile e parlare di essi. Molti professori americani non dicono più «quando viene da me uno studente...», ma
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o parlano di «studenti» (in inglese va bene, in italiano provocherebbe ancora degli imbarazzi) o addirittura
variano negli esempi, parlando talora di un he e talora di una she; ed è ormai accettata la sostituzione di
chairman (presidente) con chairperson. Anche se chi scherza sul del PC ha proposto di cambiare il termine per il
postino, mail man, in person person, perché anche mail (posta) può suonare come male (maschio). Queste satire
prendono atto del fatto che, una volta impostosi come movimento democratico e "liberal", che aveva assunto
immediatamente una connotazione di sinistra (almeno nel senso della sinistra americana), il PC ha prodotto le
sue degenerazioni. Si è ritenuto che mankind fosse sessista, per via del prefisso man, ed escludesse dall´umanità
le donne, e si è deciso di sostituirlo con humanity, per ignoranza etimologica, dato che anch´esso deriva da homo
(e non da mulier). Sia pure per provocazione, ma sempre per ignoranza etimologica, certe frange del movimento
femminista avevano proposto di non parlare più di history (dove his è pronome maschile) ma di herstory.
L´esportazione del PC in altri paesi ha prodotto nuovi contorcimenti, e tutti sappiamo dei dibattiti (non risolti) se
sia più rispettoso chiamare una donna avvocatessa o avvocato, e trovo in un testo americano la domanda se sia
veramente PC chiamare poetess una donna poeta, come se fosse solo la moglie di un poeta (e anche qui giocano
gli usi sedimentati, perché da noi il termine poetessa è ormai accettato tanto quanto professoressa, mentre
suonerebbe bizzarro e persino insultante banchieressa o banchiera). Un caso tipico di difficile trasposizione è
proprio quello del cambio di negro in nero. In America il passaggio dal connotassimo negro a black era radicale,
mentre in italiano il passaggio da negro a nero suona un poco forzato. Tanto più che il termine negro ha una sua
storia legittima e attestata dal molte fonti letterarie: tutti ricordiamo che nelle traduzioni da Omero che
leggevamo a scuola si parlava del "negro vino", e sono stati scrittori africani di lingua francese a parlare di
nègritude. In America le degenerazioni del PC hanno incoraggiato una pletora di falsi e divertentissimi dizionari
PC in cui oltre un certo limite non si capisce più se una certa dizione è stata realmente proposta o è stata
inventata con propositi satirici. Infatti accanto a sostituzioni ormai entrate nell´uso, si trovano socialmente
separato per carcerato, funzionario del controllo bovino per cowboy, correzione geologica per terremoto,
residenzialmente flessibile per barbone, erezionalmente limitato per impotente, orizzontalmente accessibile per
donna di facili costumi, regressione follicolare per calvizie e addirittura carente in melanina per indicare un
uomo bianco. In Internet troverete la pubblicità della S. T. U. P. I. D. (Scientific and Technical University for
Politically Intelligent Development) dove si annuncia che in quel campus si sono istituiti segnali stradali non
solo in cinque lingue ma anche in Braille, e che vi vengono offerti corsi sul contributo degli aborigeni australiani
e degli indiani delle Aleutine alla meccanica quantistica, su come la piccola statura (l´essere vertically
challenged) abbia favorito le scoperte scientifiche di Newton, Galileo e Einstein, e sulla Cosmologia
Femminista, che sostituisce alla metafora maschilista ed eiaculatoria del Big Bang la teoria del Gentle Nurturing,
secondo la quale la nascita dell´universo è avvenuta per lenta gestazione. Si possono trovare in Internet versioni
PC di Cappuccetto Rosso e Biancaneve (lascio immaginare come un seguace del PC possa cavarsela coi sette
nani) e ho trovato una lunga discussione su come possa essere tradotto «il pompiere ha appoggiato una scala
all´albero, è salito, e ha recuperato il gatto». A parte l´ovvio principio PC per cui un pompiere deve essere come
minimo un vigile del fuoco, la traduzione proposta prende molte righe perché si tratta di mettere in chiaro che il
pompiere era nel caso specifico un uomo ma avrebbe potuto benissimo essere anche una donna, ha agito contro
la libertà del gatto che aveva diritto di andare in giro dove voleva, ha messo a repentaglio con la scala il
benessere dell´albero, ha sottinteso che il gatto fosse proprietà dei suoi padroni, e salendo con disinvoltura ha
offeso la sensibilità di persone fisicamente disabili, e così via. A parte le esagerazioni effettive e i risvolti comici
che esse hanno ispirato, il PC ha prodotto sin dall´inizio una violenta reazione da parte degli ambienti
conservatori, che lo vedono come un caso di bigotteria di sinistra e una imposizione che lede il diritto alla libertà
di parola. Spesso il richiamo è alla Neolingua di Orwell e (talora direttamente) al linguaggio ufficiale dello
stalinismo. Molte di queste reazioni sono altrettanto bigotte, e d´altra parte esiste un PC di destra, altrettanto
intollerante di quello di sinistra, e basti pensare alle scomuniche lanciate contro coloro che parlano di
"resistenza" irakena. Inoltre, sovente si fa confusione tra suggerimento morale e obbligo legale. Un conto è dire
che è eticamente scorretto chiamare "culattoni" gli omosessuali, e affermare che se chi lo fa è un ministro, e lo fa
su carta intestata del ministero, si deve parlare soltanto di miserabile inciviltà. Un conto è dire che chi si esprime
così deve essere incarcerato (a meno che Tremaglia non dia del culattone a Buttiglione, nel qual caso sarebbe
comprensibile una querela con ampia richiesta di danni morali). Ma, a parte la volgarità di Tremaglia, non pare
esistere nessuna legge che commini anni o mesi di carcere a chi dica spazzino invece di operatore ecologico, e
tutto rimane faccenda di responsabilità personale, buon gusto e rispetto per i desideri altrui. Però sono
documentabili molti casi in cui, per avere fatto un uso politicamente scorretto del linguaggio, interi programmi
televisivi sono stati penalizzati dalla pubblicità, o addirittura chiusi, e non sono rari scandali universitari in cui
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un professore viene messo al bando per non aver prestato attenzione nell´impiegare solo termini politicamente
corretti. E si capisce pertanto come il dibattito non metta in scena soltanto liberali e conservatori l´un contro gli
altri armati, ma spesso si svolga lungo linee di divisione molto problematiche. Non molto tempo fa il Los
Angeles Times aveva deciso, come politica editoriale, di usare il termine anti-aborto in vece di pro-life (in difesa
della vita), dato che questo secondo termine implicava già un giudizio ideologico. Controllando l´articolo di un
collaboratore che recensiva una rappresentazione teatrale, il redattore aveva trovato pro-life, però usato in
tutt´altro senso, e lo aveva cambiato in anti-abortion, stravolgendo il significato del pezzo. Scoppiato il caso, il
giornale si è scusato e ha fatto il nome del redattore responsabile dell´equivoco, ma qui è scoppiato un nuovo
caso perché, a protezione della privacy del redattore incaricato di rivedere i pezzi altrui, il giornale non doveva
renderne pubblico il nome. Lentamente però, specie in America, si è scivolati dal problema semplicemente
linguistico (chiama gli altri come desiderano essere chiamati) al problema dei diritti delle minoranze. Naturale
che in certe università studenti non occidentali volessero anche dei corsi sulle proprie tradizioni culturali e
religiose e sulla loro letteratura. Meno ovvio che, per esempio, degli studenti africani volessero che i corsi su
Shakespeare fossero sostituiti con corsi sulle letterature africane. La decisione, quando e se accettata,
apparentemente rispettava l´identità dell´afro-americano, ma di fatto gli sottraeva delle conoscenze utili per
potere vivere nel mondo occidentale. Si è arrivati dunque a dimenticare che la scuola non deve insegnare agli
studenti solo quello che essi vogliono ma anche e certe volte proprio quello che non vorrebbero, o che non sanno
di poter volere (altrimenti in tutte le elementari e medie non si insegnerebbero più matematica o latino, ma solo
giochi di ruolo al computer - o il pompiere accetterebbe che il gatto scappi a scorazzare sull´autostrada, perché
tale è il suo naturale desiderio). E qui si arriva all´ultimo punto di questo discorso. Sempre più di frequente viene
designato come uso PC ogni atteggiamento politico che privilegi la comprensione tra razze e religioni o
addirittura il tentativo di capire le ragioni dell´avversario. Il caso più significativo è avvenuto con una
trasmissione televisiva americana, dove il conduttore, Bill Maher, a proposito dell´undici settembre, aveva
contestato una frase di Bush che definiva "vigliacchi" gli attentatori delle Due Torri. Maher aveva affermato che
tutto si può dire di un kamikaze salvo che manchi di coraggio. Apriti cielo. Sono repentinamente calate le
pubblicità per la trasmissione, che alla fine è stata eliminata. Ora il caso Maher non aveva nulla a che fare col
PC, né visto da destra né visto da sinistra. Maher aveva espresso una opinione. Gli si poteva rimproverare di
averlo fatto davanti a un pubblico a cui la tremenda ferita dell´undici settembre doleva ancora, si poteva
dibattere come ha fatto qualcuno sulla differenza tra vigliaccheria morale e vigliaccheria fisica, si poteva dire
che un kamikaze è talmente obnubilato dal proprio fanatismo che a quel punto non si può più parlare né di
coraggio né di paura? Tuttavia Maher stava esprimendo una propria idea, provocatoria quanto si vuole, ma non
usava un linguaggio politicamente scorretto. Parimenti, da noi, si ironizza talora sull´eccesso di PC da parte di
chi manifesta simpatia per i palestinesi, chiede il ritiro delle nostre truppe dall´Irak o appare troppo indulgente
con le richieste delle minoranze extracomunitarie. In questi casi il PC non c´entra affatto, si tratta di posizioni
ideologiche e politiche, che chiunque ha diritto di contestare, ma che non hanno nulla a che fare con il
linguaggio. Salvo che il discredito gettato sul PC dagli ambienti conservatori fa dell´accusa di PC un ottimo
strumento per mettere a tacere coloro dai quali si dissente. PC diventa così una brutta parola, come sta
accadendo a pacifismo. Come si vede, una storia complicata. Non resta che stabilire che è politicamente corretto
usare i termini, compreso quello di PC, nel loro senso proprio e, se si vuole essere PC in quel senso, farlo
secondo buon senso (senza chiamare Berlusconi persona verticalmente svantaggiata intesa ad ovviare a una
regressione follicolare). Attenendosi soltanto al principio fondamentale che è umano e civile eliminare dal
linguaggio corrente quei termini che fanno soffrire dei nostri simili.
Il boicottaggio mediatico di Gruber, Mussolini e Occhetto
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6.11.2004 dal Corriere Monica Guerzoni - Cos’hanno in comune Lilli Gruber, Alessandra Mussolini e Achille
Occhetto? La solitudine politica, un male del nostro tempo che la Società italiana di Psicologia si è incaricata di
indagare: martedì, nella sede romana del Cnr, si terrà una tavola rotonda su «Psicopolitica e solitudine» e il
XXVI congresso internazionale degli psicologi ha chiamato come relatori proprio l’ex inviata del Tg1 , l’ex
segretario della Quercia e l’ex deputata di An, che dopo la «svolta antifascista» di Gianfranco Fini si è messa in
proprio. «Da quando ho fondato Alternativa sociale sono rinata, è stato come uscire da un tunnel» racconta la
nipote del Duce, che rivela di aver pianto più volte, in Aula, il volto nascosto da un giornale. «Prima sì che ero
sola. "Ditele sempre di no" aveva imposto Fini, mi hanno fatto il mobbing. E di brutto. Tornare indietro? Mai.
Adesso con i miei amici Adriano Tilgher e Roberto Fiore sono felice, anche dal punto di vista psicologico».
Sfogo che Alessandra Mussolini non intende ripetere al congresso degli psicologi: «Io relatore? Non ne sapevo
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nulla...». E nulla giura di sapere il senatore Achille Occhetto (e pure il suo nome è lì, nero su bianco sul
programma), che il momento di massima solitudine politica l’ha vissuto nel 1994, dopo aver liquidato il Pci e
fondato il Pds. «Avevo appena dato le dimissioni da segretario, lo scontro tra D’Alema e Veltroni era all’apice,
il consiglio politico era riunito. Entrai nella sala stracolma e fui accolto da un silenzio glaciale, nessuno si alzò in
piedi, nessuno applaudì. Non mi è più capitato di sentirmi così solo». E che dire di Lilli Gruber? Era il
mezzobusto più famoso d’Italia e ora denuncia l’«ostracismo» di viale Mazzini. «Da quando sono al Parlamento
europeo sono oscurata dalle tv, in particolare dalle reti Uno e Due del servizio pubblico». Ragioni politiche? «Io
mi limito a osservare come, da quando ho reso pubblica la mia candidatura con la Lista Prodi, sono scomparsa
dagli schermi». Quelli italiani, s’intende, perché le tv europee se la contendono. «Solo RaiTre mi invita. Mi
piacerebbe essere una sorta di ambasciatrice dell’Europa in Italia, ma purtroppo così vanno le cose».
Perchè non possiamo non dirci laici di Eugenio Scalari - 62 anni dopo il famoso saggio di Benedetto
Croce, Scalfari pronuncia la sua convinzione, che non nega quella del suo maestro ma vuole completarla
*** Laici e credenti a confronto: all'inizio del nuovo secolo di Vincenzo Paglia, Vescovo di Terni-NarniAmelia
07.11.20004 La Repubblica - Da parecchio tempo avevo in animo di tornare su un tema che accompagna da
molti anni i miei pensieri e i miei comportamenti politici e professionali. Il tema è quello del laicismo, del
rapporto tra le credenze religiose e lo Stato, tra i diritti individuali e l´organizzazione d´una società di uomini
liberi.
Questo gruppo di questioni sta all´origine della modernità occidentale e perfino dell´evoluzione delle Chiese
cristiane. Se infatti il cristianesimo ha saputo e potuto aggiornare costantemente la propria dottrina e i canoni
interpretativi della realtà sociale senza rinchiudersi nelle bende del dogma, ciò è dovuto soprattutto al fatto della
presenza dialettica del potere civile accanto a quello ecclesiastico, nella reciproca autonomia dell´uno e
dell´altro, alle lotte che ne sono derivate e agli equilibri che di volta in volta ne sono scaturiti.
Dal «date a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio» alla guerra delle investiture sul finire dell´XI
secolo, al lungo contrasto tra Impero e Papato che segnò il XIII e il XIV, fino alla nascita dell´Umanesimo, della
libera scienza, della Riforma, delle monarchie nazionali, del diritto civile accanto e al di sopra del canone
ecclesiastico, questa è stata la storia dell´Occidente europeo. Essa ha toccato infine il suo culmine nell´epoca dei
Lumi, dell´egemonia della ragione e della tolleranza, nella dichiarazione dei diritti dell´uomo e del cittadino,
nella guerra d´indipendenza americana e nella grande rivoluzione dell´Ottantanove incardinata nei princìpi
tricolori di libertà eguaglianza fraternità.
Se tra le grandi religioni monoteistiche il cristianesimo è stato quello che più e meglio ha conservato e arricchito
la sua dinamicità e se l´Occidente euro-americano ha prodotto il pensiero, la cultura e le istituzioni liberali e
democratiche, l´elemento fondativo e il filo con il quale questo percorso è stato tessuto sta interamente in quella
dialettica mai spenta tra lo Stato, le Chiese, gli individui. La compresenza degli Stati e delle Chiese ha consentito
agli individui di essere attori sia all´interno delle Chiese sia all´interno degli Stati, impedendo alle prime di
scivolare nella teocrazia e ai secondi di tracimare dall´assolutismo regio al totalitarismo, approdando infine alla
democrazia repubblicana.
Certo la religione fu cemento comune in un´epoca che stava ancora traversando la profonda crisi dell´Impero
Romano, delle sue istituzioni, del suo assetto economico e sociale. Ma quella religione sarebbe rimasta
probabilmente semplice culto se non avesse potuto recuperare le tracce di Roma e di Bisanzio che avevano
irradiato il "lago" mediterraneo e pontico con i rispettivi retroterra in tutti i quattro punti cardinali.
***
La discussione storica è dunque aperta da tempo su queste questioni, ma essa ha registrato negli ultimi anni una
trasformazione rapida e profonda. La sua natura storica ha ceduto il posto ad un´attualizzazione politica,
ideologica e addirittura elettorale. Si è visto sorgere, nel corso delle elezioni presidenziali americane, una sorta
di "partito di Dio" nell´ambito della destra conservatrice, i teo-con accanto ai neo-con con alla testa lo stesso
George W. Bush sempre più infervorato e pervaso da un ruolo quasi messianico che ha saldato la sua azione
politica con i sentimenti di una vasta parte del popolo.
L´analisi del voto effettuata dopo il 2 novembre è ormai univoca: Bush e i suoi strateghi elettorali hanno unito
insieme la pulsione missionaria di chi assegna all´America il compito di portare nel mondo il modello americano
della democrazia e del libero mercato con la pulsione altrettanto potente di chi vuole recuperare nella società la
moralità tradizionale contro ogni deviazione. Ethics-con e teo-con uniti insieme presuppongono come punto di
riferimento religioso, anzi ideologico, un barbuto e severo Dio degli eserciti, il Dio mosaico tonante dalle vette
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del Sinai, che ha molto più i tratti vetero-testamentari che non quelli del Figlio incarnato e ammantato di amore e
misericordia. Non a caso le Chiese evangeliche mobilitate in occasione del voto del 2 novembre hanno indicato
il loro modello di riferimento nel «maschio bianco che ha il fucile in casa e che va ogni domenica in chiesa». È
l´immagine antica del pioniere alla conquista del West, con la pistola nella fondina e la Bibbia nella borsa, dei
paesi delle grandi pianure e della lotta contro il popolo indiano, della giustizia amministrata direttamente sul
posto con processi sommari e popolari, delle grandi mandrie transumanti dagli allevamenti alle città. E dei
predicatori che richiamano gli uomini al timore di un Dio tonitruante dall´alto dei cieli, che vuole il suo popolo
armato nelle coscienze e nelle fondine purché obbediente ai suoi precetti morali.
Bush è da dieci anni, prima ancora di diventare presidente degli Stati Uniti, uno dei punti di riferimento del
movimento evangelico dei «rinati in Cristo», spina dorsale del fondamentalismo e del messianesimo cristiano
negli Stati americani del Midwest e del Sud. Un movimento che conta 60 milioni di aderenti reclutati tra le varie
Chiese protestanti e spesso in competizione con le congregazioni originarie. Si poteva pensare che questo
movimento non lambisse le comunità cattoliche, ma non è stato così. Nel complesso messaggio di Papa Wojtyla,
ripartito tra la condanna della guerra, la critica al consumismo e al liberismo capitalistico e la morale sessuale
puritanamente tradizionale, il grosso dei cattolici americani e del loro clero ha privilegiato quest´ultimo aspetto,
trasformando anche la loro Chiesa sullo stesso piano del movimento evangelico, sia pure con toni e linguaggi più
moderati.
Questa comunque è l´America che ha vinto le elezioni del 2 novembre e Bush è l´uomo che la guida. È possibile
che il suo secondo mandato si caratterizzi all´inizio con approcci più aperti verso un recupero di multilateralismo
in politica estera perché l´America ha bisogno d´un momento di respiro sul teatro iracheno, soprattutto per
quanto riguarda la compartecipazione europea ai costi finanziari della guerra. Ma la strategia complessiva non
cambierà. La missione salvifica d´una America destinata ad esportare nel mondo i suoi modelli di riferimento
economici, ideologici, istituzionali, servendosi tutte le volte che sia necessario del braccio militare e della
superiorità tecnologica, imponendo la sua legge a tutte le altre potenze, non cambierà per la semplice ragione
che Bush è un uomo di fede e la missione storica che si è dato è quella di fare della sua America l´impero del
Bene contro l´impero del Male, incarnato dal terrorismo islamico, dagli Stati-canaglia ed anche dalla corruzione
delle idee e dei costumi. «Dio non è neutrale», ripete spesso nei suoi discorsi e messaggi al popolo americano.
«Dio è con noi». Un Dio crociato che risponde al nome di Cristo anche se ha poche attinenze con la predicazione
di Gesù di Nazareth tramandata dagli evangelisti. C´è molto di Paolo in questa visione del cristianesimo
combattente e molto anche del Giovanni apocalittico; molto meno di Agostino.
Ma il vero discrimine è con il liberalismo laico dell´Occidente moderno, che ridiventa in questo contesto
l´antemurale della ragione contro una fede che punta a fare della religione un elemento costitutivo della politica.
In queste condizioni è evidente che il fossato tra le due sponde dell´Atlantico è diventato dopo il 2 novembre
molto più profondo. È del pari evidente che i valori dell´Occidente non sono più gli stessi tra l´America e
l´Europa anche se la diplomazia dei governi continuerà a mantenere in piedi la sempre più tenue ipotesi, ispirata
alla realpolitik d´una recuperata convergenza all´insegna della lotta contro il terrorismo da tutti ovviamente
condivisa.
Del resto, prima o poi, il problema d´un cristianesimo crociato si porrà ? si è già posto ? anche alla Chiesa
cattolica e alla sua finora tenace avversione contro ogni guerra di religione e di civiltà.
Certo, esiste anche un´Europa che simpatizza con la follia teo-con e con i nuovi crociati, così come per fortuna
esiste un´altra America che contrasta nettamente con quella di George Bush. Gli schieramenti su problemi così
complessi sono sempre trasversali. Ma il dato nuovo è questo: dopo un breve periodo di caduta delle ideologie in
favore d´un pragmatismo tutto politico, le ideologie tornano prepotentemente in campo. L´America imperiale ed
evangelica ha chiaramente enunciato la propria. E l´Europa laica?
I laici non hanno, per definizione, né papi né imperatori né re. Neppure vescovi, tantomeno vescovi-conti.
Hanno, come signore di se stessi, la propria coscienza. Il senso della propria responsabilità. I princìpi della
libertà eguaglianza e fraternità come punti cardinali di orientamento.
Sulla base di quei princìpi il loro percorso si è intrecciato anche con il cristianesimo e con il socialismo. Con
quest´ultimo sulla base d´una eguaglianza che in nessun caso può essere disgiunta dalla libertà vissuta come
inalienabile diritto degli individui al di là d´ogni discriminazione di razza, di religione, di sesso. Con il
cristianesimo sulla base, anch´essa, della non-discriminazione e quindi del valore dell´individuo vivificato dalla
pulsione verso la solidarietà e l´amore del prossimo.
Il sempre più spesso ricordato «perché non possiamo non dirci cristiani» di crociana fattura rappresenta un
lascito storico e storicistico dal quale traluce un´inconfondibile impronta laica poiché la coscienza laica assume
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nel suo sé gli eventi che hanno potentemente contribuito a trasformare la realtà (e il cristianesimo è stato ed è tra
i più rilevanti) privilegiandone gli aspetti dinamicamente propulsivi e inserendoli nel quadro di una modernità
umanistica che concilia la fede con il rispetto dell´altro e con la libera scelta individuale.
Il laicismo ha il suo culmine nell´abolizione dell´idea stessa di "peccato". Non c´è peccato se non quello che
rafforza le pulsioni contro l´altrui libertà. Non c´è peccato se non l´egoismo dell´io e del noi contro il tu e il voi.
Non c´è peccato se non la sopraffazione contro l´altro e contro il diverso.
Il laico non è relativista né, tantomeno, indifferente. Soffre con il debole, soffre con il povero, soffre con
l´escluso e qui sta il suo cristianesimo e il suo socialismo. Perciò il laico fa proprio il discorso della montagna.
Fa propria la frusta con la quale Gesù scaccia i mercanti dal tempio della coscienza, si dà carico dell´Africa
come metafora dei mali del mondo.
Il laico vuole l´affermazione del bene contro i mali, i tanti mali che abbrutiscono l´individuo sulla propria
elementare sussistenza impedendogli di far emergere la propria coscienza, i propri diritti e i propri doveri al di
sopra della ciotola sulla quale reclina la poca forza di cui ancora dispone per appagare i bisogni primari
dell´animale nudo che è in lui.
E´ secondario che il laico abbia una fede e dia sulla base della propria fede una senso alla sua vita, oppure che
non l´abbia, non creda nell´assoluto e non veda nella vita se non il senso della vita e non veda nella morte se non
la restituzione della sua energia vitale ai liberi elementi dalla cui combinazione è nata la sua consapevole
individualità.
Questa è a mio avviso la moralità e l´ontologia del laico ed anche la sua antropologia e la sua pedagogia. Il
Cristo che perdona l´adultera e associa Maria di Magdala allo stuolo dei suoi discepoli è un laico, come il Cristo
che riconosce al potere civile ciò che al potere civile spetta per organizzare la civile convivenza.
In realtà il Figlio ha profondamente modificato l´immagine del Padre che, annichilendo Giobbe, inneggia alla
creazione del Leviatano come manifestazione della sua infinita e indiscutibile potenza. Con la quale annulla ogni
teodicea e l´idea stessa della giustizia. Noi europei abbiamo conosciuto purtroppo il Leviatano all´opera e quindi
siamo vaccinati contro ogni sua possibile incarnazione. La stessa immagine d´un qualsiasi impero contrasta con i
valori dell´Occidente laico e dovrebbe contrastare ancor di più con i valori del cristianesimo e del singolo
cristiano, fosse pure in nome del Bene con la maiuscola.
Per questo è vero che non possiamo non dirci cristiani ed è altrettanto vero che non possiamo non dirci laici in
tempi nei quali cresce la bestiale violenza, l´inutile guerra, l´intolleranza, l´egoismo, il disconoscimento
dell´altro e del diverso. I contrari di tutti questi sono i valori dei laici e con essi noi laici ci identifichiamo. È
anche questa una fede, che ingloba le fedi al livello di ragione. Una fede che si affida alla volontà anziché alle
illusioni e agli esorcismi contro la morte.
Personalmente mi consola pensare che la nostra energia vitale è indistruttibile e servirà anch´essa a mantenere la
cosmica energia che alimenta in perpetuo la vita.
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Laici e credenti a confronto: all'inizio del nuovo secolo di Vincenzo Paglia, Vescovo di Terni-Narni-Amelia
Anche nell'incontro di questo anno non manca una tavola rotonda che vede a confronto laici e credenti. Vi è però
nel titolo un'aggiunta che specifica il tema: confronto all'inizio del nuovo millennio. Alla riflessione sul rapporto
tra queste due culture si aggiunge il contesto storico: l'inizio di un nuovo secolo. E come ad ogni inizio si fanno
bilanci e si intravedono prospettive.
Un pittore italiano, all'inizio del Novecento, rappresentò il secolo che stava per iniziare con una singolare
immagine: un treno che correva alto sull'Oceano. E' una immagine suggestiva qui in Portogallo, da dove per tanti
secoli si è partiti verso gli oceani. Il pittore esprimeva una convinzione comune a tutti. Sia la destra che la
sinistra, infatti, pensavano che la storia del XX secolo sarebbe stata un progresso inarrestabile, appunto come un
treno imbandierato che correva indisturbato verso la felicità. Bastarono pochi anni e quel treno era già pieno di
cadaveri. Sappiamo tutti come è proseguito il viaggio. Il treno è arrivato pesante all'ultima stazione. Ma non è
terminata solo la corsa del secolo. E' terminato un mondo, quello del Novecento; un mondo che ha visto
progressi incredibili, ma anche tragedie inaudite, mai accadute prima nella storia.
E' terminato il mondo diviso in due blocchi e siamo entrati nella zona grigia di un mondo divenuto
improvvisamente più complesso. Non ci sono più le sicurezze di ieri, anche se erano terribili, e tutti siamo come
circondati da insicurezze, anch'esse non meno drammatiche. Per di più, quello che doveva essere un nuovo
ordine mondiale, si è trasformato in un disordine pericolosissimo. Chi aveva parlato di fine della storia oggi fa
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autocritica e parla piuttosto di caos ingovernabile, mentre si fa avanti la tesi di un futuro fatto di "conflitti tra le
civiltà". I conflitti, è vero, sono quasi tutti regionali, ma si moltiplicano velocemente. Basti pensare che i peace
keeping, negli ultimi dieci anni del Novecento, sono passati da 10.000 soldati a più di 80.000.
Il crollo delle utopie e la fine delle ideologie, ci ha resi tutti più deboli. Si potrebbe dire che siamo entrati nel
nuovo secolo un pò a testa bassa, come ripiegati su noi stessi. Ovunque scarseggiano speranze, sogni e progetti
globali. Sarebbe difficile oggi per un pittore immaginare il XXI secolo come un treno che corre veloce,
imbandierato e alto sull'Oceano. Si potrebbe dire che oggi i treni corrono dappertutto (è la globalizzazione), ma
corrono in basso e senza ordine: è ovvia la frequenza degli scontri. Aldilà della metafora, ci troviamo in un
momento delicatissimo della storia umana che richiede un sussulto di coscienza da parte degli spiriti più attenti,
sia laici che credenti, ben sapendo che non ci si salverà da soli, che non si arriva alla meta se ciascuno persegue
la sua corsa indipendentemente dagli altri e senza una visione comune. Le riflessioni del presidente Giuliano
Amato era più che evidenti: un mondo che vede allargarsi sempre più la distanza tra ricchi e poveri, per fare un
solo esempio, non può evitare il tracollo. Ecco perché le diverse tradizioni culturali e religiose, pur
salvaguardando le rispettive identità e la loro autonomia, debbono stringere un nuovo patto. E' in gioco non solo
la loro sopravvivenza ma la salvezza stessa del pianeta.
La Comunità di Sant'Egidio, dopo lo storico incontro di Assisi del 1986, accanto al dialogo tra credenti di
diverse fedi, ha sentito l'urgenza di favorire anche il dialogo tra umanesimo laico e umanesimo religioso, come
Andrea Riccardi ieri ricordava. Già il Concilio Vaticano II aveva aperto il campo al dialogo tra credenti e non
credenti. Possiamo ricordare, tra l'altro, l'enciclica di Paolo VI, "Ecclesia suam", tutta dedicata al dialogo, sia
dentro che fuori la Chiesa. Le condizioni culturali e politiche di quegli anni portarono a restringere il dialogo con
i non credenti al mondo socialcomunista, in riferimento al blocco dei paesi che avevano fatto dell'ateismo una
componente essenziale del sistema politico. Era, pertanto, più che un confronto tra due culture, un confronto tra
due "religioni", tra due fedi che avevano nel "messianismo" uno dei loro cardini. Ovviamente, erano ben presenti
in questi incontri una serie di risvolti "politici" tesi a stringere legami tra Est ed Ovest. Tali incontri
rappresentarono comunque momenti importanti soprattutto per l'Europa.
Il mondo più propriamente laico sfuggiva a questo bipolarismo. E la ragione credo debba cercarsi nel fatto che i
laici non hanno mai avuto né una "comunità" di appartenenza, fosse una Chiesa o un partito, né una ideologia
messianica vera e propria. Non è mio compito delineare qui i tratti del pensiero laico europeo. L'amico Poulat è
maestro in questo e saprà darci indicazioni molto più appropriate. Certo, i laici hanno spesso assunto toni
polemici, a volte persino antireligiosi, anche perché dall'altra parte non mancavano dosi massicce di intolleranza.
Del resto, è un principio fisico che ad ogni azione ne corrisponde un'altra uguale e contraria. Insomma, ad ogni
clericalismo si contrappone un anticlericalismo, e viceversa. Ma non di rado la forza del pregiudizio si è
allargata e irrobustita anche in coloro che facevano professione di libertà e di tolleranza. Il noto poeta
portoghese, Ferdinando Pessoa, non a caso scriveva nelle sue Poesie esoteriche: "Nao haver deus è un deus
tambén" (non aver dio è un dio anch'esso).
Oggi mi pare che le cose siano mutate, sebbene non bisogna abbassare la guardia di fronte a risorgenti
intransigentismi. Anche il pensiero laico si muove in un'altra direzione. L'amico Arrigo Levi, per fare un
esempio vicino a Sant'Egidio, ha messo in evidenza anche la dimensione della "fede laica" che egli distingue sia
dalla convinzione atea che da quella religiosa. Sono seguiti vari interventi che hanno suscitato, in Italia, un
notevole interesse. Non possiamo ora affrontare questa pista del discorso, tuttavia almeno un interrogativo credo
sia necessario evidenziare: è possibile vivere senza una qualche fede? Insomma, si può vivere solo di ragion
pura, per dirla kantianamente? A mio parere, anche la professione di ateismo nasce da una scelta. Come, infatti,
la ragione non costringe a credere, così pure non obbliga a non credere. La scelta dell'una o dell'altra posizione
non è la conclusione obbligata e stringente della pura ragione, ma appunto una scelta esistenziale alla quale,
ovviamente, la ragione non è estranea. Oggi, lo stesso sapere scientifico si distanzia dalle certezze della ragione.
Non possiamo fermarci su questo punto che richiederebbe, tra l'altro, anche una riflessione sul concetto di verità,
se cioè la cultura occidentale non abbia dimenticato la dimensione ebraico-biblica per accentuarne solo quella
greca.
Vorrei, invece, fermarmi su un altro aspetto del dialogo laici-credenti. Gli incontri avuti in questi ultimi anni
hanno fatto emergere sempre più quanto sia radicato il rapporto tra i due umanesimi nella cultura europea. Se la
parte del leone sino ad ora era stata presa dal confronto tra cristianesimo e marxismo, lo si doveva alla
particolare contingenza storica della divisione del mondo in due blocchi. La caduta del muro ha rimesso in gioco
le parti. E oggi si scopre quanto le ragioni dell'incontro tra laici e cattolici siano radicate nel cuore stesso della
tradizione europea. Certo, dall'illuminismo in poi sono stati percorsi itinerari autonomi e spesso contrapposti,
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basti pensare alla difesa laica della tolleranza, della libertà, della soggettività, contro una parte consistente del
cattolicesimo. Ma all'inizio del XXI, le grandi sfide che abbiamo davanti, da quelle della progettualità politica a
quelle della salvaguardia dell'ambiente, da quelle relative alla bioetica a quelle della globalizzazione, richiedono
di riscoprire e di rinsaldare il rapporto tra la cultura laica e cultura cristiana. Insomma, se il noto filosofo italiano,
Benedetto Croce, affermava: "perché non possiamo non dirci cristiani" per sottolineare appunto l'apporto
decisivo del cristianesimo alla cultura europea, anche noi cristiani possiamo affermare: "perché non possiamo
non dirci laici", vista la salda acquisizione nel cattolicesimo di temi come la libertà religiosa, la tolleranza, il
valore della persona e la difesa dei diritti dell'uomo e dei popoli.
Anche in questo incontro tra laici e cattolici si deve perseguire la via semplice e profonda auspicata da Giovanni
XXIII: cercare quel che unisce e mettere da parte (senza rinnegare, ovviamente) quel che divide. Non si tratta
solo di un atteggiamento strategico, ma di uno stile di vita. La piccola esperienza che la Comunità di Sant'Egidio
ha fatto in questo campo è significativa. Non faccio la storia degli incontri che abbiamo organizzato, ma già solo
uno sguardo veloce ai temi che via via sono emersi mostra la preziosità di tali confronti. Forse il dialogo più
elaborato è stato quello ricordato con Arrigo Levi, iniziato proprio all'interno di questi incontri di preghiera per
la pace. Era il dramma del futuro del mondo, messo in serio pericolo dalla minaccia nucleare, a esigere a suo
parere una sorta di ecumenismo tra laici e cattolici. E se la preoccupazione di Levi si poneva sul piano di politica
generale, quella dello Eugenio Scalfari si riferiva al piano etico. In uno dei nostri dibattiti egli chiedeva al
cardinale Martini come arginare la crescita esorbitante dell'egoismo che rischiava di travolgere la vita stessa
dell'umanità. E non posso non ricordare lo splendido discorso di Mario Soares ad Assisi. In quella occasione egli
sottolineò la comune responsabilità dei credenti e dei laici, nell'allontanare ogni intolleranza e fondamentalismo
per incamminarsi verso la costruzione di un mondo solidale. E quanti rimasero colpiti dalla conclusione del suo
discorso con la preghiera di San Francesco! Vi è poi l'interrogativo, questa volta più filosofico, del laico
Norberto Bobbio il quale, di fronte alle certezze del credente e alle incertezze del laico, si chiede se il laico non
debba rispettosamente fermarsi sulla soglia del mistero. E Felipe Goncales, in un dibattito tenuto a Barcellona
con il sottoscritto, riconosceva, dopo aver riprovato i diversi fondamentalismi religiosi, che "c'è anche un
fondamentalismo laico che viene a complicare la scena", e riprendendo le parole di Machado: "Dios nos libre de
un dios existente" auspicava un accordo tra laici e credenti per un comune denominatore etico per costruire
assieme il futuro del mondo. Ed in effetti è sempre più forte la tendenza a ricercare "un'etica planetaria" o
"un'etica mondiale" che presieda ai gravi problemi posti dalle nuove condizioni del pianeta. E Giuliano Amato,
che ha partecipato a vari momenti di questo serrato dibattito tra laici e credenti, riconosce da laico che i credenti
"hanno una marcia in più", o meglio un sovrappiù d'amore. I credenti, dice, e si riferiva in particolare a Giovanni
Paolo II, hanno una capacità di radunare le persone e di indicare prospettive che i laici non hanno. I laici,
sottolinea Amato, sembrano essere privi della forza dell'amore.
Sono solo alcuni dei temi emersi nei vari incontri, e credo debbano far parte del bagaglio di riflessione all'inizio
di questo nuovo millennio. Il XXI secolo si trova stretto tra globalizzazione e frammentazione con tutto ciò che
questo comporta. E, seppure in modo nuovo e forse con urgenza maggiore, tornano ad interrogarci le antiche
domande di sempre: possiamo sperare di costruire un mondo senza violenza, sena miseria, senza egoismo? Io
credo che l'orizzonte comune che può raccogliere i due umanesimi è la via della carità, o se volete la via
dell'amore: utopia di solidarietà e di fraternità. Questa dimensione l'ho ritrovata presente, seppure in diversi
modi, in tutti gli interlocutori laici che ho potuto incontrare. Ed è una prospettiva che non si riduce
semplicemente alla ricerca di un'etica comune, di un'etica planetaria come si dice. Perché non è in gioco solo il
comportamento delle persone ma il senso stesso della vita. L'incontro tra laici e credenti, in questo inizio secolo,
sarebbe riduttivo se si collocasse unicamente nella ricerca di un minimo comune denominatore etico. Credo sia
necessaria un'audacia maggiore.
Luc Ferry, uno dei filosofi laici francesi più attenti a questa problematica, l'ha ben compreso. Riprendo le sue
parole: "Dopo il relativo regresso delle religioni, dopo la morte delle grandi utopie che inserivano le nostre
azioni nell'orizzonte di un vasto disegno, la questione del senso non trova più un luogo dove esprimersi a livello
collettivo...resta confinata nell'intimità della più stretta sfera privata. Traspare solo in occasioni eccezionali, lutti
o malattie gravi". E' il vuoto. E all'orizzonte - aggiunge il filosofo - non appaiono tracce di un nuovo "grande
disegno" che ridia significato alla vita e al mondo. E aggiunge che se si vuol evitare il rischio di cadere nel
baratro del nulla, non basta un semplice "ritorno all'etica". E' necessario che essa sia irrobustirla con i tratti della
religiosità: "La morale è utile e anche necessaria: ma rimane nell'ordine negativo del divieto. Se le etiche laiche,
anche le più sofisticate e più perfette, dovessero costituire l'ultimo orizzonte della nostra esistenza, ci
mancherebbe ancora qualche cosa, per la verità l'essenziale. E questo qualche cosa, naturalmente, ci è rivelato
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nel modo più chiaro dall'esperienza di quei valori che i comunitaristi chiamano "carnali" o "sostanziali". A
cominciare dal più alto: l'amore (sia degli individui sia delle comunità di appartenenza)".
Credo che Ferry, al di là della sua interpretazione sulla fine delle grandi religioni che mi pare ingenua, ha colto il
cuore del problema contemporaneo, e particolarmente la questione di questo inizio secolo. Egli auspica la
costruzione di una religiosità laica intramondana, non trascendente. Non basta solo l'etica, c'è bisogno del senso
della vita e della storia. E' per lui l'irrinunciabile senso religioso della vita, sebbene resti all'interno del mondo.
Mi chiedo se il prologo del Vangelo di Giovanni non venga incontro a questo anelito quando afferma che il
Verbo si è fatto carne e ha posto la sua dimora in mezzo agli uomini. Comprendo che questa non è la
conclusione, ma è una via per incontrarci. Potremmo allora parafrasare la nota frase di Heidegger e dire: "Solo
l'amore ci salverà!"
11 Perché talvolta la guerra è giusta
Parte dell'introduzione del nuovo libro del sociologo Walzer, Michael, edito da Laterza Editori, da la Repubblica
del 24 ottobre 2004
La celebre frase di Clausewitz, per cui la guerra è la prosecuzione della politica con altri mezzi, voleva
probabilmente essere provocatoria, ma a me sembra un´ovvietà. E l´affermazione contraria è altrettanto ovvia: la
politica è la prosecuzione della guerra con altri mezzi. Tuttavia, il fatto che i mezzi siano differenti ha una
grande importanza. La politica è una forma di contesa pacifica, mentre la guerra è violenza organizzata. Tutti i
partecipanti, gli attivisti e i militanti sopravvivono ad una sconfitta politica (a meno che il vincitore sia un
tiranno, e dunque in guerra contro il proprio stesso popolo), mentre molti partecipanti, tanto militari quanto
civili, non sopravvivono ad una sconfitta militare - e nemmeno ad una vittoria. La guerra uccide, ed è per questo
che le discussioni sulla guerra sono così intense.
La teoria della guerra giusta, che ho difeso in Guerre giuste e ingiuste (1977), e che è stata ulteriormente
sviluppata ed applicata nei saggi che costituiscono questa raccolta, è, innanzitutto, una tesi sullo statuto morale
della guerra in quanto attività umana. Si tratta di una tesi duplice: sostengo che la guerra a volte è giustificabile e
anche che la condotta della guerra è sempre soggetta alla critica morale. La prima proposizione è negata dai
pacifisti, per i quali la guerra è un atto criminale; e la seconda è negata dai realisti, per i quali «in amore e guerra
tutto è lecito»: inter arma silent leges (in guerra, le leggi tacciono). Così i teorici della guerra giusta si pongono
in opposizione ai pacifisti e ai realisti, che sono in gran numero, anche se alcuni pacifisti sono selettivi nella loro
opposizione alla guerra e si sono sentiti alcuni realisti, nel pieno della battaglia, esprimere sentimenti morali. (?)
Voglio affrontare due critiche alla teoria della guerra giusta, perché le ho sentite spesso - specialmente in
risposta ad alcuni dei saggi qui raccolti. Secondo la prima, quelli di noi che difendono e applicano la teoria della
guerra giusta moralizzerebbero la guerra, rendendo in questo modo più facile il ricorso alla violenza.
Rimuoveremmo lo stigma che dovrebbe essere sempre collegato all’uccidere, ossia a ciò che, sempre e
necessariamente, è parte costitutiva del fare la guerra. Quando definiamo i criteri con cui possono essere
giudicate le guerre e la loro condotta, apriamo la via a giudizi favorevoli. Molti di questi giudizi saranno
ideologici, di parte, o di carattere ipocrita e, pertanto, soggetti alla critica, ma altri, secondo la teoria, saranno
giusti: alcune guerre e alcuni atti di guerra si riveleranno «giusti». Come può essere, se la guerra è così terribile?
Ma «giusto», qui, è un termine di comodo: significa giustificabile, difendibile, persino moralmente necessario
(date le alternative) - e non vuol dire altro. Tutti quelli tra noi che sono d´accordo su ciò che è giusto e sbagliato
in guerra, concordano sul fatto che la giustizia in senso forte, nel senso che ha nella società civile e nella vita
quotidiana, vada perduta non appena iniziano i combattimenti. La guerra è un´area di coercizione radicale, in cui
la giustizia è sempre coperta dalle nubi. Comunque, a volte abbiamo il diritto di entrare in quest´area. Da
persona cresciuta nella seconda guerra mondiale, questo mi sembra un altro punto ovvio. Ci sono atti di
aggressione e di crudeltà a cui abbiamo il dovere di resistere, se necessario anche con la forza. Pensavo che la
nostra esperienza con il nazismo avesse posto fine a questa tesi, ma essa continua a riproporsi - e qui nascono i
disaccordi sull´intervento umanitario, che esamino in alcuni di questi saggi. L´uso della forza militare per
fermare i massacri in Ruanda sarebbe stato, dal mio punto di vista, un esempio di guerra giusta. E se questo
giudizio «moralizza» la forza militare e rende più facile utilizzarla - beh, vorrei che fosse stato più facile usare la
forza in Africa, nel 1994.
La seconda critica alla teoria della guerra giusta sostiene che essa fornisce un quadro sbagliato delle guerre. Essa
indirizzerebbe la nostra attenzione sulle questioni in gioco immediatamente prima che la guerra inizi - nel caso
della recente guerra irachena, ad esempio, sulle ispezioni, sul disarmo, sulle armi nascoste, e così via - e in
seguito sulla condotta della guerra, battaglia per battaglia: così eviterebbe le questioni più ampie, che riguardano
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le aspirazioni all´Impero e la lotta globale per accaparrarsi potere e risorse. È come se nell´antichità, riguardo al
conflitto tra Roma e una qualche altra città-Stato, i cittadini si fossero limitati a considerare soltanto la
violazione o meno di un trattato, sempre tirata in ballo dai Romani prima di dichiarare una guerra, senza
prendere invece mai in considerazione tutta la storia complessiva dell´espansione romana. Ma se i critici
possono distinguere tra le false scuse per una guerra e le sue vere ragioni, perché noialtri non possiamo fare
altrettanto? La teoria della guerra giusta non ha limiti temperali prefissati: può servire per analizzare altrettanto
bene una lunga catena di eventi o una breve. Anzi, come potrebbe essere criticata la guerra imperiale se non in
termini di guerra giusta? Quale altro linguaggio, quale teoria, può essere utilizzata per una critica di questo tipo?
Le guerre di aggressione, le guerre di conquista, le guerre fatte per estendere le sfere d´influenza e stabilire Stati
satellite, le guerre per l´espansione economica: sono tutte guerre ingiuste.
12 Apologo sull’onestà nel paese dei corrotti di Italo Calvino - Racconta Tangentopoli meglio di un saggio
Racconta Tangentopoli meglio di un saggio. E' tratto da Romanzi e racconti – volume 3°, Racconti e apologhi
sparsi, i Meridiani, Arnoldo Mondadori editore.
C’era un paese che si reggeva sull’illecito. Non che mancassero le leggi, né che il sistema politico non fosse
basato su principi che tutti più o meno dicevano di condividere. Ma questo sistema, articolato su un gran numero
di centri di potere, aveva bisogno di mezzi finanziari smisurati (ne aveva bisogno perché quando ci si abitua a
disporre di molti soldi non si è più capaci di concepire la vita in altro modo) e questi mezzi si potevano avere
solo illecitamente cioè chiedendoli a chi li aveva, in cambio di favori illeciti. Ossia, chi poteva dar soldi in
cambio di favori in genere già aveva fatto questi soldi mediante favori ottenuti in precedenza; per cui ne
risultava un sistema economico in qualche modo circolare e non privo d’una sua armonia.
Nel finanziarsi per via illecita, ogni centro di potere non era sfiorato da alcun senso di colpa, perché per la
propria morale interna ciò che era fatto nell’interesse del gruppo era lecito; anzi, benemerito: in quanto ogni
gruppo identificava il proprio potere col bene comune; l’illegalità formale quindi non escludeva una superiore
legalità sostanziale. Vero è che in ogni transizione illecita a favore di entità collettive è usanza che una quota
parte resti in mano di singoli individui, come equa ricompensa delle indispensabili prestazioni di procacciamento
e mediazione: quindi l’illecito che per la morale interna del gruppo era lecito, portava con se una frangia di
illecito anche per quella morale. Ma a guardar bene il privato che si trovava a intascare la sua tangente
individuale sulla tangente collettiva, era sicuro d’aver fatto agire il proprio tornaconto individuale in favore del
tornaconto collettivo, cioè poteva senza ipocrisia convincersi che la sua condotta era non solo lecita ma
benemerita.
Il paese aveva nello stesso tempo anche un dispendioso bilancio ufficiale alimentato dalle imposte su ogni
attività lecita, e finanziava lecitamente tutti coloro che lecitamente o illecitamente riuscivano a farsi finanziare.
Perché in quel paese nessuno era disposto non diciamo a fare bancarotta ma neppure a rimetterci di suo ( e non si
vede in nome di che cosa si sarebbe potuto pretendere che qualcuno ci rimettesse) la finanza pubblica serviva a
integrare lecitamente in nome del bene comune i disavanzi delle attività che sempre in nome del bene comune
s’erano distinte per via illecita. La riscossione delle tasse che in altre epoche e civiltà poteva ambire di far leva
sul dovere civico, qui ritornava alla sua schietta sostanza d’atto di forza ( così come in certe località all’esazione
da parte dello stato s’aggiungeva quella d’organizzazioni gangsteristiche o mafiose), atto di forza cui il
contribuente sottostava per evitare guai maggiori pur provando anziché il sollievo della coscienza a posto la
sensazione sgradevole d’una complicità passiva con la cattiva amministrazione della cosa pubblica e con il
privilegio delle attività illecite, normalmente esentate da ogni imposta.
Di tanto in tanto, quando meno ce lo si aspettava, un tribunale decideva d’applicare le leggi, provocando piccoli
terremoti in qualche centro di potere e anche arresti di persone che avevano avuto fino a allora le loro ragioni per
considerarsi impunibili. In quei casi il sentimento dominante, anziché la soddisfazione per la rivincita della
giustizia, era il sospetto che si trattasse d’un regolamento di conti d’un centro di potere contro un altro centro di
potere. Cosicché era difficile stabilire se le leggi fossero usabili ormai soltanto come armi tattiche e strategiche
nelle battaglie intestine tra interessi illeciti, oppure se i tribunali per legittimare i loro compiti istituzionali
dovessero accreditare l’idea che anche loro erano dei centri di potere e d’interessi illeciti come tutti gli altri.
Naturalmente una tale situazione era propizia anche per le associazioni a delinquere di tipo tradizionale che coi
sequestri di persona e gli svaligiamenti di banche ( e tante altre attività più modeste fino allo scippo in motoretta)
s’inserivano come un elemento d’imprevedibilità nella giostra dei miliardi, facendone deviare il flusso verso
percorsi sotterranei, da cui prima o poi certo riemergevano in mille forme inaspettate di finanza lecita o illecita.
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In opposizione al sistema guadagnavano terreno le organizzazioni del terrore che, usando quegli stessi metodi di
finanziamento della tradizione fuorilegge, e con un ben dosato stillicidio d’ammazzamenti distribuiti tra tutte le
categorie di cittadini, illustri e oscuri, si proponevano come l’unica alternativa globale al sistema. Ma il loro vero
effetto sul sistema era quello di rafforzarlo fino a diventarne il puntello indispensabile, confermandone la
convinzione d’essere il migliore sistema possibile e di non dover cambiare in nulla.
Così tutte le forme d’illecito, da quelle più sornione a quelle più feroci si saldavano in un sistema che aveva una
sua stabilità e compattezza e coerenza e nel quale moltissime persone potevano trovare il loro vantaggio pratico
senza perdere il vantaggio morale di sentirsi con la coscienza a posto. Avrebbero potuto dunque dirsi
unanimemente felici, gli abitanti di quel paese, non fosse stato per una pur sempre numerosa categoria di
cittadini cui non si sapeva quale ruolo attribuire: gli onesti.
Erano costoro onesti non per qualche speciale ragione ( non potevano richiamarsi a grandi principi, né patriottici
né sociali né religiosi, che non avevano più corso), erano onesti per abitudine mentale, condizionamento
caratteriale, tic nervoso. Insomma non potevano farci niente se erano così, se le cose che stavano loro a cuore
non erano direttamente valutabili in denaro, se la loro testa funzionava sempre in base a quei vieti meccanismi
che collegano il guadagno col lavoro, la stima al merito, la soddisfazione propria alla soddisfazione d’altre
persone. In quel paese di gente che si sentiva sempre con la coscienza a posto loro erano i soli a farsi sempre
degli scrupoli, a chiedersi ogni momento cosa avrebbero dovuto fare. Sapevano che fare la morale agli altri,
indignarsi, predicare la virtù sono cose che trovano troppo facilmente l’approvazione di tutti, in buona o in
malafede. Il potere non lo trovavano abbastanza interessante per sognarlo per sé (almeno quel potere che
interessava agli altri); non si facevano illusioni che in altri paesi non ci fossero le stesse magagne, anche se
tenute più nascoste; in una società migliore non speravano perché sapevano che il peggio è sempre più probabile.
Dovevano rassegnarsi all’estinzione? No, la loro consolazione era pensare che così come in margine a tutte le
società durante millenni s’era perpetuata una controsocietà di malandrini, di tagliaborse, di ladruncoli, di
gabbamondo, una controsocietà che non aveva mai avuto nessuna pretesa di diventare la società , ma solo di
sopravvivere nelle pieghe della società dominante e affermare il proprio modo d’esistere a dispetto dei principi
consacrati, e per questo aveva dato di sé ( almeno se vista non troppo da vicino) un’immagine libera e vitale,
così la controsocietà degli onesti forse sarebbe riuscita a persistere ancora per secoli, in margine al costume
corrente, senza altra pretesa che di vivere la propria diversità , di sentirsi dissimile da tutto il resto, e a questo
modo magari avrebbe finito per significare qualcosa d’essenziale per tutti, per essere immagine di qualcosa che
le parole non sanno più dire, di qualcosa che non è stato ancora detto e ancora non sappiamo cos’è.
Storica vittoria di ADUSBEF contro una delle rapine dei banchieri: restituiranno 30 MLD
La guerra ai signori del denaro è iniziata, e oggi abbiamo vinto la prima battaglia, quella
dell'anatocismo.
In pratica questa rapina funzionava così: quando il conto del correntista era in nero gli interessi
venivano calcolati annualmente, quando era in rosso il calcolo era trimestrale. Ora la Cassazione ha
chiuso definitivamente la questione imponendo alle banche di restituire i circa 30 miliardi di euro di
maltolto (qui trovi il modulo per chiedere il risarcimento). Il caso preso in esame era quello di un
imprenditore che per 13 anni ha avuto un prestito di 800 milioni di vecchie lire con una banca. Una
volta rifatti i conti, senza l'anatocismo, si è scoperto che è la banca a dovergli rimborsargli un miliardo
di vecchie lire. L'aspetto più interessante della vicenda però è un altro: questa sentenza ha in pratica un
valore retroattivo poichè rende nulle le clausole che i banchieri avevano imposto ai clienti. Di fronte a
un precedente come questo la lotta per la restituzione dei proventi del signoraggio rubati negli anni ai
cittadini italiani è tutta in discesa. Lo storico risultato è stato raggiunto grazie all'azione dell'ADUSBEF
(Associazione per la Difesa degli Utenti dei Servizi Bancari, Finanziari e Assicurativi), la stessa
associazione promotrice del “Comitato Consumatori per la Sovranità Monetaria”. Insomma, dopo
l'anatocismo toccherà al signoraggio.
http://sebastianoscrofina.blogspot.com/2004/11/storica-vittoria-di-adusbef-contro-una.html
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14 Scandali finanziari, chi si occupa dei risparmiatori?
Da l’Avvenire Alfredo Grandi - E’ passato quasi un anno dallo scandalo Parmalat, che è venuto dopo quello di
Cirio, dei Bond argentini e altro ancora. Ancora i risparmiatori coinvolti nei crack finanziari non hanno avuto
una risposta ai loro problemi.Eppure l’Italia in 10 anni aveva raggiunto, prima dei crack, un livello importante di
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utilizzo del risparmio nelle attività aziendali. Infatti i risparmiatori hanno gradualmente incrementato il loro
investimento in obbligazioni, mentre le imprese ne avevano beneficiato fino ad avere qui la prima fonte del loro
finanziamento.Poi gli scandali hanno gelato gli entusiasmi e il mattone è ridiventato il principe dei risparmi. E’
grave che dopo tanto tempo la maggioranza di centro destra e il Governo non abbiano trovato la forza per
intervenire a tutela dei risparmiatori, perchè bloccati dalla mancanza di volontà di rivedere la legislazione
“salvaladri” di cui portano la responsabilità. Non si venga a dire che la responsabilità è di tutti o che non c’è
stato il tempo per intervenire a favore dei risparmiatori. Il centro destra ha portato l’attacco alla Costituzione
italiana senza sentire ragioni e per di più ha approvato le leggi che stavano a cuore al suo leader in tempo di
record. Il centro destra quando vuole fare fa con rapidità. In questo caso il centro destra dopo avere affermato di
volere riformare tutto ha scoperto di non essere in grado di procedere ad una nuova legislazione sul risparmio
perché è paralizzato dalle sue divisioni. Questa è la verità. Anche i proclami roboanti che si susseguono
dall’inizio di settembre affermando che si farà questo e quello coprono una realtà ben diversa. Siamo ormai a
fine ottobre e il nuovo Ministro dell’economia, troppo occupato dalla realizzazione del delirio della riduzione
fiscale voluta dal Presidente-padrone, non ha trovato il tempo di spiegare al Parlamento, ormai paralizzato, cosa
vuole fare. Solo l’On. La Malfa ha avuto il coraggio di ammettere che forse non se ne farà nulla. Altri
continuano a fingere che si farà una mega riforma in materia di risparmio, dimenticando che in questi giorni è in
discussione in Parlamento la cosiddetta “legge comunitaria” che stralcia dal provvedimento generale l’attuazione
– peraltro dovuta - (obbligata) della direttiva comunitaria in materia di abusi di mercato e coglie l’occasione per
riformare ruolo e poteri della Consob.In sostanza lo “spezzatino” legislativo dei precedenti “sogni di gloria” è
già iniziato per iniziativa del Governo e della maggioranza. Per questo un gruppo di parlamentari
dell’opposizione ha presentato in questi giorni una nuova proposta di legge che ha l’obiettivo di soccorrere i
risparmiatori truffati e ridare un po’ di fiducia al sistema del risparmio in crisi. La proposta è semplice e prevede
un incentivo fiscale a favore di chi darà vita a tavoli paritetici per restituire i quattrini perduti sia le società
insolventi, che gli intermediari che hanno venduto i titoli potranno dare vita ai tavoli con e i risparmiatori non
speculatori.Si tratta di una detrazione fiscale a favore delle società che restituiranno i risparmi perduti ai
cittadini. Oppure – in alternativa –viene proposta una detrazione fiscale dalla dichiarazione dei redditi per i
singoli risparmiatori, pari all’80% delle perdite in tre anni. La proposta di legge punta a rimettere al centro
dell’attenzione politica i risparmiatori, sfidando il centro destra a fare altrettanto e con l’obiettivo di arrivare ad
un provvedimento legislativo a favore dei risparmiatori entro la fine del 2004. Non è quindi vero, come dimostra
questa iniziativa, che nessuno si occupa dei risparmiatori. Assenti sono Governo e maggioranza di centro destra.
15 Alessandra Mussolini: il nonno è mio e lo gestisco io
Da l’Espresso M. Damilano/D. Pardo - Io di destra? Macchè, sono borderline. Geneticamente, come faccio a
definirmi di destra? Nonno era di sinistra, era socialista... Così parla l'inaudito nuovo ago della bilancia politica
italiana, il fantasma del Polo e soprattutto di An, partito lasciato con un'interminabile scia di risentimenti:
Alessandra Mussolini, la nipote di Benito e di Sophia. Con un confuso manifesto di pensieri deboli e simboli
forti: le fettuccine alla donna Rachele e i cortei anti-immigrati, gli ex latitanti di estrema destra che la circondano
come l'ape regina, l'avvocato di Licio Gelli e il diamante, nuovo simbolo del partito, poco spirituale ma molto
Marilyn Monroe.Doveva essere la Le Pen italiana, anzi peggio, e come tale emarginata dalla destra perbene.
Invece sta diventando la Emma Bonino di destra: è la donna che può far vincere o perdere le elezioni regionali a
Berlusconi. Per questo tutti fingono di non sentire odore di fascismo, chiudono gli occhi di fronte alle bandiere
uncinate nei suoi comizi e di fronte ai suoi compagni di strada, finora considerati impresentabili e si bevono la
favola del mussolinismo compassionevole e patinato: perfino a sinistra è quasi impossibile trovare un detrattore.
Il forzista Sandro Bondi ha già dichiarato di essere pronto ad allearsi con lei. Francesco Storace prima ha
provato a eliminarla con una legge elettorale per impedirle di candidarsi nel Lazio ("Sarebbe stata una legge
Mussolini", commenta la pugnace europarlamentare), poi è schizzato da Berlusconi: "È un problema di tutta la
Cdl, non solo mio".E dire che quel che resta del Msi sperava di essersela tolta dalla scatole: troppo ingombrante
il cognome per il nuovo corso di An, troppo poco rispettosa dei gerarchi del partito, troppo linguacciuta. Invece,
la vendetta della 'dolicocefala bionda' incombe minacciosa. Il tifone Mussolini, che sembrava un venticello,
avanza, gonfiandosi dei malumori dei black people, delle delusioni di una destra nazional-popolare, ma
desiderosa di attributi, e del ventaccio che soffia sulle correnti del suo ex partito. "Sono un salmone, ho sempre
nuotato controcorrente. Ora mi sento un windsurf, ho il vento dalla mia", si compiace. Il Salmone nero punta
dritto sul "sommozzatore", il leader di An, l'uomo che anche ai tg l'ha sempre chiamata solo 'Alessandra'
(affetto? omissione del nonno che scotta?) e che Mussolini ha ribattezzato Gianfranco 'Badoglio' Fini.L'offensiva
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mussoliniana, obiettivo spezzare le reni a Gasparri e ai colonnelli, è partita dal collegio di Napoli-Ischia, con uno
sbarco spettacolare. Lei, la nipote del duce, a bordo del traghetto Caremar mischiata alla gente dell'isola, veniva
sorpassata nel bel mezzo della traversata da quattro motovedette su cui viaggiava Berlusconi. Ma la rivincita era
alle porte, con lo spoglio delle schede: 9 per cento al suo partito e il candidato di An Amedeo Laboccetta,
compagno di vacanze di Fini nella scicchissima Cap Ferrat, miseramente trombato. Non è che l'inizio:
Alessandra sta per scaraventare la sua 'M', la firma del duce, sulle schede delle 14 regioni al voto l'anno
prossimo e punta dritto alle regionali del Lazio dove si candida per far perdere l'ex ammiratore Francesco
Storace. "Peggio di Fini", lo condanna, "è come Donna Assunta Almirante: solo un ipocrita. Una commedia:
Gianfranco strappa e loro ricuciono". La marcia sulla Pisana sembra a portata di mano, dato che la Mussolini ha
già incassato il 7 per cento a Latina, espugnando con il 13 per cento l'isola di Ponza, dove evidentemente la
Buonanima aveva lasciato un bel ricordo durante il suo confino nel 1943. "Corsi e ricorsi storici", ha
commentato con fare superiore. Per poi confessare: "Non sapevo di questo dato".Zero in storia fascista. Ma guai
a chi la sfotte per la riscoperta tardiva della prestigiosa genealogia: "Io mio nonno l'ho scoperto a tre anni, lei a
ventotto", disse invidioso Teodoro Buontempo. Che come tutti i machi del suo partito, in lei aveva sempre visto
una play-girl, una ragazza che gioca, con la fortuna di essere nata nella culla giusta (per quelli di An): "La
politica è una cosa seria", aveva chiosato Gianni Alemanno, quando la nipote di Benito, all'ennesima presa di
distanza dal fascismo di Fini, in pieno trip internazionale, aveva tagliato il legame con An. Per andare a fondare
il suo partito. Dalle solide e italiche fondamenta mussoliniane.L'ombelico è il nonno. In un momento di
revisionismo light, la Rai inzeppata di fiction nostalgiche ed edulcorate (Maria José prima, Edda Ciano in
arrivo), il calendario 2005 del duce ogni mattina sulla prima pagina di 'Libero', tutto finisce per portare acqua al
mulino di Alessandra. Che spedisce in televisione tutta la Famiglia per sfruttare appieno il vero tesoro di Dongo.
Altro che leggi razziali e Seconda guerra mondiale. Basta con quelle noiosissime storie di ricino e manganellate.
La vera eredità del Ventennio da valorizzare con astuzia è il duce in ciabatte e ai fornelli. Ed ecco che il figlio
Romano Mussolini, babbo di Alessandra, musicista jazz e pittore, pubblica il libro 'Mio padre Mussolini', cui
Bruno Vespa ha dedicato un'intera puntata di 'Porta a Porta', giusto in tempo per le suppletive. Negli stessi giorni
l'ex moglie Maria Scicolone, mamma di Alessandra, sorella della Loren, ora sposata con un medico iraniano,
approda in libreria con il suo 'A Tavola con il Duce'. Dove si svela che Lui odiava la cucina piemontese dei
Savoia e soffriva di ulcera. Recensito anche dal 'Times' e dal messicano 'La Cronica' con un titolo che sarebbe
piaciuto a Renzo De Felice: 'A Benito Mussolini le apasionaba ej ajo'. E gli storici antifascisti sono serviti. Eja
Ajo Alalà. "Nonno è un personaggio che attira", gongola Alessandra, come se avesse scoperto una straordinaria
operazione di marketing. Pensata da un pianerottolo all'altro: Alessandra e la mamma vivono nello stesso
palazzo, in via Nomentana, dove il duce andava a cavallo e dove una volta al mese arriva anche zia
Sophia.Perfino il partito è a conduzione familiare. L'inno 'Insieme noi per il domani' è scritto e suonato da
Romano e cantato da Alessandra, una marcetta tipo rivista di Garinei e Giovannini che avrebbe fatto rivoltare
nella tomba il Caro Estinto. Che però, in compenso, avrebbe gradito la presenza delle parole più evocative: la
patria, la fierezza, l'ardore, la verità, i cuori che custodiscono. E soprattutto qualcosa di meno glamour e di più
familiare: le croci runiche che sventolano nelle piazze quando parla Alessandra. Le camicie nere che le fanno da
scorta alle manifestazioni. La posa della nipotina, rilanciata dai siti Internet dei simpatizzanti, in cui l'onorevole
Mussolini si mette in posa da palazzo Venezia, occhi roteanti, mascella volitiva e braccia conserte sul petto. E
gli inquietanti compagni di strada: l'avvocato Augusto Sinagra (vedi box a fianco), Roberto Fiore di Forza
nuova, Adriano Tilgher del Fronte nazionale, una vita tra latitanze all'estero, processi per stragi, l'ossessione per
gli attacchi all'Europa anti-cristiana, l'aborto, le coppie gay. Come si concili tutto questo con la Mussolini che ha
esultato per la bocciatura di Rocco Buttiglione, che firma per le coppie di fatto con Livia Turco e che è contro la
legge sulla fecondazione assistita, è un mistero. "Sana ambiguità politica", dice lei, tutta il nonno.Il marchio
Mussolini paga, anche dal punto di vista elettorale. Peggio per Fini e i suoi, poveretti, che sono approdati
all'anti-fascismo e al male assoluto proprio mentre, tra una banalizzazione e l'altra, si prova a trasformare il duce
in un'icona pop, pronta per finire sulle t-shirt. E soprattutto sulle bandane.
16 I guai di Berlusconi non finiscono mai
Da L’Espresso Edmondo Berselli - I deputati più ironici del centro-sinistra incrociano in Transatlantico qualche
ministro o facente funzione, un Gasparri, un Matteoli o un Urso, e strizzano amichevolmente l'occhietto: "E
fategliela questa riforma fiscale al Cavaliere, siate buoni". I gaddisti (da Gad, Grande alleanza democratica) più
incattiviti, gente evidentemente maligna, psicologie vendicative, fanno con le dita lo storico gesto da commedia
dell'arte del Pupone Totti alla fine della famosa partita con la Juve: sette pappine a zero, zitti e filare a casa.
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Qualcun altro motteggia facendo il gesto delle forbici o della spada: Zac, Zac, Zaccaria. Come il segno di Zorro
nel centro di Milano. Oppure Dan Dan, D'Antoni. Campane a festa nel regno di Napoli. Quelli del centro-destra,
invece. Già quelli del centro-destra. Ma esiste ancora il centro-destra, in Italia? Oppure si è già sciolto,
liquefatto, vaporizzato, e la stessa Casa delle libertà si sta afflosciando come un edificio di marzapane imbibito
di sambuca? Abbozzano, i casinisti della Libertà. Si stringono nelle spalle. Leggono Giuliano Ferrara per sentirsi
rimproverare l'inconsistenza del governo e per sentirsi intimamente ancora peggio."Dateglielo, questo taglio
delle tasse". Ma non è mica così semplice, tagliare le tasse. Finalmente il supply-sider Berlusconi ha gettato la
maschera e ha confessato la verità più ovvia, normale, apodittica: secondo cui le tasse bisogna ridurle ai ricchi,
perché sono i ricchi che alimentano il circuito economico. Se gli si dà qualche euro lo buttano subito dentro
l'economia. Non come i poveri, poveretti. Perché i poveri, lo ricorda sarcasticamente Enrico Letta conversando
con il suo complice Pier Luigi Bersani, secondo la concezione berlusconiana "mangiano cibi da poveri, si
vestono da poveri, abitano in case da poveri: sono poveri, è inutile cercare di aiutarli, è meglio nasconderli". Per
la verità la battuta è di Quino, il classico autore di Mafalda: ma se il capo del governo dimostra di condividere
questo pensiero, le cose diventano subito più chiare. "Non è un peccato guadagnare molto", ha dichiarato infatti
il Cavaliere dopo che 'L'espresso' aveva mostrato il fenomenale vantaggio fiscale della riforma a tre aliquote per
la Silvio Berlusconi e fam. (nel senso di famiglia), e quando si è accorto che le spiegazioni di Paolino Bonaiuti,
secondo cui il 'Pres. del Cons.' avrebbe devoluto in beneficenza il superbonus tributario, nonostante la buona
volontà del portavoce, cadevano nel vuoto. O nel ridicolo. Commento filosofico dell'opposizione: "E chi se ne
frega dove mette i suoi soldi il Cavaliere: che li dia ai poveri o che li spenda in bagordi, che li regali agli
immigrati o che li doni alla fondazione degli idraulici è la stessa cosa, non è una questione che riguardi le
aliquote". Eh già, lo Stato non è una faccenda discrezionale. Ma il Pres. del Cons. ha esternato dicendo che lui
non ha il senso dello Stato, bensì il senso dei cittadini. Che cosa vorrà dire? Vedremo.Intanto è caduta la
maschera di Domenico Siniscalco, che di fronte alle pretese di Berlusconi ha cercato di ripetere una volta di più
il celebre 'Mantra del tecnico': "La politica dica che cosa vuole e io provo a trovare la soluzione". Ma in questa
occasione nel Consiglio dei ministri anche Re Silvio si è scocciato, ha sistemato il bottone interno del
doppiopetto con la solita smorfia che fa quando è nervoso, e gli ha aperto il libro, squadernando il precetto:
"Domenico, tu non puoi fare il ministro-burocrate: c'è una responsabilità politica e te la devi prendere".
Conclusione parziale numero uno: bisogna dare i soldi ai ricchi, ma non troppi altrimenti Gianfranco Fini
organizza un programma di governo alternativo, come ha accennato in una clamorosa quanto intempestiva
intervista al 'Corriere della Sera' (rilasciata mentre Berlusconi diceva "tutto va ben") e se è il caso introduce nel
nome del popolo un'aliquota di solidarietà del 3 per cento per i redditi sopra i 100 mila euro. Conclusione
parziale numero due, raccolta fra le stanze della Confindustria: "Ormai è chiaro che taglio delle tasse significa
che pagheremo più tasse".Si era appena conclusa la dolorosa e fastidiosa vicenda di Rocco Buttiglione, ma
evidentemente non ci può essere pace a destra. Oltretutto la bocciatura di Buttiglione si è risolta in un autogol
spaventoso, con l'interim della Commissione a Romano Prodi, il dimezzamento politico e morale del povero
Barroso, ridotto a una barzelletta, e una figuraccia disarmante in Europa, quell'Europa in cui dovevamo "contare
di più", secondo il fantasioso motto del "non-euroentusiasta" Giulio Tremonti. Con il risultato che l'abbattimento
di Buttiglione ha dato il via a un complicatissimo risiko ministeriale, riaprendo l'odiata (da Berlusconi) verifica,
con la solita storia di rimpasti che non rimpastano mai, di soluzioni che non riescono a quagliare.E allora?
Frattini in Europa e Fini agli Esteri, per esempio. Ma la Farnesina come accoglierebbe Gianfranco e il suo
entourage post-missino, capeggiato da Salvo Sottile? E lui come se la caverebbe all'estero, come va con le
lingue, con le abitudini, gli stili, i galatei diplomatici, il 'Farnesinian style'? In Israele, ai tempi del "fascismo
male assoluto", il capo di An non aveva dato il massimo, con quel giubbottino scamosciato da bodyguard in
giornata libera e le sigarettine fumate passeggiando davanti all'albergo in attesa dell'auto. E poi, per quale
motivo premiare il capo di An, dopo l'uscita disastrosa e inaspettata "ci vuole un nuovo programma di
governo"?Il Pres. del Cons. è furibondo con il suo vicepremier, ma bisogna dire che l'incacchiatura di Berlusconi
è anche il frutto di un gioco dei quattro cantoni in cui non si riesce mai a infilare tutti nell'angolo giusto. Se
riesce quasi a incastrare Follini intimandogli di entrare nel governo come vicepremier salta su Tabacci che
chiede in cambio la proporzionale. Se si guadagna il consenso di Bossi, che dall'ospedale manda a dire: "Non
possiamo abbandonare Berlusconi perché con la devolution siamo entrati nella storia", deve poi fronteggiare
l'idea, condivisa dai poteri forti a Milano e a Roma, che la riforma costituzionale di Calderoli sia una
stupidaggine; e in prospettiva si profila il fantasma del referendum confermativo, su cui anche i suoi consiglieri
sono scettici: "Silvio, abbiamo incassato il sette a zero nelle suppletive perché i nostri non vanno a votare;
guarda che non andranno alle urne neanche per il referendum sulla riforma costituzionale, e se ci andranno,
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tranne i leghisti, voteranno tutti contro".Totale: la riforma della giustizia non va avanti per assenza del numero
legale (e il processo di Cogne si ritorce con divertente simmetria contro l'avvocato Taormina), la Finanziaria è
un morto che cammina, e a quanto si legge perfino i repubblicani del centro-destra hanno fatto la vocina grossa e
reclamato un ministero economico. 'Il Riformista' incenerisce per interposta persona lo stile del governo della
Casa delle libertà a causa di Lulù. No, non è la labrador di Massimo D'Alema: "Lulù è Luana Bisconti, giovane
fanciulla che un ministro del governo Berlusconi avrebbe adottato come figlia. In pratica, si ripete la stessa storia
di Baldapadre e di sua figlia Francesca D'Auria, che nella Rai ai tempi del centro-destra ha dato un significativo
impulso alla filantropia, per la serie: io uomo buono, tu donna bona, io ti faccio apparire, tu mi dai tanto amore
filiale, mi basta questo. Adesso, quindi, l'impulso filantropico si sarebbe impadronito di un ministro
berlusconiano che non citiamo (anche perché la moglie sarebbe all'oscuro dell'adozione) e così la brava Luana è
riuscita ad avere un programma tutto suo.". Per gli interessati, il programma di Luana, ex pescivendola secondo
le "fonti autorevoli" di via Teulada identificate dal quotidiano di Antonio Polito, si intitola 'Diglielo in faccia'.
Sembrerebbe il basso impero, ma da tutto questo si capisce che il programma conta. Magari ridimensionato
come vuole Fini, ma serve. I poteri sempre cosiddetti forti, soprattutto quelli milanesi, area Rcs, hanno fatto
conoscere il loro giudizio allo staff di direzione del 'Corriere della Sera': cari amici, noi siamo convinti che
questa esperienza politica, vale a dire il governo Berlusconi, ha dato tutto ciò che poteva dare. Non era molto,
ma ha esaurito il suo compito. Adesso bisognerebbe soltanto dirlo a Berlusconi, il quale invece insiste nel
promettere la realizzazione integrale del programma e del Contratto con gli italiani. Intanto, dati economici
sempre peggiori si accumulano. Caduta dei consumi, crollo della spesa per l'intrattenimento, abbandono dei
ristoranti, stadi deserti. Se le cose stanno così, anche il centro-sinistra avrà il suo daffare, a mettere insieme - a
adottare, diciamolo pure - un programma di salvataggio.
17 La riforma della Giustizia di Piercamillo Davigo
La flotta macedone catturò un pirata e lo portò davanti ad Alessandro Magno perché lo giudicasse. Alessandro
Magno gli chiese: “Con che diritto infesti i mari?”. E il pirata: “Con lo stesso tuo. Con la differenza che io lo
faccio con una nave e mi chiamano pirata. Tu lo fai con una flotta e sei chiamato re”.Vorrei cominciare col dire
che la differenza, contrariamente a quello che pensava il pirata, non è nel numero delle navi. La differenza tra i
briganti e lo Stato è nella giustizia. Se le leggi di uno stato si ispirano a principi di giustizia universalmente
accettati, allora quello Stato può difendersi credibilmente dai briganti. Se le sue leggi non hanno più quel
contenuto di giustizia, c’è il rischio che torni a contare il numero delle navi.La questione della riforma
dell’ordinamento giudiziario e della verifica delle professionalità è pura propaganda pura per una serie di
ragioni.
Primo. I magistrati sono caratterizzati da quello che viene chiamato potere diffuso. Quindi non hanno necessità
di selezionare i più bravi. Casomai c’è bisogno di selezionare quelli non idonei per mandarli a casa. Non è che si
tratta di fare un concorso per selezionare i più bravi e mandarle nelle funzioni superiori. Paradossalmente, e ve lo
dico facendo io il giudice d’appello, se si dovesse guardare alla difficoltà del lavoro dovremmo rovesciare la
carriera del giudice.Dovremmo far cominciare gli uditori dalla Corte di Cassazione. E’ tutto molto più facile.
Intanto c’è solo diritto. La ricostruzione del fatto, che il più delle volte è la cosa più difficile, non c’è. C’è il
massimario della Cassazione che ti mette a disposizione tutti i precedenti. Per cui se uno non si discosta dai
precedenti anche se è un idiota è in grado di scrivere una decorosa sentenza.Quando è diventato bravo
dovrebbero mandarlo in Corte d’Appello. E’ un po’ più difficile perché oltre a tutto quello che fa la Cassazione,
senza però il massimario, e quindi devi andare in biblioteca a studiare, c’è anche la ricostruzione del fatto. E
tuttavia la posizione del giudice d’appello è legata alla sentenza di primo grado e ai motivi di impugnazione.
Quando uno è diventato molto bravo dovrebbero poi mandarlo in primo grado dove trova persone che gli
raccontano delle cose e deve cercare di mettere insieme la ricostruzione dei fatti e una sentenza.Quando infine è
diventato bravissimo dovrebbero mandarlo a fare il pubblico ministero perché lì trova una notizia di reato e deve
da lì costruire il processo. Solo che se uno fa il pubblico ministero a 70 anni, muore. E allora si fa il pubblico
ministero a 25 anni per poi finire in Cassazione.Pensare di regolamentare questi passaggi a funzioni, come
dicono loro, più elevate, attraverso concorsi, è una sciocchezza.E’ una sciocchezza perché noi i concorsi ce li
avevamo. Li hanno tolti tutti. Abbiamo provato il concorso per esami, il concorso per titoli e la comparazione
sulla quantità e sulla qualità del lavoro.Il concorso per esami privilegiava quelli che lavoravano nelle “preture
sdraio”, ovvero quelle in cui non si lavora e dunque uno ha un sacco di tempo per studiare. Negli uffici dove si
lavora tanto non ci voleva andare nessuno perché poi come fai a studiare? Si sa benissimo che non riuscirai a
fare mai nessun concorso.Ricordo quella battuta infelice che fece l’allora ministro Biondi: “Studia studia, mi
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diceva mio padre, sennò finisci a fare il pubblico ministero”. Battuta alla quale rispose l’allora procuratore di
Milano Borrelli, definendola un’ affermazione “fatta a un’ora pericolosamente tarda del pomeriggio”, in
riferimento ad alcune chiacchiere su alcune abitudini del ministro.Ma è vero. Perché andava negli uffici più
delicati chi sapeva che non avrebbe progredito in carriera. E quindi rinunciava a priori.Allora si è passati al
concorso per titoli. E il risultato fu peggiore del primo. Perché vedete, io posso essere anche il più bravo in
assoluto, ma se mi mettono a fare gli incidenti stradali è difficile che qualche mia sentenza venga pubblicata,
perché su questa materia è già stato pubblicato tutto ciò che si poteva pubblicare.Se invece sono il cocco del
capo dell’ufficio e mi mettono a fare la prima causa di franchising che arriva nell’ufficio, anche se sono scemo e
scrivo stupidaggini, la mia sentenza verrà comunque pubblicata. Magari con le note critiche al testo.Questo ha
scatenato il servilismo nei confronti dei capi. Come scatenava il servilismo verso i capi un’altra cosa della quale
ci siamo liberati: gli arbitrati. Ci sono ancora per i giudici amministrativi, non c’è verso di farli togliere. Io mi
sono sempre chiesto come mai un magistrato, sia pure amministrativo, debba fare gli arbitrati.Perché mai lo stato
deve rivolgersi a collegi privati per dirimere una controversia consentendo poi ai giudici di farne parte? La
risposta è semplicissima. La giurisprudenza arbitrale è generalmente più favorevole alle imprese di quella
ordinaria.Sennò gli arbitrati non ci sarebbero più perché le imprese non affiderebbero le loro controversie ai
collegi arbitrali nelle cause con la pubblica amministrazione. E’ questa una forma brutta, brutta, brutta di
influenza sul modo di decidere, sia pure in attività non pubbliche.Capite bene che se il presidente del Consiglio
di Stato chiama un suo consigliere e gli dice: “Caro collega, volevo parlarti della tale causa…”, se il collega in
questione è sveglio risponde: “Presidente, mi ha battuto sul tempo, stavo per venire qui da lei per lo stesso
motivo”. Il giorno dopo verrà nominato presidente di un collegio arbitrale Compenso: 500 milioni di lire.Se
invece il collega convocato risponde: “Presidente, prendo atto di come la pensa lei, ma mi riservo di decidere
come credo”, il giorno dopo verrà nominato presidente della commissione d’esame per due posti di barelliere
all’ospedale di Lamezia Terme, quindici lire di compenso e sei mesi a Lamezia Terme salvo imprevisti. Così
impara Questo non ha nulla che vedere naturalmente con l’indipendenza del giudice. Così come i rapporti di
sudditanza nei confronti del capo per avere la causa che ti permette di pubblicare la tua sentenza sulle riviste
specializzate.L’indipendenza del giudice è rivolta in due direzioni. C’è l’indipendenza della magistratura nel suo
complesso verso gli altri poteri dello Stato e l’indipendenza di ogni singolo magistrato all’interno dell’Ordine.
La seconda viene spesso dimenticata.La valutazione della produttività del giudice con metodi statistici è una
cosa veramente ignobile. Io avevo un procuratore aggiunto che era un cialtrone che si vantava di aver smaltito in
un anno 330 mila procedimenti. Vi chiederete come è possibile. Semplice. Aveva una squadra di carabinieri
timbratori, provvisti di timbro di gomma con la sua firma che, a ritmi forsennati timbrava il frontespizio dei
fascicoli: “Non doversi procedere perché rimasti ignoti gli autori del reato”.Con lui c’è era un consigliere
istruttore aggiunto che aveva a sua volta una squadra di poliziotti timbratori che controtimbravano. Con questo
sistema, smaltiva 330 mila procedimenti all’anno.E’ chiaro che uno così poteva lamentarsi del fatto che il
Consiglio Superiore non lo avesse ancora nominato primo presidente della Corte di Cassazione perché era quello
che apparentemente, sulla base dei dati statistici tanto cari al ministro della Giustizia, lavorava di più.Una volta
un collega cercava una prima segnalazione di un sequestro di persona a scopo di estorsione, con il rapito ancora
nelle mani dei sequestratori, e non la trovava. Poi è saltata fuori in un fascicolo già archiviato contro ignoti. I
rapitori erano effettivamente ignoti, ma forse quella decisione era prematura, visto che il rapito era ancora nelle
mani dei rapitori.La produttività misurata con la statistica porta a questi risultati, attenzione!. Anche le sentenze
di amnistia e di prescrizione fanno numero come le altre.Allora, questo meccanismo infernale significa voler
assoggettare la magistratura a poteri gerarchici, perché il retropensiero è: “se mettiamo le mani sui capi, poi li
controlliamo tutti”.Non funziona e non funzionerà. Ma il problema è che nel frattempo sfasceranno tutto perché
ci vorranno alcuni anni per coprire qualunque ufficio. Per cui molti uffici rimarranno scoperti per tre o quattro
anni.Il problema non è che non vogliamo essere valutati periodicamente. Ci vogliono sicuramente criteri di
valutazione più rigorosi di quelli attuali. Io per esempio, sarò valutato per l’ultima volta, in base all’attuale
normativa, tra un anno e mezzo e poi non sarò più valutato per altri vent’anni.Invece bisogna essere valutati ogni
quattro anni almeno. Non esiste che uno smette di studiare e di aggiornarsi. Ma altro sono i concorsi. Che in
teoria servirebbero a selezionare i più bravi, che poi i più bravi non ci sono. Non so se avete visto recentemente
Ballarò, dove il ministro della Giustizia ha detto una frase infelice. “Ma perché, se c’è un magistrato ambizioso,
non dargli delle possibilità?”.Ma perché l’ambizione è un difetto per un magistrato, ecco perchè! Veniamo a
principi più generali. La pena, si dice, dovrebbe tendere alla rieducazione del condannato. E’ vero. Quando ero
bambino ho imparato in un episodio la funzione rieducativa della pena e la distinzione tra dolo e colpa.Giocavo
con i sassi, ho rotto un vetro e mi è arrivato un ceffone, accompagnato dalla frase “Così impari” (funzione
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rieducativa). Alla mia protesta: “Non l’ho fatto apposta”, me ne è arrivato un altro, con la battuta “Ci
mancherebbe!” ( distinzione tra il dolo e la colpa).Detto questo vorrei sottolineare che la funzione riparativa
della giustizia funziona per riconciliare il colpevole con la sua vittima sempre che il colpevole sia disposto ad
ammettere la sua colpa. Vi ricordate cosa disse in chiesa la vedova di uno degli uomini della scorta di Giovanni
Falcone? “Sono disposta a perdonarvi ma dovete mettervi in ginocchio a chiedere perdono, non continuare ad
uccidere”.Questo è il punto. O per dirla come l’ha detta una volta Moni Ovadia, il perdono è una cosa privata tra
la vittima e l’offensore e inoltre, il perdono prima che sia stata fatta giustizia qualche volta è complicità.Allora, è
vero che dobbiamo cercare di introdurre il più possibile forme di riparazione al posto di forme di vendetta. Ma
attenzione, per certe questioni e non per altre. Non per esempio per i crimini dei colletti bianchi che fanno dei
veri conti economici. Calcolano quanto e se conviene loro violare la legge.Allora, avere l’idea che dopo che ne
hai fatte più di Bertoldo puoi riparare il danno di quella volta su dieci in cui ti hanno beccato, significa invitarli a
continuare a fare così.Una volta un uomo politico di cui non faccio il nome perché ha anche lui diritto all’oblio,
condannato per vari reati contro la pubblica amministrazione, ha partecipato una volta a un dibattito a
Telelombardia (si tratta di Gianni de Michelisn.d.r.) con il giornalista Marco Travaglio, disse a proposito di
Tangentopoli che bisognerebbe fare come in Sudafrica dove hanno costituito una commissione per la
riconciliazione dopo la fine dell’apartheid. Travaglio replicò: “Scusi, ma in Sudafrica c’erano i bianchi che
ammazzavano i neri, i neri che ammazzavano i bianchi, i bantù che ammazzavano gli zulu eccetera. Qui
c’eravate voi che rubavate e io che venivo derubato. E’ un po’ diverso”. Si può scegliere quale forma di giustizia
attuare se riparativa o retributiva, ma prima bisogna accertare se qualcuno ha fatto qualcosa e cosa. E invece noi
abbiamo messo su un meccanismo processuale infernale che rende sempre più difficile accertare le
responsabilità. Nell’attesa di decidere quale modello di giustizia sostanziale applicare se non restituiamo agli
apparati giudiziari, innanzi tutto efficienza e efficacia, torniamo all’anarchia totale.La giustizia dello stato
moderno nasce come fine dell’anarchia feudale. Il re decide che vanno messe via le spade, non c saranno più
vendette, d’ora in poi sarà il re a punire i torti. Ma se il re smette di punire i torti, la gente torna a metter mano
alle spade. Questo è il rischio più grave al quale si va incontro disarmando la giustizia. Allora torniamo
all’importanza del numero delle navi.A nessuno piace usare la forza ma bisogna mettersi in testa che il sistema
giudiziario non riposa sull’uso del consenso, bensì sull’uso della forza. E dunque va tutto bene, per carità, San
Francesco ha ammansito il lupo, anche se poi ci hanno spiegato che i lupi non sono poi così cattivi come ci
raccontavano da bambini. Ma nel mondo degli umani qualche lupo pericoloso c’è. Ammansirlo non è sempre
facile e qualche volta è inevitabile l’uso della forza, da contenere nei limiti essenziali, naturalmente, ma sempre
di forza si tratta.Fateci caso, la giustizia è rappresentata di solito dalla bilancia e dalla spada. La bilancia qualche
volta non c’è ma la spada c’è sempre ed è sempre sguainata. Deve saper minacciare. O colpire.
18 Cassazione: i posteggiatori abusivi vanno sempre condannati
25 OTT. 2004 Roma - I posteggiatori abusivi devono essere processati e condannati anche nel caso in cui
abbiano ricevuto dagli automobilisti solo qualche euro. Lo sottolinea la Cassazione, che giudica ''penalmente
rilevante'' il comportamento dei posteggiatori che fingono di essere autorizzati e rilasciano finte ricevute a chi
lascia la macchina in sosta negli spazi da loro abusivamente gestiti.
In particolare, la seconda sezione penale, con la sentenza 41462, ha dato ragione al procuratore generale della
Corte di Appello di Bologna che ha fatto ricorso in Cassazione contro la decisione del tribunale di Bologna che
aveva dichiarato ''non punibile per la modesta entità del fatto'' Claudio C., un posteggiatore abusivo che si era
fatto dare 5 euro da un automobilista.
Il posteggiatore era stato, in seguito, denunciato dal guidatore che si era accorto di essere stato truffato. Il
tribunale di Bologna, tuttavia, con sentenza del luglio 2003 aveva ritenuto che Claudio C. non fosse ''punibile'' in
quanto la sua truffa da 5 euro ''appariva, nel concreto, di modesta entità e tale da indurre a ritenerla fuori
dell'area del penalmente rilevante''.
La Cassazione non ha assolutamente condiviso questo punto di vista e ha giudicato fondato il reclamo della
procura bolognese. Secondo la Suprema Corte, non si può parlare di ''non offensività '' del comportamento del
posteggiatore abusivo dal momento che ''anche se di modesta entità '' la sua truffa produce pur sempre un danno
patrimoniale. Tutt'al più, dice la seconda sezione penale, al posteggiatore può essere riconosciuta la circostanza
attenuante della ''particolare tenuità del fatto'' ma, in nessun caso, si può ritenere ''non offensivo il suo
comportamento.
Inoltre, la Cassazione rileva che ''nel nostro ordinamento il principio della necessaria offensività del fatto, cui il
tribunale si é ispirato, non é ancora vigente (ma é solo oggetto di proposta di legge). Pertanto, anche per i reati di
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lieve entità si finisce davanti al giudice che non può non dichiarare ''non punibili'' situazioni che, comunque,
''corrispondono a un modello di reato''. Così la Cassazione ha annullato la dichiarazione di non punibilità del
posteggiatore e ha ordinato alla Corte di Appello di Bologna di processare nuovamente Claudio C. attenendosi ai
principi fissati con questo verdetto.
Ogm, una novità sorpassata - Chi inserisce un nuovo gene, magari batterico o umano in una pianta, non
può prevedere in quale parte del genoma di questa si inserirà, quante copie saranno integrate, se la sua
struttura sarà modificata, se interverranno altre mutazioni ecc. …La scienza contemporanea sta studiando
questi processi e comincia ora ad approntare strumenti che diminuiranno i livelli di imprevedibilità.
Di Marcello Buiatti - Forse si comincia a ragionare. Dopo anni in cui detrattori ed estimatori degli OGM si sono
scambiati accuse sanguinose discutendo ben poco della reale utilità dei prodotti non futuri ma realmente sul
mercato, il dibattito comincia a farsi più concreto, a più largo raggio. La discussione generale non verte più solo
sulle piante ma su tutte le tecnologie avanzate, nano-tecnologie incluse, come nel caso del Convegno che si terrà
a Signa e organizzato dal Consiglio dei Diritti genetici e dalla Regione Toscana. Per quanto riguarda i prodotti
alimentari, la discussione si sposta dalla “querelle” sui rischi per la salute a valutazioni di convenienza
economica dei prodotti e non della “OGMità”, per le agricolture nel nostro Paese e nel Mondo, il vero punto
critico per gli agricoltori, i distributori di prodotti alimentari, le amministrazioni Regionali, i consumatori. Ci si
chiede cioè per la prima volta se quello che è in campo ora sia veramente frutto di una scienza e una tecnologia
avanzate e di successo e se sia compatibile con la esistenza di agricolture diverse nei diversi Paesi e in
particolare con quella italiana. Leggiamo su questi argomenti l'opinione espressa in un saggio pubblicato lo
scorso Luglio in un numero tematico della rivista “Current Opinion in Plant Biology”: “L'industria
biotecnologica è emersa verso la metà degli anni 80 del Novecento e i primi prodotti sono apparsi sul mercato
dieci anni dopo. Questa industria è caratterizzata da due prodotti, piante resistenti ad insetti ed a diserbanti (mais,
soia e cotone). Negli anni 80 e 90 si è tentato di mettere a punto una serie di altri prodotti che avrebbero dovuto
presentare caratteri come resistenza a funghi patogeni, migliorata composizione dell'amido, qualità dei frutti ecc.
Si sono avuti pochi successi tecnologici e nessun successo commerciale. Molti fattori hanno limitato lo sviluppo
dei prodotti fra cui la incapacità di rispondere alle caratteristiche richieste dal mercato. Ad esempio il
miglioramento del gusto del pomodoro mediante l'aumento del contenuto in zuccheri ha portato ad una
diminuzione delle dimensioni del frutto e l'aumento della resistenza a malattie ad un accrescimento minore”.
Frasi realistiche che vengono da una fonte non sospetta di posizioni contrarie alla ingegneria genetica. Difficile
considerare di successo una tecnologia innovativa che in quasi 20 anni ci offre solo due prodotti in campo
vegetale, nessuno in campo animale ad uso alimentare, purtroppo per ora nessuna terapia genica utilizzabile in
medicina, una trentina di farmaci, ma per ora da batteri, organismi molto più facili da modificare e da mantenere
isolati degli altri. La ragione dell'insuccesso è la stessa degli esempi negativi dell'articolo, una serie di interazioni
impreviste fra il gene inserito, il patrimonio genetico ed il metabolismo del ricevente che hanno impedito di
ottenere un alto numero di prodotti “sani” e con caratteristiche appetibili. Interazioni negative non ne erano
previste nei primi anni 80, quando sono stati creati i primi OGM. L'opinione prevalente a quell'epoca era che le
caratteristiche di un organismo fossero completamente determinate dai geni, ognuno dei quali, indipendente da
tutti gli altri, per quanto se ne sapeva, era in grado di definire uno e un solo carattere. Se fosse vero un gene e
cioè un frammento di DNA, una volta conosciutane la funzione, potrebbe essere isolato e trasferito in un altro
organismo, di specie diversa, senza tema di alcun effetto “collaterale” imprevisto. Le cose nella realtà si sono
rivelate molto meno semplici , per ragioni scoperte negli ultimi dieci anni. Chi inserisce un nuovo gene, magari
batterico o umano in una pianta, non può prevedere in quale parte del genoma di questa si inserirà, quante copie
saranno integrate, se la sua struttura sarà modificata, se interverranno altre mutazioni ecc. Inoltre il gene inserito
si potrà esprimere più o meno o anche essere completamente bloccato, la proteina che produce potrà essere
modificata dall'ospite e acquisire nuove funzioni e soprattutto non è prevedibile che effetti avrà sul
funzionamento degli altri geni della pianta ospite. Questi infatti, durante la evoluzione hanno creato un equilibrio
dinamico fra di loro costituendo una rete armonica in cui una qualsiasi modificazione che venga dall'esterno si
ripercuoterà su settori più o meno ampi della rete in modo imprevedibile a priori. Ecco perché, solo due fra le
migliaia di organismi trasformati con successo hanno risposto completamente alle aspettative e si sono
mantenuti produttivi nonostante la introduzione di un gene estraneo. Fatti, questi, ben noti a chiunque lavori nel
campo, abituato a trovarsi di fronte a piante tutte diverse l'una dall'altra dopo un esperimento di ingegneria
genetica riuscito in quanto tale. La scienza contemporanea ( non quella “moderna” e sorpassata degli anni 80) sta
studiando questi processi e comincia ora ad approntare strumenti che diminuiranno i livelli di imprevedibilità.
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Questo lavoro, che studia le dinamiche e le interazioni per non modificare alla cieca i sistemi trattati, richiederà
molti investimenti e molto tempo. È per questo che le grandi imprese si stanno spostando dalla produzione di
nuovi cibi all'uso delle piante come “fabbriche” di singole molecole ad uso industriale e farmaceutico. In questo
caso i problemi di interazione con la pianta ospite non pongono soverchi problemi per il farmaco prodotto,
perché questo viene purificato e liberato da eventuali molecole non previste. A differenza dei prodotti attuali
invece, le nuove piante presentano forti rischi, per il possibile inquinamento con farmaci di altre della stessa
specie ad uso alimentare per fecondazione con polline modificato. I livelli di interazione da tenere presenti in
questo caso sono quindi quello dell'agro-ecosistema da un lato, degli esseri umani dall'altro. Non si può invece
discutere delle attuali piante OGM se non si analizza il loro effetto su una ulteriore rete di interazioni, quella
costituita dalle agricolture. E allora si nota che gli OGM sono coltivati essenzialmente in cinque Paesi (Stati
Uniti, Canada, Argentina, Brasile e Cina), che presentano tutti aziende enormi, anche grandi quanto una Regione
italiana, bassi costi di manodopera e/o fortissime sovvenzioni alla produzione ed alla esportazione, politiche
fondate sulla quantità del prodotto, tecniche spesso aggressive di penetrazione nei mercati basate sul “dumping”.
Solo in presenza di queste caratteristiche e in particolare delle sovvenzioni c'è un vantaggio nella coltivazione
degli attuali OGM. Il Sud del Mondo invece teme la distruzione dei mercati locali, delle agricolture, culture e
tradizioni collegate, che aumenterebbe il flusso di contadini poveri verso le favelas. Noi sappiamo che il misero
aumento di produzione di mais OGM non compensa le perdite di chi opera nel biologico, che non è tale con
OGM, in regime di marchi di origine e qualità. Quali le soluzioni da proporre? Innanzitutto la ricerca ed il
trasferimento rapido alla applicazione. Contemporaneamente, la diversificazione dei prodotti, il cambiamento
dei regimi brevettuali per la democratizzazione delle scelte e la autonomia dei Paesi e delle comunità, una
organizzazione più equa del mercato. E innanzitutto la eliminazione della propaganda, degli slogan, delle
manovre economiche nascoste, per far sì che il re sia finalmente nudo con i suoi difetti da eliminare, i suoi
eventuali pregi da trovare, il tutto da discutere sul piano concreto.
20 Di Pietro: raccogliamo firme per il referendum contro l’aumento del finanziamento pubblico ai partiti
del 05.10.2004 - “Francamente questa storia del continuo inciucio tra la destra e la sinistra per aumentare il
finanziamento pubblico ai partiti è disgustosa, specie in un momento in cui le famiglie italiane devono fare i
conti per poter fare la spesa, con le tasche sempre più vuote”, così Antonio Di Pietro, presidente dell’Italia dei
Valori risponde alla prospettiva di un aumento del finanziamento pubblico dei partiti. “Voglio proprio vedere –
continua il leader di IDV – quando avremo raccolto le firme per il Referendum, chi avrà ancora il coraggio di
non dire No a questa scandalosa proposta”.
21 Il mistero della spada scomparsa…
Dopo le curiosità emerse dall'esumazione, lo scorso giugno, dei corpi di Cosimo I de'Medici e di sua moglie
Eleonora di Toledo, l'equipe di medici guidata dalla Dr.ssa Donatella Lippi ha rese note le prime indiscrezioni
sull'esumazione del corpo dell'ultimo granduca mediceo: Gian Gastone. Da un primo esame della sepoltura, salta
agli occhi la presunta sparizione della spada del granduca. Quest'ultima, citata tra gli oggetti componenti il
corredo funebre in un documento del 1737, non veniva in effetti elencata in un documento del 1888 che faceva il
resoconto di una prima esumazione del corpo. La spada potrebbe essere stata trafugata allora, ma non si
spiegherebbe la presenza della corona e dello scettro granducale, di due medaglioni d'oro e di una croce
raffigurante il Cristo, posta sul petto del granduca. Perché sottrarre solo la spada e non tutti questi oggetti, di
indubbio pregio e valore? Le risposte arriveranno nelle prossime settimane, quando potranno essere approfonditi
gli esami. Intanto gli studiosi hanno lamentato un pessimo stato di conservazione della salma, cosa che renderà
le indagini più lunghe e faticose. Pare infatti che la tomba di Giangastone, essendo rivestita in piombo, abbia
trattenuto parte delle acque e della melma che la investirono durante l'alluvione del 1966. La ricerca del sepolcro
di Gian Gastone ha portato tuttavia ad un'altra affascinante scoperta: un nuovo ambiente, forse addirittura più di
uno, sotto le cappelle medicee. Qui, oltre al Sepolcro di Gian Gastone, sono state rinvenute le sepolture di otto o
nove bambini, ad alcuni dei quali è già stato possibile dare un nome, o quanto meno una collocazione temporale.
Tra questi la figlia di Cosimo I, Bia: la splendida bambina del celebre ritratto del Bronzino. Ma la ricerca è
appena iniziata e certamente riserverà nuove e affascinanti scoperte…
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Il condono per i ladri d'arte: ottime notizie per tombaroli, depredatori e trafficanti di antichità, collezionisti
finti e mercanti disonesti - Tutto si può dire ma non che il governo Berlusconi non abbia una certa
coerenza!
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Da La Repubblica del 8.11.2004 di Salvatore Settis. - Un emendamento alla Finanziaria per far emergerei beni
archeologici: basta pagare il 5% del loro valore.
Ottime notizie per tombaroli, depredatori e trafficanti di antichità, collezionisti finti e mercanti disonesti: la
Finanziaria 2005 ha in serbo per loro un regalo che nemmeno i più cinici osavano sperare. Secondo un
emendamento in discussione in questi giorni al Parlamento, il Codice dei Beni Culturali viene integrato come
segue: "I privati possessori o detentori a qualsiasi titolo di beni mobili di interesse archeologico non denunciati
né consegnati a norma delle disposizioni del Codice, ne acquisiscono la proprietà mediante pagamento del 5%
del valore", purché vi sia "una dichiarazione dell'interessato attestante il possesso o la detenzione in buona fede".
In altri termini: basta che chi ha occultato beni archeologici anziché denunziarli o consegnarli secondo la legge
dichiari che lo ha fatto "in buona fede", e il reato che ha commesso si trasforma in merito: si tiene il maltolto,
pagando - sinistra beffa - il 5% del suo valore. E chi determina il valore? La soprintendenza competente,
ovviamente; ma nel caso essa non si esprima in tempo, "la richiesta si intende accolta": l'orrido principio del
silenzio-assenso, che già si era insediato nel Codice (ma almeno in modo temporaneo) per un diktat di Tremonti
diventa in tal modo, come era troppo facile profetizzare, un grimaldello per radere al suolo ogni principio di
tutela.
Non è tutto qui: in deroga (anzi in barba) a qualsiasi altra disposizione, i beni archeologici ormai privatizzati
"possono essere oggetto di attività contrattuale a titolo gratuito o oneroso e la loro circolazione è libera". Anzi, a
scanso di equivoci, chiunque ne presenti istanza è ipso facto non più punibile non solo per i reati previsti dal
Codice dei beni culturali, ma nemmeno per i reati di cui agli articoli 648 e 712 del Codice Penale
(rispettivamente: "Ricettazione" e "Acquisto di cose di sospetta provenienza"). Ricettare antichità, acquistarle e
rivenderle anche se di sospetta provenienza (purché "in buona fede") diventa una virtù.
Questa vergognosa proposta è stata presentata dai deputati Carlucci, Orsini, Santulli, Licastro Scardino (tutti di
Forza Italia) e, in un'altra variante senza modifiche sostanziali, da altri due deputati dello stesso partito,
Gianfranco Conte e Marinello. Continua dunque, e fu facile profezia, l'opera di smantellamento della tutela e del
Codice Urbani approvato pochi mesi fa. La legge-delega sull'ambiente fa a pezzetti l'art. 181 del Codice,
regalando sanatorie indiscriminate a chiunque abbia deturpato il paesaggio in aree vincolate.
Il nuovo emendamento sui beni archeologici ha una portata ancor più vasta: non si tratta infatti di una sanatoria
di situazioni pregresse (o che possono passare per tali), bensì di una "licenza di uccidere" il patrimonio
archeologico ora e sempre, senza alcun limite e alcun discrimine se non la dichiarazione che tombaroli e
ricettatori operano "in buona fede". E come negarlo, se i loro complici siedono in Parlamento?
Ma all'impudicizia non c'è fine. L'on. Conte ha dichiarato alla Camera (2 novembre) che la sua proposta ha il
nobile fine di favorire "l'emersione dei beni archeologici in mano privata". Non dunque di legittimare traffici
illeciti e ricettazione si tratta, bensì di far "emergere" gli oggetti di scavo: "emergere", cioè sommergere senza
speranza nelle mani di chi li ha illecitamente scavati, trafficati, acquistati e può ormai impunemente continuare a
farlo.
Nella discussione alla V Commissione, un'opposizione tanto flebile da somigliare a un applauso è venuta dall'on.
Maurandi (Ds), a cui la proposta non piace perché "non raggiungerebbe l'obiettivo che il presentatore si
prefigge"; mentre l'on. Boccia (Margherita) ha parlato di "un vero e proprio colpo di spugna", e il sottosegretario
all'Economia Vegas ha usato un linguaggio non meno duro ("una sanatoria per i tombaroli").
Ma entrambe le definizioni sono molto al di sotto della realtà: questa norma intende essere (e sarà, se approvata)
un invito a un generalizzato do-it-yourself dello scavo archeologico, gratificato dall'assoluta certezza non solo di
non compiere alcun reato, ma anzi di acquistare la proprietà dei rinvenimenti, e di poterli liberamente
commerciare previo pagamento di un modestissimo obolo allo Stato.
In tal modo, il principio plurisecolare che ha regolato la tutela in Italia - la proprietà statale dei reperti
archeologici comunque rinvenuti - viene cancellato con un blitz brutale. Si apre su tutto il territorio nazionale
una gigantesca caccia al tesoro, si beffeggiano i Carabinieri del benemerito Nucleo per la tutela del patrimonio
artistico, impegnatissimi nel recupero dei beni archeologici trafugati (resteranno ora senza lavoro?), si
vanificano tutte le azioni in corso (anche della magistratura) per il recupero del patrimonio archeologico
illegalmente acquisito da collezioni e musei stranieri.
Questa norma non solo viola la Costituzione, ma la offende. Essa rivela che cosa è il "Codice Urbani" per una
parte almeno della maggioranza di governo che lo ha approvato: uno specchietto per le allodole, che ha
consentito di concentrare il fuoco sul ministro Urbani al momento della discussione, diffondendo tuttavia la falsa
impressione che con l'approvazione del Codice "i giochi sono fatti".
E' vero il contrario: per una qualche lobby il Codice è già in corso di smantellamento sul fronte dell'ambiente e
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dei beni archeologici. Il resto fatalmente arriverà, se mancheranno reazioni adeguate nel Parlamento e nel Paese,
e il Codice sarà presto carta straccia. A poco serviranno i ponderosi commentari che stanno già arrivando in
libreria.
Questa, è bene sottolinearlo, non è una battaglia né di destra né di sinistra, è una battaglia di civiltà. Le tiepide
proteste delle opposizioni contro una norma tanto spudorata non sono meno preoccupanti della norma stessa.
Perché il partito trasversale dei nemici della tutela venga sconfitto, occorre un'alleanza delle buone volontà, degli
onesti, di coloro (e ce ne sono in ogni parte politica) a cui ripugna la connivenza con ricettatori e trafficanti. Ma
occorre anche informazione e consapevolezza dei cittadini.
Faremo in tempo ad arrestare questo cinico, irresponsabile invito allo scempio del nostro patrimonio
archeologico?
23 L´offensiva religiosa nel laico Occidente
Da La Repubblica del 8.11.2004 Stefano Rodotà - Religione e natura come rifugio da un mondo senza cuore,
come unica via per fondare certezze e recuperare identità perdute. Questo orientamento si diffonde, definisce
posizioni politiche e vuole ispirare la legislazione. Sta nascendo uno scontro di civiltà all´interno dello stesso
Occidente? Se si apre un grande libro, quello dedicato nel 1935 da Paul Hazard alla "crisi della coscienza
europea" tra Seicento e Settecento, si coglierà senza fatica (se non quella della lettura) il modo ricco e
multiforme con il quale l´Europa tutta riprese la sua "recherche éternelle", senza lasciarsi impaurire dal mondo,
senza richiudersi in antiche certezze, cosciente che il solo appello alla Cristianità non poteva offrirle, come altre
volte, la via d´uscita dalla crisi. "Che cos´è l´Europa?" ? si domanda alla fine Hazard. E dà una risposta che, oggi
più che ieri, merita considerazione: "Un pensiero che mai si accontenta". Non a caso aveva ricordato le istruzioni
che uno scrittore secentesco, Trotti de la Chétardie, dava al "giovin signore": "Se siete curioso, viaggiate".
Conoscenza degli altri, apertura continua degli orizzonti, come condizione della stessa sopravvivenza politica,
culturale, morale. Su questa radice storica si fonda la sua ineliminabile laicità, alla quale ci richiamava ieri
Eugenio Scalfari. L´Europa sta di nuovo cercando se stessa, e manifesta l´intenzione di misurarsi con un "nuovo
ordine delle cose" che gli schemi del passato non riescono più a contenere. Non può giovarle la pigrizia
intellettuale, se vuole uscire dalla nuova crisi che la sua coscienza sta attraversando. Sì che, piaccia o no,
l´ambizione di scrivere una Costituzione in tempi così incerti è un atto di coraggio, o almeno il segno di una
consapevolezza. Più che un punto di partenza, il Trattato costituzionale è una sfida a se stessa di una Europa che
non può pensarsi fuori del suo futuro. Ma può un´Europa senz´anima e senza identità, senza valori forti,
cimentarsi con questa sfida? Questa critica, tutta ideologica, non regge ad una prova dei fatti che proprio la
lettura del Trattato costituzionale irrobustisce.Era molto più povera di valori l´Europa di ieri, quella dei trattati di
Maastricht, Amsterdam, Nizza, che non riconosceva tra i proprio principi l´eguaglianza e la solidarietà, oggi
affermati già nel Preambolo della Costituzione e nella Carta dei diritti fondamentali. Qui viene recuperato un
aspetto essenziale dell´identità europea, nel quale si congiungono diritti individuali e legami sociali, qui si coglie
il passaggio dall´Europa dei mercati a quella dei diritti, così smentendo anche il pregiudizio di chi si ostina a dire
che la nuova Europa sarebbe segnata da una definitiva caduta nel liberismo. L´idea europea dei diritti, per la
convivenza tra individualismo e solidarietà che esprime, costituisce ancor oggi il vaccino più forte contro ogni
specie di fondamentalismo. Ancor meno sostenibile è la tesi che descrive una costituzione insensibile ai valori
della persona. E´ vero l´esatto contrario. Non v´è testo costituzionale che affermi con tanta nettezza "il ruolo
centrale della persona", posta dall´Unione "al centro della sua azione", riconosciuta nella sua inviolabile dignità.
Giunge così a compimento una vera "costituzionalizzazione della persona", tutelata anche contro i nuovi rischi
dell´innovazione scientifica e tecnologica dai primi articoli della Carta. Tutto questo vale poco o nulla solo
perché non si è voluto dare rilievo esplicito alle "radici cristiane" dell´Europa? Ma questo sarebbe un peccato
che accomuna gli autori della Costituzione e della Carta dei diritti ai grandi padri dell´Europa, i cattolici De
Gasperi e Adenauer tra gli altri, che, quando nel 1950 si scrisse il Preambolo della Convenzione europea dei
diritti dell´uomo, fecero con sobrietà riferimento solo al "patrimonio comune d´ideali e tradizioni politiche". La
stessa consapevolezza che aveva indotto il cattolico Giorgio La Pira, nell´Assemblea costituente, a non insistere
su un suo emendamento, che avrebbe voluto premettere al testo costituzionale del 1948 la formula "In nome di
Dio il popolo italiano si dà la presente Costituzione". Proviamo a considerare due delle conseguenze che avrebbe
prodotto un esplicito riferimento alle radici cristiane. Poiché in molti paesi il Trattato sarà sottoposto a
referendum popolare, non v´è dubbio che anche questo aspetto sarebbe divenuto argomento di polemica.
Qualche anno fa, Oscar Luigi Scalfaro giudicò un atto di "enorme saggezza" l´aver evitato che su questo tema vi
fossero divisioni quando si scrisse la nostra Costituzione. Non si può "far votare su Dio", aggiunse.
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La costituzione europea non è indifferente alle "eredità religiose", ricordate fin dal Preambolo. Stabilisce,
anzi, la necessità di "un dialogo aperto, trasparente e regolare" con le chiese.
Ha voluto saggiamente evitare che il fattore religioso tornasse ad essere elemento di un conflitto: in questo è, in
modo lungimirante, laica.
Se, poi, le radici cristiane fossero state elevate a principio costitutivo dell´identità europea, questo avrebbe
imposto una ricostruzione dell´intero sistema costituzionale europeo anche in questa chiave.
Avrebbe così ricevuto legittimazione l´atteggiamento della Chiesa che sottolinea con forza crescente il dovere
dei parlamentari cattolici di subordinare i loro comportamenti alle direttive della dottrina.
Da obbligo di fede per alcuni questo sarebbe divenuto, per tutti, obbligo istituzionale.
Ogni decisione ritenuta in contrasto con la radice cristiana dell´Unione sarebbe stata sospetta di illegittimità.
Oggi si enfatizzano i timori del relativismo, di un´Europa non ancorata a valori forti e perciò indebolita nella
competizione tra culture e disarmata davanti alla potenza della tecnica, per invocare la religione come elemento
costitutivo dell´identità e vedere nella natura l´unico baluardo contro la "manipolazione" dell´umano.
Ma l´imposizione autoritaria di valori non condivisi diviene sempre un pericoloso moltiplicatore di
conflitti.
La verità è che si stanno confrontando due idee di Europa e della sua costruzione. In una si esprime insicurezza,
fragilità e, spaventati, non ci si rifà alla storia, ma ci si aggrappa al passato, ritrovando nella tradizione religiosa
l´unico fondamento. Nell´altra, storia e futuro si congiungono e si apprestano strumenti "prospettici". Una
costituzione è lo strumento laico di produzione di valori forti e condivisi, adeguati ai tempi che vivremo. Più che
pensare in termini di "identità", dobbiamo pensare alla "sfera pubblica europea", la cui nascita era stata
annunciata da Juergen Habermas nei giorni in cui l´Europa era attraversata dalle manifestazioni contro la guerra
all´Iraq, e che oggi si materializza nelle stesse accese polemiche sul Trattato costituzionale e sulle scelte del
Parlamento europeo.
Sfera pubblica europea vuol dire creazione di un comune spazio pubblico di confronto, dove le diversità che
ancora segnano profondamente l´Europa possano riconoscersi reciprocamente, rendendo possibile il rafforzarsi
dei valori già individuati dal Trattato costituzionale, tutt´altro che deboli, e la progressiva adozione di politiche
comuni. Ma sembra che la discussione, la regola laica del libero confronto, spaventino. Così, prigionieri dei
timori, anche giustificati, destati dall´innovazione scientifica e tecnologica, si propone una sorta di alleanza tra
natura e religione, identificata quest´ultima come presidio di leggi naturali che la volontà di potenza dell´uomo
mai dovrebbe violare. E´ una posizione debole sotto il profilo culturale, destinata ad accrescere il rischio di
"scontri tra assoluti", e quindi socialmente dirompente e politicamente perdente. La vicenda della legge italiana
sulla procreazione medicalmente assistita è istruttiva. E´ il caso di una legislazione ideologica, che pretendeva
anche di imporre un modello imitativo della natura, e che non ha retto alla prova della realtà. Non è stata solo
contestata politicamente. Si è rivelata per molti versi inapplicabile e, attraverso il "turismo procreativo", è stata
subito delegittimata. La propensione a ricorrere alle tecniche proibizioniste si rafforza quando l´innovazione
scientifica fa nascere il timore di una "manipolazione" della natura umana. Si propone così di imporre in ogni
caso il rispetto della "lotteria genetica", di garantire che sia soltanto il caso a governare l´intero processo
procreativo, di riconoscere come diritto fondamentale quello ad "ereditare un patrimonio genetico non
manipolato". Ma, invocando questo diritto, e in nome della lotteria genetica, si dovrebbe vietare una terapia
genica che elimini il rischio di trasmissione da madre a figlia della propensione a sviluppare il cancro al seno?
La più severa legge in materia, quella tedesca sulla tutela degli embrioni, ammette la scelta del sesso per evitare
la nascita di bambini con determinate malattie genetiche, con un effetto di rassicurazione che riduce il ricorso
all´aborto. Le forzature ideologiche e le impostazioni astratte non facilitano l´analisi della realtà e la stessa
previsione di limiti, dove si rivelano necessari, perché siamo di fronte ad innovazioni che incidono
sull´antropologia profonda del genere umano. Anche qui, però, non teniamo gli occhi rivolti al passato.
Rendiamoci conto, ad esempio, che imporre il rispetto del "caso", là dove è stato cancellato dalla scienza, non
significa ricostituire "lo stato di natura", bensì disciplinare in modo socialmente nuovo la libertà e le relazioni tra
le persone. Vi è una curiosa versione della fine della storia in questo disperato bisogno di approdo definitivo sui
lidi della religione e della natura. Ma non si può cancellare la relazione tra natura e storia, tra natura e cultura.
Né l´Europa nuova, né un mondo più umano, possono nascere da una regressione culturale.
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Rocco Buttiglione ne è sicuro: «Nascerà un nuovo movimento cristiano». Rumi e Acli contrari
all'iniziativa Buttiglione-Ferrara, Lega e Cl favorevoli - L’utilizzazione della religione da parte dei laici sa
di strumentale.
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Da Il Corriere della Sera del 8.11.2004 - Roma - Rocco Buttiglione ne è sicuro: «Nascerà un nuovo movimento
cristiano». Il laico Giuliano Ferrara applaude all’idea e va a sostenerla. Al convegno di Liberal Ferdinando
Adornato parla di «teocon». E il mondo cattolico che cosa ne pensa? È d’accordo a cavalcare i valori di cui si
parla, in primo luogo la famiglia, per cercare di incidere nella società, magari di fare politica in questa direzione?
I CATTOLICISSIMI DELLA CDL - A mobilitarsi subito è tutta l’area ciellina, che ha organizzato l’incontro
con Buttiglione e Ferrara e che comprende la Compagnia delle Opere. Ma si schierano anche le anime della Casa
delle Libertà che fanno del cristianesimo una bandiera. Dentro An è da sempre il «cattolicissimo» Riccardo
Pedrizzi ad interpretarla. Non perché gli altri esponenti del partito siano disinteressati all’argomento, ma perché
lui ne fa una questione di identità: «Ben venga l’iniziativa di Ferrara e Buttiglione. Basta, è giunta l’ora di fare
una scelta di campo, di schierarsi a difesa della libertà di esistere dei cristiani, del loro diritto di partecipare a
pieno titolo alla vita pubblica e al confronto delle idee». In altre parole: «Occorre battersi contro la
discriminazione, il conformismo intrinsecamente illiberale e antidemocratico». E l’udc Maurizio Eufemi,
applaudendo ai «teocon», se la prende con i cristiani del centrosinistra «che hanno espresso solo pavidi silenzi
sul caso Buttiglione». Non distanti sono le posizioni dei cattolici leghisti. Ma servirà anche per vincere le
prossime politiche sulla falsa riga della campagna bushiana spesa in gran parte sull’affermazione dei valori? Il
cattolico, ex direttore della Padania , Giuseppe Baiocchi, era presente nella sala milanese dove Buttiglione ha
parlato di se stesso come della «strega da bruciare». Ed è d’accordo. Ma con qualche distinguo: «Se si vuole
seguire Bush non si deve ignorare la dimensione territoriale: in America esistono gli Stati e quindi le politiche
concrete che si portano avanti in Texas come in Arizona». Cioè, attenzione a non essere astratti.
IL CRISTIANESIMO DI BUSH - Se si parla con lo storico cattolico Giorgio Rumi il discorso si fa più
complesso. Il professore, che già aveva definito «grave» la battaglia europea contro Buttiglione, guarda con
interesse alle iniziative culturali che potrebbero partire dal nuovo movimento. Ma «che questo porti a
significativi spostamenti nell’opinione pubblica o a qualcosa di politico direi proprio di no». Certo, ammette
Rumi, «meglio parlare di valori che di poltrone e non c’è niente di male ad essere conservatori, ma che c’entra
con la religione?». E attenzione a rincorrere Bush: «È un tipo di cristianesimo e di protestantesimo molto diverso
da quello esistente in Europa». Anche Luigi Bobba, presidente delle Acli, ricorda che «non siamo negli Usa».
Ma sottolinea che si è parlato quest’anno dell’«estate dei cattolici» per le mille iniziative sviluppate da
associazioni e movimenti cristiani: «Si tratta di uno spazio da non perdere. Ben vengano quindi altre iniziative.
Non sogniamo però di riesumare un partito cattolico che non esiste più. Piuttosto il centrosinistra deve stare
attento a non dare troppo spazio al radicalismo individualista. Perché è vero che i cristiani non sono perseguitati
ma è altrettanto vero che esistono diverse forme di laicismo intollerante». DUBBI SUL NUOVO MOVIMENTO
- «Io ho difeso Buttiglione - ricorda il cardinale Ersilio Tonini - perché chi lo accusava tendeva a squalificare
certi valori morali del cristianesimo. Ma di fronte alla creazione di nuovi movimenti non mi sento di esprimere
giudizi: si tratta di iniziative private. Li chiamano "teocon". Mi domando però: perché creare per forza nuove
sigle, inventarsi nuove formule? Se poi si pensa a mettere su un partito cattolico il discorso diventa irreale». Ed è
proprio sulle caratteristiche di partito-movimento che si indirizzano i dubbi del cattolico, segretario della Cisl,
Savino Pezzotta: «L’utilizzazione della religione da parte dei laici sa di strumentale. Occorre inoltre ricordare
che i cattolici in Italia hanno creato in passato un partito perché sono stati costretti per motivi storici e ormai da
tempo hanno ripreso a percorrere sentieri diversi anche se non contrapposti. Il loro primo problema, dal punto di
vista della fede, è come essere Chiesa e non come costruire un movimento in chiave politica».
25 Il Corriere della Sera rompe l'omertà sulla secolare truffa del signoraggio
12 ottobre 2004 - Un articolo storico. Per la prima volta dopo 310 anni la stampa mainstream tratta di
"signoraggio" in termini critici evitando di citare a memoria le insulse litanie dei manuali di economia. La verità
sta venendo fuori, finalmente. di Ivo Caizzi (Corriere della sera - CorrierEconomia - pag. 8 - 11/10/2004)
SIGNORAGGIO
E' trapelato che l'ex ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, in una conversazione informale a Milano, avrebbe
mostrato scetticismo verso l'ipotesi che la sua proposta di stampare la banconota da un euro non sia decollata in
Europa anche a causa delle conseguenze sugli enormi interessi collegati al "signoraggio" per l'emissione del
denaro.
A Bruxelles il direttore generale per gli Affari monetari della Commissione, il tedesco Klaus Reding, ha detto al
Corriere della Sera di non vedere alcun problema di "signoraggio" nel sistema dell'euro "perchè tutto è regolato
dal Trattato di Maastricht". Ma nell' Europarlamento si stanno iniziando a valutare segnalazioni critiche e
richieste di maggiore trasparenza su questo meccanismo finanziario, che consente alla Banca centrale europea di
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Miscellanea, sanità e non solo
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Francoforte (Bce), alle banche centrali e ai governi nazionali di incamerare somme ingenti imponendo di fatto ai
cittadini il pagamento di un prezzo per l'utilizzazione della moneta.
La definizione di "signoraggio" anticamente indicava il guadagno del "signore" che aveva il potere di far
accettare come mezzo di pagamento una moneta con un valore nominale superiore al contenuto aureo (contando
sulla capacità di convinzione delle sue milizie armate). Oggi con questo termine si intende la percentuale
garantita a chi emette denaro in relazione alla differenza tra il costo di realizzazione di una banconota o di una
moneta metallica e l'importo nominale assegnatogli. Il "signoraggio" per la stampa dell'euro su carta è attribuito
alla Bce di Jean-Claude Trichet e alle banche centrali dei Paesi della zona euro, mentre per le monete metalliche
spetta ai ministeri del Tesoro nazionali. Pertanto, se fosse introdotta la banconota da un euro, i governi
perderebbero una parte degli attuali guadagni da "signoraggio" e aumenterebbero quelli degli istituti di
emissione, che nel caso della Banca d'Italia possono finire anche ai suoi soci privati.
http://sebastianoscrofina.blogspot.com/2004/10/storico-il-corriere-della-sera-rompe.html
Tutti gli antidolorifici gratuiti entro un mese; in Toscana lo sono da più di un anno come i servizi di cure
palliative, fra i primi attivati in Italia.
La Toscana aveva ragione: ora anche a livello nazionale si accorgono dell’incongruenza dell’esclusione dei
famaci antidolore dalla fascia A, farmaci che in Toscana sono a carico del Servizio pubblico da più di un anno.
Tutti gli antidolorifici gratuiti entro un mese. Lo ha annunciato il ministro della Salute, Girolamo Sirchia,
durante un incontro per la ''Quinta Giornata nazionale contro la sofferenza inutile"
''Entro il prossimo mese tutti i farmaci anti-dolore diventeranno gratuiti. Saranno infatti ammessi in fascia A,
completamente rimborsati, anche i composti e le associazioni di composti oggi in fascia C, totalmente a carico
del cittadino''. Il Ministro ha anche annunciato iniziative di Ecm a distanza, ''via Internet'', in tema di cure
palliative dedicate ai medici di famiglia. E il preside della Facoltà di Medicina dell'Università degli Studi di
Milano, Guido Coggi, ha annunciato la nascita, in Statale, della ''prima Cattedra di cure palliative''.
''Finora - ha ricordato Sirchia - il settore delle cure palliative é stato penalizzato perché 'figlio di nessuno':
abbracciando più competenze, infatti, vagolava tra varie discipline (oncologia, neurologia, cardiologia e
infettivologia) e non si sapeva bene come regolarlo. Ora invece abbiamo fatto un passo in avanti. Anche se sul
piano scientifico non é del tutto corretto, perché questi farmaci non servono solo ai malati di cancro, abbiamo
aggregato il tema della terapia anti-dolore al Piano oncologico nazionale per porre fine alle differenze di
collocazione che ci impedivano di agire concretamente''. In questo modo, ma ''anche grazie alla Finanziaria, che
prevede un consistente aumento dei fondi alla sanità - ha sottolineato il ministro - abbiamo potuto rispondere alle
istanze che ci sono state rivolte dalla Fondazione Floriani, o direttamente dai malati, e abbiamo pensato di
allargare la fascia dei farmaci anti-dolore rimborsati''.
26
27 Colesterolo: erba cinese alternativa 'verde' alle statine
Pechino, 8 nov. (Adnkronos Salute) - Dalla Cina un'alternativa 'verde' alle statine contro il colesterolo alto.
L'estratto dell'erba cinese 'huang lian' (Coptis chinensis) contiene infatti l'alcaloide berberina, che si é dimostrato
efficace e ben tollerato nel ridurre i livelli di grassi nel sangue in pazienti con iperlipidemia. Nello studio cinesestatunitense, pubblicato su 'Nature', la berberina é stata esaminata anche in provetta e nei criceti. I dati raccolti
dimostrano che la sostanza riduce i livelli di colesterolo grazie a un meccanismo diverso da quello osservato con
le statine. L'autore Jian-Dong Jiang, della Chinese Academy of Medical Sciences di Pechino, suggerisce quindi
che la berberina potrebbe essere usata, da sola o in combinazione con le statine, per combattere l'eccesso di
colesterolo e di trigliceridi.
In collaborazione con la Mount Sinai School of Medicine di New York e l'Health Care System di Palo Alto,
sono stati seguiti 60 pazienti affetti da iperlipidemia, 32 trattati con 0,5 grammi di berberina due volte al giorno e
28 con placebo. Le analisi hanno rivelato che, dopo tre mesi, le condizioni dei pazienti controllo erano rimaste
stabili o erano peggiorate. Invece, nei pazienti che avevano assunto la berberina le concentrazioni ematiche di
colesterolo erano diminuite del 29% e quelle dei trigliceridi del 35%. In una seconda parte dello studio i
ricercatori hanno somministrato la berberina a criceti e hanno osservato che la riduzione dei livelli di colesterolo
si associava a un aumento del recettore per questo grasso nelle cellule epatiche. Gli autori suppongono dunque
che la berberina agisca aumentando la capacità del fegato di 'catturare' e metabolizzare il colesterolo. Ulteriori
osservazioni su cellule epatiche umane in provetta hanno inoltre indicato che la berberina aumenta l'attività del
gene per il recettore del colesterolo e, di conseguenza, ne facilita l'assorbimento. (Red-Pac/Adnkronos Salute)
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Miscellanea, sanità e non solo
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Fazio a casa e Bankitalia in bancarotta. E' possibile. - La Banca d’Italia è infatti una società privata, una
spa, che ha per soci solo delle società private, banche ed assicurazioni, a parte l’Inps, l’Istituto Nazionale
della Previdenza Sociale.
3 Novembre 2004 - Signoraggio: una truffa colossale nata e cresciuta grazie ad una giungla di ignoranza
sistematica, censura accademica, disinformazione professionale, vuoti legislativi e cervelli sottovuoto. Dal 1694
fino alla pseudo costituzione europea passando per il Trattato di Maastricht tutto sembra regolato, in ordine, e la
truffa continua.
Ma il meccanismo di emissione della moneta - delegato alla Banca Centrale Europea - e di riscuoterne il
signoraggio (in termini tecnici “servizio di tesoreria dello Stato”) si sta inceppando. Il che può mettere nei guai
in particolare la Banca d’Italia e il suo attuale governatore, l’uomo delle banche, Antonio Fazio.
La Banca d’Italia è infatti una società privata, una spa, che ha per soci solo delle società private, banche ed
assicurazioni, a parte l’Inps, l’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale.
Tre banche da sole “controllano” la Banca d’Italia: Gruppo Intesa 27,2 %, Gruppo San Paolo 17,23, Gruppo
Capitalia 11,15. Il resto è preda del Gruppo Unicredito 10,97, Assicurazioni Generali 6,33, Inps 5,0, Banca
carige 3,96, Bnl 2,83, Montepaschi di Siena 2,5, Cassa di risparmio di Firenze 1,85, Ras 1,33, La Fondiaria 2,0,
Premafin 2,0. Il restante 5 e rotti per cento è poi nelle mani di anonimi.
In ogni caso, nei giorni scorsi ha iniziato a girare con insistenza la voce che la Banca d’Italia avrebbe le ore
contate. Infatti il potere di emettere moneta e riscuotere il signoraggio, in mano alla Banca d'Italia dal 1894, è
affidato alla SpA di via Nazionale solo fino al 31 dicembre 2010. La legge 104 del 28 marzo 1991 lo conferma.
Il conferimento della gestione del servizio, cioè il potere di battere moneta e riscotere il reddito da signoraggio, è
rinnovato ogni 5 anni, e ora siamo vicinissimi alla scadenza del rinnovo per il quinquennio 2010-2015.
Abbiamo dunque la possibilità di mandare a casa Fazio. E' venuto il momento di farsi sentire: la battaglia contro
una Banca d’Italia cassaforte di banchieri e grande finanza, iniziata anni fa dal professor Giacinto Auriti, può
essere vinta. Occorre un'azione legale contro Bankitalia SpA per ottenere il risarcimento dei proventi da
signoraggio indebitamente appropriati. Ma soprattutto occorre la mobilitazione delle energie ancora attive del
nostro popolo. http://www.rinascita.info/cogit_content/rq_economia/FazioacasaeBankitaliainban.shtml
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29 I miracoli del Cavaliere
Da Rinascita, quotidiano di liberazione nazionale – 5 Novembre 2004 - Il sottosegretario italoforzuto Giuseppe
Vegas deve aver confuso Berlusconi con qualcun altro.
Nella replica del governo a conclusione della discussione sulla Finanziaria in Aula alla Camera si è lanciato in
un ardito paragone.
"Gesù, quando vide che il cibo non bastava per tutti - ha detto Vegas - non divise in pezzetti il pane ed il pesce
per soddisfare tutti con poco, ma lo moltiplicò e lo redistribuì per soddisfare i bisogni di tutti. La riduzione
dell'imposizione fiscale è l'unico modo che consenta lo sviluppo e risponde non solo ad un principio economico,
ma anche morale. Il precedente evangelico - proprio il termine precedente ha utilizzato Vegas, sempre più
ispirato - se vogliamo, l'unico miracolo sociale, quello dei pani e dei pesci, risponde allo stesso meccanismo di
sviluppo che è il cardine di questa Finanziaria".
Tutti i neodemocristiani, di qua e di là, in giro nel Palazzo sono avvisati: Berlusconi non vuole rinverdire i fasti
della Balena Bianca, vuole proprio riscrivere tutto dalle origini, cominciando dai miracoli.
Noi, che ai miracoli non crediamo e che aspiriamo ad uno Stato laico, socialista e nazionale, consideriamo la
manovra fiscale tanto desiderata da Berlusconi solo per quello che è: uno strumento dell’economia liberista
certamente utile nel breve termine.
Utile, ovviamente, ad un’economia che si fonda sui consumi e che ha bisogno di risorse per non far fermare la
macchina produttiva.
In questa logica è persino “giusta” la teoria di Berlusconi, ovvero quella che concede più soldi ai ricchi, perché
sarebbero quelli immediatamente destinati al consumo, gli altri, invece, con i pochi soldi risparmiati
correrebbero solamente a pagare il mutuo, e questo non produce consumi, non fa crescere il pil.
Noi pensiamo che sia giusto diminuire le tasse, soprattutto da parte di uno Stato che offre sempre meno servizi
pubblici, ma questa non è una cura definitiva, è solo l’ultimo tentativo del sistema capitalista per rallentare
l’inesorabile processo di implosione già in corso.
La vera cura non può però essere praticata da nessun governo liberaldemocratico, perché passa attraverso la
socializzazione delle imprese, attraverso il controllo dello Stato di tutte le risorse e di tutte le aziende strategiche,
trasporti, energia, telecomunicazioni siderurgia, cantieristica.
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Miscellanea, sanità e non solo
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Una nazione sovrana sul piano alimentare, monetario, energetico, militare.
Può Berlusconi offrire tutto questo? Possono forse offrirlo i suoi oppositori, il partito delle tasse che ha
malamente governato prima di lui? Certamente no. Berlusconi non è “l’uomo della provvidenza” e non fa
miracoli, ma se nessuno può fare miracoli, gli italiani possono cercare di riconquistare la loro libertà, bocciando
definitivamente tutta questa classe politica asservita al potere della grande finanza.
Questo sì, sarebbe un vero miracolo italiano. - Paolo Emiliani
http://www.rinascita.info/cogit_content/rq_economia/FazioacasaeBankitaliainban.shtml
Spunta il << pedaggio ombra >> ed è bufera. - Nessun aggravio per gli automobilisti, a pagare sarà lo
Stato - Come è possibile che qualcuno giudichi i Cittadini italiani ridotti peggio di Pinocchio.
Esistono 1.500 km di strade che i Cittadini utilizzano gratuitamente, e per i quali lo Stato paga le manutenzioni.
Qualcuno inventa di trasferire la proprietà di quelle strade ad una Società di Diritto Privato alla quale
riconoscere pertanto l’autorità di farsi pagare il pedaggio, naturalmente a fronte di tariffe, cioè con esclusione in
partenza di qualsiasi concetto di liberalizzazione in quanto oggettivamente impossibile. Anche i mezzi di
comunicazione del MINCULPOP che danno notizia di questa ennesima rapina ai danni dei Cittadini, sono
costretti ad ammettere che si tratta di costi aggiuntivi che finirebbero, direttamente o indirettamente, maggiorati
dagli oneri finanziari e dal profitto dei Gestori, sul costo della vita nel Paese ( incidentalmente aggravando anche
il Turismo già in crisi ). << Non avete capito nulla: quel ticket lo paga lo Stato >> il quale già registra
sistematicamente Deficit di Bilancio, e quindi, Deficit più o meno, cosa conta ? C’è da porsi solo una domanda:
come è possibile che qualcuno giudichi i Cittadini italiani ridotti peggio di Pinocchio, e si permetta di
ridicolizzarli pubblicamente con prese di posizione come questa. Chiedo se c’è in Italia una persona che, avendo
letto questa notizia, non si renda conto che la manovra ha esclusivamente lo scopo di regalare un’attività non
liberalizzata ad amici, i quali ne ricaveranno il profitto che il Potere Pubblico deciderà di garantire loro tramite
tariffe: alla faccia del Governo "liberale ", questo modo di procedere si chiama Comunismo-non-Comunista.
E’ un’iniziativa copiata dall’Argentina di Menem/Cavallo, che moltiplicava i caselli autostradali per moltiplicare
le entrate di liquidità degli amici, naturalmente promettendone l’utilizzo in investimenti nelle infrastrutture, ma
depositando intanto i soldi nella cassaforte mondiale che li cura talmente bene che poi risulta quasi impossibile
farli uscire perchè, magari, non si trova più chi ha il potere della firma. - Piepaolo Benni www.azeuro.com
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Emilia Romagna: la Regione fa ricco il legale. Ai consulenti quattro milioni di parcelle nel 2003. Marche:
Il trasporto pubblico fa a meno delle gare ( grazie al D.L. 268/2003 collegato alla Finanziaria 2004 ) che
naturalmente è sotto giudizio della Corte di Giustizia europea.
Le notizie sono tratte dal sole 24 ore Dal più importante quotidiano economico italiano è lecito attendersi interventi un po’ più incisivi di una sparata
a livello di discussione da bar, dato che notizie prive di analisi offrono sempre lo spunto per le giustificazioni più
fantasiose. Sulle consulenze legali dell’Emilia-Romagna, la vera sorpresa è che una spesa di 4 milioni di EURO
non fosse chiaramente indicata a preventivo, il che prova una gestione economica dell’Istituzione per lo meno"
allegra", cioè inammissibile. C’è infatti da domandarsi ora, a buoi scappati per il 2003, come stia andando il
2004 in confronto alle spese che devono essere state preventivate, e che vanno rese note ai Cittadini. Per gli
autobus delle Marche ( giunta di sinistra che approfitta prontamente di uno dei tanti, soliti abusi della C.d.L. ),
c’è da domandarsi come si possa essere cosi’ sprovveduti o sfacciati: a Bologna, con un po’ più di malizia, si
scelgono mezzi inesistenti sul mercato ( il tram su gomma ! ), in modo che si possa trattare privatamente con chi
lo realizzerà senza nemmeno temere confronti con " prezzi di mercato ". Che, se poi non funzioneranno, si
potranno sempre sostituire con ulteriori spese ! Naturalmente, ignorando volontariamente che a Rimini ( non
solo a Helsinki ) è disponibile la tecnologia e il prototipo del bus motorizzato con celle a idrogeno.
Piepaolo Benni - www.azeuro.com
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Competitività, Italia dietro al Botswana. Scende al 47mo posto – Le colpe dell’attuale governo e dei
precedenti.
Sia ben chiaro che il livello di competitività intellettuale di un Paese è competenza della Società Civile, cioè
delle Imprese, e non dello Stato. Il quale Stato, pero’, deve garantire al sistema tutta una serie di condizioni di
contorno senza le quali non c’è iniziativa privata che possa competere, oggi, su scala mondiale. La responsabilità
della mancanza in Italia di queste " condizioni al contorno " va attribuita al Governi precedenti la C.d.L. eppoi
all’attuale. Colpe dei Governi precedenti sono: l’appiattimento della scuola; la mancanza di definizione del ruolo
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che il Paese può svolgere vantaggiosamente nello scenario mondiale, cioè la FILIERA DEL TURISMO; la
mancanza di investimenti in infrastrutture immateriali a partire dalla Ricerca di Base finalizzata nella FILIERA
DEL TURISMO; la mancanza di una Politica dei Trasporti e quindi di realizzazione delle relative infrastrutture
materiali; la mancanza di promozione della Giustizia come sponda affidabile nello sviluppo delle relazioni fra le
Persone Fisiche e Giuridiche; l’adozione di una Politica di Privatizzazioni a casaccio che ha sottratto risorse
preziose allo Stato. Colpe del Governo della C.d.L. sono: la promozione violenta dell’Inflazione; l’esasperazione
delle Privatizzazioni su attività non liberalizzate nè liberalizzabili che ha offerto gli " Ozi di Capua " alle imprese
maggiori sottraendole alla fatica della competizione; la compressione del mercato tramite verticalizzazione della
Società; la promozione sistematica di obiettivi di motivazione personale talmente irraggiungibili da svuotare di
significato l’impegno professionale; la censura sull’informazione; la promozione di conflittualità sociale tramite
sistematica precarizzazione di ogni possibile equilibrio, ivi compresa la Legge sull’Immigrazione; la
cancellazione di qualsiasi visione programmatica a medio e lungo termine, premiando quella finanziaria che è
tipicamente la più effimera. Questa è la situazione da cui si deve ripartire, il che comporta la presenza al timone
di persone che capiscano gli errori e conoscano il da farsi, cioè nuove. Piepaolo Benni - www.azeuro.com
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Per don Gianni Baget Bozzo Forza Italia senza forze
Di Marco Damilano da L’Espresso - E Forza Italia? Il partito azzurro, al solito, è il grande assente della crisi
autunnale. Tocca a don Gianni Baget Bozzo riassumere l'umore dei militanti. Male Gianfranco Fini agli Esteri:
"Un marasma. An è in gran parte anti-liberale". Bene Marcello Pera che sbandiera le radici cristiane: "Un
fenomeno. Berlusconi è d'accordo con lui". E per il Cavaliere un grido di dolore: "Berlusconi ha sbagliato a non
potenziare Forza Italia. Lui ha un popolo e pensa di curarlo con le azioni di governo. Ma dovrebbe avere più
attenzione e amore per la gente che si impegna per lui e che sarà fondamentale per la vittoria". Nel Polo
qualcuno dice che il tempo è scaduto e che alle prossime elezioni vincerà l'Ulivo. Lei si iscrive al partito dei
pessimisti?"L'Ulivo è la somma di Prodi più Bertinotti: l'antagonismo contro Berlusconi, una scelta contro la
libertà, la vecchia cultura contro i tempi nuovi. Pura negatività contro il cambiamento berlusconiano...".Sarà:
però ha vinto tutte le elezioni dal 2001 in poi. E potrebbe ripetersi nel 2006."Può capitare. Ma non è detta
l'ultima".Cosa farete per evitarlo?"Dopo la batosta delle suppletive, per rinvigorire il governo non basta
Berlusconi. Ci vuole il partito. Ci vuole Forza Italia".Ma la parte del leone la fanno Fini e Follini. Forza Italia
non c'è."Appunto: dovrebbe esistere di più. C'è stata una staticità che ha bloccato le energie interne. Berlusconi
ha prodotto le riforme Biagi e Moratti, ma c'è un popolo che vuole contare. C'è la proposta di Sandro Bondi di
rinnovare i coordinatori regionali: si deve andare in questa direzione".Intanto, l'unica novità è stata la nomina di
Elisabetta Gardini a portavoce."Ma la Gardini non è una riforma! Il problema di Forza Italia è la negligenza di
Berlusconi. Benigna negligenza, intendiamoci. Lui ha incorporato se stesso nel cambiamento. Ma ora dovrebbe
coltivare Forza Italia come soggetto politico. Dovrebbe capire che va ricreato un vincolo tra i parlamentari e il
territorio. I parlamentari di Forza Italia sono senza collegamenti: sono nominati direttamente da Berlusconi,
mentre sul territorio in tanti sono disposti a lavorare".Giuliano Ferrara dice che tra una verifica e un rimpasto
Berlusconi tira a campare, non punta più a guidare il paese. Il Cavaliere si è doroteizzato?"Giuliano è un critico
severo. Cambiare l'Italia richiede tempo. Il cambiamento non è una ghigliottina, non è far cadere le teste. I
dorotei erano politici puri che concepivano solo l'amministrazione del potere. Berlusconi invece è innamorato
del governo: se cambiare l'Italia con i fatti e non con le parole è un'illusione, bene, allora Berlusconi è un
illuso".Fini agli Esteri rafforzerebbe il governo? Servirebbe sicuramente a sollevare il leader di An a figura
politica maggiore. Non so se possa bastare a rafforzare Berlusconi: An è in crisi di identità, c'è una parte che non
si riconosce più nel governo. La destra sociale è anti-liberale. Sono al marasma. E il sollevamento di peso di Fini
potrebbe provocare un marasma ancora maggiore".La riduzione delle tasse sempre promessa e mai realizzata
potrebbe diventare un boomerang? La gente non ci crede più..."Quando sarà fatta la gente ci crederà. È
l'elemento fondamentale del programma di governo, è giusto che arrivi alla fine del cammino".Almeno un uomo
forte Forza Italia l'ha prodotto: Marcello Pera, paladino dell'Europa cristiana."I laici difendono la Chiesa, è una
conquista di Berlusconi. Non esiste più il ghetto cattolico e neppure quello laicista. Pera è un fenomeno
provocato dal cambio culturale del berlusconismo".Berlusconi è d'accordo con Pera?"Certo: il fatto che Pera sia
presidente del Senato lo dimostra. Anche Berlusconi è cattolico e liberale. Ed è contro il politicamente corretto
che omologa tutto".
34 Giornata sul Diritto Costituzionale per la tutela della salute
L'Associazione Giuseppe Dossetti : i Valori - Tutela e Sviluppo dei Diritti, da sempre impegnata nella
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Miscellanea, sanità e non solo
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salvaguardia della dignità e della salute dei più deboli, organizza una giornata sul Diritto Costituzionale per la
tutela della salute dal titolo "Malattie rare e valori della vita - Siamo rari .. ma tanti ".
L'incontro si terrà il 3 dicembre 2004 presso la Sala Conferenze della Camera dei Deputati.
Distinti saluti.
Presidente Sen. Ombretta Fumagalli Carulli
Segretario Claudio Giustozzi
_____________________________________
Associazione culturale Giuseppe Dossetti: i Valori
Presidente: Ombretta Fumagalli Carulli
Presidente vicario: Mario Occhipinti
Segretario nazionale: Claudio Giustozzi
Via Giulio Salvadori, 16 - 00135 Roma
tel 06 3389120 - fax 06 30603259
[email protected] - www.dossetti.it
35 Il personaggio: Padre Aldo Bergamaschi (intervista)
Dalla divisione dei cattolici in politica alla frattura fra Cristianesimo e Islam. Dalla disgregazione della famiglia
in occidente al mondo new age. Sono alcuni dei temi che il Padre Superiore del Convento dei Cappuccini di
Reggio Emilia ha sviscerato per Reggio nel Web. Intervista a Padre Aldo Bergamaschi, spietato censore dei
costumi ecclesiastici e opionionista controcorrente.
Padre, la divisione politica dei cattolici è giustificabile rispetto alla fede?
Non dovrebbero esserci divisioni se costoro fossero davvero cattolici. Sono invece figli di questa Chiesa,
dell'istituzione che gestisce la religione. Ma d'altro canto la specificità dei cristianesimo è di tenere distinto il
modello dall'attuazione storica. Gesù è venuto a chiudere con le religioni e il cristianesimo non è una religione,
ma una novità esistenziale. Gesù è venuto a dichiarare illegittimo lo Stato Nazionale, che è il primo ostacolo al
precetto evangelico "Ama il prossimo tu come te stesso". Ma di fronte alla negazione dello Stato Nazionale, la
politica cessa di esistere.
Ma allora cosa devono fare i cristiani in politica?
I cristiani sono stati in martirio per tre secoli per nell'affermare il principio di negazione dello Stato Nazionale,
ma poi purtroppo hanno ceduto alle lusinghe di Costantino. A quel punto, quando l'imperatore diventa cristiano,
se costui ti ordina di andare in guerra, ci devi andare, e se fai obiezione di coscienza, le autorità ecclesiastiche ti
condannano. Dall'istituzionalizzazione dei cristianesimo ha avuto inizio il rapporto fra Chiesa e Impero e da
allora solo San Francesco ha provato a dare un colpo di coda all'autorità ecclesiastica ed è riuscito a riconciliare
il popolo con il cristianesimo. Ma l'autorità ecclesiastica non lo ha seguito. Il punto cruciale è che se si definisce
bene che cos'è il cristianesimo, la questione politica salta. Non c'è più. Comunque i cristiani non dovevano
cedere, ma dovevano stare in martirio per altri dieci secoli, se necessario.
Secondo lei è vero che c'è in atto una demonizzazione dell'Islam da parte dei mass media?
C'è troppa ipocrisia da tutto e due le parti. Gli islamici dicono di accogliere la figura di Gesù e di tollerare il
cristianesimo, ma è tutto falso. In realtà ti chiedono l'abbattimento delle croci e delle chiese. Dall'altro lato, noi
dobbiamo concedere ufficialmente la costruzione delle moschee, ma in realtà detestiamo cordialmente gli
islamici o infatti poi andiamo dal sindaco a premere perché le moschee non si facciano. In realtà io considero
religione sia Islam, sia il cristianesimo e, in quanto religioni le considero nefaste.
Le chiese cristiane non servono a nulla?
La chiesa dovrebbe diventare fabbrica, cioè dovrebbe diventare il luogo in cui si risolve il rapporto socioeconomico fra capitale e lavoro. Nella società contemporanea, o vieni pagato per lavorare, o paghi per far
lavorare gli altri. Se fossimo davvero cristiani, dovremmo realizzare progetti lavorando in riga e non in piramide.
Non pretendo tanto, ma almeno potremmo attenerci alle indicazioni di Platone, che nelle "Leggi" parla della
tripartizione della società in oro (chi comanda), argento (chi difende) e bronzo (chi lavora) e raccomanda la
permeabilità di queste tre classi, cioè quella che comunemente chiamiamo "meritocrazia". Platone dice anche
che la distanza dei redditi non deve superare il numero quattro. Stando a questo principio, i parlamentari
dovrebbero farsi un esame di coscienza.
Sì, ma la frattura del cristianesimo e Islam come si risolve, visto che secondo lei c'è ipocrisia da ambo le parti?
Con un governo mondiale. Gli Stati Uniti hanno federato una cinquantina di stati, quindi se ne possono federare
anche duecento. Una volta formato il governo mondiale, si ridividono le etiche: i poligami con i poligami, i
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monogami con i monogami, per esempio. Solo quando si potrà scegliere l'etica, ci sarà democrazia vera. A quel
punto non ci saranno più conflitti fra le religioni, perché sia il cristianesimo, sia l'Islam vogliono aggredire e
distruggere lo Stato Nazionale.
La divisione delle etiche deve avvenire in base alle tre discriminanti: sesso, denaro e potere. Ognuno deve poter
scegliere come vivere il sesso, che tipo di economia vuole e come esercitare il potere. Un'altra questione
fondamentale è la lingua. Ci vorrebbe una sola lingua per tutto il mondo. Una volta superate le cause delle
divisioni, la questione dell'Islam non c'è più.
Le missioni della Chiesa nel Terzo Mondo servono a qualcosa?
Purtroppo se ne vede tutta la pochezza. Le missioni sono state un'azione di conquista. Prenda le missioni nel
Centro Africa: si sta tutto sbriciolando, i ribelli bombardano. Siamo andati laggiù con la mentalità di qui, ma non
con quei pensieri che io ho esposto prima. Le eccezioni esistono, ma in linea generale l'approccio è sbagliato.
Perché ci sono tante separazioni in Occidente e la famiglia sembra essersi disgregata, dispersa?
Dobbiamo risalire alla psiche dell'uomo. L'uomo e la donna sono poligami per natura. Non c'è niente da fare.
Bisogna vedere quanto il cristianesimo è riuscito a imporre il matrimonio indissolubile. Ci è riuscito solo
formalmente. Le imposizioni dall'esterno non funzionano. Invece Cristo dice che due devono sposarsi "in Dio" e
se due si sposano "in Dio" non ci sarà più bisogno di dire che il matrimonio è indissolubile. E matrimonio è solo
la forma storica che quel principio ha preso. Ma quel principio Gesù non l'ha mai imposto. Ecco perché la
famiglia è a pezzi.
Il ragazzo, secondo me, a quindici anni deve assumere una posizione critica rispetto a sesso, denaro e potere e
poter vivere queste sue convinzioni. Il ragazzo va distaccato dalla famiglia, perché solo così supera il complesso
di Edipo, come si faceva nell'antica Grecia. A quindici anni una persona è già in grado di decidere come sente di
voler vivere.
Cosa pensa del mondo New Age?
Questi movimenti sono una controfigura del Vangelo. Le religioni non hanno risolto i problemi e allora le
persone cercano altre strade. Ma finché non si sarà messo a posto il rapporto fra capitale e lavoro, le società
saranno sempre in rivolta. li rapporto fra capitale e lavoro è il vero nodo dei problemi della nostra società. E'
inutile ripetere vecchi schemi: bisogna lavorare sul piano economico. Le apparizioni della Madonna rispondono
allo stesso principio. Sono forme di ribellione all'istituzione ecclesiastica. E' un modo per pestare i piedi e dire:
"Guardate che le cose qui non funzionano". E allora a questi movimenti dico: fate ciò che volete, ma non state
risolvendo i problemi. Vedete solo il lato negativo, vedete bene cos'è che non funziona, ma non fate nulla di
concreto. Lo stesso discorso vale per i No Global. Oppure per i giovani che si sono radunati in due milioni per
andare dal Papa. Gli stessi giovani, dopo aver bivaccato, sono tornati ognuno con il suo zaino alla stessa realtà di
sempre. Senza avere cambiato nulla. Ma lei si rende conto di cosa succederebbe se due milioni di giovani si
riunissero davvero e iniziassero a vivere in modo diverso? Allora sì che succederebbe qualcosa.
Ma è così anche per il comunismo, sa?
Quando si fece la Cortina di Ferro, io pensai che di là non c'erano 250 milioni di comunisti, perché altrimenti
avrebbero cambiato il mondo. Essere comunisti significa lavorare per gli altri. Ma lei capisce che 250 milioni di
uomini al lavoro per una stessa causa avrebbero di che sfamare il mondo intero!? Invece no, perché nella realtà
la maggior parte di quella gente non era comunista. - Marco Macchi
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La sola camera dei deputati costa al cittadino 2.215 Euro al minuto. Ci sono due tipi di latrocini: quello
giuridico di chi viola il codice e quello sociale che pochi vedono e c'è anche quando le leggi sono
osservate”.
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10 Novembre 2004
Miscellanea, sanità e non solo
a cura di [email protected]
(Reggio nel Web n. 94 del 2 Novembre 2004) si riporta integralmente la predica di Padre Aldo Bergamschi di
domenica 31 ottobre e il Vangelo della Santa Messa. - Vangelo: Luca (19,1-10) - I poveri prima dei frodati
In quel tempo, Gesù, entrato in Gerico, attraversava la città. Ed ecco un uomo di nome Zaccheo, capo dei
pubblicani e ricco, cercava di vedere quale fosse Gesù, ma non gli riusciva a causa della folla, poiché era piccolo
di statura. Allora corse avanti e, per poterlo vedere, salì su un sicomoro, poiché doveva passare di là. Quando
giunse sul luogo, Gesù alzò lo sguardo e gli disse: "Zaccheo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa
tua". In fretta scese e lo accolse pieno di gioia. Vedendo ciò, tutti mormoravano: E' andato ad alloggiare da un
peccatore!".
Ma Zaccheo, alzatosi, disse al Signore: "Ecco, Signore, io dò la metà dei miei beni ai poveri; e se ho frodato
qualcuno, restituisco quattro volte tanto". Gesù gli rispose: "Oggi la salvezza è entrata in questa casa, perché
anch'egli è figlio di Abramo; il Figlio dell'uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto".
La predica di Padre Bergamaschi:
“Gerico è una località storica di grandi richiami, era residenza invernale di Erode, siamo nel nord-ovest del Mar
Morto, con palazzi, piscine, anfiteatro, giardini; Gerico, Cleopatra se l'era fatta regalare da Antonio. Città di
confine, centro commerciale, aveva gente di imposte al servizio dei romani, Zaccheo era il loro capo, capo dei
pubblicani. Pubblicano vuol dire: appaltatore, parola ancora in circolazione mi pare. Zaccheo, capo dei
pubblicani e ricco, conosceva le disonestà dei ricchi e le miserie dei poveri.
Sul piano religioso forse era una persona inquieta come quel pubblicano che pregava nel tempio. Nell'incontro
con Gesù a casa sua quale fu il tema del colloquio? L'evangelista Luca non lo dice, proverò a immaginarlo.
Tra un boccone e l'altro Gesù avrà detto che ci sono due tipi di latrocini: 1) c'è un latrocinio giuridico (chi viola
il codice); 2) c'è un latrocinio sociale, che pochi vedono e c'è anche quando le leggi sono osservate.
E' una maniera barbara di istaurare dei rapporti fra di noi, perché si può fare tutto ciò che non è proibito dalla
legge. Questo principio l'ho udito da un parlamentare italiano e da altri e lo ha stabilito la Rivoluzione Francese.
Porto l'esempio del treno dove ci sono carrozze per fumatori e non, c'è dunque una legge. Ma sul treno c'è forse
scritto da qualche parte che non ci si può accoppiare? Questo è accaduto qualche anno fa in Inghilterra e i
passeggeri dello scomparto hanno dovuto assistere allo spettacolo senza poter protestare, cosa che avrebbero
potuto fare se avessero fumato in una carrozza dove era proibito. Ecco perché la legge - quella legge ripetuta
dalla Rivoluzione Francese - è nefasta, ed è nefasta per il problema della socialità.
Dopo il colloquio che Zaccheo ha avuto con Gesù, ecco la nuova morale scoperta da uno che si riconosce ladro
ascoltando Gesù e la sua predicazione. La nuova morale è assunta in autonomia, non è Gesù che gli dice quello
che deve fare, ma lui che in maniera autonoma, dopo avere scoperto di essere un ladro di prima grandezza si
decide a mettersi in ordine. Infatti la morale la deve creare il cristiano in autonomia, dopo avere ascoltato la
novità del Messaggio evangelico.
Ecco cosa dice Zaccheo: "Signore, io do la metà dei miei beni ai poveri; e se ho frodato qualcuno, restituisco
quattro volte tanto". Gesù non dice bravo, ma dice semplicemente "La salvezza è entrata in questa casa".
La carità viene prima della giustizia. Ecco come don Primo Mazzolari interpretava il fatto che i poveri vengano
prima dei frodati: "i poveri hanno la precedenza perché sono gli ultimi; i frodati appartengono in genere alla
stessa famiglia dei frodatori". Tutti e due rischiano dietro la spinta del guadagno. Zaccheo dà la precedenza ai
poveri, perché capisce che la prima ingiustizia non è il possedere con frode, ma il possedere molto, mentre
c'è chi muore di fame.
Altro è un possedere che garantisca alla persona (ama il prossimo come te stesso) (amatevi come io ho amato
voi: senza profitto) la sicurezza sociale prevista dal Vangelo. Il Vangelo non prevede i poveri, ma prevede gli
eguali, tutti i passi in cui si parla dei poveri vanno interpretati secondo questa valenza; altro è un possedere che
da qualche parte produce povertà.
Quel dare la metà ai poveri ci turba, perché tutti condanniamo il latrocinio giuridico, ma pochi sanno vedere
con l'occhio di Cristo il latrocinio sociale che è sempre in atto. Ecco con quale occhio il cristiano giudica la
situazione, in Italia, in Europa, in tutto il mondo. Marx aveva perfettamente ragione, quando definiva lo Stato in
questo modo: "Lo stato è una classe che ne opprime un'altra mediante leggi".
Sentite i privilegi dei parlamentari in Italia dopo i loro stipendi: i portaborse, il rimborso delle spese di affitto,
la indennità di carica; poi, il telefono cellulare, la tessera del cinema, la tessera del teatro, la tessera
dell'autobus, della metropolitana, dei francobolli, dei viaggi arei nazionali, la circolazione autostrade, piscine,
palestre, aereo di Stato, ambasciate, cliniche, assicurazioni infortuni, assicurazione morte, auto blu con autista,
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ristorante, tutto questo gratis. Questo non è detto con animo cattivo, o per mormorare dal momento che queste
cose le ho già dette ad alcuni parlamentari, ma per aprirvi gli occhi sulla situazione.
Quel parlamentare cristiano al Parlamento Europeo, più che andare a dire che lui è contro certi matrimoni
10 Novembre 2004
Miscellanea, sanità e non solo
a cura di [email protected]
Free Sms - I siti che permettono di inviare sms gratuitamente.
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http://p196.ezboard.com/fzeus41361frm1.showMessage?topicID=800.topic
Per la tutela del consumatore - Lanciato un portale di informazioni per la tutela dei consumatori con
aggiornamenti quotidiani. http://www.informaconsumatori.it/
[ZEUS News - www.zeusnews.it - L'occhio di Zeus, 07-11-2004]
La Regione Piemonte ha istituito un portale Internet per la tutela del consumatore: Informaconsumatori.it,
http://www.informaconsumatori.it/ nel quale si possono trovare i numeri verdi e gli indirizzi degli sportelli dei
consumatori ai quali rivolgersi, gratuitamente, per ottenere risposte, soluzioni, consigli riguardo i rapporti con gli
operatori economici, gli enti e le aziende pubbliche.
Si possono anche scaricare la normativa di riferimento, la modulistica, i bandi di concorso e le pubblicazioni su
alcuni temi di diritto dei consumatori.
Vi sono inoltre le principali novità sul mondo dei consumi, gli articoli più interessanti suddivisi per aree
tematiche (assicurazioni, banche, salute, ecc.), i notiziari audio diffusi dalle principali emittenti radiofoniche
piemontesi, la rassegna stampa quotidiana, le newsletter, l'aiuto on-line e un forum tematico nel quale
confrontarsi con gli altri consumatori sulle truffe più diffuse e sul modo di evitarle.
Questo sito si aggiunge a un'informazione sui diritti dei consumatori diffusa anche attraverso un network di
periodici piemontesi e radio della regione che hanno dato la loro disponibilità a ospitare spazi su queste
tematiche, e all'informazione diffusa attraverso il Televideo Regionale Piemonte della Rai alla pag. 521.
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39 La lavatrice che lava senza detersivo
L’avete vista? Non credo. Noi che ci battiamo da 20 anni per i diritti dei consumatori, la stiamo aspettando
ormai da tre anni. E’ una grande occasione per risparmiare e per difendere l’ambiente. Nei paesi dell’Asia,
Giappone e Corea, si usa da anni. La comparsa sul mercato occidentale , però, continua a essere rimandata,
senza spiegazioni. In Occidente,invero, è stata vista ,la prima volta, al Salone della Tecnica di Berlino del 2001.
E’ una macchina semplice. Ha la stessa forma e le stesse dimensioni della lavatrice tradizionale. E’
stata inventata in Corea, Proprietaria del brevetto è, infatti, la società Kiungwon Enterprise Co. La tecnologia è
molto semplice. Si tratta di sfruttare le proprietà chimiche ed elettriche dell’acqua. Persino, volendo, questo
rivoluzionario congegno, detto MIDAS, si può installare sulle “vecchie” lavatrici. Il sistema Midas, collocato a
valle del flusso dell’acqua, ha due elettrodi , capaci di caricare elettricamente l’acqua. In questo modo, l’acqua
diventa ionica con pH equivalente a quello del sapone, con le stesse capacità di staccare lo sporco dai tessuti e di
uccidere eventuali germi.
Il MIDAS ha anche una pastiglia di soda o carbonato di sodio( Na2CO3), che accelera la funzione di
catalizzazione.L’acqua sprigiona ioni OH e Na, che presiedono al processo di pulizia
ECOLOGICA VERAMENTE Questa lavatrice, si può veramente dire ecologica. Non inquina l’ambiente con
l’acqua di scarico. Ha sei programmi. Ogni programma viene selezionato automaticamente. Il consumo di acqua
è ridotto a un terzo, passando da 180 litri a 60. Il risparmio di acqua è dovuto alla eliminazione del risciacquo. Il
consumo di energia elettrica è ridotto alla metà.
SOSPETTI DEL RITARDO. A pensare male si fa peccato,però spesso si azzecca, di la saggezza popolare. Si
può pensare che i produttori di detersivo non siano contenti ?. Sarebbero, quindi fra quelli che ostacolano la
vendita di tale prodotto. Non lo affermerei. E’ tutto da accertare. Vedremo, al prossimo ritardo Le tecnologie
alternative e innovative trovano sempre ostacoli, chissà come mai.Chi ostacola lo sviluppo di nuove tecnologie,
blocca il nuovo sviluppo, che darebbe molti nuovi posti di lavoro. La vecchia tecnologia, muore da sola perché
vecchia. Lo vediamo in molti settori tecnologici.
I CONSUMATORI. Per la sicurezza, l’ecologia, l’innovazione, una grande responsabilità in questo caso,
l’hanno anche i consumatori. Non riescono, di fronte alle novità, scrollarsi di dosso, vecchie abitudini. Nel
successo del mercato è la loro volontà che determina i cambiamenti. E’ incredibile, ma accade anche che essi
gradiscono la schiuma, il rumore e magari l’odore del detersivo. Con questi atteggiamenti, la lavatrice non avrà
successo. Ci sono migliaia di altri esempi di insuccessi simili, ne parleremo. - Michele Piccione dell’ACU
ONLUS Piemonte. http://www.informaconsumatori.it/articles.php?id=93&PHPSESSID=ead134b49dcd06f3740ae92d4e3499ae
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Catanzaro: in manette 2 politici Psdi/FI e 3 giornalisti, indagati 2 politici An
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Miscellanea, sanità e non solo
a cura di [email protected]
Da L’Avvenire del 10.11.2004 di Giovanni Luca - È caduta come una mazzata sulla testa di una quarantina di
persone della Reggio insospettabile e che conta, l'inchiesta avviata dalla Procura di Catanzaro per fare chiarezza
sul tentativo di esercitare pressioni e condizionamenti nei confronti di alcuni magistrati reggini, impegnati a fare
luce sui collegamenti tra la 'ndrangheta e il potere politico e amministrativo. Gli uomini della squadra mobile di
Reggio Calabria hanno eseguito sei ordinanze di custodia cautelare in carcere e notificato ben 34 informazioni di
garanzia. Tra gli arrestati figurano due ex parlamentari: Amedeo Matacena (deputato nella scorsa legislatura,
eletto nelle file di Forza Italia) e Paolo Bruno (ex deputato per il Psdi, raggiunto nel carcere di Vibo Valentia
dove sta scontando una precedente condanna). Con loro sono finiti dentro il direttore del periodico locale "il
Dibattito", Francesco Gangemi di 70 anni, un suo omonimo e cugino, l'avvocato Francesco Gangemi di 74, un
noto avvocato della vicina Messina, Ugo Colonna di 44 anni e un insegnante, Riccardo Partinico di 47 anni,
collaboratore della testata che è stata posta sotto sequestro. Ai primi quattro è stata contestata l'accusa di
concorso in associazione a delinquere di tipo mafioso, agli altri due quelle di violenza e minaccia ad un corpo
giudiziario. Nomi altrettanto eccellenti figurano anche tra i destinatari delle informazioni di garanzia. Tra questi,
il sottosegretario alla Giustizia Giuseppe Valentino e la vice presidente della Commissione parlamentare
antimafia, Angela Napoli (entrambi di An), come pure Alberto Sarra, attuale assessore regionale al Personale ed
il presidente del consiglio comunale di Reggio Calabria, Aurelio Chizzoniti. Oltre a loro, nell'inchiesta
compaiono anche un magistrato, un prefetto, un funzionario e un agente di polizia, un sottufficiale dei
carabinieri, un agente del Sisde, altri avvocati, amministratori provinciali e comunali, medici, impiegati di banca
e imprenditori. Il tentativo di condi zionare i magistrati reggini sarebbe stato esercitato attraverso una campagna
di stampa condotta dal "Dibattito". Vittime predestinate sarebbero stati il sostituto procuratore antimafia Enzo
Macrì ed i suoi colleghi Salvatore Boemi, Francesco Mollace, Alberto Cisterna, Enzo Verzera e Roberto Pennini
che a vario titoli hanno lavorato (alcuni lavorano ancora) presso gli uffici giudiziari reggini. Nulla di più per il
momento trapela dalla procura della Repubblica di Catanzaro da dove sono partiti gli ordini di arresto richiesti
dal capo procuratore Mariano Lombardi, dal procuratore aggiunto, Mario Spagnuolo, e dal sostituto procuratore
Luigi de Magistris. C'è sconcerto nella città dello Stretto e negli ambienti politici regionali impegnati
nell'individuazione dei candidati e delle alleanze in vista delle prossime elezioni per il rinnovo della Regione
Calabria. Poche parole da parte dei magistrati che avrebbero subito le pressioni. Per il giudice della Dna
Vincenzo Macrì, si è trattato di un lunga «campagna di diffamazione, denigrazione e delegittimazione» condotta
da quello che definisce «organo di stampa della 'ndrangheta». Mentre il sostituto procuratore Francesco Mollace
ha affermato che da anni denuncia gli attacchi portati ai suoi danni dal periodico diretto da Francesco Gangemi.
E adesso è arrivato il tempo di fare chiarezza.
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USA: alcuni farmacisti <credenti e cristiani> si rifiutano di consegnare le ricette se contengono
prescrizioni per la pillola anticoncezionale : la loro religione non lo consente.
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10 Novembre 2004
Miscellanea, sanità e non solo
a cura di [email protected]
Negli Stati Uniti i movimenti religiosi di un certo fondamentalismo hanno fatto presto a presentare qualche
cambiale all’incasso: alcuni farmacisti <credenti e cristiani> si rifiutano di consegnare le ricette se contengono
prescrizioni per la pillola anticoncezionale dicendo: la mia religione non lo consente.
Se è questa la nuova «land of opportunity» e la culla della democrazia per gli anni a venire, non ci piace più,
anzi ci preoccupa, nel nome della fede e della vita, anzi nell’isterica «difesa preventiva della vita» i farmacisti
fanatici sembrano il nuovo braccio armato dell’intolleranza.
La legge americana infatti, e lo spiega l’ American Pharmacist Association che conta 50mila iscritti, non obbliga
a violare le proprie convinzioni. Prevede il «problema di coscienza» ma invita anche il farmacista a contattare
chi non lo ha affinché distribuisca lui le pillole anticoncezionali prescritte nella ricetta.
La crisi è nata in particolare con «la pillola del giorno dopo» perché la fertilizzazione sarebbe già avvenuta e
quindi viene intesa come un surrogato dell’aborto. «Mi rifiuto di distribuire una medicina che contiene un
significativo meccanismo che ferma la vita umana » dice Karen Braurer president e di «Pharmacist for life
International». La stessa cosa sosteneva anche un altro fanatico religioso in Florida prima di sparare ad un
medico abortista facendolo secco sulla porta di casa. C’è vita e vita insomma. Ma allora dov’è finita la grande
tolleranza americana per l’individuo, le sue scelte e i suo valori?
Se lo devono chiedere soprattutto i democratici che hanno scoperto a caro prezzo di essere praticamente un
partito d’elite che non raggiunge le grandi masse credenti e spesso poco colte. In un paese dove ci sono
sicuramente più chiese e più scuole che farmacie, la difesa della morale della libera scelta e delle libertà civili
non può essere affidata a chi distribuisce aspirine per campare. Dove crede di andare Neil Noesen un farmacista
di 30 anni del Winconsin che non solo non ha dato le pillole anticoncezionali a una signora, ma addirittura le ha
strappato in faccia la ricetta? Crediamo poco lontano. I tempi dei tribunali religiosi e delle inquisizioni sono
remoti. Il Papa ha già chiesto perdono per molti degli errori commessi dalla chiesa nel passato. Il fanatismo non
ha mai pagato. Speriamo che Bush se ne accorga in tempo e protegga non solo mezza America ma anche l’altra
mezza.
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