Journal of
Clinical Medicine
TUMORI NEUROENDOCRINI GASTROENTEROPANCREATICI:
11 ANNI DI ESPERIENZA PERSONALE
FERNANDO CIRILLO
Seconda Divisione di Chirurgia Generale, Azienda “Istituti Ospitalieri” - Cremona
Scuola di Specializzazione in Endocrinologia e Malattie del Ricambio, Università degli Studi di Parma
Tumori neuroendocrini gastroenteropancreatici:
11 anni di esperienza personale
Fernando Cirillo
Seconda Divisione di Chirurgia Generale, Azienda “Istituti Ospitalieri” - Cremona
Scuola di Specializzazione in Endocrinologia e Malattie del Ricambio,
Università degli Studi di Parma
Summary Neuroendocrine (NET) gastroenteropancreatic (GEP) tumors are rare
neoplasms. The increase of cases diagnosed over the past few years demonstrated
that clinicians and pathologists are paying more attention to these particular
diseases, thanks to new imaging and laboratory techniques and to the synthesis of
new molecules. In our Department, over the last 11 years, were observed 119
patients with NET GEP. Only 16% of patients were untreated. Surgery was carried
out in 64% of cases, with low rate (8%) of patients who subsequently underwent
a new operation. Chemotherapy was carried out in 18% of cases. Treatments with
streptozotocin plus doxorubicin in well-differentiated endocrine pancreatic tumors
and with etoposide plus cisplatin in poorly-differentiated ones showed good
responses. Treatment with somatostatin analogues was carried out in 34% of
patients at a variable dose with a control of symptoms in nearly 80% of cases.
Occasionally we observed an objective response. Among patients with metastatic
carcinoid, 6% underwent alpha interferon treatment, often in association with
somatostatin analogues, with a median objective response up to 12% and control
of symptoms in 77% of cases. Data of this survey were coherent with those of
previous series. In particular, a good objective response (often with somatostatin
analogues treatment) could be related to a different stage of the disease or to a
low grade of malignacy. Finally, a good survival was observed in patients suffering
from well differentiated endocrine pancreatic tumors with a proliferation index
(Ki67) > 2%. This occurred also in some cases of metastatic tumor with unknown
primitivity with low proliferation index. However these results were not related
with data of a recent clinic-pathological classification. On the whole, the above
clinical experience pointed out that clinicians should be endowed with adequate
instruments to improve the interdisciplinary diagnostic and therapeutic approach
of these rare neoplasms.
Parole chiave: Tumori neuroendocrini, carcinoide, tumori endocrini del pancreas,
marcatori tumorali, immunoistochimica, trattamento chirurgico, chemioterapia, analoghi
della somatostatina, recettori per la somatostatina, interferone α.
Fernando Cirillo
• Introduzione
I tumori neuroendocrini (NET) gastroenteropancreatici (GEP), un tempo classificati come APUDomi
(Amine Precursor Uptake and Decarboxilation) (1),
sono rappresentati dai carcinoidi e dai tumori endocrini del pancreas (conosciuti anche come tumori
insulari).
Si tratta di neoplasie di non frequente osservazione, nella maggior parte dei casi caratterizzate da un
basso indice proliferativo compatibile con lunghe
sopravvivenze, tranne che nelle forme maligne (carcinoma endocrino) dove la neoplasia presenta una
invasività caratteristica per i linfonodi regionali e per
il fegato (20-30%), e nelle forme indifferenziate, clinicamente asintomatiche, dove invece le metastasi
possono colpire anche polmoni, scheletro, encefalo e
cute con prognosi sempre infausta.
Dal punto di vista clinico, i NET digestivi possono essere distinti in funzionanti (secernenti, sintomatici, attivi) (20%) oppure in non funzionanti (non
secernenti, asintomatici, inattivi) in rapporto alla capacità di produrre e secernere sostanze ormonali capaci di evocare sintomi e segni del tutto aspecifici ma
fortemente caratteristici per questo tipo di neoplasie,
come il flushing e la diarrea cronica tipici della sindrome da carcinoide, le crisi ipoglicemiche nell’insulinoma, il diabete e l’eritema necrolitico nel glucagonoma, la gastrite erosiva talvolta associata alla diarrea
nel gastrinoma.
Così, l’eterogenea presentazione clinica o la più frequente asintomaticità, rende pressoché impossibile
un’accurata determinazione dell’incidenza di questi
tumori, bassa in lavori non recenti (1 caso/100000/
anno) (2) tanto da essere comunemente noti come tumori con evenienza rara. Ciò contrasta con la loro alta
prevalenza autoptica (1500 casi/100000/anno) che induce a riflettere sulla loro reale frequenza. Non sarebbe quindi il tumore in sé ad essere raro, quanto il
suo corretto riconoscimento in clinica.
L’aumento di casi diagnosticati come NET digestivi osservato negli ultimi anni, rende ragione di una
maggiore attenzione del clinico e del patologo nei riguardi di questa particolare malattia, grazie anche al
ricorso ad alcune nuove tecniche di imaging (3, 4) e di
laboratorio (5, 6) e ad un indotto favorevole legato
alla sintesi di nuove molecole (7, 8).
Di recente, una completa revisione classificativa
anatomo-patologica ha provveduto a distinguere tumori ben differenziati da carcinomi endocrini con diverso grado di malignità (9, 10), affiancando ai vecchi
criteri prognostici (istotipo, grading e diametro) nuovi
parametri, quali l’attività biologica del tumore, l’an-
3
gioinvasività, l’indice mitotico e proliferativo cellulare, decisivi per una corretta interpretazione diagnostica e prognostica dei NET.
Scopo di questo articolo è confrontare i dati relativi alla nostra casistica personale con quelli che emergono dalla letteratura più recente per una ulteriore
validazione, contribuendo in tal modo allo studio di
un gruppo di tumori la cui identità sia in termini
epidemiologici che terapeutici ha bisogno di ulteriori
verifiche.
• Materiali e metodi
Presso la Seconda Divisione di Chirurgia Generale degli Istituti Ospitalieri di Cremona, dal 1° giugno
1990 al 31 maggio 2001 sono stati osservati 119 pazienti affetti da NET GEP, di cui il 64% ricoverato in
reparto dopo verifica ambulatoriale (il 14% da altri
servizi interni all’Istituto), il 36% proveniente invece
da Istituti diversi (il 77% a scopo solo consulenziale,
mentre il rimanente 23% con successivo ricovero in
reparto). Di tutti, l’84% aveva già ricevuto altrove uno
o più trattamenti (combinati), mentre solo il 16% era
vergine.
In considerazione di questi primi dati, è facile comprendere come sia difficile, se non impossibile, analizzare statisticamente il campione in studio il quale,
oltre che esiguo, non possiede i caratteri della omogeneità indispensabile per una corretta valutazione. Pertanto, i dati di questa serie saranno interpretati solo in
termini osservazionali.
Dei 119 pazienti, 66 sono di sesso maschile (55%)
con un range di 11-92; 27 sono affetti da carcinoide
appendicolare (23%), 8 da carcinoide rettale (7%), 1
da carcinoide del cieco (1%), 6 da tumore endocrino
duodenale (5%), 16 da carcinoide del tenue (13%), 1
da carcinoma endocrino della colecisti (1%), 27 da
tumore endocrino del pancreas (23%), 2 affetti da
MEN 1 accertata con test genetico (2%), 13 con
metastasi da primitività occulta (11%) e 4 a componente mista esocrina/endocrina (3%) (Tabella 1).
Nell’82% dei casi il tumore si è presentato come
non funzionante (97/119), nel 18% come funzionante (22/119) (Tabella 2).
Nella nostra casistica i NET digestivi sono stati
individuati nel 9% dei casi nel corso di altri interventi. Solo in un caso (1%) la diagnosi è stata resa possibile dall’autopsia.
Il trattamento chirurgico è stato considerato nel
65% dei casi, la chemioterapia sistemica nel 18%, la
chemioembolizzazione nel 2% dei casi.
Gli analoghi della somatostatina sono stati impiegati nel 34%, mentre l’interferone α-2b (IFN α) è stato
27
–
–
–
–
2
7
10
17
25.9
11-75
–
–
–
27
–
Terapia
chirurgica
Chemioterapia
Somatostatina
analoghi
IFN-α
Chemioembolizzazione
Associazione con
altri tumori
Associazione con
altri interventi
Maschio
Femmina
Età media (anni)
Range (anni)
Metastasi**
Endoscopia
Funzionanti
Non
funzionanti
Autopsia
*primitività ignota
**esclusi i linfonodi
27
Pazienti
Appendice
–
8
–
4
1
35-74
52.3
2
6
–
1
–
–
2
2
4
8
Retto
–
–
1
–
–
–
59
–
1
–
–
–
–
1
–
1
1
Cieco
–
6
–
2
1
59-76
67.6
2
4
–
1
–
–
2
–
4
6
Duodeno
Tabella 1. Tumori neuroendocrini GEP (119 pazienti)
–
10
5
–
8
41-92
69.3
4
12
1
5
2
5
10
4
15
16
Ileo
–
14
–
6
3
57-82
59.8
5
9
–
–
–
1
4
2
4
14
Tipo
Stomaco
–
–
1
–
1
–
56
1
–
–
–
–
–
–
1
1
1
Colecisti
1
13
8
–
12
40-79
58.5
13
14
1
–
–
–
12
8
15
27
Pancreas
–
2
–
–
–
–
68.5
2
–
–
1
–
–
1
–
1
2
MEN 1
–
8
4
–
7
30-87
62.5
6
7
1
1
–
1
9
4
3
13
PR ignota*
–
4
–
–
2
52-84
70.2
1
3
1
–
–
–
–
1
2
4
Misti
1
92
19
–12
35
11-92
59
53
66
11
11
2
7
41
22
77
119
TOTALE
1
77
16
10
29
–
–
45
55
9
9
2
6
34
18
65
%
4
Tumori neuroendocrini gastroenteropancreatici: 11 anni di esperienza personale
Fernando Cirillo
5
Tabella 2. Sintomi
Dolore addominale
Diarrea
Gastrite
Calo ponderale
Occlusione intestinale
Ulcera peptica
Flushing
Diabete
Altre dermatopatie
Pancreatite
Asma
Iperpiressia
Artrite
Cefalea
Carcinoide cardiaco
Tabella 4. Metastasi metacrone (119 pazienti)
21%
11%
8.4%
7%
6.5%
5%
4.2%
3.3%
2%
1.5%
1.5%
1%
0.8%
0.8%
0.8%
utilizzato nel 6% dei casi. Nel 10% dei casi le caratteristiche della lesione (diametro e invasività locale) hanno reso possibile il trattamento endoscopico.
Metastasi parenchimali sono state osservate nel
29% dei casi (Tabelle 3 e 4).
Il diametro medio delle lesioni (con misurazione
macroscopica sul pezzo chirurgico oppure radiologica
nei pazienti non operati) è di 2.73 cm (Tabella 5).
La localizzazione dei tumori insulari è illustrata
nella tabella 6. Nelle tabelle 7 e 8 sono invece illustrate le caratteristiche immunoistochimiche delle lesioni
e il loro grado di malignità: di 119 casi, 35 sono stati
esclusi dal conteggio definitivo poiché i dati relativi
alla diagnosi immunoistochimica risultavano incompleti o espressi in forma dubitativa. Pertanto, l’analisi
di questi dati ha considerato solo 84/119 pazienti
(70.5%). I casi esclusi sono “storici” per una piccola
Tabella 3. Metastasi sincrone (119 pazienti)
Linfonodi
Fegato
Polmone
Scheletro
Encefalo
Cute
Peritoneo
Milza
Surrene
Pancreas
Rene
26.8%
26%
3.36%
2.52%
2.52%
2.52%
2.52%
1.68%
1.68%
0.8%
0.8%
Fegato
Linfonodi
Encefalo
Rene
Peritoneo
Colon
4.2%
1.6%
0.8%
0.8%
0.8%
0.8%
quota, relativi ad un periodo in cui il metodo immunoistochimico su pezzo chirurgico non era ancora
routinario; in altri casi l’esclusione è tecnica, causata
da materiale in esame insufficiente, in altri casi ancora
(come per esempio nel carcinoide appendicolare con
caratteristiche istologiche di benignità) per l’assenza
di una evidente ricaduta prognostica e terapeutica legata alla metodica immunoistochimica. In particolare, il dosaggio sul pezzo chirurgico della cromogranina
A, proteina acida espressa da questi tumori, è diventato ormai routinario nei grossi Centri del nostro Paese solo da qualche anno, ma ancora oggi tale metodica è disattesa da molti servizi di anatomia patologica.
Ciò vale anche per altre metodiche che utilizzano
anticorpi monoclonali, come per l’indice di proliferazione Ki67 (clone MIB-1) il cui dosaggio, disomogeneo in questa casistica come per la cromogranina A,
impedisce l’acquisizione di dati la cui completezza potrebbe garantire una visione più organica ed esaustiva
del problema in studio.
• Risultati
Nella nostra casistica i pazienti sono stati sottoposti a trattamenti singoli o combinati. La terapia chirurgica, quella endoscopica, la chemioterapia, la
chemioembolizzazione, la terapia ormonale e biologica fanno parte del bagaglio terapeutico considerato
in questa serie.
L’approccio chirurgico è stato considerato complessivamente nel 65% dei casi; nel 50% (4/8) per il
carcinoide rettale, nel 94% (15/16) per il carcinoide
del piccolo intestino, nel 28.5% (4/14) per il carcinoide
dello stomaco, nel 55.5% (15/27) nel tumore endocrino del pancreas.
Fatta eccezione per l’incidentaloma appendicolare,
trattato nel 100% dei casi con chirurgia curativa e radicale, negli altri casi il trattamento chirurgico è stato
posto con criterio di palliazione nel 23% (3/13) dei
casi di malattia metastatica con primitività ignota; nella
malattia avanzata con primitività accertata preoperatoriamente, il trattamento chirurgico è stato posto in
Tumori neuroendocrini gastroenteropancreatici: 11 anni di esperienza personale
6
Tabella 5. Dimensioni medie della lesione (range)*
Appendice
0.49 (0.1-1.0)
Un caso di duplice localizzazione alla punta
dell’appendice
Un caso associato a tumore ovarico
Un caso con pregresso tumore polmonare
Due casi associati ad adenocarcinoma intestinale
Retto
1.8 (0.1-3.0)
Un caso di carcinoma indifferenziato (Ki67=60-80%)
Un caso associato ad adenocarcinoma intestinale
Cieco
4.5
Associato a carcinoide appendicolare
Duodeno
0.8 (0.1-2.0)
Un caso associato a tumore gastrico
Un caso di gastrinoma
Digiuno-ileo
2.13 (1.5-10)
Associato a 5 casi di adenocarcinoma intestinale,
di cui uno sincrono (ileo, Ki67<1%; colon,
Ki67=25%)
Stomaco
2.4 (0.1-9.0)
Un caso di carcinoma neuroendocrino associato
a componente adenocarcinomatosa
Colecisti
5.0
Associato ad artrite
Pancreas
3.22 (1.0-12.0)
Un caso incidentale
Un caso associato ad adenocarcinoma intestinale
Un caso associato a tumore renale
Un caso di GRFoma del corpo pancreatico
Tumori misti
4.3 (2.0-8.0)
Primitività ignota
nv
MEN 1
nv
Un caso associato ad adenocarcinoma intestinale
Un caso associato a tumore della prostata
* diametro in cm
isole o cordoni di cellule neoplastiche sono definiti per convenzione di diametro = 0.1 cm
nv = non valutabile
1/4 tumori endocrini del duodeno (25%), nell’unico
caso di carcinoide della colecisti, in 2/15 carcinoidi
del piccolo intestino (13%), in 3/15 tumori endocrini
del pancreas (20%), per una quota complessiva pari al
9% dei casi (7/77). In questi ultimi 7 casi, il tumore
presentava un grading di scarsa differenziazione in un
caso di tumore pancreatico e di indifferenziazione nel
carcinoma endocrino della colecisti. Negli altri 5 casi
il tumore presentava invece un grading G1 o G2 con
valori di Ki67 (MIB-1) mediamente assestati fra 0-6%.
La chirurgia d’urgenza è stata considerata in 2 soli
casi (3%): in un caso di occlusione intestinale da
carcinoide della valvola ileo-ciecale e in un caso di
carcinoide gastrico con pancreatite necrotico-emorragica.
Tabella 6. Localizzazione pancreatica
(24/27 pazienti)
Localizzazione
Coda
Corpo/Coda
Corpo
Testa
Casi
%
8
4
4
8
33.3
16.6
16.6
33.3
Scarsa è la percentuale di pazienti sottoposti in tempi successivi ad ulteriore valutazione chirurgica (8%,
6/77) per recidiva o per complicanze di altro genere,
di cui 4 per occlusione, uno per infarto venoso intestinale, l’altro per l’asportazione di una metastasi unica mesenteriale in esiti pregressi (12 anni) di duodenocefalopancreasectomia per adenocarcinoma pancreatico, validato successivamente come neuroendocrino.
In tutti gli altri casi, nelle recidive sono stati preferiti
provvedimenti di tipo farmacologico; in soli 2 casi è
stata considerata la chemioembolizzazione (2%,
2/119) per il trattamento delle metastasi epatiche.
Solo in un caso (1%) è stata posta l’indicazione
al trapianto di fegato con risultato infausto a breve
distanza.
La chemioterapia è stata impiegata nel 18% dei casi
limitatamente ai tumori endocrini del pancreas e ai
tumori metastatici con primitività occulta, spesso in
associazione agli analoghi della somatostatina.
Lo schema streptozotocina (STZ) + 5-fluorouracile
(5-FU) al dosaggio variabile rispettivamente da 500 a
1000 mg/m2 e da 400 a 500 mg/m2 (1-20, oppure 1.3/
1.5-28) è stato utilizzato in 2 pazienti (un tumore pancreatico non funzionante e una metastasi da primitività
50%
0%
50%
25%
5%
70%
25%
0%
75%
60%
10%
30%
100%
0%
GRIMEL+
GRIMELmissing
SINAPT+
SINAPTmissing
NSE+
NSEmissing
CHER AE1+
CHER AE1missing
BASSO GR MAL
ALTO GR MAL
*primitività ignota
GRIMEL= colorazione di Grimelius
BASSO GR MAL= basso grado di malignità
ALTO GR MAL= alto grado di malignità
85%
0%
15%
CROM A+
CROM Amissing
Appendice
(20/27) 74%
71.40%
28.50%
71.40%
10%
28.5%
71.40%
0%
28.5%
57.10%
0%
42.8%
14.20%
28.5%
57.1%
57.10%
42.8%
0%
Retto
(7/8) 87.5%
0%
100%
100%
0%
0%
–
–
–
100%
0%
0%
–
–
–
0%
100%
0%
Cieco
(1/1) 100%
Tabella 7. Immunoistochimica (84/119 pazienti)
100%
0%
40%
0%
60%
40%
0%
60%
20%
0%
80%
20%
20%
60%
100%
0%
0%
Duodeno
(5/6) 83.3%
88.80%
11.10%
88.80%
0%
11.1%
44.40%
0%
55.5%
55.50%
11.1%
33.3%
55.50%
11.1%
33.3%
88.80%
11.1%
0%
69.20%
30.70%
84.6%
0%
15.8%
15.30%
0%
84.6%
30.70%
23%
46.1%
7.60%
7.6%
84.6%
100%
0%
0%
Ileo
Stomaco
(9/16) 56.2% (13/14) 92.8%
0%
100%
100%
0%
0%
–
–
–
100%
0%
0%
–
–
–
100%
0%
0%
Colecisti
(1/1) 100%
66.60%
33.30%
61.90%
9.5%
28.5%
57.10%
14.2%
28.5%
42.80%
9.5%
47.6%
19%
9.5%
71.4%
85.70%
14.2%
0%
16.60%
83.30%
83.30%
16.6%
0%
50%
0%
50%
0%
66.6%
33.3%
16.60%
–
83.4%
66.60%
33.3%
0%
Pancreas
PR ignota*
(21/27) 77.7% (6/13) 46.1%
0%
100%
100%
0%
0%
–
–
–
0%
100%
0%
0%
100%
0%
0%
100%
0%
Misti
(1/4) 25%
Fernando Cirillo
7
Tumori neuroendocrini gastroenteropancreatici: 11 anni di esperienza personale
8
Tabella 8. Ki67 (84/119 pazienti)
Tipo
Ki67
Appendice
Retto
Ileo*
<1%=0.2%; <2%=0.5%; M=70%
>60%=28.5%; M=71.4%
<2%=44.4%; <5%=11.1%;
25%=11.1%; M=44.4%
5-10%=20%; M=80%
<5%=7.6%; 5-10%=7.6%;
>80%=7.6%; M=76.9%
0-2%=14.1%; 2-6%=23.8%;
>10%=9.5%; M=52.3%
3%=16.6%; M=83.3%
Duodeno
Stomaco
Pancreas**
Pr ignota***
* un caso di duplice localizzazione con due differenti valori
di Ki67 (ileo <1%, colon 25%)
** ulteriore stratificazione per Ki67: 0%=4.7%; 1-2%=4.7%;
2%=4.7%; 2-3%=4.7%; 3%=4.7%; 2-5%=4.7%; 5%=9.5%;
5-6%=4.7%; >10%=4.7%; 80%=4.7%
*** primitività ignota
M = missing
occulta) per un totale di 12 cicli, con una stabilizzazione della malattia per oltre 2 anni in un caso (in associazione agli analoghi della somatostatina) e la progressione della malattia nell’altro.
In un caso di tumore pancreatico non funzionante
è stata utilizzata l’associazione STZ + doxorubicina
(DOXO) per 3 cicli (1-21) con una stabilizzazione
per oltre 3 anni (in associazione agli analoghi della
somatostatina).
In 3 casi (carcinoma endocrino indifferenziato,
carcinoide metastatico dell’ileo, metastasi da primitività
occulta) lo schema epirubicina (EPI) (30 mg/m2),
deticene (200 mg/m2), 5-FU (500 mg/m2) per complessivi 23 cicli (1, 2, 3-21), si è osservata una risposta
completa e in 2 casi la stabilizzazione della malattia,
di cui in un caso per 6 mesi dopo il trattamento chemioterapico e nell’altro per oltre 5 anni (entrambi in
associazione con analoghi della somatostatina).
In 2 casi di carcinoma indifferenziato, lo schema etoposide (120 mg/m2) + cisplatino (30 mg/m2)
per complessivi 10 cicli (1-21), ha fatto osservare
una risposta parziale nei primi cicli di terapia che
ha lasciato quindi spazio alla progressione nei cicli
successivi.
Altre associazioni (5-FU, EPI, acido folinico,
carboplatino) hanno fornito risposte contrastanti.
Scarso il contributo dei fluorofolati in associazione.
Nella nostra casistica, gli analoghi della somatostatina (octreotide e lanreotide) sono stati impiegati nel 34% dei casi alla dose variabile di 100-2000 µg
al giorno (octreotide sottocute), 20-30 mg/mese
(octreotide LAR), 60-90 mg/mese (lanreotide a lento
rilascio).
Il controllo dei sintomi (flushing, diarrea e gastrite ulcerativa) è stato osservato mediamente nell’80%
dei casi; il controllo biochimico della malattia (acido
5-idrossindolacetico o 5-HIAA, ed enolasi neuronespecifica o NSE per il carcinoide maligno, NSE e
cromogranina A negli altri casi) è stato invece osservato mediamente nel 65% dei casi.
In particolare, in 3/10 casi di carcinoide dell’ileo
metastatico (30%), si è osservata una netta discrepanza fra i valori di 5-HIAA, costantemente aumentati, e
il controllo ottimale della diarrea; nei 3 casi descritti, i
valori di NSE sono sempre risultati nella norma.
L’impiego degli analoghi della somatostatina ha fornito risposte obiettive sporadiche. In un caso di GRFoma
pancreatico non funzionante metastatico, dopo 6 mesi
di trattamento con octreotide (1500 µg al giorno
sottocute) si è osservata una risposta parziale radiologica
(TC) >25%, attualmente stabile da oltre 7 anni.
In un caso di tumore endocrino del pancreas non
funzionante metastatico, è stata osservata la stabilizzazione della malattia col trattamento giornaliero
sottocute di octreotide (1500 µg) seguito dal trattamento mensile LAR a 30 mg/mese per 48 e 30 mesi
rispettivamente; in altri 2 casi metastatici con primitività occulta, il trattamento giornaliero con octreotide
sottocute (1500 µg al giorno) ha garantito la stabilizzazione della malattia e il controllo dei sintomi (diarrea e flushing) per oltre 4 anni.
Infine, in un caso di carcinoide ileale funzionante
con multiple metastasi epatiche associate, il trattamento combinato (asportazione del tumore primitivo,
chemioembolizzazione epatica con doxorubicina,
octreotide sottocute alla dose giornaliera di 1500 µg per
2 anni e di 30 mg mensili per altri 3 anni, IFN α - 2b
alla dose di 9 milioni sottocute settimanali per 5 anni)
ha garantito fino ad ora una sopravvivenza di 5 anni
con una risposta obiettiva radiologica (TC) completa
e un controllo dei sintomi superiore al 90%, sia per il
flushing che per la diarrea cronica.
Tutti i casi descritti presentavano una captazione
scintigrafica con 111In pentetreotide (Octreoscan) con
un’alta densità recettoriale, condizione indispensabile per legittimare il trattamento con analoghi della
somatostatina.
IFN α-2b è stato utilizzato in questa casistica nel
6% dei casi, preferibilmente in associazione agli analoghi della somatostatina e alla chemioembolizzazione
epatica nel carcinoide dell’ileo metastatico, con risposte favorevoli sia per quanto riguarda il controllo della
malattia, mediamente nel 12% dei casi, che per il controllo dei sintomi (media 77%).
La raccolta e l’elaborazione dei dati non consentono stime sulla sopravvivenza globale o per istotipo.
Fernando Cirillo
• Discussione
Fatta eccezione per alcune interessanti metanalisi
dalla letteratura internazionale (11, 12, 13, 14, 15, 16,
17, 18, 19), la scarsa incidenza della malattia in clinica impedisce di raccogliere un campione significativo e, come in questo caso, omogeneo. Infatti, il paziente affetto da tumore neuroendocrino, come pure
nel caso di altri tumori considerati rari, è destinato
ad un pellegrinaggio continuo da una istituzione all’altra alla ricerca di una soluzione terapeutica ancorché diagnostica.
Tra l’altro, questi cosiddetti “viaggi della speranza” legano fra loro culture e abitudini differenti fra
pazienti provenienti da regioni diverse, impedendo al
ricercatore una lettura omogenea dei dati.
Nella realtà del nostro Paese, la maggior parte dei
pazienti affetti da tumore neuroendocrino migra dal
centro-sud al nord Italia dove è presente la maggiore
concentrazione di grosse istituzioni impegnate in
ambito oncologico. In qualche caso, anche questa felice condizione non è sufficiente a soddisfare la richiesta del paziente, in quanto la diagnosi e il trattamento
di questi tumori hanno bisogno di una specifica esperienza, coltivata in modo del tutto particolare. Ciò può
essere additato come uno dei motivi principali che
relega questi tumori in una sorta di “nicchia” nella
quale non esistono ancora linee guida codificate e riconosciute sia in senso diagnostico che terapeutico e
dove anche il Centro con maggiore esperienza non è
in grado di fornire un numero sufficiente di dati, tali
da poter essere considerati significativi.
A causa della migrazione interna e per la bassa incidenza della malattia, può anche capitare che lo stesso
paziente finisca per partecipare a più di una casistica o
per essere inserito in altri data base, alterando il valore
dei dati riportati.
Per i tumori a bassa incidenza, l’anormalità rischia
quindi di diventare la norma, al di là di un riconosciuto rigore scientifico offerto dal ricercatore.
La diagnosi di laboratorio nel tumore funzionante
prevede la ricerca nel plasma di quei peptidi prodotti
e secreti dalla cellula neoplastica o di altri marcatori.
Il problema nasce nel momento in cui ci si rende conto che nel nostro Paese non tutti i laboratori sul territorio sono in grado di garantire il dosaggio di alcune
o di tutte queste sostanze, rimandando altrove questa
specifica ricerca ma creando nel contempo un disagio
al paziente, costretto a mettersi in viaggio talora anche solo per un prelievo ematico. I motivi di questa
incongruenza sono da ascriversi a problemi di tipo
tecnico ed economico, legati spesso al budget per la
Sanità, diverso da regione a regione.
9
A parte la ricerca di alcuni ormoni specifici, cromogranina A e NSE sono sicuramente i marcatori biochimici più affidabili.
NSE presenta una sensibilità variabile tra il 40-70%
(20, 21, 22), mentre cromogranina A ha una sensibilità
oscillante tra il 70-90% (23, 24, 25). L’aumento del titolo plasmatico di questi marcatori, ed in particolare di
cromogranina A, è direttamente proporzionale al grado di proliferazione della neoplasia e alla estensione
della malattia (5, 21, 26).
Quanto riferito per il laboratorio, è in parte vero
anche per la diagnostica per immagini. Infatti, se da
un lato troviamo metodiche di 1° livello ubiquitariamente disponibili, di basso costo e non invasive
come l’ecografia addominale, il clisma opaco e del
tenue e tutta l’endoscopia digestiva, dall’altro vi sono
metodiche di livello intermedio, come la TC spirale,
con sensibilità maggiore rispetto all’ecografia (85%
vs 20-70%) ma con costi meno contenuti (27, 28, 29),
e metodiche di 2° livello non sempre disponibili,
come la risonanza magnetica (RM), di costo medioalto, ma con sensibilità mediamente sovrapponibile
alla TC (30, 31). Ad un 3° livello troviamo l’ecografia endoscopica, di costo medio-alto e con complicanze quasi assenti (0.005-0.3%), con elevata sensibilità per lesioni pancreatiche di diametro inferiore
a 2 cm (77-100%), ma disponibile in pochissimi centri (32, 33, 34).
Con un nuovo approccio alla diagnostica per immagini, gli analoghi marcati della somatostatina hanno creato una vera e propria rivoluzione nella gestione di questi tumori (35); è noto infatti che la maggior parte delle cellule a differenziazione neuroendocrina esprime recettori di superficie per la somatostatina (36).
In particolare, Octreoscan presenta una sensibilità
assai elevata per i NET GEP che oscilla tra il 70-100%
attraverso uno stabile legame col 2° e 5° sottotipo recettoriale per la somatostatina (SSTR2,5); fa eccezione
l’insulinoma (46%) a causa della ridotta densità di
SSTR2 sulla superficie cellulare del tumore (37, 38).
Questa metodica, potendo magnificare anche piccoli agglomerati cellulari non evidenti con altre tecniche, è in grado di modificare l’approccio terapeutico
nel 21-47% dei casi (39, 40, 41, 42). Octreoscan conserva anche un valore prognostico in rapporto alla
densità recettoriale, autorizzando il trattamento con
analoghi della somatostatina allo scopo di controllare
i sintomi della neoplasia funzionante (43, 44).
Recentemente, l’uso della tomografia ad emissione di positroni (PET) ha aperto nuove frontiere nella
diagnostica dei NET, i cui dati sono attualmente in
corso di validazione (4).
10
Tumori neuroendocrini gastroenteropancreatici: 11 anni di esperienza personale
L’approccio multidisciplinare al trattamento dei
NET GEP vede la terapia chirurgica in un ruolo di
primo piano. L’asportazione radicale del tumore primitivo dà garanzia di cura in assenza di metastasi.
Nel tumore endocrino del pancreas non funzionante, la percentuale media di resecabilità si assesta
intorno al 50% dei casi, nettamente superiore nella
forma funzionante (45). La presenza di malattia
metastatica, nella maggior parte dei casi a carico del
fegato, non deve pregiudicare l’esplorazione chirurgica; ciò è vero soprattutto per i NET funzionanti,
dove il trattamento delle metastasi può essere in grado di favorire un miglior controllo dei sintomi con
una ricaduta positiva sulla qualità di vita del paziente.
Al contrario, il debulking chirurgico esasperato, così
come proposto da alcuni Autori, non sembra in grado di modificare la sopravvivenza del paziente
(46,47,48).
Nei casi di metastasi con primitività occulta, dove
non esistano altre indicazioni terapeutiche, può essere indicata l’esplorazione chirurgica. In questa serie,
la percentuale di casi sottoposti a chirurgia esplorativa con intento diagnostico è particolarmente elevata
(23%); ciò dipende in parte dalla dotazione radiologica
e dall’esperienza del radiologo, in parte dall’atteggiamento del chirurgo di fronte alla malattia metastatica.
Non va dimenticato che in questa serie il paziente proviene anche da Centri dove ad una scarsa dotazione
in termini tecnologici corrisponde una cultura limitata in questo specifico settore oncologico. Alcuni di
questi casi sono poi datati in un periodo in cui le informazioni su questa patologia erano ancora molto
scarse. L’avvento della citologia con ago-aspirazione
e dell’immunoistochimica consentono oggi di decidere a quale tipo di trattamento destinare il paziente
potendo evitare quindi, nei casi a basso rischio, l’esplorazione chirurgica.
Anche nella nostra casistica l’ecografia intraoperatoria, in associazione alla palpazione, è risultata particolarmente utile nella identificazione di piccole lesioni pancreatiche non identificate preoperatoriamente
(49, 50) modificando l’atteggiamento chirurgico in circa il 10% dei casi. In questo ambito, anche la chirurgia radioguidata può trovare uno spazio nei casi di
primitività occulta e con imaging medico-nucleare favorevole; la presenza di falsi positivi, ma anche di
falsi negativi dovuti alla lenta clearance di Octreoscan
o alla bassa densità recettoriale della sede captante,
consigliano anche nella nostra esperienza una certa
cautela nell’adottare questa metodica in modo routinario (51).
Nei casi di recidiva, anche a distanza, può essere
utile l’esplorazione chirurgica in rapporto alla sede,
al numero, alle dimensioni delle lesioni metastatiche e
al rischio anestesiologico. Nella nostra serie il ricorso
alla chirurgia è percentualmente modesto (7.8%); in
tutti gli altri casi è stato preferito l’approccio farmacologico. In rapporto alla tipologia del tumore e nel
rigoroso rispetto di alcuni parametri specifici, in qualche caso selezionato può essere preso in considerazione il trapianto di fegato, in un solo caso nella nostra casistica (52).
Il trattamento chemioterapico trova i carcinoidi
poco responsivi (<30%) con durata della risposta inferiore ai 12 mesi. Al contrario, nel trattamento del
tumore endocrino pancreatico l’associazione STZ +
DOXO mostra risposte anche nel 69% dei casi con
una durata media di 16-18 mesi (53).
Nel carcinoma neuroendocrino indifferenziato
l’associazione etoposide + cisplatino ha consentito risposte variabili dal 54 al 67% dei casi con una sopravvivenza media fino a 18 mesi (54, 55, 56, 57).
Nonostante una recente contestazione (58), STZ
in associazione si pone come una molecola particolarmente efficace nel trattamento del tumore endocrino metastatico del pancreas, come dimostrato anche da questa serie. L’associazione etoposide + cisplatino, nel trattamento del carcinoma indifferenziato,
conferma il proprio ruolo; nella nostra serie, le risposte sono limitate alle prime fasi di trattamento.
Gli analoghi della somatostatina (octreotide e lanreotide), oggi anche nella formulazione long acting
release (LAR), trovano il loro razionale di impiego
nel controllo dei sintomi della malattia (43, 44, 59, 60).
Gli analoghi della somatostatina sono anche in grado di esercitare un controllo sulla crescita cellulare;
ciò avviene attraverso una via indiretta, che prevede
l’inibizione di numerosi fattori di crescita e una via
diretta che prevede invece uno specifico legame recettoriale (35).
Gli analoghi della somatostatina sono anche in
grado di modulare l’attività delle cellule immunitarie
(61); recettori specifici per queste molecole sono stati
osservati sui vasi peritumorali di numerose neoplasie
(62, 63).
Numerosi lavori hanno studiato il ruolo antiproliferativo degli analoghi della somatostatina (64, 65,
66, 67, 68). Le differenti percentuali osservate nelle
risposte parziali, variabili dallo 0 al 13%, mostrano i
limiti di alcuni studi (anche multicentrici) nei quali
vengono immessi dati relativi a tumori neuroendocrini
anche non GEP (carcinoide bronchiale, feocromocitoma, tumore a cellule di Merkel, carcinoma midollare
della tiroide, paraganglioma, neuroblastoma), con diversa attività biologica (funzionanti e non funzionanti) e proliferativa, dove la molecola viene testata in dif-
Fernando Cirillo
11
ferenti linee terapeutiche talvolta in assenza di uno studio recettoriale in vivo (69). Le percentuali di stabilizzazione della malattia (40-63%) indicano invece una
possibile partecipazione degli analoghi della somatostatina al controllo della proliferazione cellulare. Risposte parziali molto elevate (31%), ottenute con alte
dosi, sostengono l’ipotesi di una dose-dipendenza (70).
In qualche caso non è possibile escludere che risposte
favorevoli siano condizionate dal basso indice di proliferazione del tumore, cosa che porterebbe ad una
sovrastima dell’attività antiproliferativa di questo
gruppo di molecole (Tabella 9).
Inoltre, la mancanza di coerenza fra l’espressione
recettoriale in vivo e la risposta obiettiva offerta dagli analoghi della somatostatina, induce a ricercare
degli indicatori che possano consigliare l’adozione
di queste molecole in clinica, in considerazione del
fatto che nella nostra serie un numero modesto di
casi (4%) in trattamento con octreotide e con assenza di recettori in vivo, ha risposto per lungo tempo
con la stabilizzazione della malattia (Tabella 10). Ciò
potrebbe anche dipendere dalla presenza di altri sottotipi recettoriali ai quali Octreoscan non è in grado
di legarsi.
Molti pazienti, dopo un lungo periodo di trattamento con gli analoghi della somatostatina, vanno incontro
al fenomeno della tachifilassi che costringe all’aumento della dose del farmaco. Ciò può essere dovuto ad
una down-regulation recettoriale oppure ad una selezione di cloni cellulari con recettori negativi (35, 71, 72).
Nella nostra serie, solo nel 11% dei casi è stato necessario aumentare la dose di analogo (octreotide
sottocute) allo scopo di mantenere efficace il controllo dei sintomi della malattia nel tumore funzionante.
Quanto agli analoghi in formulazione LAR (in
particolare per octreotide LAR 30), nella nostra esperienza è stato indispensabile supplementare la dose
mensile con una dose quotidiana di farmaco pari a
500 µg fino al raggiungimento dello steady state allo
scopo di garantire una corretta saturazione recettoriale. In qualche caso (6%), anche al raggiungimento
dello steady state si è assistito ad una recrudescenza
dei sintomi (flushing, diarrea, gastroduodenite, iperpiressia) che hanno reso indispensabile l’adozione di
una ulteriore supplementazione per brevi periodi di
tempo.
Il ruolo degli analoghi della somatostatina, in associazione alla chemioterapia, deve ancora trovare la
sua validazione definitiva, soprattutto in relazione ad
alcune risposte favorevoli, come in questa serie.
IFN α (2 a, 2 b) si mostra particolarmente utile nel
trattamento del carcinoide intestinale metastatico, con
una risposta biochimica intorno al 50% dei casi e una
risposta obiettiva del 12% (73), e una stabilizzazione
nel 39% dei casi (74). IFN α potrebbe quindi possedere una attività apoptosica; in associazione con gli
analoghi della somatostatina si è osservata la riduzione del diametro tumorale (6%) e una stabilizzazione
dello stesso nel 61% dei casi per un periodo medio di
12 mesi (8, 75).
Nella nostra serie, l’ulteriore associazione con la
chemioembolizzazione epatica ha determinato una risposta interessante (76).
Il trattamento radiometabolico con 131I-MIBG costituisce ancora oggi una metodica indispensabile per
il trattamento dei NET, sia in associazione con la
chemioterapia, sia come trattamento primario o come
trattamento postchirurgico allo scopo di eliminare
eventuali residui di malattia, con risposte complessive nel 70% dei casi e stabilizzazione della malattia nel
20-55% (77). La terapia radiometabolica con 111In
pentetreotide ha mostrato incoraggianti risposte obiettive (66%) (78); la marcatura con 90Y ha mostrato invece risposte obiettive globali nel 22% dei casi e una
stabilizzazione nel 64% (79).
Una alternativa di un certo interesse è rappresentata dal 90Y-DOTA-lanreotide, il cui studio è attualmente ancora al vaglio dei ricercatori (80, 81).
Tabella 9. Analoghi della somatostatina: risposta obiettiva (857 pazienti)
Dose
PR
SD
PD
Pazienti
Octreotide
Lanreotide
Lanreotide 10
Lanreotide 30
RC-160
50-6000 mg/die
2250-15000 mg/die
10 mg x 3/mese
30 mg x 2/mese
0-31%
40-63%
24-54%
416
14.1%
47%
52.4%
62
–
90%
–
10
7.7%
50%
24.3%
334
1.5 mg (infusione
continua)
–
68%
24%
35
PR=risposta parziale
SD=stabilizzazione della malattia
PD=progressione della malattia
Tumori neuroendocrini gastroenteropancreatici: 11 anni di esperienza personale
12
Tabella 10. Indicatori terapeutici per gli analoghi della somatostatina
Sintomi +/-
Recettori +/-
+
+
+
–
–
++
––
+–
++
––
(tumore indifferenziato)
+–
(tumore ben differenziato)
–
In conclusione, i carcinoidi gastrointestinali e i tumori endocrini del pancreas, pur mantenendo la stessa derivazione embriologica presentano una diversa
storia naturale con caratteristiche biologiche differenti.
La diversità è resa ancora più eclatante dalle differenti
risposte osservate in clinica dopo trattamento medico, come anche sottolineato in questa serie, dove la
spiegazione potrebbe anche essere ricondotta ad un
diverso stadio della malattia al momento del trattamento, oppure ad un diverso grado di malignità.
A questo proposito, la recente classificazione
WHO di Solcia et al (9) cerca, con criterio sistematico, di offrire uno strumento oltre che metodologico
anche prognostico. Nella nostra serie, in 6 casi di tumore endocrino ben differenziato del pancreas (Ki67
2-6%; diametro medio 5.1 cm; cromogranina A positiva nell’ 83% dei casi) la sopravvivenza media rilevata è stata di 46.4 mesi (range 42-51) con pazienti tuttora in vita e in ottime condizioni di salute. Ciò significa che valori di Ki67 > 2% possono essere correlati
con una buona prognosi. La nostra opinione è che il
limite di Ki67 stabilito al 2% (9) per discriminare fra
neoplasie con differente comportamento biologico
sembra rappresentare un cut off troppo stretto. Infatti, al di sopra di questo valore (e almeno fino al 6%) si
può osservare un vero e proprio ventaglio di possibilità con aspetti prognostici diversi. Ciò vale pure per
il carcinoma endocrino scarsamente differenziato del
pancreas, dove nello stesso gruppo sono raccolti tumori con valori di Ki67 compresi fra il 15 e il 100%,
con ovvie ricadute prognostiche del tutto differenti.
Per i tumori endocrini gastrointestinali, in modo
molto riassuntivo, il criterio discriminante per le
neoplasie ben differenziate diviene il diametro della
lesione correlato all’angioinvasività, mentre per il
carcinoma endocrino la linea di demarcazione fra tumori a basso e alto grado di malignità è contrassegnata dalla presenza di invasività neoplastica locale e/o a
Trattamento
Buon controllo dei sintomi
Scarso controllo dei sintomi
Verifica terapeutica
Risposta obiettiva non prevedibile
Nessuna indicazione terapeutica
Risposta obiettiva non prevedibile
Verifica terapeutica
(possibile presenza di altre classi
recettoriali)
distanza. Ciò non trova concordanza con alcuni casi
di tumore metastatico a primitività occulta osservati
nella nostra serie, dove tre parametri distinti (metastasi,
diametro del tumore primitivo sicuramente < a 1 cm,
basso indice di proliferazione) confutano l’assioma per
il quale la crescita metastatica sia direttamente proporzionale al diametro del tumore primitivo e all’indice di proliferazione.
Pur riconoscendo da un lato l’importanza di questa classificazione, che ha lo scopo di dare ordine ad
un settore in via di ampliamento, dall’altro non ci sembra rappresentare un adeguato strumento prognostico.
Al clinico, a cui va riconosciuto un ruolo di importanza centrale, devono essere destinati strumenti
adeguati allo scopo di ottimizzare in termini interdisciplinari lo studio diagnostico e terapeutico di questi tumori.
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