Dipendenza e codipendenza - Società Medico Chirurgica Vicentina

_____________________________________________________________ la rivista della Società Medico-Chirurgica Vicentina
Dipendenza e codipendenza
Dr.ssa Cecilia Brambilla - Dirigente Psicologa Dip.
Dipendenze, Azienda ULSSL 3 Bassano del Grappa (VI)
Dr. Luigi Piloni - Psicologo, Psicoterapeuta, Direttore
Dipartimento Dipendenze, Azienda ULSS 3 Bassano
del Grappa (VI)
Le dipendenze patologiche spaziano in diverse aree, da
quella da sostanze psicoattive a quella affettiva detta
anche codipendenza.
Quello che definisce la dipendenza patologica è la
presenza dell’ astinenza, ovvero lo svilupparsi di una
modificazione patologica del comportamento, con
eventi concomitanti fisiologici e cognitivi, conseguente
alla cessazione o riduzione dell’assunzione pesante e
prolungata della sostanza-specifica. Inoltre essa causa
disagio clinicamente significativo o compromissione del
funzionamento sociale e lavorativo o di altre aree
importanti.
Altro fattore diagnostico è lo svilupparsi della
tolleranza, ovvero il bisogno di dosi notevolmente più
elevate della sostanza per raggiungere l’intossicazione
o l’effetto desiderato con un conseguente effetto
diminuito della stessa quantità della sostanza.
Infine viene evidenziata la presenza del craving ovvero
di una forte “appetenza, bramosia” verso la sostanzaspecifica che può essere definito come la motivazione
ad agire, complicata dallo stato di necessità
conseguente alla condizione di dipendenza patologica e
da diversi fattori e condizionamenti ambientali che ne
rafforzano i contenuti emotivi. I comportamenti
sostenuti dal craving diventano compulsivi, cioè
vengono emessi dal soggetto indipendentemente dalla
sua capacità di controllo su di essi. Questi hanno la
stessa potenza espressiva dei comportamenti di un
paziente fobico-ossessivo o addirittura, nei casi più
gravi e acuti, delirante.
La prima differenza che incontriamo nell’ approccio
agli oggetti della dipendenza patologica è la differenza
delle modalità stabilita in primis dall’identità di genere,
ovvero i maschi e le femmine stabiliscono delle
modalità
qualitativamente
e
quantitativamente
differenti rispetto alle dinamiche di uso e abuso.
Inoltre da recenti indagini cliniche, si è dimostrato che
nelle donne con problemi di dipendenza, il trauma
infantile rappresenta un importante fattore che
contribuisce sia all’eziologia, sia al mantenimento dei
comportamenti
di
dipendenza:
alcuni
studi
documentano infatti un’alta percentuale di abuso
sessuale e fisico intrafamiliare stimabile fra il 43% e il
75%. Questa alta percentuale di esposizione a violenze
dimostra che l’abuso ha, a lungo termine, una serie di
conseguenze negative in termini di vulnerabilità, sia per
lo sviluppo di una seria psicopatologia, sia una
predisposizione a reagire con un comportamento
deviante, che può condurre anche all’assunzione di
sostanze. Quindi la sostanza, per le donne, tende ad
avere prevalentemente una funzione lenitiva di
automedicamento: non c’è, come per la prevalenza
maschile, la ricerca dello “sballo” ma la ricerca di uno
stato psicofisico di benessere, di sollievo. Nelle donne
la dipendenza si accompagna quasi costantemente a
sentimenti di vergogna e di colpa (aspetto molto poco
frequente nel vissuto maschile), che spesso diventano
un ostacolo all’emergere della patologia e alla sua cura.
La clinica e la letteratura mettono in evidenza la
presenza di “anomalie” comportamentali e correlati
sintomatologici nei partner di soggetti che usano
sostanze e non solo; tali anomalie sono definite nel
loro complesso come “codipendenza” o “dipendenza
affettiva”. La letteratura internazionale definisce “codipendente” un disturbo della modalità di relazione
che si manifesta più frequentemente nelle donne (nel
linguaggio ormai comune sono le “donne che amano
troppo”) e viene definito “qualsiasi stato di sofferenza
e/o disfunzione associato o risultante dal focalizzarsi
sui bisogni e sui comportamenti altrui”
Tali donne presentano comunemente le seguenti
caratteristiche:
? problemi interpersonali ricorrenti
?
bassa autostima con un’affettività tendente
all’autocolpevolizzazione
? vissuti di tipo ansioso-depressivo
? tendenza ad instaurare relazioni affettive basate
sulla dipendenza, sul timore dell’abbandono,
sull’annullamento dei propri bisogni a favore di quelli
altrui
? spesso caratterizzate da maltrattamenti e violenze
psicologiche, fisiche e sessuali, sia nella storia
interpersonale che in quella pregressa.
L’anomalia comportamentale può svilupparsi fino ad
assumere i connotati di un vero e proprio disturbo
individuale con carattere autonomo e richiedente un
intervento adeguato.
Allo scopo di mantenere una omeostasi relazionale
accettabile, la codipendente ha un’enorme spesa
energetica. Tutto ciò che attiene al controllo di tale
“equilibrio”,
alla
negazione/minimizzazione
del
problema, va esplorato con un atteggiamento
empatico dato che le tematiche si centrano su
modalità relazionali eccessive e su forti sentimenti di
svalutazione personale. In buona parte dei casi,
proprio per le caratteristiche di annullamento
individuale al servizio dei bisogni altrui, il codipendente
migliora spontaneamente con il migliorare della
situazione del partner e peggiora di conseguenza. Tale
osservazione risulta ovvia considerata la precarietà di
un benessere dipendente interamente da eventi
esterni che, in quanto tali, sono soggetti a variabilità.
anno 2005 - Determinanti sociali della salute della donna nel Vicentino _______________________________________
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La modalità di relazione o la cura (in situazioni
cliniche) che solitamente la partner propone, è il
“controllo” ovvero un’azione di osservazione diretta e
indiretta del compagno rispetto a comportamenti
patologici o all’assunzione di sostanze: la loro teoria è
che se controllano bene e in continuazione,
riusciranno a prevenire la ricaduta comportamentale o
tossicomanica, e quindi il controllo diviene
direttamente proporzionale alla guarigione. Il controllo
ha anche una funzione supportiva per la percezione
del Sé della codipendente. Inoltre accade che essendo
il controllo stesso legato anche all’autostima già molto
fragile della codipendente,
questa ne venga
condizionata in base ai risultati ottenuti con la
relazione.
A livello cognitivo il pensiero si restringe intorno al
controllo divenendo un pensiero fisso e sviluppandosi
fino a inglobarlo, divenendo il contenuto della
relazione stessa, con il conseguente assorbimento della
vita di coppia.
A sua volta il soggetto dipendente, attraverso il
controllo della codipendente, si sente con-tenuto,
accogliendo tale modalità come una funzione materna
contenitiva e riparativa che gli facilita la relazione con
una realtà di normalità o libera da sostanze.
I criteri diagnostici per il disturbo codipendente di
personalità proposti da T. Cermack nel 1986 sono:
? continuo investimento dell’autostima nella capacità
di controllare se stessi e gli altri nonostante serie
conseguenze avverse
? assunzione di responsabilità per incontrare i bisogni
degli altri con esclusione del riconoscimento dei
propri
? ansia e distorsione dei limiti rispetto all’intimità
? coinvolgimento in relazioni con individui con
disturbi di personalità, dipendenti da sostanze, altri
codipendenti e/o con disturbi dell’impulso
? tre o più dei seguenti sintomi:
1. eccessiva enfasi sulla negazione
2. restringimento delle emozioni (con o senza
drammatiche esplosioni)
3. depressione
4. ipervigilanza
5. compulsioni
6. ansia
7. abuso di sostanze
8. è stato (o è) la vittima di ricorrenti abusi fisici
o sessuali
9. malattie mediche stress-correlate
10. ha avuto una relazione principale con un
soggetto attivo per uso di sostanze per almeno
due anni senza ricercare aiuto esterno
Gli elementi valutativi anamnestici per la codipendenza
sono stati identificati nei seguenti punti:
? momento in cui è iniziata la relazione rispetto alla
dipendenza del partner
? tempo trascorso prima di chiedere aiuto esterno
? più relazioni con soggetti affetti da: uso di sostanze,
altre patologie compulsive, disturbi di personalità
? presenza di codipendenza/dipendenza nel nucleo
familiare di origine
? presenza nel nucleo familiare di origine di: uso di
sostanze, altre patologie compulsive, disturbi di
personalità
Nel corso di uno studio condotto nel 1996 su 25
soggetti della provincia di Venezia sono stati
somministrati a partner di soggetti tossicodipendenti
un test di stato (SCL 90) e un test di tratto (16 PF).
Da questi si è rinnovata la conferma agli studi
americani di T. Cermack in quanto è emerso che
questi soggetti presentano punteggi elevati rientrando
nella condizione patologica per sintomi di depressione,
ossessività-compulsività,
ansia-ostilità
e
infine
somatizzazione. Gli altri stati clinici non rientrano in
punteggi patologici.
Con il test di personalità è emerso un profilo di
personalità con le stesse caratteristiche: soggetti che
tendono a contrarre relazioni di tipo infantile di
dipendenza, tendenza a mantenere le cose come
stanno e quindi con una notevole resistenza al
cambiamento, bisogno di conferme e rassicurazioni,
socialmente dipendenti dal gruppo, con elevato livello
d’ansia, tensione, eccitabilità.
L’importanza della valutazione del partner deriva dalla
necessità clinica di stabilire con questo un’alleanza per
un miglior risultato e una maggiore ritenzione in
trattamento del soggetto che presenta il disturbo.
Cominciano inoltre a presentarsi casi di donne che
mostrano la sintomatologia della codipendenza, anche
se questa non è stata ancora definita come tale, ma già
da molti autori riconosciuta come esistente. Anche nel
DSM IV la vediamo per ora accennata nel capitolo
“Altre condizioni che possono essere oggetto di
attenzione clinica”, nella categoria dei Problemi
relazionali come: Problema relazionale tra partner
(Z63.0).
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