NEW ADDICTIONS LA SINDROME DEL SALVATORE O “CODIPENDENZA”: QUANDO I PROBLEMI DEGLI ALTRI DIVENTANO UNA “MISSIONE” DI VITA Dott.ssa Romina Galmacci (Psicologa clinica-Specialista in Addictive Behaviours e Patologie Correlate) La nota “Sindrome del Salvatore”, che nell’ambito scientifico, da alcuni Autori viene denominata , dipendenza relazionale, e da altri Codipendenza, si puo’ rintracciare in ogni tipo di relazione, non solo di coppia, ma anche, in un contesto familiare, lavorativo e amicale, ed indica una condizione psicologica o una relazione, in cui una persona è controllata o manipolata da un’altra, affetta da una condizione patologica, tipicamente un disturbo di personalità o una dipendenza da sostanze. Questa condizione è caratterizzata, in primis dalla preoccupazione eccessiva per i bisogni degli altri e dalla mancanza di considerazione per i propri, ai quali viene concessa in modo costante e sistematico una bassissima priorità ed in secondo luogo dall’attivazione di schemi e meccanismi di negazione, di controllo e di evitamento. Come può essere definita la Codipendenza? Numerosi i Autori si sono cimentati nel dare definizioni della codipendenza conformi alla loro provenienza formativa che, oscillando tra concetto di malattia o di comportamento appreso,. vedono via via la codipendenza come un tratto distintivo o disturbo di personalità specifico, come disturbo autonomo differente da altri disturbi mentali, come un comportamento disfunzionale, come effetto di un condizionamento ambientale o come, come una dipendenza o compulsione. Una definizione riassuntiva , pur se parziale, ma comprensibile è quella fornita nel 1989 nell’ambito della. prima Conferenza Nazionale sulla Codipendenza negli Stati Uniti, che la delinea come: “un insieme di comportamenti tipici, caratteristici di partner/familiari di soggetti affetti da dipendenze, da altri disturbi psichiatrici, disturbi compulsivi o di personalità” che si estrinsecano attraverso tematiche prevalenti centrate sul controllo del familiare o in termini più ampi, indipendenti dalla presenza o meno di un partner/familiare malato, come "un modello di dolorosa dipendenza da comportamenti compulsivi e dall'approvazione altrui allo scopo di trovare sicurezza, autostima ed identità” . Chi sono i Codipendenti/Salvatori? I Codipendenti sono persone abituate sin dall’infanzia sia a sacrifiicarsi per gli altri, che a vivere nell’emergenza e che una volta adulte faranno di tutto, per trovare qualcuno da salvare, entrando così in una sorta di “circolo vizioso”. Questi individui diventano dipendenti del loro ruolo di salvatori, indossando 24 ore al giorno una “maschera”, ed inviando all’esterno in messaggio ben chiaro e definito “Io non ho bisogno” , vivendo pertanto in un’immagine fasulla, in cui il loro dovere di salvare verrà sempre prima del permesso di essere vulnerabili: nel caso si ammaleranno, si vieteranno di dirlo a nessuno, se preoccupati, non si daranno il permesso di consultare mai un amico, perché comunicare all’esterno che anche loro hanno problemi come gli altri, si tradurrebbe nella perdita della loro funzione sociale. Quando si può affermare quindi che una persona è codipendente? Si può affermare che una persona è codipendente quando: non riesce a tenere relazioni con individui che non hanno bisogno di aiuto; si fa condizionare in modo eccessivo dal comportamento di un altro soggetto (partner, genitore, amico, figlio, ecc …); cerca di controllare l’altro in modo eccessivo, attraverso azioni finalizzate alla “salvezza ed al bene dell’altro”. Qual’è l’oggetto della codipendenza? Il codipendente, attraverso una modalità patologica di accudimento dell’altro problematico, che si trasforma in una vera e propria “missione di vita”, si assume sia il controllo sia dell’altra persona, che del rapporto, arrivando in tal modo, a sentirsi importante e di valore. Qualora, riesca nel suo fine, sarà lui stesso ad interrompere la relazione: il partner ormai guarito, perderebbe in tal caso importanza, perché non più funzionale a sostenere il suo ruolo di salvatore. Si evince pertanto che nella codipendenza, l’oggetto della dipendenza è la vittima da salvare, ossia un partner problematico per costruire la relazione. Perche’ il codipendente ricerca “vittime da salvare”? Il codipendente ha bisogno di una vittima da salvare, perché deve assumere il ruolo di “salvatore” e/o martire., in modo da collocare e i bisogni degli altri prima dei propri e conferendo a se stesso parallelamente la soddisfazione del bisogno di sentirsi “necessario”, andando così a sedare la paura di restare solo. Difatti, solo ed esclusivamente, attraverso il ruolo di salvatore dell’altro, il codipendente riesce a indipendente) mantenere un’Immagine di Sé Ideale (forte, di valore ed non permettendo così, al suo vuoto affettivo di emergere, ed in questo modo, negando a se stesso e agli altri, l’Immagine di Sé Reale (dipendente, fragile e di scarso valore). Quali sono le cause della Sindrome del Salvatore? I codipendenti, spesso, provengono da famiglie d’origine invischiate ed invischianti, con problematiche connesse a dinamiche di dipendenza (affettiva o da sostanze), nel cui ambito, sin da piccoli, hanno imparato a muoversi, occupandosi quasi sempre del genitore o del familiare problematico . Nella vita adulta, questi individui, ricercando persone da salvare, tenderanno a ripetere gli stessi schemi e meccanismi messi in atto nell’infanzia, una sorta di quello che diventerà, se non si interviene con un percorso psicologico, un “copione di vita”, quello per l’appunto del salvatore, e che sarà per loro naturale incarnare, considerato rappresenta l’ unica forma di relazione affettiva da loro conosciuta. Il codipendente è consapevole del suo disturbo? La sindrome del Salvatore è riconosciuta difficilmente dalla persona che ne soffre, pertanto spesso “viene portata” dallo psicologo in veste di sintomo o come grande disagio psicologico. La sintomaticità si esprime generalmente in termini di ansia, depressione, somatizzazione, ma anche di ideazione paranoide o di alterazione delle abitudini alimentari. Cosa fare? Partendo dal presupposto che l’equilibrio di una relazione sana, matura, libera ed interdipendente, si deve basare sul dialogo, sul rispetto di sé stessi e sul riconoscimento dell’altro come individuo., chi decide di interrompere il meccanismo della dipendenza e rompere la relazione disfunzionale, dovrà affrontarne le sue conseguenze sul piano emotivo, che si manifesteranno all’inizio in una inevitabile sensazione di sofferenza e di vuoto, causata dalla mancata abitudine di prendersi cura- dei bisogni altrui. La difficoltà di uscire da una relazione disfunzionale per il paziente codipendente consiste nell’incapacità di riconoscere il proprio bisogno d’amore, perché questa esigenza profonda è stata “spostata” sul bisogno della relazione con il partner problematico prescelto. Pertanto lo scopo principale del trattamento è condurre il paziente codipendente a prendere contatto con sé stesso, la propria intimità, i propri desideri sani e costruttivi, portandolo così a formulare obiettivi per un progetto di vita soddisfacente, in cui non dai problemi altrui. farsi più travolgere