Cass. civ. Sez. I, Sent., 24/03/2014, n. 6833 ESPROPRIAZIONE PER PUBBLICA UTILITA' Espropriazione, in genere Fatto Diritto P.Q.M. REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE PRIMA CIVILE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. SALVAGO Salvatore - Presidente Dott. DI AMATO Sergio - Consigliere Dott. BENINI Stefano - rel. Consigliere Dott. GIANCOLA Maria C. - Consigliere Dott. LAMORGESE Antonio - Consigliere ha pronunciato la seguente: sentenza sul ricorso 28010-2009 proposto da: PROVINCIA DI PISTOIA (c.f. (OMISSIS)), in persona del Presidente della Giunta Provinciale pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR 17, presso l'avvocato ANGELINI MASSIMO, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati BUIANI ERMANNO, PAOLA PUPINO, giusta procura in calce al ricorso; - ricorrente contro B.A.G., B.E.M.G., B.A. E., BE.RE., B.F., B.G., B.M., COMUNE DI AGLIANA; - intimati Nonchè da: COMUNE DI AGLIANA (P.I. (OMISSIS)), in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, LARGO DEI LOMBARDI 4, presso l'avvocato TURCO ALESSANDRO, rappresentato e difeso dall'avvocato VICICONTE GAETANO, giusta procura speciale per Notaio dott. ANTONIO MARRESE di PISTOIA - Rep.n. 125551 del 8.2.2013; - controricorrente e ricorrente incidentale contro PROVINCIA DI PISTOIA (c.f. (OMISSIS)), in persona del Presidente della Giunta Provinciale pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR 17, presso l'avvocato ANGELINI MASSIMO, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati BUIANI ERMANNO, PAOLA PUPINO, giusta procura in calce al controricorso al ricorso incidentale; - controricorrente al ricorso incidentale contro B.E.M.G., B.A.E., BE. R., B.F., B.G., B.M., B.A.G.; - intimati Nonchè da: B.A.E. (c.f. (OMISSIS)), B.E.M. G. (c.f. (OMISSIS)), B.A.G. (c.f. (OMISSIS)), elettivamente domiciliati in ROMA, VIA BARNABA TORTOLINI 13, presso l'avvocato VERINO MARIO ETTORE, che li rappresenta e difende unitamente all'avvocato CAMPAGNI FRANCO BRUNO, giusta procura a margine del controricorso e ricorso incidentale; - controricorrenti e ricorrenti incidentali contro PROVINCIA DI PISTOIA (c.f. (OMISSIS)), in persona del Presidente della Giunta Provinciale pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR 17, presso l'avvocato ANGELINI MASSIMO, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati BUIANI ERMANNO, PAOLA PUPINO, giusta procura in calce al controricorso al ricorso incidentale; - controricorrente al ricorso incidentale contro COMUNE DI AGLIANA; - intimato e nei confronti di: BE.RE., B.F., B.G., B. M.; - intimati Nonchè da: BE.RE. (C.F. (OMISSIS)), B.G. (C.F. (OMISSIS)), B.M. (C.F. (OMISSIS)), B.F. (C.F. (OMISSIS)), nella qualità di eredi di B.R., elettivamente domiciliati in ROMA, CORSO VITTORIO EMANUELE II 18, presso lo STUDIO GREZ & ASSOCIATI S.R.L., rappresentati e difesi dall'avvocato GIOVANNELLI GUIDO, giusta procura a margine del controricorso e ricorso incidentale; - controricorrenti e ricorrenti incidentali contro PROVINCIA DI PISTOIA (c.f. (OMISSIS)), in persona del Presidente della Giunta Provinciale pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR 17, presso l'avvocato ANGELINI MASSIMO, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati BUIANI ERMANNO, PAOLA PUPINO, giusta procura in calce al controricorso al ricorso incidentale; - controricorrente al ricorso incidentale contro COMUNE DI AGLIANA; - intimato e nei confronti di: B.E.M.G., B.A.E., B.A. G.; - intimati Nonchè da: B.A.E. (c.f. (OMISSIS)), B.E.M. G. (c.f. (OMISSIS)), B.A.G. (c.f. (OMISSIS)), elettivamente domiciliati in ROMA, VIA BARNABA TORTOLINI 13, presso l'avvocato VERINO MARIO ETTORE, che li rappresenta e difende unitamente all'avvocato CAMPAGNI FRANCO BRUNO, giusta procura a margine del controricorso e ricorso incidentale; - controricorrenti e ricorrenti incidentali contro COMUNE DI AGLIANA, PROVINCIA DI PISTOIA; - intimati e nei confronti di: BE.RE., B.F., B.G., B. M.; - intimati e con l'intervento di: F.E., B.F., B.G., nella qualità di eredi di B.A.G., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA BARNABA TORTOLINI 13, presso l'avvocato VERINO MARIO ETTORE, che li rappresenta e difende unitamente all'avvocato CAMPAGNI FRANCO BRUNO, giusta procura a margine della comparsa d'intervento volontario; - intervenienti avverso la sentenza n. 1175/2009 della CORTE D'APPELLO di FIRENZE, depositata il 14/09/2009; udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 04/02/2014 dal Consigliere Dott. STEFANO BENINI; udito, per la ricorrente principale PROVINCIA, l'Avvocato ERMANNO BUIANI che ha chiesto l'accoglimento del ricorso principale ed il rigetto dei ricorsi incidentali; udito, per i controricorrenti e ricorrenti incidentali B. e gli intervenienti F. +2, l'Avvocato FRANCO BRUNO CAMPAGNI che ha chiesto il rigetto del ricorso principale, l'accoglimento dei propri incidentali; udito, per i controricorrenti e ricorrenti incidentali BE., l'Avvocato MAURO GIOVANNELLI, con delega, che ha chiesto la rimessione alle SS.UU. e comunque il rigetto del ricorso principale, l'accoglimento del proprio incidentale; udito, per il controricorrente e ricorrente incidentale COMUNE di AGLIANA, l'Avvocato CATIA FRATINI, con delega, che ha chiesto il rigetto del ricorso principale, l'accoglimento del proprio incidentale; udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. ZENO Immacolata che ha concluso per l'accoglimento per quanto di ragione del ricorso principale e dell'incidentale del COMUNE, accoglimento dei ricorsi incidentali B. e BE. per quanto di ragione, rigetto del primo motivo del ricorso incidentale del COMUNE ed assorbimento del quarto motivo dello stesso ricorso. Svolgimento del processo 1. Con atto di citazione notificato il 23.4.1987, B.R. e B.R. convenivano in giudizio davanti al Tribunale di Pistoia la Provincia di Pistoia e il Comune di Agliana chiedendo la determinazione dell'indennità per il periodo di occupazione legittima, e la condanna dei convenuti al risarcimento del danno per l'occupazione appropriativa di terreni di loro proprietà occupati d'urgenza e utilizzati per la costruzione di un edificio scolastico. Si costituivano in giudizio le amministrazioni convenute, contestando il fondamento della domanda, di cui chiedevano il rigetto. 2. Avverso la sentenza di primo grado, depositata nel 2005, che dichiarava la propria incompetenza riguardo alla domanda di determinazione dell'indennità di occupazione, e condannava gli enti pubblici, in solido, al pagamento della somma di Euro 64.367,06, oltre interessi e rivalutazione, sul presupposto della natura agricola del terreno occupato, proponevano appello B.A. G., B.E.M.G. e B.A.E., quali eredi di B.R., e Be.Re., B.F., B.G. e B.M. quali eredi di B.R., chiedendo la rideterminazione del risarcimento in misura maggiore. Proponeva appello incidentale il Comune di Agliana per la dichiarazione dell'esclusiva responsabilità della Provincia. Le parti private adivano inoltre la Corte d'appello, con citazione in riassunzione notificata il 30.9.2006, per la determinazione dell'indennità di occupazione. 3. Con sentenza depositata il 14.9.2009, la Corte d'appello di Firenze, riunite le cause risarcitoria e indennitaria, riliquidava il danno da occupazione appropriativa per il maggior importo di Euro 417.279,60, al cui pagamento dovevano esser condannati in solido i due enti pubblici, a carico dei quali era ravvisabile un concorso di colpa. Il giudice d'appello partiva dalla considerazione che il terreno, avente una destinazione a verde pubblico con attrezzature collettive (zona F) secondo le indicazioni del piano regolatore generale (d'ora in avanti, prg) di Agliana, non poteva esser ritenuto agricolo, come stabilito dal giudice di primo grado, ma consentiva l'edificazione entro limiti particolari. A tale conclusione perveniva considerando che la zona F contribuisce a dotare le zone edificabili in senso stretto (A, B, C, D) della necessaria urbanizzazione, e quindi partecipa della natura delle stesse, indipendentemente dalla questione se la destinazione del piano (poi specializzata in edilizia scolastica da una variante del 1982) sia attuabile ad iniziativa privata. Tenuto conto della morfologia del terreno, della vicinanza di un'area cimiteriale, dell'estensione del lotto, dell'indice di fabbricabilità secondo gli strumenti urbanistici, il valore era identificato con l'incidenza del costo del terreno sul valore dell'edificato, e calcolato sulla base di Euro 12 ogni metro cubo, su 34.733,30 mc. realizzabili, in base all'indice di edificabilità in rapporto all'estensione dell'area (mq. 21.870). Gli interessi e la rivalutazione decorrevano dal 27.3.1981, data del rilascio della concessione edilizia e dell'inizio dei lavori di costruzione. L'indennità di occupazione era da calcolare applicando l'interesse legale dalla data di immissione in possesso dell'espropriante (8.9.1980) ed il momento in cui avviene il mutamento di proprietà (27.3.1981), complessivamente Euro 11.432,30. 4. Ricorre per cassazione la Provincia di Pistoia, affidandosi a quattro motivi, al cui accoglimento si oppongono con controricorso: Be.Re., B.F., B.G. e B. M. che a loro volta propongono ricorso incidentale affidandosi a cinque motivi, cui si oppone con controricorso la Provincia; B.A.G., B.E.M.G. e B.A. E., che a loro volta propongono ricorso incidentale affidandosi a quattro motivi, oltre ad un ulteriore motivo condizionato, cui si oppone con controricorso la Provincia; il Comune di Agliana che a sua volta propone ricorso incidentale affidandosi a quattro motivi, cui si oppone con controricorso la Provincia, nonchè B.A.G., B.E.M. G. e B.A.E., che spiegano ulteriore ricorso incidentale. Intervengono in giudizio F.E., B. F. e B.G., quali eredi di B.A. G., deceduto nelle more del giudizio di cassazione. Tutte le parti hanno depositato memorie. Motivi della decisione 1.1. Con il primo motivo di ricorso, la Provincia di Pistoia, denunciando violazione e falsa applicazione della L. n. 244 del 2007, art. 2, comma 89, D.L. n. 333 del 1992, art. 5-bis conv. in L. n. 359 del 1992 , L. n. 2359 del 1865, art. 39, L. n. 865 del 1971, art. 17 in relazione al D.M. n. 1444 del 1968 , L. n. 1150 del 1942, art. 7 in relazione all'art. 119 norme tecniche di attuazione (d'ora in avanti, nta) del prg del 1974 del Comune di Agliana, censura la sentenza impugnata per aver erroneamente ritenuto che l'inserimento del terreno di proprietà B. in zona F avrebbe attribuito carattere edificatorio, funzionale alle limitrofe zone A-B-C-D, di cui costituirebbe corredo necessario ed elemento costitutivo dell'edificabilità: la zona F è al pari delle altre, zona omogenea e autonoma, prevista in via generale e astratta nel territorio municipale in virtù di un vincolo conformativo, e non funzionale a rendere edificabili le zone contigue; nella specie le aree rientrano in una zona la cui destinazione, generale e astratta, a servizi di uso pubblico e di interesse generale, denota l'esistenza di un vincolo conformativo che incide sulla proprietà. 1.2. Con il secondo motivo di ricorso, la Provincia di Pistoia, denunciando omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su punti decisivi, censura la sentenza impugnata per aver riconosciuto la vocazione edificatoria del terreno B. sulla base dell'errato presupposto che il prg del 1974 vi prevedesse già la costruzione di un edificio scolastico, che viceversa era stata introdotta dalla variante del 1982 (che appose la simbologia "scuola professionale secondaria"), quindi successivamente alla costruzione dell'opera pubblica (localizzabile alla data 27.3.1981), oltre al fatto che l'edilizia scolastica è riconducibile ad un servizio strettamente pubblicistico, connesso a un fine proprio ed istituzionale dello Stato. 1.3. Con il terzo motivo di ricorso, la Provincia di Pistoia, denunciando contraddittoria motivazione su fatto controverso e decisivo, censura la sentenza impugnata per aver riconosciuto la natura conformativa del vincolo, quale elemento (testualmente: "vincolo conformativo generale preesiste in loco") da considerare ai fini valutativi per poi determinare il prezzo, come se il vincolo fosse espropriativo, secondo la tipologia dei terreni edificabili (indice di edificabilità desumibile dal rapporto tra l'estensione dell'area e l'entità della cubatura teoricamente realizzabile). 1.4. Con il quarto motivo di ricorso, la Provincia di Pistoia, denunciando insufficiente motivazione su fatto controverso e decisivo nella determinazione del valore del terreno, censura la sentenza impugnata per aver preso per buono, da una parte, l'indicazione del c.t.u. F. sull'incidenza del costo del terreno sul metro cubo di edificio (tra 15 e 18 Euro/mc.), senza preventivamente spiegare il costo di ogni metro cubo realizzabile, e dall'altro per aver applicato una riduzione del 20%, evidentemente effettuata secondo equità, e tuttavia inferiore a rappresentare l'incidenza negativa della destinazione pubblicistica sul valore del terreno, essendo evidente che un terreno edificativo contiguo a zona cimiteriale, destinato a costruzione scolastica, ha valore di mercato di gran lunga inferiore ad aree edificative a scopo abitativo per villette unifamiliari con verde pertinenziale. 2.1. Con il primo motivo del ricorso incidentale, il Comune di Agliana, denunciando violazione degli artt. 2043, 2049 e 2055 c.c. , in relazione alla L.R. Toscana 13 agosto 1984, n. 50 e L.R. Toscana 21 aprile 1986, n. 18, e degli artt. 100, 115 e 116 c.p.c. e art. 2697 c.c. , censura la sentenza impugnata per aver ritenuto la legittimazione passiva del Comune, nonostante che l'occupazione fosse stata effettuata esclusivamente dalla Provincia di Pistoia che realizzò l'opera, che nessun atto competesse al Comune, e che nessuna intesa vi fosse tra i due enti pubblici; il Comune si trovò ad essere competente ex lege per le espropriazioni nel limitato periodo di circa 12 mesi di vigenza della L.R. n. 50 del 1984, quando, per mancanza di fondi da parte della Provincia con impossibilità di depositare le indennità, non poteva più emettersi il decreto di esproprio. Le colpe tra i due enti pubblici dovrebbero essere comunque graduate, in relazione all'omesso esercizio da parte della Provincia dei poteri di controllo e di stimolo. 2.2. Con il secondo motivo del ricorso incidentale, il Comune di Agliana, denunciando violazione e falsa applicazione della L. 22 ottobre 1971, n. 865, art. 16, della L. 8 agosto 1992, n. 359, art. 5- bis, della L. n. 2359 del 1865, art. 39, anche in relazione alla norme attuative del prg adottato dal Comune di Agliana, censura la sentenza impugnata per aver considerato le aree occupate come edificabili, non valendo a ciò la destinazione urbanistica a verde pubblico con attrezzature collettive, che comporta doversi tener conto, ai fini espropriativi, dell'originaria natura agricola. La connotazione edificatoria deriva solo dalla destinazione a edilizia residenziale privata, tanto più che i terreni collocati fuori dal perimetro abitato, erano coltivati a frumento da un colono dei proprietari, che mai manifestarono volontà di utilizzarli a fini edificatori. Nè potrebbe sostenersi per gli stessi terreni una possibilità classificatoria intermedia. 2.3. Con il terzo motivo del ricorso incidentale, il Comune di Agliana, denunciando omessa ed errata motivazione su punto decisivo, censura la sentenza impugnata per aver qualificato il terreno, sulla base di un'illogica adesione alla relazione del c.t.u. F., adottando il criterio della edificabilità di fatto. 2.4. Con il quarto motivo del ricorso incidentale, il Comune di Agliana, denunciando violazione dell'art. 91 c.p.c. , ed erronea motivazione su punto decisivo, censura la sentenza impugnata per aver condannato il Comune al pagamento delle spese di causa, che viceversa dovevano gravare sugli attori o essere compensate. 3.1. Con un primo ricorso incidentale, contestuale a controricorso opposto al ricorso principale della Provincia, B.A. G., B.E.M.G. e B.A.E., denunciando con il primo motivo violazione e omessa applicazione del D.P.R. n. 327 del 2001, art. 32 e L. n. 2359 del 1865, art. 39 censurano la sentenza impugnata in quanto ha tenuto conto dell'originaria destinazione urbanistica dei terreni a verde pubblico con attrezzature collettive, mentre l'occupazione appropriativa si è consumata durante l'occupazione legittima (questa prorogata fino al 14.5.1986), quando era in vigore la variante, adottata nel 1980 ed approvata dalla Regione nel 1982, con destinazione a servizi ed usi di interesse collettivo, ed ha assegnato un valore di Euro 12 per metro cubo realizzabile, quale risultato di una decurtazione del 20% del prezzo di mercato, che tiene conto arbitrariamente del vincolo preordinato ad esproprio. 3.2. Con il secondo motivo del ricorso incidentale, B.A. G., B.E.M.G. e B.A.E., denunciando violazione della L. n. 865 del 1971, art. 20, L. n. 42 del 1985, art. 1, comma 5-bis, art. 2043 c.c. , censurano la sentenza impugnata in quanto ha liquidato l'indennità di occupazione partendo dall'incontroversa data dell'immissione in possesso (8.9.1980), fino al 27.3.1981, mentre l'occupazione è durata, siccome prorogata dalla Provincia, fino al 21.4.1986 (o 14.5.1986), sicchè l'indennità, va commisurata non per soli 200 giorni, ma per tutta la durata dell'occupazione, alla scadenza della quale si configura l'occupazione appropriativa del terreno. 3.3. Con il terzo motivo, i ricorrenti incidentali B., denunciando omessa e carente motivazione su punto decisivo e controverso, censurano la sentenza impugnata per aver rivalutato la somma cumulativa del credito risarcitorio e indennitario, applicando gli interessi e la rivalutazione monetaria secondo i dati Istat, mentre i ricorrenti hanno provato di essere portatori di titoli di Stato. 3.4. Con il quarto motivo, i ricorrenti incidentali B., denunciando omessa insufficiente contraddittoria motivazione su punto decisivo e controverso, censurano la sentenza impugnata per aver recepito le indicazioni del c.t.u. F. in ordine ad una ancora non avvenuta urbanizzazione dell'area occupata, laddove il proprio c.t.p. aveva dimostrato come l'area fosse completamente servita da opere di urbanizzazione primaria (soprattutto per quanto riguarda le strade), derivandone l'arbitraria adozione dell'indice territoriale 1,2, mentre l'indice applicabile alle aree urbanizzate è di 1,5, il che conduce ad un valore di L. 986.000.000 (stimato invece dal c.t.u. in L. 640.000.000), e, applicando il reale valore di mercato, a L. 1.194.000.000; adottando gli stessi coefficienti di rivalutazione del c.t.u., dal settembre 1980, all'aprile 1988, si perverrebbe ad un prezzo di L. 1.436.352.000. 3.5. Per l'ipotesi in cui venisse accolto il ricorso principale, i B. propongono ricorso incidentale, il cui unico motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell'art. 118 Cost. , comma 4, art. 41 Cost. , D.Lgs. n. 155 del 2006, art. 2 nel senso che in materia di istruzione debbono escludersi i vincoli conformativi indiscriminatamente posti dalla p.a., alla luce del principio di sussidiarietà, che lascia spazio ai privati per la realizzazione dei servizi di utilità sociale, il che deve condurre alla disapplicazione delle norme di prg che inibiscono nelle zone vincolate la realizzazione di opere ad iniziativa privata, giacchè in caso contrario dovrebbe rimettersi alla Corte costituzionale la questione di legittimità della L. 17 agosto 1942, n. 1150, art. 7, comma 2, nella parte in cui i vincoli non ablatori posti dalla programmazione e pianificazione urbanistica, escludono l'intervento dei proprietari delle aree con imposizione di vincoli conformativi. 4. A seguito della proposizione del controricorso e ricorso incidentale del Comune di Agliana, B.A.G., B. E.M.G. e B.A.E., si oppongono con controricorso, e contestualmente formulano, nei confronti di tale amministrazione, ulteriore ricorso incidentale, dell'esatto testuale tenore di quello proposto nei confronti della Provincia di Pistoia. 5.1. Con il primo motivo di ricorso incidentale, Be.Re., B.F., B.G. e B.M., condizionatamente all'accoglimento di uno dei primi tre motivi del ricorso principale, denunciando violazione e falsa applicazione della L. n. 2359 del 1865, art. 39, D.L. n. 333 del 1992, art. 5-bis conv. in L. n. 359 del 1992 , della L. n. 244 del 2007, art. 2, comma 89, ed omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione in ordine a un elemento decisivo, censurano la sentenza impugnata per aver considerato l'irrilevanza, ai fini del riconoscimento dell'edificabilità del terreno, della realizzabilità dell'opera da parte dei privati. Viceversa le norme tecniche di attuazione del prg non impedivano che la prevista scuola secondaria fosse realizzata a iniziativa privata o promiscua pubblico-privata, e del resto nella delibera di approvazione della variante del 1982 si prevedeva espressamente che all'interno delle aree destinate a verde pubblico con attrezzature collettive, si potesse concedere a privati la possibilità di realizzare particolari strutture di uso pubblico, tanto più che è a quest'ultima regolamentazione che deve farsi riferimento, essendo maturata l'occupazione appropriativa al 4.9.1986, data di scadenza dell'occupazione legittima, ed essendo iniziata la causa il 23.4.1987. 5.2. Con il secondo motivo, i ricorrenti incidentali Be. - B., sempre condizionatamente all'accoglimento di uno dei primi tre motivi del ricorso principale, denunciando ulteriore violazione e falsa applicazione della L. n. 2359 del 1865, art. 39, D.L. n. 333 del 1992, art. 5-bis conv. in L. n. 359 del 1992 , L. n. 244 del 2007, art. 2, comma 89, violazione e falsa applicazione dei principi giurisprudenziali in materia di accessione invertita e falsa applicazione del D.P.R. n. 327 del 2001, art. 43, ed omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione in ordine a un elemento decisivo, censurano la sentenza impugnata per aver fatto discendere l'edificabilità del terreno dal prg del 1974 anzichè dalla variante del 1982, sull'erroneo presupposto che l'occupazione appropriativa si sia perfezionata nel 1981, al momento del rilascio della concessione edilizia, essendosi invece verificata alla scadenza dell'occupazione legittima, e la disciplina del territorio in quel momento (7.9.1986 o 20.4.1986) era quella della variante generale approvata nel 1982, che concedeva la costruzione dell'opera pubblica ai privati. Tanto più che non essendo più vigente, nel nostro ordinamento, l'istituto giurisprudenziale dell'occupazione appropriativa perchè contrario alla Convenzione Europea dei diritti dell'uomo e incompatibile con l'istituto dell'acquisizione sanante, il proprietario conserva il suo diritto sul terreno anche a seguito della irreversibile trasformazione, e ne può chiedere la restituzione, e optando per il risarcimento, la valutazione del bene dovrà essere compiuta al momento dell'introduzione dell'azione, cioè il 23.4.1987. 5.3. Con il terzo motivo, i ricorrenti incidentali Be. - B., denunciando omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione in ordine a un elemento decisivo, censurano la sentenza impugnata per aver riconosciuto un valore del terreno inferiore a quello stimato dal c.t.u. F., ritenendo erroneamente che quello fosse il valore dei terreni destinati a edilizia privata, con conseguente abbattimento del 20%, mentre quello era il risultato di una valutazione condotta con il metodo analiticoricostruttivo, considerando la condizione di fatto del bene come inserita in area adeguatamente urbanizzata ed a prevalente edificazione privata. L'abbattimento del 20% risulta comunque sproporzionato e irragionevole rispetto alla reale incidenza del vincolo, sicchè il valore dovrebbe più realisticamente essere fissato a L. 15.000/mq., potendo la Corte di cassazione provvedere in tal senso ex art. 384 c.p.c.. 5.4. Con il quarto motivo, i ricorrenti incidentali Be. - B., denunciando violazione e falsa applicazione della L. n. 865 del 1971, art. 20, violazione e falsa applicazione dei principi giurisprudenziali in materia di accessione invertita, censurano la sentenza impugnata per aver determinato l'indennità di occupazione legittima considerando il periodo tra l'8.9.1980 ed il 27.3.1981, anzichè quello tra l'immissione in possesso e la scadenza dell'occupazione legittima (7.9.1986 o 20.4.1986), perchè ove l'irreversibile trasformazione del fondo avvenga durante l'occupazione, è alla sua scadenza che si verifica il passaggio di proprietà alla p.a., potendo la Corte di cassazione provvedere in tal senso ex art. 384 c.p.c.. 5.5. Con il quinto motivo, i ricorrenti incidentali Be. - B., denunciando violazione e falsa applicazione dell'art. 112 c.p.c, dell'art. 1224 c.c. , comma 2, ed omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su punto decisivo, censurano la sentenza impugnata per aver disposto la rivalutazione del credito risarcitorio in base all'indice Istat invece che sulla base del tasso normale dei buoni del tesoro, di cui i B. hanno provato in causa di essere portatori. 6. La molteplicità delle questioni trattate nelle impugnazioni, ed la considerevole quantità degli scritti difensivi provenienti da tutte le parti, richiedono una prima organizzazione dell'oggetto del contendere, al fine di razionalizzare l'analisi dei diversi motivi di doglianza. In via sistematica, per brevità, nell'esame dei ricorsi incidentali delle parti private, ci si riferirà al ricorso B. per intendere l'impugnazione proposta da B.A.G. (cui sono subentrati F.E., B.F. e B. G.), B.E.M.G. e B.A.E., e al ricorso Be. per intendere l'impugnazione proposta da Be.Re., B.F., B.G. e B. M.. Il ricorso incidentale B. viene ovviamente considerato come ricorso unico, anche se duplicato avverso la Provincia di Pistoia e avverso il Comune di Agliana. Preventivamente si debbono affrontare le questioni di ordine processuale sollevate da più parti. Successivamente si esamina il problema della titolarità passiva dell'obbligo risarcitorio. Sul presupposto che, comunque, i proprietari espropriati, hanno diritto ad un risarcimento per la perdita della proprietà, e ad una indennità per l'occupazione temporanea del fondo, le cui misure sono ancora oggetto di contestazione, la questione, di stabilire quale sia l'ente obbligato, si pone indipendentemente dall'ammontare del debito: il che comporta l'esame del primo motivo del ricorso incidentale del Comune di Agliana. Vi è poi la questione della corretta collocazione cronologica della vicenda espropriativa, posto che la Corte d'appello ha relazionato la valutazione del bene ad una data (27.3.1981) che non sembra raccogliere i consensi delle parti, sicchè la definizione dei tempi appare imprescindibile per l'accertamento della qualità del bene rispetto alle vicende urbanistiche, sia ai fini valutativi in relazione all'andamento del mercato immobiliare, sia per la commisurazione dell'indennità di occupazione, ovviamente dipendente dalla sua durata. Il polo della ricostruzione storica raggruppa i motivi 2 della Provincia, 1 e 2 del ricorso incidentale B., 1, 2 e 4 del ricorso incidentale Be.. Si passa poi alla questione cruciale, quella di qualificazione del terreno occupato, quale presupposto imprescindibile per la determinazione del suo valore alla stregua del criterio fondamentale di indennizzo (e di risarcimento): l'alternativa edificabileagricolo (rectius edificabile-non edificabile, come si spiegherà oltre), siccome imposta dal D.L. 11 luglio 1992, n. 333, art. 5 bis, comma 3, conv. in L. 8 agosto 1992, n. 359 , rimasto indenne dalla dichiarazione di incostituzionalità della sentenza Corte cost. 24.10.2007, n. 348, che ha inciso sui soli aspetti quantitativi dell'indennità per i suoli edificatori, polarizza la maggior parte delle doglianze: è appena il caso di osservare che il capitolo della edificabilità è pure influenzato, come sopra accennato, dai tempi della vicenda urbanistica, sicchè l'esame della questione edificabilità conoscerà dei necessari riferimenti alle modifiche del prg. La questione della qualificazione dei terreni occupati polarizza i motivi 1 e 3 del ricorso della Provincia, 2-3 del Comune di Agliana, 4 B., 3 Be.. Ove si pervenga alla qualificazione urbanistica del suolo occupato, come edificabile, occorrerà individuare il criterio di accertamento del valore venale, anch'esso oggetto di critiche di senso opposto sullo stesso specifico aspetto dell'aggiustamento recato dal giudice d'appello al costo del terreno per metro cubo di edificato: vi convergono i motivi 4 della Provincia, 4 B., 3 Be.. E' appena il caso di osservare che tale capitolo verrà trattato nella sola ipotesi in cui al terreno venga riconosciuta la prerogativa dell'edificabilità, risultando, al contrario, assorbito, ove la valutazione debba essere compiuta alla stregua del valore agricolo di mercato, secondo il sistema risarcitorio configurabile a seguito dell'intervento della Corte costituzionale (sentenza Corte cost. 24.10.2007, n. 349) per l'occupazione appropriativa dei terreni non edificabili. Ulteriormente condizionata è la pronuncia sulle obbligazioni accessorie (rivalutazione: 3 B.; 5 Be.), e sulle spese del giudizio di merito (4 Comune), che avrà luogo solo ove venga riconosciuta la fondatezza, rispettivamente, dei ricorsi dei privati e dell'amministrazione comunale. 7.1. Preliminarmente, si rileva che a seguito del decesso di B. A.G., verificatosi il 5.8.2013, si sono costituiti in giudizio F.E., B.F. e B. G., in qualità di eredi del controricorrente, a mezzo di comparsa d'intervento notificata alle controparti il 12.12.2013, e recante a margine la procura speciale rilasciata al difensore. Tale atto, nel quale è trascritto il testo del controricorso-ricorso incidentale a suo tempo promosso da B.A.G., le cui argomentazioni difensive e conclusioni sono recepite dei predetti soggetti, eredi del B., deve ritenersi idoneo a far assumere agli stessi la qualità di parte. La sopravvenuta morte della parte, pur risultando ordinariamente ininfluente nel giudizio di cassazione, al quale non si applica l'istituto dell'interruzione, non esclude infatti la possibilità della prosecuzione del giudizio da parte del successore a titolo universale, ai sensi dell'art. 110 c.p.c. , non apparendo tale disposizione incompatibile con la disciplina del procedimento; tale prosecuzione può aver luogo nella forma di un atto, simile al ricorso o al controricorso, ma avente natura di atto di intervento, che deve essere notificato alle controparti, ai fini dell'instaurazione del contraddicono con il nuovo soggetto legittimato. 7.2. La sentenza impugnata è stata pubblicata il 14.9.2009, dunque successivamente all'entrata in vigore della L. 18 giugno 2009, n. 69 (4.7.2009), e i quesiti di diritto, già richiesti dall'abrogato art. 366-bis c.p.c. , non sono previsti dalla disciplina processuale applicabile ratione temporis; la loro formulazione, comunque proposta in tutti i ricorsi, principale e incidentali, nella presente causa, non comporta irregolarità tali da inficiare l'ammissibilità delle impugnazioni (Cass. 21.9.2012, n. 16122), per il principio utile per inutile non vitiatur, onde vanno disattese le eccezioni di inammissibilità mosse al ricorso della Provincia sia per la formulazione in sè (controricorso Be.) che per le modalità di redazione (controricorso B.). 7.3. Pure infondata è l'eccezione di irricevibilità del ricorso della Provincia per omessa indicazione del valore della causa a fini contributivi, attesa la finalità solo fiscale della dichiarazione (Cass. 20.12.2007, n. 26988). 8.1. Venendo alla prima questione, sopra individuata, concernente il merito della causa, il primo motivo del ricorso incidentale del Comune di Agliana va accolto, dovendosi affermare la sola titolarità passiva dell'obbligo risarcitorio da parte della Provincia di Pistoia, ed escludersi la responsabilità del Comune di Agliana. La questione presenta aspetti di complessità legati all'intreccio delle competenze amministrative non solo in materia di espropriazione, in una stagione che vedeva l'attuazione di un primo blocco di trasferimenti e deleghe di funzioni amministrative dallo Stato alle Regioni e agli organi infraregionali, ma anche in tema di edilizia scolastica. La ricostruzione della vicenda nella sentenza impugnata è approssimativa, e certo il riferimento ivi contenuto a un'"intesa" tra Provincia e Comune "in vista dell'attuazione dell'operazione espropriativa", che "non si limitava alla realizzazione materiale dell'edificio scolastico, ma investiva a mezzo di una "delega" l'intera gestione del procedimento ablatorio", non ha l'attendibilità dell'accertamento in fatto (nessun formale atto amministrativo è riferito, neppure dalle parti, ad avvalorare tale cooperazione), ma semmai costituisce qualificazione giuridica degli antefatti amministrativi, in funzione del ruolo esercitato nella vicenda dai due enti pubblici. Sicchè l'eventuale vizio non attiene alla valutazione delle prove (e alla conseguente censurabilità della motivazione), bensì proprio alla violazione delle norme sostanziali in tema di attribuzione della responsabilità da fatto illecito. La Corte d'appello valorizza la mancata emanazione del decreto di esproprio da parte del Comune delegato, per inferire la responsabilità solidale tra i due enti, secondo il principio di corresponsabilità. Le espressioni impiegate (intesa, delega) hanno nel loro complesso l'aspetto di definizioni atecniche, non attagliate alla sistemazione delle competenze amministrative sul doppio fronte della realizzazione della struttura immobiliare funzionale al servizio pubblico dell'istruzione, e dell'acquisizione delle aree necessarie per la costruzione dell'edificio. La ricostruzione della vicenda negli scritti delle parti in causa, particolarmente della Provincia e del Comune, prospetta l'iniziale Delib. consiliare Provincia 21 aprile 1980, n. 129 di approvazione del progetto dell'opera, ed il decreto presidenziale n. 276 del 4.9.1980, con cui venne autorizzata l'occupazione temporanea degli immobili, fino al 19.5.1985, in coerenza con la previsione di ultimazione dei lavori entro mesi 60 dalla esecutività della delibera di approvazione del progetto. La Provincia allega che in data 9.7.1983 la documentazione venne trasmessa al Comune per le procedure espropriative "come richiesto dalle allora disposizioni vigenti". Con Delib. Giunta provinciale 8 maggio 1985, n. 451 l'occupazione di urgenza venne prorogata di un anno. Con decreto n. 28 del 23.4.1986, il Sindaco di Agliana determinò le indennità provvisorie spettanti agli espropriandi. Venendo a classificare i fatti, come sopra riportati, nelle guide della disciplina normativa vigente all'epoca, sembra però da acquisire, in primo luogo, come circostanza pacifica in causa, che all'esecuzione dell'opera abbia provveduto la Provincia di Pistoia, plausibilmente delegata dallo Stato a norma della L. 28 luglio 1967, n. 641, art. 16 (nel testo modificato dal D.L. 24 ottobre 1969, n. 701, art. 1, convertito, con modificazioni, in L. 22 dicembre 1969, n. 952 ): i programmi di edilizia scolastica previsti dalla citata normativa, pur contemplando ampi interventi dello Stato, pongono tuttavia in primo piano la posizione delle Province, dei Comuni, e degli altri enti interessati (art. 9); pertanto il rapporto tra il Ministero dei lavori pubblici e i suddetti enti territoriali va sussunto sotto lo schema dell'affidamento improprio, assimilabile alla delegazione amministrativa intersoggettiva (Cass. 9.6.1983, n. 3952), il che vale ad attribuire la responsabilità esclusiva della costruzione dell'opera alla Provincia, quale ente delegato (Cass. 14.3.1990, n. 2099), e del resto, l'estraneità dell'amministrazione statale non è mai stata in discussione. In tema di edilizia scolastica la L. 28 luglio 1967, n. 641, art. 13, comma 2, prevede che Comuni, Province e gli altri enti obbligati per legge sono tenuti a fornire le aree per la costruzione degli edifici scolastici, ciascuno nell'ambito della propria competenza. La Provincia esercita in materia di edilizia scolastica i compiti attribuiti dalla legislazione statale e regionale che sono connessi alla istruzione secondaria superiore e alla formazione professionale. A ricognizione di quanto sopra, più di recente, il D.L. 31 maggio 2010, n. 78, art. 14, comma 27, conv. in L. 30 luglio 2010, n. 122 , ha definitivamente stabilito essere funzioni fondamentali dei Comuni, ai sensi dell'art. 117 Cost. , comma 2, lett. p), "l'edilizia scolastica per la parte non attribuita alla competenza delle province, organizzazione e gestione dei servizi scolastici" (lett. h), e il D.L. 6 luglio 2012, n. 95, art. 17, comma 10, lett. b-bis), conv. in L. 7 agosto 2012, n. 135 , ha riconosciuto quale funzione della Provincia, la programmazione provinciale della rete scolastica e gestione dell'edilizia scolastica relativa alle scuole secondarie di secondo grado. Nella vicenda di cui è causa, trattandosi nella specie di Istituto tecnico commerciale, l'iniziativa è stata assunta dalla Provincia, che evidentemente in sede di approntamento dei programmi regionali e di conseguenza statali di edilizia scolastica, ha segnalato il fabbisogno, e ha assunto la responsabilità dell'attuazione del piano. La ricorrente, dunque, ha cumulato in sè le figure di promotore dell'esproprio e di beneficiario. Ha evidentemente svolto le funzioni di titolare della potestà espropriativa, dal momento che, come sopra rilevato, riferisce nel proprio ricorso principale di aver provveduto all'approvazione del progetto dell'opera, e autorizzato l'occupazione temporanea degli immobili. La procedura espropriativa osservata è quella della L. 22 ottobre 1971, n. 865 , applicabile alle opere pubbliche in ambito regionale. Riguardo alle competenze nella procedura espropriativa, con riferimento all'epoca cui risalgono i fatti, il potere espropriativo, trasferito alle Regioni a statuto ordinario dal D.P.R. 15 gennaio 1972, n. 8, art. 3, riguarda tutte le opere pubbliche inerenti alle materie elencate nel precedente art. 2, con inclusione, pertanto, di quelle di edilizia scolastica (art. 2, nn. 2 e 8, lett. m: Cons. Stato, sez. 4, 30.1.1986, n. 63; 24.11.1986, n. 752), pure quando le opere medesime fossero di competenza di enti subregionali, quali Province e Comuni. Tale sistemazione delle competenze ebbe luogo a decorrere dal 1.4.1972, attribuendosi alle Regioni, ai sensi del successivo art. 3, la potestà di procedere alla dichiarazione di pubblica utilità e di urgenza e di indifferibilità ai fini espropriativi, per le opere delegate o di competenza delle regioni medesime (Cons. Stato, sez. 4, 30.12.1982, n. 913). Tale regime venne confermato in occasione del riordinamento della materia effettuato dal D.P.R. 24 luglio 19707, n. 616 , allorchè le funzioni relative alle opere pubbliche in materie delegate o trasferite alle Regioni o in ambito infraregionale, furono attribuite agli organi regionali (art. 106, comma 1). La Regione, poi, ebbe ad assegnare nell'esercizio della propria autonomia organizzativa, i compiti ad organi regionali (in via di principio, le funzioni previste dalla L. n. 865 del 1971, artt. 11, 12 e 15, come modificati dal D.L. 2 maggio 1974, n. 115 conv. in L. 27 giugno 1974, n. 247 , spettavano al Presidente della Giunta regionale), e a delegare a Comuni, Province, Comunità montane e Consorzi le funzioni loro spettanti. Il che avvenne anche in Toscana. Una prima ricognizione delle competenze in materia espropriativa avvenne già l'indomani dell'emanazione della L. n. 865 del 1971 , giacchè con L.R. Toscana 25 gennaio 1972, n. 2 vennero dettate norme per l'esercizio delle funzioni delegate o trasferite dalla stessa legge statale, stabilendosi in particolare che il Presidente della Giunta regionale esercitava le competenze relative alla dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità e urgenza e i conseguenti adempimenti di cui alla L. n. 85 del 1971, artt. 11, 12 e 15 (art. 4). La L. 20 febbraio 1975, n. 18, art. 5 finalizzata a dettare norme per l'accelerazione e lo snellimento delle procedure in materia di lavori pubblici, stabilì che i Comuni e le Province, per le opere di propria competenza o ad essi affidate dalla Regione, esercitassero le funzioni amministrative relative all'accesso agli immobili da espropriare per la redazione degli stati di consistenza, l'esecuzione delle misurazioni e dei rilievi, nonchè all'occupazione temporanea di urgenza degli immobili predetti. Questo spiega perchè nel 1980 fu la Provincia ad approvare il progetto (con dichiarazione implicita di pubblica utilità), a disporre l'occupazione temporanea degli immobili, e, in definitiva, a condurre la procedura espropriativa. Che nel 1983 gli atti siano stati trasmessi dalla Provincia al Comune, come riferito dalla prima, non sposta la responsabilità per gli adempimenti connessi alla procedura, atteso che si tratta di un adempimento previsto dalla L. n. 865 del 1971, art. 10, da parte dell'amministrazione espropriante, soltanto ai fini della pubblicità- notizia da attuare a cura del Sindaco. Nella vicenda espropriativa s'inserisce una modifica nel sistema regionale delle competenze, poichè con l'entrata in vigore della L.R. Toscana 13 agosto 1984, n. 50, in data 6.9.1984 (quindi in costanza dell'occupazione legittima), le funzioni amministrative, già trasferite o delegate alla Regione, e indicate dalla L. n. 865 del 1971, artt. 11 ss., transitarono ai Comuni, relativamente a tutte le opere pubbliche e di pubblica utilità da eseguire nei rispettivi territori comunali da qualunque soggetto, con adozione dei rispettivi provvedimenti, da parte del Sindaco (art. 1). Con la sostituzione della L.R. n. 50 del 1984, art. 1, con la L.R. Toscana 21 aprile 1986, n. 18, art. 1 (in vigore dal 15.5.1986), ferma restando la competenza dei Comuni per le opere pubbliche comunali, vennero delegate alle Province le funzioni amministrative per le opere di propria competenza, con adozione dei rispettivi provvedimenti, da parte del Presidente (art. 1, commi 2 e 3, nuovo testo). Il decreto di esproprio avrebbe dovuto essere emanato entro il termine dell'occupazione legittima (19.5.1985), in una fase in cui, nella vigenza della L.R. n. 50 del 1984 nel testo originario, il relativo provvedimento competeva al Sindaco. Alla scadenza della proroga dell'occupazione (19.5.1986) la potestà espropriativa era di nuovo transitata alla Provincia per effetto dell'entrata in vigore della L.R. n. 18 del 1986. Nel ricorso incidentale il Comune di Agliana assume di non aver potuto provvedere alla tempestiva emissione del decreto di esproprio per l'indisponibilità di fondi da parte della Provincia: il che è ammesso da quest'ultima nella comparsa in primo grado (evocata con precisione dal ricorrente incidentale in ottemperanza all'onere di autosufficienza). L'offerta venne formulata, dal Comune, solo in prossimità della scadenza della proroga dell'occupazione. In conclusione può affermarsi che l'amministrazione comunale mai assunto la viste di espropriante, se non la titolarità della vicenda espropriativa per un brevissimo lasso di tempo, che comunque resta in parentesi, dal momento che la vicenda doveva concludersi in un momento in cui la potestà espropriativa era di nuovo confluita sul soggetto promotore dell'espropriazione e beneficiari dell'opera, il Comune è da mandare assolto da responsabilità. Si tenga conto che le autorità amministrative, quali il Prefetto, il Presidente della Giunta regionale o il Sindaco, tenute all'emanazione del decreto di esproprio, devono rimanere estranee ai giudizi di opposizione alla stima dei relativi indennizzi ovvero a quello per ottenere il risarcimento del danno da occupazione acquisitiva, non essendo tali autorità identificabili con l'espropriante e neppure la loro attività riferibile, in base ad un rapporto d'immedesimazione organica, all'amministrazione d'appartenenza (Cass. 23.11.2007, n. 24397; 2.7.2012, n. 11053). A ciò si aggiunga che il comportamento illecito in cui si sostanzia l'occupazione appropriativa non consiste nella omissione di quella attività amministrativa di completamento della procedura ablativa che avrebbe determinato il legittimo trasferimento dell'immobile, bensì nell'aver perseverato nel conservare il possesso dell'immobile oltre la scadenza del termine di occupazione legittima pur nella consapevolezza che tale scadenza rendeva ipso facto illegittima l'occupazione (Cass. 20.9.1999, n. 10129). 8.2. E' appena il caso di aggiungere che la ricostruzione dei fatti non ha dimostrato una cooperazione materiale tra gli enti provinciale e comunale nella costruzione dell'opera. Sotto tale profilo, non è in alcun modo accertato che il progetto (approvato dalla Provincia) prevedesse l'intervento del Comune nella costruzione e che la prospettata (dalla Provincia nel controricorso) esecuzione da parte di quest'ultimo di opere di completamento e urbanizzazione sia riconducibile alla stessa vicenda urbanistico-espropriativa: la variante adottata dal Comune è dettata dalla necessaria verifica di conformità urbanistica del progetto dell'opera, inserito nella zona F della zonizzazione comunale, e quindi è riconducibile alle diverse prerogative del Comune quale autorità preposta al governo del territorio; la ripartizione convenzionale tra i due enti degli oneri di urbanizzazione non è altro che il presupposto per il rilascio del titolo per la costruzione dell'opera. 8.3. Ne consegue l'accoglimento del primo motivo del ricorso incidentale del Comune di Agliana, restandone assorbiti i motivi 2 e 3, che attengono alla valutazione dei beni occupati che, a questo punto, non essendo quell'amministrazione chiamata ad affrontare le conseguenze dell'occupazione, resta ad essa indifferente. Può pronunciarsi nel merito, escludendosi la titolarità passiva dell'obbligo risarcitorio del Comune di Agliana per l'occupazione di cui è causa, con rigetto delle domande proposte nei suoi confronti. Conseguentemente va accolto il quarto motivo dello stesso ricorso incidentale, che, in conseguenza della riconosciuta estraneità del Comune al fatto illecito, ne annulla la soccombenza in primo e secondo grado. La complessità della questione attinente alla legittimazione passiva di questa parte, di cui è riprova nelle argomentazioni poco sopra svolte sul piano legislativo e amministrativo, costituisce grave ed eccezionale ragione per la compensazione in quelle fasi. La definizione della causa nei confronti del Comune di Agliana comporta doversi liquidare a favore di tale parte le spese di questo giudizio, come in dispositivo. 9.1. Il perfezionamento del fatto illecito, anche in base alle considerazioni ora svolte, va localizzato alla fine dell'occupazione illegittima, all'interno della quale la trasformazione dell'opera è consentita. La diversa costruzione operata dal giudice di merito, che localizza l'illecito al rilascio della concessione edilizia e all'inizio dei lavori di costruzione (27.3.1981) non ha alcuna giustificazione sistematica. La mancata emissione del decreto di espropriazione entro il termine di occupazione autorizzata, nel quale la p.a. può procedere a tutte le operazioni dirette alla realizzazione dell'opera pubblica, rende illegittima l'impossibilità di restituzione del fondo alla scadenza, da cui logicamente consegue la perdita della proprietà del privato e l'acquisto a titolo originario a favore dell'ente pubblico (Cass. 26.5.2006, n. 12626). La data di definitiva scadenza dell'occupazione va localizzata al 19.5.1986, se è vero che il primo decreto di occupazione aveva scadenza 19.5.1985, e prima di tale data la proroga venne disposta "per un anno". 9.2. Va invece smentita la tesi professata all'interno del secondo motivo dai ricorrenti incidentali Be., che pretenderebbero di prolungare la durata dell'occupazione, ed il conseguente indennizzo, fino al momento della domanda giudiziale. La pretesa si basa sull'assunto per cui alla luce della giurisprudenza della Corte Europea dei diritti dell'uomo l'istituto dell'occupazione appropriativa non potrebbe ritenersi più vigente, conseguendone il diritto del proprietario alla restituzione del bene, o, viceversa, la rinuncia alla proprietà implicita nell'azione in giudizio per conseguire il risarcimento del danno, sicchè l'occupazione dovrebbe trovare compenso fino all'atto di citazione. Non può obliterarsi che il D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327, art. 55 disciplina le conseguenze economiche dell'occupazione assistita da pubblica utilità, per i fatti avvenuti prima del 30.9.1996: e, come la Corte costituzionale ha sancito nella stessa sentenza con cui ha dichiarato l'illegittimità dei criteri riduttivi di risarcimento ( D.L. n. 333 del 1992, art. 5-bis, comma 7-bis), la violazione della Convenzione Europea dei diritti dell'uomo, così come interpretata dalla Corte Europea dei diritti dell'uomo, da parte di una legge statale, comporta che tale legge debba essere dichiarata illegittima dalla Corte costituzionale. Il che non è avvenuto riguardo all'art. 55, che disciplina l'occupazione appropriativa dei suoli edificabili. Va aggiunto che la Corte di Strasburgo, a partire dal caso Guiso- Gallisay (sentenza Grande chambre del 22 dicembre 2009), pur censurando l'istituto dell'occupazione appropriativa siccome affermatosi nell'ordinamento italiano, ne ha condivisi i criteri di liquidazione del danno, dopo che, a partire dall'intervento della Corte costituzionale, nell'impossibilità di restituzione, il proprietario viene compensato con il valore venale del bene, secondo i criteri risarcitori previsti dal quella norma, come sostituita dalla L. n. 244 del 2007, art. 89, lett. e). Per i suoli non edificabili, come si dirà oltre, il risarcimento va liquidato adottando il criterio del valore agricolo di mercato, che tiene conto delle possibili utilizzazioni del suolo, ulteriori e diverse da quella agricola. 9.3. Vanno di conseguenza accolti i motivi 2 del ricorso incidentale B. e 4 del ricorso incidentale Be., quest'ultimo, per quanto di ragione: il giudice di rinvio dovrà determinare l'indennità di occupazione legittima, per la sua durata dal decreto che l'ha autorizzata alla scadenza della proroga. 9.4. Gli ulteriori motivi 1 B. e 1 e 2 Be., oltre al motivo 2 della Provincia, che pure si attestano sulla data del perfezionamento dell'illecito generatore dell'obbligazione risarcitoria, sono funzionali alla ricostruzione della disciplina urbanistica di riferimento, ai fini della qualificazione del suolo occupato, come edificabile o meno. Che è oggetto della trattazione che segue. 10.1. Ai terreni occupati non può riconoscersi la prerogativa dell'edificabilità. Nella ricostruzione operata dalla Corte d'appello di Firenze, i terreni di proprietà privata erano collocati in zona destinata a verde pubblico con attrezzature collettive dal prg del 23.3.1974, che vi prevedeva - non è chiaro nella sentenza se già dalla formulazione originaria o in virtù della variante del 1982 - la costruzione di una scuola secondaria. Tale destinazione non rivelava, secondo il giudice di secondo grado, una vocazione agricola, essendovi consentita la costruzione di attrezzature collettive di uso pubblico e di interesse generale del tutto disgiunte dall'agricoltura. Le zone contrassegnate come F secondo la classificazione del D.M. 2 aprile 1968 , lungi dal costituire un corpo separato rispetto alle zone A, B, C, D, sono funzionali a determinare l'indice edilizio del comprensorio che le include, in modo da partecipare ai parametri edificatori inerenti le zone più propriamente edificabili. Su tale premessa la giurisprudenza costituzionale ha sancito l'indennizzabilità del bene espropriato a valore venale, secondo le sue caratteristiche di fatto e di diritto. Il ragionamento della Corte di appello è minato da un vizio di fondo, quello di concepire il sistema indennitario come basato sulla alternativa edificatorio-agricolo, sicchè, riprendendo la classificazione del nominato D.M. 2 aprile 1968 , ad eccezione della zona E, che contrassegna le zone agricole, tutto il resto del territorio comunale godrebbe della prerogativa dell'edificabilità, che sarebbe poi da graduare alla stregua dei parametri urbanistici (volumetrie sviluppabili sulla superficie) e della caratteristiche morfologiche. L'indennità di espropriazione è invece basata sul diverso binomio edificabilità-non edificabilità, in cui questo secondo termine, pur comprendendo i suoli agricoli in senso stretto, è rispetto ad essi più ampio, giacchè contrassegna tutti i beni cui non possa riconoscersi il parametro dell'edificabilità secondo l'accezione legale del termine, che corrisponde alle prescrizioni della disciplina urbanistica. E per essi (testualmente contrassegnati dalla legge come "aree agricole e quelle che ai sensi del comma 3, non sono classificabili come edificabili") è concepito un diverso sistema di determinazione indennitaria. E' probabile che la Corte d'appello di Firenze abbia tentato in via giurisprudenziale il metodo della perequazione, in virtù del quale è predisposto un meccanismo di distribuzione dei diritti edificatori tra i proprietari, al fine di superare i limiti diseguaglianti della zonizzazione razionalista. E' operata mediante l'attribuzione di un valore edificatorio uniforme a tutte le proprietà che possono concorrere alla trasformazione urbanistica di uno o più ambiti del territorio, prescindendo dall'effettiva localizzazione della capacità edificatoria sulle singole proprietà e dalla imposizione di vincoli di inedificabilità ai fini di dotazione di spazi da riservare alle opere collettive. Il metodo è praticato in alcune esperienze di pianificazione, che tuttavia s'imbattono nella difficoltà, da un lato, di circoscrivere le zone di riferimento, e dall'altro di ridistribuire su tutte il fabbisogno (e conseguentemente la rinuncia ad una parte della potenzialità edilizia) inerente servizi e impianti unitari a servizio dell'intera comunità che risiede nell'ambito pianificatorio. Per non dire che l'incidenza è diversa (e difficilmente commisurabile) ove si tratti di vincoli di tipo conservativo (come il verde pubblico), 0 di trasformazione. L'istituto manca attualmente di una disciplina legislativa unitaria su base nazionale, ed ogni tentativo di applicarlo, in sede di determinazione indennitaria, presenta insuperabili margini di opinabilità. La summa divisio del sistema indennitario, tra suoli edificabili e non edificabili, è rimasto alla base della valutazione, essendo il D.L. 11 luglio 1992, n. 333, art. 5 bis, commi 3 e 4, conv. in L. 8 agosto 1992, n. 359 , sopravvissuti alla dichiarazione d'incostituzionalità della norma per effetto della sentenza Corte cost. 24.10.2007, n. 348. Quest'ultima ha ritenuto non conforme a Costituzione, perchè non è in ragionevole legame con il valore di mercato dell'immobile espropriato, il criterio indennitario della semisomma di cui all'art. 5-bis, comma 1 (e recepito dal D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327, art. 37), di cui ha censurato il contrasto con l'art. 117 Cost. , comma 1, che condiziona l'esercizio della potestà legislativa dello Stato e delle Regioni al rispetto degli obblighi internazionali, fra i quali rientrano quelli derivanti dalla Convenzione Europea dei diritti dell'uomo, per come interpretati dalla Corte di Strasburgo. La sentenza, tuttavia, come la coeva n. 349, proprio in tema di occupazione appropriativa, non hanno intaccato il sistema differenziato di indennizzo tra suoli edificabili e non edificabili, tanto da riaffermare il primato dell'edificabilità legale, chiarendo esplicitamente "che i criteri per la determinazione dell'indennità di espropriazione riguardante aree edificabili devono fondarsi sulla base di calcolo rappresentata dal valore del bene, quale emerge dal suo potenziale sfruttamento non in astratto, ma secondo le norme ed i vincoli degli strumenti urbanistici vigenti nei diversi territori". Le considerazioni ora svolte sono da riferire anche alle ipotesi in cui la procedura non si sia conclusa per la mancata emanazione del decreto di esproprio, e la proprietà sia stata acquisita a seguito dell'irreversibile trasformazione del fondo a fini pubblici. Il risarcimento del danno da occupazione appropriativa di terreni non edificabili va liquidato adottando il criterio del valore agricolo di mercato, che può tener conto, rispetto al minimum dei valori tabellari di cui alla L. 22 ottobre 1971, n. 865, artt. 15 e 16, di quanto suscettibile di sfruttamento ulteriore e diverso da quello agricolo, rispecchiando possibilità di utilizzazioni ulteriori rispetto alla destinazione agricola e quella edificatoria, ma non gli indici di valutazione attinenti al concetto di edificabilità di fatto (Cass. 28.5.2004, n. 10280; 6.10.2005, n. 19511; 21.3.2013, n. 7174). La sentenza Corte cost. 11.6.2011, n. 181, per i terreni agricoli e quelli che sono da considerare non edificabili, ha poi dichiarato l'incostituzionalità dell'art. 5-bis, comma 4 rimettendo l'indennità alla valutazione del mercato, senza tuttavia equipararli ai suoli edificabili. 10.2. Non è dato comprendere in che modo la vocazione edificatoria del fondo possa essere desunta dal riferimento agli standard urbanistici previsti dal D.M. 2 aprile 1968 , i quali valgono soltanto a definire i rapporti massimi tra gli spazi destinati agli insediamenti residenziali e gli spazi pubblici o riservati alle attività collettive, a verde pubblico o a parcheggi, nonchè le quantità minime di spazi pubblici o riservati alle attività collettive, a verde pubblico o a parcheggi da osservare in rapporto agli insediamenti residenziali nelle singole zone territoriali omogenee ed i relativi rapporti massimi, laddove il parametro per stabilire l'edificabilità o meno di un terreno è costituito dalla sua destinazione legale, come individuata dagli strumenti urbanistici generali. Le disposizioni del citato D.M. del 1968 attribuiscono agli strumenti di pianificazione urbanistica un ruolo chiave nella conformazione del contenuto del diritto di proprietà, conferendo rilevanza primaria alla ripartizione dell'intero territorio in zone omogenee, con la determinazione dei caratteri da osservare in ciascuna zona (densità, modalità delle costruzioni, distacchi, intensità estensiva e volumetrica, e simili), mediante la quale le amministrazioni svolgono la funzione di dare ordine ed armonia allo sviluppo dei centri abitati, nonchè di disciplinare l'edilizia urbana nei suoi molteplici aspetti, fra i quali rientra anzitutto l'individuazione e l'apposizione di vincoli non destinati alla singola espropriazione, bensì relativi al regime giuridico di tutti i beni aventi una determinata localizzazione o ricompresi nell'ambito di una determinata zona del prg o del programma di fabbricazione. La destinazione di alcune aree ad usi collettivi può essere concepita in due diversi modi, nel senso che l'assegnazione di certi spazi a standards all'interno di una determinata zona omogenea può incidere sull'accertamento del valore di un fondo incluso nella stessa, quale elemento di valutazione delle concrete possibilità di sfruttamento edilizio dell'immobile: si tratta della funzionalizzazione localizzativa all'interno di una zona edificabile ben determinata, di cui garantisce una miglior utilizzazione da parte della collettività: si tratta del minimo di dotazioni a verde, servizi, attrezzature e parcheggi, prescritte dal D.M. 2 aprile 1968, art. 4. Il vincolo che all'interno della zona edificabile venga apposto è espropriativo, e di esso non deve tenersi conto nella valutazione del bene (Cass. 5.6.2006 n. 13199; 6.11.2008, n. 26615; 10.5.2013, n. 11236; 5.9.2013, n. 20457), venendo il terreno interessato a caratterizzarsi con le stesse potenzialità dei terreni limitrofi. Diversa è la sottrazione all'edificabilità operata in via generale dallo strumento urbanistico in base a criterio generali e astratti, che caratterizzano tutti i suoli ricompresi nella zona indipendentemente dal loro regime di appartenenza, giacchè in tali casi è configurabile un vincolo conformativo, che incide sul valore del bene agli effetti indennitari (Cass. 21.10.2005 n. 20459; 25.11.2008, n. 28051; 6.7.2012, n. 11408; 14.5.2013, n. 11455). Tali ampie zone, contraddistinte come F dal D.M. del 1968, rappresentano entità urbanistiche concepite al pari delle altre zone omogenee previste dall'art. 2, nelle quali è ripartito il territorio comunale nella sua integrale estensione. Ove la zona sia stata concretamente vincolata ad un utilizzo meramente pubblicistico (verde pubblico, attrezzature e impianti di interesse generale), la classificazione apporta un vincolo di destinazione che preclude ai privati tutte quelle forme di trasformazione del suolo che sono riconducibili alla nozione tecnica di edificazione e che sono, come tali, soggette al regime autorizzatorio previsto dalla vigente legislazione edilizia, con la conseguenza che l'area va qualificata come non edificabile (Cass. 9.3.2004, n. 4732; 12.3.2004, n. 5106). La possibilità che la destinazione a parco pubblico richieda la realizzazione di strutture (ad es.: chioschi di vendita; attrezzature per il gioco dei bambini; sistemazione a giardino) può ora incidere sulla valutazione in melius del suolo espropriato. Il più recente intervento della Corte costituzionale (sentenza n. 181/11) comporta in sostanza il riconoscimento di un tertium genus tra suoli che godono o meno della prerogativa della edificabilità, consentendo che quelli non edificabili vengano valutati in base (non più ai criteri del valore agricolo medio di cui alla L. 22 ottobre 1971, n. 865, art. 16, ma) a criteri oggettivi, idonei a premiarne utilizzazione alternative, purchè, comunque, non rapportabili all'edificazione. La sentenza della Corte d'appello di Firenze, dunque, nell'intento di spalmare la destinazione del territorio ad usi pubblicistici al di là della sua caratterizzazione come zona o come area a servizio di particolari porzioni residenziali, disconosce il vincolo conformativo sancito dallo strumento urbanistico, deformando i principi della giurisprudenza di questa Corte, che si sono sommariamente esposti. La qualificazione dell'area da parte del prg, che riproduce la previsione del D.M. 2 aprile 1968, art. 2, la consistente estensione dei terreni, la loro ubicazione, accertata dal giudice di merito, rispetto al tessuto residenziale, in prossimità di area cimiteriale, è sufficiente indicazione della classificabilità dell'intero compendio occupato come zona omogenea a sè stante. La stessa localizzazione che all'interno di essa è stata operata, con l'approvazione, in sede attuativa, di un progetto di struttura scolastica, è riprova del carattere conformativo riguardo alle proprietà che vi sono comprese. Che dunque vanno considerate inedificabili. La sentenza della Corte costituzionale, da ultimo citata, ha sganciato l'indennizzo dei suoli non edificabili dal valore agricolo medio, e ne ha consentita la valorizzazione in base alle caratteristiche oggettive, che tengano conto di loro possibili utilizzabilità economiche, ulteriori e diverse da quelle agricole, intermedie tra le stesse e quelle edificatorie (quali parcheggi, depositi, attività sportive e ricreative, chioschi per la vendita di prodotti), consentite dalla normativa vigente e conformi agli strumenti di pianificazione urbanistica, previe le opportune autorizzazioni amministrative (Cass. 28.5.2012, n. 8442, proprio in tema di destinazione di aree ad edilizia scolastica). Ciò comporta l'accoglimento dei motivi 1 e 3 del ricorso principale della Provincia, restando assorbiti il motivo 4 dello stesso ricorso principale (che si muove sul presupposto dell'eventuale ritenuta edificabilità), e i motivi 3 Be. e 4 B., miranti per converso ad una valutazione migliore delle aree occupate, sul presupposto di una loro edificabilità. 10.3. La previsione generale e astratta della destinazione urbanistica di aree a verde, impianti ed attrezzature pubbliche nella logica della zonizzazione, comporta l'inedificabilità dello stesso, senza che tale natura possa modificarsi per effetto di sopravvenuta variante che comunque abbia confermato la destinazione pubblicistica e specificamente approvato il progetto di opera pubblica (Cass. 25.6.2003, n. 10073; 20.1.2004, n. 821; 27.5.2005, n. 11322; 17.11.2005, n. 23316; 8.2.2008, n. 3022). L'affermazione che assiste le censure di cui ai motivi 1 B. e 1 e 2 Be., nel senso di valorizzare l'approvazione del progetto dell'istituto scolastico, che ha dato luogo alla variante del 1982 per sostenerne una sopravvenuta edificabilità, dunque vigente al momento in cui sarebbe avvenuta la perdita della proprietà, è priva di fondamento. L'approvazione del progetto di costruzione della scuola, e la contestuale variante confermano la previsione di destinazione generale della zona ad attrezzature collettive. Il revirement della difesa Be., che nella memoria illustrativa, rovesciando la prospettazione del proprio motivo 2 di ricorso, pare voler perorare la presenza della destinazione scolastica già nell'originario prg (peraltro in contrasto con la ricostruzione contenuta in sentenza, della quale, sul punto, non censura il vizio di motivazione), non coglie la sostanza della questione, giacchè non è l'edificio scolastico che, nel generale contesto di una destinazione pubblica del suolo, conferisce allo stesso l'edificabilità, nè se sia originariamente previsto, nè se sia aggiunto da una variante. In particolare non deve trarre in inganno la suggestione dell'edificio scolastico come esplosione di volumetria ai fini di un trapasso dall'indistinta destinazione a verde pubblico con attrezzature collettive alla privilegiata categoria indennitaria dei suoli edificabili. L'attività di trasformazione del suolo per la realizzazione edilizia dell'opera pubblica, non può essere assimilata al concetto d'edificazione che l'art. 5-bis, comma 3, prende in considerazione agli effetti indennitari e risarcitori, che va inteso come estrinsecazione dello ius aedificandi connesso al diritto di proprietà, ovvero con l'edilizia privata esprimibile dal proprietario dell'area, restando escluso che la previsione d'interventi unicamente finalizzati alla realizzazione dello scopo pubblico per cui si rende necessario l'esproprio conferisca natura fabbricativa ai terreni, attenendo al diverso concetto d'edificabilità pubblica che discende dal sistema stesso della legge urbanistica, in cui l'edilizia esplicabile per edifici e impianti ha una disciplina ( L. 17 agosto 1942, n. 1150, art. 41quater), diversa dai limiti posti all'esplicazione delle facoltà dominicali (Cass. 27.5.2005, n. 11322; 8.2.2006, n. 2812; 20.11.2006, n. 24585; 19.12.2008, n. 29768; 13.1.2010, n. 404), in particolare riguardo agli indici di fabbricabilità per aree destinate ad ospitare edifici scolastici ( L. 11 gennaio 1996, n. 23, art. 5). L'approvazione del progetto della scuola costituisce vincolo espropriativo, che però va ad incidere su aree già interessate da un vincolo conformativo di inedificabilità, e non vale certo ad accrescere il valore delle stesse, o a contraddire la precedente disciplina conferita alla zona. Anche perchè non potrebbe sostenersi che la scuola stessa sia destinata a costituire specifico standard localizzato in un determinato quartiere, trattandosi di istituto tecnico commerciale, destinato a un'utenza ben maggiore di un singolo comprensorio, quando non addirittura di un territorio che trascende il nucleo cittadino (Cass. 8.9.2004, n. 18068), non a caso promosso dalla Provincia. 10.4. Non può accettarsi una diversa qualificazione del vincolo come conferimento al proprietario delle possibilità di adottare iniziative idonee alla realizzazione dei fini pubblici cui sovrintende la destinazione urbanistica dell'area, tali da determinarne una mutazione in senso edificatorio. Deve in particolare escludersi che la sopravvenuta destinazione ad un servizio pubblico, come quello scolastico, ammetta l'iniziativa del proprietario alla prestazione dello specifico servizio, con attribuzione della potenzialità edificatoria al terreno, per di più secondo la volumetria che caratterizza il progetto dell'opera pubblica. Ciò è esplicitamente escluso dall'art. 119 delle nta del prg di Agliana, che nelle zone a verde pubblico con attrezzature collettive stabilisce che il piano si attua "per intervento diretto", applicando gli indici caratteristici propri del tipo di attrezzatura cui la zona è destinata con apposito simbolo del prg. La stessa possibilità di realizzazione di "particolari attrezzature", che secondo le parti private l'art. 7 nta dopo la variante del 1982 avrebbe consentito, richiederebbe una preventiva concessione ad associazioni o a privati. Che non può essere rilasciata per gli impianti scolastici. L'edilizia scolastica è riconducibile ad un servizio strettamente pubblicistico, connesso al perseguimento di un fine proprio ed istituzionale dello Stato, che non ammette margini di iniziativa privata (Cass. 10.7.2007, n. 15389; 8.2.2008, n. 3022; 24.5.2012, n. 8231; 9.8.2012, n. 14347; 17.1.2014, n. 925). Il collegio è ben consapevole che in altre, non recenti, occasioni si è ritenuto che, non sussistendo alcun impedimento acche alle necessità scolastiche si provveda mediante soluzioni locative, anzichè proprietarie, il vincolo di inedificabilità connesso alla destinazione scolastica delle aree può ricomprendersi tra quelli che, secondo la decisione della Corte Cost. n. 179 del 1999, importano una destinazione (anche a contenuto specifico) realizzabile ad iniziativa privata o promiscua pubblico-privata, e che di conseguenza la destinazione scolastica comporterebbe l'attribuzione al terreno di una vocazione edificatoria, sia pure specifica, in quanto realizzabile anche da privati (così le pronunce citate dai ricorrenti B. e Be.: Cass. 8.2.2005, n. 2537; 23.5.2003, n. 8195; 21.2.2003, n. 2641; Cass. 21.3.2000, n. 3298). Non si può d'altro canto ignorare che il sistema nazionale d'istruzione è costituito oltre che dalle scuole statali e degli enti locali, anche dalle scuole private paritarie ( L. 10 marzo 2000, n. 62, art. 1), cui è assicurata piena libertà di orientamento culturale e di indirizzo pedagogico-didattico, in armonia con la libertà d'insegnamento garantita dalla Costituzione (art. 33). L'ordinamento normativo in tema di edificazione degli istituti scolastici, però ( L. 11 gennaio 1996, n. 23 , integrabile, per quanto non espressamente disposto, dalla L. 28 luglio 1967, n. 641 ) rimette ogni iniziativa sulla costruzione di scuole di ogni ordine e grado agli enti pubblici territoriali ( L. n. 23 del 1996, art. 3, comma 1, come già la L. n. 641 del 1967, art. 9), in dipendenza di scelte programmatiche fondate su periodiche ricognizioni, a livello territoriale, sul fabbisogno strutturale in rapporto alla domanda di istruzione ( L. n. 23 del 1996, art. 4). La più recente disciplina sull'istruzione e sui livelli essenziali delle prestazioni in materia, prevede, quale necessario contenuto del piano programmatico di interventi demandati al Ministero dell'istruzione, in attuazione della delega al Governo ( L. 28 marzo 2003, n. 53 ), "gli interventi di adeguamento delle strutture di edilizia scolastica" (art. 3, lett. m). Corollario del carattere marcatamente pubblicistico del servizio di edilizia scolastica, è l'ineluttabile confluire delle decisioni costruttive, ove l'ente territoriale non disponga già dei locali, verso gli istituti espropriativi ( L. n. 23 del 1996, art. 2, comma 3), di cui la prima fase è il decreto di vincolo dell'area destinata allo scopo ( L. 28 luglio 1967, n. 641, art. 14), e verso l'acquisizione del bene al patrimonio pubblico indisponibile ( L. n. 23 del 1996, art. 11, comma 3, lett. c)). Non è in alcun modo concepibile l'iniziativa del proprietario che, all'interno di una zona pur destinata dallo strumento urbanistico ad utilizzazioni pubblicistiche, assuma l'iniziativa di realizzare un edificio con il proposito di adibirlo a scuola lui medesimo, o di locarlo agli enti pubblici competenti in materia di istruzione. Che in alcune occasioni gli enti preposti abbiano ovviato al bisogno di locali all'interno dei centri urbani, per ospitare istituti scolastici, non significa che quegli edifici siano stati realizzati in passato dai proprietari a quello scopo precipuo, secondo un disegno urbanistico che all'epoca glielo consentisse. Il nuovo disegno organizzativo dell'edilizia scolastica, peraltro, tende precipuamente ad evitare onerose soluzioni locatizie al fabbisogno di strutture immobiliari ( L. n. 23 del 1996, art. 2, comma 1, lett. a)). L'eventuale redditività che il bene comunque garantirebbe per la possibilità di una realizzazione privata della destinazione pubblica, idonea ad assicurare una qualche utilità economica nella complessiva sistemazione degli interessi attraverso la concessione, deve essere espressamente prevista dallo strumento urbanistico, presumendosi diversamente che la destinazione a spazi, attrezzature e servizi di pubblica utilità, sia rimessa all'iniziativa pubblicistica. Nella specie si è riportato l'art. 119 nta, che esplicitamente affida all'intervento "diretto" l'attuazione delle destinazione pubbliche previste dal prg. Va aggiunto che l'eventuale attuazione del servizio attraverso l'iniziativa privata non ha niente a che vedere con la rendita di trasformazione dei suoli, alla quale soltanto è connesso il concetto di edificabilità ai fini dell'indennizzo espropriativo. La partecipazione del privato alla realizzazione e/o al finanziamento dell'opera pubblica, attraverso strumenti concessori e in genere contrattuali, o anche finanziari che permettano il concorso del capitale privato all'esecuzione dell'opera pubblica, con la previsione di compensi eventualmente ricavabili dalla gestione dell'opera stessa una volta realizzata, è aspetto che attiene all'iniziativa imprenditoriale, che non ha alcuna attinenza nè con le scelte urbanistiche programmatiche (che in materia di edilizia scolastica si esprimono attraverso programmi regionali: L. n. 23 del 1996, art. 4, come già la L. n. 641 del 1967, artt. 9 e 10), nè con la disponibilità del terreno su cui deve realizzarsi l'opera (Cass. 21.3.2007, n. 6808). Il ricorso alle procedure espropriative è la prova evidente che la soppressione del diritto dominicale è il presupposto della realizzazione dell'opera alla quale l'impresa in varia misura possa partecipare, che anzi, è ravvisabile un conflitto d'interessi tra la proprietà e l'impresa, la prima orientata ad ottenere il maggior compenso possibile per la perdita del bene, la seconda a contenere i costi dell'operazione. L'edilizia scolastica è attività tipicamente pubblicistica. 10.5. Intensa attenzione riservano le parti private in causa sul concetto di "sussidiarietà orizzontale" predicata sotto l'egida dell'art. 118 Cost. , comma 4, che, coniugata con l'attuabilità proprietaria delle destinazioni urbanistiche a servizi pubblici, renderebbe edificabili i suoli interessati: tanto da indurre i ricorrenti B. a sollecitare la denuncia d'incostituzionalità della L. n. 1150 del 1942, art. 7 nella parte in cui escluderebbe il privato dall'attuazione delle scelte urbanistiche. La questione, come si dirà oltre, è irrilevante nella causa in corso. In linea generale, l'art. 118 Cost. , nell'ambito della riforma del titolo 5^ Costituzione, ridisegna le funzioni amministrative attribuendone la titolarità ai Comuni, salvo che non siano conferite a Province, Città metropolitane, Regioni e Stato. L'u.c. della disposizione impegna tali enti a favorire l'autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività d'interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà. La Repubblica promuove l'assunzione di responsabilità oggettivamente pubbliche, sia da parte dei singoli che delle formazioni sociali: si richiama l'idea che la solidarietà non può essere solo dello Stato, ma anche dovere inderogabile dei cittadini, divenendo dimensione costitutiva della libertà e dei diritti. E' stato detto che "la sussidiarietà orizzontale declina la libertà/autonomia in responsabilità e la solidarietà in fraternità". Non a caso all'emersione della "sussidiarietà orizzontale" si è accompagnato un diffuso intervento legislativo di istituzionalizzazione di quelle forme di libertà di associazione e di iniziativa, anche economica, che si esprimono nella cosiddette organizzazioni no profit. La sussidiarietà è in primo luogo un principio, carico di valenza assiologica, e non una mera tecnica procedurale di allocazione di funzioni di interesse generale, è una visione antropologica di tipo personalistico che promuove e rinsalda la coesione del tessuto comunitario vista come condizione dello sviluppo dell'individuo, non una partecipazione che ingeneri diritti pretesi a fronte di obbligazioni imposte. Sicchè la solidarietà orizzontale, che è implicita già nel disegno originario della Costituzione, si coordina con i doveri di solidarietà politica, economica e sociale di cui all'art. 2 Cost. , ed è anche condizione per quell'ideale partecipativo che l'art. 3 Cost. , comma 2, pone a corollario del principio personalistico. Il pregio principale dei soggetti privati non è primariamente quello di produrre beni e servizi in modo economicamente più efficiente (e più redditizio), ma di concretare momenti di sviluppo e di partecipazione della persona umana, sicchè il favor sotteso all'art. 118, quarto comma, riguarda le espressioni di pluralismo che incarnano il modello solidaristico e partecipativo delle formazioni sociali. I principi costituzionali non autorizzano a ritenere parimenti rilevanti sotto il profilo oggettivamente pubblicistico tutte le espressioni del "privato". L'equivoco che la sussidiarietà orizzontale può ingenerare, se non adeguatamente correlato agli altri principi costituzionali, è di concepire una tendenziale illimitatezza dell'iniziativa privata purchè se ne rintracci un qualsiasi collegamento con l'interesse generale. Non si dimentichi che all'intento solidaristico che ispira l'art. 118 Cost. , comma 4, si associano i limiti che pongono all'iniziativa economica l'art. 41 Cost. , dell'utilità sociale, sicurezza, libertà e dignità umana, e all'esercizio delle facoltà proprietarie l'art. 42, comma 2, in nome della funzione sociale. La stessa definizione di "impresa sociale", che esercita in via stabile e principale un'attività economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o servizi di utilità sociale, esige l'assenza dello scopo di lucro ( D.Lgs. 24 marzo 2006, n. 155, artt. 1, 2 e 3). Pertanto, non ogni iniziativa è idonea di per sè a svolgere "attività di interesse generale", dovendo anzi, a tal fine, quella "economica" e individuale ("privata") essere sottoposta ad un vaglio rigoroso di conformità. 10.6. Può ben constatarsi, allora, che il principio di sussidiarietà orizzontale non può condurre a quel sovvertimento di principi che i ricorrenti incidentali privati, nella presente causa, pretendono, in materia di governo del territorio nel rapporto con lo statuto della proprietà. L'edilizia scolastica è una funzione che la legge riserva unicamente all'iniziativa dell'amministrazione pubblica. La stessa partecipazione dei proprietari, attraverso iniziative private o promiscue pubblico-private nell'attuazione della pianificazione, è ritenuta ammissibile dalla Corte costituzionale ove la destinazione non comporti necessariamente espropriazione o interventi ad esclusiva iniziativa pubblica, che quindi siano attuabili dal soggetto privato e senza necessità di previa ablazione del bene. Ciò può essere il risultato di una scelta di politica programmatoria tutte le volte che gli obiettivi di interesse generale, di dotare il territorio di attrezzature e servizi, siano ritenuti realizzabili (e come tali specificatamente compresi nelle previsioni pianificatorie) anche attraverso l'iniziativa economica privata, pur se accompagnati da strumenti di convenzionamento (Corte cost. 20.5.1999, n. 179). Tra gli stessi esempi richiamati dalla Consulta (parcheggi, impianti sportivi, mercati e complessi per la distribuzione commerciale, edifici per iniziative di cura e sanitarie o per altre utilizzazioni quali zone artigianali o industriali o residenziali; in breve, a tutte quelle iniziative suscettibili di operare in libero regime di economia di mercato) non sono compresi gli edifici scolastici. Che la legge attribuisce allo Stato e agli enti territoriali. L'operazione interpretativa auspicata dai ricorrenti incidentali, che in nome della sussidiarietà orizzontale pretendono di rendere edificabile ogni terreno ricompreso in zone destinate dalla programmazione urbanistica a spazio pubblico, rovescerebbe il significato stesso dei parametri costituzionale di solidarietà sociale, rendendo prevalente l'interesse del proprietario alla rendita di trasformazione fondiaria rispetto all'interesse generale all'ordinato sviluppo del territorio, alla salvaguardia dell'ambiente e dei beni culturali, alla prestazione dei servizi in favore dei cittadini. Ogni programmazione del territorio in funzione delle esigenze collettive alla fruizione di spazi liberi e di servizi, diventerebbe paradossalmente, attraverso il sovvertimento dei principi in materia indennitaria, il veicolo per favorire operazioni speculative. 10.7. Il diritto di proprietà sul terreno compreso in una zona destinata ad attrezzature e servizi, non assicura di per sè, al titolare del diritto, la trasformazione del suolo. La normativa comunitaria in materia di appalti pubblici, contenuta in un gruppo di direttive, che hanno ricevuto attuazione mediante atti legislativi nazionali, prevede che in ogni caso, quando si realizzi un'opera o si affidi un servizio o una fornitura per importi uguali o superiori ad un certo valore, il soggetto che procede all'appalto debba adottare procedure di evidenza pubblica per la scelta del contraente. L'obbligo sussiste sia che l'attribuzione dell'appalto spetti ad un ente pubblico territoriale o ad altro "organismo di diritto pubblico" (secondo la dizione delle direttive), sia che lo stesso venga effettuato da un privato, il quale in tal caso assume la veste di "titolare di un mandato espresso", conferito dall'ente pubblico che intende realizzare l'opera o il servizio (sentenza 12.7.2001, in causa C-399/98). Il principio fa ritenere incostituzionali quelle norme che attribuiscano al privato proprietario il compito di realizzare direttamente l'opera necessaria per la successiva prestazione del servizio pubblico, la cui gestione può essere affidata, mediante convenzione, al privato medesimo, senza la parallela previsione dell'obbligo di adottare procedure ad evidenza pubblica in ogni caso in cui l'appalto sia di importo uguale o superiore alla soglia comunitaria (Corte cost. 28.3.2006, n. 129). 10.8. L'iniziativa privata del proprietario può ben esplicarsi nei margini consentiti dalle scelte urbanistiche, nel rispetto della destinazione dei suoli configurata dagli strumenti territoriali. Ove si renda necessaria l'espropriazione, la conseguente indennità terrà conto della potenziale redditività del terreno quale fattore di produzione, ma sempre nei limiti segnati dalle scelte urbanistiche. Si è già detto che la destinazione dell'area a utilizzazioni pubblicistiche determina, a seguito dell'intervento della Corte costituzionale, con la sentenza n. 181/11, un indennizzo espropriativo che fuori dalla logica della rendita fondiaria urbana, può tener conto delle caratteristiche oggettive del fondo e della sua utilizzabilità economica. Il decisum della Consulta apre ora nuovi orizzonti alla questione indennitaria, che pur ancora condizionata dal prioritario e fondamentale dilemma edificabilitànon edificabilità, ammette, ove non vi siano spazi di riconoscimento alla rendita di trasformazione del suolo, che sia dato rilievo ad una vasta gamma di attività umane che sul territorio si sviluppano, nell'intento premiale della libertà di iniziativa economica. L'acquisizione della consapevolezza della limitatezza della "risorsa territorio", particolarmente nel nostro Paese, reduce da processi di urbanizzazione incontrollata, prospetta un ripensamento radicale sull'uso del suolo, non prioritariamente destinato all'edificazione, ma votato all'uso della collettività quale fattore di miglioramento dei servizi e di innalzamento della qualità della vita, anche ove destinato alla semplice conservazione. Le future attività di uso, anche non invasivo, del territorio, sono al momento indifferenziatamente sintetizzabili in un tertium genus, la cui casistica verrà elaborata dalla giurisprudenza dei prossimi anni, e che nell'ottica indennitaria saranno sempre più distaccati dalla penalizzante considerazione tradizionale della natura agricola quale ineluttabile alternativa alla trasformazione del suolo in senso edilizio. 10.9. Le considerazioni che precedono inducono al rigetto dei motivi 1 del ricorso incidentale B. e 1 e 2 del ricorso incidentale Be. (mirati a sostenere una sopravvenuta edificabilità della variante del 1992), nonchè l'assorbimento del motivo 2 del ricorso principale della Provincia (mirato a sostenere che l'eventuale edificabilità sopravvenne nel 1992, ovvero successivamente al verificarsi dell'occupazione appropriativa). 11. La questione di legittimità costituzionale posta in via subordinata dai ricorrenti incidentali B. è manifestamente inammissibile. La normativa sull'edilizia scolastica, e l'impronta marcatamente pubblicistica che gli si riconosce, è finalizzata all'attuazione logistica di scelte a livello di organizzazione dell'istruzione, legata ai bisogni della popolazione sul territorio, che si estrinsecano nei programmi nazionali e regionali a cicli annuali e poliennali. La sussidiarietà, che induce lo Stato-Comunità a favorire le iniziative private per lo svolgimento di attività di interesse generale, trova applicazione nel settore dell'istruzione privata. La normativa è orientata a favorire l'integrazione della scuola privata nel sistema pubblico di insegnamento, e tuttavia, l'esercizio di tali iniziative è soggetto a forme varie di riconoscimento ( D.Lgs. 16 aprile 1994, n. 297 , artt. 354-357), che al momento subordinano l'iniziativa privata al controllo pubblico. La stessa parità della scuola privata è riconosciuta a condizione che la stessa abbia la disponibilità autonoma di locali e arredi, conformemente alle norme vigenti ( L. n. 62 del 2000, art. 4, lett. a)), nè in riferimento a ciò è opinabile alcun onere a carico della pubblica amministrazione ( art. 33 Cost. , comma 2). Le norme per la parità scolastica e disposizioni sul diritto allo studio e all'istruzione e il corpus normativo sull'edilizia scolastica non consentono alcun adattamento ovvero combinazione fra loro, al fine di pervenire al riconoscimento del diritto dei privati ad ottenere finanziamenti per le strutture scolastiche dagli stessi utilizzati (Cons. Stato, sez. 6^, 26.6.2006, n. 4079). L'iniziativa privata nell'istruzione non può semplicisticamente ridursi alla costituzione della scuola in senso edilizio: ben potrebbe configurarsi l'utilizzazione di spazi riservati ad attrezzature collettive dallo strumento urbanistico, per l'esplicazione dell'iniziativa dell'insegnamento privato, purchè vengano dimostrati i presupposti di idoneità professionale a concorrere al perseguimento dell'interesse generale dell'istruzione. Tale requisito i ricorrenti incidentali non hanno provato, e neppure allegato di avere, onde nessuna utilità potrebbe rivestire per essi la dichiarazione d'incostituzionalità della L. n. 1150 del 1942, art. 7 nella parte in cui non consente loro la costruzione di una scuola. Alla luce della normativa comunitaria, inoltre, come prima si è accennato, non è configurabile una prelazione a favore del proprietario nella realizzazione dell'opera pubblica, essendo lo stesso necessariamente soggetto alla normativa di evidenza pubblica, a tutela della trasparenza e della concorrenza, qualora l'importo delle realizzazioni superi un certo limite. 12. Restando assorbiti i motivi 3 del ricorso incidentale B. e 5 del ricorso incidentale Be., che attengono la risarcimento del danno da ritardo, ancora da accertare, per il quale la Corte d'appello, liquidando gli interessi sulla somma rivalutata, non avrebbe tenuto conto della qualità delle parti, come investitori in titoli di Stato. 13. Conclusivamente, la sentenza della Corte d'appello di Firenze va cassata, con rinvio ad altra sezione della stessa, che dovrà pronunciarsi in relazione alle censure come sopra accolte, riguardanti l'indennità per la durata dell'occupazione legittima ed il risarcimento del danno per la perdita dei terreni, da considerare non edificabili, oltre che sulle spese di questo giudizio di cassazione. P.Q.M. La Corte: accoglie il primo e il quarto motivo del ricorso incidentale del Comune di Agliana, assorbiti il secondo e il terzo, e pronunciando nel merito, rigetta le domande proposte nei confronti del Comune, e compensa integralmente le spese nei rapporti processuali con le altre parti nei due precedenti gradi. Condanna la Provincia di Pistoia, i ricorrenti incidentali B.E.M.G. e B.A. E., F.E., B.F. e B.G. (gruppo B.) e i ricorrenti incidentali Be.Re., B.F., B.G. e B.M. (gruppo Be.) alle spese di questo giudizio di cassazione, affrontate dal Comune, nella misura di 1/3 per ciascuna di dette parti (o gruppi di soggetti), complessivamente liquidate in Euro 6.200, di cui Euro 6.000 per compensi; accoglie il primo e il terzo motivo del ricorso principale della Provincia di Pistoia, assorbito il quarto motivo del ricorso principale, il terzo e il quarto del ricorso incidentale B. e il terzo e il quinto del ricorso incidentale BE.; accoglie il secondo motivo del ricorso incidentale B. ed il quarto del ricorso incidentale Be.; rigetta il primo motivo del ricorso incidentale B. ed il primo e secondo motivo del ricorso incidentale Be., assorbito il secondo del ricorso principale della Provincia; dichiara inammissibile il quinto motivo del ricorso incidentale B.. In relazione alle censure accolte cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese di questo giudizio (escluse quelle del Comune di Agliana) ad altra sezione della Corte d'appello di Firenze. Così deciso in Roma, il 4 febbraio 2014. Depositato in Cancelleria il 24 marzo 2014