Cass. civ. Sez. I, Sent., 24/03/2014, n. 6833
ESPROPRIAZIONE PER PUBBLICA UTILITA'
Espropriazione, in genere
Fatto Diritto P.Q.M.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SALVAGO Salvatore - Presidente Dott. DI AMATO Sergio - Consigliere Dott. BENINI Stefano - rel. Consigliere Dott. GIANCOLA Maria C. - Consigliere Dott. LAMORGESE Antonio - Consigliere ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 28010-2009 proposto da:
PROVINCIA DI PISTOIA (c.f. (OMISSIS)), in persona del Presidente della
Giunta Provinciale pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA,
PIAZZA CAVOUR 17, presso l'avvocato ANGELINI MASSIMO, che la
rappresenta e difende unitamente agli avvocati BUIANI ERMANNO,
PAOLA PUPINO, giusta procura in calce al ricorso;
- ricorrente contro
B.A.G., B.E.M.G., B.A. E., BE.RE., B.F., B.G., B.M., COMUNE DI
AGLIANA;
- intimati Nonchè da:
COMUNE DI AGLIANA (P.I. (OMISSIS)), in persona del Sindaco pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, LARGO DEI LOMBARDI 4,
presso l'avvocato TURCO ALESSANDRO, rappresentato e difeso
dall'avvocato VICICONTE GAETANO, giusta procura speciale per Notaio
dott. ANTONIO MARRESE di PISTOIA - Rep.n. 125551 del 8.2.2013;
- controricorrente e ricorrente incidentale contro
PROVINCIA DI PISTOIA (c.f. (OMISSIS)), in persona del Presidente della
Giunta Provinciale pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA,
PIAZZA CAVOUR 17, presso l'avvocato ANGELINI MASSIMO, che la
rappresenta e difende unitamente agli avvocati BUIANI ERMANNO,
PAOLA PUPINO, giusta procura in calce al controricorso al ricorso
incidentale;
- controricorrente al ricorso incidentale contro
B.E.M.G., B.A.E., BE. R., B.F., B.G., B.M., B.A.G.;
- intimati Nonchè da:
B.A.E. (c.f. (OMISSIS)), B.E.M. G. (c.f. (OMISSIS)), B.A.G. (c.f.
(OMISSIS)), elettivamente domiciliati in ROMA, VIA BARNABA
TORTOLINI 13, presso l'avvocato VERINO MARIO ETTORE, che li
rappresenta e difende unitamente all'avvocato CAMPAGNI FRANCO
BRUNO, giusta procura a margine del controricorso e ricorso incidentale;
- controricorrenti e ricorrenti incidentali contro
PROVINCIA DI PISTOIA (c.f. (OMISSIS)), in persona del Presidente della
Giunta Provinciale pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA,
PIAZZA CAVOUR 17, presso l'avvocato ANGELINI MASSIMO, che la
rappresenta e difende unitamente agli avvocati BUIANI ERMANNO,
PAOLA PUPINO, giusta procura in calce al controricorso al ricorso
incidentale;
- controricorrente al ricorso incidentale contro
COMUNE DI AGLIANA;
- intimato e nei confronti di:
BE.RE., B.F., B.G., B. M.;
- intimati Nonchè da:
BE.RE. (C.F. (OMISSIS)), B.G. (C.F. (OMISSIS)), B.M. (C.F. (OMISSIS)),
B.F. (C.F. (OMISSIS)), nella qualità di eredi di B.R., elettivamente
domiciliati in ROMA, CORSO VITTORIO EMANUELE II 18, presso lo
STUDIO GREZ & ASSOCIATI S.R.L., rappresentati e difesi dall'avvocato
GIOVANNELLI GUIDO, giusta procura a margine del controricorso e
ricorso incidentale;
- controricorrenti e ricorrenti incidentali contro
PROVINCIA DI PISTOIA (c.f. (OMISSIS)), in persona del Presidente della
Giunta Provinciale pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA,
PIAZZA CAVOUR 17, presso l'avvocato ANGELINI MASSIMO, che la
rappresenta e difende unitamente agli avvocati BUIANI ERMANNO,
PAOLA PUPINO, giusta procura in calce al controricorso al ricorso
incidentale;
- controricorrente al ricorso incidentale contro
COMUNE DI AGLIANA;
- intimato e nei confronti di:
B.E.M.G., B.A.E., B.A. G.;
- intimati Nonchè da:
B.A.E. (c.f. (OMISSIS)), B.E.M. G. (c.f. (OMISSIS)), B.A.G. (c.f.
(OMISSIS)), elettivamente domiciliati in ROMA, VIA BARNABA
TORTOLINI 13, presso l'avvocato VERINO MARIO ETTORE, che li
rappresenta e difende unitamente all'avvocato CAMPAGNI FRANCO
BRUNO, giusta procura a margine del controricorso e ricorso incidentale;
- controricorrenti e ricorrenti incidentali contro
COMUNE DI AGLIANA, PROVINCIA DI PISTOIA;
- intimati e nei confronti di:
BE.RE., B.F., B.G., B. M.;
- intimati e con l'intervento di:
F.E., B.F., B.G., nella qualità di eredi di B.A.G., elettivamente domiciliati
in ROMA, VIA BARNABA TORTOLINI 13, presso l'avvocato VERINO
MARIO ETTORE, che li rappresenta e difende unitamente all'avvocato
CAMPAGNI FRANCO BRUNO, giusta procura a margine della comparsa
d'intervento volontario;
- intervenienti avverso la sentenza n. 1175/2009 della CORTE D'APPELLO di FIRENZE,
depositata il 14/09/2009;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
04/02/2014 dal Consigliere Dott. STEFANO BENINI;
udito, per la ricorrente principale PROVINCIA, l'Avvocato ERMANNO
BUIANI che ha chiesto l'accoglimento del ricorso principale ed il rigetto
dei ricorsi incidentali;
udito, per i controricorrenti e ricorrenti incidentali B. e gli intervenienti F.
+2, l'Avvocato FRANCO BRUNO CAMPAGNI che ha chiesto il rigetto del
ricorso principale, l'accoglimento dei propri incidentali;
udito, per i controricorrenti e ricorrenti incidentali BE., l'Avvocato MAURO
GIOVANNELLI, con delega, che ha chiesto la rimessione alle SS.UU. e
comunque il rigetto del ricorso principale, l'accoglimento del proprio
incidentale;
udito, per il controricorrente e ricorrente incidentale COMUNE di
AGLIANA, l'Avvocato CATIA FRATINI, con delega, che ha chiesto il rigetto
del ricorso principale, l'accoglimento del proprio incidentale;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. ZENO
Immacolata che ha concluso per l'accoglimento per quanto di ragione del
ricorso principale e dell'incidentale del COMUNE, accoglimento dei ricorsi
incidentali B. e BE. per quanto di ragione, rigetto del primo motivo del
ricorso incidentale del COMUNE ed assorbimento del quarto motivo dello
stesso ricorso.
Svolgimento del processo
1. Con atto di citazione notificato il 23.4.1987, B.R. e B.R. convenivano
in giudizio davanti al Tribunale di Pistoia la Provincia di Pistoia e il
Comune di Agliana chiedendo la determinazione dell'indennità per il
periodo di occupazione legittima, e la condanna dei convenuti al
risarcimento del danno per l'occupazione appropriativa di terreni di loro
proprietà occupati d'urgenza e utilizzati per la costruzione di un edificio
scolastico.
Si costituivano in giudizio le amministrazioni convenute, contestando il
fondamento della domanda, di cui chiedevano il rigetto.
2. Avverso la sentenza di primo grado, depositata nel 2005, che
dichiarava la propria incompetenza riguardo alla domanda di
determinazione dell'indennità di occupazione, e condannava gli enti
pubblici, in solido, al pagamento della somma di Euro 64.367,06, oltre
interessi e rivalutazione, sul presupposto della natura agricola del
terreno occupato, proponevano appello B.A. G., B.E.M.G. e B.A.E., quali
eredi di B.R., e Be.Re., B.F., B.G. e B.M. quali eredi di B.R., chiedendo la
rideterminazione del risarcimento in misura maggiore.
Proponeva appello incidentale il Comune di Agliana per la dichiarazione
dell'esclusiva responsabilità della Provincia. Le parti private adivano
inoltre la Corte d'appello, con citazione in riassunzione notificata il
30.9.2006, per la determinazione dell'indennità di occupazione.
3. Con sentenza depositata il 14.9.2009, la Corte d'appello di Firenze,
riunite le cause risarcitoria e indennitaria, riliquidava il danno da
occupazione appropriativa per il maggior importo di Euro 417.279,60, al
cui pagamento dovevano esser condannati in solido i due enti pubblici, a
carico dei quali era ravvisabile un concorso di colpa. Il giudice d'appello
partiva dalla considerazione che il terreno, avente una destinazione a
verde pubblico con attrezzature collettive (zona F) secondo le indicazioni
del piano regolatore generale (d'ora in avanti, prg) di Agliana, non
poteva esser ritenuto agricolo, come stabilito dal giudice di primo grado,
ma consentiva l'edificazione entro limiti particolari. A tale conclusione
perveniva considerando che la zona F contribuisce a dotare le zone
edificabili in senso stretto (A, B, C, D) della necessaria urbanizzazione, e
quindi partecipa della natura delle stesse, indipendentemente dalla
questione se la destinazione del piano (poi specializzata in edilizia
scolastica da una variante del 1982) sia attuabile ad iniziativa privata.
Tenuto conto della morfologia del terreno, della vicinanza di un'area
cimiteriale, dell'estensione del lotto, dell'indice di fabbricabilità secondo
gli strumenti urbanistici, il valore era identificato con l'incidenza del costo
del terreno sul valore dell'edificato, e calcolato sulla base di Euro 12 ogni
metro cubo, su 34.733,30 mc. realizzabili, in base all'indice di
edificabilità in rapporto all'estensione dell'area (mq. 21.870). Gli
interessi e la rivalutazione decorrevano dal 27.3.1981, data del rilascio
della concessione edilizia e dell'inizio dei lavori di costruzione.
L'indennità di occupazione era da calcolare applicando l'interesse legale
dalla data di immissione in possesso dell'espropriante (8.9.1980) ed il
momento in cui avviene il mutamento di proprietà (27.3.1981),
complessivamente Euro 11.432,30.
4. Ricorre per cassazione la Provincia di Pistoia, affidandosi a quattro
motivi, al cui accoglimento si oppongono con controricorso:
Be.Re., B.F., B.G. e B. M. che a loro volta propongono ricorso incidentale
affidandosi a cinque motivi, cui si oppone con controricorso la Provincia;
B.A.G., B.E.M.G. e B.A. E., che a loro volta propongono ricorso
incidentale affidandosi a quattro motivi, oltre ad un ulteriore motivo
condizionato, cui si oppone con controricorso la Provincia;
il Comune di Agliana che a sua volta propone ricorso incidentale
affidandosi a quattro motivi, cui si oppone con controricorso la Provincia,
nonchè B.A.G., B.E.M. G. e B.A.E., che spiegano ulteriore ricorso
incidentale. Intervengono in giudizio F.E., B. F. e B.G., quali eredi di B.A.
G., deceduto nelle more del giudizio di cassazione.
Tutte le parti hanno depositato memorie.
Motivi della decisione
1.1. Con il primo motivo di ricorso, la Provincia di Pistoia, denunciando
violazione e falsa applicazione della L. n. 244 del 2007, art. 2, comma
89, D.L. n. 333 del 1992, art. 5-bis conv. in L. n. 359 del 1992 , L. n.
2359 del 1865, art. 39, L. n. 865 del 1971, art. 17 in relazione al D.M. n.
1444 del 1968 , L. n. 1150 del 1942, art. 7 in relazione all'art. 119
norme tecniche di attuazione (d'ora in avanti, nta) del prg del 1974 del
Comune di Agliana, censura la sentenza impugnata per aver
erroneamente ritenuto che l'inserimento del terreno di proprietà B. in
zona F avrebbe attribuito carattere edificatorio, funzionale alle limitrofe
zone A-B-C-D, di cui costituirebbe corredo necessario ed elemento
costitutivo dell'edificabilità: la zona F è al pari delle altre, zona
omogenea e autonoma, prevista in via generale e astratta nel territorio
municipale in virtù di un vincolo conformativo, e non funzionale a
rendere edificabili le zone contigue; nella specie le aree rientrano in una
zona la cui destinazione, generale e astratta, a servizi di uso pubblico e
di interesse generale, denota l'esistenza di un vincolo conformativo che
incide sulla proprietà.
1.2. Con il secondo motivo di ricorso, la Provincia di Pistoia, denunciando
omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su punti decisivi,
censura la sentenza impugnata per aver riconosciuto la vocazione
edificatoria del terreno B. sulla base dell'errato presupposto che il prg del
1974 vi prevedesse già la costruzione di un edificio scolastico, che
viceversa era stata introdotta dalla variante del 1982 (che appose la
simbologia "scuola professionale secondaria"), quindi successivamente
alla costruzione dell'opera pubblica (localizzabile alla data 27.3.1981),
oltre al fatto che l'edilizia scolastica è riconducibile ad un servizio
strettamente pubblicistico, connesso a un fine proprio ed istituzionale
dello Stato.
1.3. Con il terzo motivo di ricorso, la Provincia di Pistoia, denunciando
contraddittoria motivazione su fatto controverso e decisivo, censura la
sentenza impugnata per aver riconosciuto la natura conformativa del
vincolo, quale elemento (testualmente:
"vincolo conformativo generale preesiste in loco") da considerare ai fini
valutativi per poi determinare il prezzo, come se il vincolo fosse
espropriativo, secondo la tipologia dei terreni edificabili (indice di
edificabilità desumibile dal rapporto tra l'estensione dell'area e l'entità
della cubatura teoricamente realizzabile).
1.4. Con il quarto motivo di ricorso, la Provincia di Pistoia, denunciando
insufficiente motivazione su fatto controverso e decisivo nella
determinazione del valore del terreno, censura la sentenza impugnata
per aver preso per buono, da una parte, l'indicazione del c.t.u. F.
sull'incidenza del costo del terreno sul metro cubo di edificio (tra 15 e 18
Euro/mc.), senza preventivamente spiegare il costo di ogni metro cubo
realizzabile, e dall'altro per aver applicato una riduzione del 20%,
evidentemente effettuata secondo equità, e tuttavia inferiore a
rappresentare l'incidenza negativa della destinazione pubblicistica sul
valore del terreno, essendo evidente che un terreno edificativo contiguo
a zona cimiteriale, destinato a costruzione scolastica, ha valore di
mercato di gran lunga inferiore ad aree edificative a scopo abitativo per
villette unifamiliari con verde pertinenziale.
2.1. Con il primo motivo del ricorso incidentale, il Comune di Agliana,
denunciando violazione degli artt. 2043, 2049 e 2055 c.c. , in relazione
alla L.R. Toscana 13 agosto 1984, n. 50 e L.R. Toscana 21 aprile 1986,
n. 18, e degli artt. 100, 115 e 116 c.p.c. e art. 2697 c.c. , censura la
sentenza impugnata per aver ritenuto la legittimazione passiva del
Comune, nonostante che l'occupazione fosse stata effettuata
esclusivamente dalla Provincia di Pistoia che realizzò l'opera, che nessun
atto competesse al Comune, e che nessuna intesa vi fosse tra i due enti
pubblici; il Comune si trovò ad essere competente ex lege per le
espropriazioni nel limitato periodo di circa 12 mesi di vigenza della L.R.
n. 50 del 1984, quando, per mancanza di fondi da parte della Provincia
con impossibilità di depositare le indennità, non poteva più emettersi il
decreto di esproprio. Le colpe tra i due enti pubblici dovrebbero essere
comunque graduate, in relazione all'omesso esercizio da parte della
Provincia dei poteri di controllo e di stimolo.
2.2. Con il secondo motivo del ricorso incidentale, il Comune di Agliana,
denunciando violazione e falsa applicazione della L. 22 ottobre 1971, n.
865, art. 16, della L. 8 agosto 1992, n. 359, art. 5- bis, della L. n. 2359
del 1865, art. 39, anche in relazione alla norme attuative del prg
adottato dal Comune di Agliana, censura la sentenza impugnata per aver
considerato le aree occupate come edificabili, non valendo a ciò la
destinazione urbanistica a verde pubblico con attrezzature collettive, che
comporta doversi tener conto, ai fini espropriativi, dell'originaria natura
agricola. La connotazione edificatoria deriva solo dalla destinazione a
edilizia residenziale privata, tanto più che i terreni collocati fuori dal
perimetro abitato, erano coltivati a frumento da un colono dei
proprietari, che mai manifestarono volontà di utilizzarli a fini edificatori.
Nè potrebbe sostenersi per gli stessi terreni una possibilità classificatoria
intermedia.
2.3. Con il terzo motivo del ricorso incidentale, il Comune di Agliana,
denunciando omessa ed errata motivazione su punto decisivo, censura la
sentenza impugnata per aver qualificato il terreno, sulla base di
un'illogica adesione alla relazione del c.t.u. F., adottando il criterio della
edificabilità di fatto.
2.4. Con il quarto motivo del ricorso incidentale, il Comune di Agliana,
denunciando violazione dell'art. 91 c.p.c. , ed erronea motivazione su
punto decisivo, censura la sentenza impugnata per aver condannato il
Comune al pagamento delle spese di causa, che viceversa dovevano
gravare sugli attori o essere compensate.
3.1. Con un primo ricorso incidentale, contestuale a controricorso
opposto al ricorso principale della Provincia, B.A. G., B.E.M.G. e B.A.E.,
denunciando con il primo motivo violazione e omessa applicazione del
D.P.R. n. 327 del 2001, art. 32 e L. n. 2359 del 1865, art. 39 censurano
la sentenza impugnata in quanto ha tenuto conto dell'originaria
destinazione urbanistica dei terreni a verde pubblico con attrezzature
collettive, mentre l'occupazione appropriativa si è consumata durante
l'occupazione legittima (questa prorogata fino al 14.5.1986), quando era
in vigore la variante, adottata nel 1980 ed approvata dalla Regione nel
1982, con destinazione a servizi ed usi di interesse collettivo, ed ha
assegnato un valore di Euro 12 per metro cubo realizzabile, quale
risultato di una decurtazione del 20% del prezzo di mercato, che tiene
conto arbitrariamente del vincolo preordinato ad esproprio.
3.2. Con il secondo motivo del ricorso incidentale, B.A. G., B.E.M.G. e
B.A.E., denunciando violazione della L. n. 865 del 1971, art. 20, L. n. 42
del 1985, art. 1, comma 5-bis, art. 2043 c.c. , censurano la sentenza
impugnata in quanto ha liquidato l'indennità di occupazione partendo
dall'incontroversa data dell'immissione in possesso (8.9.1980), fino al
27.3.1981, mentre l'occupazione è durata, siccome prorogata dalla
Provincia, fino al 21.4.1986 (o 14.5.1986), sicchè l'indennità, va
commisurata non per soli 200 giorni, ma per tutta la durata
dell'occupazione, alla scadenza della quale si configura l'occupazione
appropriativa del terreno.
3.3. Con il terzo motivo, i ricorrenti incidentali B., denunciando omessa e
carente motivazione su punto decisivo e controverso, censurano la
sentenza impugnata per aver rivalutato la somma cumulativa del credito
risarcitorio e indennitario, applicando gli interessi e la rivalutazione
monetaria secondo i dati Istat, mentre i ricorrenti hanno provato di
essere portatori di titoli di Stato.
3.4. Con il quarto motivo, i ricorrenti incidentali B., denunciando omessa
insufficiente contraddittoria motivazione su punto decisivo e controverso,
censurano la sentenza impugnata per aver recepito le indicazioni del
c.t.u. F. in ordine ad una ancora non avvenuta urbanizzazione dell'area
occupata, laddove il proprio c.t.p. aveva dimostrato come l'area fosse
completamente servita da opere di urbanizzazione primaria (soprattutto
per quanto riguarda le strade), derivandone l'arbitraria adozione
dell'indice territoriale 1,2, mentre l'indice applicabile alle aree
urbanizzate è di 1,5, il che conduce ad un valore di L. 986.000.000
(stimato invece dal c.t.u.
in L. 640.000.000), e, applicando il reale valore di mercato, a L.
1.194.000.000; adottando gli stessi coefficienti di rivalutazione del c.t.u.,
dal settembre 1980, all'aprile 1988, si perverrebbe ad un prezzo di L.
1.436.352.000.
3.5. Per l'ipotesi in cui venisse accolto il ricorso principale, i B.
propongono ricorso incidentale, il cui unico motivo denuncia violazione e
falsa applicazione dell'art. 118 Cost. , comma 4, art. 41 Cost. , D.Lgs. n.
155 del 2006, art. 2 nel senso che in materia di istruzione debbono
escludersi i vincoli conformativi indiscriminatamente posti dalla p.a., alla
luce del principio di sussidiarietà, che lascia spazio ai privati per la
realizzazione dei servizi di utilità sociale, il che deve condurre alla
disapplicazione delle norme di prg che inibiscono nelle zone vincolate la
realizzazione di opere ad iniziativa privata, giacchè in caso contrario
dovrebbe rimettersi alla Corte costituzionale la questione di legittimità
della L. 17 agosto 1942, n. 1150, art. 7, comma 2, nella parte in cui i
vincoli non ablatori posti dalla programmazione e pianificazione
urbanistica, escludono l'intervento dei proprietari delle aree con
imposizione di vincoli conformativi.
4. A seguito della proposizione del controricorso e ricorso incidentale del
Comune di Agliana, B.A.G., B. E.M.G. e B.A.E., si oppongono con
controricorso, e contestualmente formulano, nei confronti di tale
amministrazione, ulteriore ricorso incidentale, dell'esatto testuale tenore
di quello proposto nei confronti della Provincia di Pistoia.
5.1. Con il primo motivo di ricorso incidentale, Be.Re., B.F., B.G. e B.M.,
condizionatamente all'accoglimento di uno dei primi tre motivi del ricorso
principale, denunciando violazione e falsa applicazione della L. n. 2359
del 1865, art. 39, D.L. n. 333 del 1992, art. 5-bis conv.
in L. n. 359 del 1992 , della L. n. 244 del 2007, art. 2, comma 89, ed
omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione in ordine a un
elemento decisivo, censurano la sentenza impugnata per aver
considerato l'irrilevanza, ai fini del riconoscimento dell'edificabilità del
terreno, della realizzabilità dell'opera da parte dei privati. Viceversa le
norme tecniche di attuazione del prg non impedivano che la prevista
scuola secondaria fosse realizzata a iniziativa privata o promiscua
pubblico-privata, e del resto nella delibera di approvazione della variante
del 1982 si prevedeva espressamente che all'interno delle aree destinate
a verde pubblico con attrezzature collettive, si potesse concedere a
privati la possibilità di realizzare particolari strutture di uso pubblico,
tanto più che è a quest'ultima regolamentazione che deve farsi
riferimento, essendo maturata l'occupazione appropriativa al 4.9.1986,
data di scadenza dell'occupazione legittima, ed essendo iniziata la causa
il 23.4.1987.
5.2. Con il secondo motivo, i ricorrenti incidentali Be. - B., sempre
condizionatamente all'accoglimento di uno dei primi tre motivi del ricorso
principale, denunciando ulteriore violazione e falsa applicazione della L.
n. 2359 del 1865, art. 39, D.L. n. 333 del 1992, art. 5-bis conv. in L. n.
359 del 1992 , L. n. 244 del 2007, art. 2, comma 89, violazione e falsa
applicazione dei principi giurisprudenziali in materia di accessione
invertita e falsa applicazione del D.P.R. n. 327 del 2001, art. 43, ed
omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione in ordine a un
elemento decisivo, censurano la sentenza impugnata per aver fatto
discendere l'edificabilità del terreno dal prg del 1974 anzichè dalla
variante del 1982, sull'erroneo presupposto che l'occupazione
appropriativa si sia perfezionata nel 1981, al momento del rilascio della
concessione edilizia, essendosi invece verificata alla scadenza
dell'occupazione legittima, e la disciplina del territorio in quel momento
(7.9.1986 o 20.4.1986) era quella della variante generale approvata nel
1982, che concedeva la costruzione dell'opera pubblica ai privati. Tanto
più che non essendo più vigente, nel nostro ordinamento, l'istituto
giurisprudenziale dell'occupazione appropriativa perchè contrario alla
Convenzione Europea dei diritti dell'uomo e incompatibile con l'istituto
dell'acquisizione sanante, il proprietario conserva il suo diritto sul terreno
anche a seguito della irreversibile trasformazione, e ne può chiedere la
restituzione, e optando per il risarcimento, la valutazione del bene dovrà
essere compiuta al momento dell'introduzione dell'azione, cioè il
23.4.1987.
5.3. Con il terzo motivo, i ricorrenti incidentali Be. - B., denunciando
omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione in ordine a un
elemento decisivo, censurano la sentenza impugnata per aver
riconosciuto un valore del terreno inferiore a quello stimato dal c.t.u. F.,
ritenendo erroneamente che quello fosse il valore dei terreni destinati a
edilizia privata, con conseguente abbattimento del 20%, mentre quello
era il risultato di una valutazione condotta con il metodo analiticoricostruttivo, considerando la condizione di fatto del bene come inserita
in area adeguatamente urbanizzata ed a prevalente edificazione privata.
L'abbattimento del 20% risulta comunque sproporzionato e irragionevole
rispetto alla reale incidenza del vincolo, sicchè il valore dovrebbe più
realisticamente essere fissato a L. 15.000/mq., potendo la Corte di
cassazione provvedere in tal senso ex art. 384 c.p.c..
5.4. Con il quarto motivo, i ricorrenti incidentali Be. - B., denunciando
violazione e falsa applicazione della L. n. 865 del 1971, art. 20,
violazione e falsa applicazione dei principi giurisprudenziali in materia di
accessione invertita, censurano la sentenza impugnata per aver
determinato l'indennità di occupazione legittima considerando il periodo
tra l'8.9.1980 ed il 27.3.1981, anzichè quello tra l'immissione in
possesso e la scadenza dell'occupazione legittima (7.9.1986 o
20.4.1986), perchè ove l'irreversibile trasformazione del fondo avvenga
durante l'occupazione, è alla sua scadenza che si verifica il passaggio di
proprietà alla p.a., potendo la Corte di cassazione provvedere in tal
senso ex art. 384 c.p.c..
5.5. Con il quinto motivo, i ricorrenti incidentali Be. - B., denunciando
violazione e falsa applicazione dell'art. 112 c.p.c, dell'art. 1224 c.c. ,
comma 2, ed omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su
punto decisivo, censurano la sentenza impugnata per aver disposto la
rivalutazione del credito risarcitorio in base all'indice Istat invece che
sulla base del tasso normale dei buoni del tesoro, di cui i B. hanno
provato in causa di essere portatori.
6. La molteplicità delle questioni trattate nelle impugnazioni, ed la
considerevole quantità degli scritti difensivi provenienti da tutte le parti,
richiedono una prima organizzazione dell'oggetto del contendere, al fine
di razionalizzare l'analisi dei diversi motivi di doglianza.
In via sistematica, per brevità, nell'esame dei ricorsi incidentali delle
parti private, ci si riferirà al ricorso B. per intendere l'impugnazione
proposta da B.A.G. (cui sono subentrati F.E., B.F. e B. G.), B.E.M.G. e
B.A.E., e al ricorso Be. per intendere l'impugnazione proposta da Be.Re.,
B.F., B.G. e B. M.. Il ricorso incidentale B. viene ovviamente considerato
come ricorso unico, anche se duplicato avverso la Provincia di Pistoia e
avverso il Comune di Agliana.
Preventivamente si debbono affrontare le questioni di ordine processuale
sollevate da più parti. Successivamente si esamina il problema della
titolarità passiva dell'obbligo risarcitorio. Sul presupposto che,
comunque, i proprietari espropriati, hanno diritto ad un risarcimento per
la perdita della proprietà, e ad una indennità per l'occupazione
temporanea del fondo, le cui misure sono ancora oggetto di
contestazione, la questione, di stabilire quale sia l'ente obbligato, si pone
indipendentemente dall'ammontare del debito: il che comporta l'esame
del primo motivo del ricorso incidentale del Comune di Agliana.
Vi è poi la questione della corretta collocazione cronologica della vicenda
espropriativa, posto che la Corte d'appello ha relazionato la valutazione
del bene ad una data (27.3.1981) che non sembra raccogliere i consensi
delle parti, sicchè la definizione dei tempi appare imprescindibile per
l'accertamento della qualità del bene rispetto alle vicende urbanistiche,
sia ai fini valutativi in relazione all'andamento del mercato immobiliare,
sia per la commisurazione dell'indennità di occupazione, ovviamente
dipendente dalla sua durata. Il polo della ricostruzione storica raggruppa
i motivi 2 della Provincia, 1 e 2 del ricorso incidentale B., 1, 2 e 4 del
ricorso incidentale Be.. Si passa poi alla questione cruciale, quella di
qualificazione del terreno occupato, quale presupposto imprescindibile
per la determinazione del suo valore alla stregua del criterio
fondamentale di indennizzo (e di risarcimento): l'alternativa edificabileagricolo (rectius edificabile-non edificabile, come si spiegherà oltre),
siccome imposta dal D.L. 11 luglio 1992, n. 333, art. 5 bis, comma 3,
conv.
in L. 8 agosto 1992, n. 359 , rimasto indenne dalla dichiarazione di
incostituzionalità della sentenza Corte cost. 24.10.2007, n. 348, che ha
inciso sui soli aspetti quantitativi dell'indennità per i suoli edificatori,
polarizza la maggior parte delle doglianze: è appena il caso di osservare
che il capitolo della edificabilità è pure influenzato, come sopra
accennato, dai tempi della vicenda urbanistica, sicchè l'esame della
questione edificabilità conoscerà dei necessari riferimenti alle modifiche
del prg. La questione della qualificazione dei terreni occupati polarizza i
motivi 1 e 3 del ricorso della Provincia, 2-3 del Comune di Agliana, 4 B.,
3 Be..
Ove si pervenga alla qualificazione urbanistica del suolo occupato, come
edificabile, occorrerà individuare il criterio di accertamento del valore
venale, anch'esso oggetto di critiche di senso opposto sullo stesso
specifico aspetto dell'aggiustamento recato dal giudice d'appello al costo
del terreno per metro cubo di edificato: vi convergono i motivi 4 della
Provincia, 4 B., 3 Be.. E' appena il caso di osservare che tale capitolo
verrà trattato nella sola ipotesi in cui al terreno venga riconosciuta la
prerogativa dell'edificabilità, risultando, al contrario, assorbito, ove la
valutazione debba essere compiuta alla stregua del valore agricolo di
mercato, secondo il sistema risarcitorio configurabile a seguito
dell'intervento della Corte costituzionale (sentenza Corte cost.
24.10.2007, n. 349) per l'occupazione appropriativa dei terreni non
edificabili.
Ulteriormente condizionata è la pronuncia sulle obbligazioni accessorie
(rivalutazione: 3 B.; 5 Be.), e sulle spese del giudizio di merito (4
Comune), che avrà luogo solo ove venga riconosciuta la fondatezza,
rispettivamente, dei ricorsi dei privati e dell'amministrazione comunale.
7.1. Preliminarmente, si rileva che a seguito del decesso di B. A.G.,
verificatosi il 5.8.2013, si sono costituiti in giudizio F.E., B.F. e B. G., in
qualità di eredi del controricorrente, a mezzo di comparsa d'intervento
notificata alle controparti il 12.12.2013, e recante a margine la procura
speciale rilasciata al difensore. Tale atto, nel quale è trascritto il testo del
controricorso-ricorso incidentale a suo tempo promosso da B.A.G., le cui
argomentazioni difensive e conclusioni sono recepite dei predetti
soggetti, eredi del B., deve ritenersi idoneo a far assumere agli stessi la
qualità di parte.
La sopravvenuta morte della parte, pur risultando ordinariamente
ininfluente nel giudizio di cassazione, al quale non si applica l'istituto
dell'interruzione, non esclude infatti la possibilità della prosecuzione del
giudizio da parte del successore a titolo universale, ai sensi dell'art. 110
c.p.c. , non apparendo tale disposizione incompatibile con la disciplina
del procedimento; tale prosecuzione può aver luogo nella forma di un
atto, simile al ricorso o al controricorso, ma avente natura di atto di
intervento, che deve essere notificato alle controparti, ai fini
dell'instaurazione del contraddicono con il nuovo soggetto legittimato.
7.2. La sentenza impugnata è stata pubblicata il 14.9.2009, dunque
successivamente all'entrata in vigore della L. 18 giugno 2009, n. 69
(4.7.2009), e i quesiti di diritto, già richiesti dall'abrogato art. 366-bis
c.p.c. , non sono previsti dalla disciplina processuale applicabile ratione
temporis; la loro formulazione, comunque proposta in tutti i ricorsi,
principale e incidentali, nella presente causa, non comporta irregolarità
tali da inficiare l'ammissibilità delle impugnazioni (Cass. 21.9.2012, n.
16122), per il principio utile per inutile non vitiatur, onde vanno
disattese le eccezioni di inammissibilità mosse al ricorso della Provincia
sia per la formulazione in sè (controricorso Be.) che per le modalità di
redazione (controricorso B.).
7.3. Pure infondata è l'eccezione di irricevibilità del ricorso della Provincia
per omessa indicazione del valore della causa a fini contributivi, attesa la
finalità solo fiscale della dichiarazione (Cass. 20.12.2007, n. 26988).
8.1. Venendo alla prima questione, sopra individuata, concernente il
merito della causa, il primo motivo del ricorso incidentale del Comune di
Agliana va accolto, dovendosi affermare la sola titolarità passiva
dell'obbligo risarcitorio da parte della Provincia di Pistoia, ed escludersi la
responsabilità del Comune di Agliana.
La questione presenta aspetti di complessità legati all'intreccio delle
competenze amministrative non solo in materia di espropriazione, in una
stagione che vedeva l'attuazione di un primo blocco di trasferimenti e
deleghe di funzioni amministrative dallo Stato alle Regioni e agli organi
infraregionali, ma anche in tema di edilizia scolastica.
La ricostruzione della vicenda nella sentenza impugnata è
approssimativa, e certo il riferimento ivi contenuto a un'"intesa" tra
Provincia e Comune "in vista dell'attuazione dell'operazione
espropriativa", che "non si limitava alla realizzazione materiale
dell'edificio scolastico, ma investiva a mezzo di una "delega" l'intera
gestione del procedimento ablatorio", non ha l'attendibilità
dell'accertamento in fatto (nessun formale atto amministrativo è riferito,
neppure dalle parti, ad avvalorare tale cooperazione), ma semmai
costituisce qualificazione giuridica degli antefatti amministrativi, in
funzione del ruolo esercitato nella vicenda dai due enti pubblici. Sicchè
l'eventuale vizio non attiene alla valutazione delle prove (e alla
conseguente censurabilità della motivazione), bensì proprio alla
violazione delle norme sostanziali in tema di attribuzione della
responsabilità da fatto illecito. La Corte d'appello valorizza la mancata
emanazione del decreto di esproprio da parte del Comune delegato, per
inferire la responsabilità solidale tra i due enti, secondo il principio di
corresponsabilità. Le espressioni impiegate (intesa, delega) hanno nel
loro complesso l'aspetto di definizioni atecniche, non attagliate alla
sistemazione delle competenze amministrative sul doppio fronte della
realizzazione della struttura immobiliare funzionale al servizio pubblico
dell'istruzione, e dell'acquisizione delle aree necessarie per la costruzione
dell'edificio.
La ricostruzione della vicenda negli scritti delle parti in causa,
particolarmente della Provincia e del Comune, prospetta l'iniziale Delib.
consiliare Provincia 21 aprile 1980, n. 129 di approvazione del progetto
dell'opera, ed il decreto presidenziale n. 276 del 4.9.1980, con cui venne
autorizzata l'occupazione temporanea degli immobili, fino al 19.5.1985,
in coerenza con la previsione di ultimazione dei lavori entro mesi 60 dalla
esecutività della delibera di approvazione del progetto.
La Provincia allega che in data 9.7.1983 la documentazione venne
trasmessa al Comune per le procedure espropriative "come richiesto
dalle allora disposizioni vigenti".
Con Delib. Giunta provinciale 8 maggio 1985, n. 451 l'occupazione di
urgenza venne prorogata di un anno.
Con decreto n. 28 del 23.4.1986, il Sindaco di Agliana determinò le
indennità provvisorie spettanti agli espropriandi.
Venendo a classificare i fatti, come sopra riportati, nelle guide della
disciplina normativa vigente all'epoca, sembra però da acquisire, in
primo luogo, come circostanza pacifica in causa, che all'esecuzione
dell'opera abbia provveduto la Provincia di Pistoia, plausibilmente
delegata dallo Stato a norma della L. 28 luglio 1967, n. 641, art. 16 (nel
testo modificato dal D.L. 24 ottobre 1969, n. 701, art. 1, convertito, con
modificazioni, in L. 22 dicembre 1969, n. 952 ): i programmi di edilizia
scolastica previsti dalla citata normativa, pur contemplando ampi
interventi dello Stato, pongono tuttavia in primo piano la posizione delle
Province, dei Comuni, e degli altri enti interessati (art. 9); pertanto il
rapporto tra il Ministero dei lavori pubblici e i suddetti enti territoriali va
sussunto sotto lo schema dell'affidamento improprio, assimilabile alla
delegazione amministrativa intersoggettiva (Cass. 9.6.1983, n. 3952), il
che vale ad attribuire la responsabilità esclusiva della costruzione
dell'opera alla Provincia, quale ente delegato (Cass. 14.3.1990, n. 2099),
e del resto, l'estraneità dell'amministrazione statale non è mai stata in
discussione.
In tema di edilizia scolastica la L. 28 luglio 1967, n. 641, art. 13, comma
2, prevede che Comuni, Province e gli altri enti obbligati per legge sono
tenuti a fornire le aree per la costruzione degli edifici scolastici, ciascuno
nell'ambito della propria competenza. La Provincia esercita in materia di
edilizia scolastica i compiti attribuiti dalla legislazione statale e regionale
che sono connessi alla istruzione secondaria superiore e alla formazione
professionale.
A ricognizione di quanto sopra, più di recente, il D.L. 31 maggio 2010, n.
78, art. 14, comma 27, conv. in L. 30 luglio 2010, n. 122 , ha
definitivamente stabilito essere funzioni fondamentali dei Comuni, ai
sensi dell'art. 117 Cost. , comma 2, lett. p), "l'edilizia scolastica per la
parte non attribuita alla competenza delle province, organizzazione e
gestione dei servizi scolastici" (lett. h), e il D.L. 6 luglio 2012, n. 95, art.
17, comma 10, lett. b-bis), conv. in L. 7 agosto 2012, n. 135 , ha
riconosciuto quale funzione della Provincia, la programmazione
provinciale della rete scolastica e gestione dell'edilizia scolastica relativa
alle scuole secondarie di secondo grado.
Nella vicenda di cui è causa, trattandosi nella specie di Istituto tecnico
commerciale, l'iniziativa è stata assunta dalla Provincia, che
evidentemente in sede di approntamento dei programmi regionali e di
conseguenza statali di edilizia scolastica, ha segnalato il fabbisogno, e ha
assunto la responsabilità dell'attuazione del piano.
La ricorrente, dunque, ha cumulato in sè le figure di promotore
dell'esproprio e di beneficiario. Ha evidentemente svolto le funzioni di
titolare della potestà espropriativa, dal momento che, come sopra
rilevato, riferisce nel proprio ricorso principale di aver provveduto
all'approvazione del progetto dell'opera, e autorizzato l'occupazione
temporanea degli immobili. La procedura espropriativa osservata è
quella della L. 22 ottobre 1971, n. 865 , applicabile alle opere pubbliche
in ambito regionale. Riguardo alle competenze nella procedura
espropriativa, con riferimento all'epoca cui risalgono i fatti, il potere
espropriativo, trasferito alle Regioni a statuto ordinario dal D.P.R. 15
gennaio 1972, n. 8, art. 3, riguarda tutte le opere pubbliche inerenti alle
materie elencate nel precedente art. 2, con inclusione, pertanto, di
quelle di edilizia scolastica (art. 2, nn. 2 e 8, lett. m: Cons. Stato, sez. 4,
30.1.1986, n. 63;
24.11.1986, n. 752), pure quando le opere medesime fossero di
competenza di enti subregionali, quali Province e Comuni.
Tale sistemazione delle competenze ebbe luogo a decorrere dal
1.4.1972, attribuendosi alle Regioni, ai sensi del successivo art. 3, la
potestà di procedere alla dichiarazione di pubblica utilità e di urgenza e
di indifferibilità ai fini espropriativi, per le opere delegate o di
competenza delle regioni medesime (Cons. Stato, sez. 4, 30.12.1982, n.
913). Tale regime venne confermato in occasione del riordinamento della
materia effettuato dal D.P.R. 24 luglio 19707, n. 616 , allorchè le
funzioni relative alle opere pubbliche in materie delegate o trasferite alle
Regioni o in ambito infraregionale, furono attribuite agli organi regionali
(art. 106, comma 1).
La Regione, poi, ebbe ad assegnare nell'esercizio della propria autonomia
organizzativa, i compiti ad organi regionali (in via di principio, le funzioni
previste dalla L. n. 865 del 1971, artt. 11, 12 e 15, come modificati dal
D.L. 2 maggio 1974, n. 115 conv. in L. 27 giugno 1974, n. 247 ,
spettavano al Presidente della Giunta regionale), e a delegare a Comuni,
Province, Comunità montane e Consorzi le funzioni loro spettanti. Il che
avvenne anche in Toscana.
Una prima ricognizione delle competenze in materia espropriativa
avvenne già l'indomani dell'emanazione della L. n. 865 del 1971 ,
giacchè con L.R. Toscana 25 gennaio 1972, n. 2 vennero dettate norme
per l'esercizio delle funzioni delegate o trasferite dalla stessa legge
statale, stabilendosi in particolare che il Presidente della Giunta regionale
esercitava le competenze relative alla dichiarazione di pubblica utilità,
indifferibilità e urgenza e i conseguenti adempimenti di cui alla L. n. 85
del 1971, artt. 11, 12 e 15 (art. 4). La L. 20 febbraio 1975, n. 18, art. 5
finalizzata a dettare norme per l'accelerazione e lo snellimento delle
procedure in materia di lavori pubblici, stabilì che i Comuni e le Province,
per le opere di propria competenza o ad essi affidate dalla Regione,
esercitassero le funzioni amministrative relative all'accesso agli immobili
da espropriare per la redazione degli stati di consistenza, l'esecuzione
delle misurazioni e dei rilievi, nonchè all'occupazione temporanea di
urgenza degli immobili predetti. Questo spiega perchè nel 1980 fu la
Provincia ad approvare il progetto (con dichiarazione implicita di pubblica
utilità), a disporre l'occupazione temporanea degli immobili, e, in
definitiva, a condurre la procedura espropriativa.
Che nel 1983 gli atti siano stati trasmessi dalla Provincia al Comune,
come riferito dalla prima, non sposta la responsabilità per gli
adempimenti connessi alla procedura, atteso che si tratta di un
adempimento previsto dalla L. n. 865 del 1971, art. 10, da parte
dell'amministrazione espropriante, soltanto ai fini della pubblicità- notizia
da attuare a cura del Sindaco. Nella vicenda espropriativa s'inserisce una
modifica nel sistema regionale delle competenze, poichè con l'entrata in
vigore della L.R. Toscana 13 agosto 1984, n. 50, in data 6.9.1984
(quindi in costanza dell'occupazione legittima), le funzioni
amministrative, già trasferite o delegate alla Regione, e indicate dalla L.
n. 865 del 1971, artt. 11 ss., transitarono ai Comuni, relativamente a
tutte le opere pubbliche e di pubblica utilità da eseguire nei rispettivi
territori comunali da qualunque soggetto, con adozione dei rispettivi
provvedimenti, da parte del Sindaco (art. 1). Con la sostituzione della
L.R. n. 50 del 1984, art. 1, con la L.R. Toscana 21 aprile 1986, n. 18,
art. 1 (in vigore dal 15.5.1986), ferma restando la competenza dei
Comuni per le opere pubbliche comunali, vennero delegate alle Province
le funzioni amministrative per le opere di propria competenza, con
adozione dei rispettivi provvedimenti, da parte del Presidente (art. 1,
commi 2 e 3, nuovo testo).
Il decreto di esproprio avrebbe dovuto essere emanato entro il termine
dell'occupazione legittima (19.5.1985), in una fase in cui, nella vigenza
della L.R. n. 50 del 1984 nel testo originario, il relativo provvedimento
competeva al Sindaco. Alla scadenza della proroga dell'occupazione
(19.5.1986) la potestà espropriativa era di nuovo transitata alla
Provincia per effetto dell'entrata in vigore della L.R. n. 18 del 1986.
Nel ricorso incidentale il Comune di Agliana assume di non aver potuto
provvedere alla tempestiva emissione del decreto di esproprio per
l'indisponibilità di fondi da parte della Provincia: il che è ammesso da
quest'ultima nella comparsa in primo grado (evocata con precisione dal
ricorrente incidentale in ottemperanza all'onere di autosufficienza).
L'offerta venne formulata, dal Comune, solo in prossimità della scadenza
della proroga dell'occupazione.
In conclusione può affermarsi che l'amministrazione comunale mai
assunto la viste di espropriante, se non la titolarità della vicenda
espropriativa per un brevissimo lasso di tempo, che comunque resta in
parentesi, dal momento che la vicenda doveva concludersi in un
momento in cui la potestà espropriativa era di nuovo confluita sul
soggetto promotore dell'espropriazione e beneficiari dell'opera, il
Comune è da mandare assolto da responsabilità.
Si tenga conto che le autorità amministrative, quali il Prefetto, il
Presidente della Giunta regionale o il Sindaco, tenute all'emanazione del
decreto di esproprio, devono rimanere estranee ai giudizi di opposizione
alla stima dei relativi indennizzi ovvero a quello per ottenere il
risarcimento del danno da occupazione acquisitiva, non essendo tali
autorità identificabili con l'espropriante e neppure la loro attività
riferibile, in base ad un rapporto d'immedesimazione organica,
all'amministrazione d'appartenenza (Cass. 23.11.2007, n. 24397;
2.7.2012, n. 11053).
A ciò si aggiunga che il comportamento illecito in cui si sostanzia
l'occupazione appropriativa non consiste nella omissione di quella attività
amministrativa di completamento della procedura ablativa che avrebbe
determinato il legittimo trasferimento dell'immobile, bensì nell'aver
perseverato nel conservare il possesso dell'immobile oltre la scadenza
del termine di occupazione legittima pur nella consapevolezza che tale
scadenza rendeva ipso facto illegittima l'occupazione (Cass. 20.9.1999,
n. 10129).
8.2. E' appena il caso di aggiungere che la ricostruzione dei fatti non ha
dimostrato una cooperazione materiale tra gli enti provinciale e
comunale nella costruzione dell'opera. Sotto tale profilo, non è in alcun
modo accertato che il progetto (approvato dalla Provincia) prevedesse
l'intervento del Comune nella costruzione e che la prospettata (dalla
Provincia nel controricorso) esecuzione da parte di quest'ultimo di opere
di completamento e urbanizzazione sia riconducibile alla stessa vicenda
urbanistico-espropriativa: la variante adottata dal Comune è dettata
dalla necessaria verifica di conformità urbanistica del progetto dell'opera,
inserito nella zona F della zonizzazione comunale, e quindi è riconducibile
alle diverse prerogative del Comune quale autorità preposta al governo
del territorio; la ripartizione convenzionale tra i due enti degli oneri di
urbanizzazione non è altro che il presupposto per il rilascio del titolo per
la costruzione dell'opera.
8.3. Ne consegue l'accoglimento del primo motivo del ricorso incidentale
del Comune di Agliana, restandone assorbiti i motivi 2 e 3, che
attengono alla valutazione dei beni occupati che, a questo punto, non
essendo quell'amministrazione chiamata ad affrontare le conseguenze
dell'occupazione, resta ad essa indifferente. Può pronunciarsi nel merito,
escludendosi la titolarità passiva dell'obbligo risarcitorio del Comune di
Agliana per l'occupazione di cui è causa, con rigetto delle domande
proposte nei suoi confronti.
Conseguentemente va accolto il quarto motivo dello stesso ricorso
incidentale, che, in conseguenza della riconosciuta estraneità del
Comune al fatto illecito, ne annulla la soccombenza in primo e secondo
grado. La complessità della questione attinente alla legittimazione
passiva di questa parte, di cui è riprova nelle argomentazioni poco sopra
svolte sul piano legislativo e amministrativo, costituisce grave ed
eccezionale ragione per la compensazione in quelle fasi. La definizione
della causa nei confronti del Comune di Agliana comporta doversi
liquidare a favore di tale parte le spese di questo giudizio, come in
dispositivo.
9.1. Il perfezionamento del fatto illecito, anche in base alle
considerazioni ora svolte, va localizzato alla fine dell'occupazione
illegittima, all'interno della quale la trasformazione dell'opera è
consentita.
La diversa costruzione operata dal giudice di merito, che localizza
l'illecito al rilascio della concessione edilizia e all'inizio dei lavori di
costruzione (27.3.1981) non ha alcuna giustificazione sistematica. La
mancata emissione del decreto di espropriazione entro il termine di
occupazione autorizzata, nel quale la p.a. può procedere a tutte le
operazioni dirette alla realizzazione dell'opera pubblica, rende illegittima
l'impossibilità di restituzione del fondo alla scadenza, da cui logicamente
consegue la perdita della proprietà del privato e l'acquisto a titolo
originario a favore dell'ente pubblico (Cass. 26.5.2006, n. 12626). La
data di definitiva scadenza dell'occupazione va localizzata al 19.5.1986,
se è vero che il primo decreto di occupazione aveva scadenza 19.5.1985,
e prima di tale data la proroga venne disposta "per un anno".
9.2. Va invece smentita la tesi professata all'interno del secondo motivo
dai ricorrenti incidentali Be., che pretenderebbero di prolungare la durata
dell'occupazione, ed il conseguente indennizzo, fino al momento della
domanda giudiziale. La pretesa si basa sull'assunto per cui alla luce della
giurisprudenza della Corte Europea dei diritti dell'uomo l'istituto
dell'occupazione appropriativa non potrebbe ritenersi più vigente,
conseguendone il diritto del proprietario alla restituzione del bene, o,
viceversa, la rinuncia alla proprietà implicita nell'azione in giudizio per
conseguire il risarcimento del danno, sicchè l'occupazione dovrebbe
trovare compenso fino all'atto di citazione.
Non può obliterarsi che il D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327, art. 55 disciplina
le conseguenze economiche dell'occupazione assistita da pubblica utilità,
per i fatti avvenuti prima del 30.9.1996: e, come la Corte costituzionale
ha sancito nella stessa sentenza con cui ha dichiarato l'illegittimità dei
criteri riduttivi di risarcimento ( D.L. n. 333 del 1992, art. 5-bis, comma
7-bis), la violazione della Convenzione Europea dei diritti dell'uomo, così
come interpretata dalla Corte Europea dei diritti dell'uomo, da parte di
una legge statale, comporta che tale legge debba essere dichiarata
illegittima dalla Corte costituzionale. Il che non è avvenuto riguardo
all'art. 55, che disciplina l'occupazione appropriativa dei suoli edificabili.
Va aggiunto che la Corte di Strasburgo, a partire dal caso Guiso- Gallisay
(sentenza Grande chambre del 22 dicembre 2009), pur censurando
l'istituto dell'occupazione appropriativa siccome affermatosi
nell'ordinamento italiano, ne ha condivisi i criteri di liquidazione del
danno, dopo che, a partire dall'intervento della Corte costituzionale,
nell'impossibilità di restituzione, il proprietario viene compensato con il
valore venale del bene, secondo i criteri risarcitori previsti dal quella
norma, come sostituita dalla L. n. 244 del 2007, art. 89, lett. e). Per i
suoli non edificabili, come si dirà oltre, il risarcimento va liquidato
adottando il criterio del valore agricolo di mercato, che tiene conto delle
possibili utilizzazioni del suolo, ulteriori e diverse da quella agricola.
9.3. Vanno di conseguenza accolti i motivi 2 del ricorso incidentale B. e 4
del ricorso incidentale Be., quest'ultimo, per quanto di ragione: il giudice
di rinvio dovrà determinare l'indennità di occupazione legittima, per la
sua durata dal decreto che l'ha autorizzata alla scadenza della proroga.
9.4. Gli ulteriori motivi 1 B. e 1 e 2 Be., oltre al motivo 2 della Provincia,
che pure si attestano sulla data del perfezionamento dell'illecito
generatore dell'obbligazione risarcitoria, sono funzionali alla ricostruzione
della disciplina urbanistica di riferimento, ai fini della qualificazione del
suolo occupato, come edificabile o meno. Che è oggetto della trattazione
che segue.
10.1. Ai terreni occupati non può riconoscersi la prerogativa
dell'edificabilità.
Nella ricostruzione operata dalla Corte d'appello di Firenze, i terreni di
proprietà privata erano collocati in zona destinata a verde pubblico con
attrezzature collettive dal prg del 23.3.1974, che vi prevedeva - non è
chiaro nella sentenza se già dalla formulazione originaria o in virtù della
variante del 1982 - la costruzione di una scuola secondaria. Tale
destinazione non rivelava, secondo il giudice di secondo grado, una
vocazione agricola, essendovi consentita la costruzione di attrezzature
collettive di uso pubblico e di interesse generale del tutto disgiunte
dall'agricoltura. Le zone contrassegnate come F secondo la
classificazione del D.M. 2 aprile 1968 , lungi dal costituire un corpo
separato rispetto alle zone A, B, C, D, sono funzionali a determinare
l'indice edilizio del comprensorio che le include, in modo da partecipare
ai parametri edificatori inerenti le zone più propriamente edificabili. Su
tale premessa la giurisprudenza costituzionale ha sancito
l'indennizzabilità del bene espropriato a valore venale, secondo le sue
caratteristiche di fatto e di diritto.
Il ragionamento della Corte di appello è minato da un vizio di fondo,
quello di concepire il sistema indennitario come basato sulla alternativa
edificatorio-agricolo, sicchè, riprendendo la classificazione del nominato
D.M. 2 aprile 1968 , ad eccezione della zona E, che contrassegna le zone
agricole, tutto il resto del territorio comunale godrebbe della prerogativa
dell'edificabilità, che sarebbe poi da graduare alla stregua dei parametri
urbanistici (volumetrie sviluppabili sulla superficie) e della caratteristiche
morfologiche.
L'indennità di espropriazione è invece basata sul diverso binomio
edificabilità-non edificabilità, in cui questo secondo termine, pur
comprendendo i suoli agricoli in senso stretto, è rispetto ad essi più
ampio, giacchè contrassegna tutti i beni cui non possa riconoscersi il
parametro dell'edificabilità secondo l'accezione legale del termine, che
corrisponde alle prescrizioni della disciplina urbanistica. E per essi
(testualmente contrassegnati dalla legge come "aree agricole e quelle
che ai sensi del comma 3, non sono classificabili come edificabili") è
concepito un diverso sistema di determinazione indennitaria.
E' probabile che la Corte d'appello di Firenze abbia tentato in via
giurisprudenziale il metodo della perequazione, in virtù del quale è
predisposto un meccanismo di distribuzione dei diritti edificatori tra i
proprietari, al fine di superare i limiti diseguaglianti della zonizzazione
razionalista. E' operata mediante l'attribuzione di un valore edificatorio
uniforme a tutte le proprietà che possono concorrere alla trasformazione
urbanistica di uno o più ambiti del territorio, prescindendo dall'effettiva
localizzazione della capacità edificatoria sulle singole proprietà e dalla
imposizione di vincoli di inedificabilità ai fini di dotazione di spazi da
riservare alle opere collettive.
Il metodo è praticato in alcune esperienze di pianificazione, che tuttavia
s'imbattono nella difficoltà, da un lato, di circoscrivere le zone di
riferimento, e dall'altro di ridistribuire su tutte il fabbisogno (e
conseguentemente la rinuncia ad una parte della potenzialità edilizia)
inerente servizi e impianti unitari a servizio dell'intera comunità che
risiede nell'ambito pianificatorio. Per non dire che l'incidenza è diversa (e
difficilmente commisurabile) ove si tratti di vincoli di tipo conservativo
(come il verde pubblico), 0 di trasformazione. L'istituto manca
attualmente di una disciplina legislativa unitaria su base nazionale, ed
ogni tentativo di applicarlo, in sede di determinazione indennitaria,
presenta insuperabili margini di opinabilità.
La summa divisio del sistema indennitario, tra suoli edificabili e non
edificabili, è rimasto alla base della valutazione, essendo il D.L. 11 luglio
1992, n. 333, art. 5 bis, commi 3 e 4, conv. in L. 8 agosto 1992, n. 359 ,
sopravvissuti alla dichiarazione d'incostituzionalità della norma per
effetto della sentenza Corte cost. 24.10.2007, n. 348. Quest'ultima ha
ritenuto non conforme a Costituzione, perchè non è in ragionevole
legame con il valore di mercato dell'immobile espropriato, il criterio
indennitario della semisomma di cui all'art. 5-bis, comma 1 (e recepito
dal D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327, art. 37), di cui ha censurato il
contrasto con l'art. 117 Cost. , comma 1, che condiziona l'esercizio della
potestà legislativa dello Stato e delle Regioni al rispetto degli obblighi
internazionali, fra i quali rientrano quelli derivanti dalla Convenzione
Europea dei diritti dell'uomo, per come interpretati dalla Corte di
Strasburgo.
La sentenza, tuttavia, come la coeva n. 349, proprio in tema di
occupazione appropriativa, non hanno intaccato il sistema differenziato
di indennizzo tra suoli edificabili e non edificabili, tanto da riaffermare il
primato dell'edificabilità legale, chiarendo esplicitamente "che i criteri per
la determinazione dell'indennità di espropriazione riguardante aree
edificabili devono fondarsi sulla base di calcolo rappresentata dal valore
del bene, quale emerge dal suo potenziale sfruttamento non in astratto,
ma secondo le norme ed i vincoli degli strumenti urbanistici vigenti nei
diversi territori".
Le considerazioni ora svolte sono da riferire anche alle ipotesi in cui la
procedura non si sia conclusa per la mancata emanazione del decreto di
esproprio, e la proprietà sia stata acquisita a seguito dell'irreversibile
trasformazione del fondo a fini pubblici.
Il risarcimento del danno da occupazione appropriativa di terreni non
edificabili va liquidato adottando il criterio del valore agricolo di mercato,
che può tener conto, rispetto al minimum dei valori tabellari di cui alla L.
22 ottobre 1971, n. 865, artt. 15 e 16, di quanto suscettibile di
sfruttamento ulteriore e diverso da quello agricolo, rispecchiando
possibilità di utilizzazioni ulteriori rispetto alla destinazione agricola e
quella edificatoria, ma non gli indici di valutazione attinenti al concetto di
edificabilità di fatto (Cass. 28.5.2004, n. 10280; 6.10.2005, n. 19511;
21.3.2013, n. 7174). La sentenza Corte cost. 11.6.2011, n. 181, per i
terreni agricoli e quelli che sono da considerare non edificabili, ha poi
dichiarato l'incostituzionalità dell'art. 5-bis, comma 4 rimettendo
l'indennità alla valutazione del mercato, senza tuttavia equipararli ai
suoli edificabili.
10.2. Non è dato comprendere in che modo la vocazione edificatoria del
fondo possa essere desunta dal riferimento agli standard urbanistici
previsti dal D.M. 2 aprile 1968 , i quali valgono soltanto a definire i
rapporti massimi tra gli spazi destinati agli insediamenti residenziali e gli
spazi pubblici o riservati alle attività collettive, a verde pubblico o a
parcheggi, nonchè le quantità minime di spazi pubblici o riservati alle
attività collettive, a verde pubblico o a parcheggi da osservare in
rapporto agli insediamenti residenziali nelle singole zone territoriali
omogenee ed i relativi rapporti massimi, laddove il parametro per
stabilire l'edificabilità o meno di un terreno è costituito dalla sua
destinazione legale, come individuata dagli strumenti urbanistici
generali. Le disposizioni del citato D.M. del 1968 attribuiscono agli
strumenti di pianificazione urbanistica un ruolo chiave nella
conformazione del contenuto del diritto di proprietà, conferendo
rilevanza primaria alla ripartizione dell'intero territorio in zone
omogenee, con la determinazione dei caratteri da osservare in ciascuna
zona (densità, modalità delle costruzioni, distacchi, intensità estensiva e
volumetrica, e simili), mediante la quale le amministrazioni svolgono la
funzione di dare ordine ed armonia allo sviluppo dei centri abitati,
nonchè di disciplinare l'edilizia urbana nei suoi molteplici aspetti, fra i
quali rientra anzitutto l'individuazione e l'apposizione di vincoli non
destinati alla singola espropriazione, bensì relativi al regime giuridico di
tutti i beni aventi una determinata localizzazione o ricompresi nell'ambito
di una determinata zona del prg o del programma di fabbricazione.
La destinazione di alcune aree ad usi collettivi può essere concepita in
due diversi modi, nel senso che l'assegnazione di certi spazi a standards
all'interno di una determinata zona omogenea può incidere
sull'accertamento del valore di un fondo incluso nella stessa, quale
elemento di valutazione delle concrete possibilità di sfruttamento edilizio
dell'immobile: si tratta della funzionalizzazione localizzativa all'interno di
una zona edificabile ben determinata, di cui garantisce una miglior
utilizzazione da parte della collettività: si tratta del minimo di dotazioni a
verde, servizi, attrezzature e parcheggi, prescritte dal D.M. 2 aprile
1968, art. 4. Il vincolo che all'interno della zona edificabile venga
apposto è espropriativo, e di esso non deve tenersi conto nella
valutazione del bene (Cass. 5.6.2006 n. 13199; 6.11.2008, n. 26615;
10.5.2013, n. 11236; 5.9.2013, n. 20457), venendo il terreno
interessato a caratterizzarsi con le stesse potenzialità dei terreni
limitrofi.
Diversa è la sottrazione all'edificabilità operata in via generale dallo
strumento urbanistico in base a criterio generali e astratti, che
caratterizzano tutti i suoli ricompresi nella zona indipendentemente dal
loro regime di appartenenza, giacchè in tali casi è configurabile un
vincolo conformativo, che incide sul valore del bene agli effetti
indennitari (Cass. 21.10.2005 n. 20459;
25.11.2008, n. 28051; 6.7.2012, n. 11408; 14.5.2013, n. 11455). Tali
ampie zone, contraddistinte come F dal D.M. del 1968, rappresentano
entità urbanistiche concepite al pari delle altre zone omogenee previste
dall'art. 2, nelle quali è ripartito il territorio comunale nella sua integrale
estensione.
Ove la zona sia stata concretamente vincolata ad un utilizzo meramente
pubblicistico (verde pubblico, attrezzature e impianti di interesse
generale), la classificazione apporta un vincolo di destinazione che
preclude ai privati tutte quelle forme di trasformazione del suolo che
sono riconducibili alla nozione tecnica di edificazione e che sono, come
tali, soggette al regime autorizzatorio previsto dalla vigente legislazione
edilizia, con la conseguenza che l'area va qualificata come non edificabile
(Cass. 9.3.2004, n. 4732; 12.3.2004, n. 5106).
La possibilità che la destinazione a parco pubblico richieda la
realizzazione di strutture (ad es.: chioschi di vendita; attrezzature per il
gioco dei bambini; sistemazione a giardino) può ora incidere sulla
valutazione in melius del suolo espropriato. Il più recente intervento
della Corte costituzionale (sentenza n. 181/11) comporta in sostanza il
riconoscimento di un tertium genus tra suoli che godono o meno della
prerogativa della edificabilità, consentendo che quelli non edificabili
vengano valutati in base (non più ai criteri del valore agricolo medio di
cui alla L. 22 ottobre 1971, n. 865, art. 16, ma) a criteri oggettivi, idonei
a premiarne utilizzazione alternative, purchè, comunque, non
rapportabili all'edificazione.
La sentenza della Corte d'appello di Firenze, dunque, nell'intento di
spalmare la destinazione del territorio ad usi pubblicistici al di là della
sua caratterizzazione come zona o come area a servizio di particolari
porzioni residenziali, disconosce il vincolo conformativo sancito dallo
strumento urbanistico, deformando i principi della giurisprudenza di
questa Corte, che si sono sommariamente esposti.
La qualificazione dell'area da parte del prg, che riproduce la previsione
del D.M. 2 aprile 1968, art. 2, la consistente estensione dei terreni, la
loro ubicazione, accertata dal giudice di merito, rispetto al tessuto
residenziale, in prossimità di area cimiteriale, è sufficiente indicazione
della classificabilità dell'intero compendio occupato come zona omogenea
a sè stante.
La stessa localizzazione che all'interno di essa è stata operata, con
l'approvazione, in sede attuativa, di un progetto di struttura scolastica, è
riprova del carattere conformativo riguardo alle proprietà che vi sono
comprese. Che dunque vanno considerate inedificabili. La sentenza della
Corte costituzionale, da ultimo citata, ha sganciato l'indennizzo dei suoli
non edificabili dal valore agricolo medio, e ne ha consentita la
valorizzazione in base alle caratteristiche oggettive, che tengano conto di
loro possibili utilizzabilità economiche, ulteriori e diverse da quelle
agricole, intermedie tra le stesse e quelle edificatorie (quali parcheggi,
depositi, attività sportive e ricreative, chioschi per la vendita di prodotti),
consentite dalla normativa vigente e conformi agli strumenti di
pianificazione urbanistica, previe le opportune autorizzazioni
amministrative (Cass. 28.5.2012, n. 8442, proprio in tema di
destinazione di aree ad edilizia scolastica).
Ciò comporta l'accoglimento dei motivi 1 e 3 del ricorso principale della
Provincia, restando assorbiti il motivo 4 dello stesso ricorso principale
(che si muove sul presupposto dell'eventuale ritenuta edificabilità), e i
motivi 3 Be. e 4 B., miranti per converso ad una valutazione migliore
delle aree occupate, sul presupposto di una loro edificabilità.
10.3. La previsione generale e astratta della destinazione urbanistica di
aree a verde, impianti ed attrezzature pubbliche nella logica della
zonizzazione, comporta l'inedificabilità dello stesso, senza che tale
natura possa modificarsi per effetto di sopravvenuta variante che
comunque abbia confermato la destinazione pubblicistica e
specificamente approvato il progetto di opera pubblica (Cass. 25.6.2003,
n. 10073; 20.1.2004, n. 821; 27.5.2005, n. 11322;
17.11.2005, n. 23316; 8.2.2008, n. 3022).
L'affermazione che assiste le censure di cui ai motivi 1 B. e 1 e 2 Be., nel
senso di valorizzare l'approvazione del progetto dell'istituto scolastico,
che ha dato luogo alla variante del 1982 per sostenerne una
sopravvenuta edificabilità, dunque vigente al momento in cui sarebbe
avvenuta la perdita della proprietà, è priva di fondamento.
L'approvazione del progetto di costruzione della scuola, e la contestuale
variante confermano la previsione di destinazione generale della zona ad
attrezzature collettive. Il revirement della difesa Be., che nella memoria
illustrativa, rovesciando la prospettazione del proprio motivo 2 di ricorso,
pare voler perorare la presenza della destinazione scolastica già
nell'originario prg (peraltro in contrasto con la ricostruzione contenuta in
sentenza, della quale, sul punto, non censura il vizio di motivazione),
non coglie la sostanza della questione, giacchè non è l'edificio scolastico
che, nel generale contesto di una destinazione pubblica del suolo,
conferisce allo stesso l'edificabilità, nè se sia originariamente previsto, nè
se sia aggiunto da una variante.
In particolare non deve trarre in inganno la suggestione dell'edificio
scolastico come esplosione di volumetria ai fini di un trapasso
dall'indistinta destinazione a verde pubblico con attrezzature collettive
alla privilegiata categoria indennitaria dei suoli edificabili. L'attività di
trasformazione del suolo per la realizzazione edilizia dell'opera pubblica,
non può essere assimilata al concetto d'edificazione che l'art. 5-bis,
comma 3, prende in considerazione agli effetti indennitari e risarcitori,
che va inteso come estrinsecazione dello ius aedificandi connesso al
diritto di proprietà, ovvero con l'edilizia privata esprimibile dal
proprietario dell'area, restando escluso che la previsione d'interventi
unicamente finalizzati alla realizzazione dello scopo pubblico per cui si
rende necessario l'esproprio conferisca natura fabbricativa ai terreni,
attenendo al diverso concetto d'edificabilità pubblica che discende dal
sistema stesso della legge urbanistica, in cui l'edilizia esplicabile per
edifici e impianti ha una disciplina ( L. 17 agosto 1942, n. 1150, art. 41quater), diversa dai limiti posti all'esplicazione delle facoltà dominicali
(Cass. 27.5.2005, n. 11322; 8.2.2006, n. 2812; 20.11.2006, n. 24585;
19.12.2008, n. 29768; 13.1.2010, n. 404), in particolare riguardo agli
indici di fabbricabilità per aree destinate ad ospitare edifici scolastici ( L.
11 gennaio 1996, n. 23, art. 5). L'approvazione del progetto della scuola
costituisce vincolo espropriativo, che però va ad incidere su aree già
interessate da un vincolo conformativo di inedificabilità, e non vale certo
ad accrescere il valore delle stesse, o a contraddire la precedente
disciplina conferita alla zona.
Anche perchè non potrebbe sostenersi che la scuola stessa sia destinata
a costituire specifico standard localizzato in un determinato quartiere,
trattandosi di istituto tecnico commerciale, destinato a un'utenza ben
maggiore di un singolo comprensorio, quando non addirittura di un
territorio che trascende il nucleo cittadino (Cass. 8.9.2004, n. 18068),
non a caso promosso dalla Provincia.
10.4. Non può accettarsi una diversa qualificazione del vincolo come
conferimento al proprietario delle possibilità di adottare iniziative idonee
alla realizzazione dei fini pubblici cui sovrintende la destinazione
urbanistica dell'area, tali da determinarne una mutazione in senso
edificatorio.
Deve in particolare escludersi che la sopravvenuta destinazione ad un
servizio pubblico, come quello scolastico, ammetta l'iniziativa del
proprietario alla prestazione dello specifico servizio, con attribuzione
della potenzialità edificatoria al terreno, per di più secondo la volumetria
che caratterizza il progetto dell'opera pubblica. Ciò è esplicitamente
escluso dall'art. 119 delle nta del prg di Agliana, che nelle zone a verde
pubblico con attrezzature collettive stabilisce che il piano si attua "per
intervento diretto", applicando gli indici caratteristici propri del tipo di
attrezzatura cui la zona è destinata con apposito simbolo del prg. La
stessa possibilità di realizzazione di "particolari attrezzature", che
secondo le parti private l'art. 7 nta dopo la variante del 1982 avrebbe
consentito, richiederebbe una preventiva concessione ad associazioni o a
privati. Che non può essere rilasciata per gli impianti scolastici.
L'edilizia scolastica è riconducibile ad un servizio strettamente
pubblicistico, connesso al perseguimento di un fine proprio ed
istituzionale dello Stato, che non ammette margini di iniziativa privata
(Cass. 10.7.2007, n. 15389; 8.2.2008, n. 3022; 24.5.2012, n. 8231;
9.8.2012, n. 14347; 17.1.2014, n. 925).
Il collegio è ben consapevole che in altre, non recenti, occasioni si è
ritenuto che, non sussistendo alcun impedimento acche alle necessità
scolastiche si provveda mediante soluzioni locative, anzichè proprietarie,
il vincolo di inedificabilità connesso alla destinazione scolastica delle aree
può ricomprendersi tra quelli che, secondo la decisione della Corte Cost.
n. 179 del 1999, importano una destinazione (anche a contenuto
specifico) realizzabile ad iniziativa privata o promiscua pubblico-privata,
e che di conseguenza la destinazione scolastica comporterebbe
l'attribuzione al terreno di una vocazione edificatoria, sia pure specifica,
in quanto realizzabile anche da privati (così le pronunce citate dai
ricorrenti B. e Be.: Cass. 8.2.2005, n. 2537;
23.5.2003, n. 8195; 21.2.2003, n. 2641; Cass. 21.3.2000, n. 3298).
Non si può d'altro canto ignorare che il sistema nazionale d'istruzione è
costituito oltre che dalle scuole statali e degli enti locali, anche dalle
scuole private paritarie ( L. 10 marzo 2000, n. 62, art. 1), cui è
assicurata piena libertà di orientamento culturale e di indirizzo
pedagogico-didattico, in armonia con la libertà d'insegnamento garantita
dalla Costituzione (art. 33).
L'ordinamento normativo in tema di edificazione degli istituti scolastici,
però ( L. 11 gennaio 1996, n. 23 , integrabile, per quanto non
espressamente disposto, dalla L. 28 luglio 1967, n. 641 ) rimette ogni
iniziativa sulla costruzione di scuole di ogni ordine e grado agli enti
pubblici territoriali ( L. n. 23 del 1996, art. 3, comma 1, come già la L. n.
641 del 1967, art. 9), in dipendenza di scelte programmatiche fondate
su periodiche ricognizioni, a livello territoriale, sul fabbisogno strutturale
in rapporto alla domanda di istruzione ( L. n. 23 del 1996, art. 4). La più
recente disciplina sull'istruzione e sui livelli essenziali delle prestazioni in
materia, prevede, quale necessario contenuto del piano programmatico
di interventi demandati al Ministero dell'istruzione, in attuazione della
delega al Governo ( L. 28 marzo 2003, n. 53 ), "gli interventi di
adeguamento delle strutture di edilizia scolastica" (art. 3, lett. m).
Corollario del carattere marcatamente pubblicistico del servizio di edilizia
scolastica, è l'ineluttabile confluire delle decisioni costruttive, ove l'ente
territoriale non disponga già dei locali, verso gli istituti espropriativi ( L.
n. 23 del 1996, art. 2, comma 3), di cui la prima fase è il decreto di
vincolo dell'area destinata allo scopo ( L. 28 luglio 1967, n. 641, art. 14),
e verso l'acquisizione del bene al patrimonio pubblico indisponibile ( L. n.
23 del 1996, art. 11, comma 3, lett. c)). Non è in alcun modo concepibile
l'iniziativa del proprietario che, all'interno di una zona pur destinata dallo
strumento urbanistico ad utilizzazioni pubblicistiche, assuma l'iniziativa
di realizzare un edificio con il proposito di adibirlo a scuola lui medesimo,
o di locarlo agli enti pubblici competenti in materia di istruzione. Che in
alcune occasioni gli enti preposti abbiano ovviato al bisogno di locali
all'interno dei centri urbani, per ospitare istituti scolastici, non significa
che quegli edifici siano stati realizzati in passato dai proprietari a quello
scopo precipuo, secondo un disegno urbanistico che all'epoca glielo
consentisse. Il nuovo disegno organizzativo dell'edilizia scolastica,
peraltro, tende precipuamente ad evitare onerose soluzioni locatizie al
fabbisogno di strutture immobiliari ( L. n. 23 del 1996, art. 2, comma 1,
lett. a)).
L'eventuale redditività che il bene comunque garantirebbe per la
possibilità di una realizzazione privata della destinazione pubblica,
idonea ad assicurare una qualche utilità economica nella complessiva
sistemazione degli interessi attraverso la concessione, deve essere
espressamente prevista dallo strumento urbanistico, presumendosi
diversamente che la destinazione a spazi, attrezzature e servizi di
pubblica utilità, sia rimessa all'iniziativa pubblicistica. Nella specie si è
riportato l'art. 119 nta, che esplicitamente affida all'intervento "diretto"
l'attuazione delle destinazione pubbliche previste dal prg.
Va aggiunto che l'eventuale attuazione del servizio attraverso l'iniziativa
privata non ha niente a che vedere con la rendita di trasformazione dei
suoli, alla quale soltanto è connesso il concetto di edificabilità ai fini
dell'indennizzo espropriativo. La partecipazione del privato alla
realizzazione e/o al finanziamento dell'opera pubblica, attraverso
strumenti concessori e in genere contrattuali, o anche finanziari che
permettano il concorso del capitale privato all'esecuzione dell'opera
pubblica, con la previsione di compensi eventualmente ricavabili dalla
gestione dell'opera stessa una volta realizzata, è aspetto che attiene
all'iniziativa imprenditoriale, che non ha alcuna attinenza nè con le scelte
urbanistiche programmatiche (che in materia di edilizia scolastica si
esprimono attraverso programmi regionali: L. n. 23 del 1996, art. 4,
come già la L. n. 641 del 1967, artt. 9 e 10), nè con la disponibilità del
terreno su cui deve realizzarsi l'opera (Cass. 21.3.2007, n. 6808). Il
ricorso alle procedure espropriative è la prova evidente che la
soppressione del diritto dominicale è il presupposto della realizzazione
dell'opera alla quale l'impresa in varia misura possa partecipare, che
anzi, è ravvisabile un conflitto d'interessi tra la proprietà e l'impresa, la
prima orientata ad ottenere il maggior compenso possibile per la perdita
del bene, la seconda a contenere i costi dell'operazione. L'edilizia
scolastica è attività tipicamente pubblicistica.
10.5. Intensa attenzione riservano le parti private in causa sul concetto
di "sussidiarietà orizzontale" predicata sotto l'egida dell'art. 118 Cost. ,
comma 4, che, coniugata con l'attuabilità proprietaria delle destinazioni
urbanistiche a servizi pubblici, renderebbe edificabili i suoli interessati:
tanto da indurre i ricorrenti B. a sollecitare la denuncia
d'incostituzionalità della L. n. 1150 del 1942, art. 7 nella parte in cui
escluderebbe il privato dall'attuazione delle scelte urbanistiche. La
questione, come si dirà oltre, è irrilevante nella causa in corso.
In linea generale, l'art. 118 Cost. , nell'ambito della riforma del titolo 5^
Costituzione, ridisegna le funzioni amministrative attribuendone la
titolarità ai Comuni, salvo che non siano conferite a Province, Città
metropolitane, Regioni e Stato. L'u.c. della disposizione impegna tali enti
a favorire l'autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo
svolgimento di attività d'interesse generale, sulla base del principio di
sussidiarietà. La Repubblica promuove l'assunzione di responsabilità
oggettivamente pubbliche, sia da parte dei singoli che delle formazioni
sociali: si richiama l'idea che la solidarietà non può essere solo dello
Stato, ma anche dovere inderogabile dei cittadini, divenendo dimensione
costitutiva della libertà e dei diritti. E' stato detto che "la sussidiarietà
orizzontale declina la libertà/autonomia in responsabilità e la solidarietà
in fraternità". Non a caso all'emersione della "sussidiarietà orizzontale" si
è accompagnato un diffuso intervento legislativo di istituzionalizzazione
di quelle forme di libertà di associazione e di iniziativa, anche economica,
che si esprimono nella cosiddette organizzazioni no profit.
La sussidiarietà è in primo luogo un principio, carico di valenza
assiologica, e non una mera tecnica procedurale di allocazione di funzioni
di interesse generale, è una visione antropologica di tipo personalistico
che promuove e rinsalda la coesione del tessuto comunitario vista come
condizione dello sviluppo dell'individuo, non una partecipazione che
ingeneri diritti pretesi a fronte di obbligazioni imposte. Sicchè la
solidarietà orizzontale, che è implicita già nel disegno originario della
Costituzione, si coordina con i doveri di solidarietà politica, economica e
sociale di cui all'art. 2 Cost. , ed è anche condizione per quell'ideale
partecipativo che l'art. 3 Cost. , comma 2, pone a corollario del principio
personalistico.
Il pregio principale dei soggetti privati non è primariamente quello di
produrre beni e servizi in modo economicamente più efficiente (e più
redditizio), ma di concretare momenti di sviluppo e di partecipazione
della persona umana, sicchè il favor sotteso all'art. 118, quarto comma,
riguarda le espressioni di pluralismo che incarnano il modello solidaristico
e partecipativo delle formazioni sociali.
I principi costituzionali non autorizzano a ritenere parimenti rilevanti
sotto il profilo oggettivamente pubblicistico tutte le espressioni del
"privato". L'equivoco che la sussidiarietà orizzontale può ingenerare, se
non adeguatamente correlato agli altri principi costituzionali, è di
concepire una tendenziale illimitatezza dell'iniziativa privata purchè se ne
rintracci un qualsiasi collegamento con l'interesse generale.
Non si dimentichi che all'intento solidaristico che ispira l'art. 118 Cost. ,
comma 4, si associano i limiti che pongono all'iniziativa economica l'art.
41 Cost. , dell'utilità sociale, sicurezza, libertà e dignità umana, e
all'esercizio delle facoltà proprietarie l'art. 42, comma 2, in nome della
funzione sociale.
La stessa definizione di "impresa sociale", che esercita in via stabile e
principale un'attività economica organizzata al fine della produzione o
dello scambio di beni o servizi di utilità sociale, esige l'assenza dello
scopo di lucro ( D.Lgs. 24 marzo 2006, n. 155, artt. 1, 2 e 3).
Pertanto, non ogni iniziativa è idonea di per sè a svolgere "attività di
interesse generale", dovendo anzi, a tal fine, quella "economica" e
individuale ("privata") essere sottoposta ad un vaglio rigoroso di
conformità.
10.6. Può ben constatarsi, allora, che il principio di sussidiarietà
orizzontale non può condurre a quel sovvertimento di principi che i
ricorrenti incidentali privati, nella presente causa, pretendono, in materia
di governo del territorio nel rapporto con lo statuto della proprietà.
L'edilizia scolastica è una funzione che la legge riserva unicamente
all'iniziativa dell'amministrazione pubblica.
La stessa partecipazione dei proprietari, attraverso iniziative private o
promiscue pubblico-private nell'attuazione della pianificazione, è ritenuta
ammissibile dalla Corte costituzionale ove la destinazione non comporti
necessariamente espropriazione o interventi ad esclusiva iniziativa
pubblica, che quindi siano attuabili dal soggetto privato e senza
necessità di previa ablazione del bene. Ciò può essere il risultato di una
scelta di politica programmatoria tutte le volte che gli obiettivi di
interesse generale, di dotare il territorio di attrezzature e servizi, siano
ritenuti realizzabili (e come tali specificatamente compresi nelle
previsioni pianificatorie) anche attraverso l'iniziativa economica privata,
pur se accompagnati da strumenti di convenzionamento (Corte cost.
20.5.1999, n. 179). Tra gli stessi esempi richiamati dalla Consulta
(parcheggi, impianti sportivi, mercati e complessi per la distribuzione
commerciale, edifici per iniziative di cura e sanitarie o per altre
utilizzazioni quali zone artigianali o industriali o residenziali; in breve, a
tutte quelle iniziative suscettibili di operare in libero regime di economia
di mercato) non sono compresi gli edifici scolastici. Che la legge
attribuisce allo Stato e agli enti territoriali.
L'operazione interpretativa auspicata dai ricorrenti incidentali, che in
nome della sussidiarietà orizzontale pretendono di rendere edificabile
ogni terreno ricompreso in zone destinate dalla programmazione
urbanistica a spazio pubblico, rovescerebbe il significato stesso dei
parametri costituzionale di solidarietà sociale, rendendo prevalente
l'interesse del proprietario alla rendita di trasformazione fondiaria
rispetto all'interesse generale all'ordinato sviluppo del territorio, alla
salvaguardia dell'ambiente e dei beni culturali, alla prestazione dei
servizi in favore dei cittadini.
Ogni programmazione del territorio in funzione delle esigenze collettive
alla fruizione di spazi liberi e di servizi, diventerebbe paradossalmente,
attraverso il sovvertimento dei principi in materia indennitaria, il veicolo
per favorire operazioni speculative.
10.7. Il diritto di proprietà sul terreno compreso in una zona destinata ad
attrezzature e servizi, non assicura di per sè, al titolare del diritto, la
trasformazione del suolo.
La normativa comunitaria in materia di appalti pubblici, contenuta in un
gruppo di direttive, che hanno ricevuto attuazione mediante atti
legislativi nazionali, prevede che in ogni caso, quando si realizzi un'opera
o si affidi un servizio o una fornitura per importi uguali o superiori ad un
certo valore, il soggetto che procede all'appalto debba adottare
procedure di evidenza pubblica per la scelta del contraente. L'obbligo
sussiste sia che l'attribuzione dell'appalto spetti ad un ente pubblico
territoriale o ad altro "organismo di diritto pubblico" (secondo la dizione
delle direttive), sia che lo stesso venga effettuato da un privato, il quale
in tal caso assume la veste di "titolare di un mandato espresso",
conferito dall'ente pubblico che intende realizzare l'opera o il servizio
(sentenza 12.7.2001, in causa C-399/98). Il principio fa ritenere
incostituzionali quelle norme che attribuiscano al privato proprietario il
compito di realizzare direttamente l'opera necessaria per la successiva
prestazione del servizio pubblico, la cui gestione può essere affidata,
mediante convenzione, al privato medesimo, senza la parallela
previsione dell'obbligo di adottare procedure ad evidenza pubblica in ogni
caso in cui l'appalto sia di importo uguale o superiore alla soglia
comunitaria (Corte cost. 28.3.2006, n. 129).
10.8. L'iniziativa privata del proprietario può ben esplicarsi nei margini
consentiti dalle scelte urbanistiche, nel rispetto della destinazione dei
suoli configurata dagli strumenti territoriali. Ove si renda necessaria
l'espropriazione, la conseguente indennità terrà conto della potenziale
redditività del terreno quale fattore di produzione, ma sempre nei limiti
segnati dalle scelte urbanistiche.
Si è già detto che la destinazione dell'area a utilizzazioni pubblicistiche
determina, a seguito dell'intervento della Corte costituzionale, con la
sentenza n. 181/11, un indennizzo espropriativo che fuori dalla logica
della rendita fondiaria urbana, può tener conto delle caratteristiche
oggettive del fondo e della sua utilizzabilità economica. Il decisum della
Consulta apre ora nuovi orizzonti alla questione indennitaria, che pur
ancora condizionata dal prioritario e fondamentale dilemma edificabilitànon edificabilità, ammette, ove non vi siano spazi di riconoscimento alla
rendita di trasformazione del suolo, che sia dato rilievo ad una vasta
gamma di attività umane che sul territorio si sviluppano, nell'intento
premiale della libertà di iniziativa economica.
L'acquisizione della consapevolezza della limitatezza della "risorsa
territorio", particolarmente nel nostro Paese, reduce da processi di
urbanizzazione incontrollata, prospetta un ripensamento radicale sull'uso
del suolo, non prioritariamente destinato all'edificazione, ma votato
all'uso della collettività quale fattore di miglioramento dei servizi e di
innalzamento della qualità della vita, anche ove destinato alla semplice
conservazione.
Le future attività di uso, anche non invasivo, del territorio, sono al
momento indifferenziatamente sintetizzabili in un tertium genus, la cui
casistica verrà elaborata dalla giurisprudenza dei prossimi anni, e che
nell'ottica indennitaria saranno sempre più distaccati dalla penalizzante
considerazione tradizionale della natura agricola quale ineluttabile
alternativa alla trasformazione del suolo in senso edilizio.
10.9. Le considerazioni che precedono inducono al rigetto dei motivi 1
del ricorso incidentale B. e 1 e 2 del ricorso incidentale Be. (mirati a
sostenere una sopravvenuta edificabilità della variante del 1992), nonchè
l'assorbimento del motivo 2 del ricorso principale della Provincia (mirato
a sostenere che l'eventuale edificabilità sopravvenne nel 1992, ovvero
successivamente al verificarsi dell'occupazione appropriativa).
11. La questione di legittimità costituzionale posta in via subordinata dai
ricorrenti incidentali B. è manifestamente inammissibile.
La normativa sull'edilizia scolastica, e l'impronta marcatamente
pubblicistica che gli si riconosce, è finalizzata all'attuazione logistica di
scelte a livello di organizzazione dell'istruzione, legata ai bisogni della
popolazione sul territorio, che si estrinsecano nei programmi nazionali e
regionali a cicli annuali e poliennali.
La sussidiarietà, che induce lo Stato-Comunità a favorire le iniziative
private per lo svolgimento di attività di interesse generale, trova
applicazione nel settore dell'istruzione privata. La normativa è orientata
a favorire l'integrazione della scuola privata nel sistema pubblico di
insegnamento, e tuttavia, l'esercizio di tali iniziative è soggetto a forme
varie di riconoscimento ( D.Lgs. 16 aprile 1994, n. 297 , artt. 354-357),
che al momento subordinano l'iniziativa privata al controllo pubblico. La
stessa parità della scuola privata è riconosciuta a condizione che la
stessa abbia la disponibilità autonoma di locali e arredi, conformemente
alle norme vigenti ( L. n. 62 del 2000, art. 4, lett. a)), nè in riferimento a
ciò è opinabile alcun onere a carico della pubblica amministrazione ( art.
33 Cost. , comma 2). Le norme per la parità scolastica e disposizioni sul
diritto allo studio e all'istruzione e il corpus normativo sull'edilizia
scolastica non consentono alcun adattamento ovvero combinazione fra
loro, al fine di pervenire al riconoscimento del diritto dei privati ad
ottenere finanziamenti per le strutture scolastiche dagli stessi utilizzati
(Cons. Stato, sez. 6^, 26.6.2006, n. 4079). L'iniziativa privata
nell'istruzione non può semplicisticamente ridursi alla costituzione della
scuola in senso edilizio: ben potrebbe configurarsi l'utilizzazione di spazi
riservati ad attrezzature collettive dallo strumento urbanistico, per
l'esplicazione dell'iniziativa dell'insegnamento privato, purchè vengano
dimostrati i presupposti di idoneità professionale a concorrere al
perseguimento dell'interesse generale dell'istruzione.
Tale requisito i ricorrenti incidentali non hanno provato, e neppure
allegato di avere, onde nessuna utilità potrebbe rivestire per essi la
dichiarazione d'incostituzionalità della L. n. 1150 del 1942, art. 7 nella
parte in cui non consente loro la costruzione di una scuola.
Alla luce della normativa comunitaria, inoltre, come prima si è
accennato, non è configurabile una prelazione a favore del proprietario
nella realizzazione dell'opera pubblica, essendo lo stesso
necessariamente soggetto alla normativa di evidenza pubblica, a tutela
della trasparenza e della concorrenza, qualora l'importo delle
realizzazioni superi un certo limite.
12. Restando assorbiti i motivi 3 del ricorso incidentale B. e 5 del ricorso
incidentale Be., che attengono la risarcimento del danno da ritardo,
ancora da accertare, per il quale la Corte d'appello, liquidando gli
interessi sulla somma rivalutata, non avrebbe tenuto conto della qualità
delle parti, come investitori in titoli di Stato.
13. Conclusivamente, la sentenza della Corte d'appello di Firenze va
cassata, con rinvio ad altra sezione della stessa, che dovrà pronunciarsi
in relazione alle censure come sopra accolte, riguardanti l'indennità per
la durata dell'occupazione legittima ed il risarcimento del danno per la
perdita dei terreni, da considerare non edificabili, oltre che sulle spese di
questo giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte:
accoglie il primo e il quarto motivo del ricorso incidentale del Comune di
Agliana, assorbiti il secondo e il terzo, e pronunciando nel merito, rigetta
le domande proposte nei confronti del Comune, e compensa
integralmente le spese nei rapporti processuali con le altre parti nei due
precedenti gradi. Condanna la Provincia di Pistoia, i ricorrenti incidentali
B.E.M.G. e B.A. E., F.E., B.F. e B.G. (gruppo B.) e i ricorrenti incidentali
Be.Re., B.F., B.G. e B.M. (gruppo Be.) alle spese di questo giudizio di
cassazione, affrontate dal Comune, nella misura di 1/3 per ciascuna di
dette parti (o gruppi di soggetti), complessivamente liquidate in Euro
6.200, di cui Euro 6.000 per compensi; accoglie il primo e il terzo motivo
del ricorso principale della Provincia di Pistoia, assorbito il quarto motivo
del ricorso principale, il terzo e il quarto del ricorso incidentale B. e il
terzo e il quinto del ricorso incidentale BE.;
accoglie il secondo motivo del ricorso incidentale B. ed il quarto del
ricorso incidentale Be.; rigetta il primo motivo del ricorso incidentale B.
ed il primo e secondo motivo del ricorso incidentale Be., assorbito il
secondo del ricorso principale della Provincia;
dichiara inammissibile il quinto motivo del ricorso incidentale B..
In relazione alle censure accolte cassa la sentenza impugnata e rinvia,
anche per le spese di questo giudizio (escluse quelle del Comune di
Agliana) ad altra sezione della Corte d'appello di Firenze.
Così deciso in Roma, il 4 febbraio 2014.
Depositato in Cancelleria il 24 marzo 2014