Scheda Carciofo violetto tardivo di Pesaro

CARCIOFO VIOLETTO TARDIVO DI PESARO
CENNI STORICI ED AREA DI DIFFUSIONE
Il consumo del carciofo (Cynara cardunculus L.;
subsp. Scolymus) è ampiamente documentato fin
dall'antichità, la coltivazione è attestata dal primo
secolo dopo Cristo (Plinio il Vecchio, Columella). Il
termine greco Scolymus era impiegato per
identificare l'intera specie Cynara cardunculus,
comprendendo così anche alcune varietà di cardi.
Oltre alll'impiego alimentare, talvolta “prescritto” per
le proprietà farmaceutiche, le varietà afferenti alla
specie Cynara cardunculus si trovano utilizzate anche
nella Provincia di Pesaro e Urbino nella cagliatura del
latte finalizzata alla preparazione di formaggio,
sfruttando le proprietà coagulanti del polifenolo della
cinarina.
La varietà risulta già citata a metà del XVI secolo tra i
vegetali edibili ed apprezzati dal naturalista Costanzo
Felici (1525-1585) da Piobbico che esercitò anche la
professione medica a Pesaro. Egli scrive: «Carcioffi et
artichiocchi, che da' Latini cardus ancora si dice e
da' Greci, σχ λνυμος
χιάρα
χάχτος, l'uno de
Dioscoride, l'altro di Galeno e il terzo di Theofrasto,
sonno frutti de piante o herbe spinose cognosciuti da
tutti hormai; tanto la gola vi ha industriato sopra che
gli ha fatto familiarissimi a tutti et in gran reputatione
appresso de' grandi. E si mangiano crudi, prima dov'è
l'adherentia delle sue squame, poi il resto della carne
monda dal suo pelo, con sale e pepe; poi ancora
cotti in diversi modi, o con olio o con grasso o con butiro e sale e pepe, sopra le gradelle, sopra le
brage, o nel bruodo grasso et in molti altri modi secondo che più diletta. E sonno de più sorte
perché o sonno spinosi assai e pungenti o poco o niente. Quelli servano per fare il fiore per
coagulare il latte, benché il fiore de tutti fa questo effetto se bene non così efficacemente. Quelli
poco spinosi sonno in uso al cibo. Sonno poi altri privi di spine quali sonno gli più estimati e sonno de
più sorte: o sonno simili ad una pigna, con le squamme strette et unite, perhò detti apignati, o le
dette squame si slargano e fanno in cima una forma d'un vaso e si chiamano carcioffi del vaso; e
poi ancora altre forme mezzane si retrovano che tutte servono alla gola e volentieri a quelli che si
dilettano de servire madonna Venere. Di questi frutti de piante spinose si trovano ancora altre che
si sogliono magnare, ma sonno sì poco in uso che si possono lassare indietro tutte»1. Le proprietà
afrodisiache del carciofo citate da Felici sono tratte dall'opera medica di Pietro Andrea Mattioli.
Lo sviluppo dell'orticoltura è stato negli anni monitorato e promosso dalla presenza dell'Accademia
Agraria di Pesaro, fondata nel 1828 col fine «di perfezionare e propagare l'agricoltura»2.
Testimonianze lasciateci da uno studio di Giovanni Brignoli redatto nel 1811 attestano che nel
Dipartimento del Metauro, «le piante che con più impegno si coltivano negli orti del littorale sono i
carcioffi, dai quali si fanno i gobbi [...]»3.
1 C. Felici. Scritti naturalistici, Dell'insalata e piante che in qualunque modo vengono per cibo del'homo, a cura di
Guido Arbizzoni, Urbino, QuattroVenti, pagg. 90-91 e relative note. Il termine menzionato dal Felici “artichiocchi”
è una variante dialettale veneta del vocabolo arabo al-kharshûf da cui deriva il nome carciofo.
2 Statuto dell'Accademia Agraria di Pesaro approvato il 12 Giugno 1828, art. 3.
3 G. Brignoli, Dell'Agricoltura del dipartimento del Metauro. Risposte di Giovanni Brignoli, professore di Botanica
ed Agraria nel R. Liceo-Convitto d'Urbino, ai trentatrè Quesiti del sig. Cav. Filippo Re, pubblico professore di
Agraria nella R. Università di Bologna, in F. Re, Annali dell'Agricoltura del Regno d'Italia, t. IX (gennaio-febbraiomarzo), Milano, Giovanni Silvestri, 1811, pag. 146.
Nel 1840 il conte Francesco Cassi riceve un positivo
parere da parte del Governo della Provincia
(dispaccio 3 febbraio 1840, n. 796) per la
compilazione di un Catalogo delle Piante degli Ortii
Giuli di Pesaro. Lo studio viene pubblicato nel
periodico stampato da Annesio Nobili, «Esercitazioni
dell'Accademia di Pesaro», Anno VIII, Semestre I,
1840, pag. 93-122.
Il catalogo ha una finalità espositiva ma soprattutto
commerciale:
come
sottolineato
dall'autore,
l'ordinazione dei prodotti su territorio locale
consentiva agli acquirenti il risparmio sulle tasse
d'importazione.
Una legenda in calce all'introduzione chiarisce la
quantità fissata per il prezzo stabilito del catalogo: P.
al pezzo, D. alla dozzina, C. al cento, Libb. alla
libbra, O. all'oncia, Cart. al cartoccio.
Un asterisco a fianco dei prodotti indica che non
sono acquistabili in giornata, «non essendo ancora
moltiplicati».4
Assieme alle varietà «più utili o necessarie
all'Agricoltura»
compaiono
anche
specie
ornamentali.
Nel capitolo XI, all'interno del paragrafo Alcune
piante di ortaggi ed alimentarie, troviamo due
varietà di Cynara scolymus: il Carciofo romano e
quello rosso. Il fatto che entrambe siano vendute “al
cento” dimostra che la disponibilità fosse
normalmente abbondante.
Il Nuovo corso completo di Agricoltura teorica e
pratica di François Rozier, di poco anteriore alla
testimonianza
del
Cassi,
risulta
utile
per
comprendere la distinzione tra carciofo violaceo e
rosso.
Egli scrive nel 1828 che «Il Carciofo violaceo, Cynara
scolymus violacea, è più grosso del precedente
[bianco] e meno del carciofo verde è anche più
acuminato le sue foglie tinte di violaceo sopra un
fondo verde non hanno clie una debolissiina spina.
Questo non è tanto buono quanto il bianco e pare
che la natura lo abbia destinato per quelli fra i
dipartimenti meridionali ove un clima troppo
volubile potrebbe guastare il bianco e dove un calore eccessivo nuocere potrebbe al verde ed
alle sue varieta disposte secondo ogni apparenza a riuscire meglio nei climi umidi e temperati.
Il carciofo rosso, Cynara scolymus rubra, è d'un rosso purpureo e sembra essere soltanto una
varietà del precedente quando sia vero ciò ch'io non sono stato al caso di verificare che lo stesso
piede cioè porti carciofi rossi e carciofi violacei. Differente è questo nondimeno dall'altro per essere
più piccolo ed anzi non maggiore del bianco ha il cuore giallo è buono quanto il bianco e
dev'essere coltivato dove si coltiva il violaceo»5.
L'inchiesta agraria nota come Inchiesta Jacini (dal nome del presidente della giunta incaricata
della redazione ed instituita con legge n. 3730 del 15 marzo 1877) conferma la presenza del
carciofo tra le varietà comuni negli orti marchigiani. Tra le piante alimentari segnala «con speciale
diffusione, i cavoli, i pomidoro, i meloni, i cocomeri, i carciofi»6; nello stesso paragrafo si attesta che
4 F. Cassi, Di un numero di piante da giardini e vivai coltivate all'interno della Città di Pesaro. Lettera e Catalogo
del conte Francesco Cassi socio ordinario, in «Esercitazioni dell'Accademia di Pesaro», Anno VIII, Semestre I,
1840, pag. 122.
5 F. Rozier, Nuovo corso completo di Agricoltura teorica e pratica, vol. VII, Napoli, Minerva, 1828, pag. 41.
6 Atti della Giunta per la Inchiesta Agraria e sulle condizioni della classe agricola, Roma, Forzani e c., 1884, vol. XI,
pag. 385.
«delle piante alimentari come carciofi […], si fa coltivazione o negli orti presso i centri di
popolazione o nei giardini annessi ai casini di villeggiatura, o negli orti colonici. Nel primo caso i vari
prodotti si vendono nel prossimo centro e anche talvolta si esportano, nel secondo e terzo caso
servono al consumo del proprietario e del colono»7.
G. Scelsi nel saggio Statistica della Provincia di Pesaro e Urbino (1881) osserva come l'orticultura,
specialmente nelle zone di Fano e Pesaro si sia distinta per qualche progresso.8
Presso l'Istituto Agrario di Pesaro si segnalano numerosi studi e monografie sul carciofo, risalenti ai
primi decenni del Novecento.
7 Ivi.
8 G. Scelsi, Statistica della Provincia di Pesaro e Urbino, Pesaro, G. Federici, 1881, pag. 81.
Nel 1884 il carciofo era menzionato tra gli alimenti prelibati scelti per i pranzi del Sabato Santo e del
Corpus Domini offerti dall'arciprete di Mercatello sul Metauro al clero e ai priori della zona9.
Il carciofo compare in molte ricette proposte dal “credenziere e liquorista” Vincenzo Agnoletti
nell'opera pubblicata a Pesaro nel 1832-1834, Manuale del cuoco e del pasticciere di raffinato
gusto moderno: carciofi all'Inglese, carciofi al Rosoyant, carciofi alla cittadina, carciofi al
Parmegiano, carciofi fritti in più maniere, carciofi alla liason, carciofi al fior di latte, carciofi al
Perigord, carciofi ripieni in più modi, cufì di carciofi in maniere differenti10.
Gli studiosi dell'Accademia Agraria di Pesaro, Ricci e Scaramella hanno dimostrato come il Cynara
sia sensibilissimo a tutti i fattori climatici che ne influenzano il metabolismo, la formazione e lo
sviluppo delle gemme fiorifere e vegetative: i carciofi coltivati a Pesaro mostrano una precoce
ripresa vegetativa ed evoluzione delle gemme rispetto a quelli presenti nel Medio e Alto Metauro11.
9 Archivio Arciprete di Mercatello sul Metauro, ms. 95, Nota e menù pel Sabato Santo approvato dai parroci 1884.
10 V. Agnoletti, Manuale del cuoco e del pasticciere di raffinato gusto moderno, Pesaro, tipografia Nobili, 1834, t. II,
pagg. 188-190.
11 A. Ricci – P. Scaramella, Sviluppo delle gemme e propagazione in Cynara Scolymus L. nella Provincia di Pesaro e
Urbino, in «Esercitazioni dell'Accademia Agraria di Pesaro», serie 3°, vol. 13°, Anno 1981-1982, pag 211 e relativa
bibliografia.
DESCRIZIONE MORFOLOGICA
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PORTAMENTO: prevalentemente assurgente
ALTEZZA DELLA PIANTA: 120 cm
DIAMETRO PIANTA : 150 cm
LUNGHEZZA FOGLIA: 130-140 cm
FOGLIE: PENNATOSETTE LEGGERMENTE SPINOSE
CAPOLINO : leggermente spinoso, compatto, con forma ovale, completamente chiuso
all’apice, di colore viola e striature verdi.
PESO MEDIO CAPOLINO CENTRALE: 170 g
PESO MEDIO CAPOLINO I° ORDINE : 80 g
PESO MEDIO CAPOLINI II° ORDINE : 60 g
PESO MEDIO CAPOLINO AVVENTIZIO :60 g
EPOCA DI TRAPIANTO: OTTOBRE-NOVEMBRE o FEBBRAIO
TIPO DI TRAPIANTO: CARDUCCI
DISTANZA DI TRAPIANTO: 1mtX1,5 mt fila semplice;1 mt x 0,5 x 1mt a quinconce) fila doppia; 1
mt x 0,5 x 1mt ( a quinconce) fila tripla
INFIORESCENZA: CAPOLINO O CALATIDE
FIORI: ERMAFRODITI, TUBULOSI, PROTERANDI
IMPOLLINAZIONE: ENTOMOFILA
EPOCA DI FIORITURA: prima decade di maggio
FRUTTO: ACHENIO
DURATA DELLA PRODUZIONE : 45 gg
SUSCETTIBILITA’ O RESISTENZA A FITOPATIE: particolarmente resistente ad afidi e oidio
Descrizione biologica ed esigenze pedoclimatiche
L’ecotipo si distingue come pianta dotata di elevata vigoria e discreta adattabilità alle condizioni
pedoclimatiche, è caratterizzato inoltre da un habitus mediamente espanso tendente
all’assurgente.
Le foglie, leggermente spinose, sono tomentose, pennatosette, con portamento eretto le centreali
e semi-eretto le basali.
IL capolino si presenta leggermente spinoso, compatto, di forma ovoidale, chiuso all’apice, di
colore violetto con striature verdi. La varietà predilige terreni, profondi , freschi, di medio impasto e
di origine alluvionale. La concimazione è tipica delle asteracee con fosforo e potassio all’impianto.
Ideale, se reperibile, la concimazione organica di fondo, con la concimazione azotata da
distribuire in minima dose all’impianto e prediligendo la distribuzione in copertura.
IL trapianto dei carducci nelle nostre zone, si effettua prevalentemente a fine autunno (novembre)
o a fine inverno. Le raccolte hanno inizio nei primi giorni di aprile e si protraggono per circa 40
giorni, assicurando una produzione ad ha di circa 5,5 t. Oltre al consumo fresco i capolini di II
ordine ed avventizi sono destinati come ingredienti per la preparazione di carciofini in salamoia e
giardiniera in sottaceto.
Utilizzi gastronomici:
- carciofo novello: può essere mangiato crudo, tagliandolo in piccoli pezzettini, condito con sale,
olio e accompagnato da scaglie di formaggio;
- decotto: bollendo le foglie tritate (per una buona digestione) oppure ottenere una tintura con la
macerazione delle foglie secche in alcool;
- vino depurativo: facendo macerare le foglie secche nel vino bianco , per berlo dopo i pasti,
come digestivo;
- zuppa di carciofo: con malva e piselli
- tortino con grana e uova oppure combinarli insieme alla pancetta, maggiorana e prezzemolo;
- carciofini teneri: sott'olio; carciofi ripieni: con mollica di pane; carciofi arrostiti alla brace; carciofi
fritti;
- Frittata di carciofi;
- Carciofi alla villana.
AZIENDE COLTIVATRICI:
 BONI LUCIANO di Calcinelli (PU)
LUOGO DI CONSERVAZIONE E/O DI RIPRODUZIONE:
Campi sperimentali- C.R.A. Unità di ricerca per l’orticoltura Via Salaria n° 1
63030 Monsampolo del Tronto (AP)
Scheda elaborata da C.R.A. – Unità di ricerca per l’orticoltura di Monsampolo del Tronto
Dott. Valentino Ferrari
Approfondimento storico a cura di Michele Tagliabaracci