Prima lezione di neuroscienze di Alberto Oliverio Edizioni Laterza

Alberto Oliverio, Prima lezione di neuroscienze, Bari, Ed. Laterza 2008
Recensione a cura di Marisa Vicini
Dottorato di ricerca in Scienze Pedagogiche
Università degli studi di Bergamo
“Prima lezione di neuroscienze” è una guida semplice che accompagna il lettore a muovere i primi
passi nell’ambito delle neuroscienze, una disciplina ibrida che comprende la neurologia e numerose
altre scienze fra cui la psicobiologia, la neuropsicologia e la neuropsicobiologia che, utilizzando i
dati ricavati dalle pratiche e dalle indagini di laboratorio in campo neurologico, tentano di costruire
modelli di funzionamento della mente ad essi compatibili.
Un indice dell’ importanza delle neuroscienze è dato dal numero delle associazioni che negli ultimi
50 anni sono nate negli Stati Uniti: si passa dai 2000 associati del 1971 agli attuali 28.000 soci; in
Italia nel 1983 viene fondata la Società per le Neuroscienze.
In questo libro l’autore descrive le fondamenta su cui poggiano le neuroscienze.
Nel primo capitolo illustra la storia delle neuroscienze a partire dalla pietra miliare di questa
disciplina, che è la scoperta del neurone,unità base del sistema nervoso, e dei mediatori, sostanze
che consentono il passaggio del messaggio a livello della sinapsi, punto di unione fra due neuroni.
Nel secondo capitolo l’autore si sofferma sullo sviluppo e sull’evoluzione del sistema nervoso,
spiegando come il processo di trasformazione del cervello non finisca con l’infanzia ma prosegua
fino all’età adulta, e come fin dalle fasi più precoci del suo sviluppo il cervello manifesti una
notevole plasticità, in grado di integrare le carenze con funzioni vicarianti. Questo accade per
esempio, nell’ emisferectomia, in cui si ha la rimozione della corteccia cerebrale di un intero
emisfero cerebrale, attuata in casi gravissimi e incontrollabili di epilessia: quando l’emisfero
asportato è quello sinistro (sede del linguaggio) accade che l’emisfero destro assuma le funzioni del
sinistro, in particolare quelle linguistiche e quelle motorie, relative al controllo del lato destro del
corpo.
Nel terzo capitolo Oliverio descrive come le neuroscienze cercano di spiegare le funzioni della
mente, soffermandosi in modo particolare sull’azione, l’emozione e la memoria.
Nel quarto e nel quinto capitolo, infine, l’autore affronta la questione delle neuroscienze in rapporto
al tema dell’io, della coscienza e dell’etica; accennando anche a come le nuove scoperte hanno
consentito il consolidarsi di nuove strategie terapeutiche nel trattamento delle malattie degenerative
o genetiche.
Di particolare interesse ci appare la parte dedicata al Sistema Motorio, di cui l’autore descrive la
complessità e il ruolo fondamentale che esso riveste per lo sviluppo delle funzioni mentali.
La complessità del sistema motorio è testimoniata, per esempio, da due fatti. Il primo è che
quando questo sistema è in azione disturba e manda “in blocco” tutti gli altri sistemi, da quello
percettivo, a quello dell’attenzione e delle attività cognitive. Il sistema motorio è definito, infatti, da
Oliverio un sistema ad alta priorità e questo lo si vede innanzitutto negli animali, nei quali
l’attivazione del sistema motorio è giustificata da esigenze di sopravvivenza, di attacco-fuga o di
ricerca del cibo. Negli uomini, invece, nei quali il soddisfacimento di questi istinti non è così
pressante come negli animali, la priorità del sistema motorio la si comprende semplicemente
osservando quanto, in assenza di movimento e in condizioni di particolare tensione e di attenzione,
la semplice attivazione della muscolatura disturbi e riduca il flusso delle informazioni, alterando il
buon funzionamento delle sensazioni e il dispiegarsi generale delle idee. Viceversa, quando siamo
in una situazione di rilassamento e di tranquillità, anche la nostra mente è in grado di percepire le
sensazioni con maggior lucidità e di ragionare in modo più sereno e fluido.
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Un secondo fatto che documenta la complessità del sistema motorio è la modalità con cui avviene la
programmazione della risposta. Oltre alle aree specifiche del cervello interessate al controllo di
questa funzione, ovvero la corteccia motoria, che controlla l’efficienza dei movimenti selettivi
( per es. afferrare un oggetto), i gangli della base, che sono responsabili dell’accuratezza dei tempi
e del posizionamento degli arti nello spazio, il cervelletto, responsabile dell’equilibrio, intervengono
anche altri centri come l’area premotoria, situata nel lobo frontale, che è attiva nella pianificazione
del movimento e la corteccia pre- frontale (corrispondente all’area 46 di Brodmann), nella quale
nasce l’intenzione di compiere un movimento. Quando una persona decide di compiere un’azione,
si attivano, in sintesi, prima l’area prefrontale (decisione), poi l’area premotoria (costituzione del
programma d’azione) e, infine, l’area motoria (esecuzione del programma d’azione). La dinamica
con cui avviene la programmazione della risposta farebbe pensare ad un totale controllo sull’azione
da parte del soggetto, del tutto dipendente dalla sua intenzionalità.
In realtà il movimento è così importante per lo sviluppo e l’equilibrio della persona che la natura ha
dotato l’uomo di un altro meccanismo di apprendimento che è molto più semplice del precedente,
basato sull’imitazione. Si tratta di un meccanismo in grado di consentire all’uomo di reagire alle
azioni degli altri uomini copiando e incamerandone lo schema semplicemente per il fatto di averli
visti in azione. Stiamo parlando del sistema dei neuroni specchio, localizzati nella corteccia
premotoria negli animali e nell’uomo: questi neuroni si attivano in modo autonomo consentendo
alla persona di fotocopiare in un certo senso, lo schema motorio, predisponendola all’azione senza
una preliminare esperienza. Questo meccanismo di risonanza, che consente di stabilire “una sorta di
ponte tra l’osservatore e l’attore, è al centro di comportamenti imitativi molto importanti soprattutto
nella fase infantile” (pag 76). Il bambino molto piccolo, per esempio, impara a fare la capovolta
semplicemente perché la imita. Ora sappiamo cosa succede nel suo cervello quando imita: significa
che nell’area premotoria del bambino gli schemi motori della capovolta vengono copiati e
interiorizzati in modo del tutto naturale, senza intervento della volontà, grazie al sistema dei neuroni
specchio. Questo sistema gioca un ruolo fondamentale non solo nei confronti dell’azione ma anche
nei riguardi del linguaggio, delle emozioni e della relazione empatica.
Per quanto riguarda il ruolo fondamentale del sistema motorio per lo sviluppo delle funzioni
mentali, l’autore provocatoriamente pone la domanda: “è l’io a produrre movimenti o sono i
movimenti a produrre l’io?” ovvero, “è la mente che costruisce movimenti e li realizza attraverso i
muscoli oppure la motricità contribuisce a costruire la mente?” (pag.78). La risposta che il lettore
può dare a questa domanda è indicativa del tipo di concezione della mente che intende assumere. Se
si pone in un’ottica classica, e assume cioè una prospettiva tradizionale, allora la motricità è
semplicemente un’operazione dettata dall’alto; se, al contrario, considera la motricità come la base
per lo sviluppo delle funzioni mentali, si pone in una nuova prospettiva che rovescia quella
tradizionale. Per spiegare questo ribaltamento di ottica, l’autore prende come esempio, il processo
di costruzione della memoria, spiegando come questa funzione mentale si costruisca a partire da
memorie motorie “non esplicitabili” ovvero non formalizzabili in termini linguistici, perché facenti
parte del sapere del corpo.
All’inizio della vita il neonato è un essere prevalentemente passivo, i suoi movimenti sono dettati
per lo più dai suoi bisogni, si limita a beneficiare di azioni e di movimenti che provengono
soprattutto dalla madre che si occupa del suo benessere. In un secondo tempo il bambino diventa
capace di eseguire movimenti e azioni sempre più complessi e selettivi, in grado di modificare
l’ambiente esterno; cui si accompagnano complesse sequenze muscolari volte a imitare le
espressioni facciali dell’adulto. Su queste memorie muscolari e corporee, che Oliverio chiama
“procedurali” perché implicano una serie di procedure e non di significati, (pag. 79) si
costruiscono in seguito altre memorie, che fungono da base, per esempio, per i successivi
apprendimenti linguistici. Proprio per il fatto che la memoria si radica su questo nucleo essenziale
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di memorie motorie, Oliverio afferma che la memoria non è solo un fatto mentale ma anche
corporeo, perché radicato su procedure o memorie tacite, non esplicitabili.
In questo libro Alberto Oliverio apre in sintesi, due nuove prospettive di studio del sistema
nervoso. La prima è quella secondo cui vi sarebbe priorità del motorio sul mentale (percettivo);
infatti: “ prima vengono compiuti movimenti riflessi, poi se ne ha la percezione” (p. 80). L’autore
propone di ribaltare la sequenza lineare del modello neurologico tradizionale, che considera
l’azione come l’esito finale della percezione (ovvero dell’analisi di un input sensoriale),
riconsiderandola in senso inverso, “attraverso uno schema in cui si parte dal movimento, per poi
considerare le conseguenze che questo esercita sull’ambiente circostante, la percezione di queste
conseguenze, e infine, le modifiche che questa percezione esercita sui movimenti successivi”(pp. 80
- 81). Si tratta di un modello ciclico che parte dal movimento, nel quale è l’azione che modifica
l’ambiente e la percezione degli effetti che ne consegue, induce nuove azioni.
La seconda prospettiva è quella secondo cui le funzioni mentali, si tratti del linguaggio o della
memoria, risentono sempre della componente motoria e di quella motivazionale, perché
dipendono da strutture sottocorticali che hanno funzioni motorie, cognitive ed emozionali insieme.
In conseguenza di ciò le azioni e i movimenti hanno un ruolo centrale nei processi di
rappresentazione mentale e di apprendimento, e questa dinamica è presente fin dalle fasi più precoci
della vita umana.
Marisa Vicini
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