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COMUNICATO STAMPA
Epatite C, il futuro è già qui: da Londra nuove conferme
su efficacia e sicurezza della triplice terapia.
E per la sostenibilità scatta la “stopping rule”:
alt al farmaco dopo 8 settimane in caso di mancata risposta.
L’Italia è nel mondo il paese più colpito dal virus dell’Epatite C con oltre 1,6 milioni di portatori cronici
dell’infezione; 20.000 i decessi ogni anno per malattie croniche del fegato la cui causa principale è l’Epatite C.
La cura oggi c’è, si chiama “triplice” terapia. Boceprevir, antivirale di nuova generazione,
associato a interferone peghilato e ribavirina garantisce alti tassi di guarigione a costi sostenibili.
I dati dello studio italo-spagnolo NPP presentati all’EASL confermano efficacia
e tollerabilità di boceprevir nei pazienti che in 8 settimane rispondono al trattamento.
Londra, 11 aprile 2014 – Nella terapia dell’Epatite C il futuro è adesso grazie alle terapie
innovative già disponibili, entrate stabilmente nella pratica clinica, con conferme crescenti di
efficacia e sicurezza, e gestibili dal sistema sanitario anche sotto il profilo economico: in
particolare la “triplice” terapia è, oggi, quella che meglio garantisce elevata efficacia,
tollerabilità, costi contenuti e sostenibilità del sistema sanitario.
È l’indicazione che arriva da Londra dove è in corso il Congresso EASL (European
Association for the Study of the Liver) nel quale sono presentati nuovi dati di efficacia e
tollerabilità su boceprevir, inibitore della proteasi di MSD, utilizzato nella “triplice” terapia in
associazione con interferone alfa 2b peghilato e ribavirina.
Lo studio italo-spagnolo NPP, Named Patient Program, condotto su 416 pazienti dei due
Paesi con Epatite C e cirrosi compensata, ha evidenziato una risposta virologica sostenuta
soddisfacente raggiunta con boceprevir in circa la metà dei pazienti (58-45%).
“Questo studio ci offre una risposta completa, conclusiva e affermativa circa l’indice di
efficacia e sicurezza di boceprevir su tutta la popolazione affetta da Epatite C” – afferma il
coordinatore dello studio Savino Bruno, Direttore della Struttura Complessa di Medicina
Interna a indirizzo Epatologico presso l’Ospedale Fatebenefratelli e Oftalmico di Milano.
“Prima di questo studio non avevamo ancora numeri importanti sull’efficacia di boceprevir sui
pazienti con Epatite C che non rispondono alla terapia. Una lacuna colmata dallo studio
NPP, le cui evidenze sono validate su popolazioni diverse, etnie diverse, elemento che ne
accresce l’affidabilità”.
Nell’ambito dello studio, le ospedalizzazioni per effetti collaterali, che sono state contenute
ad appena il 9% di tutti i casi, non hanno influito sul risultato in termini di guarigione. Alla luce
di questi dati boceprevir appare destinato ad occupare a lungo una posizione importante nel
trattamento in “triplice” terapia come riconosciuto anche dalle ultime Linee guida AISF,
l’Associazione Italiana per lo Studio del Fegato.
L’Epatite C è un’emergenza sanitaria globale: nel mondo i pazienti sono oltre 180 milioni,
l’Italia si colloca al primo posto in Europa per numero di persone positive al virus dell’Epatite
C con più di un milione e mezzo di pazienti, 1.000 nuovi casi e 20.000 decessi l’anno.
Nonostante i dati di prevalenza e le crescenti evidenze di efficacia, in Italia un numero
ancora ridotto di pazienti viene trattato con gli antivirali di prima generazione come
boceprevir utilizzato nella triplice terapia.
Un’indagine di Cittadinanzattiva ed EpaC onlus sull’accesso alle nuove terapie ha rilevato
come solo 1 paziente su 4 ha avuto un accesso immediato alle nuove opzioni terapeutiche,
mentre il 35% è inserito in liste d’attesa. Il 20% delle strutture deputate ad erogare la triplice
terapia ha aspettato da 1 a 3 mesi per avere a disposizione i farmaci. È complesso per i
pazienti accedere ai farmaci innovativi, lo sarà ancora di più per quelli attesi nei prossimi
anni che faranno i conti con la sostenibilità del sistema per i costi alti e saranno per pochi
eletti.
Proprio per garantire l’accesso alla terapie innovative disponibili oggi e la sostenibilità del
sistema sanitario, la Commissione Europea ha introdotto la “stopping rule” per boceprevir,
ovvero la sospensione della terapia con boceprevir all’VIII settimana in caso di mancato
raggiungimento del target virologico, con significativi risparmi sui costi della terapia. Il
vantaggio è rappresentato dal poter continuare invece la terapia con boceprevir solo in quei
pazienti in cui all'VIII settimana i parametri virologici ci dicono che il paziente avrà elevate
probabilità di guarigione.
“Anche in questo studio, come già negli studi registrativi, si è osservato che i pazienti che
alla settimana 8 raggiungono la negativizzazione hanno un tasso di guarigione altissimo” –
afferma il professor Savino Bruno, “mentre quelli che rimangono positivi o non mostrano un
calo della viremia sufficiente hanno praticamente esigue se non zero possibilità di ottenere la
guarigione”.
Personalizzare la “triplice” terapia consente di ottimizzare l’efficacia trattando solo i pazienti
eleggibili e risparmiare risorse con, inoltre, il valore aggiunto di poter predire con esattezza il
successo terapeutico a cui andrà incontro il paziente.
“Sulla base di queste regole di ingaggio” – conclude il professor Bruno – “potremo curare un
numero importante di persone con una spesa nota, ben al di sotto dei livelli delle terapie
future che promettono risultati notevoli, ancora da confermare, ma che avranno certamente
costi notevolissimi. Va quindi ribadita l’opportunità di avvalersi già oggi di terapie efficaci, con
scarsi effetti collaterali del tutto gestibili e rispetto alle quali conosciamo il profilo dei pazienti
giusti da trattare”.
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