Il Partenio
Tanacetum parthenium (L.) Sch. Bip.
Una pianta da riscoprire
Gennaio 2010
Dott. Andrea Lugli - Direzione Scientifica
PLANTA MEDICA s.r.l.
Via della Libertà, 37 bis
06010 Pistrino di Citerna (PG)
Tel 075 857991 r.a.
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www.plantamedica.it
FSC
INDICE
INTRODUZIONE
.................................................................................................................. pag. 5
Prima parte
CONSIDERAZIONI SUL DOLORE
............................................................................ pag. 7
» DA CHE COSA DIPENDE IL DOLORE? ............................................................................... pag. 7
» FUNZIONE RIPARATIVA DI INFIAMMAZIONE E DOLORE ................................................. pag. 8
» IL DUPLICE RUOLO DELL’ INFIAMMAZIONE (ACUTA E CRONICA)
SULLA SENSIBILITÀ AL DOLORE ...................................................................................... pag. 8
» ASPETTI PSICOLOGICI POSSONO INFLUENZARE LA SOGLIA DEL DOLORE ............. pag. 8
COMUNI DISTURBI CARATTERIZZATI DA DOLORE
.................................... pag. 9
» DISMENORREA ................................................................................................................... pag. 9
» DOLORI MUSCOLO SCHELETRICI .................................................................................. pag. 10
» LA CEFALEA (IL “MAL DI TESTA”) ..................................................................................... pag. 11
SINTESI DEL TRATTAMENTO CONVENZIONALE DEL DOLORE
...... pag. 13
Seconda parte
IL PARTENIO
....................................................................................................................... pag. 15
USI STORICI, TRADIZIONALI ED EMPIRICI MODERNI
............................ pag. 16
» USI STORICI E TRADIZIONALI DEL PARTENIO .............................................................. pag. 16
» USI DEL PARTENIO IN FITOTERAPIA CONTEMPORANEA
(EXPERIENCE BASED PHYTOTHERAPY - EBP) ............................................................ pag. 17
FITOCHIMICA
...................................................................................................................... pag. 18
» TERPENOIDI ...................................................................................................................... pag. 18
» DISTRIBUZIONE DEL PARTENOLIDE NELLE VARIE PARTI DELLA PIANTA ................. pag. 19
» FLAVONOIDI ...................................................................................................................... pag. 20
ASPETTI FARMACOLOGICI
........................................................................................ pag. 22
» SESQUITERPENLATTONI ................................................................................................. pag. 22
» FLAVONOIDI ...................................................................................................................... pag. 23
» ALTRI PRINCIPI ATTIVI ...................................................................................................... pag. 23
» ATTIVITÀ DEL FITOCOMPLESSO (ESTRATTI) ................................................................. pag. 23
OSSERVAZIONI SUGLI STUDI CLINICI
.............................................................. pag. 24
» L’ORIGINE DEGLI STUDI SULL’EMICRANIA,
E DEI DOSAGGI DI PARTENIO UTILIZZATI ...................................................................... pag. 24
» ULTERIORI CONSIDERAZIONI SULLA DROGA
(LA PARTE DI PIANTA DA UTILIZZARE) E SUI DOSAGGI
RIPORTATI NELLE MONOGRAFIE UFFICIALI E TESTI DI RIFERIMENTO ..................... pag. 25
ESTRATTI DI PARTENIO OTTENUTI DA DROGHE
RICCHE DI FIORI: NUOVE PROSPETTIVE
DI ATTIVITÀ E DI SPETTRO D’AZIONE ............................................................ pag. 26
» PARTENIO E GASTROLESIVITÀ ....................................................................................... pag. 27
CONCLUSIONI SULL’USO DEL PARTENIO
BIBLIOGRAFIA
....................................................... pag. 29
.................................................................................................................... pag. 30
APPENDICE
» FOTOGRAFIE DI DIFFERENTI DROGHE DI PARTENIO .................................................. pag. 32
Introduzione
Il Partenio è una pianta spontanea in Italia, relativamente comune e con una storia importante.
È una pianta con grandi potenzialità, con un fitocomplesso di cui ancora non si sono probabilmente svelati i segreti
più importanti ed è per questo che il Gruppo Aboca Planta Medica ha deciso di studiarla approfonditamente per
contribuire allo sviluppo di informazioni specifiche ad essa dedicate.
Sia gli usi storici che gli studi farmacologici e clinici ne sottolineano importanti potenzialità nell’ambito del controllo
di processi infiammatori e del relativo disagio, tensione, dolore che li accompagnano. Tuttavia il Partenio, forse in
maniera più marcata rispetto ad altre piante medicinali, necessita di notevoli cure ed attenzioni al fine di stabilizzarne
il variabile fitocomplesso. Per garantirne la funzionalità è essenziale quindi saper scegliere appropriate tecniche
di coltivazione insieme ad attente procedure estrattive e di controllo qualità. Molto probabilmente, scelte sbagliate,
sono alla base dei risultati a volte non sempre soddisfacenti ottenuti con questa pianta medicinale.
In questa breve discussione desideriamo condividere alcune considerazioni generali sul dolore, sull’infiammazione
e sui legami esistenti tra di essi. Discuteremo anche dei principali disturbi che possono interessare l’uso del
Partenio per poi approfondire gli aspetti critici di questa pianta.
Siamo convinti che almeno alcuni lettori resteranno stupiti delle conclusioni, in particolare per quanto riguarda
le potenzialità d’uso, i dosaggi ed alcune caratteristiche della droga.
5
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Prima parte
Considerazioni sul dolore
“Un’ esperienza sensoriale ed emozionale spiacevole
associata a danno tissutale in atto o potenziale”
(International Association for the study of pain, 1986).
Da che cosa dipende il dolore?
Il dolore ovviamente rappresenta un segnale d’allarme che ci avverte della presenza di un problema. Come
chiarisce la definizione esso origina da un danno tissutale in atto o potenziale. Ovvero può sorgere da un danno
reale ai tessuti, come può accadere dopo una contusione, oppure da uno squilibrio fisiologico locale che ci
segnala che a livello funzionale qualcosa non procede correttamente. In questo caso non vi è ancora un danno
ai tessuti, tuttavia il perdurare dello squilibrio in alcuni casi potrebbe originarlo come conseguenza ultima.
Come si intuisce, quindi, il dolore è affatto specifico ed è un sintomo che può avere una moltitudine di cause
alla sua base. Per questo, in molti casi, il trattamento del dolore tende ad essere sintomatico in quanto o non
si conosce la causa prima che lo origina o un intervento su di essa comunque non risolve nel breve termine il
dolore.
Figura 1. Via nervosa della trasmissione del dolore (nocicezione). Lo stimolo doloroso viene condotto dal neurone afferente
primario (PAN) direttamente al midollo spinale (corna spinali). Qui un neurone di secondo ordine trasferisce il segnale attraverso il
tronco ed il mesencefalo al talamo dove neuroni di terzo ordine trasferiscono il segnale alla corteccia somatosensoriale/cingolata
ed al sistema limbico, a questo livello la sensazione dolorosa raggiunge il livello di coscienza. Vie modulatorie discendenti che
interessano strutture quali il tronco grigio periacqueduttale (PAG) e il midollo rostrale ventromediale (RVM) possono intervenire
riducendo la sensazione di dolore stimolando la sintesi di endorfine (White et al., 2007)
7
Funzione riparativa di infiammazione e dolore
Tra infiammazione e dolore vi è una relazione stretta. In effetti il dolore è spesso conseguenza dell’infiammazione.
Sono noti molti dei meccanismi biochimici che sottendono l’infiammazione (sintesi di prostaglandine etc.) tuttavia
in questo contesto desideriamo sottolineare il duplice ruolo che riveste l’infiammazione per l’organismo. Da una
parte infatti essa è lo strumento attraverso il quale una zona circoscritta, soggetta a danno o disfunzione, viene
nettamente differenziata dal resto dell’organismo, dall’altra grazie alla sua relazione stretta con il dolore è il modo
per segnalare alla nostra coscienza che vi è un problema. Nel primo caso la cascata infiammatoria procede in
modo indipendente ad attuare la risposta necessaria per la riparazione del tessuto danneggiato (vasodilatazione,
chemiotassi, etc.) o per il recupero dell’omeostasi, dall’altra spinge, o dovrebbe spingere, il soggetto a comportamenti
che favoriscano il processo di guarigione o di controllo del danno. Il dolore che accompagna l’infiammazione è
quindi l’informazione che permette al soggetto di “coordinarsi” con i processi autonomi di riparazione e controllo,
possibilmente cercando aiuto, riposo, portandolo istintivamente a proteggere la parte colpita.
Il duplice ruolo dell’infiammazione (acuta e cronica) sulla sensibilità al dolore
L’aspetto funzionale positivo dell’infiammazione si riferisce a tutte quelle condizioni nelle quali il problema risulta
“rapidamente” risolvibile dal nostro organismo, ovvero quando il processo infiammatorio ha un suo inizio ed una
sua fine. Nei casi in cui l’infiammazione diviene cronica perde la sua valenza riparativa e positiva per l’organismo
ed inizia ad essere essa stessa causa patofisiologica.
Proseguendo l’esame della relazione tra infiammazione e dolore intrapresa poco sopra è interessante osservare
come in effetti, a parte il rilascio di mediatori con lo scopo di attrarre in loco ad esempio i leucociti, la risposta
infiammatoria produce una sensibilizzazione dei nocicettori (recettori del dolore) amplificando la loro risposta
ai vari stimoli. Se nel breve termine questo non rappresenta un problema e fa parte del meccanismo di induzione
alla protezione della parte danneggiata, nel lungo termine, oggi si ritiene, che fenomeni infiammatori siano causali
nello sviluppo di stati di dolore cronico e che siano in grado di mutare il comportamento dei neuroni responsabili
della trasmissione del dolore. In particolare i ricercatori osservano come diverse chemochine siano in grado non
solo di influenzare il processo infiammatorio, ma anche di produrre effetti eccitatori su alcuni neuroni deputati
alla trasmissione del dolore. Ad esempio si è visto che una upregolazione delle chemochine produce una down
regolazione dei recettori μ-oppiodi, in altri termini l’infiammazione cronica può ridurre l’effetto analgesico degli
oppioidi sia endogeni che esogeni. Quindi l’infiammazione non solo contribuisce direttamente alla sensazione del
dolore, ma può portare, quando cronica, ad uno stato di ipersensibilità al dolore (White et al., 2007).
Aspetti psicologici possono influenzare la soglia del dolore
Il dolore è un’esperienza soggettiva ed è interessante ricordare come la soglia del dolore possa essere influenzata
da diversi aspetti psicologici, ad esempio ansia, isolamento, paure, depressione e insonnia che tendono ad
abbassare la soglia del dolore, mentre il riposo, il sonno, le distrazioni tendono ad elevarla.
Recenti studi sulla modulazione emozionale del dolore e della nocicezione mostrano abbastanza chiaramente
come ad esempio la visione di immagini spiacevoli o piacevoli sia in grado rispettivamente di aumentare o
diminuire il dolore e la nocicezione (Rhudy et al., 2009). Appare anche ben provato che il placebo (inteso come
aspettativa di sollievo dal dolore) sia oggi in grado di modulare a livello centrale i recettori per gli oppioidi. Infatti
in un brillante studio di immaging nell’uomo (Zubieta et al., 2005) è stato dimostrato come anche fattori cognitivi
(i.e. l’aspettativa connessa al placebo) siano in grado di modulare stati fisici ed emozionali attraverso un’attivazione
specifica dei recettori per gli oppioidi nel cervello.
D’altra parte la consapevolezza da parte dei clinici dell’estrema soggettività dell’esperienza del dolore, che non
può prescindere dallo stato psicosociale del soggetto, già da anni ha portato a dare notevole importanza alla
sua valutazione attraverso diversi metodi di autovalutazione (scale numeriche e visive di autovalutazione etc.)
piuttosto che cliniche o strumentali.
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Comuni disturbi caratterizzati da dolore
Di seguito brevemente riassumiamo alcune delle caratteristiche principali di tre tra i disturbi più comuni: la
dismenorrea, i dolori muscolo scheletrici e cefalea.
Dismenorrea
La dismenorrea primaria, ovvero quella che
tab.1 – Fattori di rischio per la dismenorrea
non ha come causa altri disturbi, si caratterizza
per dolori crampiformi localizzati nella zona
- Età inferiore ai 20 anni
pelvica e basso addome che si presentano in
concomitanza con il flusso mestruale (in alcuni
- Tentativi per perdere peso
casi possono anche brevemente precederlo).
- Depressione/ansietà
La dismenorrea è molto comune e può raggiungere
una prevalenza del 90%. Tipicamente il dolore è
- Perdita della rete di relazioni sociali
particolarmente intenso all’inizio del ciclo (primi
due giorni).
- Mestruazioni abbondanti
Nella tab. 1 sono riportati quelli che sono ritenuti
- Nulliparità
i principali fattori di rischio.
Per quanto riguarda l’eziologia si ritiene che la
- Fumare
causa ultima sia un’eccessiva produzione di
Da: French 2005
prostaglandine proinfiammatorie, riscontrabili
in quantitativi superiori alla norma nel fluido
mestruale e che raggiungono il livello massimo nei primi due giorni del ciclo mestruale (Coco 1999). L’eccessiva
produzione di prostaglandine del genere PGF-2_ da parte delle cellule endometriali durante le mestruazioni
inducono nel miometrio contrazioni eccessive e dolorose. Le PGF-2_ oltre che uno stimolo sulle contrazioni
producono ischemia e sensibilizzazione delle terminazioni nervose.
Si ipotizza anche che un contributo al dolore dismenorroico possa provenire da parte della vasopressina la quale
produrrebbe, per vasocostrizione, dolore di carattere ischemico. A questo proposito è interessante osservare
che l’applicazione sul basso ventre di una borsa dell’acqua calda è una pratica utilizzata da molte donne per
avere sollievo.
Va inoltre osservato che, essendo il ciclo mestruale sotto stretta regolazione ormonale, è evidente che la causa
primaria possa risiedere in qualche alterazione a questo livello che si esprime poi come eccessiva produzione
di prostaglandine (French 2005).
Il trattamento convenzionale si basa sull’utilizzo di FANS e secondariamente sull’uso della pillola contraccettiva.
Nel primo caso è evidente che l’attività è dovuta all’inibizione della sintesi delle prostaglandine mentre nel caso
della pillola i meccanismi sono molteplici.
9
Dolori muscolo scheletrici
Rimanendo nell’ambito dei comuni disturbi delle articolazioni tra le cause più frequenti vi sono i piccoli traumi ed i
fenomeni di “usura”. Posture non corrette, lavori o attività ludiche usuranti producono negli anni delle microlesioni/
lesioni nelle articolazioni che, a volte, vanno oltre la capacità dell’organismo di ripararle. I più comuni disturbi
muscolo scheletrici interessano la schiena, le spalle, le anche e le ginocchia.
Mal di schiena
BOX. 1
Circa il 5% delle visite dal medico sono causate dal mal di schiena.
Il 42% della popolazione usa
Il 2% della popolazione consulta il medico ogni anno a causa del
antinfiammatori per il mal di schiena.
mal di schiena e più dell’80% degli adulti hanno avuto almeno un
episodio nella loro vita. È considerata la più comune causa di disabilità nei soggetti sotto i 45 anni ed all’età di
50 anni circa 80-90% mostrano segni di degenerazione dei dischi articolari.
È maggiormente comune nei soggetti tra 20 e 50 anni ed in particolare in chi ha un lavoro fisicamente
impegnativo. Il mal di schiena posturale è più frequente durante la gravidanza ed in chi è obeso o comunque
in chi è sedentario.
Le cause possono essere molto diverse e richiedono un’opportuna diagnosi per escludere diverse patologie
gravi che possono causarlo.
Dolore alla spalla
BOX. 2
Il dolore alla spalla è spesso causato da uno sforzo ripetitivo in
La sensibilità al dolore delle varie
ambito lavorativo o ludico-sportivo.
strutture articolari decresce come
Frequentemente il dolore si presenta inizialmente come tendinite
segue: tendini, borse, legamenti, tessuti
del muscolo sopraspinato e, con il perdurare dello sforzo, si estende
sinoviali, strutture capsulari, muscoli.
interessando anche gli altri muscoli rotatori della spalla. Il processo
infiammatorio si estende prima alla borsa subacromiale quindi anche alla capsula articolare ed alle strutture intra
ed extra articolari. Più ampia è l’area interessata dal dolore più è elevata la probabilità di una lesione estesa.
Dolore al ginocchio/anca
Spesso anche in questo caso (in particolare per il ginocchio) la causa del dolore è dovuta a contratture e strappi
muscolo-tendinei conseguenti ad attività scorrette o intense. Problemi di carattere degenerativo osteoartritico
sono più comuni dopo i 40 anni e tipicamente si presentano con difficoltà e dolori in più di un’articolazione. In
questi ultimi casi il dolore e la difficoltà al movimento sono maggiori tipicamente la mattina e si riducono durante
la giornata.
10
La Cefalea (Il “Mal di Testa”)
Di seguito riportiamo i principali (più comuni) tipi di cefalee primarie ed alcune delle secondarie
r
r
r
r
r
.VTDPMPUFOTJWBMBQJÜDPNVOF
&NJDSBOJBOFHMJVPNJOJOFMMFEPOOF
"HSBQQPMP
%BTJOVTJUFBDVUBVOPEFJQJÜDPNVOJUSBJNBMEJUFTUBTFDPOEBSJ
"MUSFDFGBMFFTFDPOEBSJFNFOPDPNVOJEPWVUFBHMBVDPNBBSUSJUFDFSWJDBMFEJTGVO[JPOFEFMMBSUJDPMB[JPOF
temporomandibolare, nevralgia del trigemino.
La maggior parte dei mal di testa sono ricorrenti, pochi sono cronici.
Cefalea muscolo tensiva
È la più comune e si caratterizza per un dolore di intensità medio-moderato, bilaterale, non pulsante, opprimente.
Questa cefalea non si associa normalmente ai tipici fenomeni dell’emicrania quali vomito, peggioramento con
attività fisica, o associato a fotofobia e fonofobia.
Recentemente l’International Headache Classification ha dettagliatamente suddiviso la cefalea muscolo tensiva
in appropriati sottogruppi di seguito sintetizzati:
A) Forma Episodica, a sua volta suddivisa in:
a. Episodica poco frequente (meno di 12 giorni all’anno con il mal di testa) ed
b. Episodica frequente (tra 12 e 180 giorni l’anno con il mal di testa).
Mentre la Episodica poco frequente rientra in una situazione di “normalità” e non richiede interventi particolari,
la Episodica frequente può essere causa di sostanziale disabilità ed è quindi soggetta a trattamento.
B) Forma CronicaDPOBUUBDDIJQSFTFOUJQFSHJPSOJPQJÜBMNFTFQFSQJÜEJNFTJPQQVSFNJOJNPQFS
180 giorni all’anno). Si riscontra come evoluzione della forma Episodica.
tab.2 – Fattori di rischio per cefalea muscolo tensiva
1. Cattiva salute (secondo test di autovalutazione)
2. Incapacità di rilassarsi dopo il lavoro
3. Disturbi del sonno
Aspetti patofisiologici
Sebbene vi sia una correlazione (copresenza) tra stress psicosociale, conflitti emozionali e mal di testa, tuttavia
non è ancora chiaro se esista tra di essi una relazione di causa-effetto. Certamente stress e tensione sono
riportati frequentemente come fattori che precipitano sia il mal di testa da tensione che l’emicrania.
Fattori periferici e centrali
Inizialmente si pensava che i fattori periferici fossero i più importanti, ovvero che la cefalea muscolo tensiva
si associasse e dipendesse (almeno in parte) da una sensibilizzazione in particolare nella zona miofasciale
perioccipitale (nuca). In altre parole un’ipersensibilità in questa zona può contribuire allo svilupparsi di questo
11
tipo di cefalea. Tuttavia più recentemente diversi studi hanno mostrato come vi siano anche fattori centrali che
come vedremo diventano prevalenti nella forma cronica di cefalea muscolo tensiva.
Si è osservato infatti che mentre la soglia del dolore permane normale in chi ha la forma episodica, essa diminuisce
in chi soffre della forma cronica. Il fatto che questa ipersensibilità a stimoli dolorosi non sia localizzata solo nella
zona perioccipitale ma in tutto il corpo, è una prova convincente che si tratti di un’alterazione della modulazione
del dolore di carattere centrale. Nelle forme croniche si sviluppa in sostanza una sorta di iperalgesia generalizzata
dovuta a un’anormale modulazione dello stimolo doloroso nel sistema nervoso centrale. La causa di questo
fenomeno si ritiene sia dovuta ad una prolungata esposizione a stimoli dolorosi (episodi di mal di testa) che nel
tempo provocano appunto ipersensibilità. In alternativa o concomitantemente vi può essere anche un’alterazione
nell’attività antidolorifica nelle vie inibitorie discendenti citate precedentemente (Fig.1)#FOETUFOFUBM
In sintesi mentre un’ipersensibilità periferica della zona perioccipitale può essere concausa della forma Episodica,
nella forma Cronica è la prolungata esposizione a stimoli dolorosi (mal di testa) che alla fine genera una iperalgesia
HFOFSBMJ[[BUB#VDIHSFJU[FUBM#FOETUFOFUBM
$PNQSFOTJCJMNFOUFEBVOBQBSUFRVFTUPBTQFUUP
rende le forme croniche più difficili da trattare e far regredire, dall’altra sottolinea l’importanza di intervenire
precocemente quando la cefalea è solo episodica al fine di evitare che si trasformi nella forma cronica.
Considerato la tipologia dei fattori di rischio (tab. 2) è evidente che con le piante medicinali, a parte il Partenio
di cui discuteremo a seguire, vi è un forte margine di intervento sul miglioramento della salute in generale, del
rilassamento e del sonno. Quindi la cefalea muscolo tensiva, in particolare nella sua forma episodica, si presta
molto bene ad un intervento complessivo con piante medicinali atto a prevenire l’istaurarsi della forma cronica
più difficilmente trattabile.
Emicrania e cefalea a grappolo
Si tratta di due disturbi, che come è noto, si caratterizzano per episodi dolorosi di elevata intensità . Ci limitiamo
a ricordare brevemente alcune delle caratteristiche principali (tratte da l’International Headache Classification)
evitando di entrare nella discussione dell’ eziologia e patofisiologia che sono di grande complessità e meriterebbero
una trattazione a parte.
Emicrania
Mal di testa ricorrente con attacchi che durano 4-72 ore. Il dolore è tipicamente unilaterale, di qualità pulsante,
che si aggrava con attività fisica rutinaria, ed è associato a nausea e/o fotofobia o fonofobia. Possono o non
possono essere presenti fenomeni di aurea.
Cefalea a grappolo
Attacchi severi, con dolore unilaterale orbitale, supraorbitale, temporale o in una combinazione qualsiasi di questi
siti. La durata degli attacchi è di 15-180 minuti ricorrenti con una frequenza che va da un attacco a giorni alterni
a 8 attacchi al giorno. Gli attacchi si associano ad uno o più dei seguenti fenomeni ipsolaterali: lacrimazione,
congestione nasale, rinorrea, sudorazione frontale o facciale, miosi, ptosi, edema della palpebra. La maggior
parte dei pazienti sono agitati durante l’attacco.
12
Sintesi del trattamento convenzionale del dolore
Come si è accennato precedentemente il dolore è un’esperienza soggettiva e per la definizione della sua intensità
ci si avvale della valutazione del soggetto stesso. Si utilizzano, per questo, diverse scale o numeriche o visive
dove il minimo rappresenta l’assenza di dolore ed il massimo il massimo dolore immaginabile. In una scala da
0 a 10 (una della più comuni), l’intensità del dolore viene suddivisa in moderato, medio e severo. Nella tab.3
riportiamo la classificazione con accanto anche il trattamento farmacologico convenzionale.
tab.3 – Classificazione del dolore secondo scala da 0 a 10
(0 = assenza di dolore, 10 = massimo dolore immaginabile con accanto la relativa
classe di farmaci convenzionali)
1-3 dolore moderato: trattato con FANS, inibitori della ciclossigenasi
4-5 dolore medio: trattato con oppioidi deboli + FANS
EPMPSFTFWFSPUSBUUBUPDPOPQQJPJEJGPSUJ'"/4
A parte i farmaci citati in tab.3 in tutti i casi si può ricorrere o meno ai cosiddetti adiuvanti: corticosteroidi,
neurolettici, antidepressivi, benzodiazepine, antiepilettici i quali, sebbene privi di effetto analgesico, possono
avere un effetto modulante il dolore per via indiretta.
Facciamo osservare che i FANS/antinfiammatori quando utilizzati da soli hanno un’aspettativa di efficacia solo
nel dolore moderato.
13
14
Seconda parte
Il Partenio
Nome botanico: Tanacetum parthenium (L.) Sch. Bip
Famiglia: Asteraceae.
4ZOChrysanthemum Parthenium Bernh., Matricaria parthenium L., Leucanthemum parthenium (L.) Gren.
Et Godr.)
Nomi comuni: Italiano: Amarella, Amareggiola, Matricale, Partenio. Tedesco: Mutterkraut.
Inglese: Feverfew. Francese: Grande Camomille. Spagnolo: Yerba de Santa Maria.
Aspetti botanici: Al genere Tanacetum L. appartengono diverse piante ben note tra le quali ricordiamo, il T.
cinerariifolium (Piretro) ed il T. vulgare (volgarmente Tanaceto e da non confondersi con il Partenio) e tra le affini
il T. balsamita L. (erba di San Pietro).
Erbacea perenne, sia spontanea che coltivata. Originaria dell’Asia occidentale e dei Balcani, naturalizzata
in Europa è presente su tutto il territorio nazionale dove predilige incolti, boscaglie e zone ruderali.
Pianta aromatica con fusti eretti, striati, pubescenti (40-80 cm) che tendono a ramificarsi nella metà superiore.
-FGPHMJFEFMGVTUPEPUBUFEJQJDDJPMPDN
FMBNJOBEJQFSDNTPOPQFOOBUPTFUUFDPOTFHNFOUJPWBMJ
profondamente pennato-partiti. Il colore delle foglie è verde chiaro tendente al giallo. I capolini (diametro circa
1 cm) sono costituiti, similmente alla camomilla, da fiori ligulati bianchi e tubulosi gialli.
15
Usi storici, tradizionali ed empirici moderni
Prima di addentrarci negli aspetti fitochimici e farmacologici è utile discutere brevemente quelli che sono gli usi
storici tradizionali ed empirici moderni.
Usi storici e tradizionali del Partenio
Il Partenio era noto già al tempo di Dioscoride il quale ne riportava nel I sec. AC l’utilizzo in caso di infiammazioni
e gonfiori caratterizzati da “calor”, probabilmente riferendosi a problemi di carattere infiammatorio articolare.
Si ritrova menzione della pianta anche nell’Herbario Novo del Durante (1585), che fa cenno sia all’uso dei fiori
che dell’erba in varie preparazioni, dalla decozione ai bagni medicati. In particolare è interessante la decozione
in vino dei fiori con noce moscata per la sua attività sul ciclo mestruale: “…ne riscalda beuuta la madrice e ne
caccia fuori i mestrui…”, seguono diverse indicazioni quale l’uso nella cattiva digestione a causa dei sui principi
attivi amari, nell’”impedimento del respirare”, ed altri.
Per quanto riguarda gli usi popolari e tradizionali citeremo le fonti che riteniamo più autorevoli ed interessanti. Il
Negri (1979) ad esempio ci ricorda che il Partenio (fiori) viene utilizzato popolarmente come succedaneo della
camomilla in particolare nella dismenorrea e disturbi del ciclo, mentre impacchi imbevuti nella decozione dei
fiori vengono impiegati per la medicazione delle contusioni ed ulcerazioni cutanee (Negri 1979). Egualmente,
JM1BMNB
PTTFSWBDIFTJVTBOPJDBQPMJOJEFM1BSUFOJPBEFTFNQJPOFMMBFSPGBHJBcefalea, dismenorrea,
EJTQFQTJB1BMNB
-BQPTPMPHJBJOEJDBUBEBMMBVUPSFÍEJ2-5g/die di polverePHUUWPMUFBMHJPSOP
di tintura.
Anche il Pomini (1973) definisce come droga le sommità fiorite
ed i fiori (posologia: polvere 2-5 g/dieUJOUVSBHUU
volte al giorno).
L’ Antonelli (1941) afferma che “tutta la pianta è tonica, febbrifuga,
stimolante, antispasmodica, emmenagoga ed antiflatulenta”, e che
fosse notissima ai vecchi medici. Se ne utilizzano i fiori sia freschi
che secchi in infusione per “facilitare le regole mensili e togliere
quei forti dolori da esse prodotti”. Ne suggerisce l’infuso dei fiori
BOX. 3
La visione Tradizionale del Partenio
Dalle informazioni che ci provengono
dalla storia e dalla tradizione, del
Partenio si sono usati spesso i fiori
a dosaggi elevati (almeno 2g/die)
per vari disturbi infiammatori, quali
dismenorrea, muscolo scheletrici,
cefalea.
TFDDIJH-BDRVBCPMMFOUFEBQSFOEFSTJB“3-4 bicchieri e più
durante la mattinata, a intervalli, per quattro cinque giorni prossimi all’epoca delle regole”.
La Grieve (1973) cita un infuso dei fiori che assunto riduce “la sensibilità al dolore in soggetti nervosi, dà
sollievo al dolore al volto/faccia a quello alle orecchie, del dispeptico o reumatico”. Il dosaggio di estratto fluido
(1:1) è di 4-8g/die.
Terminiamo con l’interessante osservazione dell’Etnobotanico Moermann (1998) il quale ricorda che il Partenio
veniva utilizzato dagli Indiani d’America Mahuna internamente come antireumatico.
16
Usi del Partenio in Fitoterapia Contemporanea
(Experience Based Phytotherapy - EBP)
Un’analisi degli usi attuali di questa pianta all’interno delle maggiori scuole di fitoterapia contemporanea, (es.
Americana, Anglosassone, Neozelandese, Francese) ci dà un quadro complessivo molto interessante.
A parte ovviamente l’uso supportato da studi clinici come preventivo dell’emicrania, che discuteremo successivamente,
il Partenio trova un’applicazione molto più ampia che può essere sintetizzata nei seguenti tre punti:
1. Trova utilizzo in modo particolare nel “mal di testa”, dismenorrea e disturbi reumatici o delle articolazioni
(muscolo scheletrici).
2. Viene utilizzato spesso in acuto, ovvero al bisogno come sintomatico in caso di dolore (in particolare
infiammatorio).
3. Il dosaggio di Partenio, utilizzato come sintomatico, è molto superiore a quello riportato nelle monografie
ufficiali (vedi paragrafi seguenti) e si aggira circa sui 2 g di droga al giorno o preparati equivalenti.
Più precisamente ad esempio il Dr. Mitchel della Università Americana di Bastyr lo suggerisce ai primi segni di
mal di testa ad assunzioni ripetute durante la giornata fino a circa 1800 g/die di droga. Mentre nella Fitoterapia
Anglosassone si sottolinea proprio come il dosaggio nell’uso sintomatico debba essere notevolmente superiore
a quello utilizzato come preventivo per l’emicrania (Hoffmann, 2003) e questo particolarmente per tutti i disturbi
caratterizzati da infiammazione compreso i disturbi reumatici ed articolari. Nella Fitoterapia Francese i Dr. Lapraz
e Duraffourd (2002) lo individuano come particolarmente indicato nella dismenorrea.
Ciò che interessa sottolineare in questi dati è che vi è una sostanziale convergenza d’uso tra i vari Practitioner
che utilizzano la Fitoterapia in diverse regioni del mondo sia sulla possibilità di usare il Partenio in acuto che sul
dosaggio. Inoltre l’uso Empirico Contemporaneo sembra molto più in accordo con gli usi storici e tradizionali di
quanto lo sia l’uso del Partenio come preventivo dell’emicrania (discussione a seguire).
17
Fitochimica
Gli studi fitochimici sul Partenio si sono concentrati essenzialmente su due diverse classi di composti: i terpenoidi
ed i flavonoidi.
Terpenoidi
I terpenoidi del Partenio sono più esattamente dei sesquiterpenlattoni che a loro volta sono suddivisi in base
BMMBTUSVUUVSBJOUSFTPUUPDMBTTJJHFSNBDSBOPMJEJFVEFTNPMJEJFEJHVBJBOPMJEJJOtab.4 sono riassunti i principali
identificati e nella fig. 2 sono riportate alcune delle strutture.
tab.4 – I sesquiterpelattoni del Partenio
Germacranolidi
Partenolide, Costunolide, Artemorina, Cristantemomina
Guaianolidi
Artecanina, Crisatemina A e B, Crisantemolide, Partolide,
Due composti contenenti Cloro
Eudesmolidi
Magnolialide, Reinosina, Santamarina, 1-beta-idrossi arbuscolina,
5-beta-idrossireinosina.
Figura 2. Strutture di due sesquiterpenlattoni del Partenio
In generale i sesquiterpenlattoni sono composti dotati spesso di interessanti attività farmacologiche, sovente
di carattere antinfiammatorio, ricordiamo ad esempio che a questa classe appartengono anche i principi attivi
dell’ Arnica (Arnica montana: pseudoguanolidi quali l’elelanina). In effetti i sesquiterpenlattoni sono spesso
caratterizzanti molte Composite (Artemisia absinthium, Artemisa annua - artemisina, Eupatorium spp etc.).
Gli stessi sesquiterpenlattoni identificati nel Partenio sono inoltre presenti in diverse altre piante medicinali oggi
oggetto di studio.
Il profilo fitochimico dei sesquiterpenlattoni del Partenio può essere soggetto a consistenti variazioni quali
18
quantitative in base al chemiotipo e
BOX. 4
variazioni sostanziali durante il ciclo
I Sesquiterpenlattoni
*MBUUPOJTFTRVJUFSQFOJDJTPOPBUUVBMNFOUFDJSDBDPNQPTUJF
sono oggetto di intense ricerche. Si tratta di composti caratteristici
della famiglia delle Composite, ma si trovano con minor frequenza
anche in altre. Diversi composti oggi sono ritenuti possedere
importanti attività quali antitumorale, antileucemica, citotossica
ed antimicrobica. Esempi tipici di composite che si caratterizzano
per la presenza di lattoni sesquiterpenici sono: il Partenio, la
Cicoria, l’Arnica, i fiori di Santonica (Artemisia cina), l’Assenzio,
Eupatorium spp. Etc. Tra i composti particolarmente importanti
e “famosi” citiamo l’Artemisinina derivante da Artemisia annua e
che possiede una ben nota ed importante attività antimalarica
(Evans et al., 2000).
ontogenetico, quindi la scelta accurata
della materia prima e la coltivazione
sono sicuramente fondamentali
per stabilizzare il fingerprint del
fitocomplesso. Inoltre lo stesso profilo
risulta quali-quantitativamente diverso
a seconda della parte della pianta
che si considera (foglie, fiori, etc.).
In generale una droga che contenga
circa lo 0,2-0,25% di partenolide viene
considerata di qualità accettabile. Va
tuttavia anticipato che tale titolo può
essere notevolmente elevato se si seleziona una droga molto ricca di fiori. Sulla funzionalità di questi composti
torneremo nella parte degli studi farmacologici.
Distribuzione del partenolide nelle varie parti della pianta
Analisi condotte su diverse parti della pianta illustrano chiaramente come la distribuzione e concentrazione del
partenolide sia molto varia. Infatti questo principio attivo è contenuto in ordine decrescente di concentrazione
maggiormente nei fiori, quindi nelle foglie ed in ultimo negli steli.
tab.5 – Concentrazione del partenolide in diverse parti di pianta
Parte della pianta
Concentrazione (%) di partenolide
Fiori
1,38
Foglie
0,95
Steli
0,08
Radice
0,01
Fonte: Heptinstall et al., 1992
A parte il valori assoluti che come discusso nel testo possono essere molto variabili è interessante
osservare le differenti concentrazioni nelle varie parti di pianta.
Nella tab.5 sono riportati, a titolo di esempio, alcuni dati risultati di uno studio analitico. Secondo altri autori il
contenuto di partenolide dei fiori arriva fino a 4 volte quello delle foglie.
Da un punto di vista industriale, invece, è evidente che la parte aerea sia quella preferibile, in termini di resa
in campo, tuttavia, qualora si dia la preferenza alla resa piuttosto che alla qualità, si otterrà della materia prima
molto ricca di steli e con poche foglie e fiori, quindi complessivamente con poco partenolide.
In appendice riportiamo due fotografie che illustrano chiaramente la qualità di una sommità fiorita normale e
di una droga caratterizzata da un’elevata percentuale di capolini.
19
Flavonoidi
La seconda classe di principi attivi ritenuta di potenziale interesse sono i flavonoidi.
In effetti alcuni recenti studi mostrano che un estratto privato del partenolide mantiene attività antinfiammatoria,
è quindi presumibile vi siano, a parte i sesquiterpenlattoni, anche altri principi attivi responsabili dell’attività, ed
i flavonoidi sono tra i probabili candidati.
Nelle tab. 6 e 7 sono riportati alcuni dei flavonoidi identificati e come si vede alcuni di essi sono lipofili altri idrofili.
Da ciò si può comprendere come la modalità estrattiva possa sostanzialmente influenzare il fitocomplesso e
l’attività dello specifico estratto. Inoltre si può osservare come il profilo dei flavonoidi ovviamente differisca quali
quantitativamente a seconda che si consideri la foglia o il capolino (nelle sua parti bottone fiorale e ligule).
La concentrazione di flavonoidi totali, come iperoside, è approssimativamente 2-3%.
tab.6 – Flavonoidi Lipofili identificati nel Partenio
Foglia
Disco
Ligule
Flavonoli
6-Idrossi campferolo
EJNFUJMFUFSF
USJNFUJMFUFSF(Santina)
+
+++
(+)
+++
++
Quercetagetina
EJNFUJMFUFSF
USJNFUJMFUFSF(Jaceidina)
USJNFUJMFUFSF(Centaureidina)
+
++
++
++
+++
+++
+
+
(+)
-
+
++
(+)
+
+
+
Flavoni
Apigenina
Luteolina
Chrysoeriolo
Apigenina 7-glucuronide
Luteolina 7-glucuronide
2VBOUJUÆQSFTFOUFNBHHJPSFNFEJBNJOPSF
USBDDF
Fonte: modificato da Williams et al., 1999
20
tab.7 – Flavonoidi idrofili identificati nelle varie parti del Partenio
Foglia
Ap - 7 glucuronide
Lu - 7 glucuronide
Lu - 7 glucoside
Ch - 7 glucuronide
Bottone fiorale
Ap - 7glucuronide
Lu - 7-glucuronide
Lu - 7-glucoside
Qu - 7 glucuronide
Ligule
Ap - 7 glucuronide
Ap - 7 diglucuronide
Ap - 7 glucosilglucuronide
"QBQJHFOJOB-VMVUFPMJOB$I
crisoeriolo
Qu: quercetina
Altri composti
Olio essenziale (0,02%-0,07%) composto da vari monoterpeni e sesquiterpeni. Polifenoli quali gli acidi 3,5-,
4,5- e 3,4-di-O-caffeoilchinici (DCQAs). Tannini. Melatonina (molto bassa 1,75 mcg/g)
21
Aspetti farmacologici
Sesquiterpenlattoni
Numerosi studi in vitro ed in vivo si sono concentrati sul dimostrare l’attività antinfiammatoria dei sesquiterpenlattoni.
Già Hall et al., in una review del 1979 si sono occupati diffusamente di questi composti. Complessivamente i
dati raccolti negli studi in vitro mostrano, per il partenolide in particolare, un’attività antinfiammatoria mediata
dall’inibizione della trascrizione di NF-kB1, di ciclossigenasi e lipossigenasi ovvero della sintesi di prostaglandine
proinfiammatorie. In particolare in riferimento all’emicrania gli esperti ritengono che sia le attività citate che
quella di inibizione di iNOS2 (induttore dell’ossidonitrico sintasi) siano particolarmente specifiche per modulare
l’infiammazione neurogenica latente presente nell’emicrania. Come discusso precedentemente infatti
ricordiamo che processi infiammatori cronici sono la causa di ipersensibilità prima periferica poi centrale agli
stimoli dolorosi. Nel caso dell’emicrania i ripetuti attacchi instaurano un’infiammazione persistente in prossimità
delle fibre trigeminali che innervano i vasi meningei e che sono le responsabili della trasmissione del dolore in
questo tipo di disturbo.
È importante sottolineare, comunque, che l’attività di modulazione dell’infiammazione del partenolide è di
DBSBUUFSFHFOFSBMFJNFDDBOJTNJEJJOJCJ[JPOFDJUBUJJOGBUUJJOUFSFTTBOPJQSPDFTTJJOàBNNBUPSJJOHFOFSFFOPO
esclusivamente quelli presenti nell’emicrania.
In effetti lo studio di Zhonghua et al. (2008) su condrociti umani ottenuti da pazienti affetti da osteoartrite ha
mostrato la capacità del partenolide di inibire il catabolismo dell’agrecano indotto dal mediatore infiammatorio
TNF-_. In altre parole il modello sembra mostrare una potenziale e specifica attività protettiva del partenolide nei
confronti dei danni alle cartillagini indotti dall’osteoartrite evidenziando quindi una possibile utilità del partenolide
nella modulazione dell’infiammazione che interessa le articolazioni. Sempre su questa linea di ragionamento
un ulteriore studio (Parada-Turska et al., 2008) mostra un’attività antiproliferativa del partenolide nei confronti di
fibroblasti sinoviali tipici di disturbi infiammatori articolari.
È interessante osservare che anche altri sesquiterpenlattoni presenti nel Partenio, come il costunolide mostrano
un’ attività simile come meccanismi (es. inibizione NF-KB ed iNOS), ma superiore a quella del partenolide (Koo
et al., 2001) a riprova dell’importanza dell’attività del fitocomplesso.
1
NF-kB: è un fattore di trascrizione nucleare che modula l’espressione dei geni responsabili della sintesi di sostanze
proinfiammatorie, quali ad esempio il gene per la ciclossigenasi. È un importante nodo della cascata infiammatoria ed un’attività
di inibizione su NF-kB è particolarmente interessante in quanto interviene precocemente, a monte del processo infiammatorio.
2
iNOS: L’ossido nitrico (NO) è una molecola molto importante nella regolazione del flusso sanguigno cerebrale ed extracerebrale
(azione vasodilatatrice). È anche coinvolta nella nocicezione. Un aumento rapido del suo livello come può essere indotto
nell’uomo dal gliceril trinitrato (GTN) causa attacco emicranico. Una riduzione/controllo dell’enzima che produce l’NO (l’ossido
nitrico sintasi: NOS) è ritenuta una strategia potenzialmente interessante per controllare non solo l’attacco emicranico, ma
anche quello della cefalea da tensione e di quella a grappolo (Olesen et al., 2008). Vi sono principalmente tre tipi di NOS: eNOS
(NOS endoteliale), nNOS (NOS neuronale) ed appunto iNOS (NOS inducibile).
22
Flavonoidi
Per quanto riguarda i flavonoidi la loro presenza nel Partenio è nota già da circa 20 anni, tuttavia l’interesse verso di
essi si è accresciuto recentemente.
Come si è discusso nella parte di fitochimica vi sono diversi flavonoidi che si caratterizzano anche per una diversa
solubilità in acqua o solventi lipofili. In Fig. 3, accanto alla struttura di alcuni dei principali, sono riportate le referenze più
recenti che ne supportano chiaramente l’attività antinfiammatoria in vitro e/o in vivo. Negli studi più recenti vi sono anche
precise indicazioni sui meccanismi che vedono similmente ai sesquiterpenlattoni un’ inibizione di NF-kB, iNOS e sintesi
di citochine proinfiammatorie. In alcuni casi si è dimostrata anche inibizione diretta di COX-2 e/o lipossigenasi.
Altri principi attivi
Come accennato nella parte di fitochimica, recentemente (Wu et al., 2007) sono stati riscontrati composti ad elevata
attività antiossidante quali alcuni acidi dicaffeoilchinici. Anche tale attività potrebbe senzaltro contribuire all’azione
antinfiammatoria del Partenio.
Attività del fitocomplesso (estratti)
Per quanto riguarda gli studi farmacologici sugli estratti di Partenio, in generale, confermano i meccanismi antinfiammatori
citati precedentemente per i principi attivi, come descritto chiaramente ad esempio nella monografia ESCOP del
Partenio (2003).
Di particolare interesse è uno studio recente (Sur et al., 2009) su un estratto di Partenio privato del partenolide.
Questo estratto da un lato mostra comunque attività antinfiammatoria mediata da un’inibizione diretta ad esempio della
lipossigenasi e da un’inibizione del rilascio di diversi mediatori proinfiammatori (PGE2, NO, TNF-_, IL-2 etc.), dall’altra
non inattiva NF-kB. In sintesi sembrerebbe che mentre il partenolide tende ad agire a monte della cascata infiammatoria
(inibizione NF-kB) altri composti presenti nell’estratto agiscono anche sui processi infiammatori più a valle.
Si potrebbe dire che il fitocomplesso di Partenio contiene un “cocktail” di numerosi principi attivi ad attività
antinfiammatoria, ma che si differenziano nei dettagli del meccanismo d’azione e sembrano quindi ben indicati per
intervenire simultaneamente su diversi punti della cascata infiammatoria.
Centaureidina
Jaceidina
Attività antinfiammatoria per
inibizione di lipossigenasi
e ciclossigenasi (Abad et
BM"CBEFUBM
Muschietti et al., 2001).
Antiossidante e scavenging di
radicali (Perez et al., 2004)
Santina
Apigenina
Antinfiammatoria in vivo
(Martinez et al, 1997)
Inibizione di iNOS e COX-2,
mostrando specificamente
un effetto neuroprotettivo su
le microglia (Ha et al., 2008).
Inibizione sintesi citochine
proinfiammatorie IL-1, IL8,
TNF alfa tramite inibizione
/'L#/JDIPMBTFUBM
,PXBMTLJFUBM)PVHFF
et al., 2005).
Figura 3. Strutture ed attività di alcuni flavonoidi del Partenio
23
Osservazioni sugli studi clinici
Gli studi clinici si sono concentrati totalmente (tranne uno) sulla prevenzione dell’emicrania.
Tutti gli studi fino al 2003 sono riassunti nelle monografie ESCOP (2003) ed hanno portato la Commissione,
assieme agli altri dati, a valutare il Partenio come utile nelle profilassi dell’emicrania. Successivamente è stato
condotto un ulteriore studio con un estratto in CO2 supercritica (Diener et al., 2005) che ha sostanzialmente
confermato l’uso del Partenio nella profilassi dell’emicrania.
Ciò che interessa discutere in questo testo tuttavia non sono tanto i dettagli dei risultati quanto la storia che ha
portato alla definizione dei dosaggi riportati nelle monografie ed all’uso nella profilassi piuttosto che in acuto.
L’origine degli studi sull’emicrania e dei dosaggi di Partenio utilizzati
L’idea di testare clinicamente il Partenio nella profilassi dell’emicrania nasce a Londra e precisamente
dall’osservazione che molti pazienti sofferenti di emicrania e che frequentavano la “City of London Migraine
Clinic” affermavano di avere avuto beneficio dal consumo giornaliero di una foglia fresca della pianta assunta
ogni giorno. I pazienti riportavano una diminuzione del numero di attacchi. I medici decisero quindi di testare
nel famoso studio di Johnson et al., (1985) l’efficacia del Partenio. Lo studio, in doppio cieco controllato con
placebo, utilizzò come preparato le foglie fresche liofilizzate del Partenio in un quantitativo uguale a quello in
media assunto dai pazienti. Nel Box 5 a lato riportiamo una traduzione tratta dall’articolo originale di Johnson
et al., che illustra chiaramente come si è arrivati a definire il dosaggio di Partenio nella profilassi.
BOX 5
L’origine del basso dosaggio di Partenio degli studi clinici
Preparazione delle capsule di Partenio e dosaggio:
“Ciascuna foglia liofilizzata contenente 5 foglioline pesava in media 25,7 mg. La dose media di Partenio usata dai
pazienti prima di essere arruolati nello studio era di 2,44 foglie (circa 60mg). Abbiamo quindi deciso che la dose
di ciascuna capsula dovesse essere fissata a 25 mg e che ciascun paziente dovesse ricevere 2 capsule al giorno.”
(Johnson et al., 1985).
Lo scopo dello studio era quello di osservare se la preparazione portava ad una riduzione nel numero di attacchi.
Come è noto, il risultato fu positivo per cui da quel momento tutti gli studi clinici successivi non si sono più discostati
da questo dosaggio e modalità d’uso (prevenzione dell’emicrania). Nulla togliendo al merito dei ricercatori di
aver verificato l’uso empirico delle foglie di Partenio fatto da un gruppo di pazienti, tuttavia colpisce il fatto che
gli studi successivi non si siano mai preoccupati di compiere variazioni sul dosaggio e/o di testare l’efficacia del
Partenio in acuto. Questo soprattutto in quanto dosaggio e modalità d’uso non sono affatto in accordo con gli
usi storici, tradizionali e con l’uso empirico in fitoterapia (come illustrato precedentemente).
24
Ulteriori considerazioni sulla Droga (la parte di pianta da utilizzare)
e sui dosaggi riportati nelle monografie ufficiali e testi di riferimento
È interessante osservare come, al contrario di molte altre piante officinali, nel caso del Partenio la parte di pianta
da utilizzare non sia univocamente definita nelle varie monografie ufficiali.
Ad esempio:
1. Le monografie ESCOP (2003) suggeriscono le parti aeree
2. La monografia dell’American Herbal Pharmacopoeia (2007) suggerisce le foglie o la parte aerea intera,
tuttavia suggerendo un elevato contenuto di foglie piuttosto che di fiori
3. Il British Herbal Compendium (1992) le parti aeree o solo le foglie
4. La monografia dell’OMS le foglie o la parte aerea
5. La Farmacopea Francese: parti aeree
&TTFOUJBM(VJEFUP)FSCBM4BGFUZ
le foglie.
Ovviamente, la scelta della parte da utilizzare che indicano le monografie è stata fortemente influenzata dalla
scelta di quei pazienti Londinesi citati precedentemente.
Sinteticamente le indicazioni ed il dosaggio del Partenio riportate nelle monografie ufficiali sono: profilassi
dell’emicrania a 50-120 mg di polvere o preparati equivalenti (ESCOP 2003).
25
Estratti di Partenio ottenuti da droghe ricche
di fiori: nuove prospettive di attività e di spettro
d’azione
Complessivamente da questa analisi risulta che una sommità fiorita tagliata alta, ovvero molto ricca di fiori,
certamente porta ad una droga con un titolo più elevato di partenolide. Inoltre da quanto discusso sugli usi storico/
tradizionali si osserva che il fiore era spesso la parte prescelta ed abbiamo visto precedentemente come il profilo
sia dei flavonoidi che verosimilmente dei sesquiterpenlattoni sia differente nei fiori rispetto alle foglie. Da queste
premesse è quindi ragionevole attendersi che un estratto ottenuto da una droga ricca di fiori possa mostrare un
profilo di attività diverso da estratti più tradizionali ottenuti da foglie o da parti aeree/sommità generiche.
In alcuni studi farmacologici in vivo che miravano a valutare l’efficacia di estratti di piante su vari modelli di dolore
JOBDVUP(IFMBSEJOJFUBM'SBODJPMJOJFUBM
ÍTUBUPJOFGGFUUJQPTTJCJMFEJNPTUSBSFDPODIJBSF[[BMB
differenza di attività tra estratti ottenuti da diverse droghe di Partenio. In particolare, gli estratti liofilizzati ottenuti
con definite metodologie estrattive, da una droga selezionata particolarmente ricca di fiori, mostrano uno spettro
ed un’intensità di attività decisamente superiore ad altri estratti ottenuti da droghe a base di foglie o parti
aeree povere di fiori. Inoltre si è anche osservato che tale attività non necessariamente correla in tutti i modelli
con la concentrazione di partenolide, da cui si deduce che l’elevata attività dei fiori dipende non solo dal più
elevato titolo di partenolide, ma anche dal suo particolare profilo fitochimico come accennato poco sopra.
È importante anche sottolineare che gli studi sopra citati sono stati condotti a dosaggi equivalenti molto simili a
quelli tradizionali (circa 2g/die di droga nell’uomo) ovvero all’uso del Partenio in acuto nell’uomo.
Di seguito sintetizziamo brevemente alcuni dei risultati ottenuti.
1. Estratti ottenuti dai fiori o da sommità fiorite molto ricche di fiori sono risultati in quasi tutti i modelli di
dolore (infiammatorio, viscerale, nocicettivo etc.) più attivi di estratti ottenuti dalle foglie o sommità povere
di fiori: da 3 a 30 volte.
2. In un modello di attacco Emicranico gli estratti ottenuti dai fiori sono risultati, in acuto, 3 volte più attivi di
quelli ottenuti dalle foglie.
3. Mentre il titolo degli estratti in partenolide correla bene con l’attività nel caso del dolore emicranico, esso
non è sufficiente a spiegare la notevole differenza di attività di fiori e foglie.
4. Anche le differenze nel titolo totale di flavonoidi da solo non è sufficiente per spiegare la differenza di
attività di fiori e foglie.
5. Dai due punti precedenti si deduce che la differenza di attività tra estratti ottenuti da sommità ricche di
fiori, da foglie etc. dipende dallo specifico differente fitocomplesso.
26
*MQBSUFOPMJEFUFTUBUPEBTPMPÍDJSDBBQBSJUÆEJDPODFOUSB[JPOFWPMUFNFOPBUUJWPEFMMFTUSBUUPPUUFOVUP
da sommità ricche di fiori. Quindi nel fitocomplesso sono presenti importanti fenomeni di sinergia.
7. L’estratto di Partenio ottenuto da sommità ricche di fiori non mostra essere gastrolesivo in un test standard
di gastrolesività.
Partenio e gastrolesività
Test farmacologici nell’animale mostrano che il Partenio e maggiormente il partenolide sono in grado di ridurre
i danni alla mucosa gastrica indotta da FANS. Gli autori osservano che tale effetto protettivo potrebbe essere
dovuto ad uno stimolo della secrezione di mucina (inibita da FANS) (Stargrove et al., 2008). Come citato sopra
altri test farmacologici (Ghelardini et a., 2009) hanno ulteriormente verificato la non gastrolesività dell’estratto
di Partenio in oggetto.
Ricordiamo che la gastrolesività dovuta a FANS è uno dei maggiori problemi del loro uso cronico.
27
28
Conclusioni sull’uso del Partenio
La nostra breve discussione sul Partenio pensiamo abbia messo ben in luce come si tratti di una pianta che
certamente merita importanti approfondimenti.
Il suo fitocomplesso è ricco di sostanze di grande interesse, tuttavia presenta una “instabilità” non frequente in
altre piante medicinali. Questo richiede un attento controllo sia delle procedure di coltivazione che di successiva
processazione al fine di “stabilizzare” il fitocomplesso. Sicuramente studi fitochimici e farmacologici futuri
porteranno a scoprire sue nuove caratteristiche e potenzialità.
Oggi ci interessa rilevare come gli usi tradizionali ed empirici moderni non siano esattamente in accordo con
gli attuali studi clinici. Questa è una situazione piuttosto inusuale in quanto di norma lo studio clinico viene o
dovrebbe essere disegnato dopo aver valutato attentamente quelli che sono gli usi comuni della pianta. Il risultato
è che troviamo nelle monografie ufficiali l’indicazione d’uso del Partenio nella profilassi dell’emicrania a dosaggi
bassissimi rispetto a quelli tradizionali.
Gli studi farmacologici citati, invece, illustrano un’attività della pianta in vari modelli di dolore acuto a dosaggi
comparabili a quelli tradizionali. Questo significa che probabilmente sarebbe opportuno testare clinicamente
nell’uomo il Partenio non come preventivo ma “al bisogno”. Sarebbe certamente di grande interesse testarlo almeno
nella dismenorrea ed in alcune forme di cefalea studiando opportunamente i criteri di inclusione ed esclusione al
fine di selezionare quelle condizioni che possono avere reale beneficio da questa pianta alla quale ovviamente
non si desidera assegnare comunque l’aspettativa di un farmaco. Anche i dolori articolari meriterebbero appositi
approfondimenti visto che rientrano sia negli usi tradizionali che empirici moderni.
In ultimo dagli stessi studi farmacologici si deduce che sebbene il partenolide sia un importante marker di qualità,
oltre che principio attivo, da solo non è in grado di descrivere e giustificare l’attività del fitocomplesso. Infatti, a
parità di titolo di partenolide, ricordiamo che estratti ottenuti da droghe ricche di fiori sono notevolmente più attivi
di estratti ottenuti da “normali” sommità.
29
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Appendice
Differenti Droghe di Partenio
Sommità fiorite di Partenio standard
Sommità fiorite ricche di fiori di Partenio
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