1) Borgatti_imp_OK 20-04-2009 9:43 Pagina 9 ❚ Oncologia Un legame che va oltre l’amicizia: cane, uomo ed oncologia comparata RIASSUNTO Il termine “oncologia comparata” fa riferimento ad una disciplina che oggi integra lo studio dei tumori spontanei insorgenti negli animali da compagnia con quelli umani e solo in parte con quelli indotti negli animali di laboratorio.Va infatti ricordato che, a differenza dei tumori indotti artificialmente nei roditori di laboratorio il cui sviluppo “istantaneo” non riflette la patogenesi per lo più a lungo termine delle patologie neoplastiche umane, i tumori spontanei del cane e dell’uomo sono accomunati da numerosi fattori tra cui caratteristiche genetiche e istopatologiche, comportamento biologico, target molecolari e risposta a trattamenti antineoplastici standard. Queste similitudini, congiuntamente all’elevato numero di soggetti canini che si ammalano di cancro ogni anno, suggeriscono che lo studio del cane come modello per l’uomo offre un’opportunità straordinaria per migliorare la nostra conoscenza della biologia tumorale in entrambe le specie. Inoltre, gli studi clinici e preclinici condotti nel cane offrono il vantaggio di identificare gli approcci terapeutici più promettenti e meritevoli di ulteriori sperimentazioni oltre che di individuare le patologie neoplastiche con la più alta probabilità di rispondere favorevolmente a tali trattamenti. Lo scopo di questo lavoro è di presentare al lettore il concetto di “oncologia comparata”, il suo significato e le sue implicazioni per il futuro della ricerca oncologica. Antonella Borgatti Dr. Med.Vet., MS, DACVIM (Oncologia), DECVIM-CA Assistant Clinical Professor of Oncology, Department of Veterinary Clinical Sciences, Veterinary Medical Center, University of Minnesota, College of Veterinary Medicine, St. Paul, MN Paolo Buracco Dr. Med.Vet., DECVS, Professore Ordinario di Clinica Chirurgica Veterinaria, Dipartimento di Patologia Animale, Facoltà di Medicina Veterinaria, Università degli Studi di Torino, Grugliasco,Torino L’impressione è che il progresso verso la scoperta di cure contro il cancro sia stato finora inesorabilmente lento a causa della mancanza di modelli animali adeguatamente rappresentativi dei tumori che colpiscono l’uomo. Un’altra possibilità sta nel fatto che il problema reale non sia negli animali di laboratorio “per sé”, bensì nell’uso che si fa degli stessi in una disperata ricerca di informazioni che, semplicemente, non possiamo ottenere. Gli animali di laboratorio frequentemente utilizzati sono spesso sottoposti allo sviluppo di “tumori istantanei” attraverso l’inoculazione di cellule tumorali o la somministrazione di sostanze carcinogeniche in dosi decisamente superiori a quelle riscontrabili in condizioni naturali. Ne consegue lo sviluppo di un tumore che non riflette in maniera accurata le caratteristiche della condizione neoplastica umana il cui progresso formativo spesso richiede decine di anni. Sebbene gli esperimenti che coinvolgono i roditori siano appropriati per trovare risposta ad alcune domande accuratamente selezionate, per altre spesso emerge la necessità di ricorrere ad approcci completamente diversi. I tumori spontanei riscontrati negli animali da compagnia, quali il cane, offrono l’opportunità esclusiva di studiare i meccanismi implicati nello sviluppo dei tumori umani in modo meno artificiale1. Il termine “oncologia comparata” fa riferimento ad una disciplina che integra lo studio dei tumori spontanei insorgenti negli animali da compagnia con l’approfondimento di nozioni di biologia e terapia oncologica umana2. La professione veterinaria offre un vantaggio fondamentale, ossia quello di contribuire al successo di terapie antitumorali attraverso lo studio di animali da compagnia come modelli per l’uomo, in modo tale che i progressi raggiunti in oncologia comparata conducano ad una serie di scoperte grazie alle quali sia i pazienti a quattro zampe sia quelli umani possano in ultimo trarne profitto. PERCHÉ FIDO? Nonostante animali quali gatto, cavallo e furetto sviluppino tumori di possibile interesse comparato, maggiore attenzione è stata recentemente rivolta al cane, sia sul piano scientifico sia clinico3,4. Questo si spiega in parte per le numerose similitudini anatomiche e fisiopatologiche che caratterizzano le due specie, in parte per il fatto che il cane è stato a lungo oggetto di notevole interesse nel campo della ricerca biomedica e di sviluppo farmacologico. Negli Stati Uniti si stima che l’incidenza di tumori canini corrisponda a 381 casi/100.000 soggetti e che più di un milione di amici canini si ammalino di cancro ogni anno con un tasso di mortalità equivalente al 45% per cani di età superiore o uguale ai 10 anni e al 23% per i soggetti di tutte le età. Anche per questo l’attenzione di molti ricercatori “Articolo ricevuto dal Comitato di Redazione il 03/02/2009 ed accettato per la pubblicazione dopo revisione il 05/03/2009”. Veterinaria, Anno 23, n. 2, Aprile 2009 9 1) Borgatti_imp_OK 20-04-2009 9:43 Pagina 10 ❚ Oncologia si è rivolta al cane piuttosto che ad altre specie animali5-9. Anche in Italia l’incidenza di tumori maligni nel cane è significativa. Secondo uno studio condotto da Merlo e collaboratori in base ai dati raccolti dall’Animal Tumor Registry (ATR) di Genova tra il 1985 ed il 2002, si stima una incidenza tumorale equivalente a 99,3/100.000 (95% CI: 93,6-105,1) cani maschi e a 272,1 (95% CI 182,2-201,4) femmine all’anno10. Un registro di popolazione di tumori canini è stato anche attivato nella provincia di Torino nel 2001 e in base ai dati corrispondenti al periodo di registrazione 2001-2007, l’incidenza grezza di tumori maligni per tutte le sedi è stata di 686,1 casi/100.000 soggetti, con valori doppi per le femmine rispetto ai maschi (945,0 nelle femmine e 470,0 nei maschi)11. In Italia, così come in alcuni paesi europei, la preponderanza di tumori mammari è spiegabile dalla maggiore incidenza di tumori nei soggetti di sesso femminile rispetto ai maschi. Al contrario, i tumori mammari hanno una incidenza bassa negli Stati Uniti dove le pratiche di sterilizzazione precoce e preventiva sono considerate routine. Il completamento delle sequenze genomiche nell’uomo e nel cane12,13, insieme con la distribuzione al pubblico nel 2005 di una sequenza equivalente al 99% del genoma canino (2,5 bilioni di coppie di basi) identificata dal “Canine Genome Project”14, hanno confermato l’alto livello di similarità tra i due genomi, implicando il fatto che il completamento degli studi genomici comparati tra l’uomo ed il suo migliore amico possa migliorare considerevolmente la nostra conoscenza delle condizioni patologiche conservate dal punto di vista evolutivo in entrambe le specie15. Studi di “interrogazione” di sequenze genomiche hanno dimostrato l’esistenza di un corrispondente all’interno della sequenza genomica umana per oltre 19.000 geni canini16. L’importanza di aberrazioni citogenetiche nell’ambito delle patologie linfoproliferative umane (linfomi e forme leucemiche) è stata riconosciuta più di 40 anni fa. Nonostante ciò, i meccanismi di riorganizzazione genomica non sono stati ancora completamente elucidati. Il perfezionamento delle tecniche citogenetiche molecolari come l’ibridazione in situ in fluorescenza (FISH) ha permesso di “interrogare” cellule tumorali su una moltitudine di modificiazioni genetiche ed aberrazioni cromosomiche. Grazie a tali progressi tecnologici, studi condotti da Breen e Modiano hanno svelato anomalie citogenetiche associate ai tumori ematopoietici spontanei conservate dal punto di vista evolutivo anche nel cane. Questo ha favorito l’ipotesi dell’esistenza di una patogenesi tumorale comune nel cane e nell’uomo strettamente correlata a cambiamenti citogenetici che si sono mantenuti durante il periodo evolutivo in tumori insorgenti in entrambe le specie15. Breen e collaboratori han- 10 Un legame che va oltre l’amicizia: cane, uomo ed oncologia comparata no inoltre dimostrato similarità di rilievo tra aberrazioni citogenetiche associate con il linfoma Non-Hodgkin del cane e quello dell’uomo tramite l’elaborazione di una mappa cariotipica8,17. Gli stessi autori hanno anche segnalato profili genetici simili in altre patologie neoplastiche riscontrate in entrambe le specie, quali i gliomi e i sarcomi dei tessuti molli18. Analogamente ad altre condizioni patologiche frequentemente riscontrate in soggetti di età avanzata, l’incidenza dei tumori nel cane è aumentata in modo significativo negli ultimi anni. Questo si potrebbe spiegare con una crescita vera e propria del numero di tumori o di popolazioni canine a rischio, oppure semplicemente con la crescente volontà dei proprietari di procedere a diagnosi e trattamento della patologia che ha colpito il loro animale. Il progresso ottenuto dal punto di vista nutrizionale, il perfezionamento di piani vaccinali contro le malattie infettive più comuni, la maggiore disponibiltà di opzioni terapeutiche sono tutti fattori che hanno contribuito alla crescente longevità negli animali da compagnia e, di conseguenza, all’insorgenza di malattie prevalentemente geriatriche, compresi i vari tipi di cancro4.Analogamente, il miglioramento di piani sanitari e la crescente disponibilità di farmaci ha aumentato anche nell’uomo la durata media della vita in confronto a quella dei nostri antenati, i quali spesso non vivevano sufficientemente a lungo per sviluppare tumori geriatrici. Sono numerosissime le caratteristiche che rendono il cane un soggetto particolarmente attraente e desiderabile nel campo della ricerca oncologica. Oltre alle similarità genomiche precedentemente accennate, i tumori riscontrati in questa specie sono spontanei e si sviluppano nel contesto di un sistema immunitario intatto dove il tumore, il soggetto portatore ed il microambiente sono in perfetta sinergia, una situazione che rispecchia quella umana. Inoltre il cane e l’uomo hanno in comune molti fattori che contribuiscono alla formazione e alla crescita tumorale quali età, stato nutrizionale, sesso, stato riproduttivo ed esposizione a fattori di rischio, compresi quelli ambientali7,19-22. Uno tra i tanti motivi per cui lo studio dell’oncologia canina può fornire un importante contributo alla ricerca scientifica nel campo dell’oncologia umana sta nel fatto che molte patologie neoplastiche che colpiscono il cane affliggono anche l’uomo. Tra queste è importante ricordare tumori quali l’osteosarcoma, il melanoma, il linfoma nonHodgkin’s, le forme leucemiche, i tumori prostatici, i carcinomi mammari, polmonari, cervicali, della testa, della vescica urinaria e i sarcomi dei tessuti molli. Notevole importanza è anche rivestita dalle alterazioni genetiche molecolari che conducono alla formazione di patologie neoplastiche sia nel cane sia nell’uomo. Per esempio, le stesse mutazioni del ge- 1) Borgatti_imp_OK 20-04-2009 9:43 Pagina 11 ❚ Oncologia ne di soppressione tumorale p53 identificate nei tumori del seno, sarcomi e linfomi dell’uomo sono state riscontrate anche nelle controparti canine2325 . È però anche interessante segnalare come, in alcuni casi, la stessa mutazione genetica conduca all’insorgenza di un tumore completamente diverso in specie diverse. Questo implica la possibilità che gli avanzamenti raggiunti attraverso lo studio di un particolare tumore canino possano fornire informazioni importanti per la diagnosi ed il trattamento di un tumore di natura completamente diversa nell’uomo e viceversa. Un esempio interessante è fornito dalle mutazioni di KIT, un recettore tirosinchinasico che è stato identificato sia nei tumori mastocellulari del cane sia in quelli stromali, gastrointestinali (GIST) dell’uomo. Essendo l’incidenza dei tumori mastocellulari canini molto alta, sono numerosissime le opportunità di sviluppo di strategie terapeutiche innovative, come l’uso di inibitori di KIT (o di altri recettori tirosin-chinasici), per il loro trattamento nel cane. Ne consegue pertanto che anche patologie tumorali umane come i GIST che esprimono tale recettore possano beneficiare dei progressi raggiunti in terapia tramite lo studio del mastocitoma canino26-30. La eterogeneità citologica e istologica, così come anche la vasta complessità biologica che caratterizza i tumori canini, conferiscono loro le stesse proprietà maligne dei tumori che colpiscono l’uomo.Tra queste è importante ricordare la capacità di sviluppare resistenza contro i trattamenti chemioterapici e quella di recidivare e/o metastatizzare dopo il trattamento. Le stesse similitudini biologiche stanno anche alla base delle analoghe risposte ai trattamenti tumorali. Un esempio caratteristico è che gli stessi farmaci chemioterapici utilizzati per il trattamento del linfoma NonHodgkin nel cane, quali ciclofosfamide, vincristina, doxorubicina e prednisone, sono parte integrante anche dei regimi chemioterapici regolarmente utilizzati per il trattamento della stessa patologia nell’uomo, mentre farmaci come cisplatino o gemcitabina si sono dimostrati ugualmente inefficaci contro il linfoma Non-Hodgkin sia dell’uomo sia del cane2,7. TRARRE VANTAGGIO DAL CANE PER RAGGIUNGERE NUOVI TRAGUARDI NEL TRATTAMENTO ANTITUMORALE L’interesse di molti proprietari di animali da compagnia nei confronti sia dei trattamenti antitumorali tradizionali quali chirurgia, radioterapia e chemioterapia, sia di trattamenti in fase di progettazione clinica sperimentale è in continua crescita18. Non soltanto tali progetti clinici (o pre-clinici) forniscono la possibilità di usufruire di risorse alternative quando i metodi convenzionali sono ineffi- caci o non coincidono con le aspettative dei proprietari, ma permettono anche di identificare i trattamenti più promettenti fornendo le necessarie fondamenta per la loro introduzione nell’ambito della ricerca in campo oncologico umano. È importante anche notare che i soggetti canini consentono di valutare opzioni terapeutiche sperimentali in popolazioni affette da tumori in stadi meno avanzati rispetto l’uomo; quest’ultimo, infatti, è coinvolto in studi clinici antitumorali sperimentali solo nelle fasi terminali della sua malattia. Sebbene i tempi di formazione tumorale nel cane siano più lunghi rispetto ad altri modelli animali quali i roditori, questi sono in realtà brevi se confrontati con quelli che intercorrono nell’uomo. Questo è dovuto alla durata inferiore del suo ciclo vitale rispetto all’uomo. Pertanto, la brevità di sviluppo neoplastico, insieme con la rapida progressione tumorale riscontrate nella specie canina, permettono sia il completamento di studi di ricerca riguardanti il processo metastatico sia l’acquisizione dei dati di sopravvivenza in tempi molto più rapidi rispetto agli analoghi studi clinici condotti nell’uomo. Quindi, mentre 6-18 mesi sono generalmente sufficienti per il completamento di uno studio clinico riguardante nuovi farmaci sperimentali nel cane, molti anni sono necessari per la conclusione di una ricerca sperimentale in oncologia umana. Ne consegue anche una riduzione dei costi rispetto agli studi clinici condotti nell’uomo. Attualmente, l’interesse di molti ricercatori non si limita alla individuazione e ottimizzazione di metodologie terapeutiche ma si estende anche alla formulazione di strategie preventive. Quello che ad esempio i cardiologi sostengono da tempo, ossia il fatto che la prevenzione delle patologie cardiache tramite cambiamenti dietetici o modificazioni dello stile di vita sia in grado di salvare la vita a milioni di persone è, sorprendentemente, un concetto relativamente nuovo anche nel campo dell’oncologia. Infatti, nonostante il termine “chemioprevenzione” sia stato coniato più di 30 anni fa, il primo incontro ufficiale per discutere di strategie preventive in oncologia è stato organizzato solo nel 20021. Il cane offre la possibilità di valutare l’effetto di sostanze a potenziale azione preventiva, quali ad esempio i prodotti anti-ossidanti di cui ancora non si conosce il dosaggio più opportuno, anche se presenti sul mercato da più tempo. Contrariamente ad ogni aspettativa, è stato ad esempio dimostrato in due diversi studi relativi all’utilizzo del beta-carotene nell’uomo che la sua assunzione ad alte dosi è associata ad una più elevata incidenza di cancro al polmone rispetto ai soggetti di controllo e a quelli trattati con prodotti placebo31,32. Waters e collaboratori, nei loro studi, hanno valutato la capacità del selenio di ridurre nel cane i danni genetici all’interno della ghiandola prostatica33. Tale protezione, effettivamente presente in quei soggetti che avevano assunto una dose media Veterinaria, Anno 23, n. 2, Aprile 2009 11 1) Borgatti_imp_OK 20-04-2009 9:43 Pagina 12 ❚ Oncologia di selenio, si era al contrario rivelata nulla in quelli trattati sia con alte sia con basse dosi dello stesso prodotto. I risultati di questi studi, nel loro complesso, sottolineano pertanto che l’impiego di un dosaggio incorretto di una sostanza apparentemente innocua può non solo rivelarsi inefficace ma può anche avere effetti contrari a quelli desiderati. Un altro vantaggio offerto dal modello canino sta nel suo ruolo di “sentinella” relativamente all’esposizione comune all’uomo a sostanze carcinogeniche e fattori ambientali. Se questi promotori oncogenetici sono effettivamente destinati a provocare l’insorgenza di certi tipi di tumore, tale evento si verificherà prima nel cane (in virtù del suo ciclo biologico più breve) che nell’uomo. Si pensi ad esempio all’amianto, notoriamente associato all’insorgenza di mesotelioma in persone la cui esposizione si era verificata più di 30 anni prima della diagnosi del tumore. Nel cane, al contrario, si stima che il periodo di tempo compreso tra l’esposizione iniziale all’amianto e lo sviluppo del mesotelioma sia approssimativamente di 8 anni1. Il maggiore ostacolo all’utilizzo degli animali da compagnia come modelli di studio comparato è rappresentato dalla relativa mancanza di strumenti di ricerca specie-specifici (reagenti, anticorpi monoclonali ad uso diagnostico, sperimentale o terapeutico, citochine, etc.).Va comunque sottolineato che queste difficoltà sono progressivamente superabili grazie all’incalzante sviluppo delle tecnologie biomolecolari. mio-resistenza, abbia potenziali risvolti prognostici negativi. Altri fattori prognostici valutati nel cane sono gli indici di proliferazione tumorale, quali il tempo potenziale di raddoppiamento tumorale (Tpot), la frequenza di regioni argirofiliche di organizzazione nucleolare (AgNOR) e gli antigeni di proliferazione nucleare (PCNA-LI)39. Valori di Tpot compresi tra 0,84 e 28,05 giorni (media di 3,3 giorni) per il NHL canino sono simili a quelli riportati per il NHL dell’uomo. Analogamente, le frequenze di PCNA-LI e AgNOR calcolate per il NHL canino sono paragonabili a quelle identificate nei NHL umani di grado intermedio od alto40-46. Queste similitudini non solo implicano la possibile applicazione delle classificazioni istologiche elaborate per i tumori umani al cane, ma servono anche a convalidare il cane come modello per progetti di studio rigurdanti i NHL di grado intermedio ed alto. In tale ambito sono molti gli studi che enfatizzano il valore del modello-cane per ricerche di carattere comparativo: quelli ad esempio sulle tecniche di trapianto di midollo osseo autologo47,48 o quelli finalizzati a massimizzare l’ “intensità di dose” tramite il disegno di nuovi protocolli terapeutici con farmaci di uso comune; quelli di prevenzione od inibizione della farmaco-resistenza, quelli pre-clinici relativi a farmaci sperimentali o incorporati in veicoli liposomici e, infine, quelli concernenti approcci innovativi quali l’immunoterapia49 e la chemioterapia metronomica50. Sarcomi dei tessuti molli TUMORI DEL CANE DI INTERESSE COMPARATO Linfoma non-Hodgkin Il linfoma Non-Hodgkin (NHL) del cane è di frequente riscontro rappresentando il 7-24% di tutte le neoplasie e l’83% delle patologie neoplastiche ematopoietiche. L’incidenza annuale nel cane è stimata essere pari a 25 casi/100.00034,35. Nell’uomo, il NHL costituisce il 3-4% di tutte le neoplasie ed è la sesta patologia neoplastica più frequentemente associata a mortalità oncologica. Il tasso di sopravvivenza a 5 anni dei pazienti trattati con chemioterapia varia tra il 50 e il 60%36. Il NHL del cane è classificato in base alla National Cancer Institute Working Formulation ed è generalmente equiparabile al NHL di grado intermedio od alto dell’uomo37,38. Approssimativamente il 7080% dei NHL del cane è di tipo B, il che è associato con una prognosi migliore rispetto ai linfomi-T. Tra i fattori prognostici negativi identificati nel cane è importante ricordare lo stadio avanzato di malattia, la sede anatomica, il sottostadio b (indice di sintomatologia clinica associata alla patologia tumorale), l’aneuploidia e l’ipercalcemia. Si presume anche che l’espressione della P-glicoproteina (P-gp), parte integrante del meccanismo di che- 12 Un legame che va oltre l’amicizia: cane, uomo ed oncologia comparata I sarcomi dei tessuti molli generalmente colpiscono cani di età media od avanzata, mentre nell’uomo si riscontrano più frequentemente in soggetti giovani. Le sedi anatomiche più spesso colpite sono invece comuni ad entrambe le specie: arti (61%), tronco (16%), spazio retroperitoneale (15%), ghiandole mammarie (3,5%), testa e collo (3,5%)49. Nel cane, come nell’uomo, il trattamento dei sarcomi dei tessuti molli prevede la chirurgia aggressiva associata o meno a radioterapia e/o chemioterapia adiuvanti o neoadiuvanti. Negli ultimi anni, il cane ha costituito un ottimo modello per la conduzione di progetti di ricerca di controllo tumorale locale. In tale ambito si pongono gli studi di combinazione della radioterapia convenzionale con l’ipertermia sperimentale51, di manipolazione farmacologica dell’ipertermia tramite sostanze vasoattive (nitroprusside, idralazina)52,53, di utilizzo di impianti contenenti farmaci chemioterapici a lento rilascio54, di elettrochemioterapia55,56 e di terapia genica57. Osteosarcoma L’osteosarcoma appendicolare è una patologia neoplastica più rara nell’uomo che nel cane. Nonostante ciò, riveste importanza fondamentale in 1) Borgatti_imp_OK 20-04-2009 9:43 Pagina 13 ❚ Oncologia oncologia umana in quanto: (1) si tratta di una malattia pediatrica che colpisce prevalentemente soggetti di età media di 14 anni e (2) è associato ad un tasso di sopravvivenza a 5 anni post-diagnosi del 60%. L’osteosarcoma canino ha in comune diversi fattori con la controparte umana, quali sede di localizzazione (prevalentemente appendicolare), potenziale metastatico e sedi di sviluppo secondario (polmoni, ossa, tessuti molli, in ordine decrescente); predilige inoltre soggetti pesanti e, nel cane, le razze di taglia grande o gigante. In molti casi, l’amputazione dell’arto colpito rimane una procedura necessaria anche se diverse tecniche di salvataggio (“limb-sparing”) sono state via via perfezionate anche grazie all’utilizzazione del cane come modello per l’uomo. Tali tecniche di limb-sparing sono nell’uomo correntemente utilizzate, quando possibile, in pazienti pediatrici e adulti58,59. Il cane è stato anche utilizzato come modello per gli studi di inoculazione intra-arteriosa di farmaci chemioterapici. Tale approccio si è dimostrato in grado di convertire un tumore inoperabile in uno accessibile ad approccio chirurgico7,60-63. Per via dell’alto indice metastatico che caratterizza questo tumore, la chemioterapia è tuttora parte integrante del piano terapeutico standard, sia nel cane sia nell’uomo. In entrambe le specie i trattamenti tradizionali esitano in una sopravvivenza media libera da malattia corrispondente a meno del 10% della vita naturale del soggetto (5 anni nell’uomo e 11 mesi nel cane). Un approccio immunoterapico non-specifico consistente nella somministrazione di un agente immunostimolante, attivatore monocitico e macrofagico detto Lmuramyl tripeptide-phosphatidylethanolamine (LMTP-PE), è stato oggetto di studio nei roditori, nel cane e nell’uomo. In ciascuna di queste specie, LMTP-PE si è dimostrato in grado di attivare meccanismi tumoricidi che sono esitati nella completa regressione di lesioni polmonari metastatiche nei modelli roditori e nel prolungamento della durata della vita sia nel cane sia nell’uomo. Ulteriori studi sono necessari per definire il ruolo del L-MTPPE nel trattamento di questo tumore. Dati preclinici e studi di fase 2 in umana suggeriscono la promettente attività antitumorale degli inibitori di mTOR, una classe di farmaci derivati dalla rapamicina in grado di bloccare la crescita cellulare tumorale in fase G1 attraverso l’inibizione di mTOR64. Correntemente, tali inibitori sono parte integrante di studi clinici sperimentali in oncologia veterinaria. In futuro, infine, è anche auspicabile, sia nel cane sia nell’uomo, la realizzazione di trials clinici basati sull’uso di inibitori di met. Emangiosarcoma L’emangiosarcoma è un tumore ad elevata malignità comunemente riscontrato nel cane. La milza rappresenta la sede anatomica più frequentemente coinvolta. Nell’uomo, gli angiosarcomi di origine viscerale sono relativamente rari; sono caratterizzati da prognosi infausta, con un tasso di sopravvivenza a 2 anni post-diagnosi di solo il 15%65. In media, i cani colpiti da questa patologia e trattati solo chirugicamente purtroppo non sopravvivono oltre i 3 mesi a causa dell’inevitabile sviluppo di lesioni metastatiche, particolarmente a livello di polmoni e fegato. Il trattamento chemioterapico adiuvante post-operatorio ha migliorato, ma non di molto, la sopravvivenza media dei soggetti trattati estendendola a 145-180 giorni66,67. Risultati promettenti sono stati ottenuti dallo studio clinico randomizzato condotto nel cane basato sull’uso adiuvante della chemioterapia standard (doxorubicina e ciclofosfamide) in associazione a L-MTP-PE incorporato in un veicolo liposomico vs. liposomi placebo (non contententi cioè l’agente immunostimolante). In questo studio, congiuntamente ad un effetto antimetastatico, si sono rilevati livelli superiori di TNF (fattore di necrosi tumorale) e di IL-6 (interleuchina-6) nei cani trattati con L-MTP-PE rispetto a quelli riceventi solo il prodotto placebo68. Alla luce dell’alto potenziale metastatico di questo tumore e della sua origine vascolare, ulteriori studi finalizzati ad investigare nuove strategie antimetastatiche e soprattutto anti-angiogeniche sono indispensabili per ridurre l’alto livello di mortalità rilevato sia nel cane sia nell’uomo. Carcinoma mammario Il carcinoma mammario rappresenta approssimativamente il 30% di tutte le neoplasie umane ed è il tumore più frequentemente riscontrato nelle donne residenti nell’America del Nord. In Europa, il tumore al seno rappresenta il 22% dei tumori maligni femminili. In Italia sono colpite circa 30.000 donne ed il tasso di mortalità corrisponde a circa un terzo.Anche nel cane, i tumori mammari sono di frequente riscontro ma negli USA ed in certi paesi europei l’incidenza è notevolmente più bassa in virtù della sterilizzazione precoce. Nonostante l’eziologia del carcinoma mammario non sia stata ancora completamente elucidata, in oncologia umana sono stati individuati alcuni fattori di rischio che, tra i tanti, comprendono mutazioni genetiche germinali (BRCA1, BRCA2, p53) e somatiche (c-myc, EGFR), obesità, stile di vita sedentario, fattori ormonali e numero di figli ed età al primo parto. Ricerche recenti hanno dimostrato una notevole similitudine tra la p53 canina e quella umana aprendo la porta a studi finalizzati all’identificazione di popolazioni umane e canine a rischio69. Tra i fattori prognostici negativi nella donna si segnala l’espressione dell’oncogene c-erbB-2, che appare associato con un fenotipo particolarmente Veterinaria, Anno 23, n. 2, Aprile 2009 13 1) Borgatti_imp_OK 20-04-2009 9:43 Pagina 14 ❚ Oncologia aggressivo della neoplasia. Ahern e collaboratori hanno dimostrato più di 10 anni fa che lo stesso oncogene è espresso anche nei tumori mammari canini, con una iperespressione pari al 74% (17 su 23) nelle neoplasie maligne esaminate ed allo 0% (0 su 5) in quelle benigne70. È anche importante notare che durante il processo di trasformazione tumorale la dipendenza ormonale tende progressivamente a ridursi fino a scomparire per via di una riduzione significativa del numero di recettori ormonali presenti nel tessuto canino affetto dalla patologia neoplastica rispetto al tessuto sano di origine71,72. In base a queste osservazioni è quindi logico pensare che i tumori mammari canini possano assumere un notevole valore comparativo per quel sottotipo di carcinomi mammari umani non ormonodipendenti. Il carcinoma mammario è una patologia frequentemente riscontrata anche nel gatto, soprattutto femmine intatte di età medio-avanzata. Più dell’80% dei tumori mammari felini è maligno (adenocarcinoma) e poco responsivo ai trattamenti convenzionali (chirurgia radicale e chemioterapia). Nel corso degli ultimi anni, il ruolo assunto da influenze ormonali e fattori di crescita nella patogenesi dei tumori mammari felini è stato progressivamente elucidato ed è noto che tali tumori esprimono recettori progestinici (PR) ma non estrogenici (ER)73-75. Questo implica che la loro crescita è progesterone-dipendente anche se poi, in fase di manifestazione clinica, le neoplasie diventano indifferenti alla rimozione dello stimolo ormonale (ovarioisterectomia o farmaci anti-progestinici). Analogamente ai tumori mammari canini ed umani, anche quelli felini rispondono a segnali trasmessi da membri della famiglia dei recettori del fattore di crescita epidermico (EGFR)76,77. Questo gruppo di recettori tirosin-chinasici, anche detto Erb-B, comprende, oltre a EGFR, HER2/c-neu (ErbB-2), anche HER3 (ErbB3) e HER4 (ErbB4). Ciascuno di questi recettori forma un complesso con il corrispondente ligando appartenente al gruppo EGF dei fattori di crescita extracellulari. La formazione del complesso ligando-recettore è seguita da dimerizzazione e fosforilazione della porzione intracellulare della tirosina chinasi il che, a sua volta, genera segnali intracellulari che risultano nella trascrizione di geni di proliferazione cellulare. Nel carcinoma mammario della donna sono stati identificati sottotipi istologici caratterizzati dall’iperespressione di EGFR o HER278-81 e, pertanto, potenzialmente responsivi sia ad approcci terapeutici (Iressa, Tarceva) in grado di inibire l’attività del recettore tirosin-chinasico sia all’uso di anticorpi monoclonali (Lapatanib, Trastuzumab) che agiscono dislocando il ligando ed inibendo la dimerizzazione e l’attivazione del recettore di interesse82,83. Nonostante questi approcci innovativi siano molto attraenti dal punto di vista terapeutico, la loro 14 Un legame che va oltre l’amicizia: cane, uomo ed oncologia comparata applicabilità in veterinaria è stata limitata dal loro costo estremamente elevato e, nel caso di farmaci quali Iressa e Tarceva, dalla loro possibile utilizzazione solo in quel gruppo di soggetti con carcinoma mammario positivo per le mutazioni di EGFR. Inoltre, gli anticorpi monoclonali (Lapatinib, Trastuzumab) sono altamente specifici per i recettori umani e hanno minima (se non nulla) affinità nei confronti della controparte felina. Allo stato attuale, quindi, il trattamento standard per i tumori mammari maligni del cane e del gatto consiste nella chirurgia associata o meno a chemioterapia adiuvante. Nonostante la risposta parziale ottenuta ad esempio a seguito dell’uso della doxorubicina, un approccio chemioterapico risolutamente efficace non è stato ancora individuato. Melanoma Il melanoma maligno è un tumore ad estrema aggressività essendo caratterizzato da un alto indice metastatico. Nel cane, le sedi preferenziali di sviluppo primario sono cavo orale, letto ungueale, cute ed occhio. Contrariamente al melanoma umano, la cui insorgenza è stata associata all’esposizione ai raggi solari, le cause eziologiche legate allo sviluppo del melanoma nel cane non sono state ancora completamente identificate. Quello che accomuna cane e uomo sono le caratteristiche biologiche di questa patologia neoplastica così come le similitudini concernenti le risposte ai trattamenti antitumorali standard (chirurgia, radioterapia, chemioterapia). La causa di decesso più frequentemente riportata nei cani trattati esclusivamente con terapie di natura locale, quali chirurgia e/o radioterapia, è lo sviluppo di metastasi (per lo più polmonari) approssimativamente 8-10 mesi dopo il completamento del trattamento. Solo il 25% dei soggetti canini affetti da melanoma maligno gode di una sopravvivenza superiore all’anno. Nei pazienti umani con melanoma in stadio avanzato, una risposta favorevole alla chemioterapia si riscontra solamente nell’8-28% dei soggetti ma, anche in questi casi, gli effetti benefici risultano pressoché trascurabili49.Anche per quanto riguarda il cane si è osservato che l’efficacia dei derivati del platino è del 28%, in analogia quindi a quanto riportato per l’uomo49. Ne consegue che il cane rappresenta un modello naturale molto promettente per lo sviluppo di strategie terapeutiche innovative traslabili in campo oncologico umano. Uno studio clinico precedentemente condotto in cani affetti dal melanoma maligno ha dimostrato l’effetto positivo della associazione chirurgia e Corynebacterium parvum rispetto alla sola chirurgia84. Un altro studio ha valutato l’efficacia del trattamento adiuvante a base di L-MTP-PE. Quest’ultimo si è rivelato utile nell’assicurare una sopravvivenza superiore ai 2 anni nell’80% dei soggetti in I 1) Borgatti_imp_OK 20-04-2009 9:43 Pagina 17 ❚ Oncologia stadio ma, sfortunatamente, non in quelli in fase più avanzata (II e III)85. Tra i vari agenti fino a questo momento valutati in campo sperimentale è infine opportuno ricordare il vaccino autologo86 e la terapia genica basata sulla combinazione di una citochina con un superantigene87. Gli studi effettuati inizialmente nel cane allo scopo di contribuire allo sviluppo di un vaccino anti-melanoma per uso umano hanno fornito dati importanti relativi al profilo di sicurezza del vaccino stesso e ne hanno reso possibile (giugno 2007) l’approvazione condizionata per il suo utilizzo nel cane. Tumori polmonari Negli Stati Uniti, il tumore al polmone rappresenta nell’uomo circa il 12-16% di tutti i tipi di cancro e la seconda patologia tumorale più frequentemente riscontrata con un’incidenza di circa 70 casi/100.000 soggetti all’anno88. Inoltre, si tratta della neoplasia di più frequente rilievo nel sesso maschile (17,6% di tutti i tumori a livello mondiale e 21% di tutti i nuovi casi di neoplasia in Europa)89. Nel 2003, negli Stati Uniti, si sono registrate 171.900 diagnosi di cancro polmonare e 157.200 decessi correlati ad esso90. Per quanto riguarda l’Italia, il tumore al polmone è stato definito dall’Organizzazione Mondiale della Sanità una malattia dalle proporzioni endemiche, con 896.000 nuovi casi riportati nel 1985, più di 1.000.000 nel 1990 e tale numero continua a crescere vertiginosamente. Il carcinoma polmonare rimane la prima causa di mortalità tumorale in soggetti di età superiore ai 35 anni ed il fumo è stato riconosciuto come il principale fattore di rischio per lo sviluppo di questa patologia91. La crescente incidenza del cancro al polmone e un tasso di sopravvivenza a 5 anni di meno del 15% sottolineano la gravità di questa malattia e la necessità di individuare trattamenti terapeutici di maggiore efficacia. Il carcinoma a piccole cellule è stato associato con la prognosi più infausta in quanto, anche se inizialmente responsivo ai trattamenti, esso non è poi controllabile nel lungo termine. Sebbene il cancro al polmone sia relativamente raro nella popolazione canina, le caratteristiche biologiche e le sedi di localizzazione metastatica sono paragonabili a quelle della controparte umana. Studi preliminari nel cane riguardanti l’utilizzazione di veicoli liposomici e della via inalatoria per il trattamento sia di tumori polmonari primari sia metastatici hanno fornito risultati molto incoraggianti, fornendo ulteriore convalida del valore del cane come modello di studio comparativo92,93. I risultati di tali studi hanno in ultimo giustificato l’inizio di studi di fase 1 anche nei pazienti umani92,94. Analogamente, ricerche cliniche di immunoterapia consistenti nella somministrazione di citochine per via inalatoria hanno permesso il completamento di studi sperimentali riguardanti lo stesso approccio terapeutico innovativo in soggetti umani affetti da metastasi polmonari93-97. Tumori del tratto uro-genitale Uno dei principali tumori uro-genitali di interesse comparativo è il carcinoma prostatico. Quest’ultimo rappresenta nell’uomo il 28,6% di tutte le neoplasie che colpiscono i soggetti di sesso maschile. La sua aggressività, evidente soprattutto nei pazienti in stadio avanzato di malattia, rende le opzioni terapeutiche disponibili (prostatectomia radicale, radioterapia, chemioterapia) di efficacia molto limitata49. La ghiandola prostatica del cane possiede caratteristiche anatomiche, topografiche e funzionali molto simili a quelle della controparte umana ed è stato proposto che la sua importanza non poggi tanto sulla sua possibile utilizzazione in studi clinici quanto piuttosto come possibile modello per la valutazione di differenti mezzi di veicolazione e rilascio di farmaci anti-tumorali49. Un altro tumore di notevole importanza comparativa è il cancro della vescica. Negli Stati Uniti si giunge alla diagnosi di carcinoma vescicale in oltre 54.000 pazienti umani per anno98. Nella nostra specie, l’80% di queste neoplasie è superficiale, di basso grado, e responsivo ai trattamenti. Il restante 20%, al contrario, è rappresentato da tumori ad alto grado, estremamente invasivi e con potenziale metastatico di circa 50%98. Più di 14.000 persone negli Stati Uniti soccombono al carcinoma vescicale a cellule transizionali invasivo a causa della sua chemioresistenza98. È interessante sottolineare come questo fenotipo umano sia molto simile a quello riscontrato nel cane, in termini sia di morfologia istologica sia di approccio terapeutico e risposta agli stessi. Glickman e collaboratori, in uno studio caso-controllo basato su 166 cani di razza Scottish terrier, hanno dimostrato un rischio di sviluppo di carcinoma transizionale significativamente più elevato nei soggetti esposti ad erbicidi rispetto a quelli di controllo (odds ratio [OR], 3,62; C.I. 95% 1,1711,19), sottolineando in tal modo il valore del cane come “sentinella ambientale” in grado di allertare l’uomo, che condivide lo stesso ambiente, sul potenziale rischio di sviluppare tale neoplasia in tempi successivi99. Recentemente l’attenzione dei ricercatori si è rivolta verso farmaci ad azione antinfiammatoria, quali i FANS. Tra questi è importante ricordare il Piroxicam (Feldene), a considerevole efficacia contro il carcinoma a cellule di transizione della vescica del cane100. Il Piroxicam è correntemente in fase di sperimentazione clinica in umana: l’obiettivo è determinare la sua possibile azione inibitoria nei confronti della progressione delle lesioni vescicali pre-cancerose a carcinoma invasivo potenzialmente letale101. Veterinaria, Anno 23, n. 2, Aprile 2009 17 1) Borgatti_imp_OK 20-04-2009 9:43 Pagina 18 ❚ Oncologia Tumori cerebrali I tumori cerebrali sono relativamente rari nell’uomo rappresentando solamente il 2% di tutte le neoplasie con 35.000 nuove diagnosi riportate annualmente negli Stati Uniti. Nel cane, l’incidenza è notevolmente superiore avvicinandosi a circa 3 volte quella dell’uomo49 offrendo, di conseguenza, un’ottima risorsa per la ricerca oncologica clinica. Di particolare interesse, sia nell’uomo sia nel cane, è la preponderanza fisiologica di cellule gliali rispetto a quelle neurali. Questo spiegherebbe, per entrambe le specie, l’alta incidenza di neoplasie di origine gliale. Studi pubblicati di recente hanno sostenuto la validità del modello-cane non solo per strategie terapeutiche quali la terapia genica (meningioma), ma anche per studi di diagnostica basati sull’impiego della risonanza magnetica o della tomografia ad emissione di positroni (PET)102,103. ALTRI ESEMPI DI APPROCCI SPERIMENTALI TERAPEUTICI INNOVATIVI Di recente si sono completati alcuni studi clinici relativi all’uso di mimetici della trombospondina 1 (TSP1), peptidi con proprietà antiangiogeniche, in cani colpiti da neoplasie spontanee varie104. Tra le regressioni tumorali oggettive osservate è importante segnalare il carcinoma mammario, altri carcinomi, i sarcomi dei tessuti molli, il linfoma cutaneo ed il NHL. I risultati di questi studi preliminari hanno permesso di individuare alcune patologie tumorali che potrebbero essere oggetto di studi di fase 2 basati sull’utilizzo degli stessi agenti nell’uomo85,105.Tali studi hanno anche fornito informazioni essenziali per il disegno del piano sperimentale in umana (determinazione del dosaggio del farmaco sperimentale e durata di somministrazione necessaria per produrre un effetto antitumorale visto che la massima regressione si è riscontrata dopo 60 giorni di somministrazione del peptide di interesse)104. È importante anche segnalare il primo studio clinico condotto con lo scopo di valutare l’efficacia ed il profilo tossicologico legati alla somministrazione per via orale nel cane di un indolinone inibitore tirosin-chinasico. I risultati hanno rilevato l’attività inibitoria di SU11654 nei confronti di vari recettori tirosin-chinasici, tra cui quello del fattore di crescita vascolare endoteliale (VEGFR), il recettore B del fattore di crescita derivato dalle piastrine (PDGFRB), KIT e FLT3.Tale attività inibitoria sta alla base delle potenti proprietà antitumorali ed angiogeniche che lo caratterizzano26,106. Questo rappresenta il primo studio di modulazione del target di riferimento evidenziata tramite una diretta associazione tra livello ematico del farmaco e risposta antitumorale26. 18 Un legame che va oltre l’amicizia: cane, uomo ed oncologia comparata SU11248, un agente simile a SU11654, ha recentemente ottenuto l’approvazione della “Food and Drug Administration” (FDA) per il trattamento dei tumori renali e dei GIST umani107. La traslazione di questa classe di agenti alla medicina umana è stata resa possibile grazie agli studi condotti nei cani affetti da mastocitoma. In questi studi, infatti, si sono chiariti aspetti di farmacocinetica e farmacodinamica, e di meccanismo di azione e profilo tossicologico di questo gruppo di sostanze107-112. Un’altra considerazione di rilievo consiste nel vantaggio offerto dal modello-cane per studiare nuovi agenti terapeutici adiuvanti dopo parziale asportazione del tumore o a seguito di altre forme di citoriduzione. In questo ambito si pongono il trattamento post-operatorio dell’osteosarcoma canino con L-MTP-PE o la vaccinazione contro il melanoma canino a cui si è fatto cenno in precedenza113. Studi sperimentali di questo tipo sono spesso inapplicabili al modello-roditore per via delle caratteristiche cinetiche di progressione tumorale che lo contraddistingue ed anche al modello-uomo. I pazienti umani, infatti, sono coinvolti negli studi clinici solo in stadi avanzati di malattia. Meritevole di menzione è una nuova strategia terapeutica di targeting vascolare basata sulla localizzazione tumorale del fattore-α di necrosi tumorale (TNFα). Tale localizzazione selettiva è permessa grazie all’espressione delle integrine αvβ5 e αvβ3 a livello delle cellule e dei vasi tumorali18. Studi precedentemente condotti nei roditori da laboratorio hanno validato la selettività del vettore e l’espressione di TNFα in vari tipi di tumore e nella loro specifica trama vascolare, ma l’ulteriore applicazione preclinica di questo approccio terapeutico non sarebbe stata possibile senza la conferma di tale localizzazione selettiva e minima tossicità in un modello animale di dimensioni superiori a quelle dei roditori. I risultati preliminari ottenuti nei cani portatori di tumori spontanei hanno dimostrato un solido profilo di sicurezza per l’agente di interesse. Inoltre, le biopsie di tessuto sano e tumorale ottenute in questi stessi soggetti hanno confermato la localizzazione tumorale specifica del TNFα e la sua assenza nei campioni tissutali non neoplastici18. Il numero di farmaci chemioterapici traslabili dall’oncologia umana a quella veterinaria continua ad aumentare. Allo stesso tempo, si continuano anche ad esplorare nuovi approcci relativi ad un differente utilizzo di tali farmaci i cui effetti benefici non si limitano esclusivamente alle loro proprietà citotossiche. Ne è un esempio la loro somministrazione intracavitaria114. o il loro uso come radiosensibilizzanti115. Un altro approccio emergente nel campo della ricerca oncologica umana e veterinaria è rappresentato dalla “chemioterapia metronomica”, termine coniato da Doug Hanahan e colleghi in un loro edi- 1) Borgatti_imp_OK 20-04-2009 9:43 Pagina 19 ❚ Oncologia toriale116 riguardante due studi preclinici condotti in roditori da laboratorio che avevano dimostrato l’efficacia di farmaci chemioterapici somministrati in basse dosi e per periodi di tempo protratti117,118. È interessante notare che gli stessi effetti benefici si sono osservati anche nei tumori dimostratisi farmaco-resistenti nei confronti degli stessi agenti somministrati in modo convenzionale119. Lo studio clinico che ha contribuito maggiormente al crescente interesse nei confronti della chemioterapia metronomica è quello che ha previsto la somministrazione orale giornaliera di una bassa dose di ciclofosfamide insieme con quella bisettimanale di metotrexate in 64 donne affette da tumore al seno avanzato e refrattario alla chemioterapia convenzionale. I risultati di questo studio hanno indicato una complessiva risposta al trattamento nel 32% dei casi di cui 2 risposte complete, 10 parziali e 12 stabilizzazioni per un periodo di tempo superiore o uguale a 6 mesi120,121. Esiti favorevoli sono stati anche ottenuti in altri tumori di interesse comparativo, quali il NHL122, l’angiosarcoma123,124, il melanoma125, i tumori prostatici126 ed i sarcomi dei tessuti molli127. In ambito veterinario, Lana e collaboratori hanno recentemente pubblicato i risultati di uno studio sugli effetti della somministrazione in modalità “metronomica” di ciclofosfamide, etoposide e piroxicam come trattamento adiuvante (dopo splenectomia) in 9 cani affetti da emangiosarcoma splenico128. Sia la sopravvivenza media che l’intervallo medio libero da malattia sono risultati pari a 178 giorni, in analogia dunque a quanto già precedentemente riportato nei cani trattati con chemioterapia convenzionale. Nonostante la tossicità legata al regime metronomico fosse minima, si è notata una estrema variabilità di farmacocinetica dell’etoposide somministrato per os., sottolineando pertanto la necessità di ulteriori studi finalizzati all’ottimizzazione di questa procedura di cura. IL MISTERO DELLA RESISTENZA ALLO SVILUPPO DI TUMORI IN ETÀ AVANZATA Il rischio legato allo sviluppo di molte forme tumorali aumenta proporzionalmente con l’età. Nell’uomo, più del 50% delle diagnosi di cancro è relativa ad individui di oltre 65 anni e dati proporzionali simili sono stati osservati anche nella popolazione canina. Ad esempio, i tumori testicolari canini sono molto rari in soggetti di età inferiore ai 6 anni129. È interessante notare che studi concernenti gruppi di centenari hanno rivelato che le persone di oltre 100 anni hanno una probabilità estremamente ridotta di soccombere a patologie tumorali rispetto agli individui di età compresa tra i 60 e gli 80 anni130. Waters e collaboratori hanno dimostrato una simile riduzione di mortalità tumorale in un gruppo di Rottweiler estremamente longevi (di oltre 13 anni)131. Queste osservazioni suggeriscono la possible esistenza di geni in grado di regolare lo sviluppo di forme di resistenza contro lo sviluppo di patologie neoplastiche e la preponderanza di tali geni nei soggetti particolarmente longevi. Nonostante il meccanismo che sta alla base di questa resistenza al cancro non sia ancora elucidato, è possibile che i soggetti di età estremamente avanzata abbiano una capacità superiore di riparare i danni al DNA oppure siano dotati di sistemi intrinseci di protezione nei confronti di tali danni. È anche possibile che questi soggetti sviluppino foci di cellule pre-cancerose che però rimangono in uno stato silente senza subire ulteriori trasformazioni maligne. Una ulteriore possibilità sta nel fatto che tali individui abbiano una maggiore probabilità di sviluppare forme tumorali benigne o a crescita molto lenta132. Lo studio dei cani “centenari” tramite l’acquisizione di informazioni anamnestiche accurate (su loro stessi e la progenie e le esposizioni ambientali a cui sono stati soggetti), ed il prelievo di campioni di sangue per analisi genetiche è possibile possa fornire indizi importanti per chiarire il mistero della resistenza al cancro in età avanzata. OSTACOLI ALL’UTILIZZO DEL CANE COME MODELLO PER L’UOMO La corretta utilizzazione del cane come modello per l’uomo necessita il riconoscimento di alcune limitazioni. Ad esempio, è importante notare che non tutti i nuovi approcci terapeutici o i farmaci sperimentali possono essere impiegati nel cane per via sia di caratteristiche specie-specifiche sia, in alcuni casi, per problematiche di carattere etico. Va quindi sottolineato che non sempre tale modello, per quanto spontaneo come nell’uomo ma comunque specie-specifico, può fornire garanzia assoluta di risposta alle tante domande via via emergenti in oncologia. Un altro ostacolo è rappresentato dalla disponibilità dei proprietari ad aderire a progetti di studio e dalla loro capacità di rispettare con rigore le istruzioni ricevute. Questo secondo aspetto rende indispensabile incorporare nello studio tutte le modalità di monitoraggio necessarie a non inficiare lo studio stesso. Per gli studi di carattere clinico, sarà comunque sempre necessario stabilire a priori i criteri di inclusione/esclusione dei soggetti (età, sesso, razza, simultanea presenza di altre patologie, trattamenti farmacologici con profili tossicologici sovrapponibili a quelli del farmaco in questione, etc.).Va in tale ambito commentato che in oltre 50 studi cliVeterinaria, Anno 23, n. 2, Aprile 2009 19 1) Borgatti_imp_OK 20-04-2009 9:43 Pagina 20 ❚ Oncologia nici dove si sono valutati nuovi agenti terapeutici da utilizzarsi nei cani di proprietà non si sono riportati effetti collaterali diversi da quelli precedentemente identificati nei cani allevati ad esclusivo fine di ricerca18. ❚ A bond beyond friendship: dog, man, and comparative oncology Summary L’oncologia comparata continua progressivamente ad espandersi nel campo della ricerca contro il cancro grazie agli studi genomici, alla valutazione dei fattori ambientali di rischio, alla continua identificazione dei fenomeni di progressione tumorale ed anche alla sperimentazione clinica di nuovi approcci terapeutici. Quindi, dopo la prima fase che ha confermato le notevoli similarità tra diversi tumori umani e canini, si è progressivamente passati all’attivo utilizzo di queste caratteristiche comuni nell’ambito della ricerca oncologica. Lo scopo degli esperti di oncologia comparata non è quello di indurre artificialmente la formazione tumorale negli animali da compagnia ma di trattare e studiare i pazienti a quattro zampe che soffrono delle stesse patologie neoplastiche spontanee che colpiscono pazienti umani in maniera tale che i progressi ottenuti possano essere di vantaggio sia per l’uomo sia per il suo migliore amico di sempre. “Comparative oncology” refers to a discipline that integrates spontaneously-arising tumors in veterinary patients with studies of cancer biology, progression, and therapy. Unlike artificially-induced tumors in rodents whose “instantaneous” development does not reflect the pathogenesis of human cancers, naturally-occurring tumors in pet dogs and humans share numerous features such as genetic characteristics, histopathological appearance, biological behavior, molecular targets and response to conventional cancer therapy. These similarities, along with the high number of dogs diagnosed with cancer each year, suggest that studying dogs as models for humans is likely to provide important insights towards a better understanding of the biology of cancer in both species. Additionally, studies of experimental treatments in dogs can help identify the therapeutic approaches most deserving of further investigation and guide the selection of tumor types most likely to benefit from novel treatments. The purpose of the manuscript presented herein is to provide the reader with an understanding of the concept of “comparative oncology” as well as its purpose and potential for the future of cancer research. Parole Chiave Key words Cane,Tumori, Comparativo, Modello. Dog, Neoplasia, Comparative, Model. CONCLUSIONI BIBLIOGRAFIA 1. Waters DJ,Wildasin K: Cancer clues from pet dogs. Sci Am 295:94101, 2006. 2. Hansen K & Khanna C: Spontaneous and genetically engineered animal models: use in preclinical cancer drug development. Eur J Cancer 40:858-880, 2004. 3. Antinoff N, Hahn K: Ferret oncology: diseases, diagnostics, and therapeutics.Vet Clin North Am Exot Anim Pract 7(3):579-625, 2004. 4. Paoloni MC, Khanna C: Comparative oncology today.Vet Clin Small Anim 37:1023-1032, 2007. 5. Dorn CR: Epidemiology of canine and feline tumors. Comp Cont Educ Pract Vet 12:307-312, 1976. 6. Khanna C, Lindblad-Toh K,Vail D, et al: The dog as a cancer model. Nat Biotechnol 24(9):1065-6, 2006. 7. 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