www.gliamicidellamusica.net Pubblicato il 27 Marzo 2013 Per Ferrara M usica un recital pianistico con poco pubblico ma con ottimi esiti artistici La Leonskaja affascina i ferraresi servizio di Athos Tromboni FERRARA - Quattordicesimo concerto della stagione di Ferrara Musica, nel Teatro Comunale, il 26 marzo 2013. Compare la pianista russa Elisabeth Leonskaja: al suo apparire (in sostituzione dell'ammalato Nelson Freire, titolare della serata quando fu presentato il calendario generale) la pianista russa, nata in Georgia ma da genitori moscoviti e oggi cittadina europea con passaporto austriaco, ha raccolto gli applausi di simpatia di uno striminzito pubblico ferrarese, giacché la platea del Comunale era semivuota e i palchi anche. Il recital pianistico e la musica cameristica sembrano funzionare - a Ferrara - con il tutto esaurito solo per i concerti nel Ridotto del sabato pomeriggio, dove in massima parte gli spettatori non sono gli abbonati della stagione sinfonica, ma altro pubblico. E questo sia detto non a demerito di qualcuno, ma come semplice nota di cronaca. Comunque la Leonskaja è un "nome" del concertismo solistico, più del sostituito Freire, e qualche effetto di richiamo avrebbe potuto - sulla carta - garantirlo, ma non è andata così. Lei ha mantenuto, del programma di sala previsto per il pianista ammalatosi, la Sonata n.3 in Fa minore op.5 di Johannes Brahms, aggiungendovi la meravigliosa (ma poco eseguita) Sonata n.22 in La maggiore D.959 di Franz Schubert. E ha dato sfoggio di una forte personalità interpretativa, soprattutto in Brahms, frutto del suo apprendimento alla scuola dell'indimenticabile Sviatoslav Richter: non l'adamantino tocco del perfezionista, ma il tocco che si fa intrigante per commuovere, anche quando non pulitissimo. La Sonata brahmsiana, uscita dalla matita d'un compositore poco più che ventenne e guidato influentemente dai consigli del suo maestro Robert Schumann, mantiene un che di selvaggio e profondamente nordico che l'attenzione alla forma classica non riesce a mitigare: unisce purezza a esaltazione espressiva, lasciando da parte le buone maniere per trarre dalla tastiera più che un suono, un magma ciclico, vigoroso, come un rondò con ardimentose variazioni. Infatti la pianista pesta i tasti, sveltisce il passo, a volte corre anche nei tempi liricissimi (ad esempio nel secondo movimento, un Andante ricco di pathos romantico) al punto che conclude l'esecuzione non nei rituali 40-42 minuti di prassi, ma addirittura in poco più di 37 minuti. In Schubert, invece, la Leonskaja si attiene al tempo canonico offerto dai più grandi pianisti contemporanei, 40 minuti e mezzo di lirismo commovente, di arpeggi, di volate morbide e trasparenti sui tasti percorsi dalla mano destra, di piccole pause sospensive ma non ritardatarie dell'incedere melodico. In particolare vanno segnalati per la sensibile carica espressiva l'Allegro iniziale e, per la levità estrema, il secondo movimento (Andantino), delicato e labile come quel fiore di campo che ha nome Nontiscordardimé. Lo sparuto pubblico ha apprezzato con molto calore entrambe le esecuzioni, chiamando e ottenendo diversi bis, che una generosissima Leonskaja ha offerto con il più cordiale dei sorrisi. Crediti fotografici: Ufficio stampa di Ferrara Musica