Scienza_L`incredibile ritrovamento dell`Uomo di Flores

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Scienza_L’incredibile ritrovamento dell’Uomo di Flores
MINI CACCIATORE
Ecco come doveva
apparire l’Uomo di Flores
secondo i suoi scopritori,
un’équipe di paleontologi
australiani e indonesiani.
Nel sito del ritrovamento,
la caverna di Liang Bua,
i ricercatori hanno trovato
uno scheletro di donna e
il molare di un altro
individuo. Sono emersi,
inoltre, strumenti
in pietra e ossa di animali,
tra cui varani, elefanti
nani e grossi roditori.
Un Homo
piccolo così
In un’isoletta dell’Indonesia
un gruppo di studiosi trova lo
scheletro di una strana donna:
Q
ui, dove la foresta è
più fitta, la luce poca,
il calore un po’ meno
intenso che altrove,
ma l’umidità soffocante, qui il piccolo
ominide si sente al sicuro.
Questo è il suo ambiente. Come un animale braccato, si è
rifugiato nei luoghi che da
sempre sono stati consueti a
lui, ai suoi simili e alle generazioni che li hanno preceduti.
Ci troviamo a Flores, intorno a
D I G I O R G
18 mila anni fa. Flores è un’isola dell’arcipelago della
Sonda, in Indonesia. Una specie di “terra di mezzo” tra
due continenti, l’Asia a nord-ovest e l’Australia a sud-est.
Separata da entrambi per la presenza di profondi bacini
tettonici, mai colmati da ponti di terra (per quanto ne sappiamo) nel corso degli ultimi milioni di anni. Ne è conseguito un isolamento delle forme di vita che la popolano,
come nel caso del piccolo proboscidato del genere Stegodon, una forma estinta di elefante nano. O come i celebri varani di Komodo, tuttora esistenti, rettili di dimensioni
considerevoli che richiamano alla mente i grandi sauri del
Mesozoico (da 245 a 66,4 milioni di anni fa). Sarà alto invece poco più di un metro il piccolo ominide, le membra proporzionate e assai robuste, il
corpo seminudo, la testa davvero piccola e quel volto… così imprevedibilmente umano.
Sta dritto sulle due gambe
quando cammina, il piccolo
ominide, ma è lesto ad accovacciarsi al minimo rumore.
Gli occhi vigili scrutano nella
semioscurità, pronti a riconoO
M A N Z I
scere nell’intrico del fogliame
e delle liane ogni minima ombra nella nebbia che traspira da ogni dove. Sembra temere un pericolo incombente, il piccolo ominide, o forse cerca qualcosa da mangiare. Magari capitasse lì un cucciolo
di Stegodon perdutosi nella foresta, ma anche un grosso
insetto andrebbe benissimo!
Da qualche tempo c’è un pericolo nuovo per il piccolo
ominide. Si aggira intorno alla foresta e trova riparo la sera
nelle grotte a mezza costa sui fianchi della valle. Cammina
su due gambe anche lui, ma è alto quasi il doppio, il corpo
potente ma slanciato, la testa enorme e una faccia… pro-
non è della nostra specie, è alta
poco più di un metro ed è vissuta
appena 18.000 anni fa.
Un paleontologo ci spiega perché
è una scoperta straordinaria
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I
(47) QUARK_53
>>
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I L C A M M I N O D E L L’ U O M O T R A A F R I C A , A S I A E D E U R O PA
da uomo. Caccia con grande facilità i piccoli elefanti e i
>> prio
varani, costruisce arnesi in pietra estremamente vari e com-
L’ultimo arrivato è al nostro fianco_Ecco il nuovo albero evolutivo
on l’Uomo di Flores, il
nostro albero evolutivo
si arricchisce di un
nuovo protagonista. La
tavola ricostruisce
quest’albero nel suo tratto
finale, dalla comparsa del
genere Homo.
■ Quelli illustrati sono tutti
ominidi. Cioè, secondo
l’uso del termine che
prediligo (ma non tutti i miei
colleghi sarebbero
d’accordo), antenati diretti
della nostra specie.
Ominide è dunque Homo
sapiens, ma lo
C
Homo ergaster
sono anche le varie specie
estinte del genere Homo:
Homo ergaster, Homo
erectus, Homo antecessor,
Homo heidelbergensis,
Homo neanderthalensis.
■ Ma ci sono stati ominidi
più antichi. Risalgono fino
addirittura a 5-6 milioni di
anni fa e li attribuiamo ad
alcuni generi estinti
africani. I principali sono
Australopithecus e
Paranthropus e includono
qualcosa come 6 specie
estinte, ma c’è chi ne conta
fino a 10 o anche più. Al di
là del numero
delle
specie, sono comunque
lontani i tempi in cui i
paleoantropologi
disponevano le specie di
ominidi lungo una
sequenza lineare.
Una bella fila ordinata, dalla
più piccola e scimmiesca
alla più slanciata e altera,
magari con gli occhiali.
■ Da tempo, invece,
pensiamo che la storia
evolutiva degli ominidi vada
rappresentata come un
albero. Alcuni parlano
anche di “cespuglio”,
seguendo l’intuizione di
uno dei maggiori
paleontologi della seconda
metà del XX secolo,
Homo georgicus
Steven Jay Gould.
■ Personalmente non amo
il termine, perché equivoco.
Potrebbe far pensare,
proprio come accade con i
cespugli, formati da tante
pianticelle distinte, che
l’origine degli ominidi derivi
da diverse forme primitive
(sia cioè, come si dice fra
gli esperti, “polifiletica”).
■ Invece, abbiamo
parecchie evidenze per
ritenere che quello degli
ominidi sia proprio un
albero, con il suo bravo
tronco che rappresenta
l’origine da un’unica forma
(“monofiletica”) e alcune
limitate ramificazioni
principali.
G.M.
Homo erectus
Homo
antecessor
Homo
heidelbergensis
1,6 MILIONI DI ANNI FA
1,2 MILIONI DI ANNI FA
ASIA
del Pliocene (più o meno 2,2 milioni di anni fa), l’albero degli
ominidi si ramifica ancora una volta (vedi la tavola), assecondando la straordinaria sequenza di diffusioni geografiche
che si sono avute dopo la prima espansione fuori dall’Africa
del genere Homo, che risale a circa 2 milioni di anni fa o poco meno. Il sito di Dmanisi, sulle pendici meridionali del Caucaso, in Georgia, col suo patrimonio di crani, mandibole e altre parti di scheletro, datati a
circa 1 milione e 750 mila di anni fa,
mostra in modo formidabile una delle
“tappe” di questa prima diffusione extra-africana. I resti spagnoli della Gran
Dolina di Atapuerca e il cranio italiano
di Ceprano, entrambi di circa 800-900
mila anni fa, indicano l’arrivo di una di
queste ondate (con ogni probabilità la
prima in Europa) sulle coste settentrionali del Mediterraneo.
plessi, governa con disinvoltura l’elemento più terribile, il
fuoco. Ci sono focolai accesi tutte le notti all’imboccatura
delle caverne, lassù a mezza costa. Si odono grida melodiose provenire da lassù, la notte, e mettono paura. Il nuovo pericolo ha un nome per la scienza. Si chiama Homo sapiens. Il piccolo ominide, invece, è rimasto sconosciuto fino a oggi. Ma c’erano ricercatori che seguivano le sue
tracce già da tempo.
Finché un’équipe di paleontologi australiani e indonesiani ha descritto, sulle pagine della rivista internazionale
Nature (vol. 431 del 28 ottobre scorso),
lo scheletro perfettamente conservato
di uno di loro, morto circa 18 mila anni
anni fa, e altri resti isolati. Gli hanno dato un nome in latino, il nome di una
ANTICHI VIAGGIATORI
nuova specie: Homo floresiensis.
In Estremo Oriente, invece, gli ominidi
Lo scheletro non è nemmeno fossilizGiorgio Manzi
arrivarono parecchio tempo prima di
zato. In effetti, 18 mila anni sono davè paleoantropologo
quando li troviamo in Italia e in Spavero poca cosa per i tempi della pagna. Si hanno tracce, anche se sono
leontologia, per quanto possano semall’Università
piuttosto frammentarie e ancora conbrare tanti per la vita di un solo uomo o
La Sapienza di Roma
troverse, che indicano come la prima
anche per i ritmi della storia. Probabildiffusione del genere Homo verso l’Amente è quello di una femmina. In ogni
sia orientale sia stata tutt’uno con l’oricaso, si tratta di uno fra i più piccoli
ginaria espansione extra-africana. In tempi piuttosto rapidi,
ominidi mai scoperti. Forse è il più piccolo: la statura è stata
questi antichi ominidi avrebbero raggiunto terre lontane.
stimata in 106 cm, poco più di un metro, e il cervello ragCome l’isola di Giava, dove si hanno datazioni radiometrigiungeva appena i 380 ml di volume, neanche mezzo litro.
che che toccano la cifra sorprendente di 1 milione e 800 miChi era dunque questo piccolo ominide? Dopo la comparsa
la anni fa circa. In Indonesia, nel corso di ben
del genere Homo, avvenuta in Africa verso la fine
oltre un milione di anni, l’evoluzione dell’uomo sembra poi seguire un percorso piuttosto lineare, che
porta all’affermarsi
Uomo di Flores
(Homo floresiensis)
800.000 ANNI FA
INDONESIA
AFRICA
NNI FA
400.000 A
Uomo moderno
(Homo sapiens)
EUROPA
Uomo di Neanderthal
(Homo neanderthalensis)
54_QUARK (47)
OGGI
FLORES
>>
S C I E N Z A _ L’ I N C R E D I B I L E R I T R O VA M E N T O D E L L’ U O M O D I F L O R E S
>>
di una specie che chiamiamo Homo erectus e che rimane
piuttosto stabile fino all’arrivo, molto tempo dopo, di un
nuovo protagonista: Homo sapiens. Quando la nostra specie si diffonde in Estremo Oriente e in Australia siamo ormai
intorno a 50 mila anni fa o poco più.
Homo erectus, invece, non è mai arrivato in Australia. Pensiamo che né questa specie né altre forme arcaiche del genere Homo avessero le capacità di attraversare bracci di
mare. Giava invece non rappresenta un problema da questo
punto di vista, in quanto per lunghe fasi nel corso degli ultimi 2 milioni di anni è stata collegata (insieme a Borneo e Sumatra) alla penisola indocinese e, attraverso essa, all’intero
continente asiatico.
I D E T TAG L I
Nella grotta_Non solo ossa
UNA TRAVERSATA MISTERIOSA
Ma Flores no. Insieme ad altre isole dell’arcipelago della
Sonda, costituisce quella che abbiamo chiamato una “terra
di mezzo”, che pare sia stata circondata da mare profondo
nel corso delle ultime epoche geologiche, sia in direzione
del continente asiatico sia verso l’Australia. Per arrivare a
Flores, venendo da Giava, ci sono sempre stati da attraversare due o tre bracci di mare di almeno 15 km di larghezza.
Eppure il piccolo ominide che abbiamo visto aggirarsi per
le foreste dell’isola di Flores intorno a 18.000 anni fa, quando nell’area già da tempo erano presenti popolazioni di Homo sapiens, in qualche modo ci deve essere arrivato su
quell’isola. Non sappiamo come e non sappiamo nemmeno
quando. Tutto quello che abbiamo (e già mi sembra moltissimo) è quello scheletro femminile. Quali deduzioni e quali
IL LUOGO DELLA
SCOPERTA
La grande grotta
calcarea di Liang
Bua, dove sono
stati rinvenuti i
resti della Donna
di Flores. Le ossa
sono talmente
recenti che non
hanno neanche
fatto in tempo
a fossilizzarsi.
56_QUARK (47)
>>
La scoperta dell’uomo di
Flores risale al settembre
2003, ma è stata resa
nota solo lo scorso
ottobre, dopo tutti i
rilevamenti del caso.
■ Il merito è di un pool di
paleontologi, guidato da
Peter Brown e Mike
Morwood, dell’università
australiana di New
England, e da Thomas
Sutikna del Centro
indonesiano di
Archeologia di Giacarta.
■ Le ossa della caverna
di Liang Bua sono di una
femmina e non sono
fossilizzate. Il cranio, la
mandibola e la gamba
destra sono completi,
mentre del resto dello
scheletro sono stati
trovati frammenti. Il
cranio in particolare ha
una capacità di 380 cm3,
la più piccola per una
specie del genere Homo.
■ Insieme alle ossa è
stata trovata anche una
serie completa di
strumenti in pietra, per
tagliare e forare. Un
indizio della capacità
tecnologica dell’Uomo di
Flores, rimasta intatta
nonostante il cervello di
piccole dimensioni? R.O.
S C I E N Z A _ L’ I N C R E D I B I L E R I T R O VA M E N T O D E L L’ U O M O D I F L O R E S
>> ipotesi ci può suggerire? Vediamo in primo luogo le sue di-
mensioni. Sono davvero piccole per essere quelle di un
ominide. La sua statura è inferiore a quella di un australopiteco, il suo cervello grande come quello di uno scimpanzé o
giù di lì. Gli Homo erectus di Giava, a poche centinaia di chilometri da Flores, avevano una statura simile a quella di un
uomo moderno e volumi del cranio di un litro e oltre, vicini ai
limiti inferiori della variabilità umana attuale. Milioni di anni
prima, anche le varie forme di australopiteco avevano stature più elevate e capacità craniche maggiori rispetto a Homo
floresiensis. Ma allora perché chiamarlo Homo?
L’ISOLAMENTO LO HA RIMPICCIOLITO
La risposta sta tutta nella morfologia della piccola donna arcaica di Flores. Le ossa del cinto pelvico e degli arti inferiori
documentano in modo inequivocabile una locomozione bipede abituale. I denti sono quelli di un uomo, con straordinari aspetti di modernità. Il cranio sembra una miniatura di
Homo erectus o, per meglio dire della sua variante africana
iniziale, quella che molti di noi attribuiscono alla specie Homo ergaster. Scartate un certo numero di ipotesi, comprese
quelle di malattie genetiche, rimane da pensare che ci troviamo di fronte a una forma di “nanismo insulare”, come ce
ne sono documentate parecchie fra i mammiferi. Pensate,
per esempio, agli elefanti nani della Sicilia, sui quali nacque
poi la leggenda dei Ciclopi. È un processo nel quale si combinano l’isolamento geografico (e genetico), l’assenza di
predatori e le limitate risorse di cibo. In questo caso potrebbe avere avuto una notevole influenza anche la vita nell’am-
NEL PALMO DI
UNA MANO
Il calco del cranio
dell’Uomo di
Flores nelle mani
del professor
Chris Stringer,
del museo di
Storia naturale di
Londra, durante
la conferenza
di presentazione
della scoperta,
lo scorso ottobre.
58_QUARK (47)
biente caldo-umido della foresta, con tutti i benefici termoregolatori di una ridotta mole corporea, un po’ come nel caso dei pigmei africani della nostra specie.
Un altro aspetto ancora tutto da indagare riguarda l’epoca in cui l’Uomo di Flores arrivò sull’isola. Ci sono manufatti
in pietra piuttosto arcaici a Flores, di circa 800 mila anni fa.
Ma a mio avviso è possibile, visti gli elementi anatomici di
somiglianza tra Homo floresiensis e le più antiche forme del
genere Homo (tipo H. ergaster), che questi ominidi siano arrivati sull’isola parecchio tempo prima, per poi intraprendere
un lungo percorso evolutivo autonomo, in totale isolamento.
Questo è forse l’aspetto più intrigante della scoperta di Flores. I nostri piccoli “naufraghi” sono arrivati quasi fino a noi.
Furono contemporanei a uomini di aspetto e comportamento del tutto moderni, come i cosiddetti Cro-Magnon che,
nella stessa epoca in Europa, inventavano l’arte paleolitica e
si preparavano a intraprendere un altro cammino. Quello
che in pochi millenni divenne poi... storia.
Q
@
Link & Libri_Per i più curiosi
■ http://w3.uniroma1.it/isipu/ Il sito
dell’Istituto italiano di Paleontologia umana.
■ New look at human evolution,
speciale (in inglese) di Scientific American,
100 pp., $ 7,95, online su www.sciam.com/special.
■ www.becominghuman.org Documentari e lezioni
sull’evoluzionismo a cura dell’Institute of Human Origins.
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