IV Domenica del tempo ordinario Carissimi fratelli e sorelle, com’è bella la liturgia della parola di questa domenica: è la liturgia che ci parla della chiamata di Dio. Chiariamo subito un concetto: parlare di chiamata non significa pensare soltanto al sacerdozio o alla vita consacrata; tutta la vita cristiana in se stessa è una chiamata e non possiamo pensare la vita cristiana a prescindere dalla chiamata, diversamente sbagliamo ed è il più grosso errore che abbiamo fatto, noi cattolici, in questi ultimi decenni è stato il ritenere la vita cristiana è un insieme di cose che si devono fare per obbedire al Signore. Non possiamo incentrare la nostra vita sulle cose da fare, purtroppo è la solita nostra mania di noi occidentali, celebrali, attivisti e dobbiamo sempre fare qualcosa. La vita cristiana è, prima di tutto, sentirsi interpellati, percepire che qualcuno ci sta chiamando: “Dio esiste, Dio esiste”. Sembra strano dirlo oggi, o forse non abbiamo il coraggio di dirlo dove viviamo, ma Dio esiste; e il Dio che esiste non si disinteressa di noi, ma, anche se noi non lo vediamo, è un Dio che ci viene a guardare e ci chiama; è la cosa più incredibile di questo Dio che non solo ci viene a chiamare ma ci dice: “Ho bisogno di te”. Sembra un paradosso: un Dio onnipotente ha bisogno di un essere umano. “Ho bisogno di te perché voglio portare il mio amore nel mondo attraverso di te”. Questo nostro Dio non vuole che facciamo due o tre cosette buone, che facciamo dei programmi e che ci organizziamo nel migliore dei modi, con buona pace di Baden-Pawell; Dio non vuole che “lasciamo il mondo un po’ meglio di come l’abbiamo trovato” come diceva il nostro caro amico BP. Vuole molto di più: vuole trasformare il mondo, cambiarlo radicalmente attraverso noi uomini; per questo è venuto nel mondo. Domanda: Ma è possibile? La prima risposta che ci viene è un “no”: come fa Dio a cambiare il mondo attraverso di noi? Da giovani ci si sente un po’ onnipotenti, ma poi, andando avanti negli anni, ci rendiamo conto che i nostri desideri sono grandi, ma la nostra carne è debole: “lo spirito è forte ma la carne è debole” (Mt 26, 41), per questo bisogna vegliare e pregare. Ma Gesù ci chiama a cambiare il mondo; la prima cosa che dobbiamo fare è renderci conto che Dio c’è, e dobbiamo ascoltare la sua voce che ci chiama. Dopo di questo dobbiamo cercare di fare quello che lui desidera, mentre cerca di farci capire che vuol fare qualcosa di grande. Abbiamo ascoltato la vocazione del profeta Isaia, e poiché nell’Antico Testamento c’era la convinzione che chi vedeva Dio moriva: “Sono perduto” - dice il profeta appena lo vede - “perché un uomo dalle labbra impure io sono e in mezzo ad un popolo dalle labbra impure io abito; eppure i miei occhi hanno visto il re, il Signore degli eserciti” (Is 6, 5). Isaia è scioccato e riconosce di essere ancora vivo, pur essendo un uomo dalle labbra impure e abitando in un popolo dalle labbra impure. In modo figurato gli viene purificata la bocca con un carbone ardente, poi sente la voce del Signore che dice: “Chi manderò e chi andrà per noi”, ed il profeta risponde: “Eccomi, manda me”. Questo Dio così infinito, che fa dire ad Isaia: “Com’è possibile, lo vedo eppure sono ancora vivo”, domanda: “Chi manderò, chi andrà per noi?”, e il profeta risponde: “Eccomi, manda me, vado in missione per conto di Dio; il vero Dio mi manda, e io vado”. Gli apostoli capiscono subito che Gesù fa sul serio quando, arrivando sulla spiaggia contornato da un sacco di gente, chiede a Pietro di mettergli a disposizione una barca perché solo stando in acqua poteva parlare alla folla. Sale sulla barca e gli dice di scostarla da terra. Pietro con i remi manovra la barca per tenerla un poco discosta dalla riva e Gesù parla alla gente. Terminato di parlare Gesù dice a Pietro: “Prendete il largo e gettate le reti per la pesca”. Era giorno, Pietro e la sua gente stavano lavando le reti perché di notte non avevano preso niente, ma anche così le reti dovevano essere lavate. Una scocciatura: pesca zero, vendite zero, le reti devono essere lavate perché sporche di alghe e bisogna anche pagare i garzoni. Non era una grande giornata per Pietro. A completare il tutto, poi, ci si era messo anche Gesù che gli era salito nella barca, mentre lui voleva andare a casa a dormire dopo una notte passata invano in acqua. Gesù gli sale sulla barca, e ora gli dice: “Adesso prendi il largo e getta le reti per la pesca”. Non si pesca di giorno nel lago Tiberiade, perchè i pesci non abboccano con la luce, e poi bisogna nuovamente rilavare le reti. Gli vorrebbe dire: “Senti Signore, adesso io me ne vado a dormire; ti ho fatto parlare e ora tanti saluti”. Ma non è così. Pietro dice: “Maestro abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla, ma sulla tua parola getterò le reti” (Lc 5, 5). E avendolo fatto presero una quantità enorme di pesci che le loro reti si rompevano; non potevano tirarle fuori dall’acqua perché i pesci, in acqua, non pesano mentre fuori pesano tantissimo. Allora chiamano quelli dell’altra barca per aiutarli a trascinare le reti verso riva e svuotarle buttando i pesci nelle barche. Ecco cari fratelli e sorelle, in questi giorni mi domandavo che cosa ci sto a fare ad Alessandria: certo sono stato chiamato a questo servizio, e la prima cosa per cui sono chiamato è per i miei sacerdoti, i pastori del popolo di Dio; insieme dobbiamo fare un cammino di conversione. In Quaresima faremo un cammino di preghiera, Vescovo e sacerdoti, con una condivisione settimanale; una vera occasione per la nostra conversione. Se non dovessimo convertirci non faremmo nessun buon servizio a voi; certo, facciamo tante cose nelle nostre parrocchie, siamo bravi e generosi e realizziamo tantissime iniziative, ma ciò che conta è se, quando ci guardate e ci ascoltate, sentite che il vostro cuore è toccato nel profondo, e questo può avvenire solo se noi ci convertiamo e se abbiamo il coraggio di fare un cammino serio e, come tutti i cammini seri, anche doloroso. Mi chiedevo, per questo, che cosa posso fare per la conversione dei mie sacerdoti: non è una questione di attività da mettere in pratica; difficile trattandosi della conversione di una persona e, in particolare, quella di un sacerdote. Noi, infatti, conosciamo tutta la teoria, ma se qualcuno crede che basta conoscere la teoria e metterla in pratica per vivere bene il cristianesimo, svilisce tutto. Mi raccomando, non arrendetevi alla prima difficoltà, subito non riuscirete a convertirvi; e se questo vi può consolare, consultate pure un sacerdote, vi dirà che anche lui ci ha provato e non è riuscito. Cominceremo a convertirci solo quando riusciremo a dire: “Signore, non ce la faccio, solo tu puoi aiutarmi”. Gesù ha iniziato con alcuni peccatori ed ha cambiato il mondo; ma ha iniziato da un sonoro fallimento: dei dodici che aveva scelto, uno l’ha tradito, un altro l’ha rinnegato, nove sono scappati, uno solo è arrivato sotto la croce: se l’avessimo mandato ad una scuola di manager l’avrebbero bocciato. Ma morendo, amando fino alla morte, ha redento e salvato tutti. Nonostante tutto, poi, gli apostoli hanno avuto dei frutti incredibili. Con l’avvicinarsi di questa quaresima, chiedo a voi, cari fedeli, di pregare per i sacerdoti e per il Vescovo della diocesi di Alessandria, i vostri pastori, perché possano convertirsi. La Vergine Maria, nostra Signora della Salve che con dolcezza ci guarda, e che tanto amiamo, interceda perché la salvezza di Dio giunga ad ogni cuore, si infili in ogni anima, penetri in ogni famiglia e rapisca il cuore di noi sacerdoti, i consacrati del Signore.