OLTRE
Il giornale dello spazio privato del SE'
Quadrimestrale di psicologia, psicoterapia, psicoanalisi, ipnosi, sessuologia, neuropsicologia.
Num. 28 – Maggio / Agosto 2014 - Registrazione al Tribunale Ordinario di Torino n. 5856
del 06/04/2005 - Dirett. responsabile: Dott. Ugo Langella - Psicologo, Psicoterapeuta Iscritto all'Ordine degli Psicologi ed all'Albo degli Psicoterapeuti, Posizione 01/246 al
17/07/1989 - Str. S. Maria 13 - 10098 RIVOLI (To) - Tel. 0119586167 - [email protected]
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SOMMARIO – 1 Avvertenza per il lettore - 1 Un odioso quanto diffuso
comportamento - 3 Colloquio con un seno morto di tumore - 7 La personalità
“COME SE...” fosse normale - 12 Il curriculum di Ugo Langella.
AVVERTENZA PER IL LETTORE
Sono lieto di presentare questo muovo numero di OLTRE, ma è bene che informi il
lettore che l’articolo: “Colloquio con un seno morto di tumore”, potrebbe turbarlo
profondamente, per cui se preferisce può saltarlo. Tuttavia, se pubblico articoli così
disturbanti, è poichè sono convinto che certi argomenti sia preferibile conoscerli più da
vicino, al fine di affrontarli nel caso dovessero riguardare noi o qualcuno dei nostri cari,
piuttosto che il contrario.
Nei prossimi numeri pubblicherò alcuni condensati tratti dal volume di Franco Fornari,
dal titolo: “Affetti e cancro” Questo stupendo lavoro di un medico e psicoanalista, campi
che l’autore ritiene inseparabili nella cura di tale patologia, ancorché portati avanti da
specialisti diversi, ognuno competente nel suo campo, se da un lato turba con la sua
narrazione puntigliosamente accompagnata da elementi probatori dell’una e dell’altra
disciplina, nello stesso tempo affascina poichè apre al lettore le porte della speranza,
attenuando così la paura che solitamente accompagna il solo sentir pronunciare o leggere
quella parola. Ho dovuto occuparmi a fondo di tumori al seno poichè una paziente che
venne in trattamento da me, scoprì tre mesi dopo di esserne affetta. Il lavoro dello
psicoterapeuta e/o dello psicoanalista, richiede che nel trattamento dei nevrotici e degli
psicotici ci si lasci invadere dalla loro nevrosi e/o dalla loro psicosi per aiutarli ad uscirne.
Nel trattamento dei pazienti oncologici non si può non fare altrettanto, ma qui per riuscirci
si deve avere una sufficiente fiducia nella propria capacità di sconfiggere il tumore in sé
stessi dopo avercelo fatto entrare per mettersi in contatto con quello del paziente, solo che la
partita è a tre, ed il terzo incomodo è la morte, e lo psicoterapeuta non è onnipotente.
UN ODIOSO QUANTO DIFFUSO COMPORTAMENTO
“...Tanta gente non si rende conto del male che fa. E’ indifferente, ed anche se tu gli spieghi
il perché, non ti ascoltano...” (V.) [Probabilmente poichè non vogliono!] – Può succedere
che una lei o un lui non siano delle bellezze straordinarie, ma che non di meno
desiderino genuinamente trovare una persona che voglia fare coppia con loro, e se possibile
formare anche una famiglia. Proprio a causa del loro non essere bellezze straordinarie, e del
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non avere nemmeno molto altro per farsi intensamente desiderare se non l’essere persone,
accade che siano alla continua ricerca di partner che possano soddisfare il loro desiderio, e
questo le porti ad essere particolarmente attive e determinate. Succede allora
frequentemente che sia questa lei che questo lui, bellezze non straordinarie che si danno
molto da fare, attirino l’attenzione di persone esteriormente o in altro modo consapevoli di
essere appetibili agli altri, e che solitamente non li degnerebbero nemmeno di uno sguardo
se non fugace, ma che attraversando un periodo difficile, che potrebbe andare da un lutto
alla perdita del posto di lavoro, da un crollo economico ad un grave problema di salute da
poco lasciato dietro le spalle. Insomma: soggetti in qualche modo e per qualche motivo
narcisisticamente feriti, frustrati, depressi, e che proprio per questo rifuggono dai loro
rapporti sociali abituali poiché non se la sentono di farsi vedere in quelle condizioni,
provando però un bisogno di amore regressivo e simbiotico maggiore di quello che
solitamente davano a vedere “si accontentino” anche di questa lei o di questo lui di non
straordinaria bellezza. Mi sono dilungato a descrivere in modo accurato lo scenario, poiché
è importante che il lettore si faccia in mente un quadro molto preciso.
Avviene dunque che questa lei o questo lui di non straordinaria bellezza si sentano
talmente oggetto di grande, spontanea ed intensa attenzione umana ed affettiva proprio da
parte di quei soggetti dai quali da sempre avrebbero voluto avere attenzioni, da provare una
grande euforia, per cui tirano fuori da loro stessi tutto il meglio che hanno e, soprattutto la
loro genuinità, convinti di riuscire in tal modo a conquistare per sempre questo inaspettato
corteggiatore o questa inaspettata corteggiatrice. Il fatto è che così facendo aiutano in
modo considerevole il bello o la bella frustrati di cui parlavamo prima, a tirarsi su di
morale, ed a ricuperare la pienezza del loro narcisismo. Cioè: questi soggetti di non
straordinaria bellezza, resi euforici da queste presunte straordinarie conquiste, investono nel
bello o nella bella senza riserve e senza alcuna prudenza, tutto il “capitale” umano ed
affettivo in loro possesso. Il fatto è che poi, vedendo il bello o la bella stare meglio grazie
alle loro attenzioni, ad un certo punto, resi coraggiosi dalle risorse che hanno scoperto di
avere dentro di sé, in cambio di quello che hanno dato si permettono di avanzare qualche
seria pretesa d’amore, esprimendo ad esempio il desiderio di una ininterrotta continuità.
Non lo avessero mai fatto! A questo punto il bello o la bella, restaurata la propria
immagine narcisistica e vergognandosi intimamente“per essere scesi così in basso”,
aggrediscono violentemente il lui o la lei di bellezza non straordinaria accusandoli di
ingratitudine “per il non accontentarsi del grande onore dell’essere stati oggetto - anche
se per poco - delle loro attenzioni”, decidendo quindi con grande sdegno di troncare
immediatamente ogni tipo di rapporto. Il lui o la lei di non straordinaria bellezza che
avevano osato chiedere una continuità d’amore, frastornati da questo improvviso
cambiamento nel bello o nella bella, si domandano dove e come hanno sbagliato se sono
arrivati a questa rottura, sino al punto da essere così brutalmente abbandonati e rigettati
nella solitudine. Purtroppo il fatto è che spesso il lui o la lei di non straordinaria bellezza,
spesso sono soli per aver a loro volta trattato allo stesso modo altri lui o altre lei, poiché si
sentivano narcisisticamente svalorizzati come il bello o la bella si erano sentiti svalorizzati
da loro... Sarebbe il caso che tutti ci riflettessero sopra e provassero anche un pochino di
vergogna al pensiero della ferita che hanno inflitto a quel lui o a quella lei di non
straordinaria bellezza che potrebbero poi anche diventare loro stessi in un diverso contesto,
senza aver cercato di andare oltre alle parvenze esteriori alla ricerca delle ricchezze
emozionali ed affettive che tutti in qualche modo posseggono, solo che le si voglia davvero
scoprire, infliggendo invece sofferenza e dolore, che in alcuni lui ed in alcune lei,
assommandosi, possono talvolta diventare responsabili di solitudine e disperazione.
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COLLOQUIO CON UN SENO MORTO DI TUMORE
(A **** )
Carissima ****. Questa notte, nel dormiveglia, è venuto a trovarmi il fantasma del tuo
seno sinistro, chirurgicamente ucciso pochi giorni fa affinché non morissi anche tu, e mi ha
parlato.
“Vedi, Ugo - mi ha detto subito dopo essersi presentato - le donne, per il solo fatto di
essere tali, sono madri. Non è solo una questione anatomica e fisiologica, ma anche
psicologica. La natura ha dato loro due organi chiamati seni, parola più dolce ed espressiva
di mammelle, definizione che è un bene che cada in disuso. Infatti, se indica un organo
capace di produrre latte, è tuttavia limitante rispetto a “seno”, più soddisfacente in quanto
sinonimo di accoglienza, amore, protezione, condivisione quali componenti fondamentali
del modo di essere di una donna. Come se noi, da quando incominciamo ad apparire sul loro
petto, ed ancora prima in prospettiva, producessimo da subito “latte psicologico d’amore”,
che se però non viene dato, si deteriora dentro di noi come potrebbe fare il latte fisiologico,
sino a che col tempo ci fa ammalare. Per alcune donne tutto questo soddisfa al meglio il loro
modo di essere. Per altre, invece, questo essere potenzialmente madri o trovarcisi a doverlo
essere davvero, non va bene per niente e lo vivono come una condanna. Altre ancora da
bambine oscillano mentalmente da un sesso all’altro, ma quando noi seni incominciano a
crescere ed a noi si aggiungono le mestruazioni, vedono soltanto i lati negativi. Sembrano
essere soprattutto quest’ultime le donne che si ammalano di tumore al seno! Nel mio caso,
carcinoma mucinoso puro, “dai medici definito raro”, diceva quasi con orgoglio. Il
corollario ufficiale dei loro vissuti le descriverà poi in qualche modo vittime della madre,
del padre o di chi vuoi, ma tutto questo verrà utilizzato per nascondere a loro stesse gli
intensi conflitti fra parti opposte del loro modo di sentirsi: la bambina o l’adulta; il
maschio o la femmina. O qualcos’altro.
Contrariamente a tanti luoghi comuni, **** non aveva ancora 50 anni,. non era affatto
sovrappeso, non mangiava carne e per la verità anche poco. Non fumava, non beveva
alcolici; non era tossicodipendente; non assumeva farmaci. Era single. Aveva fatto poco
sesso. Faceva molto sport. Non lavava la roba con i normali detersivi. Non si dava
deodoranti. Usava pochi cosmetici e solo qualche volta. Trascurava le espressioni esteriori
di femminilità come se volesse punirla in sé stessa. Talvolta mi sentivo addosso un forte
odore di cane umido proveniente dai suoi vestiti, che non mi faceva impazzire di gioia, e mi
chiedevo che cosa avrebbe pensato un uomo vicino a lei se non di scappare, e mi
domandavo se fosse proprio questo lo scopo. Da come è emerso con te, era invidiosa, con
tratti sadomasochistici, una forte onnipotenza narcisistica, un robusto narcisismo
distruttivo, una spessa rabbia narcisistica accumulata nel corso del tempo, finendo per
scaricare il tutto su di me: un quadro che sembrava dominato dalla sequenza:
narcisismo / invidia / paranoia che al contatto con la realtà genera stress, e tutto
insieme avvolge in una gabbia depressiva, per cui alla recidiva, per salvarla i chirurghi
hanno dovuto uccidermi. La conclusione di **** era: “Criminalizzata da fuori per la mia
rabbia [narcisistica] non capìta, mi sono sentita criminalizzata dentro. [Per cui] mi sono
chiusa verso il [nei confronti del] mondo esterno per non aggredirlo.” Certi momenti avresti
dovuto mantenerti distaccato anche a costo di apparire cinico, per consentirle di tirare
fuori da sé tutti questi umori tumorali, ma temevi che poi ti saresti sentito in colpa, e
comunque non ci sarebbe riuscita a causa del narcisismo e derivati, come se fosse stata
colpa tua poiché non soddisfacevi le sue pretese, anziché riconoscere le sue resistenze e
difese a lavorare su di sé. La cosa che mi dava più fastidio, era che anziché darmi ad un
uomo e/o a dei bambini, si masturbava molto, odiava i maschi e poi si lamentava che
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nessuno la guardasse, anche se amava dire che non trovava l’uomo giusto, che forse era
suo padre o chi lei avrebbe voluto essere. Non si dava nemmeno alle donne. Se lo avesse
fatto, forse mi sarei salvato. Lei che non dava i suoi seni, si lamentava continuamente che
sua madre gliel’aveva tolti ad un anno, e di brutto!
La cosa, si fa per dire, “interessante” della patologia che mi ha ucciso, è che, dopo
l’intervento chirurgico, le cure contro di essa, in primo luogo il Tamoxifene, agente
antiestrogeno non steroideo, e le iniezioni di agonisti dell’LHRH, (ad esempio il
Decapeptyl) che bloccano il rilascio di LH, l’ormone luteinizzante prodotto dall’ipofisi che
stimola l’attività dell’ovaio, essendo **** ancora in età fertile, sembrano andare nella
direzione del desiderio più o meno conscio in queste donne di reprimere parte di
quanto vi è in loro di femminile, ma nello stesso tempo di sopprimere quanto vi possa
essere in loro di maschile in termini di testosterone, ormone steroideo del gruppo
androgeno prodotto dalle ovaie e dalla corteccia surrenale, che nella donna tende ad essere
convertito in estrogeni. Visto che il Decapeptyl è utilizzato anche nel trattamento del tumore
alla prostata, sembra che l’aspirazione inconscia sia di questo tipo di femmina che di
questo tipo di maschio sia quella di un ritorno al periodo di onnipotenza
preadolescenziale - come se il tempo non fosse passato - per rinascere con una doppia
identità sessuale, desiderio che dopo le cure chirurgiche anche quelle farmacologiche
sembrano soddisfare. Delirio di onnipotenza?
Ma il fatto è che dopo che mi operarono la prima volta, lei diede solo parzialmente retta ai
medici rassegnandosi a sottoporsi alla radioterapia, ma rifiutando di prendere il Tamoxifene
ed il Decapeptyl. A mio parere, senza esserne del tutto cosciente anche se a parole
affermava il contrario, lei voleva che tornassi ad ammalarmi e che quindi venissi eliminato
per rimanere con un solo seno. Mentre mi portavano via fra i rifiuti speciali, mi sono chiesto
a lungo perché avrebbe dovuto avere tale desiderio.
Mi venne allora in mente di averti sentito dire che M. Klein parlava di seno buono e di
seno cattivo. Quindi io per **** dovevo costituire il seno cattivo? Ma perché seno cattivo?
Non avrei potuto produrre latte come l’altro? Piuttosto, pensai, seno per lei cattivo poiché
all’interno della scissione di sé stessa in parti buone e parti cattive, e della proiezione di
tali parti sui suoi seni come sostituti di quelli materni, mi avesse fatto diventare la
discarica delle sue parti maschili-codice-paterno, viste come cattive poichè le
impedivano di amare un uomo come un bambino, e quindi si opponevano a quelle per
lei buone, cioè femminili, materne, amorose, cioè al codice materno, di cui parla il
Fornari? Che nelle donne il primo investa il seno sinistro ed il secondo quello destro
(spesso più grosso!) mettendoli in irriducibile conflitto? Non è interessante pensare che le
Amazzoni, note guerriere dell’antichità di cui parla lo storico Erodoto, al fine di impugnare
meglio l’arco si facevano togliere il seno destro, come se così si sentissero meno femminili
e quindi più crudeli di come una donna normalmente tenderebbe ad essere nella lotta contro
i maschi, poichè un seno femminile, cioè materno, le avrebbe rese sottomesse per amore?
Ne ebbi la conferma in queste notti quando andai silenziosamente a trovarla mentre
dormiva, e la trovai che senza di me il suo visetto era diventato più dolce, più
femminile di quello che aveva prima! Ugo - continuò a dirmi il fantasma del seno - nei
miei ultimi mesi di vita con **** sentivo che ti stavi occupando della mia malattia, e
condividevo gran parte delle tue convinzioni circa le cause di essa, sia quando riferivi il
pensiero di famosi psicoanalisti, soprattutto Franco Fornari, ma non meno H.
Rosenfeld con le definizioni di onnipotenza narcisistica e frustrazione narcisistica, e H.
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Kohut con il concetto di rabbia narcisistica: quel senso di impotenza potenzialmente
omicida davanti ad una ingiustizia, che nelle persone in cui l’aggressività è inibita
rischia di diventare suicida sotto forma di tumore, che le tue convinzioni personali. Non
posso affermare che sia colpa tua se sono morto, poiché sappiamo che quando incominciai
ad ammalarmi, non ti conoscevo ancora, però, se permetti, devo farti un rimprovero:
probabilmente poiché sei un uomo, forse non hai mai capito a fondo che noi seni ci
ammaliamo quando vengono meno gli scopi per cui esistiamo, e non voglio peccare di
presunzione - poiché in fondo non mi riguarda - ma potrebbe essere la stessa cosa anche per
la prostata dei maschi.
In alcune donne adulte noi siamo più grossi, ed in altre più piccoli, ma non ha nessuna
importanza. Cosa occorre che la donna accetti di noi, è che siamo fatti per essere dati, non
importa se realmente o simbolicamente, purché chi ci possiede non ci tenga a far nulla e,
ancora peggio, non si vergogni di averci. A voi maschi sembra incredibile, eppure ci sono
donne che si vergognano per questo, e che appena spuntiamo cercano di ricacciarci dentro!
Noi non vogliamo indurirci come peni in erezione! Se ci induriamo, lo facciamo poichè
pregustiamo l’avvicinarsi della soddisfazione del nostro desiderio di darci, e non per
competizione con i maschi come molti di loro (invidiosi) credono, ed ancora peggio, con
altri seni, con i quali andiamo molto più d’accordo del vostro pene con il pene altrui.
Comunque i problemi ed i pericoli per la nostra salute sembrano nascere da lì: dalla
conflittualità derivante dalla competizione con i maschi, nella quale la presenza di
parti femminili sembra di ostacolo per combattere alla pari, e quindi il desiderio di
privarsene, dominante ma rimosso. Le Amazzoni, almeno, non ne facevano mistero!
Non vi sono dubbi che le donne possano fare quello che fanno gli uomini, e spesso anche
meglio, ma non si capisce perché debbano mascolinizzarsi per questo. Eppure, anche quelle
che si sforzano di evitarlo, una certa parte di femminilità comunque la perdono, o meglio:
sembra che poco per volta una parte di essa in loro stoni. Si direbbe che strada facendo
perdano pezzi di femminilità fisica e psichica, come se si vergognassero di averla avuta. Te
ne accorgi da quei rossetti che cominciano a sbavare sulle loro labbra e che ad osservarli
deprimono, come deprime quel trucco molto marcato, come se servisse non a esaltare, ma a
nascondere qualcosa. Non avviene in tutte, ma in molte, sicuramente. Che ciò sia la
conseguenza di una fase di passaggio nell’evoluzione sociale della donna? Può darsi. Ma a
questo prezzo? Non ti viene voglia di gridare: “Fermatevi!”? Come maschio dovresti
sentirti in colpa se ciò avviene senza che tu reagisca. Del resto, sono loro che lo
rivendicano, ed in fondo, a voi maschi sembra non andar male per rafforzare la vostra
apparente sicurezza, come a dire: “Per secoli siamo stati noi in prima linea. Che adesso
provino loro e si rendano conto di cosa si rischia! A noi, però, quelle donne lì non
interessano!”
Nella storia della medicina il tumore al seno non è cosa recente. Galeno, noto medico
greco (130 d.C. / 200 d.C.), vissuto a Roma alla corte imperiale: “...Aveva mostrato che le
donne allegre si ammalano di tumore al seno meno delle donne tristi e melanconiche.”
(Fornari – pag. 160). Ecco: sembra che le donne insoddisfatte del loro sesso, divengano più
tristi e melanconiche, e quindi, secondo Galeno, più soggette a malattie tumorali. Scrive
Fornari: “Si ammalano di tumore coloro che vivono sentendosi nell’incapacità di uscire
da una situazione in cui la vita stessa è vissuta come intrappolante.” (Pag.. 10) E non
potrebbe proprio essere il caso delle donne di cui abbiamo appena parlato, che intrappolate
in una identità che detestano in modo più o meno cosciente, a causa del loro narcisismo
frustrato diventano tristi e melanconiche, finendo per ammalarsi di tumore? Ancora
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Fornari (pag.174): “Che la predisposizione al cancro mammario fosse già molto
frequente ai tempi di Galeno nelle donne con predisposizione melanconica, è stato
successivamente confermato durante i secoli dalla tradizione medica. Dobbiamo qui
ricordare che la maggior parte dei fattori stressanti emozionali, valutati come possibili
concause di tumori, indicano in genere la presenza di processi depressivi, soprattutto in
persone predisposte alla inibizione dell’aggressività” (Fornari 175), processi depressivi
“...riconducibili alla reazione alla perdita di un oggetto d’amore importante...” (Fornari
175) Ma questo sentirsi respinti attraverso l’abbandono o il lutto, più che provenire
prevalentemente dal fuori, non sembra piuttosto provenire spesso dal dentro poichè
nemmeno il soggetto si accetta, ma ciò nonostante non intende rassegnarsi, né comunque
migliorarsi, cambiare, crescere, ricominciare, finendo per rimanere intrappolato nella
depressione narcisistica? “Poichè le tendenze suicidarie sono strettamente collegate
alla sofferenza depressiva, il riscontro dell’incidenza dell’universo depressivo
nell’insorgenza dei tumori conferma i risultati della ricerca di C. Bedel Thomas, circa
l’omologabilità psicologica tra soggetti neoplastici e suicidari.“ (Fornari 175).
Nel caso di **** posso affermare che quando era bambina e sino alla tarda adolescenza,
era tutt’altro che “predisposta alla inibizione dell’aggressività.” Probabilmente ciò
avvenne intorno ai vent’anni quando suo padre morì per quell’incidente sul lavoro di cui si
colpevolizzò, e che probabilmente espiò disarmandosi allo scopo di meglio esporsi
all’autopunizione per averlo più volte provocato. Qui è bene precisare, come tu hai capito,
che si: l’inibizione dell’aggressività di cui parla Fornari in lei era scattata, ma solo verso
il mondo esterno fatto di persone, animali e cose, mentre tale aggressività, che sarebbe
preferibile chiamare sadismo, era esplosa completamente ed esclusivamente contro sé
stessa nei modi e nelle forme che ho descritto all’inizio, sino a travolgere il suo corpo,
per cui io ne ho poi fatto le spese. Sembra essere certo che a seguito di quell’evento si
accentuò la sua “predisposizione melanconica” le cui origini possono essere fatte risalire ad
una deformazione congenita all’anca ed al selvaggio modo in cui venne trattata
nell’ospedale infantile, per via della sua impossibilità, ad un anno e mezzo di vita, di far
valere le sue ragioni. Ma sarei del parere che tale predisposizione melanconica fu la
principale conseguenza del suo aver rivolto tutto il sadismo contro sé stessa,
rendendosi la vita impossibile a causa di quelle che lei chiamava le sue “deprivazioni”.
In quanto al tumore come causa di “reazione alla perdita di un oggetto d’amore
importante”, possiamo certamente partire da uno svezzamento violento, per arrivare alla
morte del padre amato, della nonna che la proteggeva, ed infine la morte di “R” dopo 15
anni di....., per cui poche settimane dopo questo evento iniziò a sentire “noduli strani”
dentro di me. Tu sai bene a chi mi riferisco e perché. E anche tu, Ugo, gliene hai inflitte
invitandola, se voleva, a cercare altri psicoterapeuti anzichè, “visto che eri in ballo” darti da
fare per approfondire la tua preparazione? E’ vero che lo dicesti poichè non ti sentivi sicuro
di essere in grado di aiutarla, ma è anche vero che a lei questo suonò come un rifiuto. Come
sbagli ogni volta che la inviti a guardarsi attorno per cercare un compagno, poichè **** lo
interpreta come un volerti liberare di lei, inviti che le scatenano la stessa “reazione di
perdita di un oggetto d’amore importante”, poichè adesso quell’oggetto d’amore dal
quale dipende la sua sopravvivenza sei tu. Del resto lo sai bene che l’ultima volta che è
avvenuto, nella seduta successiva ti ha spaventato con la sua totale perdita di voglia di
vivere. Fornari direbbe che “...le avevi tolto la speranza.” Fai molta attenzione, quindi,
quando parli con lei.
E’ innegabile - continua il seno di **** - che noi siamo organi molto sensibili, poiché
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dobbiamo essere in grado di capire lo stato mentale del neonato che ci succhia proprio da
come ci succhia, e per estensione questo ci porta ad essere psicologicamente più delicati di
altre parti del corpo, per cui tutto quello che in qualche modo colpisce la femminilità, anche
ad opera della donna stessa, in primo luogo ferisce noi. Quindi capiamo bene come molte di
esse non ci accettino volentieri e invidino l’altro sesso, poiché sembra potersi permettere di
essere più sbrigativo, salvo poi venire a cercarci anche da grande come un bambino piccolo
che ha bisogno di pasticciarci e di succhiarci per placare la sua angoscia, sfruttando la nostra
sensibilità materna al fine di convincere la donna a lasciarlo scivolare dentro il suo corpo tana rassicurante - come un topo! E guai se si rifiuta!
Non voglio ripetermi, ma ogni femmina è potenzialmente madre, ed i seni ne sono il
carattere distintivo. Poi, può realizzare questa potenzialità in tanti modi, anche facendo la
suora, ma è fondamentale che lo faccia, se no noi seni ci sentiamo inutili, irrealizzati e ci
ammaliamo... E se non ci ammaliamo noi, si ammala quell’altro organo che sta nella pancia,
o i suoi annessi e connessi. Spesso prima noi e poi quelli, come a volte avviene con
l’assunzione del Tamoxifene, quale espressione di un rifiuto irriducibile a dare. Ma non
vorrei essere incompleto. Spesso ci ammaliamo anche perché chi ci possiede ci dà
troppo, come una forma di suicidio mascherato. No. Non è la quantità del darci che
conta, ma la qualità. Noi non vorremmo essere dati senza la prospettiva che venga
riconosciuto quello che diamo, cioè essere ricambiati. Questo è l’unico modo per
mantenerci davvero sani e continuare a dare.
Qualche giorno fa in seduta **** ti ha detto ben tre volte: “DI TE MI POSSO
FIDARE!” Tu non sapevi se esserne contento o preoccupato, e allora lei ti ha spiegato: “Mi
fido di te poichè mi sento protetta dalla [tua] aggressività, ed anche dalla mia.” Ti ha
finalmente aperto la porta. Forse, come scrive Fornari, le hai riacceso la speranza che
aveva perduto, secondo lui premessa per la guarigione. Speriamo che sia così e che la
mia morte sia servita a qualcosa. Sarebbe interessante se le lettrici che hanno o hanno
avuto la stessa patologia che ho avuto io, dopo avermi letto ti esprimessero il loro parere.
Salutami ****. Dille che mi manca, e che mi dispiace molto che fra noi sia finita così.
Bibliografia
- F. Fornari - Affetti e cancro - Raffaello Cortina 1985.
- H. Kohut - La ricerca del Se’ - Bollati Boringhieri - 1990 (Sulla rabbia narcisistica)
- H. Rosenfeld - Comunicazione e interpretazione - Bollati Boringhieri
- E. Rubin, - J.L. Farber – Patologia sistematica generale – McGraw-Hill 1991
- Circa i farmaci, pagine relative alle specifiche case farmaceutiche in internet.
LA PERSONALITA’ “COME SE...” FOSSE NORMALE”
Condensato tratto da: “Forme di disturbi emotivi e loro rapporti con la schizofrenia” in:
“Psicoanalisi delle nevrosi” di Deutsch Helene (1942) - Newton Compton Editori 1978 Pagg. 238 / 253. La “Premessa”, il “Dizionario”, le “Considerazioni finali”, l’impostazione
grafica, il grassetto, le sottolineature e le aggiunte fra parentesi quadre [...] sono mie.
PREMESSA - Quanto segue si occupa della personalità del soggetto che si comporta
“Come se... fosse normale”, cioè: che sembra essere normale ma non lo è; che sembra
avere un comportamento normale, delle reazioni normali ma invece no, soprattutto nel
senso di non autentiche, di cui la letteratura e la cinematografia ci parlano spesso, e che
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possiamo trovare intorno a noi, complice l’anonimato dei grandi centri urbani o
comunque una conoscenza insufficiente delle persone dal punto di vista della loro
storia personale, per cui si finisce per doversi accontentare delle apparenze, con tutti
gli errori di valutazione che ne conseguono. Le personalità “come se”, proprio per la loro
enigmaticità, assumono un fascino misterioso e dunque irresistibilmente seduttivo, al punto
tale che spingono gli individui ad avvicinarle e addirittura a desiderare di concupirle
fisicamente, al solo scopo di cercare di cogliere, a volte per invidia, quel nucleo segreto
della personalità che queste persone sembrano avere, paragonabile ai fumi dell’incenso
che nei templi delle varie religioni creano quell’aria di mistero, per nascondere agli
occhi dei credenti, suggestionati dall’esteriorità, che sotto non c’è nessun mistero.
Questo scritto della Deutsch appartiene ad un’epoca in cui la psicoanalisi aveva ancora
nelle teorie freudiane il maggior punto di riferimento, e proprio per questo motivo è
innovativo, poichè nel suo essere proiettato in avanti ci consente di intravedere i successivi
sviluppi di cui furono autori psicoanalisti come Karl Abraham, Sàndor Ferenczi, Melanie
Klein, Susan Isaacs, Paula Heimann, Margaret Mahler, Wilfred Bion, Donald Woods
Winnicott, Marion Milner, Herbert Rosenfeld, sino ad arrivare ad Harold F. Searles che lo
cita apertamente ancora nel 1986 in: “Il paziente borderline” - (Pag. 17). Nel leggere queste
righe il lettore dovrebbe più che altro cercare di farsi un’idea di come le persone definite
dall’autrice dotate di “PERSONALITA’ COME SE... fossero normali”, possano
ingannare l’osservatore, imprigionandolo come la mosca nella tela del ragno.
DIZIONARIO – Circa i termini oggetto, oggettuale, occorre ricordare che in psicoanalisi
esiste un soggetto ed un oggetto e, come nell’analisi logica della proposizione, il soggetto è
chi fa l’azione, e l’oggetto chi la subisce, cioè il destinatario dei comportamenti del
soggetto. Mentre nel linguaggio corrente il soggetto molto spesso è nominato, in
psicoanalisi viene dato altrettanto spesso per sottinteso. L’oggetto, invece, viene sempre
menzionato, anche solo con il termine “oggetto”. Quando si parla di transfert,
si intende riferirsi a quegli stati d’animo, emozioni o modi di sentirsi,
quali che essi siano, che il paziente trasmette all’analista, cioè
trasferisce su di lui, non solo per mezzo del contenuto delle
parole ma anche attraverso il tono ed il volume della voce che
le esprime, lo sguardo se l’analista è nel suo campo visivo, e
altri aspetti sensoriali e motori o il loro contrario, come
l’immobilità ed il silenzio.
Helene Deutsch - LA PERSONALITA’ “COME SE...” fosse normale - “Presenterò in
questo lavoro alcune osservazioni psicoanalitiche su certe forme di disturbi emotivi, in cui il
rapporto col mondo esterno e con l'Io appare impoverito o assente. Tali disturbi della vita
emotiva assumono varie forme. Per esempio ci sono soggetti che non sono coscienti della
loro assenza di risposte e legami affettivi normali, ma il cui disturbo è percepito da chi li
circonda. Ce ne sono altri che si lamentano della incapacità a stabilire un valido legame
affettivo e sono fortemente scossi da questo disturbo nelle loro esperienze interiori. Il
disturbo può essere transitorio e fluttuante; può ricorrere di tanto in tanto, ma solo in
relazione a certe particolari esperienze o situazioni, o può persistere e stabilirsi come
sintomo costante. Inoltre, il disturbo emotivo può essere vissuto solo nell’intimo
dell’individuo, o può essere proiettato sul mondo esterno. In un caso il paziente dice: “Tutto
mi sembra irreale”. Nell'altro, il paziente si lagna che il mondo esterno sembra strano, che
gli oggetti sono sfumati, che le persone e gli avvenimenti sono come teatrali. La maggior
parte delle osservazioni che sono materia del presente lavoro, si riferiscono a disturbi assai
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vicini alla “depersonalizzazione”, ma differiscono da essa, in quanto non sono percepiti
come disturbi dal paziente stesso. Ho dato il nome di “Come se” a questo tipo particolare di
personalità. Dirò subito che l’accezione del termine in oggetto, non ha niente a che vedere
con il sistema di Vaihininger e la filosofia del “come se”. L'unica giustificazione ad usare
una definizione così poco originale, per il genere dei pazienti che voglio presentarvi, è che
ogni tentativo di capire e il modo di sentire e la maniera di vivere di questi soggetti,
produce nell’osservatore l’impressione inevitabile che l’intero loro modo di essere di
fronte alla vita abbia qualcosa che manca di genuinità, e tuttavia apparentemente, esso
appaia come se fosse normale. Anche il profano, di fronte ad un soggetto del genere,
prima o poi esclama: “Qui c’è qualcosa che non va:” Apparentemente la persona
sembra normale; nulla suggerisce alcun disturbo; il comportamento non è bizzarro; le
capacità mentali non sono danneggiate; le espressioni emotive sembrano appropriate.
Eppure, nonostante tutto, qualcosa di intangibile e indefinibile evoca la domanda:
“Cosa c’è che non va?”
La prima impressione che questi soggetti fanno è di completa normalità. Sono
intellettualmente dotati e dimostrano grande comprensione verso i problemi intellettuali ed
emotivi. Quando si abbandonano ai loro impulsi creativi essi fanno formalmente un buon
lavoro, ma non riescono altro se non a ripetere dignitosamente un prototipo. Ad una
osservazione più accurata, la stessa cosa appare caratterizzare le relazioni affettive del
paziente con l’ambiente. Tali relazioni sono di solito intense, recano tutti i connotati
dell'amicizia, dell'amore, della simpatia, della comprensione, ma anche il profano avverte
qualcosa di strano; che non riesce a spiegare. L'analista comprende subito che queste
relazioni sono prive di qualsiasi partecipazione reale, di calore; che l'espressione delle
emozioni è puramente formale, e che ogni esperienza interna è completamente preclusa,
come la prestazione di un attore tecnicamente ben preparato, ma che manca di quella
scintilla che rende le sue interpretazioni brani di vita vissuta. Il tratto essenziale di questi
pazienti è che apparentemente conducono una vita dotata di normali capacità emotive e
sensitive, ma per loro non c'è differenza tra le vuote forme e quanto gli altri provano
effettivamente.
Questa condizione non è uguale alla freddezza dei soggetti repressi, i quali hanno
solitamente una vita emotiva altamente differenziata, anche se nascosta dietro un
diaframma, e la perdita dell'affettività o è evidente o è mascherata da iper-compensazioni:
nell'uno c'è una fuga dalla realtà o una difesa contro la realizzazione di pulsioni istintuali
proibite; nell'altro, una ricerca della realtà esterna, nel tentativo di evitare una fantasia carica
di angoscia. La Psicoanalisi ci mostra che nel soggetto “come se” non ha luogo una
rimozione, ma una vera perdita dell'investimento oggettuale. La relazione
apparentemente normale col mondo è di tipo imitativo, infantile, ed è espressione
dell’identificazione con l’ambiente, una imitazione che ha come sbocco un buon
adattamento alla realtà nonostante l'assenza dell'investimento oggettuale, [cioè di un
vero e reale rapporto profondo con qualcuno.]
Ulteriori conseguenze di tale modo di essere di fronte alla vita, sono una disposizione
tutt’altro che passiva verso l'ambiente, con una notevole prontezza plastica a percepire i
segnali del mondo esterno ed a modellarvi di conseguenza sé stessi ed il proprio
comportamento. L'identificazione con ciò che pensa o sente l'altro è espressione della
plasticità passiva e rende la persona capace della più grande fedeltà come della perfidia più
nera. Ogni oggetto può servire da ponte per l’identificazíone. In un primo tempo, quindi,
l'amore, l'amicizia, l'attaccamento dell'individuo “come se” gratificano notevolmente il
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partner. Se è una donna, sembra la quintessenza della dedizione, impressione dovuta al
fatto che è passiva e pronta ad identificarsi. Ben presto, comunque, la carenza di un reale
calore affettivo rende l'atmosfera emozionale vuota e convenzionale, tanto che l'uomo, di
regola, interrompe precipitosamente il rapporto [salvo che non abbia anche lui una
personalità “come se...” Spesso i colpi di fulmine avvengono proprio fra personalità “come
se”, e come il fulmine, durano un attimo o non raggiungono mai mete concrete!] Nonostante
la vischiosità [quasi simbiotica] che la persona “come se” dimostra in ogni relazione,
reagisce all'abbandono o con una esplosione di reazioni affettive del tipo “come se”, quindi
spurie, o con una franca assenza di affettività. Alla prima occasione, íl precedente oggetto
viene sostituito da un oggetto nuovo e la storia si ripete. [Più di trent’anni dopo Margareth
S. Mahler in: “Le psicosi infantili”, parlando dei bambini psicotici, scriverà: “...Sembrano
molto spesso rendersi conto di non poter rispondere in modo adeguato agli stimoli affettivi
della realtà, e perciò tentano di apprendere le emozioni o le reazioni emotive allo stesso
modo delle abitudini. (Charlie, un caso di “personalità come se”...) (Pag. 97)]
La stessa vuotezza e la stessa mancanza di individualità che si riscontrano nella vita
emotiva di questi soggetti, appaiono anche nella loro struttura morale. Completamente senza
carattere, totalmente privi di principi, essi riflettono semplicemente e pedissequamente gli
ideali e le convinzioni degli altri, siano essi buoni o cattivi. Aderendo con facilità a vari
gruppi (sociali, etici, religiosi) essi cercano di dare un contenuto e una realtà alla loro
interna vuotezza, e stabiliscono, mediante l'identificazione, la validità della loro esistenza.
Una convinzione filosofica fino a poco tempo prima professata con entusiasmo, può venir
prontamente e completamente rimpiazzata da un'altra, in completa contraddizione con la
precedente, senza la minima traccia di travaglio interiore; semplicemente come risultato di
occasionali identificazioni stabilite all'interno della cerchia delle loro conoscenze. Un'altra
caratteristica di questi pazienti è la loro suggestionabilità, abbastanza comprensibile in
base a ciò che sinora abbiamo detto. Come la capacità di identificazione, questa
suggestionabilità è diversa da quella dell'isterico per il quale l'investimento oggettuale è una
condizione necessaria; nel soggetto “come se”, la suggestionabilità è da attribuirsi alla
passività ed alla tendenza automatica alla identificazione.
[In presenza di un numero elevato di identificazioni, queste dividono l’IO del soggetto in
altrettante parti. Considerata la diversità di esse sia a livello di contenuti che di forza,
dipendente dalle caratteristiche del modello da cui sono state assorbite, ne deriva che al
momento di prendere una qualche decisione ognuna pretenda di imporsi sulle altre, anche
attraverso temporanee alleanze trasversali secondo la visuale: l’unione fa la forza. Ma a
successo ottenuto, si mettono in collisione fra di loro per lo stesso motivo, passando così
dalla macroconflittualità alla microconflittualità, il cui risultato finale è un tutti contro tutti.
Siamo alla paralisi decisionale ed all’esplosione del delirio schizo-paranoide. (Dai miei
appunti circa alcuni casi di: “Personalità come se...”)]
Una terza caratteristica della personalità “Come se” è che le pulsioni aggressive sono
quasi completamente mascherate dalla passività, conferendo così un'aria di artificiosa
bontà, di dolce amabilità, per altro prontamente virabíli in cattiveria aperta. Comune a
questi casi è un disturbo profondo del meccanismo della sublimazione, che sfocia sia nella
incapacità a integrare le varie identificazioni infantili in un'unica personalità ben strutturata,
sia in una sublimazione imperfetta, unilaterale, puramente intellettuale delle forze istintuali.
Mentre il giudizio critico e le capacità di pensiero possono esser normali o addirittura
eccellenti, la parte affettiva e morale della personalità manca del tutto.
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L'origine di un tale disturbo psichico, risale in primo luogo, alla svalutazione dell'oggetto
che funge da modello per lo sviluppo della personalità del bambino. Questa svalutazione
può avere un solido fondamento nella realtà o può esser fatto risalire, ad esempio, allo shock
dovuto alla scoperta del coito fra i genitori, proprio in quella fase dello sviluppo in cui il
bambino si trova a combattere le ultime battaglie contro la masturbazione, ed ha bisogno di
essere sostenuto nei suoi sforzi verso la sublimazione. O le probabilità di una riuscita
sublimazione sono fortemente inficiate dalla sessualizzazione della relazione con un oggetto
che dovrebbe servire al bambino come un modello per il suo Io ideale, nella fattispecie una
identificazione con la madre macroscopicamente erotizzata. Un'altra causa di questo tipo di
disturbo emotivo risiede nell'insufficiente stimolo alla sublimazione delle emozioni, come
risultato di un'infanzia stracolma di tenerezza oppure, all'opposto, carente della medesima.
Anche l'angoscia infantile può andare incontro ad un destino simile.
Una educazione troppo rigida o troppo permissiva possono contribuire all'insuccesso nella
formazione di efficaci meccanismi di difesa, che avrà come conseguenza una spiccata
passività dell'Io. A questo punto deve esser posta la domanda sulla differenza che intercorre
fra la tendenza all'identificazione con gli abituali oggetti d'amore, nei soggetti isterici e nei
“come se”. Ebbene la grande differenza risiede nel fatto che gli oggetti con cui gli isterici si
identificano sono investiti di una carica libidica assai intensa. Nell'isteria, la rimozione
dell'affetto, comportando la liberazione dall'ansia, rappresenta un modo di uscire dal
conflitto. Nel paziente “Come se”, invece, una deficienza precoce nello sviluppo
dell'affetto, riduce la conflittualítà interna. Ne consegue un impoverimento globale della
personalità che non si verifica nell'isteria.
Si potrebbe autorizzare il sospetto che ci troviamo di fronte a qualcosa di simile al blocco
dell'affettività comune ai soggetti narcisistici che, mediante la rimozione, sono pervenuti
alla perdita dei sentimenti. La sostanziale differenza è che la personalità “Come se...”
cerca di simulare l'esperienza affettiva, laddove l'individuo col blocco affettivo non se ne
preoccupa. All'indagine psicoanalitica del primo si rinviene sempre che le relazioni oggettuali un tempo sviluppate e le pulsioni aggressive sono state rimosse e quindi non sono
più a disposizione della personalità cosciente. Durante il trattamento è possibile portare allo
scoperto il segmento rimosso, affettivamente ricco di significati, e a volte rendere
nuovamente dísponibile per l'Io la parte di vita emotiva sepolta. Anna Freud (1936)
sottolinea che il tipo di pseudoaffettività che si osserva nel paziente “Come se...”, la si può
ritrovare spesso nella pubertà. Sono dell'idea che in entrambi i casi sia determinante la
svalutazione degli oggetti primari, genitori ed equivalenti, tipica della pubertà, che un
tempo servirono come modelli dell'Io ideale.
Anna Freud ammette che questo comportamento può indurre nell'osservatore il sospetto di
una psicosi. Dal canto mio, sono dell'avviso che le riflessioni che ho sottoposte in questa
sede valgano anche per la pubertà. A volte la dinamica resterà nei limiti della normalità;
altre, assumerà caratteri schiettamente patologici. In ogni caso, per un comportamento del
genere è giustificata la dizione “schizoide”, indipendentemente dall'eventuale insorgenza
successiva di una schizofrenia. Non mi è infatti molto chiaro se i disturbi emotivi che ho
descritto in questo lavoro implichino una disposizione alla schizofrenia o siano essi stessi
sintomi rudimentali di schizofrenia. Effettivamente questi pazienti rappresentano delle
varianti nella serie delle personalità abnormi. Essi non sono inquadrabili in nessuna delle
categorie comunemente accettate di nevrosi e sono troppo ben adattati alla realtà per poter
essere considerati come psicotici. Se anche la psicoanalisi non raggiunge che raramente un
successo completo, pure gli effetti benefici del trattamento analitico non tardano a farsi
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sentire e possono essere duraturi; soprattutto l'identificazione con la figura dell'analista può
venir utilizzata quale influenza attiva e costruttiva. Fine dell’articolo di Helene Deutsch.
CONSIDERAZIONI FINALI – Giunti a questo punto, sono convinto che al lettore
saranno già venute in mente possibili “personalità come se...” appartenenti al gruppo delle
sue amicizie e/o all’ambiente di lavoro, per cui adesso si chieda: “Come devo
comportarmi con...?” H. Searles (1986) inserisce questi soggetti nella categoria dei
borderline. Il più corretto atteggiamento che si può avere con loro, consiste nell’essere
semplicemente sè stessi, cercando di non lasciarsi condizionare in alcun modo qualsiasi
atteggiamento o posa esibiscano, con una certa quantità di comprensione che però non deve
essere eccessiva, paternalistica, o peggio ancora: pietistica, poiché i soggetti affetti da
“personalità come se...” sono molto attenti al come vengono trattati, quindi se ne
accorgerebbero subito e ne avrebbero un contraccolpo pesante che li porterebbero ad odiarsi
ancora di più di quanto già fanno. All’atto pratico, non bisogna inchiodarli alla personalità
che esprimono in quel momento, ma nemmeno prenderne le distanze.
Come ho già detto, bisogna essere con loro semplicemente umani senza forzature di
alcun tipo. Esserlo davvero potrebbe essere causa di un sottile stato depressivo, e questo
mette a suo agio “la personalità come se...” poichè in tale modo non deve più preoccuparsi
di quale personalità assumere per farsi accettare, sintonizzandosi facilmente con l’altro
poiché la sua vera personalità è spontaneamente incline verso la depressione dovuta al
suo modo di sentirsi e che, con il suo “comportarsi come se...”, fa di tutto per
nascondere agli altri, ma in primo luogo a sé stesso. Ciò non deve tuttavia illudere chi è
riuscito con il proprio comportamento ad ottenere nel “Come se...” questo cambiamento,
poiché esso tuttavia è di breve o brevissima durata. Non tenerne conto, potrebbe
sconvolgere la persona di buona volontà e far sentire il “Come se...” ancora più isolato.
BIBLIOGRAFIA
- Da. “Forme di disturbi emotivi e loro rapporti con la schizofrenia” in: “Psicoanalisi delle
nevrosi” di Deutsch Helene (1942) - Newton Compton Editori 1978 – Pag.. 238 / 253.
- Margareth S. Mahler - Le psicosi infantili - Boringhieri 1972 - Pag. 97.
- H. Searles - Il paziente borderline – Bollati Boringhieri 1988 - Pag. 17.
- Dizionario di Lingua italiana Zingarelli 1999. (Per la traduzione di parole obsolete.)
IL CURRICULUM DI UGO LANGELLA
Ugo Langella e' nato ad Alba (Cuneo) il 25/6/1943. A Torino dal 1964, nell'estate 1994
ha trasferito studio e abitazione all'attuale indirizzo. Laureato in Pedagogia a Torino nel
1971, nel 79 si e' laureato in Psicologia a Padova. In analisi dal 1975 al 1981 a Milano
dalla Dott. Myriam Fusini Doddoli della Società Psicoanalitica Italiana, negli anni 78 e
79 ha partecipato ai suoi gruppi di formazione e supervisione, quest'ultima continuata a
Torino nel 79 con il Dott. Flegenheimer e dall'80 all'82 con il Dott. Levi, analisti della
Società Psicoanalitica Italiana. Nel 1989 ha conseguito l'attestato di ipnotista presso il
Centro Italiano di Ipnosi Clinica Sperimentale C.I.I.C.S. del Prof. Franco Granone. E'
iscritto all'Ordine degli Psicologi del Piemonte (posizione 01/246 - al 17/07/1989, data di
prima costituzione) ed all'Albo degli Psicoterapeuti.
http://www. oltrepsy.it per trovare tutti i numeri ed i supplementi di OLTRE.
[email protected] per riceverli via e-mail, naturalmente gratuitamente.
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