Licheni e marmotte della Val Piora

Licheni e marmotte della Val Piora
Proposta di ampliamento del Sentiero didattico Lago Ritom
a cura di Elisa Manzocchi
Lavoro di maturità biologia
Docente responsabile: prof. O. Pedrazzini
gennaio-dicembre 2010
Elisa Manzocchi
Lavoro di maturità biologia
gennaio-dicembre 2010
Sommario
1. Introduzione ......................................................................................................................................4
1.1 2010 Anno internazionale della biodiversità................................................................................ 5
2.Le specie ...............................................................................................................................................7
2.1 La marmotta ............................................................................................................................... 7
2.1.1 Morfologia ....................................................................................................................... 7
2.1.2 Habitat ............................................................................................................................. 8
2.1.3 La tana ............................................................................................................................. 8
2.1.4 Il letargo ......................................................................................................................... 10
2.1.5 L’alimentazione .............................................................................................................. 10
2.1.6 La predazione ................................................................................................................. 11
2.1.7 Distribuzione e tutela della popolazione in Val Piora....................................................... 11
2.1.7.1 La marmotta bianca .............................................................................................. 12
2.2 I licheni ..................................................................................................................................... 13
2.2.1 La simbiosi alga-fungo .................................................................................................... 13
2.2.2 Il tallo ............................................................................................................................. 14
2.2.3 La riproduzione .............................................................................................................. 16
2.2.4 I licheni: bioindicatori ambientali .................................................................................... 17
2.2.5 I licheni e il loro utilizzo da parte dell’uomo .................................................................... 17
2.2.6 I licheni in Val Piora: una ricerca ancora agli inizi ............................................................ 18
3.Procedimenti .................................................................................................................................... 19
3.1 Materiali ................................................................................................................................... 19
3.2 Metodi di indagine per lo studio sulle marmotte ....................................................................... 19
3.3 Metodi di indagine per lo studio sui licheni ............................................................................... 20
4. Risultati ............................................................................................................................................. 23
4.1 Risultati dei rilievi delle tane ..................................................................................................... 23
4.2 Tabelle osservazioni del comportamento delle marmotte ......................................................... 24
4.3 Specie licheniche identificate .................................................................................................... 25
5. Discussione ...................................................................................................................................... 27
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6. Conclusioni ....................................................................................................................................... 31
6.1 Cartello didattico “La marmotta” ............................................................................................. 31
6.2 Cartello didattico “I licheni” ..................................................................................................... 31
7. Ringraziamenti ................................................................................................................................ 32
8. Bibliografia ....................................................................................................................................... 33
9. Sitografia ........................................................................................................................................... 34
10. Allegati ............................................................................................................................................ 35
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1.Introduzione
L’idea di questo lavoro di maturità nasce nel febbraio 2010 quando il professor Pedrazzini mi
propone di dare un contributo allo sviluppo del Sentiero didattico Lago Ritom (Allegato 1).
Inizialmente mi interessava lo studio del tratto di sentiero già esistente, per esempio mi
sarebbe piaciuto analizzare l’influsso del passaggio di escursionisti sulla fauna e la flora
viventi in quel luogo. In seguito mi venne però offerta la possibilità di dare un contributo
ancora più personale, quello di progettare io stessa un prolungamento del sentiero, un’idea
che mi ha appassionato fin da subito e che mi ha portato a svolgere fino in fondo questo
lavoro. Prima di tutto ho dovuto scegliere un possibile percorso da proporre
all’escursionista, un percorso che deve offrire la possibilità di approfondire le conoscenze su
alcuni elementi naturalistici interessanti e degni di nota. La mia scelta è caduta sul sentiero
che costeggia il lago Cadagno attraversando il piccolo nucleo di Cadagno di Dentro che
raggiunge l’insediamento alpestre dell’Alpe di Piora unendosi al sentiero didattico già
demarcato e su di una piccola deviazione all’interno del Pian Murinascia (Fig.1). La
passeggiata su questo sentiero offrirebbe all’escursionista la possibilità di passare accanto ad
un ambiente molto particolare, quello della torbiera di Cadagno di Fuori. Inoltre permette di
apprezzare la fioritura delle specie vegetali che crescono nei pascoli attorno al lago, di venire
a contatto con le marmotte, che abitano i pascoli ed infine di venire a conoscenza delle
particolarità dei licheni, spesso non notati e considerati insignificanti, ma ben presenti sulle
cascine di Cadagno di dentro. Nel mio lavoro mi sono soffermata, per scelta, solamente sugli
ultimi due elementi citati, quelli che più mi intrigavano.
Per quanto riguarda le marmotte mi sono soffermata sull’ osservazione del loro
comportamento, anche perché un altro genere di studio, per esempio del metabolismo
oppure del “sistema-tana”, avrebbe necessitato di mezzi sofisticati e di conoscenze molto
più approfondite.
Per quanto riguarda i licheni, invece, mi sono dedicata alla ricerca d’ informazioni riguardanti
questi misteriosi ed affascinanti organismi e all’identificazione di alcune specie presenti sul
posto da mostrare all’escursionista occasionale.
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Figura 1: Sentiero didattico Lago Ritom ed in rosso la proposta di prolungamento
Lo scopo di questo lavoro è quindi quello di redigere due cartelli didattici per informare
l’escursionista, ma anche quello di mostrargli la diversità della natura, la sua bellezza e la sua
complessità. Sono convinta che così facendo si possa risvegliare in chi percorre questo
sentiero quel senso di responsabilità necessario per conservare e valorizzare la natura.
Questo aspetto si inserisce molto bene nel discorso e negli obiettivi proposti
dall’Organizzazione delle Nazioni unite e da altri Enti che hanno voluto dedicare l’anno 2010
alla biodiversità.
1.1. 2010 Anno Internazionale della biodiversità
In Svizzera questa iniziativa è sostenuta dall’ Ufficio federale dell’ambiente (UFAM),
dall’Accademia di sciente naturali (SCNAT), dal WWF Svizzera, da Pro Natura, da BirdLife
Schweiz e da Zooschweiz. Questa ricorrenza mira a sensibilizzare la popolazione
sull’importanza della biodiversità per la nostra società. La biodiversità è la diversità delle
specie, degli ecosistemi, del patrimonio genetico e delle interazioni fra questi tre livelli.
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Nell’articolo 2 della Convenzione sulla diversità biologica (CBD, Convention on biological
diversity, sottoscritta da più di 150 governi al vertice mondiale di Rio de Janeiro nel 1992) la
biodiversità è definita come:
«La variabilità degli organismi viventi di ogni origine, compresi inter alia gli ecosistemi
terrestri, marini ed altri ecosistemi acquatici e i complessi ecologici di cui fanno parte; ciò
include la diversità nell’ambito delle specie e tra le specie e la diversità degli ecosistemi.» 1
La conservazione della biodiversità è fondamentale da vari punti di vista. Essa, infatti,
contribuisce alla regolazione del clima, all’eliminazione dei rifiuti, al consolidamento del
terreno, alla regolazione del bilancio idrico, alla garanzia di alimenti di qualità, al controllo di
erbacce e parassiti, al mitigare l’impatto di situazioni estreme a seguito di fenomeni climatici
ed inoltre è anche incarnazione della bellezza e dell’estetica ed ha un valore esistenziale
intrinseco.2 In sintesi una maggiore biodiversità determina una maggiore stabilità dell’intera
biosfera.
Per questo è importante sensibilizzare la popolazione sull’importanza di mantenere la
biodiversità, che negli ultimi anni è diminuita a causa del crescente consumo globale di
risorse, del cambiamento dello sfruttamento agricolo, della frammentazione degli ambienti,
dell’urbanizzazione e della diffusione degli abitati, dello sfruttamento forestale,
dell’eutrofizzazione degli ecosistemi acquatici, dei mutamenti atmosferici, dell’inquinamento
luminoso, del turismo, delle specie invasive (neofite). Il mio lavoro, il prolungamento del
sentiero didattico di Piora e quindi il suo sviluppo,vuole essere un passo nella direzione di
promuovere e salvaguardare la biodiversità alpina.
1 www.biodiversitaet2010.ch/it/capire/definizione (consultato il 5.10.2010)
2 www.biodiversitaet2010.ch/it/capire/importanza (consultato il 5.10.2010)
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2. Le specie
Qui di seguito verranno presentate alcune caratteristiche generali delle specie coinvolte
nello studio.
2.1 La marmotta
La marmotta è un mammifero appartenente all’ordine dei roditori e alla famiglia degli
sciuridi (come gli scoiattoli). Il nome del genere è Marmota ed esistono undici specie diffuse
in Europa, dalle Alpi ai Carpazi, in Asia e sulle montagne del Nord d’America. Le marmotte
che vivono nelle Alpi, appartengono alla specie Marmota marmota.
2.1.1 Morfologia
La marmotta è il più grande roditore delle Alpi. Il suo corpo è robusto, tozzo e ricoperto da
una voluminosa pelliccia (Fig.2). La testa è corta e tonda, le orecchie piccole ed il muso corto
e appuntito. La coda è voluminosa per il folto pelo ed è generalmente lunga 13-16 cm. Gli
individui che raggiungono la maturità sessuale pesano tra i 4 e gli 8 chilogrammi e
raggiungono la lunghezza testa-corpo di 50-58 cm. Le marmotte non presentano dimorfismo
sessuale, cioè apparentemente è difficile distinguere l’individuo maschio dalla femmina e
viceversa. Il riconoscimento del sesso è possibile solo misurando la distanza tra l’ano e la
papilla genitale: se la distanza supera i 3 cm si tratta di un maschio mentre se la distanza
non supera i 3 cm si tratta di una femmina.
Figura 2: un esemplare di Marmota
marmota
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2.1.2 L’habitat
L’habitat prediletto dalla marmotta alpina è rappresentato dalla prateria alpina in ambiente
morenico. La prateria è un’immensa fonte di cibo mentre al di sotto dei grossi massi (detriti
morenici) le marmotte scavano le loro tane. Inoltre i massi sono anche dei formidabili punti
di osservazione e di presa di sole, attività che occupano buona parte della giornata. In
assenza di praterie in ambiente morenico le marmotte si distribuiscono generalmente tra i
2000 e i 2700 m di altitudine prediligendo versanti ripidi esposti a sud. 3
2.1.3 La tana
Il fulcro della vita di una marmotta è rappresentato dalla tana, essa fornisce riparo sia di
giorno, in caso di bisogno, che durante la notte. Inoltre è un posto sicuro per il lungo letargo
invernale. Le tane scavate in un determinato territorio da una colonia di marmotte
potrebbero sembrare a prima vista tutte uguali. Osservate più attentamente e prendendo in
considerazione determinati parametri, quali il diametro dell’apertura, l’esposizione, la
quantità di materiale asportato, possono essere differenziate in tane principali, secondarie o
di fuga oppure semplici buchi. Per tana principale si intende quella occupata stabilmente
dalle marmotte. Esse sono facilmente distinguibili, poiché hanno maggiori dimensioni e sono
caratterizzate dall’avere all’esterno un ampio terrazzo (Fig.3) formato dal materiale
asportato
Figura 3: tana con un evidente terrazzo
3 Fonte:P. Ventura-Luini, La marmotta alpina, Edizioni agricole, Bologna, 1989 pag. 7
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Il cumulo di materiale asportato davanti alle tane viene utilizzato come luogo per il solario e
per il gioco. All’interno le tane principali hanno una struttura molto complessa e ramificata
raggiungendo la lunghezza di 40 metri di corridoi e camere (Fig.4). Le camere, prima del
letargo, vengono foderate con del fieno e l’entrata principale della tana viene chiusa con un
“tappo” non ermetico di 1 metro di spessore composto da ramoscelli, erba e ciottoli che
permette il ricambio dell’aria all’interno della tana. L’apertura principale è collegata ad
aperture secondarie più strette rispetto alla prima, esse servono come via di scampo ad
eventuali attacchi dei predatori e sono diffuse su tutto il territorio.
Figura 4: Schema delle ramificazioni sotterranee di una tana
Su di un territorio colonizzato da una famiglia di marmotte è possibile osservare anche dei
buchi o degli scavi interrotti. Il significato di queste strutture è di ordine pratico, nel caso
in cui la marmotta abbia incontrato un ostacolo mentre scavava, o in relazione alla
marcatura del territorio. Oppure, come affermano molti autori è da attribuire
alla
necessità di impiegare un surplus di energie, da parte dei giovani maschi, non ancora
pronti alla riproduzione. 4 Le tane vengono scavate con una tecnica particolare che
coinvolge sia gli arti anteriori, dotati di una muscolatura possente, sia i denti, impiegati
per recidere eventuali radici durante lo scavo.
4 Fonte: P.Ventura Luini, La marmotta alpina, Edizioni agricole Bologna,1989, pag.17
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2.1.4 Il letargo
Durante l’inverno le condizioni ambientali diventano insostenibili per permettere la piena
attività della marmotta. Essa si rifugia nella propria tana e cade in un sonno profondo
della durata di circa 6 mesi sopravvivendo durante tutto l’inverno grazie alle riserve di
grasso che si sono accumulate nel suo corpo durante la primavera e l’estate. In autunno
prepara la propria tana per il lungo inverno raccogliendo del fieno secco che utilizza per
costruirsi un comodo giaciglio. La condizione di letargo è possibile grazie alla diminuzione
delle attività del metabolismo: una drastica riduzione della temperatura corporea (da 3839 °C a 5-6 °C), diminuzione dei movimenti respiratori (da 15-20 al minuto a 3-4 al
minuto) e ad un rallentamento del battito cardiaco (da 160 battiti per minuto a 45 per
minuto)5. Ad intervalli regolari la marmotta si sveglia per espletare i bisogni fisiologici pur
sempre restando nella tana. In una singola tana si possono trovare più 10 individui stretti
gli uni contro gli altri. Al momento del risveglio le marmotte hanno perso metà del loro
peso.6
2.1.5 L’alimentazione
La dieta della marmotta è prevalentemente vegetariana, si nutre di germogli, fiori , frutti,
radici e bulbi di Graminacee, Leguminose, Ranuncolacee, Labiate, Poligonacee, ecc. Più in
generale si può affermare che si nutre di erbe ricche di acidi grassi insaturi come ad
esempio il trifoglio alpino, la motellina delle Alpi (Fig.5), il cardo e la piantaggine.7
Raramente si nutre di insetti o di larve. Non beve, ma ricava l’acqua dai vegetali dei quali
si nutre e dalla rugiada che si deposita su di essi al mattino. Effettua principalmente due
pasti giornalieri, alla mattina e alla sera, e può arrivare ad ingerire in piena estate fino a
500 gr di cibo in un giorno. La necessità di recuperare le energie perse durante il letargo
fa si che alla fine del letargo le marmotte si abbuffino letteralmente. Abbuffate che a
volte possono causare l’insorgere di gastroenteriti, anche letali.
5 Fonte : L’hibernation, «Survivre en hiver», Ed. Parc de la Vanoise, 1999
6 Fonte : P. Ventura Luini, La marmotta alpina, Edizioni agricole Bologna,1989, pag. 38
7 Fonte: www.jagdschweiz.org (consultato il 20.12.2010)
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La defecazione avviene di solito in buchi a fondo cieco appartenenti al sistema-tana che,
una volta riempiti vengono chiusi con un tappo di fango, altre volte in zone ben delimitate
all’aria aperta. Le marmotte hanno escogitato questo sistema per tener lontano insetti e
parassiti.8
Figura 5: Ligusticum mutellina, comunemente detta Motellina delle Alpi9
2.1.6 La predazione
I predatori ai quali la marmotta deve prestare più attenzione sono la volpe e l’aquila. Un
sistema escogitato dalle marmotte per difendersi è il caratteristico fischio, utilizzato sia
per avvisare le compagne che per impaurire il predatore. La volpe, di solito, attacca le
marmotte quando queste sono appena uscite dal letargo così difficilmente riusciranno ad
opporre resistenza. La lotta, quando questa avviene, è molto cruenta, infatti la marmotta
si difende grazie agli artigli lunghi e appuntiti delle zampe posteriori e ai lunghi incisivi.
L’aquila caccia invece a sorpresa; si avvicina alla preda volando raso-suolo e all’improvviso
la afferra con gli artigli. Il fischio si differenzia a dipendenza del predatore: se esso attacca
dal suolo il fischio è multiplo, mentre se l’attacco avviene dall’alto il fischio sarà singolo.
2.1.7 Distribuzione e tutela della popolazione della Val Piora
In uno studio pubblicato nel 1983, sulla distribuzione e le condizioni delle marmotte sul
territorio cantonale, Maria Scossa Romano-Cassani scrive che “il numero di esemplari
8 Fonte : P. Ventura Luini, La marmotta alpina, Edizioni agricole Bologna,1989, pag.20
9 Fonte: pages.unibas.ch/botges
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presenti in val Piora è stimato a 160 esemplari, l’habitat è ottimo ed è riscontrabile un
aumento di individui dopo la proibizione di transitare con i veicoli sulla strada che porta
fino in Cadagno, introdotta nel 1976.” In questo studio vengono inoltre proposte la
chiusura della caccia alla marmotta su tutto il territorio cantonale per almeno tre anni, il
ripopolamento delle aree protette e la caccia ad anni alterni. Attualmente non ci sono
censimenti che indicano il numero di esemplari presenti in Val Piora, si conoscono
unicamente gli effettivi dei capi catturati durante la caccia, che in Val Piora è bandita.10
Dove è permessa, si pratica la caccia della marmotta ad anni alterni.
2.1.7.1 La marmotta bianca
Come testimonia il breve sottocapitolo del libro La regione del San Gottardo, Val Piora,
Val Lucendro, Val Canaria fino a pochi anni fa in Val Piora era possibile avvistare una
marmotta di colore bianco sulla collina tra Cadagno e la Murinascia Grande. Questa
strana caratteristica è riscontrabile solo su pochissime altre colonie di marmotte al
mondo: nel Parco nazionale des Écrins in Val d’Aosta11 e nel parco nazionale della Vanois
in Francia. 12
All’inizio gli studiosi pensavano fossero casi di albinismo ma la faccenda è molto più
complessa. L’albinismo è una mutazione genetica non molto frequente in natura che fa si
che l’individuo sia privo di pigmenti e di conseguenza che la pelle e il pelo siano
completamente bianchi. Inoltre gli occhi dell’individuo in questione sono rossi. Nel caso
delle marmotte è però escluso che si tratti di questo tipo di mutazione perché non
presentano una colorazione degli occhi differente dal normale. Delle ricerche attuali
affermano che la colorazione bianca del pelo è dovuta ad un altro tipo di mutazione
chiamata “W/KIT”. Si tratta di una mutazione che colpisce una proteina, chiamata W/KIT
che è responsabile della moltiplicazione e diffusione dei melanociti allo stadio
embrionale. La mutazione fa si che i melanociti non si diffondano. La mancanza dei
10 Comunicazione scritta con il signor Salvioni dell’Ufficio caccia e pesca
11 Fonte : Mutation chez les marmottes, Jean-Marie Gourreau
12 Fonte : R.Peduzzi, G. Ceresa, Le marmotte bianche della regione del San Gottardo, Centro biologia
alpina Piora, Università di Ginevra,2010
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melanociti causa la mancanza di pigmentazione del pelo e della pelle. 13 Al momento è
confermata la presenza di individui che presentano questa mutazione in Val Tremola
(Fig.6).
Figura 6: un esemplare colpito da questa mutazione fotografato in Val Tremola14
2.2 I licheni
“I licheni sono funghi che hanno scoperto l’agricoltura” (Trevor Goward, lichenologo)15
2.2.1 La simbiosi alga-fungo
I licheni sono organismi originati da una simbiosi, cioè “un interazione nella quale due o
più specie vivono in intimo contatto” 16 In questo caso l’interazione avviene tra un fungo
ed un’alga e dà origine ad una struttura, il tallo, composta da ife fungine (micobionte) e
da cellule algali (fotobionte). In genere il micobionte 17 è un fungo ascomicete
13 Fonte : Deux mutation génétique différentes, Philippe Bossé
14 Fotografia gentilmente concessa dal Prof. Gabriele Ceresa
15 Fonte: Lichens of North America, www.lichen.com
16 Da Campbell, Reece, Taylor, Simon, Immagini della biologia, Seconda edizione Zanichelli, 2006,
pag.622
17 Micobionti sono quegli organismi che ricavano il nutrimento dal processo di decomposizione della
materia organica
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(Ascomycetes) o in pochi casi un basidiomicete (Basidiomycetes). La componente vegetale
fotosintetica di norma appartiene alle alghe azzurre (Cyanophyta) o alle alghe verdi
(Chlorophyta). Micobionte e fotobionte sopravvivono grazie ad una simbiosi mutualistica
all’interno della quale entrambi beneficiano della relazione; l’alga fornisce al fungo il
glucosio che ricava dalla fotosintesi, mentre il fungo a sua volta protegge l’alga dal
disseccamento, dall’eccessiva irradiazione luminosa e la rifornisce di acqua e sali minerali.
Il vantaggio reciproco permette ai licheni di sopravvivere in condizioni estreme, per
esempio sulle rocce in alta montagna, dove il fungo, essendo eterotrofo, non ha fonti di
nutrimento e l’alga isolata verrebbe distrutta. Si dice che i licheni siano una “simbiosi per
fame”, infatti se l’alga dovesse ricevere luce, acqua e sali minerali a sufficienza
abbandonerebbe la simbiosi e soffocherebbe il fungo, viceversa per il fungo che dovesse
ricevere condizioni di vita ideali.18
2.2.2 Il tallo
La morfologia dei licheni è semplice, essi sviluppano un tallo che può essere distinto in tre
categorie principali: licheni crostosi, licheni fogliosi e licheni fruticosi.
I licheni crostosi sono estremamente appiattiti contro il substrato, hanno l’aspetto di
una crosta costituita da granuli o placchette denominate areole ed il loro contorno è
irregolare (Fig.7).
Figura 7: lichene crostoso (Rhizocarpum geographicum)
18 Fonte: Hans Martin Jahns, Felci, muschi, licheni d’Europa, Scienze naturali, Franco Muzzio Editore,
1992
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I licheni fogliosi invece sono costituiti da sottili lamine (Fig.8) che crescono
parallelamente al substrato aderendovi per mezzo di rizine (piccole radici).
Figura 8: licheni fogliosi (Umbilicaria irsuta e Umbilicaria polyphylla)
I licheni fruticosi sono più o meno ramificati (Fig.9), non sono completamente fissati al
substrato e danno origine a formazioni lanuginose e filamentose.
Figura 9: lichene fruticoso (Letharia vulpina)
Generalmente il tallo (Fig.10) è formato da un primo strato superficiale chiamato cortex
superiore costituito unicamente da ife fungine (strutture cellulari filamentose avvolte da
una parete di micosina, componenti del micelio). Il secondo strato è denominato strato
algale ed è un reticolo di ife nel quale sono incastonate cellule algali. Al di sotto dello
strato algale vi è lo strato medullare, cioè un reticolo di ife più lasse nel quale si concentra
l’acqua che viene poi fornita alle alghe. Infine in alcuni licheni, soprattutto nelle specie
crostose e fogliose c’è uno strato molto simile a quello superficiale chiamato cortex
inferiore.19
19 Fonte: L. D’Aleo, Didattica delle scienze: I Licheni, apparso su Biologi Italiani ANNO XXXIX-N.2,
febbraio 2010
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Figura 10: schema della struttura microscopica di un lichene
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2.2.3 La riproduzione
I licheni possono riprodursi in due modi differenti, per via vegetativa oppure per via
sessuale.
La riproduzione per via vegetativa avviene grazie a degli organi, gli isidi e i soredi. Essi
sono dei frammenti di lichene escrescenti formati dal cortex e dallo strato algale che
possono staccarsi dal tallo grazie all’azione degli agenti atmosferici, degli animali oppure
del uomo e se incontrano un substrato ideale danno vita ad un nuovo tallo lichenico.
Anche la semplice frammentazione di un lichene potrebbe far proliferare un nuovo
lichene.
La riproduzione per via sessuata, invece, riguarda unicamente la componente fungina che
produce le spore. Esse vengono prodotte in speciali cavità chiamate aschi e quando,
germinando, vengono in contatto con delle cellule algali nasce la simbiosi e di
conseguenza si forma un nuovo tallo lichenico.
20 Fonte: web.unife.it/progetti/lauree_scientifiche/chimica/BioIIS.ppt (consultato il 13.12.2010)
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2.2.4. I licheni bioindicatori ambientali
I licheni sono organismi che hanno una notevole capacità nell’assorbire ed accumulare le
sostanze presenti nell’atmosfera, infatti essi attingono dall’atmosfera l’aria e l’acqua per il
loro metabolismo e non avendo un meccanismo di escrezione accumulano qualsiasi
sostanza, tossica e non, che ricevono assieme all’acqua e all’aria. Questa caratteristica fa
si che i licheni siano dei buoni bioindicatori della qualità ambientale. Essi manifestano
quindi in diversi modi la presenza di agenti inquinanti nell’atmosfera:
- alterazioni della crescita, del colore e della forma del tallo
- rarefazione dei talli e riduzione delle dimensioni fino alla totale scomparsa
-diminuzione delle specie presenti nel tempo e nello spazio
È possibile ritrovare in alcuni talli lichenici diverse sostanze inquinanti: l’anidride solforosa
(SO2) alla quale sono sensibilissimi, fluoro, idrocarburi (CH x), metalli, polveri e fumi in
sospensione nell’aria, la cui presenza è dovuta agli scarichi urbani e alla combustione di
combustibili fossili.
In Ticino a partire dal 1995 è stato condotto uno studio dal titolo “Valutazione della
qualità dell’aria nel Canton Ticino , attraverso l’utilizzo di licheni epifiti: confronti
transfrontalieri.”
Lo studio, condotto da Raffaele Peduzzi e Andrea Zocchi, ha preso in considerazione
l’indice I.A.P (Index of Atmospheric Purity), basato sul numero di specie licheniche rilevate
in relazione al numero di alberi considerati per il rilievo. I risultati mettono in evidenza
come sul tracciato dell’autostrada A2 e nelle aree maggiormente industrializzate questa
biodiversità è molto ridotta.
2.2.5 I licheni e il loro utilizzo da parte dell’uomo
Come adattamento alle condizioni estreme in cui sopravvivono, i licheni producono
innumerevoli composti chimici unici. Questi composti permetto ai licheni di difendersi dal
forte irraggiamento solare, dagli erbivori, dalla competizione con i vegetali e dall’attacco
di batteri. Tra questi numerosissimi composti ci sono anche pigmenti e antibiotici che
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sono stati utili per l’uomo,che ne conosce circa 600 tipi. L’acido vulpinico (prodotto dal
lichene Letharia vulpina),ad esempio, veniva utilizzato in passato mescolato a bocconi di
carne per uccidere le volpi. È diffuso anche oggigiorno l’utilizzo del lichene Cetraria
islandica per la produzione di tisane e pasticche dalle proprietà emollienti e disinfettanti
per le vie respiratorie. Dai licheni del genere Usnea si sono ricavati i principi attivi
dell’antibiotico “Usniplant” utilizzato per la cura di infezioni dermatologiche da
streptococchi e stafilococchi. Utilizzato dall’uomo è anche il composto chimico prodotto
dai licheni del genere Parmelia che costituisce il principio attivo del medicinale
Paramicina utilizzato per la cura della tubercolosi allo stato avanzato. Innovazioni nel
campo dell’inibizione del virus HIV sono state possibili grazie ad un carboidrato estratto
dai licheni appartenenti al genere Umbilicariaceae.21
2.2.6 I licheni della Val Piora: una ricerca ancora agli inizi
Si stima che in Val Piora vi siano circa 250 specie licheniche. 22 Il numero delle specie
identificate finora è relativamente basso, infatti fino al 2010 unicamente una ventina di
queste erano state identificate. Una svolta l’hanno data i lichenologi che nel luglio, del
2010 appunto, hanno partecipato alla 48 ore della biodiversità in Val Piora. Lo scopo di
queste due giornate di ricerca è stato proprio quello di raccogliere il maggior numero
possibile di specie da identificare che sono andate ad aggiungersi a quelle già conosciute.
Purtroppo però i risultati della 48 ore della biodiversità che riguardano le circa 200 nuove
specie licheniche raccolte non sono ancora noti.
21 Fonte: Presentazione Società Lichenologica italiana
22 Appunti personali, Introduzione alla giornata sui licheni, 14 luglio 2010, prof. Petrini
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3. Procedimenti
In questo capitolo verranno spiegati i metodi ed elencati i materiali con i quali sono state
eseguite le ricerche sul terreno.
3.1 Materiali
I materiali che ho utilizzato per il mio lavoro di ricerca sul campo sono:
-cartina 1:25000 Ambrì-Piotta (Carta nazionale della Svizzera)
-apparecchio fotografico digitale
-binocolo
-martello e scalpello
-soluzione di KOH (idrossido di potassio) al 20%
-binoculare
-pipetta pasteur
-tavole di determinazione
3.2 Metodi d’indagine per lo studio delle marmotte
Il metodo d’indagine che ho utilizzato per lo studio delle marmotte è stato l’osservazione
ad occhio nudo o con il binocolo della popolazione di marmotte durante i periodi di
attività all’esterno della tana. Ho effettuato una prima uscita sul terreno il 23 maggio
2010 ma questa si è rivelata inutile, perché la neve in Val Piora era ancora abbondante e
non essendo attrezzata adeguatamente per raggiungere il luogo prescelto per
l’osservazione delle marmotte non ho potuto svolgere l’attività che mi ero prefissata.
Inseguito ho effettuato altre cinque uscite (9/13/14/29 luglio e 18 agosto) durante tutto
il periodo delle vacanze estive nel corso delle quali è stata possibile l’appostamento e
l’osservazione delle marmotte. Alla seconda uscita sul terreno, in data 9 luglio 2010, ho
fatto il sopralluogo dell’intera zona che avevo prescelto per le mie osservazioni (Fig.11), il
Pian Murinascia redigendo una mappa delle tane presenti. Di alcune di queste tane ho
riportato l’ampiezza dell’apertura, una descrizione del terrazzo, la posizione cardinale ed
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Lavoro di maturità biologia
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eventuali altre osservazioni. In seguito ho scelto un punto d’ osservazione dal quale si
potesse vedere gran parte del pendio sul quale sono distribuite le tane catalogate ed ho
annotato tutti gli avvistamenti. Da questa postazione, ho effettuato tutta l’ osservazione.
Figura 11: area di studio (in rosso) e punti di osservazione (in verde)
Nei giorni 13/14/29 luglio e il 18 agosto, ho messo in atto un procedimento di
avvicinamento e di osservazione che spiegherò qui di seguito. Raggiunta la Capanna
Cadagno, la mia attenzione veniva subito attirata dagli individui che sostavano sul
terrazzo delle tane del nucleo visibile sulla sinistra, appena sotto la strada agricola. Dopo
aver annotato il numero degli individui visti, il numero assegnato alla tana davanti alla
quale sostavano ed eventuali spostamenti o comportamenti curiosi mi spostavo
imboccando il sentiero che attraversa il pascolo del Pian Murinascia. Raggiunto il secondo
punto d’osservazione (uguale a quello del primo rilevamento), osservavo i vari individui
fuori dalle tane e annotavo il loro comportamento, scattando anche delle fotografie. Il
tempo d’osservazione è stato di un’ora effettiva. Nel caso dell’ultima osservazione, quella
del 18 agosto, a causa di un imprevisto (le urla di alcuni turisti hanno fatto rientrare nelle
tane gli individui che stavo osservando) l’appostamento è durato solamente 30 minuti.
3.3 Metodi di indagine per lo studio sui licheni
Dopo la decisione d’incentrare parte del mio lavoro sui licheni mi sono informata su
questi organismi, dei quali sapevo l’esistenza ma non conoscevo le particolarità,
consultando alcuni libri specifici quali ad esempio “I licheni, guide all’aria pura”. Inoltre mi
è stato possibile partecipare ad una giornata di studio guidata dal prof. Petrini assieme a
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Elisa Manzocchi
Lavoro di maturità biologia
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degli studenti dell’Università di Ginevra proprio in val Piora. Durante questa uscita ho
potuto seguire un’introduzione durante la quale sono state descritte le principali
caratteristiche dei licheni ed inseguito una lezione sul terreno durante la quale il prof.
Petrini ha mostrato ed identificato diverse specie che fino a quel momento non erano mai
state identificate in Val Piora. Nel pomeriggio la lezione si è tenuta nel laboratorio del
Centro di biologia alpina ed ho potuto osservare le varie specie raccolte durante la
mattinata nei minimi particolari utilizzando il microscopio.
Lo studio è proseguito con la raccolta delle specie che vivono sulle rocce delle cascine che
compongono il nucleo di Cadagno di dentro in data 18 agosto. La raccolta è stata possibile
grazie all’aiuto di un martello e di uno scalpello che mi hanno permesso di raccogliere i
licheni che altrimenti non era possibile portare in laboratorio per l’identificazione per il
fatto che sono incrostati su grandi lastre di roccia (Fig.12).
Figura 12: raccolta campioni di lichene
Nel corso della raccolta è stata annotata la diffusione dei licheni raccolti nella zona con le
seguenti indicazioni: molto presente, mediamente o poco presente. Nel mese di
settembre, arrivata a scuola, è stato possibile identificare parte delle specie campionate
grazie all’aiuto della tavola di identificazione del libro “Felci, muschi, licheni d’Europa”,che
presuppone l’utilizzo di una soluzione di idrossido di potassio (KOH) al 20% per
differenziare alcune specie da altre. Al fine di procedere nell’identificazione è stato utile
l’utilizzo di un binoculare per individuare le parti più piccole e particolari di ogni
campione. I risultati sono poi stati raccolti sottoforma di tabella riportata nel capitolo 4.2.
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gennaio-dicembre 2010
Per alcune specie di lichene l’identificazione attraverso delle tavole a mia disposizione
non è stata possibile per questo è stato necessario rivolgersi al prof. Petrini, che con
mezzi più approfonditi ha determinato questi esemplari.
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gennaio-dicembre 2010
4.Risultati
Qui di seguito riporto i risultati ottenuti nelle diverse attività pratiche svolte sul terreno.
4.1 Risultati dei rilievi delle tane
Per quanto riguarda i rilievi delle tane riporto la tabella (Tab.1) contenente i dati relativi
alle tane dove sono stati avvistati uno o più individui e il grafico (Grafico 1) che mostra il
numero di avvistamenti per tana durante tutte le osservazioni.
Tabella 1: Risultati catalogazione delle tane oggetto di avvistamenti
Tana
diamentro [cm]
22
25
16
23
20
26
24
22
23
22
30
23
22
6
8
11
16
17
18
19
20
21
23
25
27
28
frequentazione
alta
media
media
media
alta
media
media
alta
media
media
alta
alta
media
esposizione
sud
sud-ovest
sud-ovest
sud
sud-ovest
sud
nord
sud-ovest
sud
sud-ovest
est
sud
sud
osservazioni
sotto ad un rododendro
terrazzo prominente
Il dato sulla frequentazione è basato sull’osservazione oggettiva della presenza di tracce
più o meno fresche sul terrazzo
Numero tana
Grafico 1: Numero di avvistamenti per tana
28
27
25
23
21
20
19
18
17
16
11
8
6
0
1
2
3
4
Numero avvistamenti
5
6
7
23
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4.2 Tabelle osservazioni del comportamento delle marmotte
Per quanto riguarda osservazione del comportamento ho cercato di tradurre le
annotazioni prese durante le osservazioni in tabelle (Tab.1-4)
Tabella 2: Risultati dell’osservazione del 13.07.2010
13.07.2010 / 16:45-17:45
16:45-17:45
Adulto 17
Piccolo 17
Adulto2 17
Adulto 18
Adulto 20
Adulto S1
0-15 min
16-30 min
x
x
31-45 min
46-60 min
ll
x
x
es + en + f
x
x
x
x
x
Legenda:
es
En
X
ll
f
t
bt
p
Piccolo
Giovane
Adulto
Ind
Esce
Entra
Sosta
si allontana
Fischio
Toilette
butta all'aria la terra
Pascola
1-3 mesi
1-3 anni
da 3 anni
individuo del quale non si conosce la
tana
Tabella 3: Risultati dell’osservazione del 14.07.2010
14.07.2010/ 6:30-7:45
Adulto1 25
Adulto 27
Piccolo 27
Adulto2 25
Adulto 28
Adulto 20
Piccolo 20
Adulto 6
0-15 min
x +t
16-30 min
x
ll + en28
es+en
x
x+ bt
31-45 min
X
X
ll
46-60 min
x + en
x + en
24
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Tabella 4: Risultati dell’osservazione del 29.07.2010
29.07.2010/ 8:30-9:30
Piccolo27
Adulto 27
Adulto 21
Adulto 16
Adulto18
Adulto 8
Adulto 11
Adulto 23
0-15 min
x + en
x
16-30 min
31-45 min
46-60 min
x+en+es+x
X
X
x+t
x+t
x+en+es+x
Tabella 5: Risultati dell’osservazione del 18.08.2010
18.08.2010/ 17:2018:00
Giovane1 27
Giovane2 27
Ind1 PM
Ind2 PM
Ind3 PM
Ind4 PM
Ind5 PM
Ind6 PM
Ind7 PM
0-15 min
P
P
16-30 min
X
p +en
p +en
p +en
p +en
p +en
p +en
p +en
p + x (16)
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4.3 Le specie di licheni identificate nella Val Piora
Qui di seguito riporto la tabella che riassume le nove specie raccolte in Val Piora e più in
particolare, sulle rocce delle cascine di Cadagno di dentro (Allegato 2). L’identificazione è
stata possibile grazie all’aiuto del prof. Orlando Petrini.
Tabella 6: Le nove specie licheniche identificate
Specie
Diffusione
Caratteristica principale
Rhizocarpum
geographicum
molto presente
verde, crostoso
Xantoria elegans
molto presente
roccia silicea,podezi,reagisce KOH
Physcia dubia
molto presente
bianco, frutticoso
Lecanora muralis
mediamente
presente
verde scuro, crostoso
Umbilicaria polyphilla
mediamente
presente
nero, foglioso
Umbilicaria irsuta
mediamente
presente
grigio, evidenti rizine, pagina
inferiore rosata
Porpidia macrocarpa
mediamente
presente
evidenti apoteci neri
Lecanora sp.
mediamente
presente
evidenti apoteci rossi
Cladonia chlorophaea
poco presente
evidenti podezi
Per diffusione si intende la presenza più o meno marcata del lichene nel luogo di raccolta,
determinata in base al numero di talli della stessa specie presenti.
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5.Discussione
Qui di seguito analizzerò alcuni aspetti dei risultati che più mi hanno colpito. Prima di
tutto devo sottolineare il fatto che le osservazioni non hanno soddisfatto appieno le mie
aspettative. Infatti speravo di poter osservare le marmotte nei vari comportamenti che
assumono quotidianamente, come descritti nella bibliografia consultata, anche
pianificando le uscite a diverse ore della giornata, ma questo non è stato possibile. Infatti
per la maggior parte delle volte le marmotte che ho preso in considerazione sostavano
ferme sul terrazzo situato fuori dalla tana e non manifestavano altri comportamenti. In
generale posso affermare che la popolazione che ho preso in considerazione sia costituita
da un nucleo famigliare pacifico, non avendo mai assistito alle caratteristiche lotte che
vengono descritte nelle pubblicazioni consultate. Si dice infatti che il maschio e la
femmina dominanti del gruppo possono scatenare vere e proprie lotte con gli altri
individui appartenenti allo stesso nucleo famigliare, lotte avviate dalla femmina
dominante, che sottopone le femmine non dominanti ad uno stress tale da
compromettere un’eventuale gestazione.23 Non ho potuto osservare nemmeno il
caratteristico comportamento degli individui più giovani che, si dice, giochino
rincorrendosi lungo i pendii, oppure che, assumendo la posizione seduta, si colpiscono
con le zambe anteriori. La ricognizione del 14 gennaio 2010 tra le ore 6:30 e le ore 7:30,
ha però permesso di osservare un comportamento tipico, descritto nella bibliografia
come “toilette”. Infatti uno degli individui che sostava sul terrazzo si è
momentaneamente raggomitolato su se stesso ed ha proceduto ad una pulizia scrupolosa
di tutto il pelo (Fig. 13).
23 Fonte: Cristina Nadotti, Altro che timide marmotte, in realtà sono iene, NATURA
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gennaio-dicembre 2010
Figura 13: individuo intento nella giornaliera pulizia del pelo, definita “toilette”
Per quanto riguarda invece i segnali di pericolo, posso affermare che durante
l’osservazione del 13 luglio sono riuscita ad ascoltare il fischio ad alcuni metri di distanza
dalla marmotta che ha lanciato il segnale. Mi trovavo sotto vento, a circa 2 metri di
distanza da una tana dalla quale si è affacciato un individuo che accorgendosi della mia
presenza, improvvisamente si è ritirato nella tana ed ha iniziato ad emettere più volte,
per la durata di circa un minuto, il caratteristico fischio, che ascoltato da vicino,
impressiona per la sua potenza e brillantezza. Nello stesso momento, un altro individuo,
allarmato, si è avvicinato ad un’altra tana, ma invece di rifugiarsi al suo interno è rimasto
momentaneamente all’esterno guardandosi in giro come per verificare l’entità del
pericolo. Questo particolare comportamento potrebbe lasciar trasparire una sorta di
diffidenza di un individuo nei confronti di un altro. Va inoltre rilevato che questo fischio
d’allarme è stato l’unico avviso di pericolo emesso in altre 4 ore di osservazione
effettuate sul terreno. Infatti durante tutte le altre osservazioni, malgrado mi avvicinassi
agli individui fino ad arrivare ad una distanza di un metro e mezzo, questi non hanno mai
reagito fischiando.
Sempre durante l’osservazione del 14 luglio ho potuto assistere al caratteristico
riconoscimento olfattivo tra due individui (Fig.14), nel caso più specifico tra un piccolo che
raggiunge il terrazzo di una tana dove sostano due individui adulti. Durante il
riconoscimento i due individui si sfregano e si annusano le guance e il collo. È possibile
notare come la gerarchia non abbia un ruolo preciso in questo comportamento, perché
28
Elisa Manzocchi
Lavoro di maturità biologia
gennaio-dicembre 2010
sia il giovane che l’individuo adulto assumono lo stesso atteggiamento. Questo fatto viene
confermato pure nelle pubblicazioni consultate24. In questo caso uno solo dei due
individui adulti ha annusato il piccolo e dopo essersi riconosciuti sostano assieme sul
terrazzo.
Figura 14: riconoscimento olfattivo tra due individui appartenenti alla stessa famiglia
A seguito di queste prime considerazioni posso affermare che il momento più proficuo
per osservare le marmotte è sicuramente la mattina presto, perché gli individui sono
molto più attivi rispetto al resto della giornata. Infatti ho potuto verificare che nel mese di
luglio l’attività in pieno giorno è assai ridotta. Quando mi sono recata sul posto per la
seconda volta, in data 9 luglio, tra le 13.00 e le 14.30, non ho notato nessun individuo che
si trovava all’esterno delle tane. Come risultato della prima osservazione, non è stato
incoraggiante, ha però messo in evidenza l’inattività delle marmotte in pieno giorno.
Ipotizzo che questa inattività sia dovuta alla forte insolazione, che c’è durante le ore
centrali della giornata nella stagione estiva, questa risulterebbe sconveniente dal punto di
vista del mantenimento dell’idratazione del corpo. Bisogna considerare il fatto che ci
troviamo a 2000m/s.m., dove l’insolazione estiva è particolarmente forte e l’umidità
relativa molto bassa (in media a 3000 m/s.m. è un terzo di quella a 0 m/s.m.)25. Le uniche
risorse idriche per le marmotte sono l’acqua contenuta nei vegetali (foglie e radici) dei
quali si nutrono e la rugiada che vi si deposita. Queste fonti coprono sicuramente il
24 In particolare in P. Ventura Luini, La marmotta alpina, Edizioni agricole Bologna,1989, pag.28
25 Fonte: Appunti personali del corso Biologia e Chimica, Terza liceo, 2009, prof. R. Moresi
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Elisa Manzocchi
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gennaio-dicembre 2010
fabbisogno giornaliero, ma certamente non abbondano. Inoltre questa diminuzione
dell’attività durante le ore centrali della giornata si potrebbe attribuire, nel caso della
zona del Pian della Murinascia, all’evidente presenza di escursionisti che intimidiscono le
marmotte.
Volendo commentare i risultati relativi alla catalogazione delle tane, posso affermare che,
a differenza di quanto riportato nelle pubblicazioni descrizione di una colonia come
spiegano il libri consultati26qui in Val Piora non si è potuto differenziare l’utilizzo delle
stesse. Anzitutto non è stato possibile identificare una tana che si potesse catalogare
come “tana principale”, perché nessuna delle tane censite nel territorio preso in esame
rispondeva ai parametri richiesti. Infatti non ho trovato nessuna tana scavata sotto un
grande masso con un diametro del foro d’entrata superiore rispetto alle altre. Una sola,
come emerge dal grafico 1, è stata oggetto di più avvistamenti, ma non posso
considerarla “tana principale”, perché non presenta le altre particolarità. Posso però
affermare che sono stata colpita dal fatto che, rilevando l’esposizione delle aperture delle
tane, ci sia la forte presenza di tane esposte a sud-est. Altre tane invece sono state
scavate in alcune rientranze del terreno, così da formare una sorta di protezione davanti
all’entrata della tana. Ipotizzo che questa particolare inclinazione delle tane sia stata
adottata per evitare l’esposizione diretta dell’apertura della tana al vento, che spesso
soffia in direzione ovest-est, lungo la Valle della Murinascia. Questa disposizione non è
però stata rimarcata in tutte le tane.
Per quanto riguarda invece i risultati ottenuti nell’identificazione delle specie licheniche,
posso osservare ben poco. Era mia intenzione paragonare i miei risultati della raccolta con
i risultati scaturiti dalla ricerca di alcuni lichenologi che hanno preso parte alla 48h della
biologia organizzata in luglio 2010, proprio in Val Piora, risultati che non sono ancora stati
resi noti. La raccolta, ed in seguito la parziale identificazione mi ha però incuriosita ed
appassionata. Inoltre mi sono resa conto che l’identificazione di questi organismi è
complicata, infatti le specie che ho identificato prima di rivolgermi al prof. Petrini erano
solo le più comuni e frequenti (Rhizocarpum geographicum, Xantoria elegans, Lecanora
muralis).
26 P. Ventura Luini, La marmotta alpina, Edizioni agricole Bologna,1989, pag.12-19
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gennaio-dicembre 2010
6.Conclusioni
Questo lavoro di maturità è stato un’esperienza molto arricchente sia dal punto di vista
delle conoscenze nel campo della biologia, che ho avuto modo di acquisire, che dal punto
di vista dei contatti che ho instaurato con persone addette al lavoro, esterne alla sede
scolastica. Per questo sono fiera di aver elaborato due cartelli didattici che potranno
essere utilizzati per un eventuale prolungamento del Sentiero didattico Lago Ritom.
Inoltre, propongo a qualsiasi altra persona si interessi all’ambiente e ai meccanismi che lo
regolano, di prendere spunto dal mio lavoro per sviluppare altre tematiche che
potrebbero essere tradotte in un cartello didattico. All’inizio della progettazione infatti,
volevo sviluppare un ulteriore tema legato alla Val Piora, che mi interessava: la torbiera di
Cadagno. Per scelta però mi sono dedicata ai due soli profili che più mi incuriosivano.
Inoltre ritengo sia interessante poter approfondire ulteriormente alcuni aspetti legati ai
licheni, come l’identificazione di altre specie licheniche e ad un monitoraggio dal punto di
vista della biodiversità di queste ultime con un confronto tra regioni diverse. Oltre a ciò
potrebbe essere interessante approfondire maggiormente la ricerca svolta sulle
marmotte soprattutto tendendo in considerazione l’intera Val Piora, per scoprire quante
famiglie ci sono e qual’ è la loro distribuzione. Le difficoltà che si incontrano nello svolgere
un lavoro simile non sono indifferenti. Prima fra tutte c’è la difficoltà nel raggiungere il
luogo di studio, che non è sempre a portata di mano. Di conseguenza è sempre necessario
organizzare anticipatamente le varie uscite per non lasciare nulla al caso. Inoltre ho
riscontrato alcuni problemi nel mettere in pratica i programmi che avevo pianificato
all’inizio del lavoro, che si basavano su dati teorici. Operando sul terreno è stato
necessario adattare il progetto in base alla realtà e alle reali possibilità di metterlo in
pratica. Una volta raccolti i dati sul terreno, soprattutto nel caso delle osservazioni delle
marmotte, la loro analisi si è rivelata per nulla facile. Anche la realizzazione dei due
cartelli didattici non è stata semplice, sia dal punto di vista grafico ma soprattutto per
quanto riguarda i contenuti da inserirci. È difficile, infatti, rendersi conto di cosa possa
interessare all’escursionista e cosa invece va tralasciato, perché superfluo o troppo
approfondito. A conclusione del mio lavoro, presento qui di seguito i due cartelli didattici
che ho elaborato.
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7.Ringraziamenti
Rivolgo i doverosi ringraziamenti a chi, durante tutto il lavoro, mi ha aiutata e mi ha
fornito informazioni di vario genere. I ringraziamenti vanno quindi al professor Raffaele
Peduzzi, che mi ha fornito la maggior parte della bibliografia, al professor Orlando Petrini,
che ha tenuto la lezione per gli studenti dell’Università di Ginevra alla quale ho
partecipato e ha identificato le specie licheniche raccolte in Val Piora e al professor
Gabriele Ceresa che mi ha fornito la fotografia della marmotta bianca da lui scattata.
Ringrazio anche il professor Ottorino Pedrazzini che mi ha seguito e mi ha dato preziosi
consigli durante la progettazione, lo sviluppo e la stesura di tutto il lavoro. Non da ultimo
i miei ringraziamenti vanno alla mia famiglia che mi ha sostenuta e seguita durante le
uscite sul terreno e ai miei amici che mi hanno appoggiato ed incoraggiato.
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Elisa Manzocchi
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gennaio-dicembre 2010
8. Bibliografia
A cura dei docenti della Scuola Elementare di Viganello, R. Peduzzi, La regione del San
Gottardo, Val Piora, Val Lucendo, Val Canaria, Scuola e territorio, Istituto cantonale
batteriosierologico, Centro Didattico cantonale,1998
Autore ignoto, Survivre en Hiver, L’Hibernation, Ed. Parc de la Vanoise, 1999
Jürg P.Müller, Alpenmurmeltiere -die Überlebenskünstler, apparso su CRATSCHLA
1/1999, Parc Naziunal Svizzer
Paola Ventura Luini, La marmotta alpina, Edizioni agricole Bologna,1989
Angelo Valsecchi, Piora, Sat Ritom, 1994
Maria Scossa Romano-Cassani, Osservazione sulla distribuzione e consituzione del
camoscio e distribuzione e condizione della marmotta nel Cantone Ticino, Dipartimento
dell’economia pubblica, 1983
Jean-Marie Gourreau, Mutation chez les marmottes, Alpes Magazine, n.62,
pag. 48-51, 2000
Philipp Bossé, Deux mutation génétiques differentes, Alpes Magazine, n.62
R.Peduzzi, G.Ceresa, Le marmotte bianche della regione del San Gottardo dovute alla
mutazione W/KIT, Centro Biologia Alpina di Piora, Università di Ginevra, 2010
Crisina Nadotti, Altro che timide marmotte: in realtà sono iene, Natura
Claudia Di Giorgio, Il corpo si ferma per salvarsi, l’ibernazione non è più fiction, La
Repubblica, 29.06.2005
L. D’Aleo, Didattica delle scienze: I Licheni, apparso su Biologi Italiani ANNO XXXIX-N.2,
febbraio 2010
Paola Pieralli, Sergio Tarquandi, I licheni, Guide all’aria pura, Collana ombre verdi,
Editoriale Tosca, 1991
Hans Martin Jahns, Felci, muschi, licheni d’Europa, Scienze naturali, Franco Muzzio
Editore, 1992
Andrea Zocchi & Raffaele Peduzzi, Valutazione della qualità dell’aria nel Canton Ticino,
attraverso l’utilizzo di licheni epifiti: confronti transfrontalieri , Laboratoire d’Ecologie
Microbienne de l’Université de Genève e Istituto Batteriosierologico Cantonale, 1996
Alberto Spinelli, Licheni, ‘sti sconosciuti, Cooperazione Nr.47, 23.10.2010
33
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gennaio-dicembre 2010
A.Ferrarese, Presentazione: Licheni e farmacopea, Licheni&didattica, Società
lichenologia italiana
A.Zullini, F.Sparvoli, A. Sparvoli, Biologia, ecologia, diversità della vita, ATLAS, 2007
9.Sitografia
www.biodiversita2010.ch ( consultato il 5.10.2010)
www.lichen.com (consultato il 15.07.2010)
www.ecrins-parcnational.fr
www.parcnational-vanoise.fr
www.jagdschweiz.org (consultato il 20.12.2010)
www.ritom.ch (consultato il 6.10.2010)
Schemi e fotografia tratti da:
Tana marmotte (pag.9): www.parchionline.it (consultato il 13.12.2010)
Struttura licheni (pag.16) : web.unife.it/progetti/lauree_scientifiche/chimica/BioIIS.ppt
(consultato il 13.12.2010)
Ligusticum mutellina (pag.11): pages.unibas.ch/botges
La fotografia della marmotta bianca (pag.12) è stata gentilmente concessa dal Signor
Ceresa, le altre fotografie sono state scattate da Elisa Manzocchi
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10. Allegati
Allegato 1: Sentiero didattico Lago Ritom27
Allegato 2: Fotografie delle specie licheniche identificate
27 Fonte: www.ritom.ch (consultato il 6.10.2010)
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LA MARMOTTA
Mammifero appartenente all’ordine dei roditori e alla famiglia degli sciuridi (come gli scoiattoli e il
cane delle praterie). Il loro habitat ideale è il pascolo alpino (tra i 2000 e i 2700 m/s.m) su versanti
esposti a sud.
La tana è il fulcro della vita di una marmotta durante l’estate, quando funge da rifugio per eventuali
attacchi dai parte di predatori (la volpe oppure l’aquila), ma soprattutto durante l’inverno, quando
tutti gli individui si radunano in piccole camerette per il letargo.
Le tane, scavate con gli arti anteriori, possono essere molto
ramificate e raggiungere la profondità di 40 metri sotto il
suolo. Durante l’inverno le varie nicchie ospitano fino a 10
individui stretti l’uno contro l’altro. Inoltre l’entrata principale
viene chiusa con un tappo non ermetico fatto di fieno. (Fonte
schema: parchionline.it)
Marmotte in letargo
Marmota marmota, il più grande
roditore delle Alpi, fotografata nel
luglio 2010 nella zona del Pian
Murinascia. Si noti la folta pelliccia e
la forma tozza che contribuiscono a
mantenere il calore corporeo.
Curiosità: in Val Piora negli ultimi anni è stata verificata la presenza della marmotta dal pelo bianco. Non si
tratta però di albinismo, ma di una rara mutazione genetica chiamata W/KIT. Altre marmotte che presentano
questa particolarità sono presenti anche in Val Tremola e nei parchi nazionali francesi della Vanois e des Écrins.
Si ipotizza che questa mutazione potrebbe essere un adattamento alla presenza delle rocce calcare sulle quali
la marmotta bianca può mimetizzarsi.
Il letargo è una strategia necessaria alla sopravvivenza alle
condizioni climatiche estreme che si presentano durante
l’inverno. Le marmotte, ben rimpinzate dopo la scorpacciata
di erbe e radici estiva, si addormentano per circa sei mesi
sopravvivendo grazie alle riserve di grasso accumulato nel
corpo. Il metabolismo è ridotto al minimo raggiungendo i 45
battiti cardiaci al minuto contro i 160 estivi. In primavera allo
sciogliersi della neve, si risvegliano ed escono dalla tana
dimagrite e pronte per l’accoppiamento. Dopo una
gestazione di 34 giorni nascono da 2 a 4 piccoli per femmina.
Ligusticum mutellina: un’erba, presente
in Val Piora, molto ricca di acidi grassi
insaturi della quale le marmotte vanno
molto ghiotte. Essa da un contributo
all’accumulo di energie, sottoforma di
grassi, per il letargo.
(Fonte: pages.unibas.ch/botges)
Elisa Manzocchi
Liceo Bellinzona
Lavoro di maturità biologia 2010
I LICHENI
“I licheni sono funghi che hanno scoperto l’agricoltura” (T.Goward, lichenologo)
I licheni sono degli organismi simbionti, cioè un’associazione di due specie in intimo contatto. Sono composti da ife fungine e da cellule algali.
Entrambi le componenti beneficiano della relazione, infatti la componente algale fornisce il glucosio che produce attraverso la fotosintesi alle ife
fungine, mentre queste, in cambio, offrono acqua, sali minerali e protezione dal disseccamento. Si tratta di un’associazione ben riuscita perché fa
si che i licheni possano essere organismi pionieri nel colonizzare le rocce d’alta montagna. Nella regione della Val Piora si stima la presenza di
circa 250 specie licheniche, tra le quali:
Xantoria elegans , un
lichene crostoso che cresce
sulle rocce delle cascine di
Cadagno di dentro
(punto verde)
Letharia vulpina, un lichene
frutticoso velenoso che
cresce sui larici di Fontanella
(punto blù)
Curiosità: I licheni sono buoni indicatori della qualità dell’aria.
Non avendo nessun sistema d’escrezione, assorbono assieme
all’acqua anche le sostanze inquinanti presenti nell’atmosfera
provenienti dalla combustione di combustibili fossili. Essi
manifestano la presenza di queste sostanze per esempio con
delle alterazioni della crescita oppure scomparendo. A partire dal
1995 in Ticino è stato condotto uno studio sulla biodiversità dei
licheni rilevati sui tronchi d’albero. I risultati mettono in evidenza
come sul tracciato dell’autostrada A2 e nelle aree maggiormente
industrializzate questa biodiversità è molto ridotta.
Umbilicaria irsuta un
lichene foglioso che cresce
sui tetti delle cascine di
Cadagno di dentro
(punto viola)
La simbiosi
cellule algali
ife fungine
Struttura del tallo lichenico comune a tutti e tre i tipi di lichene. (Fonte: web.unife.it
consultato il 13.12.2010)
Farmacologia: è frequente l’utilizzo da parte dell’uomo delle sostanze chimiche prodotte dai licheni per la produzione di farmaci o addirittura di
veleni. Un tempo, infatti, si utilizzava il lichene Letharia vulpina mescolato a dei bocconi di carne per uccidere le volpi. Licheni di altri generi sono
stati utilizzati per lo sviluppo di antibiotici e di altri medicamenti ad esempio per la cura della tubercolosi (genere Parmelia).
Elisa Manzocchi LiBe Lavoro di maturità biologia 2010
Elisa Manzocchi
Lavoro di maturità biologia
gennaio-dicembre 2010
Allegato 1
Il Sentiero Didattico Lago Ritom è stato inaugurato nell'estate 2009 (19.07.2009) e percorre il
lato sud e boschivo dello specchio d'acqua alpino. Il percorso tra il Lago Ritom e la zona di
Cadagno misura 10.7 km. Il tempo di percorrenza totale è di circa 3 ore; dalla zona di Piora si
raggiunge quella di Cadagno in circa 1h 30 min.
Il sentiero didattico del Lago Ritom parte dalla diga del Ritom e viene effettuato sotto forma
di escursione ecologica, con una serie di spunti «biologico-culturali», in modo da poter
evocare anche alcune curiosità storiche.
Tramite questo percorso costeggiando il Lago Ritom dalla parte del bosco si raggiunge
Cadagno dove si trovano oltre al Lago omonimo: l’Alpe di Piora e il Centro di Biologia Alpina.
Grazie ad una guida, potete scoprire lungo il percorso gli aspetti della presenza umana, la
flora eccezionale, la fauna e le particolarità geologiche e bio-chimiche della Regione RitomPiora. La guida didattica è ottenibile presso la stazione della Funicolare Ritom, oppure presso
gli esercizi pubblici della Regione, per 2.00 CHF.
Elisa Manzocchi
Lavoro di maturità biologia
gennaio-dicembre 2010
Allegato 2
Elenco delle specie licheniche raccolte in Val Piora, sulle rocce delle cascine di Cadagno di
dentro e relativa fotografia.
Rhizocarpum geographicum
Xantoria elegans
Physcia dubia
Elisa Manzocchi
Lavoro di maturità biologia
Lecanora muralis
Umbilicaria polyphilla e Umbilicaria polyphylla
Cladonia chlorophaea
gennaio-dicembre 2010
Elisa Manzocchi
Lecanora sp.(in rosso)
Porpidia macrocarpa
Lavoro di maturità biologia
gennaio-dicembre 2010